SPURIO MARIA GRAZIA Recensione Titolo: “Anime prigioniere. Percorsi educativi di pedagogia penitenziaria” Autori: Antonio Turco N .° pagine: 254 Argomento trattato: L'operatore penitenziario e il detenuto sono, nel lavoro di A. Turco, gli attori principali della scena del sistema carcerario. L'analisi del loro agire nel testo va ben oltre il ruolo ad essi ascritto dalla società all' interno del contesto penitenziario. La figura dell'operatore penitenziario viene proposta in effetti, non solo in relazione alla sua professionalità in senso stretto, con riferimento cioè all'ambiente penitenziario, ma arriva ad abbracciare temi riferiti in modo significativo alla sensibilità e vocazione di questa figura, che in effetti non può rimanere relegata ad un piano peculiarmente professionale proveniente dal suo sapere, ma necessariamente si sposta anche in una dimensione tipicamente umana e relazionale. Dimensione di impegno civile quindi, che si concretizza nell’accompagnare i soggetti devianti, le “anime prigioniere”, in un percorso educativo che dà spazio a un tipo di trattamento pedagogico e sociale e non limitatamente penitenziario. Il libro è organizzato in cinque capitoli. Il primo si apre con una panoramica teorica e storica della pedagogia penitenziaria; in tale prospettiva viene dato il necessario quanto opportuno spazio a due nomi importanti e significativi della scuola romana di psicologia giuridica: Gaetano De Leo e Patrizia Patrizi; due studiosi che, insieme ad altri nomi illustri, hanno contribuito in maniera significativa a riportare l’attenzione sulla riflessione teorica in campo criminologico come momento che si collega all’attività scientifica. Viene dunque offerta una analisi storica sul significato dei termini pena e devianza, e sul modo in cui tali termini si collegano semanticamente ai diversi modelli teorici. La scuola scozzese mette in evidenza l'evoluzione del rapporto tra devianza e senso comune, mentre la scuola classica, dal canto suo, lega il comportamento umano al concetto di razionalità (libero arbitrio) obbedendo ai dogmi del pensiero illuminista di Cesare Beccaria, dove la pena assume una valenza punitiva come violazione del contratto sociale. Altri approcci teorici collegano i significati dei termini pena e devianza in modo ancora diverso, ad esempio la scuola positiva si occupa di delineare la pena nei suoi aspetti di cura e prevenzione e quindi come strumento di difesa sociale. Durkheim definì il crimine un fatto sociale introducendo il concetto di anomia inteso come assenza di norme, per cui il delinquente era indotto alla devianza come risposta alle spinte anomiche che provenivano dalla società industrializzata. Un ulteriore e diverso approccio teorico è rappresentato dalla scuola di Chicago, che focalizza l’attenzione sulla variabile socioeconomica nella definizione del concetto di anomia. La scuola struttural-funzionalista rovescia invece il ruolo della struttura sociale, per cui il soggetto deviante non vuole integrarsi nel sistema dei valori della società, la subcultura deviante che lega la devianza alla funzione criminogena di certe aree urbane. Altre teorie, invece, come quella dell’etichettamento, sottolineano il principio Dott. M. Grazia Spurio Recensione n. 8 “ Anime Prigioniere”” Pagina 1 che il deviante non è tale in quanto autore di determinate azioni, ma in quanto vittima di una società che ha etichettato come devianti alcuni comportamenti, e di conseguenza come deviante anche chi li commette.La teoria dell’azione deviante comunicativa integra una visione giuridica del reato e della pena (scuola classica) insieme con la correzione come strumento principale (scuola positiva). All’interno di queste cornici teoriche si possono inoltre distinguere diverse funzioni attribuite alla pena, definita retributiva dalla scuola classica, oppure colta nella sua veste di difesa sociale che mira alla risocializzazione del reo, come proposto dalla positiva. Nel secondo capitolo il detenuto viene posto al centro dell’interesse, focalizzando l'attenzione sul ruolo educativo. Viene infatti data una più chiara definizione degli utenti dell’azione educativa, individuando il detenuto come l' unico vero soggetto dell'impegno educativo. Di conseguenza, la relazione che si stabilisce tra gli operatori e detenuti diviene centrale nell'interesse dell'autore, come pure diventa urgente stabilire in che misura l'azione educativa può essere ritenuta efficace. L'empatia per l'autore e' un prezioso strumento di comunicazione tra operatori, la quale può successivamente evolvere in un sentimento più legante quale la fiducia. Nel terzo capitolo vengono prese in considerazione altre figure di professionisti che a vario titolo intervengono nel panorama penitenziario: i direttori, il personale della polizia penitenziaria, gli assistenti sociali, gli esperti dell’azione terapeutica, gli educatori. Il ruolo del personale della polizia penitenziaria risulta quanto mai difficoltoso e delicato, ciò in quanto gli agenti sono chiamati a gestire e contenere non solo la rabbia e la frustrazione dei detenuti, ma volte anche la propria. Questo stato di cose spesso conduce a situazioni molto delicate, in quanto alle provocazioni dei detenuti possono corrispondere azioni di ritorsioni da parte degli agenti . In realtà per l'autore, molte di queste situazioni potrebbero essere evitate o stemperate se si comprendesse che le provocazioni dei detenuti possono si generare paura negli agenti, ma spesso si tratta di richieste mal comprese. In effetti uno dei bisogni principali dei detenuti e' quello di non sentirsi un numero, ma una persona con la propria dignità . Un altro tema affrontato nel lavoro e' quello che riguarda l'evoluzione del rapporto tra carcere e territorio rispetto al problema del reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Elementi fondanti in questo rapporto per cambiare i rapporti tra carcere e comunità esterna sono progettualità ' e continuità; oltre all’intervento professionale e' importante parlare del volontariato che riveste un ruolo di promotore dell'intero processo di umanizzazione della pena. Il quinto capitolo, infine, delinea il passaggio dalla pedagogia penitenziaria alla pedagogia sociale, nella quale il detenuto diventa un soggetto che appartiene a una comunità ed è possibile quindi che emerga in lui un senso di appartenenza attraverso il coinvolgimento in attività teatrali o di palestra Dott. M. Grazia Spurio Recensione n. 8 “ Anime Prigioniere”” Pagina 2 Tesi sostenuta: Gli individui prigionieri nelle carceri sono persone, e come tali anche le loro storie meritano di essere raccontate; l’aiuto dei professionisti e degli operatori del sistema carcerario possono aiutare a rimettere insieme i frammenti di queste esistenze spezzate. L’ascolto delle storie di chi ha scontato o sta scontando una pena per aver commesso un reato trova il suo primo accoglimento nel lavoro, da lì si può partire poi per trovare le giuste strategie per il loro reinserimento nella collettività dalla quale sono stati disfunzionalmente "imprigionati" e alienati. Per usare le parole dell'autore l’obiettivo deve essere quello di portare “il carcere nella società” e non la società all’interno del carcere. Considerazioni personali: Il grande problema di un sistema carcerario ormai al collasso e' il tema che l'autore del libro decide di affrontare. La chiave di lettura proposta e ' quella fornita da chi vive all'interno del sistema e, a parere della scrivente, tale impostazione risulta talmente centrata da essere avvertita da chi legge il libro come vissuta e partecipata dall'autore, al punto da trovare difficile ricordare che l'autore del testo appartiene a quel sistema in quanto testimone privilegiato, ma non come persona sottoposta lui stesso a misure restrittive della libertà personale. La stessa scelta del titolo " Anime Prigioniere" lascia intravedere e presagire quello che sarà poi la scelta focale del volume, le pagine scorreranno via lasciando forte la sensazione che l'autore non si sente quasi mai studioso e osservatore, anche se privilegiato ed inquadrato con l'ottica della ricerca partecipata, ma lui stesso sofferente , privato della sua libertà e che si unisce al coro delle anime prigioniere. Dott. Maria Grazia Spurio Dott. M. Grazia Spurio Recensione n. 8 “ Anime Prigioniere”” Pagina 3