Diocesi di Piacenza-Bobbio Servizio Documentazione Cattedrale – Concelebrazione Eucaristica Solennità dell’Epifania del Signore 6 Gennaio 2005 Animazione, coro diretto dal M. Berzolla. Processione del pellegrinaggio dei Magi svolto dalla parrocchia di Rivalta. Liturgia della Parola. Isaia (60, 1-6); Efesini (3, 2-3.5-6); Matteo (2, 1-12). Dizionari. Libreria Editrice Vaticana. Presiede mons. Luciano Monari, Vescovo, Diocesi Piacenza-Bobbio - Vice presidente CEI Introduzione Abbiamo potuto vedere l’amore e la misericordia di Dio nel Bambino di Betlemme, nel Profeta che annunciava il regno di Dio in tutte le strade della Galilea, nel “servo del Signore” 1 che ha consegnato se stesso alla morte per la nostra vita e per la nostra redenzione. Allora, benediciamo Dio con stupore e con gioia che ci è venuto incontro in Gesù Cristo, e ci ha manifestato la sua bontà perché potessimo custodire la fede e la speranza in tutti i momenti della nostra vita. L’Eucaristia del giorno della solennità dell’Epifania che celebriamo vuole esprimere questo stupore di ringraziamento a Dio. Lo facciamo come sempre partendo dal riconoscimento della nostra piccolezza, del nostro peccato, perché la misericordia di Dio e il suo amore appaiono ancora più grandi e gratuiti. Omelia -ILa Gerusalemme di luce 1. Gerusalemme, città terrena, riflette su tutta la Terra la bellezza di Dio. È bella Gerusalemme quando il sole sorgendo dietro il Monte degli Ulivi 2 la illumina con i primi raggi del giorno. È la “Gerusalemme d’oro” dei poeti, la “città rilucente come il bronzo”, la “Gerusalemme di luce”. 1 Servo del Signore. Servo di Yhwh. Yhwh chiama suo servo: *Israele (cf Is 41, 8-9; 42, 19; 44, 1.2.21; 45, 4; 48, 20; Ger 30, 10); *Abramo (cf Sal 105, 6); *Mosè (cf Es 14, 31; Nm 12, 7-9; Gs 1, 13.15); *Davide (Is 37, 35) e altri, compresi alcuni non israeliti come *Nabucodonosor (Ger 25, 9). Negli studi biblici, tuttavia, dalla fine del secolo scorso, si chiama servo di Yhwh per antonomasia e quasi esclusivamente il personaggio che risalta nel Secondo Isaia (*Deuteroisaia) e cioè in Is 42, 1-4; 49, 1-6; 50, 4sia questo servo: il popolo, lo stesso Deuteroisaia o un altro, uno che verrà successivamente… Nel NT si chiarisce che quel misterioso servo sofferente e glorioso, così poeticamente cantato, è Cristo (cf Mt 12, 18; At 3, 26; 8, 30-36; Fil 2, 7) (cf Haag-Born-Ausejo, DB; DVMM-Cl; Léon-Dufour, DNT-C). 2 Monte degli Ulivi. Collina alta 830 metri, circa 1 Km ad est di *Gerusalemme, sul lato opposto alla valle del *Cedron. Nell’AT è menzionato nella storia di *Davide (2 Sam 15, 30.32) e in Zc 14, 4. Nei Vangeli si dice che a volte Gesù vi passava la notte (cf Gv 8, 1-2); contemplando il *tempio da quella collina, pronunciò il discorso *escatologico (cf Mt 24, 3 e par.); dopo l’*ultima cena, Gesù e i suoi discepoli “uscirono verso il monte degli ulivi” (Mt 26, 30; Mc 14, 26) e lì, o meglio nell’orto che si estendeva nella sua parte inferiore, andarono a cercarlo *Giuda e una folla mandata dai suoi nemici (Mc 14, 43 e par.). Da qui, Gesù ascese al cielo (At 1, 12). 1 Isaia vede tutti i popoli che, attirati dallo splendore della città, si mettono in cammino verso di lei, come “figli verso la loro madre” (cfr. Is 66, 13). Ma che cosa è che rende Gerusalemme così bella, così attraente? Non la posizione geografica, non i tesori artistici o materiali, non la forza militare o politica… «(…) Su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te» (Is 60, 2). La Gloria, è la bellezza di Dio. Quindi Gerusalemme è illuminata dalla gloria di Dio, dalla bellezza di Dio. Dunque, è Dio che attira irresistibilmente gli uomini, è di Lui che essi “hanno fame e sete” (cfr. Is 65, 13), ma essi possono incontrare la presenza di Dio in quel luogo preciso, a Gerusalemme. E qui si verifica un fenomeno sorprendente; ciò che è illuminato diventa a sua volta luminoso e capace di trasmettere “luce” 3 a tutto ciò che gli sta accanto: Gerusalemme, città terrena, riflette su tutta la Terra la bellezza di Dio. 2. Tutta la storia dell’umanità assume i lineamenti di un immenso pellegrinaggio verso la città santa per entrare in comunicazione con Dio e con la sua ricchezza di vita Allora, tutta la storia dell’umanità assume i lineamenti di un immenso pellegrinaggio verso la città santa per entrare in comunicazione con Dio e con la sua ricchezza di vita. «[3]Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere (…)[6]Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore» (Is 60, 3.6). - II Il Re dei Giudei 1. È nato il Re dei Giudei e i Magi vengono ad adorarlo: è dono di Dio per il mondo intero, porta in sé “la benedizione di Abramo rivolta a tutte le famiglie della Terra”. A questa promessa si lega il pellegrinaggio dei Magi che vengono da Oriente. Anch’essi hanno visto una luce - una stella che indica la nascita del “Re dei Giudei” (cfr. Mt 27, 11) - e si sono messi in cammino (cfr. Mt 2, 2). Ci sono alcune cose che sorprendono in questo racconto: È nato il Re dei Giudei e i Magi vengono ad adorarlo. Ma come, non sono Giudei? Che interesse può avere per loro questa nascita? Forse che si mettevano in cammino tutte le volte che nasceva un re? Poi vengono per adorare, non solo per onorare, ma proprio per adorare. Allora, è un re quello che è nato o è un Dio? 2. I Magi cercano Dio, obbediscono alla sua Parola; e quello che vedono - il Bambino è esattamente la “Parola di Dio fatta carne”, per questo adorano. Forse la spiegazione sta in quella “stella” misteriosa: È un segno nel Cielo, e quindi una parola di Dio. 3 Luce. Nell’ambito religioso, la luce è un elemento *simbolico tra i più importanti. In un certo senso, la luce ricrea le cose nel trarle dal buio nel quale erano scomparse. Nelle *Lodi del mattino (vedi *Liturgia delle ore) si tiene presente questa nuova creazione dell’universo. La luce libera dall’incertezza che accompagna il camminare al buio. Per questo è simbolo della fede, con la quale percepiamo il senso delle cose e della vita stessa. Dio è luce: “Nella tua luce vediamo la luce”, dice il salmo 36 (35). Sono molto numerosi i passi dell’Antico e del Nuovo Testamento in cui si parla della luce e del suo contrario, le tenebre. Camminare nella luce è vivere secondo Dio; camminare nelle tenebre è il peccato. Questa chiarezza, questa luce, la dona in modo particolarmente diafano Cristo, culmine della *rivelazione di Dio. Lui stesso ha detto: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). Su questo simbolismo si basa la pratica liturgica di accendere ceri per le celebrazioni liturgiche (alla luce si aggiunge in questo caso il simbolismo del fuoco, anch’esso importante). In questo senso, la celebrazione più significativa è quella della *Veglia pasquale, durante la quale si benedice il cero e lo si porta in processione cantando: “Lumen Christi”, “La luce di Cristo”, o meglio “La luce che è Cristo” (cf NDL-P). Questo cero è presente durante tutto il *tempo pasquale (vedi anno *liturgico) e si accenderà nella celebrazione del *battesimo. Nel rito del primo sacramento, si dà al battezzato o ai suoi genitori la luce presa dal cero pasquale, con le parole: “Ricevete la luce di Cristo”. Infatti, Gesù dice ai suoi discepoli: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 14). Nei riti più significativi della Chiesa si accendono dei ceri: quando si legge solennemente il *vangelo, nei funerali, nella celebrazione eucaristica. Alla pietà popolare piace accendere delle candele, gesto che, colto nel suo senso simbolico, ha il suo valore. 2 Chiunque riconosce una parola di Dio è interpellato personalmente, e personalmente deve rispondere. I Magi cercano Dio, obbediscono alla sua Parola; e quello che vedono - il Bambino - è esattamente la “Parola di Dio fatta carne” (cfr. Gv 1, 1.14), per questo adorano. 3. La luce vera che illumina ogni uomo è il piccolo Bambino di Betlemme. C’è un luogo nel mondo abitato dalla luce di Dio ed è l’umanità di Gesù È interessante che la stella che ha guidato il viaggio di andata dei Magi sembra poi scomparire, quasi abbia esaurito la sua funzione. La Stella doveva indicare il Messia 4, e una volta che lo ha indicato non ha più motivo di esistere, perché la luce vera, quella che illumina ogni uomo, è il piccolo Bambino di Betlemme. C’è un luogo nel mondo abitato dalla luce di Dio - dalla vita, dalla santità, dall’amore, dal perdono di Dio -, questo luogo è l’umanità di Gesù. Un bambino come gli altri ma sul quale si ferma la gloria di Dio, e a partire dal quale la gloria di Dio si riversa sugli uomini, su tutti gli uomini. Lo accennavamo sopra, è il Re dei Giudei che nasce, ma questo Re dei Giudei è dono di Dio per il mondo intero, porta in sé “la benedizione di Abramo rivolta a tutte le famiglie della Terra” (cfr. Gen 12, 3). - III L’Epifania 1. L’Epifania: il Dio invisibile si è manifestato in Gesù nel quale la gloria di Dio risiede permanentemente, e illumina gli uomini e fa della loro storia un pellegrinaggio verso Gesù per adorarlo e riconoscere in Lui la vicinanza di Dio alla nostra vita. Ce lo ricorda la seconda lettura dove Paolo, scrivendo agli Efesini, dichiara a loro il disegno salvifico di Dio: “il suo Mistero nascosto da secoli ma ora rivelato” (cfr. Col 1, 26). Il mistero, il disegno di Dio, è questo: «[6]che i Gentili – cioè i pagani, cioè tutti gli uomini 5 - sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo» (Ef 3, 6). L’elezione di Abramo e del popolo di Israele non ha dunque un valore di esclusione - quasi che le altre famiglie, gli altri popoli, fossero esclusi dalla salvezza di Dio -, piuttosto ha valore funzionale nel senso che attraverso la presenza di Abramo sulla Terra, attraverso la presenza di Israele, anche gli altri popoli possono venire a contatto con la sorgente inesauribile dell’amore di Dio. E giungiamo così al cuore della solennità della Epifania: Il Dio invisibile si è manifestato. Il luogo di questa manifestazione è Gesù nel quale la gloria di Dio risiede permanentemente. 4 Messia. (Catechismo Chiesa Cattolica). Tratti del volto del Messia in Isaia. I tratti del volto del Messia atteso cominciano a emergere nel Libro dell’Emmanuele, (quando “Isaia […] vide la gloria” di Cristo: Gv 12, 41), in particolare in Is 11, 1-2: Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore… [712]. - Descrizione della sua dolorosa missione di “Servo”. I tratti del Messia sono rivelati soprattutto nei canti del Servo (cf Is 42, 1-9; cf Mt 12, 18-21; Gv 1, 32-34; inoltre Is 49, 1-6; cf Mt 3, 17; Lc 2, 32, e infine Is 50, 4-10 e 52, 13-53, 12). Questi canti annunziano il significato della Passione di Gesù, e indicano così in quale modo egli avrebbe effuso lo Spirito Santo per vivificare la moltitudine: non dall’esterno, ma assumendo la nostra “condizione di servi” (Fl 2, 7). Prendendo su di sé la nostra morte, può comunicarci il suo Spirito di vita [713]. - La sua missione in favore dei poveri, è anche missione nascosta dello Spirito Santo. Il popolo dei “poveri” (cf Sof 2, 3; Sal 22, 27; 34, 3; Is 49, 13; 61, 1; ecc.), gli umili e i miti, totalmente abbandonati ai disegni misteriosi del loro Dio, coloro che attendono la giustizia, non degli uomini ma del Messia, è alla fine la grande opera della missione nascosta dello Spirito Santo durante il tempo delle promesse per preparare la venuta di Cristo [716]. 5 Gentili. Nell’AT erano quelli che non appartenevano alla religione ebraica. Il termine equivale a *idolatri o *politeisti. Nell’era cristiana, viene preferito il termine *pagani, anch’esso equivalente a idolatra, politeista o, per estensione, al non battezzato. Oggi si evitano ambedue le parole, per il loro aspetto peggiorativo, e si parla piuttosto di non credenti, non cristiani, non battezzati. 3 Questa manifestazione della gloria di Dio illumina gli uomini e fa della loro storia un pellegrinaggio verso Gesù per adorarlo e riconoscere in Lui la vicinanza di Dio alla nostra vita. 2. Il Battesimo è per ciascuno di noi il viaggio personale verso Gesù per adorarlo, per riconoscere in Lui la presenza gioiosa di Dio. Ma allora voi - i battezzati - siete illuminati, e se siete illuminati potete essere per gli altri sorgente di luce e quindi di orientamento. Ma dobbiamo fare una piccola aggiunta. Sempre nella Lettera agli Efesini si legge un bellissimo “inno battesimale”, che dice: «Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 14). “Sonno” e “luce” sono quindi evidentemente simboli di morte e di vita spirituale. Vuole dire che il Battesimo è per ciascuno di noi il viaggio personale verso Gesù per adorarlo, per riconoscere in Lui la presenza gioiosa di Dio. Ma allora voi - i battezzati - siete illuminati, e se siete illuminati potete essere per gli altri sorgente di luce e quindi di orientamento. Grande dignità, può dire qualcuno. Grande presunzione, può opporre qualcun altro. Grande responsabilità, bisognerebbe dire. 3. Siamo noi, Chiesa di oggi, la Gerusalemme edificata sul monte sulla quale risplende la gloria di Dio. Dice Gesù ai suoi discepoli: «[14]Voi siete luce del mondo (…) vedano gli uomini le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5, 14.16). Il senso di queste parole è che lo spazio della Chiesa deve essere illuminato nel quale tutti gli uomini, senza distinzione e senza esclusione alcuna, possono, debbono poter vedere la gloria di Dio, debbono potere incontrare l’amore di Dio. Siamo noi, Chiesa di oggi, la Gerusalemme edificata sul monte sulla quale risplende la gloria di Dio. Lo siamo non per i nostri meriti - siamo peccatori ed egoisti come tutti e lo confessiamo -, ma lo siamo per la luce di Cristo che ci ha raggiunto, e se lo siamo dobbiamo manifestarlo davanti a tutti. Detto sempre con le parole di Paolo: «[15]Vigilate attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi» (Ef 5, 15). -IV L’ Emmanuele”, “Dio-con-noi”. 1. C’è un Bambino in mezzo a noi che porta il nome misterioso di “Emmanuele”, “Diocon-noi”. Quel Bambino conosce le tenebre della cattiveria degli uomini, ma rimane illuminato dall’amore del Padre. Scriveva un acuto osservatore della società: “Una angoscia dai molti volti afferra oggi gli uomini. Angoscia dell’inutile: io uomo che non servo a nulla con il mio lavoro solo esecutivo in una società dominato dall’anonimato. Angoscia della incomunicabilità: si vorrebbe parlare agli altri, dire se stessi a qualcuno, ma non ci si riesce; muri invisibili si innalzano a separarci. Angoscia dello scacco: quando la realtà smentisce i miei sforzi e la mia fatica si rivela vana, e vani quegli anni che l’anno vissuto. Angoscia della colpa o del peccato: io che 4 intenzionalmente ho fatto male a qualcuno e il rimorso mi afferra e mi lacera, e le mie azioni appaiono irreparabili. Angoscia del male: quegli istanti agghiaccianti in cui quasi di colpa mi si rivela il male che dilania il mondo, la marea di sofferenza e di pene che si avventa sul corpo inerme dell’umanità”. Di fronte a queste “angosce” siamo tutti inermi, credenti e non credenti. Chi custodisce la sensibilità nel cuore è costretto a fare i conti con questa oscurità densa che pesa sulla vita dell’uomo. Eppure, c’è un Bambino in mezzo a noi che porta il nome misterioso di “Emmanuele”, “Diocon-noi” 6. Quel Bambino conosce le tenebre della cattiveria degli uomini, ma rimane illuminato dall’amore del Padre. 2. Noi credenti siamo debitori agli uomini della Speranza; non l’abbiamo costruita noi con il nostro ingegno, c’è stata donata da un amore che non abbiamo meritato, e ne siamo responsabili di fronte agli altri. Cercandolo e adorandolo e seguendolo si apre davanti a noi una strada, faticosa come tutte le strade della vita, ma che non conduce alla morte. Una strada che passa attraverso il quotidiano con tutta la sua fatica, con il suo peso, ma che redime ogni sofferenza umana rendendola preziosa con l’amore, e aprendola così alla speranza. Noi credenti siamo debitori agli uomini di questa Speranza; non l’abbiamo costruita noi con il nostro ingegno, c’è stata donata da un amore che non abbiamo meritato; ne siamo responsabili di fronte agli altri. 3. La missione è doverosa, ed è generata dall’amore per gli uomini. La missione è umile, non pretende, dona con semplicità, gioiosamente riconoscente a Dio. È da qui che nasce l’impulso missionario che pervade tutta la storia della Chiesa. Non è azione di propaganda per vendere un prodotto commerciale, e non è azione di reclutamento per ingrossare le file del nostro partito e diventare così più potenti in grado di imporre la nostra volontà agli altri. La missione è piuttosto il dono gratuito del Vangelo fatto agli altri. Se consideriamo davvero il Vangelo un dono. Se l’incontro con Gesù ha illuminato davvero la nostra vita. Se seguire Gesù ci appare una esperienza di pienezza e di gioia. Allora la missione è doverosa, ed è generata dall’amore per gli uomini. È come l’impulso a dare da mangiare ad un affamato, a proteggere chi rischia di perire. Per questo la missione è umile: non pretende, dona con semplicità, gioiosamente riconoscente a quel: «[13]Dio che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, [14]per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati» (Ef 1, 13-14). * Cv. Documento rilevato come amanuense dal registratore, scritto in uno stile parlato e in una forma didattica e con riferimenti biblici, ma non rivisto dall’autore. 6 Emmanuele. “Dio con noi”, in ebraico. È il nome che, nella famosa profezia di Is 7, 14, viene dato al figlio che nascerà dalla vergine e che Mt 1, 23 vede compiuta nel narrare la concezione verginale di Gesù. La cosa più significativa di questa profezia, difficile da interpretare nei suoi dettagli, è proprio in ciò che questo nome esprime: Dio è con il suo popolo e, pertanto, Dio lo salva. 5