Omelia per la Veglia per la vita nascente
Chiesa Cattedrale, 27 novembre 2010
LA VITA NASCENTE, PONTE D’AMORE TRA DIO E L’UMANITÀ
La preghiera liturgica del Vespro e la solenne adorazione eucaristica, ci donano la
grazia di iniziare solennemente il nuovo anno liturgico, in comunione di fede con il
Santo Padre Benedetto XVI.
L'anno liturgico è tra le più originali e preziose creazioni della Chiesa, "un poema come diceva di tutta la liturgia il cardinale Ildefonso Schuster - al quale veramente
hanno posto mano e cielo e terra".
Nel corso di ogni anno, la Chiesa rievoca gli eventi della nascita, della morte e della
risurrezione del suo Signore, così che il susseguirsi dei giorni sia tutto improntato e
sostenuto dalla memoria di Lui, il Risorto.
Il credente partecipa assiduamente alla celebrazione dei Misteri liturgici, perché tutta la
sua persona, spirito, anima e copro, risulti progressivamente conformata a Cristo, e la
sua esistenza temporale sia impregnata di eternità.
La memoria liturgica dei Misteri divini se fa volgere lo sguardo a quando quegli eventi
si sono compiuti, subito fa tendere lo sguardo sul presente, cioè sul Cristo vivente, che
sovrasta e include in se stesso tutta la nostra storia.
Nello svolgimento dell'anno liturgico rimeditiamo su quei misteri, per averne
un'intelligenza più profonda. E in questo senso si può affermare che, narrati e
tramandati di anno in anno, non invecchiano e non si consumano mai, mentre ci
rinnovano come discepoli.
Mentre si dispongono e si uniscono a formare la suggestiva "corona della benignità
dell'anno di Dio" – secondo l’espressione del poeta e drammaturgo francese Paul
Claudel, - questi misteri sono destinati in certo modo a rinnovarsi nella Chiesa, per
rigenerare la vita della Chiesa. Facendo nostre le parole di Davide nel salmo 84 - si può
affermare che chi percorre l'anno liturgico "passa per la valle del pianto, e la cambia in
una sorgente", e che lungo il cammino "cresce il suo vigore, finché compare davanti a
Dio in Sion".
L’anno liturgico che oggi iniziamo sia apre con il portale poderoso dell’Avvento,
introducendoci immediatamente nel cortile spirituale dell’Attesa di Dio, atteggiamento
interiore del credente, e allo stesso tempo coscienza ecclesiale, che deve qualificare la
nostra vita cristiana di sempre.
L’Avvento è il tempo nel quale la Chiesa, gravida nel proprio grembo, si prepara, nell’
attesa vigilante e operosa, alla venuta del suo Signore, sempre solidamente certa che
Egli è già venuto, ed è sempre il Nascente, generato e donato sempre nuovamente al
mondo che continuamente cambia volto.
Se nell’Avvento celebriamo l’Attesa, nella gioia del Natale celebriamo la vita nascente
di Dio, che si fa embrione, feto, neonato, bambino destinato a crescere in età, sapienza
e grazia. Nell’atto di quella nascita la vita stessa di Dio si fa dono nuovo, inedito e
inaspettato, capace, nella sua irruzione, di sorprendere l’uomo, superandolo di gran
lunga nelle sue stesse attese.
In questo Pane consacrato, la santa Eucarestia, esposto oggi alla nostra fede, adoriamo
il Mistero della Vita: l’Eucarestia è il segno sacramentale della Vita nascente di Dio, di
cui la Chiesa stessa è grembo e madre; ma la stessa Eucarestia è il segno sacramentale
che dà Vita alla Chiesa, sempre nascente da questa Eucarestia, quindi generata dal
Sacramento dell’altare, nutrita e resa forte nel suo difficile pellegrinaggio terreno.
La Chiesa, come Maria, è sempre in “dolce attesa”, perché chiamata nella sua missione
evangelizzatrice, a “generare” Gesù con la sua azione pastorale, sia con la Parola, sia
con i Sacramenti.
Di questa “dolce attesa” è resa partecipe, nel corpo e nello spirito, in maniera del tutto
singolare, ogni madre e padre chiamati da Dio ad accogliere l’avvento della nuova vita,
l’avvento di una nuova presenza inviolabile, sempre pronti a riconoscere, stupiti, la
grazia misericordiosa di Dio.
In ogni vita nascente c’è sempre una consegna che Dio fa di se stesso all’Umanità,
perché ogni creatura, sacra e inviolabile, voluta, unica fra tutte, a sua Immagine e
Somiglianza, porta in sé una scintilla e una scheggia di Dio, l’alito e il soffio vitale del
Suo Amore.
Dio, creatore e padre, plasma con la potenza dell’Amore divino la polvere fangosa
della creatura umana: cosicchè l’anima, infusa da Dio, che fa del fango alitato una Sua
Creatura unica.
Ogni vita nascente scaturisce dal cuore di Dio-Amore, ed è propriamente “umana”
perché concepita in tre, nella nuzialità umano-divina dell’amore, cioè l’Amore di Dio e
l’amore della coppia.
Nel brano evangelico di san Luca (Lc 1, 39-45) proclamato in questa liturgia del
Vespro, celebriamo l’incontro tra Maria ed Elisabetta, incontro di due donne, incontro
di due madri, incontro di due vite nascenti.
Maria, rivolgendo il suo saluto ad Elisabetta, non può non salutare la vita che lei
custodisce nel grembo, come anche Elisabetta, benedicendo Maria per la sua fede
“perché ha creduto al compimento di ciò che le è stato detto dal Signore”, non può non
riconoscere e benedire il frutto del suo grembo, Gesù. Maria è proclamata da Elisabetta
“madre del mio Signore”.
Il grembo di Elisabetta e il grembo di Maria sono stati entrambi “visitati” da Dio:
Zaccaria e Giuseppe, entrambi, uomini giusti, sono i “testimoni” credibili e
indispensabili dell’iniziativa di Dio nella vita delle due donne.
L’accoglienza della vita nascente è il primo segno che rende ragione ad un’umanità
vera, non imbarbarita e non abbrutita totalmente dall’egoismo. E in ogni vita che nasce
abbiamo la dimostrazione certa che Dio non si è stancato degli uomini.
Se spesso usiamo dire: “Finchè c’è vita, c’è speranza”, è perché ogni vita nascente
allunga la speranza dell’umanità, rinvigorisce la fatica di tutti, rigenera la profezia del
futuro. In ogni forma di vita nascente si rinnova l’alleanza dell’Amore tra Dio e
l’Umanità, grazie alla quale la speranza torna a rifiorire.
A noi, uomini e donne di buona volontà, credenti e non, l’azione efficace e convinta a
difesa del valore della vita. A noi credenti, la gioia di benedire Dio in ogni vita che
viene alla luce, perché ogni vita è segno della sua benedizione con cui continua ad
amare il mondo nell’atto generativo dei coniugi.
La nostra preghiera, stasera, è rivolta al Signore anche come atto di benedizione e di
lode anche per la “l’episcopato nascente” di Mons. Vito Angiuli. Vogliamo affidare
allo Spirito Santo, datore di ogni bene spirituale, il nostro Vescovo eletto Vito, perché
la grazia della consacrazione episcopale ricada sulla nostra Chiesa come “officium
amoris”, servizio di carità instancabile, destinato a dare vigore al cammino di tutti.