“Teoria del curricolo e dei piani di studio personalizzati: analogia e differenze anche nella logica dell’integrazione” Il corsista affronta l'analisi di caso presentata, rispondendo in modo argomentato alle seguenti domande: a. Le scelte adottate dal Collegio docenti vengono definite uno strumento funzionale al successo formativo degli allievi. E' d'accordo? Perché? b. Come definirebbe la prospettiva d'intervento decisa dal Consiglio di classe della 1^A? Potrebbe trasformarsi, con gli opportuni aggiustamenti, in una prospettiva di personalizzazione? Quale ritiene potrebbe essere un primo passaggio decisivo per questa trasformazione? Caso: Siamo in un Istituto Tecnico Commerciale di una grande città del Nord-Italia; il Dirigente Scolastico, al termine degli scrutini del primo quadrimestre, porta all' attenzione del Collegio dei Docenti questo problema: nel primo biennio e, in particolare nelle classi prime il numero di insufficienze nelle discipline scientifiche è altissimo e, se non si interviene, si rischia di perpetuare ancora una volta l'altissimo tasso di bocciature che da alcuni anni caratterizza il primo biennio dell'istituto. Dopo lunga e animata discussione, a maggioranza, il CdD delibera di far fronte agli insufficienti risultati di apprendimento istituendo alcuni incontri pomeridiani relativi alle discipline interessate; si tratta di interventi di recupero tenuti dai docenti titolari nelle diverse prime, a cui devono obbligatoriamente partecipare tutti gli allievi che hanno avuto risultati insufficienti al termine del I quadrimestre. Il Dirigente scolastico fa notare che un simile intervento, se può essere di qualche utilità nel colmare la mancanza di conoscenza disciplinare, non affronta affatto il problema dell'orientamento e del ri-orientamento necessari per molti allievi in questa fase del percorso scolastico. Molti docenti del CdD, risentiti, sostengono che si tratta di una misura più che adeguata nel fornire a tutti gli allievi una ulteriore possibilità di apprendimento; solo il Consiglio di classe della 1^A , in un incontro successivo, decide di intervenire in modo diverso e di organizzare i corsi di recupero pomeridiani secondo varie metodologie didattiche, capaci di venire incontro alle diverse modalità di apprendimento degli allievi e di utilizzare tempi diversi per i vari allievi e/o gruppi di allievi. Le scelte adottate dal Collegio docenti vengono definite uno strumento funzionale al successo formativo degli allievi. E' d'accordo? Perché? Per quanto riguarda se sono d’accordo sul fatto che le scelte adottate dal Collegio docenti vengono definite uno strumento funzionale al successo formativo degli allievi, la mia risposta è negativa per le seguenti considerazioni: 1. La scuola dovrebbe essere un processo che accompagna la persona a sviluppare ciò che la caratterizza nel profondo delle propria originalità ed unicità, affinché riesca a scoprire il senso della propria identità e dignità, a valorizzare la relazione con gli altri, a costruire il proprio progetto di vita (come previsto dalla legge 53/03). In questo caso l’unica preoccupazione sembra essere quella di un recupero strumentale della sufficienza disciplinare, in cui la visione d’insieme nel rispetto di una pedagogia che tenga conto dello sviluppo complessivo della persona, di quella particolare persona, non viene presa in considerazione. 2. La scuola dovrebbe essere un ambiente di esperienze con un carattere di razionalità e umanità nella prospettiva di una educazione che duri tutto il corso della vita: nel caso in questione si è data una soluzione che non ha nessun presupposto teorico che rimandi ad una determinata visione del mondo e quindi a percorsi metodologici e didattici conseguenti. La preoccupazione principale sembra essere quella di portare tutti gli alunni attraverso compartimenti stagni (le discipline scolastiche) ad un livello di sufficiente apprendimento, ma un apprendimento compartimentato che non ha relazione sia con le altre materie che nell’interazione docenti e discenti. La preoccupazione maggiore sembra essere quella di una testa ben piena piuttosto che una testa ben fatta1 in cui invece di accumulare sapere è importante disporre di un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi e avere i principi organizzatori che permettono di collegare i saperi e di dare loro un senso per superare la frammentazione delle conoscenze e privilegiare la loro interconnessione; oggi la sfida è verso la Babele di informazioni frammentate che servono solo per scopi tecnici ma che non riescono a fornire alcun senso complessivo, alcuna direzione, alcuna saggezza. Come definirebbe la prospettiva d'intervento decisa dal Consiglio di classe della 1^A? Potrebbe trasformarsi, con gli opportuni aggiustamenti, in una prospettiva di personalizzazione? Quale ritiene potrebbe essere un primo passaggio decisivo per questa trasformazione? 1. La personalizzazione dell’insegnamento si basa su due concetti fondamentali: il primo è quello che vede il discente come il soggetto principale della propria educazione; che costruisce il proprio sapere perché ne riconosce l’importanza per la propria crescita e a cui partecipa costruttivamente e situazionalmente con tutte le personali capacità trasformandole in competenze, in un ambiente strutturato per supportare la conoscenza e l’azione come momenti inscindibili della metodologia educativa ; il secondo è fondato sul concetto di equità che supera quello di eguaglianza poiché garantisce risposte adatte alle diverse esigenze dei diversi bisogni personali. Gli interventi educativi vengono adattati per favorire la valorizzazione delle capacità ed attitudini proprie di ogni persona. 2. Il dirigente scolastico ha, a mio avviso, ben operato nel momento in cui ha posto il problema se non fosse meglio organizzare percorsi eterogenei e flessibili rispetto ai bisogni formativi degli allievi e dell’ambiente in cui vivono, piuttosto che offrire un servizio egualitario senza connotazioni personalizzate. 3. La realizzazione pomeridiana di laboratori strutturati in percorsi didattici alternativi che approfondissero i momenti personali e di costruzione collaborativa delle diverse materie di studio, sarebbe stato un buon inizio per superare i momenti di difficoltà dei diversi studenti. Michel Eyquem de Montaigne (1533 – 1592), filosofo e scrittore francese - citato in Edgar Morin, La testa ben fatta, traduzione di Susanna Lazzari, Raffaello Cortina, 2000, p. 15 1