Filosofia dell`uomo

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Filosofia dell’uomo
Il dualismo antropologico
Argomento: Analisi e critica di un testo fondamentale sulla visione dualista dell’uomo.
Fonti: René Descartes, Meditazioni Metafisiche, seconda meditazione.
Procedura: Dopo un breve riassunto del cammino di questa meditazione, fare un’analisi
critica della posizione di Descartes su questi punti:
1) Natura dell’uomo.
2) Valore della conoscenza sensitiva.
3) Altri elementi proposti da Descartes che sembrino incompatibili con la visione realista
dell’uomo.
Struttura della tesina
Introduzione al periodo storico in cui si inserisce l’opera di Cartesio: 1600
Vita e opere di Cartesio schema in una pagina
Meditazioni Metafisiche: struttura generale dell’opera
La II Meditazione: riassunto e commento
Analisi critica della posizione di Cartesio sulla – natura dell’uomo – valore della
conoscenza sensitiva – elementi di Cartesio che non vanno d’accordo con la visione
realista dell’uomo.
1
Introduzione
Il Seicento
Solitamente il Seicento viene considerato un secolo di crisi a causa del profondo
malessere, che caratterizza la vita politica, sociale ed economica e che è determinato
dalle numerose guerre e movimenti insurrezionali in varie parti del Continente Europeo 1
nei decenni centrali del scolo, dalla frequenza e gravità delle carestie ed epidemie
(ricordiamo la peste degli anni 30 del secolo XVII) e dal conseguente calo demografico 2.
Peste fame e guerra infierirono tutti sulla maggior parte dell’Europa, operando
spesso in combinazione e determinando un calo demografico, che stentava ad essere
colmato a causa di un aumento dell’età del matrimonio e alla conseguente riduzione del
numero dei figli. Le rivolte e i conflitti politici, in parecchi Paesi Europei, sono stati
preceduti e seguiti da altre agitazioni e sommosse di minori proporzioni, determinate dalla
tendenza a mettere in discussione le gerarchie sociali tradizionali e dal tentativo di
combattere la pressione tributaria vigente, affermando un nuovo concetto di libertà.
Su questo sfondo di rivolte3 è noto che progredì la struttura assolutistica delle
Monarchie Europee, sebbene non dobbiamo dimenticare che a tale avanzamento si
affianca l’ascesa della nuova élite intellettuale: la borghesia.
Questa classe sociale, formata da persone indipendenti dal controllo feudale ed
ecclesiastico, basava il proprio potere sulla ricchezza e sul lavoro accentuando, rispetto
alla tradizione, il ruolo della ragione e l’iniziativa personale4.
Dal punto di vista culturale, non pochi autori, tra cui lo stesso Cartesio, oggetto del
presente lavoro, cercarono di trovare un metodo che consentisse loro di realizzare il più
completo dominio sulla natura, ponendo la propria fiducia sulla forza e il potere della
mente umana, contribuendo alla nascita e allo sviluppo della scienza moderna e del
conseguente metodo sperimentale, che l’ha caratterizzata. Accanto a tali elementi laici e
spesso lontani da valori spirituali, ne troviamo, però, altri di carattere più strettamente
religioso. Difatti accanto a personaggi come Bacone, Campanella, Galilei, Cartesio e
Hobbes, capisaldi della laicità e “modernità”, troviamo Suarez, Bellarmino e Mariana,
difensori instancabili del pensiero cattolico. Possiamo quindi affermare che la cultura
1
Dal punto di vista storico si può, tuttavia notare, la diversità di esperienze nelle varie Aree Europee: al declino degli
Stati, che si affacciano sul Mediterraneo, fanno riscontro le trasformazioni e lo sviluppo in atto di Paesi come Olanda e
Inghilterra. Al proposito Cf. CAPRA C. –CHITTOLINI G – DELLA PERUTA F., Storia Moderna, Le Monnier,
Firenze1995, Volume 2, p. 179.
2
Sono state inoltre prese in considerazione le variazioni climatiche, che hanno determinato una sorta di “piccola
glaciazione”, cioè un abbassamento della temperatura media di circa un grado, con inverni rigidi ed estati umide, che si
sarebbe ripercosso sfavorevolmente sui racconti in gran parte del pianeta. IBIDEM, p. 165.
3
Per un esauriente quadro storico inerente il secolo XVII Cf. IBIDEM, pp. 164 - 315.
4
Cf. DAL PRA M., Sommario di storia della filosofia, La Nuova Italia, Firenze 1994, Volume 2, p.90.
2
seicentesca ha visto l’incontro tra la tematica religiosa e laica. Senza dilungarsi troppo,
bisogna accennare al fatto che il Seicento è stato il secolo di transizione alla modernità, il
secolo della scienza (pensiamo alla Rivoluzione Copernicana, alle leggi di Keplero, a
Galileo, a Newton, a Harvey e Boyle) e di una rivoluzione intellettuale, che ha inaugurato
l’epoca moderna.
Non possiamo, d’altra parte, dimenticare che il XVII secolo è stato anche un periodo
storico alquanto superstizioso e colmo di credenze pagane, come le festività profane, il
carnevale, le danze, i culti agrari per la fertilità dei campi, il sabba:
“Soprattutto nelle campagne era diffusa la convinzione che certi individui possedessero
poteri soprannaturali, come la capacità di predire il futuro o di influire per vie misteriose
sugli esseri umani così come sulle cose inanimate. Fin dal basso Medioevo le attività di
questi individui erano state messe in rapporto con la presenza del Maligno nel mondo; si
credeva che streghe e stregoni dovessero i loro poteri a un patto stipulato con il diavolo,
che si recassero a volo di notte a convegni notturni detti sabba, che si prestassero a riti
sacrileghi e a parodie blasfeme delle funzioni religiosi”5.
La cosiddetta caccia alle streghe6 raggiunse il culmine tra il 1580 e il 1660 e le aree
in cui si diffuse maggiormente furono quelle dove i contrasti religiosi, tra Cattolici e
Protestanti, erano molto intensi: Francia, Svizzera, Germania. Nei Paesi Mediterranei e
nell’Europa del Nord il clima era decisamente più disteso7. Spesso i processi, a causa del
clima di paura, sospetto e intolleranza, si concludevano con la condanna dell’accusato ma
non dobbiamo dimenticare anche il fatto che i giudici, sia laici che ecclesiastici (Tribunale
dell’Inquisizione8) erano fermamente convinti della realtà dei fenomeni soprannaturali da
loro valutati.
CAPRA C. –CHITTOLINI G – DELLA PERUTA F., Storia Moderna,…Op. Cit., pp. 172-173.
Ricordiamo il Malleus maleficarum, scritto da due domenicani tedeschi e pubblicato nel 1486.
7
Al proposito Cf. ROMEO G., Inquisitori, esorcisti e streghe nell’Italia della Controriforma, Santoni, Firenze 1990.
8
E’ d’obbligo sottolineare il fatto che un determinato tipo di storiografia ha, sin dal XVIII secolo, descritto in maniera
imparziale e tendenziosa, l’operato dell’Inquisizione, sia Medievale che Spagnola, evidenziandone aspetti
esclusivamente repressivi, autoritari e oppressivi, sebbene in realtà non sia così. Cito al proposito ciò che afferma lo
storico F. Pappalardo in merito all’Inquisizione Spagnola e alla caccia alle streghe: “La relativa mitezza dei tribunali
inquisitoriali emerge anche dall'atteggiamento tollerante tenuto nei confronti della stregoneria, proprio nel periodo in
cui dilagava in Europa la fobia antistregonica, legata direttamente alla diffusione dell'occultismo e del pensiero magico
nel Rinascimento e alla psicosi del demoniaco, indotta dalla Pseudo-Riforma protestante. È ormai certo che in Spagna
fu proprio l'Inquisizione - dopo una prima incontrollata diffusione di timori popolari e di repressione statale - a impedire
lo sviluppo di una vera e propria caccia alle streghe, così come è poco noto che a Roma l'Inquisizione fece giustiziare
per stregoneria una sola persona, nel 1424. È significativo, inoltre, che furono i principi più legati ai valori cavallereschi
e feudali ad attestarsi su posizioni di moderazione e di scetticismo verso i supposti poteri delle streghe, mentre la parte
più "progressista" della cultura ufficiale sposò la causa dell'intolleranza e della persecuzione in nome del progresso
della ragione. Da parte loro, i Pontefici raccomandarono sempre agli inquisitori di limitare il loro interesse per gli
stregoni ai soli casi in cui fossero presenti elementi sacrileghi o idolatrici, cioè quando, alla superstizione, potessero
essere attribuiti con evidenza i caratteri dell'eresia”. Il testo di Pappalardo è tratto da Voci per un “Dizionario del
pensiero forte” a cura dell'I.D.I.S., l'Istituto per la Dottrina e l'Informazione Sociale.
5
6
3
Il Seicento, in conclusione, è caratterizzato da:
-
Guerre, carestie, epidemie e pestilenze
-
Clima di intolleranza e paure
-
Avanzamento dell’Assolutismo Monarchico
-
Ascesa della borghesia
-
Sviluppo della Scienza e nascita del metodo sperimentale.
E’ in questo secolo, pieno di contraddizioni, che si inserisce l’opera di Descartes, il
quale distinse nettamente la conoscenza del mondo spirituale, basata sulla coscienza che
l’uomo ha di se stesso (Cogito, ergo sum), dalla conoscenza della realtà materiale,
concepita in termini rigorosamente meccanicistici.
4
CARTESIO: LA VITA E LE OPERE9
René Descartes (latinizzato Cartesio) nacque il 31 marzo del 1596 a La Haye, in
Turenna, da una famiglia di piccola nobiltà, terzo figlio di Joachim Descartes10, avvocato e
consigliere al Parlamento di Bretagna a Rennes e di Jeanne Brochard. Alla morte della
madre, René venne affidato alla nonna materna. Di salute delicata, imparò a leggere ed a
scrivere in casa, sotto la guida di un precettore privato.
Nel 1605 entrò nel collegio dei gesuiti di La Fléche, dove restò fino al 1613 compiendo
studi di grammatica, retorica e filosofia, i quali comprendevano anche insegnamenti di
logica, dottrine umanistiche, fisica, metafisica e matematica con elementi di teoria
musicale. Uscito dal collegio, seguendo i voleri del padre, frequentò l’università di Poitiers
e nel 1616 fu nominato baccelliere e licenziato in diritto. Nel 1618 lasciò la Francia ed
entrò come volontario nell’esercito del principe Maurizio di Orange - Nassau11, che aveva
raccolto l’armata a Breda, in Olanda al fine di rivendicare l’indipendenza dei Paesi Bassi
nei confronti della Spagna. A Breda Cartesio incontrò Isaac Beeckman 12, scienziato
olandese, che lo incoraggiò alla ricerca nel campo delle applicazioni della matematica alla
fisica. I due studiosi si dedicarono alla discussione di questioni di geometria e di fisica e
studiarono la legge della caduta dei corpi gravi 13. Sviluppando queste ricerche, Cartesio
sostenne di aver trovato una scienza nuova, che consisteva nel fare una trattazione
rigorosamente matematica di tutti i problemi matematici, fisici14, filosofici e teologici (delle
ultime due questioni si occupò in seguito). A Beeckman Cartesio dedicò il Compendium
musicae, opera nella quale sono considerati i rapporti matematici che regolano le
consonanze, le tonalità, le dissonanze.
Nel 1619 Cartesio lasciò l’Olanda e, dopo un breve soggiorno in Danimarca e in
Germania, si recò ad Ulma, dove decise di dedicarsi a quella che egli definisce una
scienza mirabile (Discorso sul metodo), cioè lo studio di se stesso. Per fare questo,
Cartesio affermò che non bisognava tanto affidarsi ai libri o alle affermazioni degli altri
quanto dare libero corso all’iniziativa personale e individuale:
Per riportare le notizie in merito alla vita e alle opere di Cartesio, mi sono servita del manuale di ADORNO F –
GREGORY T. – VERRA V., Storia della filosofia, Laterza, Roma-Bari 1981, Volume II, pp. 165-184 e del sito WEB
http://biografieonline.it .
10
Il padre è insignito del titolo di escuyer, primo grado della nobiltà.
11
Al proposito Cf. CAPRA C. –CHITTOLINI G – DELLA PERUTA F., Storia Moderna,…Op. Cit., pp. 188-205, dove
è ripercorsa a grandi linee la Guerra dei Trent’Anni, che caratterizzò l’Europa tra il 1618 e il 1648.
12
Studioso olandese, adottorato in medicina e rettore della scuola latina di Dordrecht. Egli fu un uomo molto colto e, tra
il 1604 e il 1634, tenne un diario delle sue osservazioni scientifiche e matematiche e dei suoi incontri. Nel Diario
vengono appuntati anche gli incontri dello scienziato con Cartesio.
13
Al proposito, Cartesio sostenne che la velocità aumentava in proporzione allo spazio percorso.
14
Cartesio si propose, senza riuscirvi, di scrivere un trattato di geometria e uno di meccanica.
9
5
“la scienza che così scaturisce dall’animo è anche esplicazione della ragione e della
personalità dell’uomo; lo studio di se stesso è un atto di fiducia nelle possibilità della
ragione; il far capo a se stesso che altra volta gli era potuto sembrare atto di orgoglio, gli
appare ora come un impegno che trova la sua base nei semi di saggezza che sono nello
spirito e che hanno origine divina. Cartesio pensa così ad una scienza unitaria di tutte le
conoscenze umane, costruita da una sola persona per il benessere dell’umanità”15.
Negli anni successivi a tale svolta, Cartesio si dedicò innanzitutto a studiare il
metodo della nuova scienza, applicandolo nella soluzione dei problemi di algebra,
geometria e ottica; solo in seguito provò ad applicare la nuova metodologia scientifica alla
filosofia
Nel 1622 Cartesio tornò in Francia per sbrigare affari patrimoniali e, dopo la vendita
di alcune terre di sua proprietà, si recò in Italia, soggiornando, tra il 1623 e 1625, a
Venezia, Roma e Firenze. Nel 1627 tornò in Francia e qui entrò in contatto con eminenti
studiosi come il matematico Claude Mydorge e il teologo Marin Mersenne. In
collaborazione con Claude Midorge si dedicò a studi matematici in relazione a problemi di
fisica e di ottica. Nell’autunno dello stesso anno espose, in casa del nunzio apostolico
Guidi di bagno, alcuni temi riguardanti la sua filosofia, accolta favorevolmente dai presenti,
in particolare dal cardinale Pierre Brulle16, il maggiore esponente della spiritualità cattolica
in Francia, il quale lo incoraggiò ad approfondire le riflessioni filosofiche, in particolare
quella sulla divinità. La vita a Parigi non gli consentì la concentrazione necessaria per le
sue ricerche, quindi Cartesio si ritirò, durante l'inverno del 1628, in campagna,
probabilmente in una sua proprietà a Igrandes, nei pressi di Chatellerault.
Prima di dedicarsi a questioni filosofiche, Cartesio scrisse, tra il 1627 e il 1628, le
Regulae ad directionem ingenii (incompiute), al fine di dare forma ai principi del nuovo
metodo scientifico. In questa opera egli svolse alcuni temi, che poi saranno ripresi nel
Discorso sul metodo (1637), muovendo dal concetto dell’unità del sapere: “Tutte le
scienze – scrive nelle Regulae – non sono altro che l’umano sapere, il quale permane
sempre uno e identico, per quanti siano gli oggetti cui si applica”17. L’unità del sapere è
determinata dal fatto che esso risale alla mente umana, la quale è unità. Nelle Regulae ha
importanza fondamentale la regola dell’evidenza, secondo la quale ogni scienza è una
conoscenza certa ed evidente, che non dà adito ad alcun dubbio. L’evidenza della scienza
si raggiunge con l’intuito, atto tramite il quale è dato cogliere la verità, e si completa con la
deduzione, procedimento logico che Cartesio definisce come “movimento continuo ed
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit.,p. 124.
Pierre Brulle (1575-1629), fondatore della Congregazione dell’Oratorio di Parigi nel 1611.
17
La citazione, tratta dall’opera cartesiana, è presa da DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit.,p. 124.
15
16
6
interrotto del pensiero che intuisce con evidenza le singole cose tra loro connesse in
serie”18. Sulla base dell’intuito e della deduzione è possibile, secondo Cartesio, individuare
la scienza dell’ordine, il cui scopo, dal momento che contiene i primi rudimenti della
ragione umana ed è fonte delle altre scienze, è quello di stabilire l’ordine in cui le varie
conoscenze vanno disposte, tenendo conto del legame, che le fa dipendere le une dalle
altre. La scienza dell’ordine, la quale coincide con la scienza della ragione umana, è la
matematica universale, disciplina che si attiene rigorosamente all’ordine considerandolo
da un punto di vista universale. Ad essa devono fare capo tutte le altre scienze. 19
Nel 1629, dopo una sofferta rottura con Beeckman, forse da attribuirsi al fatto che
questi intendeva appropriarsi delle teorie insite nel Compendium musicae, Cartesio si
stabilì in Olanda e frequentò i corsi di matematica a Leida e cominciò a scrivere, nel 1630,
il trattato di fisica Il Mondo20 (incompiuto e non pubblicato).
Abbandonato, dunque, il progetto di pubblicazione del Il Mondo, in seguito alla
condanna del Galilei nel 1633, Cartesio pensò di dare alle stampe tre saggi, La Diottrica,
Le Meteore e La Geometria, scrivendo come prefazione ad essi il famoso Discorso sul
metodo, in cui, oltre ad esporre i principi fondamentali della propria filosofia, offrì elementi
indispensabili per comprendere il suo cammino spirituale. Se con i tre trattati che
accompagnano il Discorso il filosofo francese presentò i motivi dominanti della sua
concezione meccanicistica della natura ed esplicò la geometria analitica come teoria
generale della quantità, con il Discorso sul metodo, egli intese dare un quadro più
completo sia del nuovo metodo scientifico sia delle sue applicazioni. Formulando una
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia, …Op. Cit.,p. 168.
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit.,pp. 125-126: “Per chiarire in che cosa consista l’ordine razionale Cartesio
distingue le nature semplici e quelle composte; le prime non si possono ulteriormente scomporre e si possono intuire per
se stesse; le altre risultano dall’unione di più nature semplici; l’ordine razionale vuole appunto che per comprendere una
natura derivata e composta si risalga alle nature semplici che la compongono...Questo metodo dell’ordine razionale può
condurre a comprendere tutto quello che può essere conosciuto dalla mente umana, anche con riferimento a noi stessi o
al rapporto fra noi stessi e Dio”.
20
Ne Il Mondo, cui fece seguito un ulteriore trattato L’Uomo (basato sugli stessi principi della fisica meccanicistica: il
corpo fisico-organico soggiace alle stesse leggi meccaniche del mondo fisico), Cartesio espose i temi centrali della sua
fisica meccanicistica, che rifiuta nettamente le forme, le essenze, le qualità della filosofia scolastica e vuole trovare
fondamento in nozioni chiare ed evidenti. La scienza fisica, per Cartesio, è una rigorosa ricostruzione razionale del
mondo, la quale rifiuta ogni raffronto con la cosmologia biblica e la teologia scolastica. Secondo la cosmologia
cartesiana, Dio ha creato la materia come pura estensione e ad essa ha impresso il movimento, retto da tre leggi: 1.
Principio di inerzia (ogni parte della materia conserva sempre il suo stato fino a quando le altre non la costringano a
cambiarlo). 2. Quando un corpo ne spinge un altro non può trasmettergli né sottrargli alcun movimento, senza perderne
o acquistarne una quantità uguale. 3. Quando un corpo si muove, tende sempre a continuare il proprio movimento in
linea retta. Secondo Cartesio, quindi, il mondo era costituito in base a questi semplici principi e retto da leggi
meccaniche. Attraverso il movimento, la materia, che è estensione, si separa in parti che costituiscono i tre elementi
fondamentali, fuoco, aria e terra, la cui diversità è costituita solo dalla struttura quantitativa delle varie particelle di
materia e dal movimento di cui sono dotate. Dagli elementi in movimento sono nati i mondi innumerevoli (Ricordiamo
che Cartesio sosteneva come Galileo, la teoria eliocentrica).
18
19
7
critica serrata al sapere tradizionale21, fondato sul principio di autorità (in primo luogo sulla
filosofia di Aristotele) e sulla persuasività della tradizione, elaborò un nuovo metodo
d'indagine che consentisse di distinguere il vero dal falso in ogni campo della conoscenza,
anche nella vita pratica. Tale metodo è da lui ricercato nella matematica universale, la
quale unisce il criterio dell'evidenza intuitiva con il rigore della deduzione 22, e riassunto in
quattro precetti fondamentali:
a. L’evidenza: “La prima era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi
esser tale con evidenza: di evitare, cioè, accuratamente la precipitazione e la
prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi nulla di più di quello che si
presentava così chiaramente e distintamente alla mia intelligenza da escludere ogni
possibilità di dubbio”.
b. L’analisi: “La seconda era di dividere ogni problema preso a studiare i tante parti minori,
quanto fosse possibile e necessario per meglio risolverlo”.
c. La sintesi: “La terza, di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti
più semplici e più facili da conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sino
alla conoscenza dei più complessi; e supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli
uni non precedono naturalmente gli altri”.
d. L’enumerazione: “L’ultima, di far dovunque enumerazioni così complete e revisioni così
generali da esser sicuro di non aver omesso nulla”.
Il Discorso sul metodo si divide in sei parti:
a. Critica di Cartesio al tipo di cultura impartitagli nel collegio di La Fléche, in quanto rivolta
eccessivamente allo studio degli antichi, fossilizzata nell’apprendimento formale della
retorica e della poesia, troppo poco teorica in campo matematico e incerta nelle
questioni filosofiche.
b. Risoluzione di Cartesio, mentre era in Germania nel 1619, di liberarsi del pensiero
giovanile e rielaborare l’intero suo sapere in base ad un rigoroso esame razionale che
lo rendesse padrone delle sue esperienze.
In merito a questo, Cartesio affermò nel Discorso sul metodo: “Avevo studiato un po’ quando ero più giovane, tra le
parti della filosofia, la logica, e, tra le matematiche, l’analisi geometrica e l’algebra: tre arti o scienze, dalle quali
speravo cavar qualche aiuto per il mio disegno. Ma, nell’esaminarle, mi accorsi che m’ero ingannato. I sillogismi e la
maggior parte dei precetti della logica servono piuttosto a spiegare agli altri le cose che già si sanno… E quanto
all’analisi degli antichi e all’algebra dei moderni, oltre che riguardano materie astrattissime e di poco uso in pratica, è da
notare che la prima è così legata alla considerazione delle figure che non può esercitare l’intelligenza senza stancare
molto l’immaginazione, e la seconda s’è talmente assoggettata a certe regole e a certe cifre da apparire un’arte confusa e
oscura per imbarazzare l’intelligenza piuttosto che una scienza per coltivarla. Bisognava, dunque, che io cercassi un
altro metodo…”. Le citazioni tratte dal Discorso sul metodo sono ricavate da ADORNO F – GREGORY T. – VERRA
V., Storia,…Op. Cit.,pp. 192-194.
22
Per via dell'importanza assegnata alla ragione nella fondazione dell'intero sapere, e per il ruolo subordinato assegnato
all'esperienza, Cartesio è considerato l’iniziatore del razionalismo nella filosofia moderna.
21
8
c. Formulazione di alcune massime di una morale provvisoria, al fine di guidare la
condotta alla ricerca della verità: “La prima richiede l’obbedienza alle leggi e costumi
dei paesi in cui si è nati, l’osservanza della religione in cui si è stati allevati e l’adesione
alle opinioni moderate della società in cui si vive… La seconda prescrive di essere
risoluti nelle proprie azioni, anche quando si è incerti sulle opinioni da seguire… La
terza regola consiglia di cercare sempre di vincere piuttosto noi stessi che la fortuna, e
di essere pronti a cambiare i nostri desideri piuttosto che l’ordine del mondo”23.
d. Compendio di metafisica cartesiana (ampliato nelle Meditazioni Metafisiche).
e. Argomentazioni di fisica già sviluppate dal filosofo ne Il Mondo.
f. Osservazioni in merito allo sviluppo della sua ricerca.
Nel Discorso sul metodo, Cartesio avanzò l'esigenza di dare una giustificazione del suo
metodo, così come di tutte le conoscenze che, sia in campo matematico che fisico,
potevano essere ottenute attraverso di esso. A questo fine ritenne doveroso rimettere in
discussione ogni conoscenza comunemente accettata24, fino a giungere a un principio
ultimo verso il quale il cosiddetto dubbio metodico non potesse aver presa.
La filosofia cartesiana intraprese quindi tutta la revisione critica del sapere
tradizionale, attraverso il dubitare di tutto ciò che non avesse apparenza di essere
solidamente fondato, al fine di giungere a trovare un sicuro fondamento per la
ricostruzione del vero sapere. Tutto ciò verrà da Cartesio sviluppato e ampliato nelle
Meditationes de prima philosophia, pubblicate a Parigi nel 164125.
Nel 1644, Cartesio pubblicò i Principia philosophiae26, anche se il periodo non era
dei più felici per il nostro autore, in quanto le sue dottrine, diffuse in Olanda 27, furono
condannate come atee dal calvinista Girbert Voet28 (1589 – 1676) e dall’università di
Utrecht.
Tra il 1647 e il 1648 Cartesio scrisse le Primae cogitationes circa generationem
animalium e la Description du corps humain, pubblicate postume, inoltre pubblicò, contro il
Regius, con il quale il filosofo francese si era trovato in disaccordo, le Notae in Programma
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia,…Op. Cit.,p. 173.
L’unico patrimonio di verità, di cui Cartesio non intese disfarsi, fu quello del comportamento morale e delle verità di
fede.
25
Le Meditazioni metafisiche furono pubblicate nel 1641 a Parigi e nel 1642 ad Amsertdam con le Obiectiones di vari
autori e le Responsiones di Cartesio. Nel 1647 venne pubblicata a Parigi, per volere dell’autore, la traduzione francese
delle Meditationes.
26
In questa opera Cartesio raccolse una trattazione sistematica e scolastica di tutte le parti della sua riflessione, a partire
da quelli che egli chiama i capisaldi della sua metafisica, per passare ai principi delle cose materiali fissati non in base
ai pregiudizi dei sensi ma in base all’uso della ragione, quindi alla costruzione dell’universo e, infine, alla Terra e ai
suoi fenomeni.
27
Le dottrine di Cartesio furono diffuse in Olanda da Henrick de Roy (Regius, 1598-1679).
28
Cartesio si difese da Voet con un’Epistola.
23
24
9
quoddam. Nel 1649 furono edite le Passioni dell’anima, alle quali seguirono le Lettere,
opere entrambe di argomento etico.
Una nuova condanna della filosofia cartesiana, accusata di pelagianesimo, fu
emessa dall’università di Leida.
Chiamato a Stoccolma, nel 1649, da Cristina di Sezia, Cartesio vi si recò per
iniziare la regina alla sua filosofia, ma morì l’anno successivo di polmonite (1650).
10
LE MEDITAZIONI METAFISICHE: STRUTTURA GNERALE DELL’OPERA
Cartesio si interessò di Metafisica sin dagli anni della sua giovinezza, sin da quando
si stabilì in Olanda, tra il 1628 e il 1629, stendendone una prima redazione. Sappiamo che
la stesura definitiva venne pubblicata nel 1641 con il titolo Meditationes de prima
philosophia. Come già espresso nelle pagine precedenti, l’interesse del filosofo francese
da un lato si rivolse verso le scienze applicate come la meccanica e la medicina, le quali,
secondo lo stesso, permettono all’uomo di dominare la natura, dall’altro considerò la
metafisica come fondamento delle discipline teoriche quali la matematica e la fisica; in
questo modo Cartesio collegò tutto il suo pensiero scientifico alla tradizione religiosa,
sebbene la rielaborasse alla luce del nuovo metodo scientifico:
“Il primo passo della metafisica è il dubbio metodico, rivolto a togliere di mezzo tutte le
opinioni ed a metterci in possesso di una verità indubitabile; dobbiamo dubitare di quanto
ci attestano i sensi sia perché a volte i sensi ci ingannano, sia perché non abbiamo un
criterio assoluto per distinguere il sogno dalla veglia e sappiamo che nel sogno ci accade
di essere persuasi di avere delle sensazioni che, per contro, non rispondono a verità”29.
Secondo la dottrina cartesiana, dunque, l’intero mondo sensibile può svanire come
un sogno oppure essere supposto tale; infatti, niente di ciò che sta al di fuori di noi
potrebbe essere reale. La stessa cosa vale per discipline quali la matematica, che, in
apparenza, sembrerebbero indipendenti dal mondo sensibile ma che in realtà non lo sono,
in quanto, secondo Cartesio, è possibile che Dio non solo abbia impresso in noi immagini
di una realtà inesistente ma che abbia voluto che l’uomo si ingannasse anche nelle
conocenze caratterizzate dall’evidenza immediata:
“Il dubbio viene qui a mettere in crisi la stessa ragione, poiché in tanto è possibile in
quanto suppone che Dio abbia creato l’uomo tale da sbagliare sempre: è un dubbio tanto
radicale che Descartes subito lo accantona, per mettere al posto dell’ipotesi del Dio
ingannatore, l’ipotesi di un genio maligno”30.
Cartesio supponeva che una sorta di genio malefico volesse espressamente
ingannare l’uomo, facendogli apparire una realtà falsa, che non esiste. Il genio maligno,
però, non avrebbe mai avuto il potere di ottenere l’assenso da parte dell’uomo a questo
suo inganno; di fatto, è sempre possibile sospendere il giudizio e non accettare nulla come
29
30
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit., pp. 132-133.
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia,…Op. Cit.,pp. 174-175.
11
vero. Di conseguenza il dubbio metodico aiuta l’essere umano a non aderire ad un
inganno e ad una illusione e lascia sempre intatta l’autonomia e la capacità della stessa
ragione31:
“Supporrò dunque che, anziché un Dio ottimo, fonte di verità, vi sia un genio malvagio,
che, sommamente potente ed astuto, ce la metta tutta per ingannarmi. Riterrò quindi che
cielo, aria, terra, colori, figure, suoni e tutto il resto di esterno a me non siano che illusioni
oniriche con cui quel genio tenda trappole alla mia credulità; considererò me stesso come
se non avessi mani, occhi, carne, sangue, né alcun senso, e quindi falsa l’opinione di
avere queste cose. Rimarrò ostinatamente fermo in questa supposizione; e in tal modo
non sarò certo in grado di conoscere alcunché di vero, ma in compenso mi guarderò con
risolutezza dall’assentire al falso – poiché questo, invece, dipende senz’altro da me – ed è
così che eviterò anche di rimanere vittima di un simile ingannatore, per quanto potente e
astuto fosse”32.
Da questa condizione di dubbio, di sospensione di giudizio, Cartesio ricava un
principio certo e indubitabile: la propria esistenza, il cogito (penso, dunque esisto). Il cogito
è indubitabile sotto qualsiasi condizione, perché nasce dallo stesso dubbio: io dubito,
quindi esisto. In che modo quindi si può uscire dal dubbio? Con il rendersi conto della
propria esistenza, dal momento che se un uomo dubita o sospende il proprio giudizio,
esiste. Se l’ipotetico genio maligno inganna qualcuno, significa che questo qualcuno
esiste: “In effetti, è tanto manifesto che sono io a dubitare, ad intendere, a volere, che non
c’è neanche modo di trovare come renderlo ancora più chiaro attraverso una qualche
spiegazione”33.
La propria esistenza, tra tutte le conoscenze, è la conoscenza prima e certissima, la
quale si presenta all’intelletto con una tale evidenza da affermarsi necessariamente come
vera: “Con il cogito noi cogliamo intuitivamente la prima realtà della cui esistenza non si
può dubitare. Così, dopo aver messo in dubbio tutto quello che aveva fin qui creduto come
esistente, Descartes, attraverso il cogito, giunge ad affermare l’esistenza dell’io che
pensa”34.
L’autoevidenza del pensiero, secondo Cartesio, fa in modo che l’io si colga con
certezza, sebbene permangano dubbi sia sull’esistenza di Dio, sia sul mondo esterno,
compreso il corpo dello stesso io che pensa. Per fondare la certezza dell’esistenza di Dio
e del mondo esterno, è necessario procedere dal nostro stesso spirito, dal nostro stesso
io, dal cogito: “conosco palesemente che niente può essere percepito da me con maggior
La capacità della ragione era messa in crisi dall’ipotesi di un Dio ingannatore. Invece l’ipotesi di un genio maligno
servì a Cartesio per impedire che fosse dato l’assenso a conoscenze prive di fondamento evidente e per liberare la mente
dagli inganni dei sensi.
32
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche, a cura di LANDUCCI S., Laterza, Roma- Bari 2001, p. 35.
33
IBIDEM, p. 47.
34
ADORNO F – GREGORY T. – VERRA V., Storia,…Op. Cit.,p. 176.
31
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facilità ed evidenza che la mia mente”35. Il pensiero è un attributo dell’io, il quale diviene
res cogitans, cioè una sostanza, che è soggetto del pensiero, è l’io, la mente, l’anima, lo
spirito, l’intelletto, la ragione. Quindi, per pensare, è necessario essere.
A questo punto della sua indagine, Cartesio valutò se fosse possibile uscire dalla
sfera del cogito, al fine di recuperare la realtà al di fuori di esso e partì in questa sua
ricerca analizzando le idee, i contenuti del pensiero. Il filosofo francese distinse tre tipi di
idee: innate, avventizie (paiono venir dal di fuori), fattizie (fatte e inventate dall’io). Tra
queste idee, quelle relative alla realtà esterna e che sembrano derivare da questa non
offrono all’uomo alcuna garanzia, perché le si possa ritenere corrispondenti ad una realtà
extramentale che esse paiono rappresentare. Difatti, si può ancora supporre che il genio
maligno inganni in merito al mondo oppure pensare che tali idee siano inventate dall’uomo
stesso come accade per le fattizie. Al fine di stabilire se le idee sono prodotto unicamente
umano oppure indicative dell’esistenza di una realtà esterna, è necessario rivelare che
ogni idea ha un contenuto rappresentativo maggiore o minore, cioè un grado maggiore o
minore di realtà rappresentativa; ad esempio, “l’idea di Dio possiede un grado maggiore di
realtà rappresentativa che non l’idea di un corpo qualsiasi”36. L’idea, in quanto ha un grado
di realtà rappresentata, non può derivare dal nulla e deve avere una causa:
“Per esempio, non soltanto è impossibile che una pietra prima inesistente cominci ora ad
essere, a meno che non sia prodotta da qualcosa in cui sia già presente, formalmente
oppure eminentemente, tutto quanto si trovi poi nella pietra; e non soltanto è impossibile
che in un oggetto ancora non caldo venga immesso del calore, se non da qualcosa che
sia d’un livello almeno altrettanto perfetto quanto lo è il calore…”37.
Quindi, l’idea come rappresentazione di una certa realtà deve essere spiegata con
una causa esterna, nella quale si dovrà trovare almeno tanta realtà formale (di fatto)
quanta realtà oggettiva (intenzionale) è contenuta nell’idea.
Cartesio considerò, poi, l’idea di Dio presente nell’uomo, idea di una sostanza
infinita, eterna, immutabile, indipendente, onnisciente, onnipotente, la quale non può
essere prodotta dall’uomo, essere finito, che non è in grado di causare l’idea di infinito. Ciò
significa che l’idea di Dio è innata e deve avere la sua causa adeguata in un essere
infinito, che l’ha messa nell’uomo: “Infatti, in me c’è certamente l’idea di sostanza, per il
fatto stesso che io sono una sostanza; però, dal momento che sono finito, l’idea di una
sostanza infinita non sarebbe in me se non mi venisse da una sostanza che infinita lo sia
35
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 55.
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit., p. 133.
37
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 67.
36
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effettivamente”38. E questa sostanza è Dio. Dopo la prima prova dell’esistenza di Dio (Dio
come causa dell’idea di Dio che è in noi), Cartesio ne aggiunse altre due: la prima la
ricavò ricercando da chi derivi la nostra esistenza finita, dal momento che l’uomo non può
essere la causa di se stesso, altrimenti si sarebbe creato perfetto, con tutte quelle
perfezioni, che si trovano nell’idea di Dio: “Ma, se di esistere io lo dovessi a me stesso,
non dubiterei, non desidererei, perché non mi mancherebbe assolutamente niente, in
quanto mi sarei dato tutte le perfezioni di cui ci sia in me un’idea, e così proprio io sarei
Dio…per il solo fatto che io esisto e che in me c’è l’idea di un ente perfettissimo, ossia di
Dio, è dimostrato con la maggior evidenza che anche Dio esiste”39; con la seconda, affine
alla prova ontologica40 di Anselmo d’Aosta, Cartesio dimostrò come in Dio esistenza ed
essenza coincidano, come in Lui l’esistenza appartenga necessariamente alla essenza,
quindi l’essere assolutamente perfetto esiste ed è autore della nostra esistenza: “…proprio
il Dio del quale ho in me l’idea, e cioè dotato di tutte quelle perfezioni che ho detto né
soggetto assolutamente ad alcun difetto…”41. Ovviamente, stabilito che Dio esiste, è
impossibile che ci inganni, poiché nell’inganno c’è imperfezione: “riconosco che non può
accadere che Dio mi inganni mai; ché in ogni frode o inganno si trova un qualche genere
di imperfezione”42.
Secondo Cartesio, quindi, Dio è garante della verità e la certezza della sua
esistenza elimina il dubbio che l’uomo possa essere stato fatto in maniera d’ingannarsi,
anche in quelle cose maggiormente evidenti e certe:
“Resta così fondato direttamente su Dio quel criterio delle idee chiare e distinte che
Cartesio aveva posto fin dall’inizio alla base del suo nuovo metodo di costruzione del
sapere umano. E’ in base allo stesso criterio che Cartesio aveva configurato la nostra
conoscenza del mondo materiale… Sicché l’esistenza di Dio, fondata sull’evidenza dl
cogito e sulla dottrina delle idee, fonda a sua volta l’esistenza del mondo esterno e ci fa
conseguire al certezza della realtà dei corpi”43.
ADORNO PAG. 180 181
Le Meditazioni metafisiche di Cartesio sono sei e sviluppano lo schema seguente44:
 I Meditazione. Cartesio (come già nel «Discorso sul metodo») si pose il problema di
38
IBIDEM, p. 75.
IBIDEM, p. 83.
40
Essenzialmente l’argomento ontologico di Anselmo si fonda su due punti:
- Ciò che esiste in realtà è maggiore, cioè più perfetto, di ciò che esiste solo nell’intelletto.
- Negare che ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore esista in realtà, significa contraddirsi, perché significa
ammettere nello stesso tempo che si può pensarlo maggiore, cioè esistente in realtà.
41
DESCARTES, Meditazioni Metafisiche,… Op. Cit., p. 55.
42
IBIDEM, pp. 88-89.
43
DAL PRA M., Sommario, …Op. Cit., pp. 134-135.
44
Al proposito Cf. il sito http://digilander.libero.it/fabioutili/cartes.html.
39
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ottenere conoscenze certe, chiare e distinte. Quindi, per ottenere una fondazione
rigorosa, decise di sottoporre ad un dubbio metodico tutte le sue conoscenze, iniziando
da quelle in cui qualche volta è stato ingannato (cioè tutte quelle relative direttamente o
meno al mondo esterno); per maggiore sicurezza ipotizzò l'esistenza di un genio
maligno che renda false anche tutte le conoscenze matematiche.
 II Meditazione. Il dubbio si trasforma in origine di certezza: l'unico elemento su cui non
è dato di dubitare è il dubbio stesso. Quindi, dubitando io penso, e se penso esisto
almeno come res cogitans.
Il risultato della seconda meditazione è il cogito come
certezza ed ente metafisico, il quale non è e non può essere qualcosa di materiale, ma
solo pensiero e certezza del pensiero.
 III Meditazione. Cartesio analizzò il cogito stesso: al suo interno ci sono idee di tipo
diverso. L'idea innata dell'esistenza di Dio deve essere vera, perché non è mai
possibile che un effetto abbia minore realtà della sua causa e l'idea di Dio è causata in
me da Dio stesso; ugualmente le altre idee innate (di tipo fisico, le proprietà generali
dei corpi estesi, e le leggi matematiche) sono poste da Dio in ciascun uomo prima della
sua nascita e il Dio, che crea me e le mie idee, non può essere un ingannatore.
Le
idee avventizie sono quelle che ho di oggetti esterni, ma ancora non posso affermare
che questi esistano, quindi esse di fatto sono ancora sottoposte al dubbio. A maggior
ragione sono sottoposte al dubbio le idee fattizie: quelle che io stesso costruisco con la
mia immaginazione, mettendo assieme elementi di altre idee, ma che io (come res
cogitans) comunque distinguo da quelle avventizie.
 IV Meditazione. Viene spiegato l'origine dell'errore: esso non può essere dovuto a Dio,
ma alla mia volontà di affermare di più di quel che potrei, in base alla evidenza e alla
verità. C'è sempre un’origine pratica dell'errore.
 V Meditazione. Cartesio puntò l’attenzione sulle idee delle cose: con l'intellezione ho
idee certe, tanto che posso dimostrare teoremi anche su figure geometriche tanto
complesse da non potere essere immaginate; mentre con l'immaginazione, pur non
avendo certezze, mi rivolgo al corpo.
La conclusione che se ne può trarre è che dalle
idee delle cose ho la possibilità della loro esistenza, mentre dall'immaginazione ne ho
la probabilità.
Tuttavia, prima di applicare il dubbio, io ero certo anche dell'esistenza
del mondo e soprattutto di avere percezioni: il dubbio è stato più volte confutato (col
cogito e con tutte le idee innate) quindi posso recuperare almeno la certezza più chiara
relativa al mondo, quella di avere un corpo, quella di essere, oltre che res cogitans,
anche res extensa.
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 VI Meditazione. Si afferma che Dio, oltre che creatore della res cogitans e della res
extensa, deve essere allo stesso modo creatore e garante dell'esistenza di tutte le cose
del mondo.
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