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"Effatà, cioè apriti!"
don Romeo Maggioni
XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (7 settembre 2003)
Ecco un altro miracolo compiuto da Gesù che, come sempre, è un fatto che dice la sua potenza
messianica, e cioè che finalmente il Regno di Dio è in mezzo a noi; e al tempo stesso è un segno
che allude al contenuto salvifico del gesto che compie, svela cioè un aspetto del dono di grazia che
ci viene comunicato.
Il potere di Gesù ora è stato affidato alla Chiesa, che nei sacramenti attualizza quei suoi gesti,
incanalando fino a ciascun uomo il tocco sanante del Cristo risorto, vivo e Signore.
Al gesto di Cristo e della Chiesa spesso opponiamo resistenza e chiusura; anche oggi, ciascuno di
noi, ha bisogno di lasciarsi toccare da Cristo, perché apra il proprio cuore alla comunicazione del
dono di Dio, e alla condivisione di tale dono tra noi.
1) IL GESTO DI CRISTO
Un giorno Giovanni Battista inviò a Gesù a chiedergli: "Sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo
aspettare un altro?" (Mt 11,4). E Gesù rispose prima ricordandogli i molti miracoli che aveva già
compiuti, e poi rievocando la parola di Isaia che ne dava il senso: "Coraggio! Non temete; ecco il
vostro Dio, egli viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli
orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, la
terra bruciata diventerà una palude" (I lett.). Il Dio liberatore e salvatore si presenta ora in Gesù di
Nazaret, proclamandosi lui stesso quel Messia che era stato promesso. E la gente attenta lo
riconosce proprio per questi segni: "Pieni di stupore dicevano: Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i
sordi e fa parlare i muti". In Gesù è Dio che restaura l'umanità riportandola all'integrità della
creazione primitiva.
Gesù naturalmente non è un taumaturgo qualunque: i suoi gesti sono dei segni, vanno capiti! E'
necessario un occhio attento, cioè una fede giusta per non interpretare male il tipo di Messia che è
lui. Per questo, nel vangelo di Marco soprattutto, è ricordata spesso la raccomandazione di Gesù
"di non dirlo a nessuno". E' necessaria una illuminazione particolare, altrimenti l'uomo non capisce
e non crede. Proprio in questo contesto Gesù rimprovera con parole forti i suoi discepoli che non
avevano capito il segno dei pani: "Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?
Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non capite ancora?" (8,17-18).
La guarigione del sordomuto allora è un simbolo; Gesù interviene col suo gesto, così
personalizzato e concreto, e dice: "Effatà, cioè: Apriti!". E' Gesù che apre il cuore alla rivelazione
e all'autocomunicazione di Dio, è lui che riallaccia quel rapporto uomo-Dio rotto col peccato di
Adamo; è lui - rifletterà poi più tardi san Paolo - che ci dà lo Spirito santo capace di conoscere
anche i segreti di Dio. E' lui che renderà i suoi discepoli capaci di proclamare le meraviglie di
Dio..! Il sordomuto guarito - e per di più in territorio pagano - è il simbolo di tutta l'umanità ormai
liberata da quel demonio che ci rendeva sordi e muti al mistero di Dio e della sua salvezza per noi.
2) IL GESTO DELLA CHIESA
Non c'è miglior interprete del vangelo quanto la tradizione viva della Chiesa. Ebbene questa, fin
dai primi tempi, ha messo nel Rito del Battesimo proprio il gesto di Gesù richiamatoci oggi. Il
sacerdote, subito dopo l'immersione nell'acqua, toccando prima le orecchie e poi la bocca del
bambino, dice: "Effatà, apriti! Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti ti conceda di
ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede a lode e gloria di Dio Padre". E' proprio il
Battesimo a incanalare fino a noi il gesto globale di liberazione di Cristo, togliendoci dalla
schiavitù del peccato e facendoci figli di Dio. Quel lontano operare di Cristo è reso attuale
dall'azione sacramentale compiuta dalla Chiesa.
Tale è infatti il valore e l'efficacia del Sacramento. Gesù guarisce attraverso il suo corpo, toccando
con gesti ben concreti e visibili: "Gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua".
E' facile spiritualizzare troppo la salvezza di Gesù, mentre essa è tutta segnata da cose concrete e
visibili: il pasto dell'Ultima Cena, il sangue della Croce, la pietra della tomba vuota. E' la logica
dell'Incarnazione. Nessuno va a Dio per una strada che non passi dai gesti salvifici stabiliti da Gesù
e fissati da lui nei Sacramenti. Sarebbe come un ritornare a credere di avere salvezza solo da noi,
con le nostre capacità; mentre è da Dio, e da strumenti ben visibili ed esterni, che ci viene la grazia
che salva.
Dice tutta l'oggettività della salvezza. E', questa, iniziativa di Dio; è, la salvezza, un pacchetto ben
preciso di doni divini, che va ben al di là della nostra stessa aspettativa; è, il dono di Dio, incanalato
per strade non fissate da noi - frutto della inventiva divina - capace di portare fin dentro al cuore
dell'uomo tutta l'efficacia del gesto di Cristo. A noi è dato solo di lasciarsi "toccare" da Cristo; a
noi la volontà consapevole di sentirci malati e gridare: Signore, colui che tu ami, è malato! Il resto
lo fa lui, Cristo, venuto proprio a guarire le nostre infermità, ad aprire le nostre chiusure e durezze
di cuore.
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Tutti sentiamo la difficoltà e l'incapacità di comunicare con Dio e tra di noi; c'è qualcosa dentro di
noi che ci blocca nell'indifferenza e nell'egoismo. Abbiamo bisogno di essere risanati da Cristo per
poter riaprire il dialogo con Dio e tra di noi.
Il punto sta nella sfiducia reciproca, in un sospetto che si ha l'uno verso l'altro e anche nei confronti
di Dio. Si ha sempre paura che l'altro - che Dio stesso - comunichi per interesse, per un tornaconto,
e quindi per sfruttarci...! Allora si dubita, allora ci si chiude. Bisogna che stia sulle mie, .. non si
sa mai!
Il risanamento sta nell'incontrare finalmente un amore gratuito al massimo - ed è solo l'amore di
un Dio che muore in croce per noi -, e su questo ristabilire coraggio e fiducia, cioè gratuità anche
nei rapporti con tutti. E' alla fine il dono della carità, datoci dallo Spirito santo, la base decisiva
per ricostruire, ad ogni livello, compreso quello familiare, una rete di rapporti comunicativi capace
di tenere.
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