Rappresentazione del rumore di un bipolo

MICROELETTRONICA
Prof. Mario Bertolaccini
APPUNTI
sul
RUMORE
ELETTRONICO
A.A. 2004/05
2
RUMORE ELETTRONICO
INDICE
Cap.1
DESCRIZIONE DEL RUMORE
1.1 COMPOSIZIONE DEL SEGNALE
1.2 ELEMENTI DI DESCRIZIONE MATEMATICA DEL RUMORE
1.2.1 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DEL TEMPO
1.2.2 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Cap. 2 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI
ELETTRICHE LINEARI
2.1 RISPOSTA AL RUMORE DI UNA RETE LINEARE
2.2 GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE
2.2.1 BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI)
2.2.2 DOPPI BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI DI INGRESSO E DUE DI USCITA)
2.3 RESISTENZA E CONDUTTANZA EQUIVALENTI DI RUMORE
2.4 NOISE FIGURE (CIFRA DI RUMORE)
Cap. 3 SORGENTI FISICHE DI RUMORE
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
Cap.4
RUMORE TERMICO (Rumore Johnson o anche Rumore Nyquist)
RUMORE GRANULARE (Rumore shot o anche Rumore Shottky)
RUMORE 1/f (Rumore flicker, Rumore “rosa”)
RUMORE DI GENERAZIONE-RICOMBINAZIONE
RUMORE POP-CORN (Rumore telegrafico, Burst Noise)
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
4.1 COMPONENTI PASSIVI
4.1.1 COMPONENTI CONSERVATIVI
4.1.2 RESISTORI
4.2 COMPONENTI ATTIVI
4.2.1 IL DIODO A SEMICONDUTTORE (GIUNZIONE)
4.2.2 IL TRANSISTORE BIPOLARE
4.2.3 IL TRANSISTORE A EFFETTO DI CAMPO
Cap.5 VALUTAZIONE DEL RUMORE NELLE ARCHITETTURE
CIRCUITALI PIU’ FREQUENTEMENTE UTILIZZATE
5.1 RUMORE DI UNO STADIO A SINGOLO TRANSISTORE
5.1.1 USCITA DI COLLETTORE
5.1.2 USCITA DI EMETTITORE (FOLLOWER)
5.1.3 BASE COMUNE
5.2 RUMORE NEI GENERATORI DI CORRENTE
5.2.1 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE
5.2.2 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE DEGENERATO
5.2.3 SPECCHIO SEMPLICE DI CORRENTE.
5.2.4 SPECCHIO DI CORRENTE DEGENERATO.
5.2.5 COLLEGAMENTO DI PIÙ SPECCHI.
5.2.6 GENERATORI DI CORRENTE UTILIZZANTI FET.
5.2.7 CONFRONTO TRA GENERATORE PASSIVO E GENERATORE ATTIVO.
5.3 RUMORE NELLO STADIO DIFFERENZIALE
5.3.1 DEFINIZIONE DEI GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE IN INGRESSO
5.3.2 CARICO PASSIVO
5.3.3 CARICO ATTIVO A SPECCHIO
5.3.4 STADIO DIFFERENZIALE CON INGRESSO A JFET
5.3.5 STADIO DIFFERENZIALE IN TECNOLOGIA CMOS
5.4 LO STADIO CASCODE
5.5 LO STADIO DI INGRESSO DEL A 741
5.6 STADIO DI INGRESSO FOLDED CASCODE
I
RUMORE ELETTRONICO
Cap. 6 ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE
6.1 AMPLIFICATORE PER STRUMENTAZIONE
6.1.1 ARCHITETTURA CIRCUITALE E SCELTA DEI COMPONENTI
6.1.2 DETERMINAZIONE DEL GENERATORE EQUIVALENTE SERIE DI RUMORE IN
INGRESSO.
6.1.3 CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
II
DESCRIZIONE DEL RUMORE
Cap.1
DESCRIZIONE DEL RUMORE
1.1 COMPOSIZIONE DEL SEGNALE
Componente che trasporta l’informazione
di interesse
(da acquisire, elaborare, presentare,
utilizzare...)
+
Componente che non contiene
informazione di interesse
(indesiderata, spuria)
cioè
SEGNALE (UTILE)
(componente che trasporta l’informazione
utile)
+
DISTURBO
(componente indesiderata)
(del tutto distinguibili e separabili solamente in una rappresentazione formale, ma non nella
realtà)
SEGNALE UTILE
Nella maggioranza dei casi di interesse, di natura deterministica e quindi con andamento nel
dominio del tempo (ampiezza) determinato istante per istante con probabilità pari a 1 (almeno in
linea di principio) e descrivibile nel dominio del tempo e della frequenza tramite algoritmi
deterministici (funzione descrittiva della “forma d’onda”, trasformate di Fourier, di Laplace, ...)
DISTURBO
E’ utile distinguere tra:
- disturbi di natura deterministica (almeno per quanto riguarda il processo che li origina)
- disturbi di natura statistica
Nella prassi, solitamente, ai primi si riserva più propriamente il nome di DISTURBI, ai
secondi quello di RUMORE
I disturbi, in quanto predicibili deterministicamente (almeno in linea di principio1.1),
possono essere “eliminati”, cioè o evitati e/o cancellati, e/o corretti. Di fatto ciò è possibile
solamente in linea di principio, mentre nella pratica difficilmente avviene che la loro eliminazione
risulti completa.
Il rumore è fondamentalmente inevitabile (non eliminabile), perché insito nella natura
fisica dei sistemi utilizzati. Esso è predicibile solo statisticamente, e può essere soltanto ridotto o
“minimizzato” rispetto al segnale utile.
Ciò che nella rivelazione, elaborazione, trasmissione del segnale di fatto interessa è una
misura del peso relativo del segnale stesso nei riguardi del rumore, peso che viene misurato dal
rapporto Segnale/Rumore, S/N (Signal/Noise ratio).
Ad esempio nel caso che l’informazione utile sia associata all’ampiezza di picco di un segnale
impulsivo, S/N può essere espresso linearmente come il rapporto tra tale ampiezza e il valore
efficace del rumore oppure quadraticamente tra il quadrato di tale ampiezza (“potenza” del segnale)
1.1
Spesso, per effetto della loro complessità e della molteplicità di sorgenti più o meno scorrelate, di fatto (ma non in linea di
principio) ne può essere considerata una rappresentazione solamente in termini statistici.
1
RUMORE ELETTRONICO
e la varianza del rumore (valore quadratico medio della fluttuazione, “potenza” del rumore); nel
caso in cui l’informazione sia trasportata dal valore efficace (r.m.s.) di un segnale, ad esempio
sinusoidale, S/N è dato linearmente dal rapporto tra tale valore efficace e il valore efficace del
rumore oppure quadraticamente tra il valore quadratico medio del segnale e la varianza del processo
stocastico di rumore; nel caso in cui l’informazione sia trasportata dalla fase di un segnale, ad
esempio l’istante di attraversamento di zero, S/N è dato linearmente dal rapporto tra la misura di
tale istante e il valore efficace del rumore associato a tale istante (rumore di fase); ecc.
Il miglioramento (al limite l’ottimizzazione) di S/N si ottiene per due vie:
a) minimizzazione del rumore introdotto nel sistema attraverso:
- opportuna scelta dei componenti che lo costituiscono e delle loro condizioni di lavoro
- opportuna scelta delle architetture circuitali
(il tutto compatibilmente con la tecnologia utilizzata per la realizzazione fisica del
sistema)
b) utilizzo di opportune tecniche di elaborazione del segnale complessivo (segnale +
rumore) che consentono il miglioramento e, al limite, l’ottimizzazione di S/N (filtraggio,
filtraggio “ottimo”). Tali tecniche non sono oggetto della presente trattazione.
ESEMPI
Disturbi
 di rete (“alternata di rete”)
cioè da linee locali di distribuzione dell’energia elettrica (ad es. 220 V, 50 Hz);
alle basse frequenze in gioco (50 Hz in Europa, 60 Hz negli USA)
l’accoppiamento con i sistemi elettronici di elaborazione dell’informazione
avviene per via magnetica (flusso concatenato) o per conduzione (disturbo di rete
presente direttamente sulle alimentazioni dei circuiti)
 da linee di trasporto dell’energia elettrica ad alta tensione
 elettromagnetici
da telecomunicazioni (radio-televisive, telefoniche, ...)
 da mezzi di trasporto e trazione
(motori a scoppio, elettromotrici, ...)
 da utensili e apparecchi vari
(motori a spazzole, saldatrici, ...)
 eventi naturali
(tempeste elettromagnetiche, fenomeni meteorici, scariche atmosferiche...)
 vibrazioni meccaniche
(attraverso accoppiamenti capacitivi, piezoelettricità,...)
I disturbi si possono classificare in base alla loro provenienza e natura:
“man made”
interni
direttamente tra diversi elementi di una stessa apparecchiatura
elettronica o tra diverse apparecchiature di uno stesso sistema
(interferenza locale o interna)
esterni
da altri sistemi
“naturali”
dovuti a eventi del mondo fisico non direttamente controllabili
dall’uomo
2
DESCRIZIONE DEL RUMORE
Figura 1.1
Esempio di rappresentazione nel dominio del tempo di un segnale (sinusoidale) con sovrapposto
un disturbo e rumore (crescente nella sequenza delle rappresentazioni). Nell’ultimo caso il
segnale non è di fatto più distinguibile: S/N è insufficiente (<1).
E’ possibile combattere i disturbi, almeno in qualche misura, adottando precauzioni e
tecniche diverse, tra cui schermaggi magnetici e/o elettrici, alimentazioni in continua (batterie),
filtraggi, ecc. Ad alte frequenze il problema dell’interazione reciproca, a livello di disturbi, tra varie
apparecchiature e sistemi è quello detto della “compatibilità elettromagnetica”.
3
RUMORE ELETTRONICO
Rumore
 termico (denominato anche Johnson o Nyquist)
associato ai processi dissipativi (resistori, regioni resistive dei componenti
elettronici);
di natura termodinamica (termodinamica quantistica)
 shot
associato al superamento di una barriera di energia potenziale da parte di
particelle;
(emissione termoelettronica, emissione fotoelettronica, collezione di portatori
attraverso la giunzione base-collettore di un transistore bipolare, ecc.)
governato dalla statistica di Poisson
 flicker
di natura ancora non del tutto chiarita;
di fatto prevalentemente associato a imperfezioni strutturali (reticolari), chimicofisiche (“trappole“) di particolari regioni dei dispositivi elettronici
fortemente “process dependent“
 di generazione-ricombinazione
associato ai processi di generazione-ricombinazione di portatori nei dispositivi
bipolari
 burst
derivante da processi collettivi di intrappolamento-rilascio di portatori di carica
1.2 ELEMENTI DI DESCRIZIONE MATEMATICA DEL
RUMORE
1.2.1 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DEL TEMPO
Generalmente, nel dominio del tempo, il rumore viene descritto in termini di distribuzione
statistica dell’ampiezza istantanea (anche in relazione al fatto che spesso l’informazione di interesse
Figura 1.2
Forma d’onda del rumore nel dominio del tempo
è trasportata dall’ampiezza, in generale di picco, del segnale utile). Se la descrizione statistica è
completa, altri parametri, quali frequenza degli attraversamenti di zero, pendenza istantanea,
potenza, distribuzione dei massimi, ecc. possono esserne desunti.
4
DESCRIZIONE DEL RUMORE
Distribuzioni di probabilità
La distribuzione dell’ampiezza x si descrive:
nel caso di distribuzione discreta attraverso la probabilità p(x)
 p ( x)  1
nel caso di distribuzione continua attraverso la densità di probabilità P(x)
 P( x)dx  1
Nel seguito ci si riferisce a distribuzioni continue e si utilizzeranno simboli maiuscoli per le
grandezze specifiche (densità) e minuscoli per le grandezze integrali.
MOMENTI DELLE DISTRIBUZIONI
La descrizione tramite i momenti è particolarmente efficace in molti casi reali, in quanto
solamente alcuni pochi momenti, solitamente uno solo, sono sufficienti per rappresentare
compiutamente la distribuzione.
Momento di ordine n:
In particolare
Momento primo:
Momento secondo:
M n   xn P( x)dx  x n
M 1   xP( x)dx  x
valor medio
M 2   x2 P( x)dx  x2
valore quadratico medio
Di maggiore utilità sono generalmente i momenti centrali, cioè riferiti al momento primo o valor
medio
Momento centrale di ordine n:
M cn   ( x  x)n P( x)dx  ( x  x)n
Momento centrale primo:
M c1  0
Momento centrale secondo:
M c 2   ( x  x)2 P( x)dx  ( x  x)2   x2
valor medio nullo per definizione
varianza
Relazione tra varianza, valore quadratico medio e valor medio:
2
 x2  x 2  x
Nel caso di distribuzioni simmetriche i momenti di ordine dispari sono nulli.
Nel caso del rumore il valor medio può essere sempre ritenuto di fatto nullo
x0
in quanto può essere considerato un parametro “deterministico”. Infatti, qualora noto (per calcolo o
misura), può venire sottratto al segnale complessivo (segnale + rumore). In altre parole il valor
medio “non fa parte del rumore”.
I momenti centrali coincidono perciò con i momenti semplici e quindi, in particolare
 x2  x 2
Nella maggior parte dei casi reali (sistemi e componenti macroscopici) il rumore deriva
dalla sovrapposizione di un numero elevatissimo di processi elementari (a statistica Poissoniana),
con buona approssimazione mutuamente scorrelati (indipendenti). La distribuzione che ne risulta è
quella del “limite centrale” e cioè la distribuzione Gaussiana:
P( x) 
1
2 x
ed essendo nullo il valor medio
5

e
( x  x )2
2 x2
RUMORE ELETTRONICO
P( x) 
1

x2
2 x2
e
2 x
La distribuzione di Gauss è quindi definita dal solo momento secondo o valore quadratico
medio e perciò il rumore, quando è applicabile il teorema del limite centrale, è descrivibile
attraverso il solo valore efficace, cioè attraverso la potenza e quindi quadraticamente.
Anche nel caso della distribuzione di Poisson è sufficiente un solo momento per la
descrizione del processo: il momento primo. La distribuzione di Poisson descrive singoli processi
“elementari” (in genere a livello microscopico).
Come è noto, la distribuzione di Poisson è data da
n
n e
p ( n)  n
n = numero di “successi”
n!
Tale distribuzione costituisce il caso limite della distribuzione binomiale (quando il numero
di prove tende all’infinito) ed è una distribuzione discreta: è questa sua discendenza dalla
elementare distribuzione binomiale il motivo fondamentale per cui essa descrive la maggior parte
dei meccanismi fisici a livello microscopico.
Le tecniche di rappresentazione del rumore sopra delineate, quelle che seguono, e le
relazioni fondamentali tra grandezze e algoritmi descrittivi che ne derivano, sono applicabili in
generale, salvo la definizione del campo di valori della variabile (tempo) da utilizzare (limiti di
integrazione), ma si farà nel seguito sempre riferimento a processi stazionari.
1.2.2 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Dovendo il rumore essere descritto in termini quadratici nel dominio del tempo, lo stesso
approccio deve essere considerato nel dominio della frequenza.
Alla grandezza integrale valore quadratico medio x 2 (t ) calcolato entro un determinato
intervallo di frequenze, si associa una corrispondente potenza spettrale attraverso la grandezza
specifica “densità spettrale di potenza” S(f) 1.2
Teorema di Parseval
x2 (t )f   S ( f )df
f
e per il valore efficace di tutto il segnale (potenza totale)

x 2 (t ) 
 S ( f )df
0
La densità spettrale di potenza infatti discende dalla rappresentazione nel dominio del tempo
attraverso la trasformazione di Fourier ampiamente utilizzata nel caso di grandezze lineari e qui
applicata a una grandezza quadratica. Essa è infatti la trasformata di Fourier della funzione di
autocorrelazione della grandezza in esame x(t)




S ( f )  2  x(t ) x(t   )  e j 2 f  d  4  x(t ) x(t   ) cos 2 f  d
Teorema di Wiener Khintchine
Dal teorema di Parseval discende una definizione “operativa” di S(f), molto evidente e
significativa sia sul piano concettuale, sia su quello della possibile tecnica di misura.
1.2
Nel seguito verranno indicate con lettere maiuscole le densità spettrali, mentre verranno indicate con lettere minuscole le
grandezze integrali. Salvo casi particolari verranno sempre considerate le densità di potenza (da cui le potenze vengono ottenute per
semplice integrazione sul campo di frequenze di interesse).
6
DESCRIZIONE DEL RUMORE
Per f sufficientemente piccolo perché si possa considerare costante entro di esso, con
errore accettabile, la densità spettrale di potenza S(f), si può ovviamente scrivere la semplice
relazione:
x 2 (t )f  S ( f )f
S( f ) 
x 2 (t )f
f
La misura di S(f) è quindi possibile secondo la sequenza di principio:
- filtraggio di x(t) tramite un filtro “rettangolare”1.3 nel dominio della frequenza, centrato attorno a f
e di larghezza f sufficientemente piccola (nel senso sopra specificato)
- misura del valore efficace di x(t) filtrato, cioè di x 2 (t ) f
x2
Hz
S(f) si misura in
Spesso si esprime S(f) linearmente (per un più immediato confronto con il segnale e la sua
trasformata) e cioè
x
S ( f ) che si misura in
Hz
Figura 1.3
Rappresentazione nel dominio della frequenza (PSD, densità spettrale di potenza) del segnale +
disturbo + rumore in precedenza presentati nel dominio del tempo. Si tratta del caso in cui il
segnale era praticamente indistinguibile nella rappresentazione precedente. Il rumore è
“bianco”.
1.3
Un filtro perfettamente rettangolare nel dominio della frequenza non è fisicamente realizzabile in quanto in contrasto
con il principio di indeterminazione. Si considera qui tale filtro unicamente per poter dare una definizione operativa di
principio di S(f). Nel caso di una effettiva misura dovrà essere usato un filtro che approssimi il più possibile quello
ideale.
7
RUMORE ELETTRONICO
Figura 1.4
Altro esempio di rappresentazione nel dominio della frequenza: disturbi a 50 e 150 Hz e rumore
“colorato”.
A bassa frequenza il rumore non è più bianco, ma cresce al diminuire della frequenza stessa: in
genere la PSD è inversamente proporzionale alla frequenza (rumore flicker).
Nella maggior parte dei casi di interesse applicativo la densità spettrale di potenza di rumore
presenta un andamento in funzione della frequenza del tipo mostrato nella figura 1.5.Al di sotto di
una frequenza caratteristica fL il rumore cresce al diminuire della frequenza (solitamente circa con
andamento del tipo 1/f) e cresce nuovamente al disopra di una frequenza fH; tra questi due limiti il
rumore è bianco. La regione tra fL e fH costituisce quindi quella di rumore minimo.
log N
2
÷
1
(flicker)
f
÷ f
2
bianco
fH
fL
log f
Figura 1.5
Usuale andamento della dipendenza della densità spettrale di rumore dalla frequenza
8
DESCRIZIONE DEL RUMORE
Le due frequenze così individuate prendono il nome di “noise corner frequency” e di esse la più
significativa è quella inferiore.
Detta B l’intensità del rumore bianco e A quella del rumore 1/f la noise corner frequency fL
risulta data da
A
fL 
B
A volte fL viene usata per confrontare tra loro diverse reti o componenti dal punto di vista del
rumore indicando come il “migliore” il sistema che è caratterizzato dalla noise corner frequency più
bassa; ciò, ovviamente, ha significato solamente se il confronto viene effettuato a parità di rumore
bianco e in questo caso esso stabilisce in quale rete
ha minor peso il rumore a bassa frequenza.
Si veda anche nel paragrafo 4.2.2 il caso del transistore bipolare.
9
RUMORE ELETTRONICO
Cap. 2
RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE
RETI ELETTRICHE LINEARI
2.1 RISPOSTA AL RUMORE DI UNA RETE LINEARE
Si consideri una rete lineare descrivibile come un doppio bipolo (una coppia di terminali di
ingresso e una coppia di uscita). Si vuole determinare la densità spettrale di rumore in uscita in
risposta ad una densità spettrale in ingresso.
Si (f)
Su (f)
G(s)
Figura 2.1
Risposta al rumore di una rete elettrica lineare
Si(f) densità spettrale di potenza del rumore in ingresso
Su(f) densità spettrale di potenza del rumore in uscita
G(s) è la funzione di trasferimento della rete nel dominio della frequenza complessa s
s =  + j =  + j2f
Si può mostrare che
Su ( f )  G ( j 2 f ) Si ( f )
2
Dal punto di vista operativo è quindi sufficiente determinare la funzione di trasferimento
per il segnale (in genere già nota) e considerarne semplicemente il “modulo quadro per s = j2f”
Più sorgenti di rumore possono essere
mutuamente incorrelate
nel caso i processi fisici che generano il rumore siano per ciascuna sorgente statisticamente
indipendenti da quelli che lo generano in qualsiasi altra tra quelle considerate
oppure
mutuamente correlate
nel caso i processi fisici che generano il rumore siano per ciascuna sorgente statisticamente
parzialmente o totalmente correlati con quelli che lo generano in altre sorgenti tra quelle considerate
Nel caso di sorgenti incorrelate si sommano semplicemente i valori quadratici medi e quindi
le densità spettrali:
S ( f )   Si ( f )
Nel caso di sorgenti mutuamente correlate è, in linea di principio, necessario tenere conto
del fattore di correlazione. Per il caso di due sorgenti si può scrivere, generalizzando il teorema di
Wiener-Khintchine
S = S1 + S2 + 2 Re(S12)
dove S12 è lo spettro di mutua correlazione, trasformata di Fourier della funzione di mutua
correlazione delle due sorgenti.
10
RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI

S12  2  x1 (t ) x2 (t   )  e j 2 f  d

Si definisce un coefficiente di mutua correlazione chk
S  Sh  Sk  2chk Sh Sk
chk 
Re( Shk )
Sh Sk
chk è nullo per sorgenti mutuamente non correlate; pari ad 1 per sorgenti totalmente correlate
Nel caso di sorgenti correlate la determinazione del rumore totale risulta in genere assai
difficile, sia per la complessità analitica della sua espressione, sia, soprattutto, perché, solitamente i
coefficienti di correlazione non sono noti, o noti solo con scarsa precisione e risultano difficilmente
misurabili. D’altro canto, nella stragrande maggioranza dei casi di pratico interesse, è sufficiente
conoscere l’intensità del rumore con ragionevole, ma anche soltanto modesta, approssimazione. Ciò
principalmente in quanto la stessa entità delle singole sorgenti è in generale nota con
approssimazione assai scarsa (spesso con errore, cioè assenza di precisione, riproducibilità e
stabilità, che può superare il 100%).
Si considerino ad esempio due sorgenti uguali e totalmente correlate (situazione di massimo
errore se si trascura la correlazione). Normalizzando a 1 l’intensità (quadratica) di ciascuna sorgente
si ha
tenendo conto della correlazione
1+1+2=4
linearmente
4 2
non tenendone conto
1+1=2
linearmente
2
L’errore commesso linearmente è di circa il 30%, nella grande maggioranza dei casi
trascurabile. Ovviamente, nel caso di correlazione solamente parziale, e sorgenti di intensità
diversa, l’errore è inferiore, anche sensibilmente.
2.2 GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE
2.2.1 BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI)
Un qualsiasi bipolo lineare è rappresentabile, dal punto di vista del rumore, tramite un
generatore equivalente serie (di tensione) oppure parallelo (di corrente).
Ciò discende direttamente dalla constatazione che, per descriverlo come generatore di
segnale, può essere utilizzata indifferentemente la rappresentazione Thevenin o quella Norton. I
generatori equivalenti sono quindi definiti come quelli che nella rete ideale, cioè in assenza dei
generatori di rumore presenti all’interno della rete reale, producono rispettivamente la stessa
tensione a vuoto e la stessa corrente di corto circuito che nella realtà producono i generatori interni
di rumore (Fig. 2.2).
I due generatori equivalenti sono legati ovviamente dalla relazione:
2
2
Eni2  Z ( j ) I ni2
I ni2  Y ( j ) Eni2
o, dualmente,
con
Z
Y
impedenza ai terminali della rete
ammettenza ai terminali della rete
Y Z 1
11
RUMORE ELETTRONICO
Figura 2.2
Rappresentazione del rumore di un bipolo
2.2.2 DOPPI BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI DI INGRESSO E DUE DI USCITA)
In moltissimi casi una rete elettrica (lineare) può essere ridotta al caso in cui il segnale di
comando è applicato a una coppia di morsetti (di cui uno può essere considerato spesso il
“riferimento” di ingresso, ad esempio la massa) e il segnale di uscita viene prelevato ad un’altra
coppia di morsetti (di cui uno può essere considerato spesso il “riferimento” di uscita, ad esempio
ancora la massa). Come caso particolare, spesso il riferimento di ingresso e di uscita coincidono.
E’ peraltro importante fare presente che non tutte le reti elettriche sono riconducibili alla
struttura sopra considerata, cioè a un doppio bipolo: un caso notevole, di grandissima importanza
come blocco circuitale, è lo stadio differenziale.
Anche nel caso del doppio bipolo si può ricorrere alla rappresentazione del rumore
attraverso generatori equivalenti posti in ingresso.
Per definizione i generatori equivalenti sono indipendenti
 dal carico applicato tra i morsetti di uscita della rete
 dal carico applicato tra i morsetti di ingresso della rete
E’ intuitivo, e si può facilmente dimostrare, che è ora necessaria una coppia di generatori
equivalenti: un generatore serie (di tensione) e un generatore parallelo (di corrente). Per
convincersene (non si tratta di una dimostrazione) basta considerare separatamente i due casi ideali
di pilotaggio della rete: pilotaggio di tensione e pilotaggio di corrente. Nel primo caso un singolo
generatore equivalente di rumore associato all’ingresso della rete deve essere serie, poiché una
rappresentazione parallelo non produrrebbe alcun rumore in quanto il generatore equivalente di
rumore risulterebbe cortocircuitato; nel secondo caso si presenta evidentemente la situazione duale:
la rappresentazione deve essere di tipo parallelo. Dato che la stessa rappresentazione deve invece,
per definizione, valere in ambedue i casi limite considerati e, ovviamente, in qualunque caso, ne
discende quanto sopra affermato.
Fissati i morsetti di ingresso alla rete, la coppia di generatori è ovviamente equivalente ai
generatori interni per quanto riguarda il rumore prodotto in corrispondenza di una determinata
coppia di morsetti di uscita; al variare della coppia di morsetti utilizzata come uscita variano i
generatori equivalenti.
I generatori equivalenti di rumore in ingresso possono pensarsi costruiti considerando
separatamente i contributi dei singoli generatori interni e combinandoli quadraticamente, tenendo
conto dei coefficienti di mutua correlazione. Derivando dagli stessi generatori di rumore interni,
anche in assenza di correlazione tra questi essi risultano in generale correlati. Il coefficiente di
mutua correlazione può essere in molti casi abbastanza semplicemente determinato, ma raramente è
necessario tenerne conto in quanto, salvo situazioni particolari, il suo peso risulta trascurabile.
12
RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI
DOPPIO
BIPOLO
LINEARE
REALE
CONTENENTE
GENERATORI
"FISICI"
DI RUMORE
IN
OUT
2
E ni
DOPPIO
BIPOLO
LINEARE
IDEALE
PRIVO DI
IN
OUT
GENERATORI
"FISICI"
DI RUMORE
2
I ni
Figura 2.3
Generatori equivalenti di rumore in ingresso per un doppio bipolo
In sede di analisi e progetto delle strutture circuitali i due generatori vengono quindi considerati
indipendenti. D’altro canto la misura del coefficiente di correlazione, da parte del produttore di
dispositivi, circuiti e sistemi, risulta gravosa e il suo valore non viene quindi fornito all’utilizzatore.
Fissata quindi una coppia di morsetti di ingresso e una coppia di morsetti di uscita è
univocamente definita una coppia di generatori di rumore equivalenti in ingresso: un generatore
serie e un generatore parallelo.
I due generatori possono essere determinati ricordando che, per definizione, essi producono in
uscita lo stesso rumore prodotto dai generatori interni. Si calcola quindi tale rumore utilizzando un
carico fittizio in uscita, che può essere qualsiasi e che quindi viene scelto in base a criteri di
comodità di calcolo (solitamente la soluzione più conveniente è quella di utilizzare un corto circuito
calcolando quindi la corrente di corto circuito di rumore; a volte si considera l’uscita a vuoto e si
calcola la tensione a vuoto di rumore; ecc.). Si determina quindi la coppia di generatori che posta in
ingresso determina in uscita lo stesso rumore determinato dai generatori fisici interni di rumore,
indipendentemente dalle condizioni di carico in ingresso.
I due generatori possono essere determinati separatamente fissando opportunamente le
condizioni in ingresso. Ponendo l’ingresso in corto circuito viene escluso il generatore parallelo; ciò
equivale a dire che il solo generatore serie determina il rumore in uscita e che esso può quindi
essere così individuato. Dualmente, lasciando l’ingresso aperto (a vuoto), viene escluso il
generatore serie e quindi il generatore parallelo può essere individuato.
E’ evidente che, qualora venga definito un carico visto dalla rete in ingresso, un solo
generatore è sufficiente a descrivere il comportamento del sistema rete + carico in ingresso. Tale
generatore può essere indifferentemente serie o parallelo, le due rappresentazioni essendo
corrispondenti Thevenin  Norton attraverso l’impedenza (ammettenza) di carico. Ciò fornisce un
metodo alternativo al precedente (di fatto con esso coincidente) per determinare la coppia di
generatori equivalenti di rumore da porre all’ingresso del doppio bipolo. Si introduce un carico di
13
RUMORE ELETTRONICO
ingresso, ovviamente, per comodità di calcolo, un resistore di resistenza RS. Si determina quindi il
2
generatore, ad esempio serie EniR
, che, posto in ingresso (cioè in serie al resistore), produce in
S
uscita lo stesso rumore prodotto dai reali generatori interni alla rete. Facendo tendere RS a zero
(corto circuito) si ottiene il generatore serie della coppia che descrive il comportamento della rete.
Trasformando E
2
niRS
nel suo equivalente parallelo I
2
niRS

2
EniR
S
(Norton) e facendo quindi tendere RS
RS2
a infinito (circuito aperto) si ottiene il generatore parallelo.
Più spesso è preferibile ricorrere a tecniche alternative che si basano sull’utilizzazione più o
meno sistematica delle proprietà fondamentali delle reti lineari. Sono questi procedimenti meno
“automatici” dei precedenti, ma solitamente assai più immediati, eleganti e, soprattutto, significativi
per l’interpretazione del ruolo e del peso delle varie sorgenti di rumore.
Svariati esempi delle tecniche sopra brevemente descritte sono forniti nel seguito.
Prima di procedere indicando altre rappresentazioni del rumore nelle reti elettriche, è utile
chiarire ulteriormente il significato della rappresentazione in termini di generatori equivalenti in
ingresso. Tale rappresentazione consente immediatamente di confrontare direttamente il rumore
prodotto dalla rete con il rumore proveniente dalla sorgente di segnale ad essa applicata (trasduttore,
rivelatore, sensore, stadio precedente, ecc.) e con il segnale stesso. Consente cioè di determinare il
“rapporto Segnale/Rumore”, S/N (Signal/Noise ratio), che è la grandezza realmente significativa,
e, in particolare, quanto tale rapporto venga influenzato (peggiorato) dalla trasmissione del segnale
attraverso la rete. Va ovviamente fatto osservare che le modalità di accoppiamento tra la sorgente e
la rete (impedenza/ammettenza del generatore - impedenza/ammettenza di ingresso della rete)
concorrono a determinare il peso relativo della potenza di segnale e di rumore e che, quindi, esiste
in generale un accoppiamento “ottimale” per quanto riguarda il rapporto S/N.
La rappresentazione in termini di generatori equivalenti di rumore in ingresso, quando questi
sono definibili (come nel caso di reti riconducibili a un bipolo o a un doppio bipolo) è la più
completa e potente. I generatori vengono rappresentati tramite la loro densità spettrale di potenza (o
il corrispondente valore efficace) in funzione della frequenza. In alcuni casi tale densità spettrale
dipende dal valore di parametri caratteristici della rete e/o dalle condizioni di lavoro di alcuni
componenti della rete stessa (polarizzazioni). E’ allora necessaria un rappresentazione parametrica
(o multiparametrica).
Alcuni altri metodi di rappresentazione del rumore nelle reti elettriche, nel seguito descritti,
sono entrati nell’uso e trovano applicazione in settori specifici.
2.3 RESISTENZA E CONDUTTANZA EQUIVALENTI DI
RUMORE
Nel caso i generatori equivalenti di rumore in ingresso siano bianchi, o comunque nel campo
di frequenze in cui lo sono, essi si possono pensare sostituiti da resistori il cui rumore termico sia
pari al rumore prodotto dai generatori stessi. Un generatore serie verrà rappresentato tramite un
equivalente resistore serie (resistenza); un generatore parallelo tramite un equivalente resistore
parallelo (conduttanza).
Nel caso di un doppio bipolo (figura 2.4)
Eni2
Req 
4kT
Ini2
Geq 
4kT
14
RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI
Questa rappresentazione viene talvolta estesa al caso di rumore non bianco e ne risultano
delle resistenze e/o ammettenze fittizie di valore dipendente dalla frequenza.
Si noti che i resistori equivalenti sostituiscono i generatori serie e/o parallelo in quanto
generatori di rumore, ma non vanno considerati dal punto di vista del carico in ingresso alla rete.
La rappresentazione del rumore tramite resistenze equivalenti può risultare utile quando la
sorgente di segnale è caratterizzata unicamente da rumore termico (sorgente resistiva): il rumore
dovuto alla sorgente e quello della rete così rappresentata risultano direttamente confrontabili.
4kT R eq
4kT G eq
IN
DOPPIO BIPOLO
IDEALE
(PRIVO DI RUMORE)
OUT
Figura 2.4
Generatori equivalenti di rumore per un doppio bipolo, rappresentati in termini di resistenza
(generatore serie) e di conduttanza (generatore parallelo) equivalenti.
Questa rappresentazione vale solamente nel caso di rumore bianco, a meno di considerare
“resistori” dipendenti dalla frequenza.
2.4 NOISE FIGURE (CIFRA DI RUMORE)
Una descrizione del rumore prodotto da un rete elettrica, molto utilizzata in alcuni settori
applicativi, è quella che si serve della definizione di Noise Factor e quindi di Noise Figure.
La rappresentazione si basa sul principio del confronto tra il rumore totale presente all’uscita
della rete reale (cioè “rumorosa”) quando al suo ingresso è applicato un generatore di segnale
affetto da rumore, e il rumore che si avrebbe (sempre in uscita) se la rete fosse ideale, cioè priva di
rumore. Si ottiene così una misura del ”peggioramento” introdotto dalla rete reale e cioè del
degrado del rapporto S/N proprio del generatore.
Ovviamente non è praticabile istituire il confronto di cui sopra utilizzando una generica
(cioè qualsiasi) sorgente rumorosa di segnale. E’ necessario fare riferimento ad una situazione
particolarmente semplice, in cui la sorgente sia rappresentabile dal punto di vista del rumore da un
solo parametro. La sorgente è quindi un semplice resistore di cui si considera il solo rumore termico
(si vedrà più avanti che a un resistore reale è associato anche rumore di altra natura - rumore “in
eccesso”).
E’ evidente che il vincolo di cui sopra limita fortemente l’effettiva significatività della
rappresentazione. Di fatto essa risulta direttamente utilizzabile solo nel caso in cui le sorgenti siano
effettivamente resistive; altrimenti le indicazioni fornite da questo metodo di descrizione del rumore
possono condurre a conclusioni e risultati inattendibili e spesso del tutto errati.
Nel campo dell’amplificazione di segnali ad alta frequenza e della loro trasmissione su cavo
coassiale, le sorgenti (come i carichi) sono caratterizzate da un’impedenza equivalente puramente
resistiva (50 , 75  nei sistemi televisivi) ed è quindi applicabile la descrizione del rumore in
termini di Noise Figure.
15
RUMORE ELETTRONICO
Peraltro tale descrizione è entrata nell’uso (per ragioni “storiche”) anche in altri settori nei
quali le condizioni suddette non sono verificate. Un caso esemplare è costituito dal settore audio nel
quale, soprattutto con lettori analogici (oggi indubbiamente sostanzialmente obsoleti), le sorgenti
sono solitamente ben lontane dall’essere resistive: soprattutto nel passato, con sorgenti
capacitive/induttive si utilizzava disinvoltamente il metodo della Noise Figure, con risultati per lo
meno bizzarri.
D’altro canto è opportuno trattare brevemente il metodo di rappresentazione del rumore
attraverso la Noise Figure, anche perché, come detto, in alcuni settori esso risulta significativo.
Sia data una rete elettrica qualsiasi (consideriamo qui un doppio bipolo) al cui ingresso è
applicato un resistore RS che rappresenta il rumore della sorgente (Fig. 2.5).
4kTR S
RS
IN
DOPPIO BIPOLO REALE
OUT
Figura 2.5
Applicazione a un doppio bipolo di una sorgente di prova resistiva allo scopo di definire e
determinare il Noise Factor.
Si definisce Noise Factor
Potenza di  rumore  totale  in  uscita
Potenza  di  rumore  in  uscita  dovuta  solo  a  RS
Le potenze di rumore che compaiono in F possono essere riportate in ingresso attraverso la
stessa funzione di trasferimento, e quindi
Potenza di  rumore  totale  riportata  in  ingresso
F
Potenza  di  rumore  di  RS
Introducendo la potenza di segnale in ingresso e quella in uscita, e ricordando che esse sono
legate tra loro dalla stessa funzione di trasferimento che lega la potenza di rumore riferita
all’ingresso a quella in uscita, si ottiene immediatamente
 S N i
F
 S N u
Il fattore di rumore rappresenta quindi il rapporto tra S/N in ingresso, cioè quello della
sorgente il cui rumore è dovuto solo a RS e S/N in uscita, cioè quello derivante dalla trasmissione in
uscita, attraverso la rete, del segnale, del rumore ad esso associato e del rumore della rete (rumore
aggiunto). Esso è quindi sempre maggiore di 1.
Il fattore di rumore può essere determinato attraverso i generatori equivalenti di rumore in
ingresso alla rete (figura 2.6).
F
16
RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI
Trasformando il generatore parallelo in un equivalente generatore serie attraverso la
resistenza RS (trasformazione Norton-Thevenin)
4kTRS  Eni2  RS2  Ini2
Eni2
Ini2
F
1

4kTRS
4kTRS 4kT RS
(Lo stesso risultato si sarebbe ovviamente ottenuto procedendo dualmente, cioè riducendo tutti i
generatori alla rappresentazione Norton)
DOPPIO BIPOLO REALE
2
E ni
DOPPIO
BIPOLO
LINEARE
RS
IDEALE
PRIVO DI
OUT
GENERATORI
"FISICI"
DI RUMORE
2
I ni
Figura 2.6
Determinazione del Noise Factor attraverso i generatori equivalenti di rumore in ingresso.
Si evidenziano così
 un primo termine, pari a 1, che rappresenta il contributo della sorgente RS : nessun
peggioramento di S/N
 un termine di confronto tra il rumore serie equivalente della rete e quello serie della
sorgente: peggioramento di S/N per effetto del contributo serie di rumore della rete
 un termine di confronto tra il rumore parallelo equivalente della rete e quello
parallelo della sorgente: peggioramento di S/N per effetto del contributo parallelo di
rumore della rete
Al posto del Noise Factor F si usa difatto, per ragioni di scala, la Noise Figure, NF
NF  10 log10 F

E ni2
I ni2 


NF  10 log10 1 

4
kTR
4
kT
R

S
S 
che non è altro che una misura in dB del Noise Factor.
Considerata la struttura dell’espressione di NF, risulta evidente che esiste un valore ottimale
di RS, un valore cioè per cui NF è minima
17
RUMORE ELETTRONICO
R S opt 
E ni2
I ni2

NFopt  10 log 10  1 

E ni2  I ni2 
2kT 

Ciò significa che
 note le caratteristiche di rumore di un doppio bipolo, la sorgente resistiva il cui S/N
viene deteriorato nella misura minore possibile è quella che possiede resistenza RSopt
 nota la resistenza di sorgente RS , la rete che introduce il peggioramento di S/N
minore possibile è quella caratterizzata da generatori equivalenti di rumore in
E ni2
 RS
I ni2
Si noti che l’accoppiamento ottimale si ha per quella resistenza di sorgente per cui il rumore
serie e quello parallelo della rete danno uguale contributo al rumore totale, considerazione ovvia e
che permette direttamente di determinare la resistenza ottimale.
E’ bene, anche se appare ovvio, ricordare ancora che NF costituisce una misura del peso che
la rete in esame ha nella determinazione del rapporto segnale/rumore complessivo in connessione
con una sorgente resistiva. Si tratta quindi di una grandezza relativa. Ad esempio data una rete e
nota la sua resistenza ottimale di sorgente, modificare la resistenza serie o parallelo di una
determinata sorgente per adattarla a quella ottimale della rete è ovviamente assurdo dal punto di
vista del rapporto segnale/rumore finale: si otterrebbe l’accoppiamento ottimale, ma al prezzo di
deteriorare le prestazioni globali dal punto di vista del rumore, in quanto la resistenza o la
conduttanza inserita aggiunge semplicemente il proprio rumore. Un semplice calcolo (partendo ad
esempio dall’espressione del fattore di rumore F) fornisce un’indicazione quantitativa:
ingresso tali che
Resistenza di sorgente Rs=2k
Noise Factor
10
1
0.1
1
10
Rs (kOhms)
Figura 2.7
Confronto tra due reti con diverso andamento del Noise Factor. Con RS= 2k l’accoppiamento è
ottimale con la curva superiore, ma il risultato migliore si ottiene utilizzando la curva inferiore,
pur in assenza di accoppiamento ottimale.
18
RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI
il rumore equivalente in ingresso con sorgente di resistenza Rs minore della resistenza
ottimale è dato da
__
4kTRs  Eni2 (1 
Rs2
) ed è quindi inferiore a quello che si otterrebbe aggiungendo in
2
Rsopt
Rsopt  Rs
serie alla sorgente una resistenza
il rumore equivalente in ingresso con sorgente di conduttanza minore della conduttanza
ottimale è dato da
__
4kTGs  I ni2 (1 
Gs2
)
2
Gsopt
ed è quindi inferiore a quello che si otterrebbe aggiungendo in
Gsopt  G s
parallelo alla sorgente una conduttanza
Parimenti, fissate le caratteristiche della sorgente, il risultato migliore in valore assoluto non
si ottiene necessariamente utilizzando tra varie reti disponibili (ad esempio amplificatori), per altri
versi equivalenti, quella la cui resistenza ottimale maggiormente si avvicina alla resistenza della
sorgente. Si veda l’esempio grafico riportato nella figura 2.7.
Come già detto, la trattazione precedente ha applicazione pratica ed è quindi stata svolta con
riferimento a sorgenti puramente resistive. Essa può essere estesa di fatto al caso più generale in cui
la sorgente è descritta da un’impedenza qualsiasi. In questo caso la trattazione risulta assai più
complessa e si può mostrare che l’accoppiamento ottimale si verifica in corrispondenza a condizioni
che dipendono dalla mutua correlazione dei due generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo
della rete elettrica; in assenza di correlazione la condizione ottimale si verifica quando:
__
Re( Z s ) 
E ni2
__
I ni2
Qualora la correlazione non sia trascurabile le condizioni di ottimizzazione riguardano
separatamente la parte reale e la parte immaginaria dell’impedenza (o ammettenza) della sorgente e
variano in funzione della frequenza.
Ciò conferma quanto già detto, cioè che la Noise Figure NF è utilizzabile in pratica e risulta
effettivamente significativa solamente per sorgenti resistive.
Temperatura di rumore
In alcuni casi risulta utile descrivere il rumore tramite un indicatore ancora diverso: la
temperatura di rumore Tn. Essa è definita dalla relazione
__
__
__
__
oppure
4kTn Rs  Eni2  I ni2 Rs2
4kTn Gs  Eni2 Gs2  I ni2
per cui la temperatura equivalente di rumore, cioè quella a cui dovrebbe essere portata la
sorgente resistiva perché essa generi lo stesso rumore totale (serie o parallelo) prodotto dalla rete
terminata in ingresso da Rs, si confronta con la temperatura assoluta effettiva secondo la relazione
__
__
Tn E ni2  I ni2 Rs2

 F 1
T
4kTRs
NF  10 log 10 (1 
Tn
)
T
Ovviamente Tn>T e Tn, rapportata alla temperatura effettiva T, rappresenta lo scostamento di F da 1 e quindi
l’entità del peggioramento introdotto dalla rete.
19
RUMORE ELETTRONICO
Cap. 3
SORGENTI FISICHE DI RUMORE
3.1 RUMORE TERMICO (Rumore Johnson o anche Rumore
Nyquist)
Presente in tutti i sistemi dissipativi. Conseguenza dei meccanismi fondamentali governanti
lo stato energetico di un sistema. Da un punto di vista fisico e fisico-matematico discende dalle
leggi fondamentali della termodinamica (prima e seconda legge) e dalla quantizzazione dell’energia
elettromagnetica (relazione di Planck) ed è interpretabile come radiazione di corpo nero in un
singolo modo di propagazione.
Dalla trattazione termodinamica si ricava la potenza disponibile del rumore termico la cui
densità spettrale risulta essere:

hf

S ( f )  kTp( f )
dove p( f )  
kT
e 1
-23
k=1,38 10 J/K
costante di Boltzmann
h=6,624 10-34 Js
costante di Planck
POTENZA DISPONIBILE DEL RUMORE
TERMICO
1
S(f)/kT
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
1
2
3
4
a=hf/kT
Figura 3.1
Potenza disponibile del rumore termico in una rappresentazione lineare
20
SORGENTI FISICHE DI RUMORE
POTENZA DISPONIBILE DEL RUMORE
TERMICO
10
S(f)/kT
1
0.1
0.01
1 10
3
0.01
0.1
1
10
a=hf/kT
Figura 3.2
Potenza disponibile del rumore termico in una rappresentazione logaritmica
Il suo andamento è quindi quello rappresentato nella figura 3.1 in coordinate lineari e nella
figura 3.2 in coordinate logaritmiche, e presenta una progressiva attenuazione al crescere della
frequenza, conseguenza della quantizzazione: modi di energia hf>>kT hanno bassa probabilità di
essere eccitati. La potenza totale risulta quindi finita, il che non risulterebbe da una trattazione
“classica” (non quantistica).
POTENZA DISPONIBILE DEL RUMORE TERMICO
1.02
S(f)/kT
1.01
1
0.99
0.98
0.01
0.1
1
10
f (GHz)
Figura 3.3
Potenza disponibile del rumore termico in funzione della frequenza
21
100
RUMORE ELETTRONICO
La potenza di rumore si dimezza per =1,256, cioè per f=7,85 1012 Hz a temperatura
ambiente (300 K), f=1,83 1012 Hz per T=70 K (azoto liquido), cioè frequenze ottiche
corrispondenti al lontano infrarosso (rispettivamente =38,2  e =163,9 Gli usuali sistemi
elettronici operano entro un campo di frequenze che copre solo una piccola frazione dell’intervallo
utilizzato nel grafico precedente. La rappresentazione riportata nella figura 3.3, che copre un
intervallo di frequenze sino a 100 Ghz, mostra che, con ottima approssimazione, nei circuiti
elettronici il rumore può essere considerato bianco, cioè di intensità indipendente dalla frequenza,
per cui si può scrivere
S ( f )  kTp( f ) =kT
Rumore termico associato a un resistore.
Nel caso di un resistore (e quindi di un qualsiasi elemento circuitale dissipativo e perciò
modellizzabile come dotato di resistenza) il rumore termico è osservato come fluttuazione della
tensione ai suoi capi o della corrente che lo attraversa e può quindi essere rappresentato tramite un
generatore (quadratico) equivalente di tensione o di corrente, a seconda che si voglia utilizzare una
rappresentazione Thévenin oppure Norton (figura 3.4).
2
En
R
R
2
In
Equivalente Norton
Equivalente Thevenin
Figura 3.4
Rappresentazione rispettivamente Thévenin e Norton del rumore termico associato a un resistore
I generatori equivalenti possono essere dedotti dalla potenza disponibile utilizzandone la
definizione (massima potenza fornibile al carico adattato).
Sorgente di rumore
termico (resistore)
Carico adattato
per il massimo
trasferimento
di potenza
(privo di rumore)
R
2
R
En
Figura 3.5
Modello per la determinazione del generatore equivalente serie di rumore termico di un resistore
Potenza fornita al carico
=
___
2
n
E
potenza disponibile
11
 kT
4R
22
SORGENTI FISICHE DI RUMORE
___
___
I n2  4kTG
E n2  4kTR
Per R=1 k
T=300 K
___
En2  16,56 1018V 2
___
E n2
/ Hx
 4nV / Hz
valore utile da ricordare, che può servire da riferimento
In termini di rumore di corrente (rappresentazione Norton o parallelo, sempre per R=1 k)
___
2
n
24
___
2
n
I  4 pA / Hz
I  16,56 10 A / Hz
Si noti che il rumore termico di un resistore è presente anche in assenza di una corrente
media che lo percorra.
2
Nel caso più generale di un bipolo passivo, contenente cioè elementi sia reattivi che
dissipativi, il rumore termico è associato unicamente agli elementi dissipativi. Essendo l’impedenza
(ammettenza) del bipolo esprimibile nel piano complesso attraverso la parte reale (dissipativa,
resistiva) e la parte immaginaria (conservativa, reattiva) il generatore equivalente di rumore
Johnson risulta dato da
o, dualmente,
E ni2 4kT Re Z ( j )
I ni2 4 kT ReY ( j )
Spesso peraltro risulta più semplice considerare separatamente i singoli elementi costituenti
il bipolo elettrico, associare a quelli dissipativi (resistori) il generatore equivalente di rumore
termico (serie o parallelo a seconda di quanto appare più conveniente) e quindi “riportarli” in
ingresso, cioè determinare per ciascuno il generatore equivalente riferito all’ingresso. I contributi
così ottenuti, essendo mutuamente non correlati, si possono combinare sommandoli
quadraticamente.
La distribuzione delle ampiezze del rumore termico è gaussiana, quella dei massimi è una
distribuzione di Raleigh, quella della potenza è una distribuzione esponenziale.
3.2 RUMORE GRANULARE (Rumore shot o anche Rumore
Shottky)
Essendo la corrente elettrica costituita da un flusso di portatori di carica essa possiede una
struttura “granulare”. Il numero delle particelle (portatori di carica) emesse o raccolte fluttua
statisticamente e quindi alla corrente prodotta risulta associato rumore. La fluttuazione del flusso si
manifesta ogni qual volta le particelle superano una barriera di potenziale, ad esempio nel caso della
emissione termoelettronica dal catodo di un tubo elettronico, dell’emissione di fotoelettroni da un
fotocatodo, della raccolta di portatori da parte del collettore di un transistore bipolare, ecc. Si noti
che il fenomeno è associato alla presenza di una corrente media non nulla.
Il processo elementare è governato da una statistica di Poisson, che peraltro tende ad una
distribuzione di Gauss quando il numero medio di particelle entro il tempo di osservazione è
elevato.
Un’analisi statistica conduce ad una densità spettrale di potenza del rumore shot data da
___
I n2  2qI  ( f )
q=1,6 10-19 C carica dell’elettrone
I
valor medio della corrente
23
RUMORE ELETTRONICO
(f)<1
fattore che tiene conto dei tempi di transito entro la regione di emissione o di
collezione
Viene solitamente utilizzata una rappresentazione parallelo in quanto fisicamente si tratta di
rumore di corrente.
Nelle condizioni di impiego usuali dei sistemi elettronici le frequenze in gioco sono in
genere significativamente inferiori a quelle per cui G(f) differisce apprezzabilmente da 1 e quindi il
rumore shot può essere considerato sostanzialmente bianco:
___
I n2  2qI  ( f ) =2qI
Ad esempio una corrente di collettore di un transistore bipolare di 10 A è affetta da rumore
shot pari a
3,2 10-24 A2/Hz ovvero 1,8 pA/ Hz .
3.3 RUMORE 1/f (Rumore flicker, Rumore “rosa”)
E’ osservabile in genere a bassa frequenza dove prevale sul rumore bianco usualmente
dominante a centro banda. La sua densità spettrale di potenza ha la forma
I n2  K
I


K
I
f
valor medio della corrente
costante dipendente dal tipo di dispositivo, normalmente compresa tra 1 e 2
costante normalmente prossima o molto prossima a 1, da cui il nome dato al rumore
costante dipendente dalle caratteristiche del dispositivo e, marcatamente, dal processo
tecnologico (process dependent)
Nel caso di =1 la potenza totale di rumore diverge, con andamento logaritmico. Ciò
costituisce una difficoltà concettuale (peraltro superabile), ma non una difficoltà pratica.
Consideriamo il caso di un amplificatore con taglio superiore in frequenza di 1 kHz. Se viene
mantenuto in funzionamento per un giorno, la banda equivalente su cui si osserva il rumore è
limitata inferiormente a circa 10-5 Hz e quindi la banda utilizzata corrisponde a 8 decadi in
frequenza. Se invece si prolunga il funzionamento sino a 100 giorni, la banda di osservazione risulta
di 10 decadi. La potenza del rumore 1/f osservato aumenta solo del 25%.
Infatti per tale tipo di rumore si ha uguale potenza in intervalli di frequenza caratterizzati da
uguale rapporto tra le frequenze limitanti la banda osservata:
f2
f2
H
df

H
ln
f f
f1
1
Ad esempio è contenuta ugual potenza tra 0,01 e 0,1 Hz e tra 1 e 10 MHz; nel caso di
rumore bianco invece nel secondo intervallo di frequenze è contenuta potenza di rumore pari a 108
volte quella compresa nel primo intervallo.
Come altro esempio si consideri un resistore con indice di rumore NI uguale a 0 dB, cioè
rapporto tra la potenza di rumore 1/f contenuta in una decade di frequenza e la potenza di segnale
(corrispondente alla tensione di lavoro del resistore) pari a 10-12 (si veda più avanti, nel paragrafo
4.1, la definizione di indice di rumore). Perché la potenza di rumore divenga anche soltanto l’1% di
quella di segnale è necessario estendere la banda di osservazione sino a 1010 decadi!
Si noti che il rumore 1/f non soddisfa la relazione di Wiener-Khintchine, il che farebbe
pensare a rumore non stazionario. Le osservazioni sperimentali, anche su periodi lunghissimi, non
24
SORGENTI FISICHE DI RUMORE
confermano tale ipotesi, ma paiono indicare, ovviamente nei limiti dei tempi di osservazione, una
natura stazionaria. Si tratta quindi di un’altra difficoltà concettuale, anch’essa superabile secondo
alcune formulazioni.
La natura del rumore 1/f non è stata a tutt’oggi del tutto chiarita. Esso appare come rumore
di tipo “fondamentale” presente universalmente: si manifesta in fenomeni e processi assai diversi
per origine e natura: è evidente nei dispositivi elettronici, si manifesta nei fenomeni geologici, in
quelli astronomici, è riconoscibile nella materia musicale, nel traffico viario, ecc. La sua intensità,
nel caso dei dispositivi elettronici, come già detto, è fortemente dipendente dai processi di
fabbricazione e, in molti dispositivi, l’avanzare delle tecnologie ne ha sensibilmente ridotto il peso.
Nelle figure 3.6 e 3.7 è rappresentato un tipico andamento del rumore 1/f nel dominio della
frequenza e in quello del tempo.
Figura 3.6
Andamento del rumore 1/f nel dominio della frequenza (densità spettrale di potenza)
Figura 3.7
Tipico andamento del rumore 1/f nel dominio del tempo
25
RUMORE ELETTRONICO
3.4 RUMORE DI GENERAZIONE-RICOMBINAZIONE
E’ dovuto, nei semiconduttori, a fluttuazione del numero dei portatori per effetto dei
processi di generazione termica e ricombinazione dei portatori di carica, per effetto di cattura e
rilascio da parte di trappole, per passaggio diretto tra le bande di valenza e di conduzione, che si
traduce in modulazione della conducibilità.
Si tratta di rumore non bianco nel campo delle frequenze di interesse e, essendo dovuto a
commutazioni tra due stati, deve avere componenti della densità spettrale di potenza del tipo

dove  è una costante caratteristica del processo di transizione
(1   2 2 )
In generale vi sono più processi concomitanti e due tipi di portatori (elettroni e lacune). Se è
interessato un solo tipo di portatore ed è dominante un solo processo, come in prima
approssimazione avviene in molti casi di interesse applicativo, la densità spettrale di potenza del
rumore risulta essere
___
I 2
I n2 
(1  f 2 )

costante dipendente dalle caratteristiche fisiche del semiconduttore e dal processo di
fabbricazione
=422
con  costante di tempo caratteristica del processo fisico
I
valor medio della corrente
Lo spettro risulta sostanzialmente bianco per <<1 e decade secondo 1/2 per >>1. Esso
è del tutto simile a quello del rumore pop-corn (si veda il paragrafo successivo 3.5) e appare
normalmente a frequenze intermedie, sovrapponendosi parzialmente al rumore 1/f e a quello bianco,
generando nell’andamento della densità spettrale di potenza una sorta di “gobba”. Non è sempre
osservabile; anzi, nei dispositivi moderni, è quasi sempre del tutto trascurabile. Anche se i processi
fisici che lo producono sono sempre in qualche misura presenti, la sua intensità è fortemente
dipendente dalle caratteristiche tecnologiche del processo di fabbricazione (impurezze ricombinanti,
impurezze trappola, ecc). fa quindi parte della categoria dei contributi al rumore detti “in eccesso”,
in quanto non necessariamente presenti o comunque di scarso rilievo e minimizzabili attraverso
l’uso di tecnologie adeguate.
3.5 RUMORE POP-CORN (Rumore telegrafico, Burst Noise)
Di natura simile al rumore di generazione-ricombinazione, il rumore così detto “popcorn” è dovuto, nei semiconduttori, a fluttuazione del numero dei portatori per effetto di processi di
cattura e rilascio da parte di trappole. Si tratta in questo caso di un fenomeno collettivo in cui un
elevato numero di portatori, e non particelle singole, viene contemporaneamente intrappolato e
successivamente rilasciato: ne risulta, nel dominio del tempo, una forma d’onda di tipo
“telegrafico” caratterizzata da due livelli in cui il segnale permane per intervalli di tempo
casualmente distribuiti (si vedano le figure 3.8 e 3.9).
La densità spettrale di potenza della corrente di rumore ha lo stesso andamento di quella del
rumore di generazione-ricombinazione
___
I 2
I n2 
(1  f 2 )
 
costanti dipendenti dalle caratteristiche fisiche del semiconduttore e dal processo di
fabbricazione
I
valor medio della corrente
26
SORGENTI FISICHE DI RUMORE
Figura 3.8
Esempio di rumore pop-corn, nel dominio del tempo
Figura 3.9
Esempio di rumore pop-corn, nel dominio del tempo
27
RUMORE ELETTRONICO
Figura 3.10
Densità spettrale di potenza di rumore pop-corn
Valgono sostanzialmente le stesse considerazioni fatte per il rumore di generazionericombinazione: lo spettro risulta sostanzialmente bianco per <<1 e decade secondo 1/2 per
>>1. Appare normalmente a frequenze intermedie sovrapponendosi parzialmente al rumore 1/f e
a quello bianco, generando nell’andamento della densità spettrale di potenza una sorta di “gobba”.
Dipende fortemente dal processo di fabbricazione e, nei dispositivi moderni, è raramente
osservabile.
Figura 3.11
Densità di probabilità di rumore pop-corn
La densità di probabilità appare non gaussiana, con la presenza di momenti di ordine dispari
(skew, cioè asimmetria); in realtà si tratta della sovrapposizione di due gaussiane relative a rumore
bianco, separate dall’ampiezza dei “salti” nella forma d’onda, e con peso corrispondente al tempo di
permanenza in ciascuno dei due stati (figura 3.11).
28
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
Cap.4
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
4.1 COMPONENTI PASSIVI
4.1.1 COMPONENTI CONSERVATIVI
I componenti conservativi ideali (cioè induttore puro e condensatore puro) non presentano
rumore termico, essendo questo associato a processi dissipativi. Nei componenti conservativi reali,
essendo essi caratterizzati anche da processi dissipativi, è presente rumore termico associato alla
parte reale dell’impedenza, spesso di scarsa rilevanza. Possono essere presenti contributi di rumore
di origine diversa, ma solitamente in misura trascurabile.
4.1.2 RESISTORI
Nei resistori, come già visto, è sempre presente rumore termico la cui intensità, a una
determinata temperatura, dipende unicamente dal valore della resistenza (o componente reale
dell’impedenza) e si può considerare bianco in tutto il campo di frequenza utilizzato dai sistemi
elettronici. In tale regione la sua densità spettrale di potenza è data da 4kTR nella rappresentazione
serie e, corrispondentemente, da 4kTG = 4kT/R nella rappresentazione parallelo.
Nei resistori reali è peraltro presente anche rumore di diversa natura con densità spettrale
crescente al decrescere della frequenza, come mostra la figura 4.1, risultato di una rilevazione
sperimentale.
Figura 4.1
Densità spettrale di potenza del rumore in un resistore reale
Questo contributo al rumore, in quanto si aggiunge al rumore termico fondamentale, si suole
chiamare “rumore in eccesso”. Da un lato la sua intensità risulta chiaramente dipendente dal tipo di
resistore (nei sistemi a componenti discreti: a impasto, a film metallico, a filo, ecc.; nei sistemi
monolitici: a diffusione, a impiantazione ionica, a film sottile), dalla sua struttura interna sia
29
RUMORE ELETTRONICO
macroscopica che microscopica, dalla natura e dalle caratteristiche, anche di dettaglio del processo
di fabbricazione, ecc., per cui si dice che è “process dependent”. D’altro canto esso è sempre, in
qualche misura, presente ed appare di fatto, entro determinati limiti (non ben noti), riducibile in
intensità attraverso miglioramenti della tecnologia di produzione, ma non eliminabile. Il suo
andamento in funzione della frequenza appare inoltre seguire la ben nota (e ancora misteriosa) legge
del rumore 1/f, il che sembrerebbe implicare processi di natura fondamentale nella sua generazione.
Come già visto tale rumore può essere convenientemente descritto tramite un generatore
parallelo
2
I nex
K
I
f 
dove I è la corrente di riposo, o media, che percorre il resistore.
Nei resistori  è molto prossimo a 2 e  a 1. La costante K, che determina l’intensità del
rumore, dipende, come detto, dal tipo di resistore e dal processo di fabbricazione. In prima e
abbastanza buona approssimazione essa non dipende dal valore della resistenza (in realtà, per
ragioni tecnologiche, tende a crescere un poco per valori elevati di R). Il rumore in eccesso è quindi
rappresentato dal generatore
parallelo
2
I nex
K
I
f
2
oppure serie
2
E nex
K
I 2R 2
V 2
K
f
f
I e V sono spesso dette corrente, rispettivamente tensione, di “segnale” (per distinguerle dal
rumore).
Un qualsiasi resistore è quindi descritto dal punto di vista del rumore da un generatore
equivalente di rumore termico e un generatore equivalente di rumore in eccesso (1/f) come mostrato
nella figura 4.2
Figura 4.2
I quattro equivalenti modelli per il rumore totale di un resistore reale
30
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
La “noise corner frequency” si ottiene dal confronto dei due contributi ed è data da
e da
f nc 
KR
I
4kT
f Enc 
K
V
4 kTR
nella rappresentazione parallelo
2
nella rappresentazione serie
2
a pari potenza media di segnale
f nc 
K
P
4kT
Il rumore in eccesso di un resistore viene solitamente descritto utilizzando un parametro, il
Noise Index NI, che stabilisce un confronto tra la potenza di rumore in eccesso contenuta in una
decade di frequenza e la potenza di segnale
NI  10  log 10
1012
V 2
10f 1

2
E nex
df  120  10  log 10
f1
10f 1

f1
K
df
f
Si ottiene così un indice che non dipende dal “segnale” applicato al resistore.
La definizione di NI si basa evidentemente sul fatto che il rumore in eccesso è di tipo 1/f e
quindi la potenza integrale è indipendente dall’intervallo di frequenza considerato purché i suoi
limiti stiano in un rapporto fisso. Il fattore 1012 viene introdotto per ottenere valori di NI esprimibili
in dB tramite valori numerici ragionevoli.
Da NI si può ricavare K
K  0,434  10( 0,1NI 12)
Figura 4.3
Confronto tra gli indici di rumore di resistori discreti di diversa struttura e realizzati in diverse
tecnologie
31
RUMORE ELETTRONICO
Nella figura 4.3 è effettuato un confronto tra diversi tipi di resistori, dal punto di vista del
rumore in eccesso. Si è considerato il caso di componenti discreti; i componenti monolitici (a
diffusione dei vari tipi, a impiantazione ionica, a film sottile) presentano un comportamento molto
vario in dipendenza dalla tecnologia e quindi vanno considerati caso per caso.
Come si vede, i resistori discreti che, pur di essere prodotti con processi attentamente
controllati, presentano il rumore in eccesso più basso sono quelli a filo e quelli a strato metallico.
Vengono prodotti anche in serie speciali per “basso rumore” (si intende, ovviamente, quello in
eccesso); sono peraltro di dimensioni, a parità di potenza dissipabile, molto maggiori di quelle dei
resistori delle serie usuali, sono assai più costosi e, comunque, soffrono delle ben note limitazioni
generali dei resistori della loro categoria (limite superiore della resistenza ottenibile, modesto; per i
resistori a filo, induttanza parassita non trascurabile; ecc.). Un resistore (a filo) caratterizzato da NI
pari a -40dB presenta K = 0,434  10-16. Con un valore di 1k, se percorso da corrente di riposo di 1
mA, esso presenta una noise corner frequency pari a circa 2,7 Hz.
4.2 COMPONENTI ATTIVI
4.2.1 IL DIODO A SEMICONDUTTORE (GIUNZIONE)
La caratteristica statica di un diodo a semiconduttore, per bassi livelli di iniezione e
trascurabile resistenza di bulk delle regioni p e n, è data dalla relazione di Shokley
  qV  
I  I S exp
  1
  kT  
IS è la corrente di saturazione inversa
Trascurando il rumore termico associato ai fenomeni dissipativi di volume nelle regioni p e
n (resistenze di “bulk”), solitamente del tutto trascurabili, e considerando inoltre trascurabili gli
effetti di generazione - ricombinazione entro il depletion layer nonchè effetti di superficie, il rumore
associato al flusso di portatori attraverso la giunzione può essere espresso tramite la relazione
2
I nD
 2q (I  2I S )
che si può mostrare essere valida sino a frequenze determinate dai tempi di transito dei portatori
attaverso la giunzione (depletion layer).
L’interpretazione di tale espressione in termini di rumore shot associato al superamento da
parte dei portatori di carica della barriera di potenziale del depletion layer della giunzione, pur
suggerita dalla forma della relazione, appare inconciliabile con il processo fisico fondamentale che
dà origine alla corrente I. Tale corrente è infatti il risultato, per differenza, di due flussi opposti di
portatori (per ciascun tipo di portatore) molto più grandi. Se l’origine del rumore associato alla
giunzione fosse da ricondurre al classico effetto shot associato a tali flussi, il rumore sarebbe
elevatissimo, enormemente più elevato di quello predetto dall’espressione precedente e verificato
nella realtà.4.1 Pertanto un’interpretazione abbastanza diffusa, secondo cui la relazione precedente
può essere interpretata considerando la corrente I ai terminali del diodo come il risultato della
differenza tra due correnti statisticamente indipendenti, rispettivamente I + IS (corrente di
“iniezione”) e IS (corrente inversa), affette ciascuna da rumore shot, non si può considerare corretta
dal punto di vista del modello sopra considerato e non è utilizzabile in una corretta analisi teorica
del problema. L’interpretazione attualmente accettata, coerente con la descrizione fisica del
funzionamento della giunzione, si basa sulla descrizione statistica degli effetti della perturbazione
della distribuzione dei portatori di minoranza a causa delle fluttuazioni termiche del loro flusso e
del fenomeno di generazione - ricombinazione all’interno delle regioni p e n (cioè nel bulk, non nel
4.1
A tali correnti è in effetti associato rumore shot, che peraltro ha intensità del tutto trascurabile in quanto le fluttuazioni di carica ai
due capi della giunzione (confini del depletion layer) determinano corrispondenti, cioè correlate, fluttuazioni del campo elettrico
entro la regione di svuotamento. Le fluttuazioni di corrente dovute ai due meccanismi (diffusione per variazione della carica, drift per
variazione del campo elettrico) si compensano quasi perfettamente.
32
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
depletion layer). Si tratta quindi di un meccanismo perturbazione - rilassamento e cioè di rumore di
diffusione.
L’espressione del rumore sopra riportata può essere scritta nella forma
2
I nD
 4kTg D 0
I  2I S
2( I  I S )
I  IS
è la conduttanza differenziale della giunzione a bassa frequenza
kT
q
Per I = 0 si ottiene per il rumore una formulazione di tipo termico 4kTgD0 che corrisponde al
fatto che la giunzione in assenza di corrente (equilibrio termico) può essere considerata passiva.
Il circuito equivalente del diodo a semiconduttore, dal punto di vista del rumore, è riportato
nella figura 4.4 includendo anche, per completezza, il rumore dovuto alla resistenza di bulk; come
già detto, in generale, quest’ultimo è trascurabile.
rS rappresenta nel modello la resistenza serie di bulk; rD la resistenza differenziale della
giunzione; CD = /rD la capacità di diffusione ( vita media, per ricombinazione, dei portatori).
Se nella trattazione si tiene conto della dipendenza dal tempo del processo di diffusione e
cioè della costante di tempo associata alla vita media dei portatori, l’espressione del rumore sopra
riportata e utilizzata nel circuito equivalente viene completata da un termine dipendente dalla
frequenza e quindi, come dal punto di vista fisico, ovviamente, ci si deve attendere, non risulta
bianca, ma presenta un “taglio” ad alta frequenza.
dove g D 0 
2
I nD
 2q ( I  2I S )  4kT ( g D  g D 0 )
dove gD0 rappresenta la conduttanza ad alta frequenza.
Figura 4.4
Modello del diodo semiconduttore dal punto di vista del rumore
4.2.2 IL TRANSISTORE BIPOLARE
Trattandosi, nel caso del rumore, di “piccoli segnali”, per descrivere il comportamento del
transistore bipolare è possibile utilizzare un suo modello, o circuito equivalente, lineare.
Utilizziamo quindi il circuito equivalente di Giacoletto (o modello “a ” o modello “ibrido”). Tale
modello considera il transistore bipolare nella configurazione di riferimento emettitore comune e
quindi i generatori equivalenti di rumore in ingresso che si ricavano sono relativi a tale
configurazione; ovviamente sono utilizzabili in qualsiasi altra configurazione e convertibili
facilmente nei corrispondenti generatori relativi alle altre configurazioni dette “fondamentali”, cioè
collettore comune e base comune.
Il modello di Giacoletto è riportato nella figura 4.5
33
RUMORE ELETTRONICO
Figura 4.5
Modello di Giacoletto del transistore bipolare
In tale modello possiamo inserire i generatori “fisici” di rumore, cioè quelli associati ai
processi fisici che appunto lo producono. D’altro canto il circuito equivalente sopra rappresentato,
per quanto semplice, conduce a complessità di calcolo tali da non consentire una soluzione
sufficientemente semplice, e quindi significativa, del problema. Se poi si considera il fatto che i
generatori equivalenti di rumore in genere interessano nel campo di frequenze in cui il dispositivo è
in grado di fornire apprezzabile guadagno di corrente (e cioè in sostanza al di sotto di fhfe ) si può
semplificare l’analisi eliminando dal circuito equivalente la rete di feed-forward costituita dal
parallelo del resistore rb’c con il condensatore Cb’c. Il circuito semplificato contenente i principali
generatori di rumore è quello riportato nella figura 4.6; esso consente di determinare i generatori
equivalenti di rumore in ingresso in modo assai semplice, ma, ovviamente, produce risultati corretti,
e quindi utilizzabili, soltanto per frequenze non troppo elevate.
2
B
rbb'
E nb
2
I nb
C
B'
2
I nf
r b'e
C b'e
g m vb'e
2
I nc
r ce
E
Figura 4.6
Modello di Giacoletto semplificato del transistore bipolare nel quale sono stati inseriti i principali
generatori di rumore
E n2b  4kTrbb'
2
I nb
 2qI b  2q
rumore termico della resistenza di spreading
Ic
hFE
rumore shot della corrente di base
34
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
I nf2  K
I b
f
I nc2  2qI c
rumore flicker della corrente di base K = 10-15 ÷ 10-12
 = ~ 1 = ~ 1
rumore shot della corrente di collettore
IB corrente di polarizzazione di base
IC = hFE IB corrente di polarizzazione di collettore
gm transconduttanza intrinseca, a bassa frequenza, del transistore
La resistenza di spreading rappresenta un effettivo termine dissipativo e quindi comporta
rumore termico; rumore termico è associato anche alle resistenze di bulk di collettore e di emettitore
che sono peraltro di valore in generale molto piccolo e quindi si possono trascurare. Infine rumore,
anche flicker, può essere associato ai contatti, in particolare se non sufficientemente “ohmici”, ma
parzialmente “rettificanti”: anche in questo caso il contributo è trascurabile nei moderni dispositivi
realizzati con procedimenti tecnologici maturi. Si noti infine che, per ragioni fisiche in cui nella
presente trattazione non entriamo, solo al rumore di corrente di base è associata una importante
componente flicker.
Determinazione dei generatori equivalenti di rumore in ingresso.
Per la determinazione di tali generatori è conveniente utilizzare in uscita come carico un
corto circuito, in quanto in tal modo i generatori di corrente posti nella maglia di uscita inviano tutta
la loro corrente nel carico (corrente di corto circuito) e non interviene la resistenza di Early rce.
Generatore serie.
Ponendo l’ingresso in corto circuito il rumore termico associato alla resistenza di spreading
risulta già in ingresso, i generatori di corrente shot e flicker della corrente di base si trasformano
Thevenin sulla resistenza di spreading e il generatore di corrente shot della corrente di collettore si
riporta in ingresso attraverso il quadrato della transconduttanza effettiva (cioè tra tensione di
ingresso e corrente di uscita):
2
2 2
En2  Enb
 I nb
rbb'  I nf2 rbb*2'  I nc2
1
g me ( j )
2
rbb* ' differisce da rbb' in quanto il rumore flicker, entro la base del dispositivo, ha una
distribuzione delle sorgenti che non corrisponde alla distribuzione della densità di corrente che
determina la resistenza di spreading; risulta rbb* ' < rbb'
La transconduttanza effettiva gme è data da:
zb 'e
rb 'e
g me 
gm
dove zb 'e 
h fe
zb 'e  rbb'
1 s
T
T 
gm
pulsazione di taglio del transistore
C b 'e
1 
1
1
 T
Cb 'e (rbb' rb 'e )
g m (rb 'e rbb' )
quindi
g me  g m
rb 'e
1
rb 'e  rbb' 1  s
1
35
RUMORE ELETTRONICO
2
 
 
1  r 
1
 2 1  bb '   rbb2 '    2  rbb2 '  
2
gm  rb ' e 
gm
gme ( j )
 T 
 T 
1
2
2
essendo, per le usuali correnti di lavoro (decine ÷ centinaia di A) gli usuali valori di hfe (centinaia)
e di rbb’ (decine ÷ centinaia di Ω)
rbb’ <<rb’e
Si ha quindi:
2
 f 
I
I
2qVT2
E  K B rbb*2'  4kTrbb'  2q C rbb2 ' 
 2qI C   rbb2 '
f
hFE
IC
 fT 
2
n
Il primo termine è interpretabile come rumore a bassa frequenza, “colorato” (“rosa”) in
quanto varia inversamente con f; l’ultimo termine è rumore ad alta frequenza, “colorato” in quanto
proporzionale a f2; i tre rimanenti termini contribuiscono al rumore a frequenze intermedie,
“bianco”. Il termine ad alta frequenza descrive il rumore soltanto sino a frequenze dell’ordine di
fT/hfe in quanto il modello utilizzato è un modello semplificato in cui sono stati omessi i componenti
“a ponte”.
Generatore parallelo.
Mantenendo l’ingresso a circuito aperto, i generatori di corrente shot e flicker della corrente
di base si trovano già in ingresso e il generatore di corrente shot della corrente di collettore si riporta
in ingresso attraverso il quadrato del guadagno di corrente effettivo (cioè tra corrente di ingresso e
corrente di uscita):
I n2  2qI B  K
IC
IB
 2q
2
f
h 'fe ( j )
il guadagno di corrente effettivo è dato da:
h 'fe 
h fe
h
1  s fe
1
h 'fe ( j )
T
2

1

 ( )2
2
h fe T
Si ha quindi:
I n2  K
IB
I
f
I
f
 2qI B  2q B  2qI B hFE ( ) 2  K B  2qI B  2qI B hFE ( ) 2
f
h fe
fT
f
fT
essendo hfe>>1
Anche qui il primo termine è interpretabile come rumore a bassa frequenza, “colorato”
(“rosa”) in quanto varia inversamente con f; l’ultimo termine è rumore ad alta frequenza, “colorato”
in quanto proporzionale a f2; il termine centrale contribuisce al rumore a frequenze intermedie,
“bianco”. Il termine ad alta frequenza descrive il rumore soltanto sino a frequenze dell’ordine di
fT/hfe in quanto il modello utilizzato è un modello semplificato in cui sono stati omessi i componenti
“a ponte”.
Sia per il rumore serie che per il rumore parallelo l’andamento in funzione della frequenza è del tipo
“a vasca”, cioè del tipo mostrato nella figura 4.7
La regione in cui il rumore è minimo è quindi quella dove è bianco, cioè la regione a “frequenze
intermedie”, comprese tra le noise corner frequencies fL e fH .
36
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
log N
2
÷
1
(flicker)
f
÷ f
2
bianco
fH
fL
log f
Figura 4.7
Andamento della densità spettrale di rumore in funzione della frequenza in un transistore
bipolare
Nella regione bianca i generatori di rumore equivalenti in ingresso del BJT si riducono a:
En2  4kTrbb'  2q
I C 2 2qVT2
rbb' 
hFE
IC
__
2
n
I  2qI B
Il generatore serie presenta evidentemente un minimo
E n2 min  4kTrbb' (1 
1
hFE
)  4kTrbb'
in corrispondenza di una corrente di lavoro “ottimale”
I C min  hFE
VT
rbb'
Tale corrente è usualmente significativamente più grande di quella normalmente utilizzata,
in tecnologia bipolare, nei BJT dello stadio di ingresso (ad esempio di un amplificatore
operazionale), che è quello che determina usualmente le caratteristiche di rumore del sistema. Ad
esempio per hFE=100 (valore piuttosto basso), rbb’=500  (valore piuttosto alto) si ha ICmin0,5 mA;
per hFE=300 (valore più rappresentativo), rbb’=100  (valore più rappresentativo) si ha ICmin4,25
mA. Quindi in regione bianca, per le usuali correnti di lavoro negli stadi che contribuiscono in
misura significativa al rumore, si possono considerare i generatori equivalenti nella forma
37
RUMORE ELETTRONICO
En2 
2qVT2
IC
I n2  2qI B
I due generatori si comportano quindi in maniera opposta in funzione della corrente di
lavoro ed essendo, nel caso di sorgenti resistive, la resistenza ottimale determinata dal rapporto tra il
generatore serie e quello parallelo (si veda la trattazione relativa alla Noise Figure), le condizioni di
lavoro possono, entro certi limiti venire ottimizzate per quanto riguarda il rapporto segnale/rumore.
Per basse resistenze di sorgente conviene quindi lavorare con correnti relativamente elevate, il
viceversa per elevate resistenze di sorgente. Più in generale, e senza ricorrere alla Noise Figure, per
basse impedenze di sorgente ha maggior peso il generatore serie (al limite di impedenza nulla il
generatore parallelo risulta cortocircuitato) e quindi conviene lavorare a correnti adeguatamente
elevate; per elevate impedenze di sorgente ha maggior peso il generatore parallelo (al limite di
impedenza infinita il generatore serie risulta aperto) e quindi conviene lavorare a correnti basse.
Naturalmente le correnti di lavoro devono essere solitamente scelte sulla base di un insieme di
specifiche da rispettare relative a vari parametri che da esse dipendono, e non solo in base a
considerazioni di rumore. In alcuni casi importanti la corrente di lavoro è in realtà sostanzialmente
imposta da altre considerazioni: ad esempio negli amplificatori realizzati in tecnologia bipolare
standard la corrente di polarizzazione dello stadio di ingresso è tenuta a valori il più possibile bassi,
compatibilmente con una buona risposta in frequenza e un guadagno di corrente sufficientemente
elevato, onde garantire una resistenza di ingresso accettabile.
Per quanto riguarda il generatore parallelo si può osservare, sempre in regione bianca, che a
parità di corrente di lavoro, esso risulta inversamente proporzionale al guadagno di corrente del
transistore: quindi un “buon” transistore dal punto di vista del rumore è un transistore ad alto
guadagno. Per quanto riguarda il rumore serie il parametro tecnologico che interviene è invece la
resistenza di spreading, che peraltro condiziona il rumore soltanto a correnti relativamente alte.
La noise corner frequency fL è data da
f Ls 
K
K
g m2 rbb2 ' 
rbb2 ' I C2
2qhFE
2qhFEVT2
f Lp 
K
2q
per il rumore serie
per il rumore parallelo
Essa dipende quindi dal quadrato della corrente di lavoro per quanto riguarda il rumore serie
e non ne dipende per quanto riguarda il rumore parallelo. La forte dipendenza dalla corrente per
quanto riguarda fL della componente serie del rumore discende dalla dipendenza lineare da IC della
potenza del rumore 1/f concomitante con la dipendenza inversa da IC del rumore bianco (per basse
correnti di lavoro). Dunque al crescere della corrente di lavoro il rumore serie migliora nella regione
bianca la quale peraltro trasla verso frequenze più alte a causa del progressivo aumento relativo del
rumore 1/f.
4.2.3 IL TRANSISTORE A EFFETTO DI CAMPO
Il canale di un FET, all’equilibrio termico, è per sua natura resistivo e quindi al processo di
dissipazione ad esso associato corrisponde rumore termico, che costituisce la principale sorgente di
rumore entro il dispositivo. Ciò ovviamente vale sia per il JFET che per il MOSFET. Nel circuito
equivalente tale sorgente di rumore può essere quindi rappresentata tramite un generatore di
corrente posto tra il drain e il source. Anche il rumore 1/f può essere rappresentato mediante un
38
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
analogo generatore di corrente posto tra il drain e il source. E’ infine presente rumore shot associato
alla corrente di gate, che può essere rappresentato per mezzo di un generatore di corrente posto tra
gate e source.
Il circuito equivalente dal punto di vista del rumore è quindi quello rappresentato nella
figura 4.8.
dove
1
2
2
I ng
 2qI G
I nd
 4kTg mF  KI D
f
IG
IC
gmF
K

rumore termico
corrente di polarizzazione di gate
corrente di polarizzazione di drain
transconduttanza del FET
costante caratteristica che rappresenta l’entità del rumore 1/f
esponente solitamente prossimo a 1
rumore flicker
Figura 4.8
Ciccuito equivalente dal punto di vista del rumore del transistore a effetto di campo
Il coefficiente  per cui risulta moltiplicata la transconduttanza del FET tiene conto della
relazione esistente tra conduttanza del canale e transconduttanza, relazione dipendente dalla
struttura e dalla geometria del dispositivo. Per dispositivi ideali a canale lungo tale coefficiente si
può valutare analiticamente e risulta pari a 2/3 per un JFET e 4/3 per un MOSFET. Nei dispositivi
reali risulta solitamente più alto, compreso tra 1 e 2.
Con procedimento sostanzialmente analogo a quello utilizzato per il transistore bipolare è
ora immediato determinare i generatori equivalenti di rumore posti in ingresso.
A bassa frequenza, si ottiene, per il generatore serie (cortocircuito in ingresso, cortocircuito
in uscita):
E 
2
n
4kT  g mF
g
I D
K
f
2
mF
 4kT 
39
1
1 1
 KI D 2
gm
g mF f
RUMORE ELETTRONICO
Si hanno quindi due componenti: una termica e una flicker, quest’ultima dominante a bassa
frequenza.
Essendo  =1 e gmF proporzionale alla radice di ID, la componente flicker del rumore serie non viene
a dipendere dallo stato di polarizzazione del FET, almeno in prima approssimazione.
Per il generatore parallelo (circuito aperto in ingresso, cortocircuito in uscita):
I n2  2qI G
Vi è una sola componente, bianca, mentre è assente il rumore flicker.
A frequenze più elevate peraltro il rumore parallelo non può più essere considerato bianco,
in quanto il rumore, termico e 1/f, del canale si riaccoppia con l’ingresso attraverso le capacità Cgs e
Cgd introducendo un ulteriore contributo ad alta frequenza.
Una valutazione sufficientemente approssimata, che trascura la trasmissione diretta
ingresso-uscita attraverso Cgd e considera solo il trasferimento inverso (tramite Cgs e Cgd), conduce
all’espressione
2
2
2


1   (Cgs  Cgd )
 1 
I n2  2qI G   4kT  g mF  KI D 

2
qI

4
kT

g

KI
G
mF
D


2
f 
g mF
f  T2


dove T è una misura della frequenza di taglio del transistore
Compaiono quindi un termine linearmente crescente con la frequenza e un termine quadraticamente
crescente con essa.

Un confronto con le prestazioni medie di un transistore bipolare mostra quanto segue.
Il rumore serie è solitamente superiore nel caso del transistore a effetto di campo, in particolare
se MOS, in quanto la sua transconduttanza è, anche significativamente, inferiore. In realtà per
fare un confronto utilizzabile è necessario tenere conto delle reali condizioni di lavoro che
possono variare di molto da caso a caso. Il BJT è spesso polarizzato, negli stadi di ingresso, con
correnti di poche decine di A, mentre JFET e MOS vengono solitamente usati con correnti
superiori di circa un fattore 10 (principalmente per ragioni di risposta in frequenza): ne discende
che la transconduttanza non risulta di fatto molto diversa per BJT e JFET (solitamente un poco
inferiore per questi ultimi), mentre è comunque significativamente minore per i MOS. Ad
esempio
BJT IC=10A
JFET ID=10A
nMOS ID=10A


gm=385S
gm=91S
gm=45S
IC=100A
ID=100A
ID=100A
gm=3850S
gm=287S (IDSS=250A VP=1,1V)
gm=141S (W=13, L=4, Cox=4 10-5A/V2)
Il rumore parallelo a bassa frequenza è bianco e non possiede componente 1/f (ciò è dovuto al
fatto che il rumore flicker fisicamente è associato al canale e il dispositivo può essere
considerato pilotato solo di tensione, mentre nel transistore bipolare tale rumore è fisicamente
associato alla corrente di base); inoltre, essendo la corrente di gate estremamente inferiore
rispetto alla corrente di base (tipicamente da 4 a 6 ordini di grandezza) il rumore di corrente
nella maggioranza dei casi può essere considerato di peso del tutto trascurabile
A frequenze più alte il rumore parallelo tende a crescere, e in alcuni casi può anche divenire
confrontabile con il rumore parallelo bianco di un BJT; va però ricordato che anche nel
transistore bipolare tale rumore inizia a crescere (circa quadraticamente) al di sopra di una certa
frequenza.
La costante K, caratteristica del rumore flicker, è fortemente dipendente dal processo di
fabbricazione e dai suoi dettagli tecnologici, è cioè spiccatamente “process dependent” e
possiede comunque, a parità di processo o anche di batch di produzione, una forte dispersione.
40
RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI
Il rumore di questo tipo appare quindi quale rumore in eccesso e non quale rumore
fondamentale.
In particolare nel caso dei MOS esso appare legato a processi fisici localizzati in prossimità
dell’interfaccia semiconduttore-isolante, cioè presumibilmente a processi di cattura e rilascio dei
portatori associati alla concentrazione di impurezze (centri di cattura) in questa regione di
transizione chimico-fisica, con conseguente fluttuazione della mobilità e del numero. Il rumore
in questione è definibile quindi come “di superficie”, rispetto al rumore fondamentale che deve
essere “di volume” (bulk), e risulta assolutamente dominante rispetto a quest’ultimo.
Considerata la sua origine fisica di tipo superficiale risulta comprensibile come si possa
adottare, nel caso dei MOS, una relazione semi empirica secondo la quale la sua intensità varia
inversamente con l’area attiva di gate. Infatti al crescere di tale area aumenta l’effetto di media e
la fluttuazione (rumore) risulta di conseguenza proporzionalmente ridotta. Si suole quindi
esprimere la componente flicker del rumore serie nei MOS come
K' 1
WLCox f
dove W e L sono rispettivamente la larghezza e la lunghezza di canale, Cox è la capacità per unità di
superficie associata all’isolante, K’ è una costante caratteristica del processo e del dispositivo
(canale p piuttosto che canale n) che rappresenta l’intensità del rumore. Come già detto tale
componente del rumore serie non dipende dalla corrente di lavoro.
La relazione sopra scritta è molto importante in pratica nel progetto di sistemi MOS dal punto di
vista del rumore e mostra il MOS come dispositivo “geometrico” anche per quanto riguarda questo
aspetto.
Nella tecnologia CMOS usualmente il rumore 1/f è minore, a parità di altre caratteristiche, nel
transistore a canale p rispetto a quello a canale n: cioè
K P'  K N'
K’ risulta tipicamente compreso tra 10-25 e 10-23 V2F
K N'
tra diverse unità e qualche
K P'
decina.
Di fatto, nei sistemi integrati planari, anche per altri dispositivi (ad esempio resistori diffusi
o ad impiantazione) può essere adottata per il rumore 1/f una relazione del tipo di quella sopra
scritta. In particolare nel caso dei JFET, sostituendo il prodotto WL con l’area di gate e Cox con Cgs.
Per i JFET K’ può essere significativamente inferiore rispetto a quello dei MOSFET, solitamente di
circa un ordine di grandezza.
41
RUMORE ELETTRONICO
Cap.5
VALUTAZIONE DEL RUMORE NELLE
ARCHITETTURE CIRCUITALI PIU’
FREQUENTEMENTE UTILIZZATE.
Esaminiamo ora il comportamento dal punto di vista del rumore di alcune delle architetture
circuitali più semplici e più frequentemente utilizzate. Tali configurazioni si possono considerare di
riferimento per strutture anche più complesse che, come si vedrà, si comportano in modo del tutto
analogo: i risultati che qui otteniamo sono quindi di fondamentale importanza.
Le strutture circuitali in questione possono utilizzare dispositivi diversi, BJT oppure FET
(con eventuali, in genere modeste, modificazioni): le considerazioni di seguito riportate sono valide
fondamentalmente in tutti casi e i risultati si possono riferire all’utilizzazione del particolare
dispositivo (BJT, JFET, MOS) semplicemente introducendo i generatori equivalenti di rumore del
dispositivo stesso. Sono poi importanti determinate strutture ibride (nelle tecnologie BiFet, BiMos)
e, a parte alcune considerazioni valevoli nei casi specifici, si applicano sempre gli stessi
procedimenti di principio e si ottengono risultati nella medesima forma anche se, ovviamente,
quantitativamente diversi.
Si fa qui a volte riferimento a strutture circuitali caratteristiche dei sistemi a componenti
discreti e difficilmente utilizzabili senza modifiche, o perlomeno più raramente, nei sistemi integrati
(uso esteso di resistori, particolari reti di polarizzazione, ecc.). Si ottengono così peraltro, in modo
semplice, risultati importanti, di validità e uso generale, immediatamente trasferibili al caso delle
strutture integrate.
Infine è opportuno ricordare che, salvo eccezioni, nei sistemi analogici il rumore è introdotto
dallo “stadio di ingresso”, mentre gli stadi successivi apportano contributi trascurabili, in quanto
riportati in ingresso divisi per il (quadrato del) guadagno (rispettivamente di tensione e di corrente)
degli stadi a monte.
Nel seguito, per semplicità e perché è spesso quella di maggiore interesse, si considererà
solitamente la regione di rumore bianco. I risultati ottenuti si possono peraltro generalizzare
comprendendo anche il rumore “colorato”, 1/f, a bassa frequenza. In ogni caso non si considererà il
comportamento a frequenze superiori a quelle per cui sono di fatto utilizzati i vari dispositivi (banda
del sistema, amplificatore o altro); in altre parole:
 << T
dove T è la pulsazione di taglio dei dispositivi
5.1 RUMORE DI UNO STADIO A SINGOLO TRANSISTORE
Consideriamo dapprima uno stadio, come quello rappresentato nella figura seguente,
utilizzante un singolo transistore bipolare e con la possibilità di prelevare l’uscita dal collettore
(stadio del tipo a emettitore comune, “degenerato”, cioè con controreazione locale, se è presente il
carico di emettitore ZE) e/o dall’emettitore: rientrano in questa categoria il semplice emettitore
comune e il collettore comune o emitter follower (con carico passivo, cioè resistore, o attivo, cioè
generatore di corrente). I risultati che si ottengono sono facilmente estendibili al caso in cui il BJT
sia sostituito da un JFET o un MOSFET.
Per generalità, in un primo momento, consideriamo come carichi di collettore e di emettitore
delle impedenze non meglio definite: successivamente saranno sostituite da resistori o generatori di
corrente. Si noti che la struttura considerata è tipica dei sistemi a componenti discreti (ad esempio la
42
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
rete resistiva di polarizzazione): uno stadio emettitore comune monolitico utilizza solitamente un
carico di collettore attivo (la degenerazione di emettitore, se presente è resistiva); uno stadio emitter
follower utilizza un carico di emettitore attivo (si veda più avanti).
RUMORE DI UNO STADIO A SINGOLO TRANSISTORE
(transistore bipolare)
VCC
generatori interni
di rumore
ZL
R B2
E nQ
Q
Q
2
I nQ
OUT e
R B1
I nL
2
OUTc
IN
2
ZL
2
I RB
ZE
RB
2
ZE
I nE
V EE
generatori equivalenti di rumore in ingresso
privo di rumore
privo di rumore
ZL
R B2
2
IN
E ni c
2
OUTc
IN
E ni e
Q
2
I ni c
ZL
R B2
Q
R B1
2
I ni e
ZE
uscita di collettore
R B1
ZE
OUTe
uscita di emettitore
Figura 5.1
Determinazione dei generatori equivalenti di rumore in ingresso per uno stadio a singolo
transistore (bipolare); a sinistra nel caso di uscita di collettore; a destra nel caso di uscita di
emettitore
Nella figura 5.1 sono rappresentati i vari generatori di rumore equivalenti interni e i
generatori di rumore equivalenti in ingresso nei due casi: uscita di collettore e uscita di emettitore.
Le due coppie, che vogliamo determinare, sono ovviamente diverse, in dipendenza appunto
dall’uscita considerata.
Prima di iniziare la valutazione dei generatori equivalenti osserviamo che la
transconduttanza dello stadio è data da
1
g ms 
1
 ZE
g mQ
dove ZE è l’impedenza equivalente del carico di emettitore.
43
RUMORE ELETTRONICO
Il guadagno di corrente risulta essere
h fes 
h fe Z B
Z B  h fe ( Z E  1
)
g mQ
si noti che, per il momento, il resistore di polarizzazione RB è stato sostituito con una generica
impedenza ZB
gmQ e hfe sono rispettivamente la transconduttanza e il guadagno di corrente del transistore a bassa
frequenza,
5.1.1 USCITA DI COLLETTORE
USCITA DI COLLETTORE
generatore equivalente serie
privo di rumore
2
ZL
InL
ZL
R B2
2
2
E nQ
E ni c
OUT c
Q
OUT c
Q
2
I nQ
R B1
2
ZE
InE
cortocircuito in ingresso
USCITA DI COLLETTORE
ZE
carico esterno: qualsiasi
un cortocircuito (pozzo di corrente) risulta il più comodo
generatore equivalente parallelo
privo di rumore
2
InL
ZL
ZL
R B2
2
E nQ
OUT c
Q
OUT
Q
c
2
I nQ
2
I ni
2
B
ZE
I ni
2
InE
c
R B1
ZE
carico esterno: qualsiasi
un cortocircuito (pozzo di corrente) risulta il più comodo
ingresso aperto
Figura 5.2
Determinazione dei generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo, in ingresso per uno stadio
a singolo transistore (bipolare) nel caso di uscita di collettore
Contributo della rete di polarizzazione (ZB)
2
E niC
0
ingresso cortocircuitato
B
2
2
I niC
 I nB
B
ingresso aperto
Contributo del carico di collettore (di uscita)
2
E
2
niCL
I
2
nL
1
1
2
 I nL
 Z E ( j )
2
g mQ
g ms
ingresso cortocircuitato
44
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
2
2
I niC
 I nL
L
 1

Z B ( j )  h fe 
 Z E ( j ) 
 g mQ

h fe Z B ( j )
2
ingresso aperto
Contributo del carico di emettitore (degenerazione)
Conviene notare che, per hfe>>1 e per frequenze sufficientemente basse rispetto alla
frequenza di taglio dell’hfe del transistore, la stessa corrente di collettore viene prodotta da uno
stesso generatore di tensione posto in serie alla base oppure in serie all’emettitore.
ZL
ZL
ZB
ZB
OUT
OUT
Q
Q
ZE
v
ZE
v
Figura 5.3
La medesima corrente di collettore viene prodotta dal medesimo generatore di tensione posto in
serie alla base oppure in serie all’emettitore (per hfe>>1 e per frequenze sufficientemente basse
rispetto alla frequenza di taglio di hfe)
Quindi trasformando Thevenin il generatore parallelo di rumore associato a ZE, questo può
poi essere trasportato direttamente in ingresso e dà quindi tutto il suo contributo al generatore
equivalente serie. Quanto al contributo di ZE al generatore equivalente parallelo si può ancora
utilizzare l’osservazione appena fatta: il generatore parallelo equivalente in ingresso trasformato
Thevenin su ZB ha lo stesso effetto in uscita del generatore parallelo associato a ZE trasformato
Thevenin su ZE stesso. Quindi:
2
2
2
E niC
 I nE
Z E ( j )
ingresso cortocircuitato
E
I
2
niCE
I
2
nE
Z E ( j )
Z B ( j )
2
ingresso aperto
Contributo del generatore serie del transistore
2
2
ingresso cortocircuitato
EniC
 EnQ
QE
I
2
niCQE
E
2
nQ
1
Z B ( j )
2
ingresso aperto
45
RUMORE ELETTRONICO
Contributo del generatore parallelo del transistore
Applicando il teorema di shift e le considerazioni precedenti sull’equivalenza di un generatore serie
in base piuttosto che in emettitore, si ottiene immediatamente:
2
2
2
ingresso cortocircuitato
EniC
 I nQ
Z E ( j )
QI
I
2
niCQI
I
2
nQ
2
Z ( j )
1 E
Z B ( j )
ingresso aperto
ZL
2
Contributo di I nQ
ZL
OUT c
Q
OUT c
Q
2
I nQ
ZB
ZB
applicazione del
teorema di shift
ZE
ZE
I nQ
I nQ
generatore
equivalente
serie
generatore
equivalente
parallelo
ZL
ZL
Q
OUT c
ZE
OUT c
Q
I nQ
2
I nQ
ZB
ZE
+
-
I nQ Z E
ZL
I nQ | Z E 
j |
2
2
Q
ZL
ZL
OUT c
OUT c
Q
Q
OUT c
ZE
I nQ
ZB
ZE
2
I nQ 1+
Z E 
j
Z B
j
2
ZB
ZE
I nQ Z E+
-
Figura 5.4
Contributo del generatore parallelo di rumore associato al transistore.
Nell’applicazione del teorema di shift il generatore quadratico di rumore è stato, ovviamente,
“linearizzato” (introducendo un verso arbitrario) onde poter tenere conto della totale
correlazione dei generatori che ne derivano
Generatori equivalenti complessivi
2
niC
E

E  I
2
nQ
2
nQ
I
2
nE
 Z ( j )
E
2
2
I
2
nL
1
 Z E ( j )
g mQ
46
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
2
I
2
niC
E
2
nQ
2
2
Z ( j )
1
2
2 Z E ( j )
2
2
 I nQ
1 E
 I nE
 I nB
 I nL
Z B ( j )
Z B ( j )
Z B ( j )
 1

Z B ( j )  h fe 
 Z E ( j ) 
 g mQ

h fe Z B ( j )
2
Dall’analisi effettuata risulta evidente come la degenerazione ZE introduca un contributo al
rumore che può essere anche dominante.
Conviene considerare la struttura precedente escludendo la rete ZB di polarizzazione, sia
perché può essere considerata una rete esterna (sistemi integrati, in particolare gli amplificatori
differenziali) e si può tenerne conto successivamente come facente parte del carico di ingresso, sia
perché (nei circuiti a componenti discreti) è solitamente costituita da resistori di valore elevato
rispetto agli altri presenti nello stadio. Si ha allora:
2
niC
E

E  I
2
nQ
2
2
2
I niC
 I nQ
 I nL
2
nQ
I
2
nE
 Z ( j )
E
2
2
I
2
nL
1
 Z E ( j )
g mQ
1
h 2fe
generatore serie equivalente in ingresso
generatore parallelo equivalente in ingresso
In questa situazione, che è quella più significativa da considerare, la degenerazione ha
effetto solamente sul generatore serie e ne può modificare notevolmente il peso. Infatti, in assenza
di ZE si ha il minimo rumore possibile
1
2
2
2
E niC
 E nQ
 I nL
2
g mQ
2
2
2
I niC
 I nQ
 I nL
1
h 2fe
Carichi resistivi.
A questo punto conviene procedere nell’analisi esplicitando ZL e ZE, considerando cioè casi
particolari di comune applicazione.
Va notato che, nei sistemi integrati di nostro interesse, con uscita di collettore ZE può di
fatto essere solamente resistivo, mentre ZL può essere un resistore (caso meno frequente) oppure un
carico attivo (generatore di corrente). Nello stadio qui considerato un carico attivo sul collettore, se
non si ricorre a polarizzazioni a specchio, comporta gravi problemi di polarizzazione (livello di
tensione in uscita) e comunque la configurazione emettitore comune non viene normalmente
impiegata negli stadi di ingresso. Nello stadio differenziale invece, come si vedrà più avanti, tale
carico, solitamente sotto forma di specchio di corrente, trova la sua più naturale ed efficiente
applicazione.
Consideriamo ora il caso di carico resistivo e sostituiamo quindi le impedenze con dei
resistori; i generatori equivalenti sopra ricavati divengono
2
niC
E

E  I
2
nQ
2
2
2
I niC
 I nQ
 I nL
2
nQ
I
2
nE

 1

R I 
 RE 
 g mQ



2
E
2
2
nL
1
h 2fe
47
RUMORE ELETTRONICO
VCC
RL
R B2
OUTc
Q
IN
OUT e
R B1
RE
V EE
generatori equivalenti di rumore in ingresso
privo di rumore
privo di rumore
RL
R B2
IN
2
E ni c
RL
R B2
OUTc
IN
2
E ni e
Q
Q
R B1
2
I ni1
R B1
2
I ni 2
RE
RE
uscita di collettore
OUTe
uscita di emettitore
Figura 5.5
Il caso di carichi resistivi.
2
2
2
2
, I nQ
, I nE
, I nL
In generale E nQ
non sono generatori bianchi, ma, a bassa frequenza, contengono
rumore in eccesso (generalmente 1/f). E’ peraltro di particolare interesse la regione bianca (regione
di minimo rumore), dove
1
2
E niC
 2qI C
2
I niC
 2q
1
2
g mQ
 4kT
2
g mQ
RL
2RE
I
4kT 2
 4kTRE  2q C R E2 
R E  4kT
hFE
RL
g mQ
RL
IC
4kT 1

hFE
RL h 2fe
Per RE=0, ovviamente
1 
4kT 
2
EniC
 2  2qI C 

gmQ 
RL 
2
I niC
 2q
I C 4kT 1

hFE
RL h 2fe
Per quanto riguarda il resistore di carico RL, un confronto con il generatore serie del
transistore mostra che il rumore da esso introdotto è, nella grande maggioranza dei casi,
trascurabile. Infatti un confronto effettuato direttamente sulle correnti prodotte in uscita, e cioè tra
48
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
g mQ
IC
I
e
4kT C
VCC
2
2VT
dove VT è la tensione termica e  rappresenta la frazione di tensione di alimentazione utilizzata
come caduta di polarizzazione sul resistore di carico
lo rende evidente, essendo, tranne casi molto particolari (ad esempio sistemi micropower),
VCC>>2VT e quindi il rapporto tra i due contributi
VCC
 1
2VT
Nel generatore parallelo poi un’analisi dello stesso tipo mostra che il secondo termine è del
tutto trascurabile, essendo
h 2feVCC
 1
2hFEVT
Quindi i generatori equivalenti si possono scrivere
2qI C  4kT
2
niC
E
 4kT
2


g mQ 
1
RE
RE

 2qI C 2  4kTRE 1 


1
gm
RL 
 2hFE g mQ RL


2
I niC
 2q
IC
hFE
Appare evidente che il resistore di degenerazione RE contribuisce al rumore serie attraverso
quattro termini rappresentanti rispettivamente
- il contributo diretto di RE (primo termine tra parentesi)
- la ”attivazione” da parte di RE del generatore parallelo del transistore, altrimenti ininfluente
(secondo termine tra parentesi) per quanto riguarda il generatore serie
- la riduzione della transconduttanza con conseguente aumento relativo del peso del rumore di RL
(terzo e quarto termine)
L’ultimo di tali termini, che si può scrivere
2VT
VCC
è in genere trascurabile rispetto al primo, per i motivi sopra detti; il secondo termine è anch’esso in
g mQ
2qI C  4kT
genere trascurabile in quanto la condizione
2 , nei sistemi monolitici darebbe luogo
a valori sostanzialmente non integrabili di RE e sarebbe comunque in contrasto con un accettabile
guadagno di tensione dello stadio.
I termini rimanenti
4kTRE  4kTRE
RE
RL
divengono dominanti nel caso sia
RE>>1/gmQ
In tal caso questi termini possono scriversi con buona approssimazione nella forma

1 
4kTRE 1 

G
0 

dove G0 è il guadagno di tensione in continua dello stadio
Quindi, per guadagno di tensione sufficientemente elevato, è il primo dei due termini, cioè il
contributo diretto di RE, a prevalere.
49
RUMORE ELETTRONICO
In ogni caso la presenza della degenerazione può seriamente compromettere le prestazioni
dello stadio dal punto di vista del rumore.
E’ importante mettere in evidenza il fatto che, in assenza di degenerazione, cioè nel caso
dello stadio emettitore comune propriamente detto, i generatori di rumore equivalenti in ingresso si
riducono a quelli del solo transistore.
Ciò vale evidentemente anche nel caso vengano utilizzati transistori a effetto di campo, con
la sola differenza che un carico resistivo inizia a dare un contributo non del tutto trascurabile al
generatore serie per tensioni di alimentazione un poco più alte che non nel caso del transistore
bipolare, in dipendenza dal ridotto valore della transconduttanza. Infatti il confronto diretto tra il
contributo del transistore e quello del carico, e cioè rispettivamente
I
ID
4kT D
e
4kT  g mF  4kT
VGS  Vt
 VCC
2
dove Vt è la tensione di soglia per i MOS, rispettivamente di pinch-off per i JFET e VGS-Vt è la
“tensione di overdrive” (denominazione solitamente riservata al caso dei MOS, ma estendibile ai
JFET), rende evidente quanto detto: la minore transconduttanza comporta una “tensione di
pilotaggio” maggiore che non nel caso dei BJT e cioè di VT.
Carico attivo.
Q2
Vref
Vref
Q2
2
E nQ 2
OUT
OUT
2
2
E nQ1
2 E nQ
Q1
Q1
2
I nQ1
2
I nQ1
Figura 5.6
Carico attivo.
Consideriamo l’effetto di un carico attivo di collettore, il quale può essere costituito, in linea
di principio, da un generatore semplice di corrente; questo, come già notato, se non si ricorre a
polarizzazioni a specchio, comporta gravi problemi di polarizzazione (livello di tensione in uscita)
e comunque la configurazione emettitore comune non viene normalmente impiegata negli stadi di
ingresso. Peraltro risulta di interesse considerare brevemente tale situazione (figura 5.6).
Consideriamo in particolare la regione di rumore bianco, in generale di maggiore interesse; come
sempre è immediata l’estensione al caso più generale, in particolare alla regione a bassa frequenza
caratterizzata da rumore 1/f.
E’ evidente che conviene partire dal rumore totale di corrente in uscita (il che equivale a
considerare come carico un corto circuito) in quanto ivi i due transistori, percorsi dalla stessa
corrente, danno uguale contributo in regione bianca, essendo il rumore dominante (a basse correnti)
il rumore shot della corrente di collettore 2qIC. Dunque il rumore di corrente in uscita raddoppia
rispetto al caso di un singolo transistore e raddoppia quindi il rumore serie riferito all’ingresso. Il
rumore parallelo si riduce a quello del solo transistore Q1. Le conclusioni raggiunte valgono
ovviamente se sono verificate per il carico attivo Q2 le condizioni di polarizzazione della figura 5.6,
50
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
cioè se Vref è una sorgente di tensione a resistenza sufficientemente bassa e priva di rumore (cioè
con rumore serie trascurabile rispetto a quello serie del transistore Q2). Dunque nel caso
dell’utilizzo di un carico attivo come quello considerato, il rumore serie non si riduce più a quello
del solo transistore di ingresso, ma raddoppia di fatto rispetto al caso di carico resistivo.
Come già detto, e come è del tutto evidente, lo stadio appena considerato ha gravi problemi
di polarizzazione sia di corrente di lavoro che di tensione di uscita. Una struttura che risolve in
buona misura tali problemi è quella riportata nella figura 5.7. Una semplice analisi (si veda anche il
paragrafo 5.2 al punto “specchio semplice di corrente”) porta a concludere che, nell’ambito delle
approssimazioni già fatte, il rumore parallelo rimane sostanzialmente quello del caso precedente,
mentre il rumore serie riceve un contributo, solitamente non trascurabile, dal transistore Q3 il cui
peso è determinato dal fattore di specchio:
2
2
2
2
E ni2  E nQ
 E nQ
 E nQ
FS  E nQ
(2  FS )
dove FS è il fattore di specchio.
FS=
IC
I ref
Q2
Q3
IC
2
OUT
2
E ni ~ E nQ (2+FS )
Q1
2
2
I ni ~ I nQ1
I ref
Figura 5.7
Carico attivo con polarizzazione a specchio.
Si noti anche che la sorgente di polarizzazione, cioè la corrente di riferimento Iref, è stata
considerata priva di rumore il quale, nella realtà, viene trasferito alla corrente di Q2, e quindi di Q1,
attraverso il fattore di specchio (quadraticamente).
5.1.2 USCITA DI EMETTITORE (FOLLOWER)
Come già in precedenza, escludiamo la rete di polarizzazione ZB. Viene ovviamente tolto il
carico di collettore ZC.
Consideriamo, al solito, un corto circuito in uscita. Si veda la figura 5.8.
Contributo di ZE
1
2
2
E nie
 I nE
2
E
g mQ
2
2
I nie
 I nE
E
1
h 2fe
ingresso cortocircuitato
ingresso aperto
51
RUMORE ELETTRONICO
Contributo del generatore serie del transistore
2
2
ingresso cortocircuitato
Enie
 EnQ
QE
2
I nie
0
QE
ingresso aperto
Contributo del generatore parallelo del transistore
Applicando il teorema di shift, nel caso del generatore equivalente serie rimane solo il
2
generatore posto in parallelo a ZE che quindi si comporta come I nE
1
2
2
ingresso cortocircuitato
E nie
 I nQ
2
QI
g mQ
nel caso del generatore equivalente parallelo risulta ovviamente dominante il contributo del
generatore posto in ingresso (hfe>>1) e quindi

2
1 
2
2
2
I
1


ingresso
aperto
per
l’esattezza
I nie

I

nQ 
nQ
2 
QI

 h fe h fe 
USCITA DI EMETTITORE
generatore equivalente serie
privo di rumore
2
2
E nQ
E nie
Q
Q
OUTe
2
I nQ
OUTe
2
ZE
InE
cortocircuito in ingresso
USCITA DI EMETTITORE
ZE
carico esterno: qualsiasi
un cortocircuito (pozzo di corrente) può risultare il più comodo
ma anche il circuito aperto (a vuoto) va bene
generatore equivalente parallelo
privo di rumore
2
E nQ
Q
2
I nQ
Q
OUTe
OUTe
2
ZE
ingresso aperto
I ni
2
InE
e
ZE
carico esterno: qualsiasi
un cortocircuito (pozzo di corrente) può risultare il più comodo
ma anche il circuito aperto (a vuoto) va bene
Figura 5.8
Determinazione dei generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo, in ingresso per uno stadio
a singolo transistore (bipolare) nel caso di uscita di emettittore
Generatori equivalenti complessivi
1
2
2
2
2
E nie
 E nQ
 ( I nQ
 I nE
) 2
g mQ
52
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
2
2
2
I nie
 I nQ
 I nE
1
h 2fe
Nella regione di rumore bianco
2
2
2
E nie
 E nQ
 I nE
E
2
nQ

2
I nQ
2
g mQ
e quindi:
1
2
g mQ
Carico resistivo
Nel caso di carico resistivo (ZE=RE)
1
2
I nE
 4kT
RE
ed essendo in generale RE>>1/gmQ i generatori equivalenti si riducono a quelli dell’elemento attivo
2
2
E nie
 E nQ
2
2
I nie
 I nQ
Carico attivo
Nel caso di carico attivo , tipico dei sistemi monolitici, cioè di generatore di corrente (BJT)
non degenerato (si veda più avanti la trattazione del rumore associato ai generatori di corrente)
2
I nE2  E nQ2 g mQ
e quindi il rumore serie raddoppia:
2
2
E nie
 2 E nQ
mentre il rumore parallelo rimane con buona approssimazione quello associato al transistore di
ingresso
2
2
I nie
 I nQ
Si può anche qui considerare il caso di polarizzazione attraverso una struttura a specchio e si
ottiene, per il generatore serie, lo stesso risultato valido per l’uscita di collettore.
Dunque nel caso di carico attivo in emettitore, come sempre avviene nei sistemi integrati, il
rumore non è riducibile a quello proprio del transistore.
Considerazioni analoghe valgono nel caso vengano utilizzati transistori a effetto di campo.
5.1.3 BASE COMUNE
In uno stadio in configurazione base comune, in cui si consideri, come è corretto fare, il carico
di collettore come un carico esterno, di cui quindi non tenere conto per quanto riguarda la
caratterizzazione dal punto di vista del rumore dello stadio stesso, è immediato verificare che il
rumore sia serie che parallelo è rappresentato dai soli generatori equivalenti del componente attivo.
Infatti il generatore parallelo di tale componente è già in ingresso, quello serie, come già visto, dalla
base può essere trasferito sull’emettitore e quindi in ingresso.
Considerazioni analoghe valgono nel caso vengano utilizzati transistori a effetto di campo.
Dunque per tutti gli stadi a singolo transistore, nel caso di carico di uscita resistivo e in assenza
di carichi addizionali (degenerazione dello stadio emettitore/source comune), il rumore si riduce a
quello del solo transistore.
53
RUMORE ELETTRONICO
5.2 RUMORE NEI GENERATORI DI CORRENTE
In un generatore di corrente il rumore di interesse è, ovviamente, quello associato alla corrente
di uscita e il modello generale cui fare riferimento è quello riportato nella figura 5.9
dove
Io
è la corrente generata,
2
I no
rappresenta il generatore equivalente di rumore
ro
è la resistenza equivalente caratteristica del generatore
Facciamo nel seguito riferimento, tranne ove altrimenti specificato, a generatori di corrente
utilizzanti BJT. Generatori utilizzanti JFET oppure MOSFET possono essere descritti in modo del
tutto simile.
Consideriamo inoltre il rumore in regione bianca; come sempre l’estensione alla regione di
bassa frequenza risulta immediata.
2
Io
I no
ro
Figura 5.9
Determinazione dei generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo, in ingresso per uno
stadio a singolo
5.2.1 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE
Il classico e più semplice generatore di corrente è costituito da un singolo transistore (BJT
oppure FET) nella configurazione emettitore (source) comune, opportunamente polarizzato, nel
quale la corrente viene prelevata dal collettore (drain). La resistenza di uscita è quella di Early.
La polarizzazione del generatore può essere ottenuta tramite un’opportuna rete posta tra la base
e l’emettitore, che spesso viene progettata in modo da effettuare anche una compensazione termica.
Tale rete introduce rumore, ma nella presente trattazione siamo interessati al rumore del solo
generatore di corrente e quindi verrà considerata una sorgente di polarizzazione di tensione VREF
priva di rumore.
Solitamente peraltro un generatore di corrente del tipo qui considerato viene “pilotato”, a partire
da un riferimento di corrente, utilizzando strutture a specchio che verranno nel seguito anch’esse
descritte dal punto di vista del rumore.
Nella trattazione che segue è implicita (e ovvia) l’ipotesi che il generatore alimenti un “pozzo”
di corrente (corto circuito). Non si considera inoltre il comportamento nella regione di alta
frequenza solitamente di scarso interesse per i generatori di corrente.
Da un punto di vista fisico e circuitale è immediatamente evidente che, nel caso la resistenza di
spreading rbb’ possa essere considerata trascurabile, e cioè assimilabile a un corto circuito in
ingresso tra base ed emettitore (il che avviene praticamente sempre nei casi di interesse), almeno in
regione bianca il rumore dominante risulta essere quello associato alla sola corrente di collettore
2qIC
54
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
che quindi direttamente rappresenta il rumore associato al generatore.
GENERATORE DI CORRENTE SEMPLICE
(transistore bipolare)
Io
2
I no
2
E nQ
VREF
Q
Q
2
I nQ
V EE
Figura 5.10
Rumore nel generatore di corrente semplice
L’analisi di maggior dettaglio sotto riportata conduce allo stesso, significativo, risultato (figura
5.10).
Il generatore di rumore parallelo del transistore risulta cortocircuitato e non dà quindi alcun
contributo.
Pertanto
2
2
I no
 g mQ
E n2
(la transconduttanza dello stadio è stata confusa con quella del transistore nell’ipotesi,
r
1
ampiamente verificata, che bb' sia molto minore di
)
h fe
g mQ
In regione bianca:
1
E n2  4kTrbb'  2qI B rbb'  2qI C 2
g mQ
Come già altre volte ricordato, nei sistemi monolitici, laddove pesano i contributi di rumore
(stadi di ingresso) è, nella maggior parte dei casi:
1
 rbb'
g mQ
e quindi, con buona approssimazione:
1
E n2  I C 2
g mQ
g mQ
2
I no
 2qI C  4kT
2
Si suole dire che il generatore “semplice” di corrente qui descritto è caratterizzato dal punto di
vista del rumore dall’essere affetto da “full shot noise” della corrente di collettore. (Se si utilizza un
transistore a effetto di campo, “full thermal noise” della corrente di drain).
La noise corner frequency, al di sotto della quale prevale il rumore 1/f, è ovviamente la stessa
del rumore serie del BJT.
55
RUMORE ELETTRONICO
5.2.2 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE DEGENERATO
Un caso interessante, per quanto riguarda il rumore, è costituito dal generatore sopra considerato
in cui è inserita una resistenza di degenerazione, configurazione questa che, come è ben noto,
aumenta la resistenza di uscita. Tale resistenza peraltro,come di seguito mostrato, può influire anche
sul rumore associato alla corrente prodotta dal generatore.
E’ del tutto intuitivo che la degenerazione tende a ridurre tale rumore rispetto al caso del
generatore semplice in quanto riduce la transconduttanza effettiva e quindi il peso del generatore
serie del transistore; è pur vero che entrano in gioco altre sorgenti di rumore e cioè il rumore
termico del resistore di degenerazione e quello – ora “attivato” - rappresentato dal generatore
parallelo del transistore, ma anch’esse, in base a quanto precedentemente discusso, sono
riconducibili a un contributo serie in ingresso e si riducono quindi al crescere della degenerazione.
E’ anche intuitivo che una riduzione apprezzabile del rumore si ha solamente quando RE>>1/gmQ.
D’altro canto, da un punto di vista “fisico”, nel caso limite di RE→ la corrente prodotta eguaglia
quella di base (bilancio delle correnti) e quindi il rumore si riduce al rumore shot della corrente di
base 2qIB. E’ infine intuitivo che questa condizione limite è approssimata solo se RE>>hFE/gmQ.
Qui di seguito quanto sopra anticipato viene dedotto da una semplice trattazione analitica
(figura 5.11).
Limitandosi al caso di rumore bianco, si ha
4kT
1
2
I n2  2qI B
I nE

E n2  2qI C 2
RE
g mQ
Applicando, come mostrato nella figura, il teorema di shift al generatore parallelo del
transistore, trasformando Thevenin i generatori di corrente posti in parallelo a RE e ricordando che il
generatore serie risultante può essere equivalentemente trasportato in ingresso, si ottiene facilmente:
2
2
I no
  En2  ( I nE
 I n2 ) RE2  gm2


g mQ
gm 
dove
è la transconduttanza dello stadio
1  g mQ R E
Per RE>>1/gmQ

2h fe 
2
I no
 2qI B 1 
si ha
 g mQ RE 


e quindi per
gmQRE>>hfe
cioè
RE>>hfe/gmQ
2
I no
 2qI B
Il rumore si riduce cioè al solo rumore shot della corrente di base ed è questo il limite ultimo
ottenibile tramite la retroazione resistiva posta in serie all’emettitore. Peraltro la condizione da
rispettare non è in pratica implementabile in un sistema integrato in quanto, considerate le correnti
in gioco, richiederebbe resistori di valore di gran lunga troppo elevato e introdurrebbe cadute di
tensione eccessive. Anche la meno restrittiva condizione RE>>1/gmQ che porterebbe comunque a
una riduzione del rumore rispetto al full shot noise della corrente di collettore è di fatto non
realizzabile.
Si noti che, nel caso di un transistore a effetto di campo, essendo trascurabile la corrente di gate,
e quindi il rumore ad essa associato, in caso di degenerazione sufficientemente elevata il rumore è
determinato unicamente dal rumore di corrente di RE, che, anche se soltanto in linea di principio,
può essere reso piccolo a piacere (si veda il paragrafo 5.2.6).
56
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
GENERATORE DI CORRENTE SEMPLICE DEGENERATO
Io
2
I no
2
E nQ
VREF
Q
Q
2
I nQ
RE
2
I nE
RE
V EE
2
2
I no
I no
Q
Q
2
2
E nQ
RE
2
InE +
E nQ +
2
I nQ
2
2
2
+ ( I n E + I nQ R E
RE
Figura 5.11
Rumore nel generatore di corrente con degenerazione resistiva sull’emettitore
5.2.3 SPECCHIO SEMPLICE DI CORRENTE.
Nella figura 5.12 è rappresentata la struttura del classico specchio di corrente in tecnologia
bipolare.
Alla corrente di controllo, o riferimento, IREF è ovviamente sempre associato rumore che,
attraverso lo specchio, viene trasferito in uscita pesato (quadraticamente) in ragione del fattore di
specchio (cioè con lo stesso rapporto segnale/rumore). Di questo rumore nella nostra trattazione non
si tiene conto in quanto si tratta di rumore “esterno” alla struttura che vogliamo esaminare;
ovviamente in un sistema reale e di caratteristiche note se ne dovrà tenere conto.
57
RUMORE ELETTRONICO
SPECCHIO SEMPLICE DI CORRENTE
I REF
2
Io
I no
2
2
E nQ
Q1
Q2
E nQ
Q1
Q2
2
2
I nQ
I nQ
V EE
Figura 5.12
Rumore nello specchio semplice di corrente
I transistori che costituiscono lo specchio vengono nel seguito considerati identici (fattore di
specchio pari a 1), essendo questo il caso dell’utilizzo come carico attivo e quindi, solitamente, il
più interessante. L’estensione a strutture con fattore di specchio diverso non presenta problemi.
Il transistore Q1, collegato a diodo a costituire il pozzo dello specchio, a rigore ha rumore
associato superiore a quello di una semplice giunzione a causa della presenza di generatori interni di
rumore che si aggiungono a quello shot della corrente di collettore, principalmente quello associato
alla resistenza di spreading rbb’. Esso può essere semplicemente modellizzato come nella figura
5.13.
circa
1
gmQ
2
I nQ
1
gmQ
2qIb
2
2
E nQ gmQ
1
gmQ
2
2
E nQ gmQ
2
E nQ
Figura 5.13
Modello del pozzo dello specchio, dal punto di vista del rumore
Si ha quindi
2
En2 Q g mQ
 2qI C (1  2rbb' g mQ )
Il circuito equivalente dal punto di vista del rumore può essere quindi semplificato come nella
figura 5.14.
58
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
2
2
I no
I no
2
E nQ
Q2
1
gmQ
Q2
1
gmQ
2
2
E nQ gmQ
4qIc (1 + 2rbb' gmQ )
Figura 5.14
Modello approssimato per il rumore nello specchio semplice di corrente
Quindi
2
I no
 4qI C (1  2rbb' g mQ )
dove IC è la corrente di collettore del transistore di uscita Q2
ed essendo nei casi di maggior interesse rbb’ gmQ << 1
2
I no
 4qI C
Si ha quindi il doppio del full shot noise della corrente di collettore, risultato abbastanza ovvio
in quanto ciascun transistore contribuisce con il proprio rumore, in ugual misura.
Nel caso di fattore di specchio FS diverso dall’unità si ottiene facilmente
2
I no
 2qI C 2  2qI C1 FS2  2qI C (1  FS )
essendo IC1 e IC2 rispettivamente le correnti di collettore di Q1 e Q2
e
FS 
IC 2
I C1
,
IC2= IC
5.2.4 SPECCHIO DI CORRENTE DEGENERATO.
Consideriamo ora il caso in cui viene introdotta una retroazione locale, inserendo resistori in
serie agli emettitori dei transistori dello specchio (specchio degenerato, figura 5.15).
In base a quanto già visto nel caso dello specchio semplice e del generatore semplice
degenerato, in regione di rumore bianco, si ottiene facilmente
8kT
I 
RE
2
no
per
 g mQ RE

 1  g mQ RE
2

 1  2 g mQ RE
1
 2qI B 
  4qI C
2
 1  g mQ RE
(1  g mQ RE )


gmQRE>>1
2
I no
2
 1 g mQ 

h fe
4kT
 4  2qI B  8kT 

 8qI B 1 

 RE h fe 
 g mQ RE
RE



59






2
RUMORE ELETTRONICO
SPECCHIO SEMPLICE DEGENERATO
2
I no
I REF
Io
2
E nQ
2
E nQ
Q1
Q1
Q2
Q2
2
2
I nQ
RE
I nQ
RE
4kT
RE
RE
4kT
RE
RE
V EE
2
2
I no
I no
2
2
2 E nQ + 4kT R E
E nQ
Q2
1
gmQ
RE
2
2
E nQ gmQ
4kT
RE
Q2
1
gmQ
2
I nQ
4kT
RE
RE
RE
2
I nQ
4kT
RE
RE
Figur
Figura 5.15
Rumore nello specchio di corrente con resistori di degenerazione in serie agli emettitori
per
RE>>hfe/gmQ
2
I no
 2  4kT
g mQ
 4  2qI B
h fe
Anche in questo caso quindi una forte degenerazione riduce drasticamente il rumore, ma i valori
di resistenza necessari risultano di gran lunga troppo elevati per consentirne l’implementazione.
Anche la condizione gmQRE>>1 è difficilmente realizzabile.
5.2.5 COLLEGAMENTO DI PIÙ SPECCHI.
Spesso più specchi vengono collegati tra loro, ad esempio per alimentare diverse parti di un
sistema. In questo caso, se il rumore prodotto è di interesse nel progetto, il collegamento va
effettuato correttamente.
Nella figura 5.16 sono presentati due casi di possibile collegamento in cascata.
60
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
Il primo, che potrebbe essere utilizzato per ottenere, a partire da una corrente di riferimento,
derivata dall’alimentazione di un segno, un generatore di corrente riferito all’alimentazione di segno
opposto, cumula il rumore degli specchi utilizzati.
Nel secondo caso invece, utilizzato per derivare più correnti da quella di riferimento, si
aggiunge ogni volta al rumore di partenza (quello associato alla corrente di riferimento) soltanto il
rumore prodotto da uno specchio.
VCC
I REF
Q4
Q5
I REF
I1
I2
I1
Q1
Q2
I2
Q3
Q1
V EE
Q2
Q3
V EE
Figura 5.16
Collegamento di più specchi
Il primo caso rappresenta quindi una situazione sfavorevole dal punto di vista del rumore.
+ VCC
Q5
Q4
I1
I REF
I2
Q1
Q2
- VCC
Figura 5.17
Sorgenti di corrente riferite ad ambedue le alimentazioni
61
RUMORE ELETTRONICO
Per ottenere delle sorgenti di corrente riferite ad ambedue le alimentazioni è quindi
opportuno procedere come nella figura 5.17
5.2.6 GENERATORI DI CORRENTE UTILIZZANTI FET.
E’ opportuno considerare brevemente il caso dei generatori di corrente ottenuti utilizzando
transistori a effetto di campo onde confrontare il loro comportamento con quello delle analoghe
strutture bipolari e mettere in evidenza alcuni aspetti di particolare interesse.
Va ovviamente ricordato che il rumore di corrente può essere trascurato e che il transistore a
effetto di campo è un dispositivo che produce una corrente in risposta ad una tensione di ingresso e
non in risposta a una corrente; è cioè un dispositivo puramente a transconduttanza e non a guadagno
di corrente.
Inoltre la sua transconduttanza è proporzionale alla radice della corrente di lavoro e non alla
corrente stessa come nel caso del transistore bipolare ed è in genere di valore significativamente
inferiore.
Generatore semplice
Consideriamo un semplice generatore di corrente utilizzante un FET (JFET o MOSFET) nel
caso più generale di degenerazione resistiva di source
GENERATORE DI CORRENTE SEMPLICE DEGENERATO (FET)
Io
2
I no
2
E nF
F
VREF
F
RS
RS
2
In
S
- VSS
Figura 5.18
Generatori di corrente utilizzanti transistori FET
Una trattazione del tutto analoga a quella svolta nel caso della tecnologia bipolare,
limitatamente al rumore bianco (l’estensione anche a rumore a bassa frequenza è, al solito,
immediata), conduce a

g 
1
2
I no
 4kT  g mF 1  RS mF 
  (1  RS g mF )2

avendo ovviamente trascurato il contributo del generatore di rumore parallelo del FET
Per
RS=0
2
I no
 4kTg mF
“full thermal noise” del canale
Essendo, come già ricordato, la transconduttanza solitamente inferiore a quella di un transistore
bipolare, il rumore risulta inferiore a quello di un generatore in tecnologia bipolare.
62
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
Per
RS>>/gmF
2
I no
1
 4kT
RS
(condizione in pratica non ottenibile)
rumore del solo resistore di degenerazione
Specchio di corrente
Uno specchio di corrente è ovviamente realizzabile solo in tecnologia CMOS e non tramite
transistori JFET in quanto dispositivi puramente a svuotamento.
Consideriamo, per maggior generalità, uno specchio degenerato.
Una trattazione del tutto analoga a quella svolta nel caso della tecnologia bipolare,
limitatamente al rumore bianco conduce a:
(g R   )
2
I no
 8kTgmF mF S
(1  g mF RS ) 2
Per
RS=0
2
I no
 8kTg mF
Anche in questo caso, essendo la transconduttanza inferiore a quella di un transistore bipolare, il
rumore risulta inferiore a quello di un generatore in tecnologia bipolare.
Per
RS>>/gmF
2
I no
 8kT
1
RS
(condizione in pratica non ottenibile)
rumore dei soli resistori di degenerazione
5.2.7 CONFRONTO TRA GENERATORE PASSIVO E GENERATORE ATTIVO.
A questo punto è utile confrontare le prestazioni di rumore dei generatori di corrente sopra
esaminati (generatori “attivi”, cioè utilizzanti dispositivi attivi) con quelle di un generatore passivo,
cioè di un semplice resistore.
Effettuiamo il confronto a parità di corrente di lavoro (IC=IR) e ci riferiamo a dispositivi
bipolari.
Nel caso del generatore attivo il rumore associato alla corrente è dato da
2qIC
senza degenerazione di emettitore
2qIB
con degenerazione di emettitore RE>>hfe/gmQ
cioè VE>>VT
dove VE rappresenta la caduta di tensione sul resistore RE
Nel caso del semplice resistore il rumore è dato da
1
4kT
R
g mQ
che, utilizzando la solita relazione 2qI C  4kT
che consente di collegare l’espressione del
2
rumore in forma “shot” con quella in “forma termica”, si può scrivere
2h feVT
1
2V
VR=ICR caduta di tensione ai capi del resistore
4kT  2qI C T  2qI B
R
VR
VR
permettendo così un confronto diretto tra i due tipi di generatore
Solamente nel caso, irrealistico, di generatore attivo fortemente degenerato le prestazioni
possono essere confrontabili; altrimenti, e cioè nella realtà, il generatore passivo produce assai
meno rumore.
Il confronto più significativo è quello tra il generatore attivo non degenerato (full shot noise
della corrente di collettore) e il resistore: il primo risulta VR/VT volte più rumoroso.
63
RUMORE ELETTRONICO
E’ ovvio peraltro che il generatore attivo, dal punto di vista della resistenza equivalente di uscita
a parità di caduta di tensione utilizzata, risulta di gran lunga superiore (nel rapporto VA/V, dove VA
è la tensione di Early) ed è quindi quello universalmente utilizzato anche come carico, salvo
eccezioni.
5.3 RUMORE NELLO STADIO DIFFERENZIALE
5.3.1 DEFINIZIONE DEI GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE IN INGRESSO
Nell’ambito dei sistemi integrati analogici lo stadio differenziale è certamente la struttura più
importante come stadio di ingresso. E’ quindi di particolare interesse lo studio del suo
comportamento dal punto di vista del rumore.
Consideriamo qui la struttura “classica” dello stadio differenziale costituita dalla ben nota
coppia di transistori accoppiati di emettitore o di source. Altre strutture più complesse possono
essere derivate da questa e il loro comportamento facilmente analizzato.
Iniziamo facendo riferimento alla tecnologia bipolare.
+VCC
L1
L2
Carico
OUT
IN
Q2
Q1
R
IN
L
I0
-VEE
Figura 5.19
Stadio differenziale “classico” in tecnologia bipolare; a destra i diversi carichi utilizzabili
Come indicato nella figura 5.19 i carichi L1 e L2 possono essere passivi (resistori), attivi
(generatori di corrente) separati, costituiti da uno specchio. Quest’ultimo è il caso più frequente.
Viene ovviamente ipotizzata la simmetria perfetta dello stadio, ipotesi di fatto verificata
solamente entro certi limiti, sia a causa di asimmetrie strutturali (sistematiche), sia a causa della
dispersione di parametri geometrici e fisici (tolleranze di natura statistica). D’altro canto, come è
noto, in particolare in tecnologia monolitica, lo stadio differenziale, nella configurazione più
frequentemente usata (quella qui presentata) è caratterizzato di fatto da una simmetria elettrica
molto elevata e quindi nella seguente analisi del suo comportamento dal punto di vista del rumore
l’ipotesi fatta è del tutto valida.
Introducendo i generatori equivalenti di rumore dei vari componenti, cioè dei transistori di
ingresso, del generatore di corrente di polarizzazione (“coda” dello stadio), del carico si ottiene la
rete riportata nella figura 5.20.
64
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
+VCC
L1
2
I nL
L2
2
I nL
OUT
IN
Q2
Q1
IN
2
E nQ
2
E nQ
2
I nQ
I 2n0
I0
2
I nQ
-VEE
Figura 5.20
Generatori di rumore nello stadio differenziale
Come circuito equivalente dal punto di vista del rumore viene spontaneo adottare la struttura
della figura 5.21
In realtà risulta del tutto evidente che il circuito ivi rappresentato può essere utilizzato come
equivalente dal punto di vista del rumore solamente nel caso di completa simmetria, mantenuta
nella sua utilizzazione, simmetria cioè anche dei carichi sui due ingressi: infatti lo stadio
differenziale non è un doppio bipolo e non sono definibili i generatori equivalenti di rumore.
+VCC
L1
L2
OUT
IN
Q2
Q1
IN
E 2ni
E 2ni
I 2ni
I 2ni
I0
-VEE
Figura 5.21
Modello dello stadio differenziale con generatori equivalenti di rumore riferiti ai due ingressi
65
RUMORE ELETTRONICO
Nel caso di carichi uguali in ingresso la struttura può essere ricondotta all’equivalente “half
circuit” e quindi al doppio bipolo corrispondente; in caso diverso, no. Nelle reali applicazioni tale
simmetria non è solitamente verificata. Si pensi ad esempio allo stadio di ingresso di un
amplificatore operazionale: uno dei due ingressi, quello invertente è utilizzato per la retroazione
negativa mentre l’altro può essere connesso con il generatore di segnale, con un riferimento, ecc.
Peraltro una rappresentazione, possibilmente semplice, dal punto di vista del rumore risulta
ovviamente di tale importanza e utilità che viene comunque adottata quella sopra presentata,
rappresentazione che viene poi utilizzata anche in caso di assenza di simmetria. Fanno eccezione
strutture particolari, completamente differenti da quella qui considerata, ad esempio gli stadi di
ingresso degli amplificatori operazionali current feedback mode (CFM) di cui si parlerà più avanti,
per le quali è necessaria una diversa rappresentazione del rumore (in genere facendo riferimento a
una configurazione già retroazionata e quindi di fatto non più differenziale). D’altro canto, nel caso
delle architetture circuitali qui trattate, nelle usuali condizioni di impiego, utilizzare il modello di
cui sopra non comporta solitamente errori inaccettabili per quanto riguarda la valutazione del
rumore. Si procede quindi ipotizzando lo stadio simmetrico e in condizioni di carico di ingresso
simmetrico.
In questo caso i due generatori serie possono essere trasferiti su uno solamente dei due ingressi
(ipotesi di reiezione del modo comune infinita, congruente con la perfetta simmetria) e sommati in
quanto indipendenti. Il circuito equivalente diviene quindi quello della figura 5.22. Si noti che
questa situazione è quella che si ritrova, ad esempio, nel caso degli amplificatori operazionali, che
quindi vengono caratterizzati, dal punto di vista del rumore, tramite un generatore serie posto in
corrispondenza di uno degli ingressi - in genere si considera quello non invertente – e due
generatori parallelo uguali associati separatamente ciascuno degli ingressi.
+V
CC
L1
L2
OUT
2
2 E ni
IN
Q2
Q1
I 2ni
IN
I 2ni
I0
-VEE
Figura 5.22
Modello per il rumore dello stadio differenziale nell’ipotesi di perfetta simmetria
Si tratta a questo punto di determinare, nelle ipotesi fatte, il generatore serie e quello parallelo.
Consideriamo il rumore nella regione bianca, solitamente di maggiore interesse; il contributo del
66
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
rumore in eccesso può essere comunque introdotto senza difficoltà seguendo lo stesso procedimento
nel seguito adottato.
Generatore di coda I0
Il generatore di coda I0, il quale di per sé produce rumore di corrente di entità non trascurabile
rispetto a quello di altri elementi circuitali, non contribuisce al rumore in uscita in quanto genera nei
due rami correnti uguali e totalmente correlate il cui effetto è quindi nullo sull’uscita differenziale.
Si noti che in caso di asimmetria, e, in particolare, di carichi asimmetrici in ingresso, ciò non è più
vero.
Transistori di ingresso
Trovandosi direttamente in ingresso essi contribuiscono ciascuno al generatore serie con il
proprio generatore corrispondente
generatore serie
2cI C
1
1
 4kT
2
2 g mQ
g mQ
nessun contributo al generatore parallelo
Il loro generatore parallelo, posto tra base ed emettitore, utilizzando il teorema di shift, può
essere considerato scisso in due generatori posti rispettivamente in parallelo al carico in ingresso e
alla coda dello stadio. Per le ragioni di simmetria sopra dette il secondo non dà alcun contributo; il
primo contribuisce al solo generatore parallelo, essendo, per quanto riguarda quello serie,
cortocircuitato.
nessun contributo al generatore serie
1
2hFE
g mQ
I transistori in ingresso contribuiscono quindi con tutto il proprio rumore equivalente serie e
parallelo.
generatore parallelo
2qI B  4kT
Carico
Per quanto riguarda il carico, trattiamo nel seguito separatamente i due casi più frequenti e
quindi importanti: il caso del carico passivo (resistori) e quello del carico attivo a specchio,
quest’ultimo certamente di gran lunga il più utilizzato.
5.3.2 CARICO PASSIVO
Consideriamo dapprima il caso del carico passivo (figura 5.23) costituito da resistori R L
caratterizzati, in regione bianca, da rumore termico che conviene, al solito, esprimere nella
forma parallelo
4kT
2
I nL

RL
67
RUMORE ELETTRONICO
+VCC
RL
RL
OUT
2
2 E nQ
IN
Q2
Q1
2
I nQ
IN
2
I nQ
I0
-VEE
Figura 5.23
Il rumore dello stadio differenziale BJT con carico passivo si limita di fatto al contributo dei
soli transistori
Il contributo al generatore serie risulta essere semplicemente
4kT 1
1
1
 4kT
2
RL g mQ
g mQ g mQ RL
ed è del tutto trascurabile rispetto al contributo del transistore di ingresso, salvo casi del tutto
eccezionali (stadi di ingresso di sistemi micropower purché utilizzanti anch’essi per il carico una
frazione comunque piccola della tensione di alimentazione), essendo
VL VCC

 1
VT
VT
Allo stesso risultato si può giungere più immediatamente confrontando direttamente in uscita il
rumore di corrente del resistore di carico con il rumore shot della corrente di collettore del
transistore.
Il contributo al generatore parallelo è dato da
4kT 1
RL h 2fe
ed è quindi del tutto trascurabile rispetto a quello del transistore di ingresso
2h
h feVCC  2VT
h 2fe RL  FE
cioè
g mQ
Dunque il carico resistivo non dà di fatto alcun contributo al rumore che risulta quindi, sia per il
generatore serie che per quello parallelo, dovuto ai soli transistori di ingresso: è questo il caso
ottimale.
5.3.3 CARICO ATTIVO A SPECCHIO
Il caso più interessante è costituito dal carico attivo a specchio (figura 5.24) in quanto tale
carico, come è ben noto, risolve in maniera efficiente i problemi di polarizzazione dello stadio e
produce un’uscita elettricamente differenziale pur essendo questa singola (“single ended”) dal
punto di vista topologico.
68
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
+VCC
Q3
Q4
OUT
4 E 2nQ
IN
Q2
Q1
2
I nQ
IN
2
I nQ
I0
-VEE
Figura 5.24
Il rumore dello stadio differenziale BJT con carico attivo a specchio
Come si è visto precedentemente, nel caso dello specchio semplice ciascun elemento
contribuisce con
2
(IC=I0/2)
I nL
 2qI C
che si confronta direttamente, sui collettori, con un uguale contributo dovuto ai transistori di
ingresso.
Quindi il carico a specchio non degenerato (e in egual modo carichi costituiti da generatori di
corrente separati e non degenerati) produce, rispetto al caso del carico resistivo in cui pesavano solo
i transistori di ingresso, un raddoppio del rumore serie:
1
2
2
e quindi rumore serie totale 4 E nQ
Eni2  2EnQ
 4kT
g mQ
Il contributo al rumore parallelo dato da
2qI C
1
1
 2qI B
2
h fe
h fe
è chiaramente trascurabile rispetto a quello 2qI b del transistore di ingresso e quindi il rumore
parallelo è dovuto ai soli elementi attivi di ingresso.
5.3.4 STADIO DIFFERENZIALE CON INGRESSO A JFET
Consideriamo ora il caso della tecnologia BiFet in cui gli elementi attivi di ingresso sono
costituiti da transistori a effetto di campo a giunzione.
Carico resistivo
Il carico può essere resistivo RD nel qual caso non dà solitamente un contributo importante al
rumore dello stadio. Infatti un confronto, direttamente in uscita, tra il rumore di corrente del
resistore di carico
69
RUMORE ELETTRONICO
4kT
1
1
 4kTI D
RD
VDD
VDD frazione della tensione di alimentazione utilizzata dal
carico
e quello del transistore di ingresso
2
VGS-VP tensione di “drive”
4kT  gmF  4kTI D
VGS  VP
mostra che il primo contributo è trascurabile nel caso sia
VDD>>(VP-VGS)/2
Più spesso è semplicemente
VDD>(VP-VGS)/2
Si noti come la situazione sia sensibilmente diversa da quella che si presenta nel caso
dell’utilizzo di transistori bipolari. In tal caso la disuguaglianza da considerare è
VCC  VT
ed è praticamente sempre verificata
Carico a specchio bipolare
E’ più frequente l’uso di un carico attivo. In questo caso possono essere utilizzati transistori
bipolari, in genere in una struttura a specchio (figura 5.25), oppure JFET costituenti carichi
separati (ricordiamo che uno specchio di corrente non è realizzabile tramite dispositivi JFET, che
funzionano puramente in depletion mode). Consideriamo qui il caso del carico bipolare a specchio
(gli stessi risultati si ottengono nel caso, poco frequente, in cui vengono utilizzati carichi bipolari
separati)
I generatori parallelo si possono considerare in genere trascurabili, salvo il caso di impedenze di
sorgente molto elevate o funzionamento a frequenze prossime alla frequenza di taglio. In ogni caso,
per frequenze non troppo elevate
I n2  2qI G
Il peso invece del carico attivo sul rumore serie appare immediatamente importante, potendo
costituire addirittura il contributo dominante
Infatti un confronto in uscita tra il rumore di corrente del transistore bipolare di carico
g mQ
full shot noise della corrente di collettore
2qI C  4kT
2
e quello del transistore JFET di ingresso
rumore termico del canale
4kT  gmF
mostra che, data la maggior transconduttanza del transistore bipolare – tipicamente un fattore circa
10 a parità di corrente di lavoro – il rumore del carico risulta preponderante. Fa eccezione il caso di
JFET di ingresso ad altissima transconduttanza, che in alcuni casi possono essere resi disponibili
dalla tecnologia e vengono realizzati con tipico accoppiamento gate-canale interdigitato.
Il peso relativo del rumore equivalente in ingresso del carico rispetto a quello degli elementi
di ingresso è dato da
1 g mQ
2  g mF
e quindi sostanzialmente dal rapporto delle transconduttanze.
Il rumore serie totale risulta
4kT 
1 g mQ
1 g mQ
2
Eni2  2 
(1 
)  2 EnF
(1 
)
g mF
2  g mF
2  g mF
70
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
+VSS
I0
1
2 4kT  g
mF
1 
1 gmQ
2  gmF

IN
F1
IN
F2
2
I nF
2
I nF
OUT
Q3
Q4
-VDD
Figura 5.25
Il rumore dello stadio differenziale JFET con carico attivo a specchio BJT
Allo stesso risultato si può giungere osservando che, partendo dal caso in cui i transistori di
ingresso sono BJT e sostituendoli con JFET, il rumore del carico viene riportato in ingresso
attraverso una transconduttanza inferiore e risulta quindi rappresentato da un generatore equivalente
più grande, ovviamente con peso relativo determinato dal rapporto delle transconduttanze stesse.
Va infine ricordato che il rumore serie dei dispositivi JFET è già esso in generale superiore a
quello dei BJT.
Carico attivo a JFET
Nell’esempio riportato nella figura 5.26 come carichi attivi sono utilizzati transistori JFET
polarizzati sulla caratteristica di lavoro IDSS; imponendo un punto di lavoro al di sopra della regione
ohmica si ottiene una resistenza dinamica di carico pari alla resistenza di Early.
+VSS
I0
2
2 4kT  g
mF
IN
F1
IN
F2
2
I nF
2
I nF
OUT
F4
F3
-V DD
Figura 5.26
Il rumore dello stadio differenziale JFET con carico attivo costituito da JFET in
configurazione IDSS
71
RUMORE ELETTRONICO
Nell’ipotesi, solitamente verificata, che i transistori siano tutti uguali, dal punto di vista del
rumore lo stadio si comporta come l’analogo bipolare: il carico contribuisce rumore in misura pari
ai dispositivi di ingresso e quindi il rumore sostanzialmente raddoppia rispetto al caso di carico
resistivo. Si ha quindi in totale per il generatore serie
2
2
4 EnF
 2  4kT 
g mF
Tale rumore risulta, in genere, inferiore a quello che si ottiene con carico bipolare e cioè nel
rapporto
2
1 g mQ
1
2  g mF
La differenza peraltro può essere ricondotta a livelli accettabili.
5.3.5 STADIO DIFFERENZIALE in TECNOLOGIA CMOS
In tecnologia CMOS è ovviamente possibile realizzare specchi di corrente.
E’ particolarmente interessante considerare dal punto di vista del rumore la struttura della figura
5.27 sia in regione bianca, sia in regione 1/f. La tecnologia CMOS presenta maggiore flessibilità di
progetto anche per quanto riguarda il rumore in quanto la transconduttanza dei dispositivi non
dipende, come invece nei BJT, solamente dalla corrente di lavoro, ma anche dalle caratteristiche
geometriche, cioè dal rapporto di forma W/L. Ne discende che la transconduttanza dei dispositivi di
ingresso e di carico può essere controllata separatamente agendo sui rapporti di forma pur essendo i
dispositivi stessi percorsi dalla stessa corrente (in serie).
+VSS
I0
2 (
E 2ni
+
E 2nL
2
g mL
g 2mi
)
IN
M1
IN
M2
OUT
M3
M4
-V DD
Figura 5.27
Il rumore dello stadio differenziale CMOS con carico attivo a specchio
72
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
Il rumore serie (il solo di interesse) è chiaramente dato, per ciascun ramo, da
2
2
2 g mL
i dispositivi di ingresso
L dispositivi di carico
E ni  E nL 2
g mi
(il rumore totale è ovviamente il doppio)
Rumore bianco
In regione bianca l’espressione più generale precedente diviene
4kT 
2
mL
2
mi
1
1 g
 4kT 
g mi
g mL g


W 
L  


1  g mL 
1 
 L L

 4kT 
1


4
kT

1



W  
g mi 
g mi 
g mi 
i  

 L i 

e quindi il rapporto sotto radice può essere reso inferiore a 1 dimensionando i dispositivi di
ingresso con un rapporto di forma maggiore di quello dei dispositivi di carico; in tal modo il carico
può pesare in misura minore.
Rumore 1/f
Nella regione 1/f il rumore serie può essere rappresentato mediante l’espressione semi empirica (si
veda il paragrafo 4.2.3)
K 1
WL f
(in K* si è conglobata anche la capacità specifica dell’ossido Cox)
Si noti che tale rumore dipende inversamente dall’area di gate e cioè dal prodotto WL, mentre la
transconduttanza dipende dal rapporto di forma W/L.
Il rumore 1/f si può quindi scrivere, per ciascun ramo:
2
W
K i
K i   L K L  Li  
K L  L
L
L
  
1 


WL i WL L  i W L WL i   i K i  LL  
i
Il peso del rumore del carico rispetto a quello dei dispositivi di ingresso è controllabile
attraverso le sole lunghezze di canale e può essere ridotto dimensionando il carico con lunghezza di
canale maggiore di quella dei transistori di ingresso. Va peraltro ricordato che
 
 
 n >  p (circa 3 volte)
e
K n > K p (anche un ordine di grandezza)
La condizione LL > Li è ovviamente compatibile con la condizione (W/L)i > (W/L)L e
quindi lo stadio può essere controllato sia per quanto riguarda il rumore 1/f che per quanto riguarda
il rumore bianco.
La tecnologia CMOS è più “flessibile”, da molti punti di vista, delle tecnologie bipolari in
quanto i dispositivi possono essere controllati, per quanto riguarda diversi parametri, attraverso la
loro geometria. Ciò è quanto accade anche nel caso del rumore.
5.4 LO STADIO CASCODE
L’architettura cascode è particolarmente importante nelle strutture analogiche monolitiche ed è
quindi di notevole interesse conoscerne le caratteristiche anche dal punto di vista del rumore.
73
RUMORE ELETTRONICO
Trattiamo qui il caso della tecnologia bipolare, ma i risultati ottenuti si possono facilmente
estendere ad altre tecnologie, in particolare CMOS.
Va anche notato che, soprattutto in tecnologia bipolare, viene più spesso utilizzata l’architettura
folded cascode, che, per quanto riguarda il rumore, si comporta diversamente, per ragioni di
polarizzazione (se ne veda la trattazione nel paragrafo 5.6).
In effetti, per quanto riguarda il rumore, associato, tranne casi eccezionali, unicamente allo
stadio di ingresso, l’architettura di interesse è lo stadio differenziale cascode, ma le sue proprietà si
derivano immediatamente da quelle del cascode emettitore (source) comune e quindi è questa la
struttura che qui analizziamo. Infine va osservato che un’eventuale degenerazione di emettitore
(source) ha gli stessi effetti sul rumore che presenta nella configurazione emettitore comune
semplice.
E’ bene osservare che la struttura circuitale cascode può essere vista semplicemente come un
normale emettitore (source) comune la cui corrente di uscita viene trasferita al carico attraverso un
elemento base (gate) comune.
+VCC
L
OUT
Q2
V REF
E 2nQ 1
IN
Q1
2
I nQ
1
Figura 5.28
Il rumore dello stadio cascode
Consideriamo dunque il rumore associato alla corrente di uscita da tutta la struttura
(cascode) considerando, come solitamente avviene, uguali i due transistori: è la somma di quello
della corrente di collettore del transistore di ingresso emettitore comune (Q1 nella figura), che viene
trasferito in uscita dal transistore base comune (Q2), e di quello che aggiunge quest’ultimo.
Q2 può ovviamente essere visto, da questo punto di vista, come un generatore di corrente
completamente degenerato: infatti dall’emettitore “vede” la resistenza di Early di Q1 e quindi si può
considerare verificata la condizione
74
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
ro 
h fe
VA  h feVT
cioè
g mQ
(le disequazioni si dovrebbero scrivere con un semplice > nel caso di transistori superbeta, ma
comunque sarebbe presente una forte degenerazione)
Il rumore associato alla corrente di uscita dell’elemento base comune si riduce quindi al solo
rumore shot della corrente di base
2qIB
Il contributo di Q1 è dato invece, con sufficiente approssimazione, da
se l’ingresso è cortocircuitato (generatore equivalente serie)
2qI C
se l’ingresso è aperto (generatore equivalente parallelo)
2qI B h2fe
In ambedue i casi dunque il contributo di Q2 è del tutto trascurabile.
Ovviamente si considera il riferimento di tensione VREF privo di rumore; peraltro il rumore ad
esso associato si confronta con il rumore di corrente di collettore di Q1 attraverso la
transconduttanza dello stadio visto dalla base di Q2, transconduttanza molto piccola perché
determinata sostanzialmente dalla resistenza di Early di Q1.
Si suole quindi dire che il cascode è “noiseless”, col che si intende che il passaggio da struttura
di partenza a struttura cascode non comporta aggiunta di rumore.
Nel caso di transistori a effetto di campo si possono fare considerazioni analoghe (ha interesse
solo il generatore serie) e il risultato finale è il medesimo.
5.5 LO STADIO DI INGRESSO DELL’
AMPLIFICATORE OPERAZIONALE 741
A titolo di esempio di una configurazione un poco più complessa di quelle sinora esaminate,
possiamo considerare lo stadio di ingresso di un ben noto amplificatore operazionale, il 741 (figura
5.29).
La struttura, di cui non è mostrata nella figura la rete di polarizzazione (che, chiaramente non
può essere ottenuta tramite un semplice generatore di corrente di “coda”) eccezion fatta per il
transistore a pozzo di corrente Q8, è CC-CB, cioè common collector – common base,Q1-Q3, Q2Q4 con un carico a specchio (specchio a compensazione della corrente di base) leggermente
degenerato Q5, Q6, Q7, R.
Limitiamoci a valutare il rumore serie in regione bianca, ma non vi sono difficoltà nel
determinare il rumore parallelo e nell’estendere la trattazione al rumore a bassa frequenza.
I transistori Q1 e Q2, posti direttamente in ingresso, contribuiscono tutto il loro rumore serie.
Ciascuno:
1
1
En2  2qIC 2  4kT
gmQ
2 gmQ
(La corrente di lavoro è di circa 10 A e quindi il rumore dominante è, al solito, quello shot
della corrente di collettore; nel caso peraltro che le resistenze di spreading siano elevate il loro
contributo risulta non del tutto trascurabile).
Lo stesso rumore contribuiscono i transistori base comune Q3 e Q4, in quanto, essendo il
guadagno di tensione dei transistori di ingresso unitario (followers), tutto il loro rumore serie è
riportato direttamente in ingresso. Si ha quindi per ciascun transistore un altro contributo pari a
En2  2qIC
1
1
 4kT
2
gmQ
2 gmQ
75
RUMORE ELETTRONICO

+VCC
Q8
IN
IN
Q1
Q2
Q4
Q3
OUT
Q7
Q5
R
Q6
R1
R
-VCC
Figura 5.29
Lo stadio di ingresso del A 741
Lo specchio di corrente di carico può essere analizzato senza tener conto del contributo di Q7,
R1 in quanto il generatore serie di Q7 agisce praticamente a circuito aperto (vede i collettori di Q3 e
Q5) e i generatori parallelo di Q7 (2qIB7) e R1 (4kT/R1) sono di entità comunque trascurabile
rispetto al rumore di corrente di collettore dei transistori di ingresso, considerato anche il valore
relativo di R1 (50 k).
La corrente di rumore dovuta al carico è quindi (si ricordi lo specchio degenerato)
g mQ
2
2
dove g m 
I nL
  En2  ( I nR
 I n2 ) R2  gm2


1  g mQ R
La degenerazione dello specchio è del tutto insufficiente per produrre una apprezzabile
riduzione del suo rumore. Infatti nel 741 si ha
IC = 12 A
e quindi
1/gmQ = 2,08 k
R = 1 k
per cui
gmQR < 1
Il rumore è perciò in prima approssimazione quello di uno specchio semplice e cioè, per ciascun
ramo
76
RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI
2qIC
che deve essere riportato in ingresso attraverso la transconduttanza dello stadio che, essendovi
in ingresso due giunzioni in cascata, è la metà di quella di un semplice stadio differenziale, e cioè,
per ciascun ramo, di quella di un singolo transistore.
In conclusione per ciascun ramo il rumore serie riportato in ingresso è dato, con buona
approssimazione, da
1
1
4
2qIC 2  2qIC 2  2qIC 2
gmQ
gmQ
gmQ
e si vede che il maggior contributo è dovuto al carico a causa della ridotta transconduttanza
degli elementi di ingresso.
Il rumore serie totale, tenuto conto di ambedue i rami dello stadio differenziale, è quindi dato
approssimativamente da:
2
1
1
circa 200 nV
cioè circa
14 nV
24qI C 2  6  (4kT
)
Hz
Hz
g mQ
g mQ
corrispondente a una resistenza equivalente di rumore
6
circa 12,5 kΩ
Rn 
g mQ
In realtà i transistori impiegati nel 741 hanno resistenze di spreading non trascurabili (circa
500), per cui per una valutazione più accurata è necessario aggiungere il loro contributo.
Si ha un contributo diretto da parte delle coppie CC-CB di ingresso pari evidentemente a
4·4kTrbb’
e un contributo dovuto allo specchio di carico
4
2  4kTrbb' g m2 2  8  4kTrbb'
g mQ
In totale quindi
2
12(4kT rbb’)
pari a circa 96 nV
Hz
Si ottiene quindi un rumore serie complessivo approssimativamente pari a
17 nV
e una resistenza di rumore di circa 18 kΩ
Hz
Tenendo conto anche della pur lieve degenerazione dello specchio si ottiene infine un rumore
serie un poco inferiore, e cioè
15,7 nV
e una resistenza di rumore di circa 15,5 kΩ
Hz
E’ evidente che la struttura dello stadio di ingresso del 741 è caratterizzata da rumore
notevolmente più elevato di quello dello stadio differenziale più semplice: facendo riferimento a un
carico a specchio, circa 3 volte maggiore.
E’ opportuno comunque ricordare che, considerate le approssimazioni fatte e la dispersione dei
vari parametri in gioco, i risultati di analisi di questo tipo (e anche delle misure) sono da ritenersi
solo indicativi, ma non per questo privi di significato nel confronto tra diverse architetture.
5.6 STADIO DI INGRESSO FOLDED CASCODE
Si tratta di una configurazione spesso utilizzata sia in tecnologia bipolare standard, sia in
tecnologie bipolari o BiFet più avanzate, sia in tecnologia CMOS.
77
RUMORE ELETTRONICO
STADIO FOLDED CASCODE
+VCC
Q8
Q7
IN
IN
Q1
Q2
Q3
Q4
OUT
Q5
Q9
Q6
-VCC
Figura 5.30
Lo stadio folded cascode (non sono indicate le reti di polarizzazione di Q3-Q4, Q7-Q8 e Q9)
I transistori Q3 e Q4 sono gli elementi base comune che insieme agli elementi di ingresso
costituiscono il cascode (folded, cioè “ripiegato su sé stesso, in quanto i transistori base comune
sono pnp mentre quelli di ingresso sono npn). Sono quindi di per sé “noiseless”, cioè non
contribuiscono al rumore.
Il fatto però che il cascode sia folded richiede l’introduzione dei generatori di corrente ausiliari
Q7 e Q8 che contribuiscono tutto il loro rumore di corrente. Anzi, dato che devono portare la
somma delle correnti che fluiscono nelle due sezioni del cascode, il loro contributo al rumore risulta
essere quello più elevato.
Consideriamo anche qui la regione bianca.
Sia I la corrente che fornisce ciascun generatore Q7 e Q8, ICi e ICL le correnti rispettivamente nei
transistori di ingresso e nel carico.
Per valutare il peso relativo dei contributi di rumore della coppia di ingresso, del carico a
specchio e dei generatori ausiliari è particolarmente comodo confrontare i rispettivi contributi alla
corrente di rumore in uscita. E’ infatti evidente che tutte le correnti di rumore dovute agli elementi
circuitali di cui sopra fluiscono nel carico. Trattandosi, in genere con buona approssimazione, del
solo rumore shot associato alle correnti di collettore, si ha quindi, per ciascun ramo
2qI Ci  I CL  I   2q2I
essendo, ovviamente, I  I Ci  I CL
Detta γ la frazione della corrente I utilizzata dai transitori di ingresso, si può scrivere
2
2qI  I  1   I   2qI Ci
(0<γ<1)

In particolare per γ=0,5 (che rappresenta la condizione usuale) si ottiene, per ciascun ramo
2qIC·4
cioè quattro volte il rumore dovuto ai soli transistori di ingresso, due volte quello di un semplice
stadio differenziale con carico a specchio. La struttura è quindi anch’essa particolarmente rumorosa:
un fattore 2 rispetto allo stadio differenziale semplice con carico a specchio. Il rumore risulterebbe
ridotto con >0,5 ma è questa è in genere una condizione incompatibile con una corretta
polarizzazione dei transistori del ramo di uscita.
78
ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE
Cap. 6
ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE
6.1 AMPLIFICATORE PER STRUMENTAZIONE
6.1.1 ARCHITETTURA CIRCUITALE E SCELTA DEI COMPONENTI DI PRIMO
APPROCCIO
Si vuole progettare un amplificatore per strumentazione “a minimo rumore”, cioè ponendo
particolare attenzione a ridurre il più possibile il rumore equivalente in ingresso onde deteriorare il
meno possibile il rapporto segnale rumore della sorgente di segnale.
L’amplificatore è quindi un prodotto “dedicato” (non “general purpose”), cioè destinato a un
ristretto campo di applicazioni. Sono quindi consentite, al fine del raggiungimento dell’obbiettivo
proposto, soluzioni, in particolare circuitali e di polarizzazione, altrimenti opinabili. Ovviamente
devono essere rispettate le caratteristiche peculiari di un amplificatore per strumentazione, in
particolare elevata reiezione del modo comune ed elevata resistenza di ingresso.
Si è scelta la struttura rappresentata nella figura 6.1 in cui, a priori, per ragioni di
minimizzazione del suo contributo al rumore, è stato utilizzato per lo stadio di ingresso un carico
resistivo RD. Si sono scelti come elementi di ingresso dei transistori JFET che consentono di
ottenere una resistenza di ingresso molto elevata e sostanzialmente indipendente dalla corrente di
polarizzazione. La scelta risulta compatibile con buone caratteristiche dal punto di vista del rumore
qualora la tecnologia disponibile fornisca JFET con area di gate di grandi dimensioni (strutture
interdigitate)
e quindi elevata transconduttanza; JFET con questa struttura possono presentare, a pari corrente di
lavoro, transconduttanze anche superiori a quella del transistore bipolare, a costo, ovviamente, di un
peggioramento della risposta in frequenza (aumento della capacità gate-canale).
+VCC
RD
RD
OUT
A
IN +
S
F1
F1
IN -
R
R1
R1
Q2
Q2
R0
R2
R2
Q3
Q3
DZ
RE
RE
V
ref
-VCC
Fig. 6.1
Progetto di amplificatore per strumentazione a “minimo rumore”
79
RUMORE ELETTRONICO
La struttura amplificatrice indicata con A non è, nel sistema monolitico, un amplificatore
operazionale con tutte le caratteristiche di un amplificatore “stand alone”, ma è una struttura, qui
non indicata, differenziale in ingresso, con resistenza di ingresso >>RD, con resistenza di uscita
sufficientemente bassa e con guadagno in continua sufficientemente elevato, tale cioè da garantire
un guadagno d’anello >>1.
Si può facilmente mostrare che il guadagno in continua dell’amplificatore, in prima
approssimazione, risulta essere dato da
R  R2
R
dove   1
è l’inverso della partizione resistiva di
G0   0
R2
R
retroazione
Tale risultato si ottiene immediatamente se si considera
R>>1/gmF
R0>>1/gmQ
Q3 generatori di corrente pressoché ideali
(e, ovviamente, Gloop>>1)
e discende dalle seguenti considerazioni:
nelle ipotesi sopra riportate e purché A sia sufficientemente elevato da rendere il segnale errore tra i
drain di F1 trascurabile rispetto al segnale ivi presente ad anello aperto, la corrente in risposta al
segnale di ingresso v i ad anello chiuso risulta confinata nella maglia R-Q2-R0; quindi
vo 1
v
da cui l’espressione del guadagno sopra riportata
 i
 R0 R
In realtà si può facilmente dimostrare che tale espressione non richiede che sia verificata
l’ipotesi R>>1/gmF . Infatti il guadagno di andata risulta inversamente proporzionale a
2
R
g mF
e il guadagno d’anello proporzionale a

2 
R R

gmF 

Si noti che il principio di funzionamento della struttura scelta per realizzare l’amplificatore
“instrumentation” si basa proprio sopra quanto sopra enunciato. In altre parole, attraverso la
retroazione, vengono confrontate la corrente prodotta dal segnale di ingresso attraverso il
convertitore attivo tensione-corrente F1-R e quella prodotta dalla retroazione attraverso il
convertitore attivo tensione-corrente Q2-R0. L’amplificatore si può quindi considerare retroazionato
di corrente e quindi rientrante nella categoria degli amplificatori “current feedback”, anzi “active
current feedback” in quanto i convertori tensione corrente utilizzati sono convertitori attivi.
L’amplificatore può essere quindi utilizzato “a banda costante” oppure “a prodotto
guadagno-banda costante”, a seconda che, per variare il guadagno, si utilizzi il resistore R (purché
sia rispettata la condizione R>>2/gmF) oppure il resistore R0. Infatti nel primo caso il guadagno
d’anello, nell’ipotesi fatta, con buona approssimazione, non viene a dipendere da R e quindi da R
non dipende la banda ad anello chiuso mentre ne dipende il guadagno. Sempre nel primo caso, ma
con 2/gmF>>R il guadagno d’anello viene a dipendere direttamente da R e quindi viene mantenuto
costante il prodotto guadagno-banda. Vi è transizione tra i risultati precedenti, cioè tra banda
costante e prodotto guadagno-banda costante se nessuna delle precedenti condizioni è osservata e
cioè se R e 2/gmF sono confrontabili. Se poi il guadagno viene controllato attraverso R0 il guadagno
d’anello dipende inversamente da tale resistenza mentre il guadagno ne dipende direttamente e
quindi anche in questo caso si mantiene costante il prodotto guadagno-banda. Quanto detto vale in
generale in prima approssimazione.
Analizziamo ora la struttura dal punto di vista del rumore (determinazione dei generatori
equivalenti in ingresso) considerando valide le approssimazioni sopra riportate e limitandoci alla
regione di rumore bianco; è immediata l’estensione alla regione di rumore 1/f. Si noti che i resistori
R e R0 a riposo non sono percorsi da corrente e quindi non contribuiscono rumore 1/f.
80
ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE
Come ovvio, avendo utilizzato dei dispositivi a effetto di campo in ingresso, l’unico
generatore equivalente di rumore in ingresso di peso non trascurabile è quello serie.
6.1.2 DETERMINAZIONE DEL GENERATORE EQUIVALENTE SERIE DI RUMORE
IN INGRESSO.
Contributo dei resistori.
Il resistore R produce rumore serie 4kTR che si ritrova tutto, equivalentemente, in ingresso
se il sistema costituito dalle coppie Q2 e Q3 può essere considerato equivalente a una coppia di
generatori di corrente “ideali” (approssimazione ben verificata).
Dunque il suo contributo è
4kTR
e si può quindi dire che, dal punto di vista del rumore, è come se si trovasse direttamente in
ingresso.
Il resistore R0 produce rumore di corrente 4kT/R0 che, sempre nelle ipotesi fatte e come più
sopra mostrato, può circolare solamente nella maglia R-Q2-R0 e quindi si converte su R in rumore
serie
R2
R
che si trasporta direttamente in ingresso
4kT
 4kTR
R0
R0
ed è trascurabile rispetto al contributo di R se R0>>R
Ciascuno dei resistori RD di carico può essere convenientemente modellizzato attraverso il
generatore equivalente di rumore parallelo 4kT/RD. Tale corrente fluisce tutta nei resistori stessi se,
come ragionevole in una prima approssimazione, si considera la resistenza interna di Early dei due
JFET di ingresso grande rispetto a RD (e, come già detto, grande rispetto a RD anche la resistenza di
ingresso di A). La tensione quadratica totale di rumore tra i due drain di F1 risulta essere 2•4kT RD
(i due contributi sono incorrelati) e uguale tensione viene prodotta da un generatore serie posto in
ingresso dato da
R2
R
trascurabile rispetto al contributo di R
se
4kT
 4kTR
2 RD
2 RD
2RD>>R
Si noti che, in questo caso, la valutazione del rumore è stata effettuata ad anello aperto, in virtù del
fatto che il rapporto segnale/rumore in ingresso non dipende dalla presenza o meno della
retroazione (ovviamente purché si tenga conto del rumore prodotto da tutti gli elementi del sistema,
compresi quelli della rete di retroazione): può, a volte, risultare più comodo e immediato procedere
in queste condizioni.
I resistori RE dei generatori di corrente Q3, ipotizzando RE>>1/gmQ3, producono ad anello
aperto una corrente di rumore entro ciascuno dei resistori RD pari a 4kT/RE. Ragionando come nel
caso precedente si trova che la stessa corrente è prodotta da un generatore serie in ingresso
R2
R
4kT
 4kTR
trascurabile rispetto al contributo di R
se
2 RE
2 RE
2RE>>R
Dunque, come evidente a priori, nelle ipotesi fatte, i resistori RE si comportano come i resistori RD.
Il contributo dei partitori R1-R2 può essere facilmente valutato notando che il trasferimento
tra il nodo S (possibile ingresso ausiliario di “sense”) e l’uscita di tutto l’amplificatore è unitario.
Infatti, sempre nelle ipotesi più addietro riportate, un segnale vs applicato a S (ovviamente in
assenza di segnale applicato tra gli ingressi di F1) non può far scorrere corrente in R0 in quanto
81
RUMORE ELETTRONICO
questa scorrerebbe necessariamente in R e non sarebbe compatibile con vi=0; quindi vo deve essere
tale da mantenere nulla questa corrente e perciò, data la simmetria della struttura, uguale a vs.
Considerando una delle reti R1-R2, ad esempio quella corrispondente al nodo S, trasformando
Norton-Thevenin su R1 il rumore parallelo associato a R2 e aggiungendolo al rumore serie di R1 si
ottiene un unico generatore di rumore serie posto sull’ingresso S
 R 
4kT 2
R1  4kTR1  4kTR1 1  1   4kTR1
R2
 R2 
Tale rumore si ritrova quindi inalterato in uscita e può essere riportato in ingresso attraverso il
guadagno dell’amplificatore
RR1 R2
4kTR1
RR1
R2

4
kTR


4
kTR

4
kTR
1
G02
 2 R02
R02
R02
Da cui si vede che, perché il contributo al rumore dei partitori R1-R2 sia di modesta entità, il
parallelo R1 R2 deve risultare di valore sufficientemente piccolo, a differenza di quanto accade per
gli altri resistori (R0, RD, RE); in altre parole conta il loro rumore serie.
Il rumore serie totale dovuto ai componenti passivi è quindi esprimibile come

R
R
R
R R1 R2 
4kTR 1  

2

R0 Ro 
 R0 2RD 2RE
Quindi per minimizzare il contributo al rumore i resistori R0, RD, RE, R1, R2 devono, se
possibile, essere scelti in modo da rendere piccoli rispetto a 1 i termini da essi dipendenti contenuti
nella parentesi. Ciò è possibile purché il guadagno venga variato tramite R0, sia sempre
sufficientemente grande rispetto a 1 e R sia sufficientemente piccolo. Quest’ultima condizione,
d’altro canto, è comunque la condizione perché gli elementi passivi pesino poco: il resistore R
contribuisce al rumore come se fosse posto direttamente in ingresso e si confronta quindi con il
generatore serie del transistore, cioè con 1/gmF.
Contributo dei transistori.
I transistori a effetto di campo a giunzione F1 ovviamente contribuiscono tutto il loro
rumore serie in ingresso, cioè ciascuno
1
4kT 
g mF
Come già detto, devono quindi essere disponibili transistori a effetto di campo a giunzione
ad elevata transconduttanza che per offrire un buon comportamento dal punto di vista del rumore,
devono essere comunque fatti funzionare a correnti relativamente elevate (parecchie centinaia di
A). A questo proposito è bene ricordare che la transconduttanza dipende dalla corrente di lavoro
linearmente per il transistore bipolare e secondo la radice per il transistore a effetto di campo.
Quindi a basse correnti gmF>gmQ e il transistore JFET risulterebbe superiore (a parte il fattore
correttivo ) al BJT (a parte il fattore correttivo ½) dal punto di vista del rumore serie. D’altro canto
ciò si verifica solo per correnti molto basse: ad esempio per un JFET con IDSS = 5 mA (cioè
elevatissima in un sistema monolitico e che comporterebbe dimensioni estremamente grandi - W/L
dell’ordine delle centinaia - rispetto a un dispositivo tipico) solo per correnti inferiori a circa 15 A.
Quindi il JFET, dal punto di vista del rumore serie è di fatto sempre inferiore al transistore bipolare.
E’ però di gran lunga superiore dal punto di vista della resistenza di ingresso, delle correnti di bias,
del rumore parallelo.
2
I transistori bipolari Q2 sono caratterizzati dal loro rumore serie EnQ
2 e dal loro rumore
2
parallelo I nQ
2 .
Per quanto riguarda il rumore serie si può procedere ad esempio,nel modo seguente ricordando
ancora il comportamento dell’ingresso di sense S.
82
ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE
2
Trasformando Norton EnQ
2 sul parallelo R1 R2 e poi Thevenin su R1 si ottiene un generatore serie
sull’ingresso S
1
2
2
2
EnQ
R 2  EnQ
2
2
2 1
( R1 R2 )
Che si riporta uguale in uscita e quindi in ingresso all’amplificatore attraverso il guadagno dello
stesso, generando, per ciascun transistore il contributo
R2
2
EnQ
2
R02
Risultato al quale si poteva pervenire direttamente notando che, nelle ipotesi fatte, il generatore
serie di Q2 produce in R0, attraverso il convertitore attivo tensione-corrente, la corrente
ad anello chiuso, può fluire solo nella maglia R0-Q2-R e quindi produce su R la caduta
2
EnQ
2
R02
2
EnQ
2
R02
che,
R 2 , la
quale, sempre nelle ipotesi fatte, corrisponde a un’uguale rumore serie in ingresso.
2
Per quanto riguarda il rumore parallelo al generatore I nQ
2 si può applicare (linearmente) il
teorema di shift ottenendo così un generatore in parallelo a R2 e un generatore posto tra il
riferimento di tensione e l’emettitore del transistore.
Il primo può essere trasformato Thevenin su R1 per ottenere un generatore serie sull’ingresso
di sense S che si può trattare come già visto precedentemente ottenendo il contributo lineare
R
2
I nQ
2 R1 R2
R0
(in alternativa si può trasformare Thevenin il generatore sul parallelo di R1 e R2 ottenendo un
generatore in serie alla base del transistore Q2 che viene convertito in corrente da R0 e riconvertito
in tensione da R; ovviamente si ottiene lo stesso risultato)
Il secondo, in prima approssimazione, infila tutta la sua corrente in Q2 e quindi, come si è
visto più sopra, è come se la infilasse in R/2 (stiamo di fatto considerando “metà” della struttura),
dato che, ad anello chiuso, non può (in prima approssimazione) scorrere corrente di segnale in RD.
Il suo contributo lineare è dunque
1 2
I nQ 2 R
2
I due contributi risultano avere lo stesso segno e quindi il contributo complessivo al generatore serie
in ingresso, per ciascun transistore, è dato da
I
2
nQ 2
 R R 1
R  1 2 
2
 R0
2
2
Il rumore serie dei transistori bipolari Q3 produce, attraverso la transconduttanza
determinata essenzialmente da RE, una corrente che, come sopra ricordato, è come se scorresse in R
e dunque il contributo al generatore serie in ingresso risulta essere, per ciascun transistore
1 2 R2
EnQ 3 2
4
RE
(il fattore ¼ deriva al solito dal fatto che si considera “metà” della struttura)
Il rumore parallelo dei transistori bipolari Q3, essendo la loro base a potenziale fisso,
risulta applicato all’emettitore, fluisce tutto in Q3 e Q2 e quindi, equivalentemente in R. Perciò, per
ciascun transistore
83
RUMORE ELETTRONICO
1 2 2
I nQ 3 R
4
(il fattore ¼ deriva al solito dal fatto che si considera “metà” della struttura)
Complessivamente quindi i transistori danno al generatore serie in ingresso il contributo
2

R2 1 2 R2
1 1 2 2
2
2
2
2  R1 R2
2  EnF  EnQ 2 2  EnQ 3 2  I nQ 2 R 
   I nQ 3 R 
R0 4
RE
2 4


 R0
che, essendo i transistori percorsi dalla stessa corrente e scrivendo il rumore in “forma termica”
(stiamo considerando il rumore in regione bianca), si può esprimere come
2

g mQ 2  R1 R2 1  1  
1
1  R2 1 R2 


2 4kT 
 4kT
 4kT
R 
   
 2
2 
g mF
2 g mQ  R0 4 RE 
2hFE
2  4 
 R0



Quindi, ancora una volta, per minimizzare il contributo al rumore dei transistori, i resistori R0, RE,
R1, R2 devono, se possibile, essere scelti in modo da rendere piccoli, rispetto al primo, i termini da
essi dipendenti. Ciò è possibile purché il guadagno venga variato tramite R0 e sia sempre
sufficientemente grande rispetto a 1.
Contributo dell’amplificatore A.
La struttura amplificatrice indicata con A è ovviamente dotata di uno stadio di ingresso
differenziale che quindi risulta caratterizzabile dal punto di vista del rumore tramite un generatore
serie e due generatori parallelo uguali. Essendo peraltro definiti i carichi in ingresso RD (si
considera la resistenza interna di Early dei due JFET di ingresso grande rispetto a RD) tali generatori
possono essere ricondotti, sempre se sono rispettate le ipotesi più volte ricordate, a un unico
generatore serie
2
2
EnA
 2 I nA
RD2
che appare di fatto tra i drain di F1 ed è perciò rappresentato equivalentemente in ingresso dal
rumore serie
R2
1 2 R2 1 2 2
2
2
EnA
 2 I nA
RD2

EnA 2  I nA R
4 RD2 4
RD 2
Anche tali contributi possono essere resi di peso trascurabile.


6.1.3 CONCLUSIONI
La struttura considerata può essere progettata, con una opportuna scelta dei componenti e
delle condizioni di polarizzazione, in modo che il rumore (serie) riferito all’ingresso risulti dovuto
sostanzialmente soltanto alla coppia di JFET F1 e al resistore R. Le condizioni da rispettare sono
sostanzialmente:
1) transistori di ingresso F1 a transconduttanza intrinsecamente elevata (elevata IDSS) ed elevata
corrente di lavoro; ad esempio
IDSS=5mA, ID=800 A, VP=0,9V gmF=4,4 mA/V, 1/ gmF=227 
nV 2
2
  EnF 1,88

Hz
nV 2
quindi per la coppia di transistori

3, 76
Hz
2) resistenza R di conversione tensione corrente tale da non contribuire rumore in misura
preponderante rispetto alla coppia F1; deve peraltro essere commisurata alla dinamica di
ingresso e alla corrente di lavoro e comunque al più comparabile con 2/ gmF per non
84
ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE
rendere la conversione troppo dipendente dai parametri attivi dei transistori; ad esempio
R=250  quindi
nV 2
2
EnR
 4,14
Hz
Si noti che tale scelta di R non consente di rispettare una delle ipotesi (R>>2/ gmF)
utilizzate per la valutazione del rumore serie, ma tale rumore è stato determinato soltanto
in prima approssimazione per consentire poi adeguate scelte progettuali ; i risultati
precedentemente ottenuti si correggono facilmente sostituendo a R la resistenza totale di
conversione R+2/ gmF
3) resistenza R0 sufficientemente grande rispetto a R; il rapporto R0/R, a parte il fattore ,
determina il guadagno della struttura (almeno in prima, e di fatto buona, approssimazione)
e risultando , per ragioni di polarizzazione in continua, tipicamente attorno a 3, per
guadagni dell’ordine di qualche decina la condizione posta è abbastanza bene verificata;
l’amplificatore considerato deve essere pensato, come già detto, come una struttura
“dedicata”, da impiegare laddove siano sopratutto importanti determinate caratteristiche: in
particolare buona differenzialità, elevata resistenza di ingresso, basso rumore, alta linearità,
ecc.; è quindi destinato tipicamente all’uso come “front end” analogico per il prelievo del
segnale da trasduttori, cioè come “preamplificatore” con guadagno relativamente modesto
e spesso fisso, tale soltanto da rendere trascurabile il contributo al rumore da parte dei
blocchi di guadagno ed elaborazione successivi; il guadagno complessivo necessario viene
prodotto da un amplificatore principale a valle che ne consente anche la regolazione.
Possiamo quindi progettare per un guadagno, ad esempio, di circa 50 e quindi,
assumendo =3 (si veda anche più avanti), R0=4 k, per cui, come è immediato verificare,
il contributo di R0 al rumore risulta del tutto trascurabile rispetto ai precedenti
4) resistenze RD e RE sufficientemente grandi rispetto a R, condizioni queste facili da ottenere;
utilizzando una tensione di Zener di circa 5,6 V (breakdown della giunzione E-B di un
BJT) le resistenze RE risultano di 6k e quindi contribuiscono al rumore in misura del
tutto trascurabile; quanto a RD possono essere scelte in modo da garantire come dinamica
del modo comune positiva in ingresso circa la metà della tensione di alimentazione e
quindi, ipotizzando questa fissata e pari a 15 V, si ottiene RD= 9 kanch’esse dunque
contribuiscono al rumore in misura del tutto trascurabile
5) resistenze R1 e R2 sufficientemente piccole; scegliendo, in base a considerazioni di dinamica
del segnale in uscita e di dinamica negativa del modo comune in ingresso (che qui non
riportiamo) =3 e tenendo conto del fatto che il partitore R1-R2 non deve richiedere
eccessiva corrente di polarizzazione allo stadio di uscita dell’amplificatore, per non ridurre
la potenza disponibile per il segnale erogato, un compromesso ragionevole può essere
quello di porre R1 e R2=7,5 k per cui R1//R2 =5 k e quindi anche in questo caso
si produce un contributo al rumore trascurabile
Come è facile verificare, con le scelte progettuali operate, il rumore associato ai transistori Q2 e
Q3 risulta trascurabile. Lo stesso si verifica per quanto riguarda l’amplificatore A.
In definitiva l’amplificatore instrumentation può essere dimensionato come riportato nella figura
6.2
85
RUMORE ELETTRONICO
+15V
9
RD
RD
9
OUT
0,8 mA
IN +
0,8 mA
F1
F1
A
IN -
R
0,25
R1 15
R1 15
Q2
S
Q2
R0
R2
7,5
R2
7,5
4
Q3
Q3
RE
6
RE
6
V
ref -9,4V
DZ 5,6V
Tutte le
resistenze
in k 
-15V
Fig. 6.2
Progetto di amplificatore per strumentazione a “minimo rumore”: dimensionamento
e risulta caratterizzato da rumore serie dovuto solamente ai transistori di ingresso e al resistore R,
circa pari a
nV 2
Eni2 8
Hz
cioè
nV
3
Hz
L’esempio considerato rappresenta un primo approccio al progetto definitivo. Per quanto
riguarda il rumore, ulteriori (ma modesti) miglioramenti possono essere ottenuti modificando alcuni
parametri, ma, soprattutto andrebbe valutato il comportamento a bassa frequenza (rumore 1/f).
In ogni caso l’ottimizzazione dal punto di vista del rumore va confrontata con la necessità di
rispettare altre specifiche come ad esempio CMR, offset di tensione, risposta in frequenza, linearità,
ecc.
86
BIBLIOGRAFIA
BIBLIOGRAFIA
D.A. BELL
Electrical Noise
D. Van Nostrand Company, 1960
Testo classico, un poco datato. La trattazione del rumore shot fa riferimento ai tubi elettronici; i dispositivi allo stato
solido non vengono considerati.
D.A. BELL
Noise in the Solid State
Pentech Press, 1985
Ottima trattazione del rumore che complementa la precedente considerando specificamente i dispositivi allo stato
solido. Vengono trattati anche materiali e dispositivi “speciali” (materiali ferromagnetici, dispositivi a portatori
caldi, dispositivi criogenici, rivelatori di radiazione, CCD e SCN, ecc.).
J.S. BENDAT
Principles and Applications of Random Noise Theory
John Wiley & Sons, 1958
Ottima, classica trattazione dei metodi statistici ditrattamento del segnale
M.J. BUCKINGHAM
Noise in Electronic Devices and Systems
Ellis Horwood Ltd- John Wiley & Sons, 1976
Ormai classico testo sul rumore elettronico. Propone una descrizione fisica e matematica del rumore di iniezione
(“shot”) associato ad una giunzione p-n che appare più soddisfacente delle precedenti (Van der Ziel). Tratta anche
dispositivi “speciali” quali dispositivi a portatori caldi, diodi tunnel, amplificatori parametrici, dispositivi
Josephson (squid), rivelatori della radiazione gravitazionale.
W.B. DAVENPORT, W.L. ROOT
An Introduction to the Theory of Random Signals
Mc-Graw Hill, 1958
Ottimo testo di statistica e, in generale, di descrizione matematica dei segnali casuali.
B.M. OLIVER
Thermal and Quantum Noise
Proc. IEEE, vol.53, 5, 1965A p436
Ottimo articolo di rassegna con approccio fisico. La trattazione del rumore termico è termodinamica. Purtroppo
incorre in un errore di interpretazione fisica del rumore associato al transito dei portatori attraverso una
giunzione p-n.
H.W. OTT
Noise Reduction Techniques in Electronic Systems
John Wiley & Sons, 1976
L’unico testo, a mia conoscenza, che si occupa specificamente di tecniche di protezione dai ed eliminazione o
attenuazione dei disturbi
87