MICROELETTRONICA Prof. Mario Bertolaccini APPUNTI sul RUMORE ELETTRONICO A.A. 2004/05 2 RUMORE ELETTRONICO INDICE Cap.1 DESCRIZIONE DEL RUMORE 1.1 COMPOSIZIONE DEL SEGNALE 1.2 ELEMENTI DI DESCRIZIONE MATEMATICA DEL RUMORE 1.2.1 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DEL TEMPO 1.2.2 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA Cap. 2 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI 2.1 RISPOSTA AL RUMORE DI UNA RETE LINEARE 2.2 GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE 2.2.1 BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI) 2.2.2 DOPPI BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI DI INGRESSO E DUE DI USCITA) 2.3 RESISTENZA E CONDUTTANZA EQUIVALENTI DI RUMORE 2.4 NOISE FIGURE (CIFRA DI RUMORE) Cap. 3 SORGENTI FISICHE DI RUMORE 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 Cap.4 RUMORE TERMICO (Rumore Johnson o anche Rumore Nyquist) RUMORE GRANULARE (Rumore shot o anche Rumore Shottky) RUMORE 1/f (Rumore flicker, Rumore “rosa”) RUMORE DI GENERAZIONE-RICOMBINAZIONE RUMORE POP-CORN (Rumore telegrafico, Burst Noise) RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI 4.1 COMPONENTI PASSIVI 4.1.1 COMPONENTI CONSERVATIVI 4.1.2 RESISTORI 4.2 COMPONENTI ATTIVI 4.2.1 IL DIODO A SEMICONDUTTORE (GIUNZIONE) 4.2.2 IL TRANSISTORE BIPOLARE 4.2.3 IL TRANSISTORE A EFFETTO DI CAMPO Cap.5 VALUTAZIONE DEL RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI PIU’ FREQUENTEMENTE UTILIZZATE 5.1 RUMORE DI UNO STADIO A SINGOLO TRANSISTORE 5.1.1 USCITA DI COLLETTORE 5.1.2 USCITA DI EMETTITORE (FOLLOWER) 5.1.3 BASE COMUNE 5.2 RUMORE NEI GENERATORI DI CORRENTE 5.2.1 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE 5.2.2 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE DEGENERATO 5.2.3 SPECCHIO SEMPLICE DI CORRENTE. 5.2.4 SPECCHIO DI CORRENTE DEGENERATO. 5.2.5 COLLEGAMENTO DI PIÙ SPECCHI. 5.2.6 GENERATORI DI CORRENTE UTILIZZANTI FET. 5.2.7 CONFRONTO TRA GENERATORE PASSIVO E GENERATORE ATTIVO. 5.3 RUMORE NELLO STADIO DIFFERENZIALE 5.3.1 DEFINIZIONE DEI GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE IN INGRESSO 5.3.2 CARICO PASSIVO 5.3.3 CARICO ATTIVO A SPECCHIO 5.3.4 STADIO DIFFERENZIALE CON INGRESSO A JFET 5.3.5 STADIO DIFFERENZIALE IN TECNOLOGIA CMOS 5.4 LO STADIO CASCODE 5.5 LO STADIO DI INGRESSO DEL A 741 5.6 STADIO DI INGRESSO FOLDED CASCODE I RUMORE ELETTRONICO Cap. 6 ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE 6.1 AMPLIFICATORE PER STRUMENTAZIONE 6.1.1 ARCHITETTURA CIRCUITALE E SCELTA DEI COMPONENTI 6.1.2 DETERMINAZIONE DEL GENERATORE EQUIVALENTE SERIE DI RUMORE IN INGRESSO. 6.1.3 CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA II DESCRIZIONE DEL RUMORE Cap.1 DESCRIZIONE DEL RUMORE 1.1 COMPOSIZIONE DEL SEGNALE Componente che trasporta l’informazione di interesse (da acquisire, elaborare, presentare, utilizzare...) + Componente che non contiene informazione di interesse (indesiderata, spuria) cioè SEGNALE (UTILE) (componente che trasporta l’informazione utile) + DISTURBO (componente indesiderata) (del tutto distinguibili e separabili solamente in una rappresentazione formale, ma non nella realtà) SEGNALE UTILE Nella maggioranza dei casi di interesse, di natura deterministica e quindi con andamento nel dominio del tempo (ampiezza) determinato istante per istante con probabilità pari a 1 (almeno in linea di principio) e descrivibile nel dominio del tempo e della frequenza tramite algoritmi deterministici (funzione descrittiva della “forma d’onda”, trasformate di Fourier, di Laplace, ...) DISTURBO E’ utile distinguere tra: - disturbi di natura deterministica (almeno per quanto riguarda il processo che li origina) - disturbi di natura statistica Nella prassi, solitamente, ai primi si riserva più propriamente il nome di DISTURBI, ai secondi quello di RUMORE I disturbi, in quanto predicibili deterministicamente (almeno in linea di principio1.1), possono essere “eliminati”, cioè o evitati e/o cancellati, e/o corretti. Di fatto ciò è possibile solamente in linea di principio, mentre nella pratica difficilmente avviene che la loro eliminazione risulti completa. Il rumore è fondamentalmente inevitabile (non eliminabile), perché insito nella natura fisica dei sistemi utilizzati. Esso è predicibile solo statisticamente, e può essere soltanto ridotto o “minimizzato” rispetto al segnale utile. Ciò che nella rivelazione, elaborazione, trasmissione del segnale di fatto interessa è una misura del peso relativo del segnale stesso nei riguardi del rumore, peso che viene misurato dal rapporto Segnale/Rumore, S/N (Signal/Noise ratio). Ad esempio nel caso che l’informazione utile sia associata all’ampiezza di picco di un segnale impulsivo, S/N può essere espresso linearmente come il rapporto tra tale ampiezza e il valore efficace del rumore oppure quadraticamente tra il quadrato di tale ampiezza (“potenza” del segnale) 1.1 Spesso, per effetto della loro complessità e della molteplicità di sorgenti più o meno scorrelate, di fatto (ma non in linea di principio) ne può essere considerata una rappresentazione solamente in termini statistici. 1 RUMORE ELETTRONICO e la varianza del rumore (valore quadratico medio della fluttuazione, “potenza” del rumore); nel caso in cui l’informazione sia trasportata dal valore efficace (r.m.s.) di un segnale, ad esempio sinusoidale, S/N è dato linearmente dal rapporto tra tale valore efficace e il valore efficace del rumore oppure quadraticamente tra il valore quadratico medio del segnale e la varianza del processo stocastico di rumore; nel caso in cui l’informazione sia trasportata dalla fase di un segnale, ad esempio l’istante di attraversamento di zero, S/N è dato linearmente dal rapporto tra la misura di tale istante e il valore efficace del rumore associato a tale istante (rumore di fase); ecc. Il miglioramento (al limite l’ottimizzazione) di S/N si ottiene per due vie: a) minimizzazione del rumore introdotto nel sistema attraverso: - opportuna scelta dei componenti che lo costituiscono e delle loro condizioni di lavoro - opportuna scelta delle architetture circuitali (il tutto compatibilmente con la tecnologia utilizzata per la realizzazione fisica del sistema) b) utilizzo di opportune tecniche di elaborazione del segnale complessivo (segnale + rumore) che consentono il miglioramento e, al limite, l’ottimizzazione di S/N (filtraggio, filtraggio “ottimo”). Tali tecniche non sono oggetto della presente trattazione. ESEMPI Disturbi di rete (“alternata di rete”) cioè da linee locali di distribuzione dell’energia elettrica (ad es. 220 V, 50 Hz); alle basse frequenze in gioco (50 Hz in Europa, 60 Hz negli USA) l’accoppiamento con i sistemi elettronici di elaborazione dell’informazione avviene per via magnetica (flusso concatenato) o per conduzione (disturbo di rete presente direttamente sulle alimentazioni dei circuiti) da linee di trasporto dell’energia elettrica ad alta tensione elettromagnetici da telecomunicazioni (radio-televisive, telefoniche, ...) da mezzi di trasporto e trazione (motori a scoppio, elettromotrici, ...) da utensili e apparecchi vari (motori a spazzole, saldatrici, ...) eventi naturali (tempeste elettromagnetiche, fenomeni meteorici, scariche atmosferiche...) vibrazioni meccaniche (attraverso accoppiamenti capacitivi, piezoelettricità,...) I disturbi si possono classificare in base alla loro provenienza e natura: “man made” interni direttamente tra diversi elementi di una stessa apparecchiatura elettronica o tra diverse apparecchiature di uno stesso sistema (interferenza locale o interna) esterni da altri sistemi “naturali” dovuti a eventi del mondo fisico non direttamente controllabili dall’uomo 2 DESCRIZIONE DEL RUMORE Figura 1.1 Esempio di rappresentazione nel dominio del tempo di un segnale (sinusoidale) con sovrapposto un disturbo e rumore (crescente nella sequenza delle rappresentazioni). Nell’ultimo caso il segnale non è di fatto più distinguibile: S/N è insufficiente (<1). E’ possibile combattere i disturbi, almeno in qualche misura, adottando precauzioni e tecniche diverse, tra cui schermaggi magnetici e/o elettrici, alimentazioni in continua (batterie), filtraggi, ecc. Ad alte frequenze il problema dell’interazione reciproca, a livello di disturbi, tra varie apparecchiature e sistemi è quello detto della “compatibilità elettromagnetica”. 3 RUMORE ELETTRONICO Rumore termico (denominato anche Johnson o Nyquist) associato ai processi dissipativi (resistori, regioni resistive dei componenti elettronici); di natura termodinamica (termodinamica quantistica) shot associato al superamento di una barriera di energia potenziale da parte di particelle; (emissione termoelettronica, emissione fotoelettronica, collezione di portatori attraverso la giunzione base-collettore di un transistore bipolare, ecc.) governato dalla statistica di Poisson flicker di natura ancora non del tutto chiarita; di fatto prevalentemente associato a imperfezioni strutturali (reticolari), chimicofisiche (“trappole“) di particolari regioni dei dispositivi elettronici fortemente “process dependent“ di generazione-ricombinazione associato ai processi di generazione-ricombinazione di portatori nei dispositivi bipolari burst derivante da processi collettivi di intrappolamento-rilascio di portatori di carica 1.2 ELEMENTI DI DESCRIZIONE MATEMATICA DEL RUMORE 1.2.1 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DEL TEMPO Generalmente, nel dominio del tempo, il rumore viene descritto in termini di distribuzione statistica dell’ampiezza istantanea (anche in relazione al fatto che spesso l’informazione di interesse Figura 1.2 Forma d’onda del rumore nel dominio del tempo è trasportata dall’ampiezza, in generale di picco, del segnale utile). Se la descrizione statistica è completa, altri parametri, quali frequenza degli attraversamenti di zero, pendenza istantanea, potenza, distribuzione dei massimi, ecc. possono esserne desunti. 4 DESCRIZIONE DEL RUMORE Distribuzioni di probabilità La distribuzione dell’ampiezza x si descrive: nel caso di distribuzione discreta attraverso la probabilità p(x) p ( x) 1 nel caso di distribuzione continua attraverso la densità di probabilità P(x) P( x)dx 1 Nel seguito ci si riferisce a distribuzioni continue e si utilizzeranno simboli maiuscoli per le grandezze specifiche (densità) e minuscoli per le grandezze integrali. MOMENTI DELLE DISTRIBUZIONI La descrizione tramite i momenti è particolarmente efficace in molti casi reali, in quanto solamente alcuni pochi momenti, solitamente uno solo, sono sufficienti per rappresentare compiutamente la distribuzione. Momento di ordine n: In particolare Momento primo: Momento secondo: M n xn P( x)dx x n M 1 xP( x)dx x valor medio M 2 x2 P( x)dx x2 valore quadratico medio Di maggiore utilità sono generalmente i momenti centrali, cioè riferiti al momento primo o valor medio Momento centrale di ordine n: M cn ( x x)n P( x)dx ( x x)n Momento centrale primo: M c1 0 Momento centrale secondo: M c 2 ( x x)2 P( x)dx ( x x)2 x2 valor medio nullo per definizione varianza Relazione tra varianza, valore quadratico medio e valor medio: 2 x2 x 2 x Nel caso di distribuzioni simmetriche i momenti di ordine dispari sono nulli. Nel caso del rumore il valor medio può essere sempre ritenuto di fatto nullo x0 in quanto può essere considerato un parametro “deterministico”. Infatti, qualora noto (per calcolo o misura), può venire sottratto al segnale complessivo (segnale + rumore). In altre parole il valor medio “non fa parte del rumore”. I momenti centrali coincidono perciò con i momenti semplici e quindi, in particolare x2 x 2 Nella maggior parte dei casi reali (sistemi e componenti macroscopici) il rumore deriva dalla sovrapposizione di un numero elevatissimo di processi elementari (a statistica Poissoniana), con buona approssimazione mutuamente scorrelati (indipendenti). La distribuzione che ne risulta è quella del “limite centrale” e cioè la distribuzione Gaussiana: P( x) 1 2 x ed essendo nullo il valor medio 5 e ( x x )2 2 x2 RUMORE ELETTRONICO P( x) 1 x2 2 x2 e 2 x La distribuzione di Gauss è quindi definita dal solo momento secondo o valore quadratico medio e perciò il rumore, quando è applicabile il teorema del limite centrale, è descrivibile attraverso il solo valore efficace, cioè attraverso la potenza e quindi quadraticamente. Anche nel caso della distribuzione di Poisson è sufficiente un solo momento per la descrizione del processo: il momento primo. La distribuzione di Poisson descrive singoli processi “elementari” (in genere a livello microscopico). Come è noto, la distribuzione di Poisson è data da n n e p ( n) n n = numero di “successi” n! Tale distribuzione costituisce il caso limite della distribuzione binomiale (quando il numero di prove tende all’infinito) ed è una distribuzione discreta: è questa sua discendenza dalla elementare distribuzione binomiale il motivo fondamentale per cui essa descrive la maggior parte dei meccanismi fisici a livello microscopico. Le tecniche di rappresentazione del rumore sopra delineate, quelle che seguono, e le relazioni fondamentali tra grandezze e algoritmi descrittivi che ne derivano, sono applicabili in generale, salvo la definizione del campo di valori della variabile (tempo) da utilizzare (limiti di integrazione), ma si farà nel seguito sempre riferimento a processi stazionari. 1.2.2 DESCRIZIONE NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA Dovendo il rumore essere descritto in termini quadratici nel dominio del tempo, lo stesso approccio deve essere considerato nel dominio della frequenza. Alla grandezza integrale valore quadratico medio x 2 (t ) calcolato entro un determinato intervallo di frequenze, si associa una corrispondente potenza spettrale attraverso la grandezza specifica “densità spettrale di potenza” S(f) 1.2 Teorema di Parseval x2 (t )f S ( f )df f e per il valore efficace di tutto il segnale (potenza totale) x 2 (t ) S ( f )df 0 La densità spettrale di potenza infatti discende dalla rappresentazione nel dominio del tempo attraverso la trasformazione di Fourier ampiamente utilizzata nel caso di grandezze lineari e qui applicata a una grandezza quadratica. Essa è infatti la trasformata di Fourier della funzione di autocorrelazione della grandezza in esame x(t) S ( f ) 2 x(t ) x(t ) e j 2 f d 4 x(t ) x(t ) cos 2 f d Teorema di Wiener Khintchine Dal teorema di Parseval discende una definizione “operativa” di S(f), molto evidente e significativa sia sul piano concettuale, sia su quello della possibile tecnica di misura. 1.2 Nel seguito verranno indicate con lettere maiuscole le densità spettrali, mentre verranno indicate con lettere minuscole le grandezze integrali. Salvo casi particolari verranno sempre considerate le densità di potenza (da cui le potenze vengono ottenute per semplice integrazione sul campo di frequenze di interesse). 6 DESCRIZIONE DEL RUMORE Per f sufficientemente piccolo perché si possa considerare costante entro di esso, con errore accettabile, la densità spettrale di potenza S(f), si può ovviamente scrivere la semplice relazione: x 2 (t )f S ( f )f S( f ) x 2 (t )f f La misura di S(f) è quindi possibile secondo la sequenza di principio: - filtraggio di x(t) tramite un filtro “rettangolare”1.3 nel dominio della frequenza, centrato attorno a f e di larghezza f sufficientemente piccola (nel senso sopra specificato) - misura del valore efficace di x(t) filtrato, cioè di x 2 (t ) f x2 Hz S(f) si misura in Spesso si esprime S(f) linearmente (per un più immediato confronto con il segnale e la sua trasformata) e cioè x S ( f ) che si misura in Hz Figura 1.3 Rappresentazione nel dominio della frequenza (PSD, densità spettrale di potenza) del segnale + disturbo + rumore in precedenza presentati nel dominio del tempo. Si tratta del caso in cui il segnale era praticamente indistinguibile nella rappresentazione precedente. Il rumore è “bianco”. 1.3 Un filtro perfettamente rettangolare nel dominio della frequenza non è fisicamente realizzabile in quanto in contrasto con il principio di indeterminazione. Si considera qui tale filtro unicamente per poter dare una definizione operativa di principio di S(f). Nel caso di una effettiva misura dovrà essere usato un filtro che approssimi il più possibile quello ideale. 7 RUMORE ELETTRONICO Figura 1.4 Altro esempio di rappresentazione nel dominio della frequenza: disturbi a 50 e 150 Hz e rumore “colorato”. A bassa frequenza il rumore non è più bianco, ma cresce al diminuire della frequenza stessa: in genere la PSD è inversamente proporzionale alla frequenza (rumore flicker). Nella maggior parte dei casi di interesse applicativo la densità spettrale di potenza di rumore presenta un andamento in funzione della frequenza del tipo mostrato nella figura 1.5.Al di sotto di una frequenza caratteristica fL il rumore cresce al diminuire della frequenza (solitamente circa con andamento del tipo 1/f) e cresce nuovamente al disopra di una frequenza fH; tra questi due limiti il rumore è bianco. La regione tra fL e fH costituisce quindi quella di rumore minimo. log N 2 ÷ 1 (flicker) f ÷ f 2 bianco fH fL log f Figura 1.5 Usuale andamento della dipendenza della densità spettrale di rumore dalla frequenza 8 DESCRIZIONE DEL RUMORE Le due frequenze così individuate prendono il nome di “noise corner frequency” e di esse la più significativa è quella inferiore. Detta B l’intensità del rumore bianco e A quella del rumore 1/f la noise corner frequency fL risulta data da A fL B A volte fL viene usata per confrontare tra loro diverse reti o componenti dal punto di vista del rumore indicando come il “migliore” il sistema che è caratterizzato dalla noise corner frequency più bassa; ciò, ovviamente, ha significato solamente se il confronto viene effettuato a parità di rumore bianco e in questo caso esso stabilisce in quale rete ha minor peso il rumore a bassa frequenza. Si veda anche nel paragrafo 4.2.2 il caso del transistore bipolare. 9 RUMORE ELETTRONICO Cap. 2 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI 2.1 RISPOSTA AL RUMORE DI UNA RETE LINEARE Si consideri una rete lineare descrivibile come un doppio bipolo (una coppia di terminali di ingresso e una coppia di uscita). Si vuole determinare la densità spettrale di rumore in uscita in risposta ad una densità spettrale in ingresso. Si (f) Su (f) G(s) Figura 2.1 Risposta al rumore di una rete elettrica lineare Si(f) densità spettrale di potenza del rumore in ingresso Su(f) densità spettrale di potenza del rumore in uscita G(s) è la funzione di trasferimento della rete nel dominio della frequenza complessa s s = + j = + j2f Si può mostrare che Su ( f ) G ( j 2 f ) Si ( f ) 2 Dal punto di vista operativo è quindi sufficiente determinare la funzione di trasferimento per il segnale (in genere già nota) e considerarne semplicemente il “modulo quadro per s = j2f” Più sorgenti di rumore possono essere mutuamente incorrelate nel caso i processi fisici che generano il rumore siano per ciascuna sorgente statisticamente indipendenti da quelli che lo generano in qualsiasi altra tra quelle considerate oppure mutuamente correlate nel caso i processi fisici che generano il rumore siano per ciascuna sorgente statisticamente parzialmente o totalmente correlati con quelli che lo generano in altre sorgenti tra quelle considerate Nel caso di sorgenti incorrelate si sommano semplicemente i valori quadratici medi e quindi le densità spettrali: S ( f ) Si ( f ) Nel caso di sorgenti mutuamente correlate è, in linea di principio, necessario tenere conto del fattore di correlazione. Per il caso di due sorgenti si può scrivere, generalizzando il teorema di Wiener-Khintchine S = S1 + S2 + 2 Re(S12) dove S12 è lo spettro di mutua correlazione, trasformata di Fourier della funzione di mutua correlazione delle due sorgenti. 10 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI S12 2 x1 (t ) x2 (t ) e j 2 f d Si definisce un coefficiente di mutua correlazione chk S Sh Sk 2chk Sh Sk chk Re( Shk ) Sh Sk chk è nullo per sorgenti mutuamente non correlate; pari ad 1 per sorgenti totalmente correlate Nel caso di sorgenti correlate la determinazione del rumore totale risulta in genere assai difficile, sia per la complessità analitica della sua espressione, sia, soprattutto, perché, solitamente i coefficienti di correlazione non sono noti, o noti solo con scarsa precisione e risultano difficilmente misurabili. D’altro canto, nella stragrande maggioranza dei casi di pratico interesse, è sufficiente conoscere l’intensità del rumore con ragionevole, ma anche soltanto modesta, approssimazione. Ciò principalmente in quanto la stessa entità delle singole sorgenti è in generale nota con approssimazione assai scarsa (spesso con errore, cioè assenza di precisione, riproducibilità e stabilità, che può superare il 100%). Si considerino ad esempio due sorgenti uguali e totalmente correlate (situazione di massimo errore se si trascura la correlazione). Normalizzando a 1 l’intensità (quadratica) di ciascuna sorgente si ha tenendo conto della correlazione 1+1+2=4 linearmente 4 2 non tenendone conto 1+1=2 linearmente 2 L’errore commesso linearmente è di circa il 30%, nella grande maggioranza dei casi trascurabile. Ovviamente, nel caso di correlazione solamente parziale, e sorgenti di intensità diversa, l’errore è inferiore, anche sensibilmente. 2.2 GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE 2.2.1 BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI) Un qualsiasi bipolo lineare è rappresentabile, dal punto di vista del rumore, tramite un generatore equivalente serie (di tensione) oppure parallelo (di corrente). Ciò discende direttamente dalla constatazione che, per descriverlo come generatore di segnale, può essere utilizzata indifferentemente la rappresentazione Thevenin o quella Norton. I generatori equivalenti sono quindi definiti come quelli che nella rete ideale, cioè in assenza dei generatori di rumore presenti all’interno della rete reale, producono rispettivamente la stessa tensione a vuoto e la stessa corrente di corto circuito che nella realtà producono i generatori interni di rumore (Fig. 2.2). I due generatori equivalenti sono legati ovviamente dalla relazione: 2 2 Eni2 Z ( j ) I ni2 I ni2 Y ( j ) Eni2 o, dualmente, con Z Y impedenza ai terminali della rete ammettenza ai terminali della rete Y Z 1 11 RUMORE ELETTRONICO Figura 2.2 Rappresentazione del rumore di un bipolo 2.2.2 DOPPI BIPOLI (RETI A DUE TERMINALI DI INGRESSO E DUE DI USCITA) In moltissimi casi una rete elettrica (lineare) può essere ridotta al caso in cui il segnale di comando è applicato a una coppia di morsetti (di cui uno può essere considerato spesso il “riferimento” di ingresso, ad esempio la massa) e il segnale di uscita viene prelevato ad un’altra coppia di morsetti (di cui uno può essere considerato spesso il “riferimento” di uscita, ad esempio ancora la massa). Come caso particolare, spesso il riferimento di ingresso e di uscita coincidono. E’ peraltro importante fare presente che non tutte le reti elettriche sono riconducibili alla struttura sopra considerata, cioè a un doppio bipolo: un caso notevole, di grandissima importanza come blocco circuitale, è lo stadio differenziale. Anche nel caso del doppio bipolo si può ricorrere alla rappresentazione del rumore attraverso generatori equivalenti posti in ingresso. Per definizione i generatori equivalenti sono indipendenti dal carico applicato tra i morsetti di uscita della rete dal carico applicato tra i morsetti di ingresso della rete E’ intuitivo, e si può facilmente dimostrare, che è ora necessaria una coppia di generatori equivalenti: un generatore serie (di tensione) e un generatore parallelo (di corrente). Per convincersene (non si tratta di una dimostrazione) basta considerare separatamente i due casi ideali di pilotaggio della rete: pilotaggio di tensione e pilotaggio di corrente. Nel primo caso un singolo generatore equivalente di rumore associato all’ingresso della rete deve essere serie, poiché una rappresentazione parallelo non produrrebbe alcun rumore in quanto il generatore equivalente di rumore risulterebbe cortocircuitato; nel secondo caso si presenta evidentemente la situazione duale: la rappresentazione deve essere di tipo parallelo. Dato che la stessa rappresentazione deve invece, per definizione, valere in ambedue i casi limite considerati e, ovviamente, in qualunque caso, ne discende quanto sopra affermato. Fissati i morsetti di ingresso alla rete, la coppia di generatori è ovviamente equivalente ai generatori interni per quanto riguarda il rumore prodotto in corrispondenza di una determinata coppia di morsetti di uscita; al variare della coppia di morsetti utilizzata come uscita variano i generatori equivalenti. I generatori equivalenti di rumore in ingresso possono pensarsi costruiti considerando separatamente i contributi dei singoli generatori interni e combinandoli quadraticamente, tenendo conto dei coefficienti di mutua correlazione. Derivando dagli stessi generatori di rumore interni, anche in assenza di correlazione tra questi essi risultano in generale correlati. Il coefficiente di mutua correlazione può essere in molti casi abbastanza semplicemente determinato, ma raramente è necessario tenerne conto in quanto, salvo situazioni particolari, il suo peso risulta trascurabile. 12 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI DOPPIO BIPOLO LINEARE REALE CONTENENTE GENERATORI "FISICI" DI RUMORE IN OUT 2 E ni DOPPIO BIPOLO LINEARE IDEALE PRIVO DI IN OUT GENERATORI "FISICI" DI RUMORE 2 I ni Figura 2.3 Generatori equivalenti di rumore in ingresso per un doppio bipolo In sede di analisi e progetto delle strutture circuitali i due generatori vengono quindi considerati indipendenti. D’altro canto la misura del coefficiente di correlazione, da parte del produttore di dispositivi, circuiti e sistemi, risulta gravosa e il suo valore non viene quindi fornito all’utilizzatore. Fissata quindi una coppia di morsetti di ingresso e una coppia di morsetti di uscita è univocamente definita una coppia di generatori di rumore equivalenti in ingresso: un generatore serie e un generatore parallelo. I due generatori possono essere determinati ricordando che, per definizione, essi producono in uscita lo stesso rumore prodotto dai generatori interni. Si calcola quindi tale rumore utilizzando un carico fittizio in uscita, che può essere qualsiasi e che quindi viene scelto in base a criteri di comodità di calcolo (solitamente la soluzione più conveniente è quella di utilizzare un corto circuito calcolando quindi la corrente di corto circuito di rumore; a volte si considera l’uscita a vuoto e si calcola la tensione a vuoto di rumore; ecc.). Si determina quindi la coppia di generatori che posta in ingresso determina in uscita lo stesso rumore determinato dai generatori fisici interni di rumore, indipendentemente dalle condizioni di carico in ingresso. I due generatori possono essere determinati separatamente fissando opportunamente le condizioni in ingresso. Ponendo l’ingresso in corto circuito viene escluso il generatore parallelo; ciò equivale a dire che il solo generatore serie determina il rumore in uscita e che esso può quindi essere così individuato. Dualmente, lasciando l’ingresso aperto (a vuoto), viene escluso il generatore serie e quindi il generatore parallelo può essere individuato. E’ evidente che, qualora venga definito un carico visto dalla rete in ingresso, un solo generatore è sufficiente a descrivere il comportamento del sistema rete + carico in ingresso. Tale generatore può essere indifferentemente serie o parallelo, le due rappresentazioni essendo corrispondenti Thevenin Norton attraverso l’impedenza (ammettenza) di carico. Ciò fornisce un metodo alternativo al precedente (di fatto con esso coincidente) per determinare la coppia di generatori equivalenti di rumore da porre all’ingresso del doppio bipolo. Si introduce un carico di 13 RUMORE ELETTRONICO ingresso, ovviamente, per comodità di calcolo, un resistore di resistenza RS. Si determina quindi il 2 generatore, ad esempio serie EniR , che, posto in ingresso (cioè in serie al resistore), produce in S uscita lo stesso rumore prodotto dai reali generatori interni alla rete. Facendo tendere RS a zero (corto circuito) si ottiene il generatore serie della coppia che descrive il comportamento della rete. Trasformando E 2 niRS nel suo equivalente parallelo I 2 niRS 2 EniR S (Norton) e facendo quindi tendere RS RS2 a infinito (circuito aperto) si ottiene il generatore parallelo. Più spesso è preferibile ricorrere a tecniche alternative che si basano sull’utilizzazione più o meno sistematica delle proprietà fondamentali delle reti lineari. Sono questi procedimenti meno “automatici” dei precedenti, ma solitamente assai più immediati, eleganti e, soprattutto, significativi per l’interpretazione del ruolo e del peso delle varie sorgenti di rumore. Svariati esempi delle tecniche sopra brevemente descritte sono forniti nel seguito. Prima di procedere indicando altre rappresentazioni del rumore nelle reti elettriche, è utile chiarire ulteriormente il significato della rappresentazione in termini di generatori equivalenti in ingresso. Tale rappresentazione consente immediatamente di confrontare direttamente il rumore prodotto dalla rete con il rumore proveniente dalla sorgente di segnale ad essa applicata (trasduttore, rivelatore, sensore, stadio precedente, ecc.) e con il segnale stesso. Consente cioè di determinare il “rapporto Segnale/Rumore”, S/N (Signal/Noise ratio), che è la grandezza realmente significativa, e, in particolare, quanto tale rapporto venga influenzato (peggiorato) dalla trasmissione del segnale attraverso la rete. Va ovviamente fatto osservare che le modalità di accoppiamento tra la sorgente e la rete (impedenza/ammettenza del generatore - impedenza/ammettenza di ingresso della rete) concorrono a determinare il peso relativo della potenza di segnale e di rumore e che, quindi, esiste in generale un accoppiamento “ottimale” per quanto riguarda il rapporto S/N. La rappresentazione in termini di generatori equivalenti di rumore in ingresso, quando questi sono definibili (come nel caso di reti riconducibili a un bipolo o a un doppio bipolo) è la più completa e potente. I generatori vengono rappresentati tramite la loro densità spettrale di potenza (o il corrispondente valore efficace) in funzione della frequenza. In alcuni casi tale densità spettrale dipende dal valore di parametri caratteristici della rete e/o dalle condizioni di lavoro di alcuni componenti della rete stessa (polarizzazioni). E’ allora necessaria un rappresentazione parametrica (o multiparametrica). Alcuni altri metodi di rappresentazione del rumore nelle reti elettriche, nel seguito descritti, sono entrati nell’uso e trovano applicazione in settori specifici. 2.3 RESISTENZA E CONDUTTANZA EQUIVALENTI DI RUMORE Nel caso i generatori equivalenti di rumore in ingresso siano bianchi, o comunque nel campo di frequenze in cui lo sono, essi si possono pensare sostituiti da resistori il cui rumore termico sia pari al rumore prodotto dai generatori stessi. Un generatore serie verrà rappresentato tramite un equivalente resistore serie (resistenza); un generatore parallelo tramite un equivalente resistore parallelo (conduttanza). Nel caso di un doppio bipolo (figura 2.4) Eni2 Req 4kT Ini2 Geq 4kT 14 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI Questa rappresentazione viene talvolta estesa al caso di rumore non bianco e ne risultano delle resistenze e/o ammettenze fittizie di valore dipendente dalla frequenza. Si noti che i resistori equivalenti sostituiscono i generatori serie e/o parallelo in quanto generatori di rumore, ma non vanno considerati dal punto di vista del carico in ingresso alla rete. La rappresentazione del rumore tramite resistenze equivalenti può risultare utile quando la sorgente di segnale è caratterizzata unicamente da rumore termico (sorgente resistiva): il rumore dovuto alla sorgente e quello della rete così rappresentata risultano direttamente confrontabili. 4kT R eq 4kT G eq IN DOPPIO BIPOLO IDEALE (PRIVO DI RUMORE) OUT Figura 2.4 Generatori equivalenti di rumore per un doppio bipolo, rappresentati in termini di resistenza (generatore serie) e di conduttanza (generatore parallelo) equivalenti. Questa rappresentazione vale solamente nel caso di rumore bianco, a meno di considerare “resistori” dipendenti dalla frequenza. 2.4 NOISE FIGURE (CIFRA DI RUMORE) Una descrizione del rumore prodotto da un rete elettrica, molto utilizzata in alcuni settori applicativi, è quella che si serve della definizione di Noise Factor e quindi di Noise Figure. La rappresentazione si basa sul principio del confronto tra il rumore totale presente all’uscita della rete reale (cioè “rumorosa”) quando al suo ingresso è applicato un generatore di segnale affetto da rumore, e il rumore che si avrebbe (sempre in uscita) se la rete fosse ideale, cioè priva di rumore. Si ottiene così una misura del ”peggioramento” introdotto dalla rete reale e cioè del degrado del rapporto S/N proprio del generatore. Ovviamente non è praticabile istituire il confronto di cui sopra utilizzando una generica (cioè qualsiasi) sorgente rumorosa di segnale. E’ necessario fare riferimento ad una situazione particolarmente semplice, in cui la sorgente sia rappresentabile dal punto di vista del rumore da un solo parametro. La sorgente è quindi un semplice resistore di cui si considera il solo rumore termico (si vedrà più avanti che a un resistore reale è associato anche rumore di altra natura - rumore “in eccesso”). E’ evidente che il vincolo di cui sopra limita fortemente l’effettiva significatività della rappresentazione. Di fatto essa risulta direttamente utilizzabile solo nel caso in cui le sorgenti siano effettivamente resistive; altrimenti le indicazioni fornite da questo metodo di descrizione del rumore possono condurre a conclusioni e risultati inattendibili e spesso del tutto errati. Nel campo dell’amplificazione di segnali ad alta frequenza e della loro trasmissione su cavo coassiale, le sorgenti (come i carichi) sono caratterizzate da un’impedenza equivalente puramente resistiva (50 , 75 nei sistemi televisivi) ed è quindi applicabile la descrizione del rumore in termini di Noise Figure. 15 RUMORE ELETTRONICO Peraltro tale descrizione è entrata nell’uso (per ragioni “storiche”) anche in altri settori nei quali le condizioni suddette non sono verificate. Un caso esemplare è costituito dal settore audio nel quale, soprattutto con lettori analogici (oggi indubbiamente sostanzialmente obsoleti), le sorgenti sono solitamente ben lontane dall’essere resistive: soprattutto nel passato, con sorgenti capacitive/induttive si utilizzava disinvoltamente il metodo della Noise Figure, con risultati per lo meno bizzarri. D’altro canto è opportuno trattare brevemente il metodo di rappresentazione del rumore attraverso la Noise Figure, anche perché, come detto, in alcuni settori esso risulta significativo. Sia data una rete elettrica qualsiasi (consideriamo qui un doppio bipolo) al cui ingresso è applicato un resistore RS che rappresenta il rumore della sorgente (Fig. 2.5). 4kTR S RS IN DOPPIO BIPOLO REALE OUT Figura 2.5 Applicazione a un doppio bipolo di una sorgente di prova resistiva allo scopo di definire e determinare il Noise Factor. Si definisce Noise Factor Potenza di rumore totale in uscita Potenza di rumore in uscita dovuta solo a RS Le potenze di rumore che compaiono in F possono essere riportate in ingresso attraverso la stessa funzione di trasferimento, e quindi Potenza di rumore totale riportata in ingresso F Potenza di rumore di RS Introducendo la potenza di segnale in ingresso e quella in uscita, e ricordando che esse sono legate tra loro dalla stessa funzione di trasferimento che lega la potenza di rumore riferita all’ingresso a quella in uscita, si ottiene immediatamente S N i F S N u Il fattore di rumore rappresenta quindi il rapporto tra S/N in ingresso, cioè quello della sorgente il cui rumore è dovuto solo a RS e S/N in uscita, cioè quello derivante dalla trasmissione in uscita, attraverso la rete, del segnale, del rumore ad esso associato e del rumore della rete (rumore aggiunto). Esso è quindi sempre maggiore di 1. Il fattore di rumore può essere determinato attraverso i generatori equivalenti di rumore in ingresso alla rete (figura 2.6). F 16 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI Trasformando il generatore parallelo in un equivalente generatore serie attraverso la resistenza RS (trasformazione Norton-Thevenin) 4kTRS Eni2 RS2 Ini2 Eni2 Ini2 F 1 4kTRS 4kTRS 4kT RS (Lo stesso risultato si sarebbe ovviamente ottenuto procedendo dualmente, cioè riducendo tutti i generatori alla rappresentazione Norton) DOPPIO BIPOLO REALE 2 E ni DOPPIO BIPOLO LINEARE RS IDEALE PRIVO DI OUT GENERATORI "FISICI" DI RUMORE 2 I ni Figura 2.6 Determinazione del Noise Factor attraverso i generatori equivalenti di rumore in ingresso. Si evidenziano così un primo termine, pari a 1, che rappresenta il contributo della sorgente RS : nessun peggioramento di S/N un termine di confronto tra il rumore serie equivalente della rete e quello serie della sorgente: peggioramento di S/N per effetto del contributo serie di rumore della rete un termine di confronto tra il rumore parallelo equivalente della rete e quello parallelo della sorgente: peggioramento di S/N per effetto del contributo parallelo di rumore della rete Al posto del Noise Factor F si usa difatto, per ragioni di scala, la Noise Figure, NF NF 10 log10 F E ni2 I ni2 NF 10 log10 1 4 kTR 4 kT R S S che non è altro che una misura in dB del Noise Factor. Considerata la struttura dell’espressione di NF, risulta evidente che esiste un valore ottimale di RS, un valore cioè per cui NF è minima 17 RUMORE ELETTRONICO R S opt E ni2 I ni2 NFopt 10 log 10 1 E ni2 I ni2 2kT Ciò significa che note le caratteristiche di rumore di un doppio bipolo, la sorgente resistiva il cui S/N viene deteriorato nella misura minore possibile è quella che possiede resistenza RSopt nota la resistenza di sorgente RS , la rete che introduce il peggioramento di S/N minore possibile è quella caratterizzata da generatori equivalenti di rumore in E ni2 RS I ni2 Si noti che l’accoppiamento ottimale si ha per quella resistenza di sorgente per cui il rumore serie e quello parallelo della rete danno uguale contributo al rumore totale, considerazione ovvia e che permette direttamente di determinare la resistenza ottimale. E’ bene, anche se appare ovvio, ricordare ancora che NF costituisce una misura del peso che la rete in esame ha nella determinazione del rapporto segnale/rumore complessivo in connessione con una sorgente resistiva. Si tratta quindi di una grandezza relativa. Ad esempio data una rete e nota la sua resistenza ottimale di sorgente, modificare la resistenza serie o parallelo di una determinata sorgente per adattarla a quella ottimale della rete è ovviamente assurdo dal punto di vista del rapporto segnale/rumore finale: si otterrebbe l’accoppiamento ottimale, ma al prezzo di deteriorare le prestazioni globali dal punto di vista del rumore, in quanto la resistenza o la conduttanza inserita aggiunge semplicemente il proprio rumore. Un semplice calcolo (partendo ad esempio dall’espressione del fattore di rumore F) fornisce un’indicazione quantitativa: ingresso tali che Resistenza di sorgente Rs=2k Noise Factor 10 1 0.1 1 10 Rs (kOhms) Figura 2.7 Confronto tra due reti con diverso andamento del Noise Factor. Con RS= 2k l’accoppiamento è ottimale con la curva superiore, ma il risultato migliore si ottiene utilizzando la curva inferiore, pur in assenza di accoppiamento ottimale. 18 RAPPRESENTAZIONE DEL RUMORE ENTRO LE RETI ELETTRICHE LINEARI il rumore equivalente in ingresso con sorgente di resistenza Rs minore della resistenza ottimale è dato da __ 4kTRs Eni2 (1 Rs2 ) ed è quindi inferiore a quello che si otterrebbe aggiungendo in 2 Rsopt Rsopt Rs serie alla sorgente una resistenza il rumore equivalente in ingresso con sorgente di conduttanza minore della conduttanza ottimale è dato da __ 4kTGs I ni2 (1 Gs2 ) 2 Gsopt ed è quindi inferiore a quello che si otterrebbe aggiungendo in Gsopt G s parallelo alla sorgente una conduttanza Parimenti, fissate le caratteristiche della sorgente, il risultato migliore in valore assoluto non si ottiene necessariamente utilizzando tra varie reti disponibili (ad esempio amplificatori), per altri versi equivalenti, quella la cui resistenza ottimale maggiormente si avvicina alla resistenza della sorgente. Si veda l’esempio grafico riportato nella figura 2.7. Come già detto, la trattazione precedente ha applicazione pratica ed è quindi stata svolta con riferimento a sorgenti puramente resistive. Essa può essere estesa di fatto al caso più generale in cui la sorgente è descritta da un’impedenza qualsiasi. In questo caso la trattazione risulta assai più complessa e si può mostrare che l’accoppiamento ottimale si verifica in corrispondenza a condizioni che dipendono dalla mutua correlazione dei due generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo della rete elettrica; in assenza di correlazione la condizione ottimale si verifica quando: __ Re( Z s ) E ni2 __ I ni2 Qualora la correlazione non sia trascurabile le condizioni di ottimizzazione riguardano separatamente la parte reale e la parte immaginaria dell’impedenza (o ammettenza) della sorgente e variano in funzione della frequenza. Ciò conferma quanto già detto, cioè che la Noise Figure NF è utilizzabile in pratica e risulta effettivamente significativa solamente per sorgenti resistive. Temperatura di rumore In alcuni casi risulta utile descrivere il rumore tramite un indicatore ancora diverso: la temperatura di rumore Tn. Essa è definita dalla relazione __ __ __ __ oppure 4kTn Rs Eni2 I ni2 Rs2 4kTn Gs Eni2 Gs2 I ni2 per cui la temperatura equivalente di rumore, cioè quella a cui dovrebbe essere portata la sorgente resistiva perché essa generi lo stesso rumore totale (serie o parallelo) prodotto dalla rete terminata in ingresso da Rs, si confronta con la temperatura assoluta effettiva secondo la relazione __ __ Tn E ni2 I ni2 Rs2 F 1 T 4kTRs NF 10 log 10 (1 Tn ) T Ovviamente Tn>T e Tn, rapportata alla temperatura effettiva T, rappresenta lo scostamento di F da 1 e quindi l’entità del peggioramento introdotto dalla rete. 19 RUMORE ELETTRONICO Cap. 3 SORGENTI FISICHE DI RUMORE 3.1 RUMORE TERMICO (Rumore Johnson o anche Rumore Nyquist) Presente in tutti i sistemi dissipativi. Conseguenza dei meccanismi fondamentali governanti lo stato energetico di un sistema. Da un punto di vista fisico e fisico-matematico discende dalle leggi fondamentali della termodinamica (prima e seconda legge) e dalla quantizzazione dell’energia elettromagnetica (relazione di Planck) ed è interpretabile come radiazione di corpo nero in un singolo modo di propagazione. Dalla trattazione termodinamica si ricava la potenza disponibile del rumore termico la cui densità spettrale risulta essere: hf S ( f ) kTp( f ) dove p( f ) kT e 1 -23 k=1,38 10 J/K costante di Boltzmann h=6,624 10-34 Js costante di Planck POTENZA DISPONIBILE DEL RUMORE TERMICO 1 S(f)/kT 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 1 2 3 4 a=hf/kT Figura 3.1 Potenza disponibile del rumore termico in una rappresentazione lineare 20 SORGENTI FISICHE DI RUMORE POTENZA DISPONIBILE DEL RUMORE TERMICO 10 S(f)/kT 1 0.1 0.01 1 10 3 0.01 0.1 1 10 a=hf/kT Figura 3.2 Potenza disponibile del rumore termico in una rappresentazione logaritmica Il suo andamento è quindi quello rappresentato nella figura 3.1 in coordinate lineari e nella figura 3.2 in coordinate logaritmiche, e presenta una progressiva attenuazione al crescere della frequenza, conseguenza della quantizzazione: modi di energia hf>>kT hanno bassa probabilità di essere eccitati. La potenza totale risulta quindi finita, il che non risulterebbe da una trattazione “classica” (non quantistica). POTENZA DISPONIBILE DEL RUMORE TERMICO 1.02 S(f)/kT 1.01 1 0.99 0.98 0.01 0.1 1 10 f (GHz) Figura 3.3 Potenza disponibile del rumore termico in funzione della frequenza 21 100 RUMORE ELETTRONICO La potenza di rumore si dimezza per =1,256, cioè per f=7,85 1012 Hz a temperatura ambiente (300 K), f=1,83 1012 Hz per T=70 K (azoto liquido), cioè frequenze ottiche corrispondenti al lontano infrarosso (rispettivamente =38,2 e =163,9 Gli usuali sistemi elettronici operano entro un campo di frequenze che copre solo una piccola frazione dell’intervallo utilizzato nel grafico precedente. La rappresentazione riportata nella figura 3.3, che copre un intervallo di frequenze sino a 100 Ghz, mostra che, con ottima approssimazione, nei circuiti elettronici il rumore può essere considerato bianco, cioè di intensità indipendente dalla frequenza, per cui si può scrivere S ( f ) kTp( f ) =kT Rumore termico associato a un resistore. Nel caso di un resistore (e quindi di un qualsiasi elemento circuitale dissipativo e perciò modellizzabile come dotato di resistenza) il rumore termico è osservato come fluttuazione della tensione ai suoi capi o della corrente che lo attraversa e può quindi essere rappresentato tramite un generatore (quadratico) equivalente di tensione o di corrente, a seconda che si voglia utilizzare una rappresentazione Thévenin oppure Norton (figura 3.4). 2 En R R 2 In Equivalente Norton Equivalente Thevenin Figura 3.4 Rappresentazione rispettivamente Thévenin e Norton del rumore termico associato a un resistore I generatori equivalenti possono essere dedotti dalla potenza disponibile utilizzandone la definizione (massima potenza fornibile al carico adattato). Sorgente di rumore termico (resistore) Carico adattato per il massimo trasferimento di potenza (privo di rumore) R 2 R En Figura 3.5 Modello per la determinazione del generatore equivalente serie di rumore termico di un resistore Potenza fornita al carico = ___ 2 n E potenza disponibile 11 kT 4R 22 SORGENTI FISICHE DI RUMORE ___ ___ I n2 4kTG E n2 4kTR Per R=1 k T=300 K ___ En2 16,56 1018V 2 ___ E n2 / Hx 4nV / Hz valore utile da ricordare, che può servire da riferimento In termini di rumore di corrente (rappresentazione Norton o parallelo, sempre per R=1 k) ___ 2 n 24 ___ 2 n I 4 pA / Hz I 16,56 10 A / Hz Si noti che il rumore termico di un resistore è presente anche in assenza di una corrente media che lo percorra. 2 Nel caso più generale di un bipolo passivo, contenente cioè elementi sia reattivi che dissipativi, il rumore termico è associato unicamente agli elementi dissipativi. Essendo l’impedenza (ammettenza) del bipolo esprimibile nel piano complesso attraverso la parte reale (dissipativa, resistiva) e la parte immaginaria (conservativa, reattiva) il generatore equivalente di rumore Johnson risulta dato da o, dualmente, E ni2 4kT Re Z ( j ) I ni2 4 kT ReY ( j ) Spesso peraltro risulta più semplice considerare separatamente i singoli elementi costituenti il bipolo elettrico, associare a quelli dissipativi (resistori) il generatore equivalente di rumore termico (serie o parallelo a seconda di quanto appare più conveniente) e quindi “riportarli” in ingresso, cioè determinare per ciascuno il generatore equivalente riferito all’ingresso. I contributi così ottenuti, essendo mutuamente non correlati, si possono combinare sommandoli quadraticamente. La distribuzione delle ampiezze del rumore termico è gaussiana, quella dei massimi è una distribuzione di Raleigh, quella della potenza è una distribuzione esponenziale. 3.2 RUMORE GRANULARE (Rumore shot o anche Rumore Shottky) Essendo la corrente elettrica costituita da un flusso di portatori di carica essa possiede una struttura “granulare”. Il numero delle particelle (portatori di carica) emesse o raccolte fluttua statisticamente e quindi alla corrente prodotta risulta associato rumore. La fluttuazione del flusso si manifesta ogni qual volta le particelle superano una barriera di potenziale, ad esempio nel caso della emissione termoelettronica dal catodo di un tubo elettronico, dell’emissione di fotoelettroni da un fotocatodo, della raccolta di portatori da parte del collettore di un transistore bipolare, ecc. Si noti che il fenomeno è associato alla presenza di una corrente media non nulla. Il processo elementare è governato da una statistica di Poisson, che peraltro tende ad una distribuzione di Gauss quando il numero medio di particelle entro il tempo di osservazione è elevato. Un’analisi statistica conduce ad una densità spettrale di potenza del rumore shot data da ___ I n2 2qI ( f ) q=1,6 10-19 C carica dell’elettrone I valor medio della corrente 23 RUMORE ELETTRONICO (f)<1 fattore che tiene conto dei tempi di transito entro la regione di emissione o di collezione Viene solitamente utilizzata una rappresentazione parallelo in quanto fisicamente si tratta di rumore di corrente. Nelle condizioni di impiego usuali dei sistemi elettronici le frequenze in gioco sono in genere significativamente inferiori a quelle per cui G(f) differisce apprezzabilmente da 1 e quindi il rumore shot può essere considerato sostanzialmente bianco: ___ I n2 2qI ( f ) =2qI Ad esempio una corrente di collettore di un transistore bipolare di 10 A è affetta da rumore shot pari a 3,2 10-24 A2/Hz ovvero 1,8 pA/ Hz . 3.3 RUMORE 1/f (Rumore flicker, Rumore “rosa”) E’ osservabile in genere a bassa frequenza dove prevale sul rumore bianco usualmente dominante a centro banda. La sua densità spettrale di potenza ha la forma I n2 K I K I f valor medio della corrente costante dipendente dal tipo di dispositivo, normalmente compresa tra 1 e 2 costante normalmente prossima o molto prossima a 1, da cui il nome dato al rumore costante dipendente dalle caratteristiche del dispositivo e, marcatamente, dal processo tecnologico (process dependent) Nel caso di =1 la potenza totale di rumore diverge, con andamento logaritmico. Ciò costituisce una difficoltà concettuale (peraltro superabile), ma non una difficoltà pratica. Consideriamo il caso di un amplificatore con taglio superiore in frequenza di 1 kHz. Se viene mantenuto in funzionamento per un giorno, la banda equivalente su cui si osserva il rumore è limitata inferiormente a circa 10-5 Hz e quindi la banda utilizzata corrisponde a 8 decadi in frequenza. Se invece si prolunga il funzionamento sino a 100 giorni, la banda di osservazione risulta di 10 decadi. La potenza del rumore 1/f osservato aumenta solo del 25%. Infatti per tale tipo di rumore si ha uguale potenza in intervalli di frequenza caratterizzati da uguale rapporto tra le frequenze limitanti la banda osservata: f2 f2 H df H ln f f f1 1 Ad esempio è contenuta ugual potenza tra 0,01 e 0,1 Hz e tra 1 e 10 MHz; nel caso di rumore bianco invece nel secondo intervallo di frequenze è contenuta potenza di rumore pari a 108 volte quella compresa nel primo intervallo. Come altro esempio si consideri un resistore con indice di rumore NI uguale a 0 dB, cioè rapporto tra la potenza di rumore 1/f contenuta in una decade di frequenza e la potenza di segnale (corrispondente alla tensione di lavoro del resistore) pari a 10-12 (si veda più avanti, nel paragrafo 4.1, la definizione di indice di rumore). Perché la potenza di rumore divenga anche soltanto l’1% di quella di segnale è necessario estendere la banda di osservazione sino a 1010 decadi! Si noti che il rumore 1/f non soddisfa la relazione di Wiener-Khintchine, il che farebbe pensare a rumore non stazionario. Le osservazioni sperimentali, anche su periodi lunghissimi, non 24 SORGENTI FISICHE DI RUMORE confermano tale ipotesi, ma paiono indicare, ovviamente nei limiti dei tempi di osservazione, una natura stazionaria. Si tratta quindi di un’altra difficoltà concettuale, anch’essa superabile secondo alcune formulazioni. La natura del rumore 1/f non è stata a tutt’oggi del tutto chiarita. Esso appare come rumore di tipo “fondamentale” presente universalmente: si manifesta in fenomeni e processi assai diversi per origine e natura: è evidente nei dispositivi elettronici, si manifesta nei fenomeni geologici, in quelli astronomici, è riconoscibile nella materia musicale, nel traffico viario, ecc. La sua intensità, nel caso dei dispositivi elettronici, come già detto, è fortemente dipendente dai processi di fabbricazione e, in molti dispositivi, l’avanzare delle tecnologie ne ha sensibilmente ridotto il peso. Nelle figure 3.6 e 3.7 è rappresentato un tipico andamento del rumore 1/f nel dominio della frequenza e in quello del tempo. Figura 3.6 Andamento del rumore 1/f nel dominio della frequenza (densità spettrale di potenza) Figura 3.7 Tipico andamento del rumore 1/f nel dominio del tempo 25 RUMORE ELETTRONICO 3.4 RUMORE DI GENERAZIONE-RICOMBINAZIONE E’ dovuto, nei semiconduttori, a fluttuazione del numero dei portatori per effetto dei processi di generazione termica e ricombinazione dei portatori di carica, per effetto di cattura e rilascio da parte di trappole, per passaggio diretto tra le bande di valenza e di conduzione, che si traduce in modulazione della conducibilità. Si tratta di rumore non bianco nel campo delle frequenze di interesse e, essendo dovuto a commutazioni tra due stati, deve avere componenti della densità spettrale di potenza del tipo dove è una costante caratteristica del processo di transizione (1 2 2 ) In generale vi sono più processi concomitanti e due tipi di portatori (elettroni e lacune). Se è interessato un solo tipo di portatore ed è dominante un solo processo, come in prima approssimazione avviene in molti casi di interesse applicativo, la densità spettrale di potenza del rumore risulta essere ___ I 2 I n2 (1 f 2 ) costante dipendente dalle caratteristiche fisiche del semiconduttore e dal processo di fabbricazione =422 con costante di tempo caratteristica del processo fisico I valor medio della corrente Lo spettro risulta sostanzialmente bianco per <<1 e decade secondo 1/2 per >>1. Esso è del tutto simile a quello del rumore pop-corn (si veda il paragrafo successivo 3.5) e appare normalmente a frequenze intermedie, sovrapponendosi parzialmente al rumore 1/f e a quello bianco, generando nell’andamento della densità spettrale di potenza una sorta di “gobba”. Non è sempre osservabile; anzi, nei dispositivi moderni, è quasi sempre del tutto trascurabile. Anche se i processi fisici che lo producono sono sempre in qualche misura presenti, la sua intensità è fortemente dipendente dalle caratteristiche tecnologiche del processo di fabbricazione (impurezze ricombinanti, impurezze trappola, ecc). fa quindi parte della categoria dei contributi al rumore detti “in eccesso”, in quanto non necessariamente presenti o comunque di scarso rilievo e minimizzabili attraverso l’uso di tecnologie adeguate. 3.5 RUMORE POP-CORN (Rumore telegrafico, Burst Noise) Di natura simile al rumore di generazione-ricombinazione, il rumore così detto “popcorn” è dovuto, nei semiconduttori, a fluttuazione del numero dei portatori per effetto di processi di cattura e rilascio da parte di trappole. Si tratta in questo caso di un fenomeno collettivo in cui un elevato numero di portatori, e non particelle singole, viene contemporaneamente intrappolato e successivamente rilasciato: ne risulta, nel dominio del tempo, una forma d’onda di tipo “telegrafico” caratterizzata da due livelli in cui il segnale permane per intervalli di tempo casualmente distribuiti (si vedano le figure 3.8 e 3.9). La densità spettrale di potenza della corrente di rumore ha lo stesso andamento di quella del rumore di generazione-ricombinazione ___ I 2 I n2 (1 f 2 ) costanti dipendenti dalle caratteristiche fisiche del semiconduttore e dal processo di fabbricazione I valor medio della corrente 26 SORGENTI FISICHE DI RUMORE Figura 3.8 Esempio di rumore pop-corn, nel dominio del tempo Figura 3.9 Esempio di rumore pop-corn, nel dominio del tempo 27 RUMORE ELETTRONICO Figura 3.10 Densità spettrale di potenza di rumore pop-corn Valgono sostanzialmente le stesse considerazioni fatte per il rumore di generazionericombinazione: lo spettro risulta sostanzialmente bianco per <<1 e decade secondo 1/2 per >>1. Appare normalmente a frequenze intermedie sovrapponendosi parzialmente al rumore 1/f e a quello bianco, generando nell’andamento della densità spettrale di potenza una sorta di “gobba”. Dipende fortemente dal processo di fabbricazione e, nei dispositivi moderni, è raramente osservabile. Figura 3.11 Densità di probabilità di rumore pop-corn La densità di probabilità appare non gaussiana, con la presenza di momenti di ordine dispari (skew, cioè asimmetria); in realtà si tratta della sovrapposizione di due gaussiane relative a rumore bianco, separate dall’ampiezza dei “salti” nella forma d’onda, e con peso corrispondente al tempo di permanenza in ciascuno dei due stati (figura 3.11). 28 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI Cap.4 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI 4.1 COMPONENTI PASSIVI 4.1.1 COMPONENTI CONSERVATIVI I componenti conservativi ideali (cioè induttore puro e condensatore puro) non presentano rumore termico, essendo questo associato a processi dissipativi. Nei componenti conservativi reali, essendo essi caratterizzati anche da processi dissipativi, è presente rumore termico associato alla parte reale dell’impedenza, spesso di scarsa rilevanza. Possono essere presenti contributi di rumore di origine diversa, ma solitamente in misura trascurabile. 4.1.2 RESISTORI Nei resistori, come già visto, è sempre presente rumore termico la cui intensità, a una determinata temperatura, dipende unicamente dal valore della resistenza (o componente reale dell’impedenza) e si può considerare bianco in tutto il campo di frequenza utilizzato dai sistemi elettronici. In tale regione la sua densità spettrale di potenza è data da 4kTR nella rappresentazione serie e, corrispondentemente, da 4kTG = 4kT/R nella rappresentazione parallelo. Nei resistori reali è peraltro presente anche rumore di diversa natura con densità spettrale crescente al decrescere della frequenza, come mostra la figura 4.1, risultato di una rilevazione sperimentale. Figura 4.1 Densità spettrale di potenza del rumore in un resistore reale Questo contributo al rumore, in quanto si aggiunge al rumore termico fondamentale, si suole chiamare “rumore in eccesso”. Da un lato la sua intensità risulta chiaramente dipendente dal tipo di resistore (nei sistemi a componenti discreti: a impasto, a film metallico, a filo, ecc.; nei sistemi monolitici: a diffusione, a impiantazione ionica, a film sottile), dalla sua struttura interna sia 29 RUMORE ELETTRONICO macroscopica che microscopica, dalla natura e dalle caratteristiche, anche di dettaglio del processo di fabbricazione, ecc., per cui si dice che è “process dependent”. D’altro canto esso è sempre, in qualche misura, presente ed appare di fatto, entro determinati limiti (non ben noti), riducibile in intensità attraverso miglioramenti della tecnologia di produzione, ma non eliminabile. Il suo andamento in funzione della frequenza appare inoltre seguire la ben nota (e ancora misteriosa) legge del rumore 1/f, il che sembrerebbe implicare processi di natura fondamentale nella sua generazione. Come già visto tale rumore può essere convenientemente descritto tramite un generatore parallelo 2 I nex K I f dove I è la corrente di riposo, o media, che percorre il resistore. Nei resistori è molto prossimo a 2 e a 1. La costante K, che determina l’intensità del rumore, dipende, come detto, dal tipo di resistore e dal processo di fabbricazione. In prima e abbastanza buona approssimazione essa non dipende dal valore della resistenza (in realtà, per ragioni tecnologiche, tende a crescere un poco per valori elevati di R). Il rumore in eccesso è quindi rappresentato dal generatore parallelo 2 I nex K I f 2 oppure serie 2 E nex K I 2R 2 V 2 K f f I e V sono spesso dette corrente, rispettivamente tensione, di “segnale” (per distinguerle dal rumore). Un qualsiasi resistore è quindi descritto dal punto di vista del rumore da un generatore equivalente di rumore termico e un generatore equivalente di rumore in eccesso (1/f) come mostrato nella figura 4.2 Figura 4.2 I quattro equivalenti modelli per il rumore totale di un resistore reale 30 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI La “noise corner frequency” si ottiene dal confronto dei due contributi ed è data da e da f nc KR I 4kT f Enc K V 4 kTR nella rappresentazione parallelo 2 nella rappresentazione serie 2 a pari potenza media di segnale f nc K P 4kT Il rumore in eccesso di un resistore viene solitamente descritto utilizzando un parametro, il Noise Index NI, che stabilisce un confronto tra la potenza di rumore in eccesso contenuta in una decade di frequenza e la potenza di segnale NI 10 log 10 1012 V 2 10f 1 2 E nex df 120 10 log 10 f1 10f 1 f1 K df f Si ottiene così un indice che non dipende dal “segnale” applicato al resistore. La definizione di NI si basa evidentemente sul fatto che il rumore in eccesso è di tipo 1/f e quindi la potenza integrale è indipendente dall’intervallo di frequenza considerato purché i suoi limiti stiano in un rapporto fisso. Il fattore 1012 viene introdotto per ottenere valori di NI esprimibili in dB tramite valori numerici ragionevoli. Da NI si può ricavare K K 0,434 10( 0,1NI 12) Figura 4.3 Confronto tra gli indici di rumore di resistori discreti di diversa struttura e realizzati in diverse tecnologie 31 RUMORE ELETTRONICO Nella figura 4.3 è effettuato un confronto tra diversi tipi di resistori, dal punto di vista del rumore in eccesso. Si è considerato il caso di componenti discreti; i componenti monolitici (a diffusione dei vari tipi, a impiantazione ionica, a film sottile) presentano un comportamento molto vario in dipendenza dalla tecnologia e quindi vanno considerati caso per caso. Come si vede, i resistori discreti che, pur di essere prodotti con processi attentamente controllati, presentano il rumore in eccesso più basso sono quelli a filo e quelli a strato metallico. Vengono prodotti anche in serie speciali per “basso rumore” (si intende, ovviamente, quello in eccesso); sono peraltro di dimensioni, a parità di potenza dissipabile, molto maggiori di quelle dei resistori delle serie usuali, sono assai più costosi e, comunque, soffrono delle ben note limitazioni generali dei resistori della loro categoria (limite superiore della resistenza ottenibile, modesto; per i resistori a filo, induttanza parassita non trascurabile; ecc.). Un resistore (a filo) caratterizzato da NI pari a -40dB presenta K = 0,434 10-16. Con un valore di 1k, se percorso da corrente di riposo di 1 mA, esso presenta una noise corner frequency pari a circa 2,7 Hz. 4.2 COMPONENTI ATTIVI 4.2.1 IL DIODO A SEMICONDUTTORE (GIUNZIONE) La caratteristica statica di un diodo a semiconduttore, per bassi livelli di iniezione e trascurabile resistenza di bulk delle regioni p e n, è data dalla relazione di Shokley qV I I S exp 1 kT IS è la corrente di saturazione inversa Trascurando il rumore termico associato ai fenomeni dissipativi di volume nelle regioni p e n (resistenze di “bulk”), solitamente del tutto trascurabili, e considerando inoltre trascurabili gli effetti di generazione - ricombinazione entro il depletion layer nonchè effetti di superficie, il rumore associato al flusso di portatori attraverso la giunzione può essere espresso tramite la relazione 2 I nD 2q (I 2I S ) che si può mostrare essere valida sino a frequenze determinate dai tempi di transito dei portatori attaverso la giunzione (depletion layer). L’interpretazione di tale espressione in termini di rumore shot associato al superamento da parte dei portatori di carica della barriera di potenziale del depletion layer della giunzione, pur suggerita dalla forma della relazione, appare inconciliabile con il processo fisico fondamentale che dà origine alla corrente I. Tale corrente è infatti il risultato, per differenza, di due flussi opposti di portatori (per ciascun tipo di portatore) molto più grandi. Se l’origine del rumore associato alla giunzione fosse da ricondurre al classico effetto shot associato a tali flussi, il rumore sarebbe elevatissimo, enormemente più elevato di quello predetto dall’espressione precedente e verificato nella realtà.4.1 Pertanto un’interpretazione abbastanza diffusa, secondo cui la relazione precedente può essere interpretata considerando la corrente I ai terminali del diodo come il risultato della differenza tra due correnti statisticamente indipendenti, rispettivamente I + IS (corrente di “iniezione”) e IS (corrente inversa), affette ciascuna da rumore shot, non si può considerare corretta dal punto di vista del modello sopra considerato e non è utilizzabile in una corretta analisi teorica del problema. L’interpretazione attualmente accettata, coerente con la descrizione fisica del funzionamento della giunzione, si basa sulla descrizione statistica degli effetti della perturbazione della distribuzione dei portatori di minoranza a causa delle fluttuazioni termiche del loro flusso e del fenomeno di generazione - ricombinazione all’interno delle regioni p e n (cioè nel bulk, non nel 4.1 A tali correnti è in effetti associato rumore shot, che peraltro ha intensità del tutto trascurabile in quanto le fluttuazioni di carica ai due capi della giunzione (confini del depletion layer) determinano corrispondenti, cioè correlate, fluttuazioni del campo elettrico entro la regione di svuotamento. Le fluttuazioni di corrente dovute ai due meccanismi (diffusione per variazione della carica, drift per variazione del campo elettrico) si compensano quasi perfettamente. 32 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI depletion layer). Si tratta quindi di un meccanismo perturbazione - rilassamento e cioè di rumore di diffusione. L’espressione del rumore sopra riportata può essere scritta nella forma 2 I nD 4kTg D 0 I 2I S 2( I I S ) I IS è la conduttanza differenziale della giunzione a bassa frequenza kT q Per I = 0 si ottiene per il rumore una formulazione di tipo termico 4kTgD0 che corrisponde al fatto che la giunzione in assenza di corrente (equilibrio termico) può essere considerata passiva. Il circuito equivalente del diodo a semiconduttore, dal punto di vista del rumore, è riportato nella figura 4.4 includendo anche, per completezza, il rumore dovuto alla resistenza di bulk; come già detto, in generale, quest’ultimo è trascurabile. rS rappresenta nel modello la resistenza serie di bulk; rD la resistenza differenziale della giunzione; CD = /rD la capacità di diffusione ( vita media, per ricombinazione, dei portatori). Se nella trattazione si tiene conto della dipendenza dal tempo del processo di diffusione e cioè della costante di tempo associata alla vita media dei portatori, l’espressione del rumore sopra riportata e utilizzata nel circuito equivalente viene completata da un termine dipendente dalla frequenza e quindi, come dal punto di vista fisico, ovviamente, ci si deve attendere, non risulta bianca, ma presenta un “taglio” ad alta frequenza. dove g D 0 2 I nD 2q ( I 2I S ) 4kT ( g D g D 0 ) dove gD0 rappresenta la conduttanza ad alta frequenza. Figura 4.4 Modello del diodo semiconduttore dal punto di vista del rumore 4.2.2 IL TRANSISTORE BIPOLARE Trattandosi, nel caso del rumore, di “piccoli segnali”, per descrivere il comportamento del transistore bipolare è possibile utilizzare un suo modello, o circuito equivalente, lineare. Utilizziamo quindi il circuito equivalente di Giacoletto (o modello “a ” o modello “ibrido”). Tale modello considera il transistore bipolare nella configurazione di riferimento emettitore comune e quindi i generatori equivalenti di rumore in ingresso che si ricavano sono relativi a tale configurazione; ovviamente sono utilizzabili in qualsiasi altra configurazione e convertibili facilmente nei corrispondenti generatori relativi alle altre configurazioni dette “fondamentali”, cioè collettore comune e base comune. Il modello di Giacoletto è riportato nella figura 4.5 33 RUMORE ELETTRONICO Figura 4.5 Modello di Giacoletto del transistore bipolare In tale modello possiamo inserire i generatori “fisici” di rumore, cioè quelli associati ai processi fisici che appunto lo producono. D’altro canto il circuito equivalente sopra rappresentato, per quanto semplice, conduce a complessità di calcolo tali da non consentire una soluzione sufficientemente semplice, e quindi significativa, del problema. Se poi si considera il fatto che i generatori equivalenti di rumore in genere interessano nel campo di frequenze in cui il dispositivo è in grado di fornire apprezzabile guadagno di corrente (e cioè in sostanza al di sotto di fhfe ) si può semplificare l’analisi eliminando dal circuito equivalente la rete di feed-forward costituita dal parallelo del resistore rb’c con il condensatore Cb’c. Il circuito semplificato contenente i principali generatori di rumore è quello riportato nella figura 4.6; esso consente di determinare i generatori equivalenti di rumore in ingresso in modo assai semplice, ma, ovviamente, produce risultati corretti, e quindi utilizzabili, soltanto per frequenze non troppo elevate. 2 B rbb' E nb 2 I nb C B' 2 I nf r b'e C b'e g m vb'e 2 I nc r ce E Figura 4.6 Modello di Giacoletto semplificato del transistore bipolare nel quale sono stati inseriti i principali generatori di rumore E n2b 4kTrbb' 2 I nb 2qI b 2q rumore termico della resistenza di spreading Ic hFE rumore shot della corrente di base 34 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI I nf2 K I b f I nc2 2qI c rumore flicker della corrente di base K = 10-15 ÷ 10-12 = ~ 1 = ~ 1 rumore shot della corrente di collettore IB corrente di polarizzazione di base IC = hFE IB corrente di polarizzazione di collettore gm transconduttanza intrinseca, a bassa frequenza, del transistore La resistenza di spreading rappresenta un effettivo termine dissipativo e quindi comporta rumore termico; rumore termico è associato anche alle resistenze di bulk di collettore e di emettitore che sono peraltro di valore in generale molto piccolo e quindi si possono trascurare. Infine rumore, anche flicker, può essere associato ai contatti, in particolare se non sufficientemente “ohmici”, ma parzialmente “rettificanti”: anche in questo caso il contributo è trascurabile nei moderni dispositivi realizzati con procedimenti tecnologici maturi. Si noti infine che, per ragioni fisiche in cui nella presente trattazione non entriamo, solo al rumore di corrente di base è associata una importante componente flicker. Determinazione dei generatori equivalenti di rumore in ingresso. Per la determinazione di tali generatori è conveniente utilizzare in uscita come carico un corto circuito, in quanto in tal modo i generatori di corrente posti nella maglia di uscita inviano tutta la loro corrente nel carico (corrente di corto circuito) e non interviene la resistenza di Early rce. Generatore serie. Ponendo l’ingresso in corto circuito il rumore termico associato alla resistenza di spreading risulta già in ingresso, i generatori di corrente shot e flicker della corrente di base si trasformano Thevenin sulla resistenza di spreading e il generatore di corrente shot della corrente di collettore si riporta in ingresso attraverso il quadrato della transconduttanza effettiva (cioè tra tensione di ingresso e corrente di uscita): 2 2 2 En2 Enb I nb rbb' I nf2 rbb*2' I nc2 1 g me ( j ) 2 rbb* ' differisce da rbb' in quanto il rumore flicker, entro la base del dispositivo, ha una distribuzione delle sorgenti che non corrisponde alla distribuzione della densità di corrente che determina la resistenza di spreading; risulta rbb* ' < rbb' La transconduttanza effettiva gme è data da: zb 'e rb 'e g me gm dove zb 'e h fe zb 'e rbb' 1 s T T gm pulsazione di taglio del transistore C b 'e 1 1 1 T Cb 'e (rbb' rb 'e ) g m (rb 'e rbb' ) quindi g me g m rb 'e 1 rb 'e rbb' 1 s 1 35 RUMORE ELETTRONICO 2 1 r 1 2 1 bb ' rbb2 ' 2 rbb2 ' 2 gm rb ' e gm gme ( j ) T T 1 2 2 essendo, per le usuali correnti di lavoro (decine ÷ centinaia di A) gli usuali valori di hfe (centinaia) e di rbb’ (decine ÷ centinaia di Ω) rbb’ <<rb’e Si ha quindi: 2 f I I 2qVT2 E K B rbb*2' 4kTrbb' 2q C rbb2 ' 2qI C rbb2 ' f hFE IC fT 2 n Il primo termine è interpretabile come rumore a bassa frequenza, “colorato” (“rosa”) in quanto varia inversamente con f; l’ultimo termine è rumore ad alta frequenza, “colorato” in quanto proporzionale a f2; i tre rimanenti termini contribuiscono al rumore a frequenze intermedie, “bianco”. Il termine ad alta frequenza descrive il rumore soltanto sino a frequenze dell’ordine di fT/hfe in quanto il modello utilizzato è un modello semplificato in cui sono stati omessi i componenti “a ponte”. Generatore parallelo. Mantenendo l’ingresso a circuito aperto, i generatori di corrente shot e flicker della corrente di base si trovano già in ingresso e il generatore di corrente shot della corrente di collettore si riporta in ingresso attraverso il quadrato del guadagno di corrente effettivo (cioè tra corrente di ingresso e corrente di uscita): I n2 2qI B K IC IB 2q 2 f h 'fe ( j ) il guadagno di corrente effettivo è dato da: h 'fe h fe h 1 s fe 1 h 'fe ( j ) T 2 1 ( )2 2 h fe T Si ha quindi: I n2 K IB I f I f 2qI B 2q B 2qI B hFE ( ) 2 K B 2qI B 2qI B hFE ( ) 2 f h fe fT f fT essendo hfe>>1 Anche qui il primo termine è interpretabile come rumore a bassa frequenza, “colorato” (“rosa”) in quanto varia inversamente con f; l’ultimo termine è rumore ad alta frequenza, “colorato” in quanto proporzionale a f2; il termine centrale contribuisce al rumore a frequenze intermedie, “bianco”. Il termine ad alta frequenza descrive il rumore soltanto sino a frequenze dell’ordine di fT/hfe in quanto il modello utilizzato è un modello semplificato in cui sono stati omessi i componenti “a ponte”. Sia per il rumore serie che per il rumore parallelo l’andamento in funzione della frequenza è del tipo “a vasca”, cioè del tipo mostrato nella figura 4.7 La regione in cui il rumore è minimo è quindi quella dove è bianco, cioè la regione a “frequenze intermedie”, comprese tra le noise corner frequencies fL e fH . 36 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI log N 2 ÷ 1 (flicker) f ÷ f 2 bianco fH fL log f Figura 4.7 Andamento della densità spettrale di rumore in funzione della frequenza in un transistore bipolare Nella regione bianca i generatori di rumore equivalenti in ingresso del BJT si riducono a: En2 4kTrbb' 2q I C 2 2qVT2 rbb' hFE IC __ 2 n I 2qI B Il generatore serie presenta evidentemente un minimo E n2 min 4kTrbb' (1 1 hFE ) 4kTrbb' in corrispondenza di una corrente di lavoro “ottimale” I C min hFE VT rbb' Tale corrente è usualmente significativamente più grande di quella normalmente utilizzata, in tecnologia bipolare, nei BJT dello stadio di ingresso (ad esempio di un amplificatore operazionale), che è quello che determina usualmente le caratteristiche di rumore del sistema. Ad esempio per hFE=100 (valore piuttosto basso), rbb’=500 (valore piuttosto alto) si ha ICmin0,5 mA; per hFE=300 (valore più rappresentativo), rbb’=100 (valore più rappresentativo) si ha ICmin4,25 mA. Quindi in regione bianca, per le usuali correnti di lavoro negli stadi che contribuiscono in misura significativa al rumore, si possono considerare i generatori equivalenti nella forma 37 RUMORE ELETTRONICO En2 2qVT2 IC I n2 2qI B I due generatori si comportano quindi in maniera opposta in funzione della corrente di lavoro ed essendo, nel caso di sorgenti resistive, la resistenza ottimale determinata dal rapporto tra il generatore serie e quello parallelo (si veda la trattazione relativa alla Noise Figure), le condizioni di lavoro possono, entro certi limiti venire ottimizzate per quanto riguarda il rapporto segnale/rumore. Per basse resistenze di sorgente conviene quindi lavorare con correnti relativamente elevate, il viceversa per elevate resistenze di sorgente. Più in generale, e senza ricorrere alla Noise Figure, per basse impedenze di sorgente ha maggior peso il generatore serie (al limite di impedenza nulla il generatore parallelo risulta cortocircuitato) e quindi conviene lavorare a correnti adeguatamente elevate; per elevate impedenze di sorgente ha maggior peso il generatore parallelo (al limite di impedenza infinita il generatore serie risulta aperto) e quindi conviene lavorare a correnti basse. Naturalmente le correnti di lavoro devono essere solitamente scelte sulla base di un insieme di specifiche da rispettare relative a vari parametri che da esse dipendono, e non solo in base a considerazioni di rumore. In alcuni casi importanti la corrente di lavoro è in realtà sostanzialmente imposta da altre considerazioni: ad esempio negli amplificatori realizzati in tecnologia bipolare standard la corrente di polarizzazione dello stadio di ingresso è tenuta a valori il più possibile bassi, compatibilmente con una buona risposta in frequenza e un guadagno di corrente sufficientemente elevato, onde garantire una resistenza di ingresso accettabile. Per quanto riguarda il generatore parallelo si può osservare, sempre in regione bianca, che a parità di corrente di lavoro, esso risulta inversamente proporzionale al guadagno di corrente del transistore: quindi un “buon” transistore dal punto di vista del rumore è un transistore ad alto guadagno. Per quanto riguarda il rumore serie il parametro tecnologico che interviene è invece la resistenza di spreading, che peraltro condiziona il rumore soltanto a correnti relativamente alte. La noise corner frequency fL è data da f Ls K K g m2 rbb2 ' rbb2 ' I C2 2qhFE 2qhFEVT2 f Lp K 2q per il rumore serie per il rumore parallelo Essa dipende quindi dal quadrato della corrente di lavoro per quanto riguarda il rumore serie e non ne dipende per quanto riguarda il rumore parallelo. La forte dipendenza dalla corrente per quanto riguarda fL della componente serie del rumore discende dalla dipendenza lineare da IC della potenza del rumore 1/f concomitante con la dipendenza inversa da IC del rumore bianco (per basse correnti di lavoro). Dunque al crescere della corrente di lavoro il rumore serie migliora nella regione bianca la quale peraltro trasla verso frequenze più alte a causa del progressivo aumento relativo del rumore 1/f. 4.2.3 IL TRANSISTORE A EFFETTO DI CAMPO Il canale di un FET, all’equilibrio termico, è per sua natura resistivo e quindi al processo di dissipazione ad esso associato corrisponde rumore termico, che costituisce la principale sorgente di rumore entro il dispositivo. Ciò ovviamente vale sia per il JFET che per il MOSFET. Nel circuito equivalente tale sorgente di rumore può essere quindi rappresentata tramite un generatore di corrente posto tra il drain e il source. Anche il rumore 1/f può essere rappresentato mediante un 38 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI analogo generatore di corrente posto tra il drain e il source. E’ infine presente rumore shot associato alla corrente di gate, che può essere rappresentato per mezzo di un generatore di corrente posto tra gate e source. Il circuito equivalente dal punto di vista del rumore è quindi quello rappresentato nella figura 4.8. dove 1 2 2 I ng 2qI G I nd 4kTg mF KI D f IG IC gmF K rumore termico corrente di polarizzazione di gate corrente di polarizzazione di drain transconduttanza del FET costante caratteristica che rappresenta l’entità del rumore 1/f esponente solitamente prossimo a 1 rumore flicker Figura 4.8 Ciccuito equivalente dal punto di vista del rumore del transistore a effetto di campo Il coefficiente per cui risulta moltiplicata la transconduttanza del FET tiene conto della relazione esistente tra conduttanza del canale e transconduttanza, relazione dipendente dalla struttura e dalla geometria del dispositivo. Per dispositivi ideali a canale lungo tale coefficiente si può valutare analiticamente e risulta pari a 2/3 per un JFET e 4/3 per un MOSFET. Nei dispositivi reali risulta solitamente più alto, compreso tra 1 e 2. Con procedimento sostanzialmente analogo a quello utilizzato per il transistore bipolare è ora immediato determinare i generatori equivalenti di rumore posti in ingresso. A bassa frequenza, si ottiene, per il generatore serie (cortocircuito in ingresso, cortocircuito in uscita): E 2 n 4kT g mF g I D K f 2 mF 4kT 39 1 1 1 KI D 2 gm g mF f RUMORE ELETTRONICO Si hanno quindi due componenti: una termica e una flicker, quest’ultima dominante a bassa frequenza. Essendo =1 e gmF proporzionale alla radice di ID, la componente flicker del rumore serie non viene a dipendere dallo stato di polarizzazione del FET, almeno in prima approssimazione. Per il generatore parallelo (circuito aperto in ingresso, cortocircuito in uscita): I n2 2qI G Vi è una sola componente, bianca, mentre è assente il rumore flicker. A frequenze più elevate peraltro il rumore parallelo non può più essere considerato bianco, in quanto il rumore, termico e 1/f, del canale si riaccoppia con l’ingresso attraverso le capacità Cgs e Cgd introducendo un ulteriore contributo ad alta frequenza. Una valutazione sufficientemente approssimata, che trascura la trasmissione diretta ingresso-uscita attraverso Cgd e considera solo il trasferimento inverso (tramite Cgs e Cgd), conduce all’espressione 2 2 2 1 (Cgs Cgd ) 1 I n2 2qI G 4kT g mF KI D 2 qI 4 kT g KI G mF D 2 f g mF f T2 dove T è una misura della frequenza di taglio del transistore Compaiono quindi un termine linearmente crescente con la frequenza e un termine quadraticamente crescente con essa. Un confronto con le prestazioni medie di un transistore bipolare mostra quanto segue. Il rumore serie è solitamente superiore nel caso del transistore a effetto di campo, in particolare se MOS, in quanto la sua transconduttanza è, anche significativamente, inferiore. In realtà per fare un confronto utilizzabile è necessario tenere conto delle reali condizioni di lavoro che possono variare di molto da caso a caso. Il BJT è spesso polarizzato, negli stadi di ingresso, con correnti di poche decine di A, mentre JFET e MOS vengono solitamente usati con correnti superiori di circa un fattore 10 (principalmente per ragioni di risposta in frequenza): ne discende che la transconduttanza non risulta di fatto molto diversa per BJT e JFET (solitamente un poco inferiore per questi ultimi), mentre è comunque significativamente minore per i MOS. Ad esempio BJT IC=10A JFET ID=10A nMOS ID=10A gm=385S gm=91S gm=45S IC=100A ID=100A ID=100A gm=3850S gm=287S (IDSS=250A VP=1,1V) gm=141S (W=13, L=4, Cox=4 10-5A/V2) Il rumore parallelo a bassa frequenza è bianco e non possiede componente 1/f (ciò è dovuto al fatto che il rumore flicker fisicamente è associato al canale e il dispositivo può essere considerato pilotato solo di tensione, mentre nel transistore bipolare tale rumore è fisicamente associato alla corrente di base); inoltre, essendo la corrente di gate estremamente inferiore rispetto alla corrente di base (tipicamente da 4 a 6 ordini di grandezza) il rumore di corrente nella maggioranza dei casi può essere considerato di peso del tutto trascurabile A frequenze più alte il rumore parallelo tende a crescere, e in alcuni casi può anche divenire confrontabile con il rumore parallelo bianco di un BJT; va però ricordato che anche nel transistore bipolare tale rumore inizia a crescere (circa quadraticamente) al di sopra di una certa frequenza. La costante K, caratteristica del rumore flicker, è fortemente dipendente dal processo di fabbricazione e dai suoi dettagli tecnologici, è cioè spiccatamente “process dependent” e possiede comunque, a parità di processo o anche di batch di produzione, una forte dispersione. 40 RUMORE NEI COMPONENTI ELETTRONICI Il rumore di questo tipo appare quindi quale rumore in eccesso e non quale rumore fondamentale. In particolare nel caso dei MOS esso appare legato a processi fisici localizzati in prossimità dell’interfaccia semiconduttore-isolante, cioè presumibilmente a processi di cattura e rilascio dei portatori associati alla concentrazione di impurezze (centri di cattura) in questa regione di transizione chimico-fisica, con conseguente fluttuazione della mobilità e del numero. Il rumore in questione è definibile quindi come “di superficie”, rispetto al rumore fondamentale che deve essere “di volume” (bulk), e risulta assolutamente dominante rispetto a quest’ultimo. Considerata la sua origine fisica di tipo superficiale risulta comprensibile come si possa adottare, nel caso dei MOS, una relazione semi empirica secondo la quale la sua intensità varia inversamente con l’area attiva di gate. Infatti al crescere di tale area aumenta l’effetto di media e la fluttuazione (rumore) risulta di conseguenza proporzionalmente ridotta. Si suole quindi esprimere la componente flicker del rumore serie nei MOS come K' 1 WLCox f dove W e L sono rispettivamente la larghezza e la lunghezza di canale, Cox è la capacità per unità di superficie associata all’isolante, K’ è una costante caratteristica del processo e del dispositivo (canale p piuttosto che canale n) che rappresenta l’intensità del rumore. Come già detto tale componente del rumore serie non dipende dalla corrente di lavoro. La relazione sopra scritta è molto importante in pratica nel progetto di sistemi MOS dal punto di vista del rumore e mostra il MOS come dispositivo “geometrico” anche per quanto riguarda questo aspetto. Nella tecnologia CMOS usualmente il rumore 1/f è minore, a parità di altre caratteristiche, nel transistore a canale p rispetto a quello a canale n: cioè K P' K N' K’ risulta tipicamente compreso tra 10-25 e 10-23 V2F K N' tra diverse unità e qualche K P' decina. Di fatto, nei sistemi integrati planari, anche per altri dispositivi (ad esempio resistori diffusi o ad impiantazione) può essere adottata per il rumore 1/f una relazione del tipo di quella sopra scritta. In particolare nel caso dei JFET, sostituendo il prodotto WL con l’area di gate e Cox con Cgs. Per i JFET K’ può essere significativamente inferiore rispetto a quello dei MOSFET, solitamente di circa un ordine di grandezza. 41 RUMORE ELETTRONICO Cap.5 VALUTAZIONE DEL RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI PIU’ FREQUENTEMENTE UTILIZZATE. Esaminiamo ora il comportamento dal punto di vista del rumore di alcune delle architetture circuitali più semplici e più frequentemente utilizzate. Tali configurazioni si possono considerare di riferimento per strutture anche più complesse che, come si vedrà, si comportano in modo del tutto analogo: i risultati che qui otteniamo sono quindi di fondamentale importanza. Le strutture circuitali in questione possono utilizzare dispositivi diversi, BJT oppure FET (con eventuali, in genere modeste, modificazioni): le considerazioni di seguito riportate sono valide fondamentalmente in tutti casi e i risultati si possono riferire all’utilizzazione del particolare dispositivo (BJT, JFET, MOS) semplicemente introducendo i generatori equivalenti di rumore del dispositivo stesso. Sono poi importanti determinate strutture ibride (nelle tecnologie BiFet, BiMos) e, a parte alcune considerazioni valevoli nei casi specifici, si applicano sempre gli stessi procedimenti di principio e si ottengono risultati nella medesima forma anche se, ovviamente, quantitativamente diversi. Si fa qui a volte riferimento a strutture circuitali caratteristiche dei sistemi a componenti discreti e difficilmente utilizzabili senza modifiche, o perlomeno più raramente, nei sistemi integrati (uso esteso di resistori, particolari reti di polarizzazione, ecc.). Si ottengono così peraltro, in modo semplice, risultati importanti, di validità e uso generale, immediatamente trasferibili al caso delle strutture integrate. Infine è opportuno ricordare che, salvo eccezioni, nei sistemi analogici il rumore è introdotto dallo “stadio di ingresso”, mentre gli stadi successivi apportano contributi trascurabili, in quanto riportati in ingresso divisi per il (quadrato del) guadagno (rispettivamente di tensione e di corrente) degli stadi a monte. Nel seguito, per semplicità e perché è spesso quella di maggiore interesse, si considererà solitamente la regione di rumore bianco. I risultati ottenuti si possono peraltro generalizzare comprendendo anche il rumore “colorato”, 1/f, a bassa frequenza. In ogni caso non si considererà il comportamento a frequenze superiori a quelle per cui sono di fatto utilizzati i vari dispositivi (banda del sistema, amplificatore o altro); in altre parole: << T dove T è la pulsazione di taglio dei dispositivi 5.1 RUMORE DI UNO STADIO A SINGOLO TRANSISTORE Consideriamo dapprima uno stadio, come quello rappresentato nella figura seguente, utilizzante un singolo transistore bipolare e con la possibilità di prelevare l’uscita dal collettore (stadio del tipo a emettitore comune, “degenerato”, cioè con controreazione locale, se è presente il carico di emettitore ZE) e/o dall’emettitore: rientrano in questa categoria il semplice emettitore comune e il collettore comune o emitter follower (con carico passivo, cioè resistore, o attivo, cioè generatore di corrente). I risultati che si ottengono sono facilmente estendibili al caso in cui il BJT sia sostituito da un JFET o un MOSFET. Per generalità, in un primo momento, consideriamo come carichi di collettore e di emettitore delle impedenze non meglio definite: successivamente saranno sostituite da resistori o generatori di corrente. Si noti che la struttura considerata è tipica dei sistemi a componenti discreti (ad esempio la 42 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI rete resistiva di polarizzazione): uno stadio emettitore comune monolitico utilizza solitamente un carico di collettore attivo (la degenerazione di emettitore, se presente è resistiva); uno stadio emitter follower utilizza un carico di emettitore attivo (si veda più avanti). RUMORE DI UNO STADIO A SINGOLO TRANSISTORE (transistore bipolare) VCC generatori interni di rumore ZL R B2 E nQ Q Q 2 I nQ OUT e R B1 I nL 2 OUTc IN 2 ZL 2 I RB ZE RB 2 ZE I nE V EE generatori equivalenti di rumore in ingresso privo di rumore privo di rumore ZL R B2 2 IN E ni c 2 OUTc IN E ni e Q 2 I ni c ZL R B2 Q R B1 2 I ni e ZE uscita di collettore R B1 ZE OUTe uscita di emettitore Figura 5.1 Determinazione dei generatori equivalenti di rumore in ingresso per uno stadio a singolo transistore (bipolare); a sinistra nel caso di uscita di collettore; a destra nel caso di uscita di emettitore Nella figura 5.1 sono rappresentati i vari generatori di rumore equivalenti interni e i generatori di rumore equivalenti in ingresso nei due casi: uscita di collettore e uscita di emettitore. Le due coppie, che vogliamo determinare, sono ovviamente diverse, in dipendenza appunto dall’uscita considerata. Prima di iniziare la valutazione dei generatori equivalenti osserviamo che la transconduttanza dello stadio è data da 1 g ms 1 ZE g mQ dove ZE è l’impedenza equivalente del carico di emettitore. 43 RUMORE ELETTRONICO Il guadagno di corrente risulta essere h fes h fe Z B Z B h fe ( Z E 1 ) g mQ si noti che, per il momento, il resistore di polarizzazione RB è stato sostituito con una generica impedenza ZB gmQ e hfe sono rispettivamente la transconduttanza e il guadagno di corrente del transistore a bassa frequenza, 5.1.1 USCITA DI COLLETTORE USCITA DI COLLETTORE generatore equivalente serie privo di rumore 2 ZL InL ZL R B2 2 2 E nQ E ni c OUT c Q OUT c Q 2 I nQ R B1 2 ZE InE cortocircuito in ingresso USCITA DI COLLETTORE ZE carico esterno: qualsiasi un cortocircuito (pozzo di corrente) risulta il più comodo generatore equivalente parallelo privo di rumore 2 InL ZL ZL R B2 2 E nQ OUT c Q OUT Q c 2 I nQ 2 I ni 2 B ZE I ni 2 InE c R B1 ZE carico esterno: qualsiasi un cortocircuito (pozzo di corrente) risulta il più comodo ingresso aperto Figura 5.2 Determinazione dei generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo, in ingresso per uno stadio a singolo transistore (bipolare) nel caso di uscita di collettore Contributo della rete di polarizzazione (ZB) 2 E niC 0 ingresso cortocircuitato B 2 2 I niC I nB B ingresso aperto Contributo del carico di collettore (di uscita) 2 E 2 niCL I 2 nL 1 1 2 I nL Z E ( j ) 2 g mQ g ms ingresso cortocircuitato 44 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI 2 2 I niC I nL L 1 Z B ( j ) h fe Z E ( j ) g mQ h fe Z B ( j ) 2 ingresso aperto Contributo del carico di emettitore (degenerazione) Conviene notare che, per hfe>>1 e per frequenze sufficientemente basse rispetto alla frequenza di taglio dell’hfe del transistore, la stessa corrente di collettore viene prodotta da uno stesso generatore di tensione posto in serie alla base oppure in serie all’emettitore. ZL ZL ZB ZB OUT OUT Q Q ZE v ZE v Figura 5.3 La medesima corrente di collettore viene prodotta dal medesimo generatore di tensione posto in serie alla base oppure in serie all’emettitore (per hfe>>1 e per frequenze sufficientemente basse rispetto alla frequenza di taglio di hfe) Quindi trasformando Thevenin il generatore parallelo di rumore associato a ZE, questo può poi essere trasportato direttamente in ingresso e dà quindi tutto il suo contributo al generatore equivalente serie. Quanto al contributo di ZE al generatore equivalente parallelo si può ancora utilizzare l’osservazione appena fatta: il generatore parallelo equivalente in ingresso trasformato Thevenin su ZB ha lo stesso effetto in uscita del generatore parallelo associato a ZE trasformato Thevenin su ZE stesso. Quindi: 2 2 2 E niC I nE Z E ( j ) ingresso cortocircuitato E I 2 niCE I 2 nE Z E ( j ) Z B ( j ) 2 ingresso aperto Contributo del generatore serie del transistore 2 2 ingresso cortocircuitato EniC EnQ QE I 2 niCQE E 2 nQ 1 Z B ( j ) 2 ingresso aperto 45 RUMORE ELETTRONICO Contributo del generatore parallelo del transistore Applicando il teorema di shift e le considerazioni precedenti sull’equivalenza di un generatore serie in base piuttosto che in emettitore, si ottiene immediatamente: 2 2 2 ingresso cortocircuitato EniC I nQ Z E ( j ) QI I 2 niCQI I 2 nQ 2 Z ( j ) 1 E Z B ( j ) ingresso aperto ZL 2 Contributo di I nQ ZL OUT c Q OUT c Q 2 I nQ ZB ZB applicazione del teorema di shift ZE ZE I nQ I nQ generatore equivalente serie generatore equivalente parallelo ZL ZL Q OUT c ZE OUT c Q I nQ 2 I nQ ZB ZE + - I nQ Z E ZL I nQ | Z E j | 2 2 Q ZL ZL OUT c OUT c Q Q OUT c ZE I nQ ZB ZE 2 I nQ 1+ Z E j Z B j 2 ZB ZE I nQ Z E+ - Figura 5.4 Contributo del generatore parallelo di rumore associato al transistore. Nell’applicazione del teorema di shift il generatore quadratico di rumore è stato, ovviamente, “linearizzato” (introducendo un verso arbitrario) onde poter tenere conto della totale correlazione dei generatori che ne derivano Generatori equivalenti complessivi 2 niC E E I 2 nQ 2 nQ I 2 nE Z ( j ) E 2 2 I 2 nL 1 Z E ( j ) g mQ 46 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI 2 I 2 niC E 2 nQ 2 2 Z ( j ) 1 2 2 Z E ( j ) 2 2 I nQ 1 E I nE I nB I nL Z B ( j ) Z B ( j ) Z B ( j ) 1 Z B ( j ) h fe Z E ( j ) g mQ h fe Z B ( j ) 2 Dall’analisi effettuata risulta evidente come la degenerazione ZE introduca un contributo al rumore che può essere anche dominante. Conviene considerare la struttura precedente escludendo la rete ZB di polarizzazione, sia perché può essere considerata una rete esterna (sistemi integrati, in particolare gli amplificatori differenziali) e si può tenerne conto successivamente come facente parte del carico di ingresso, sia perché (nei circuiti a componenti discreti) è solitamente costituita da resistori di valore elevato rispetto agli altri presenti nello stadio. Si ha allora: 2 niC E E I 2 nQ 2 2 2 I niC I nQ I nL 2 nQ I 2 nE Z ( j ) E 2 2 I 2 nL 1 Z E ( j ) g mQ 1 h 2fe generatore serie equivalente in ingresso generatore parallelo equivalente in ingresso In questa situazione, che è quella più significativa da considerare, la degenerazione ha effetto solamente sul generatore serie e ne può modificare notevolmente il peso. Infatti, in assenza di ZE si ha il minimo rumore possibile 1 2 2 2 E niC E nQ I nL 2 g mQ 2 2 2 I niC I nQ I nL 1 h 2fe Carichi resistivi. A questo punto conviene procedere nell’analisi esplicitando ZL e ZE, considerando cioè casi particolari di comune applicazione. Va notato che, nei sistemi integrati di nostro interesse, con uscita di collettore ZE può di fatto essere solamente resistivo, mentre ZL può essere un resistore (caso meno frequente) oppure un carico attivo (generatore di corrente). Nello stadio qui considerato un carico attivo sul collettore, se non si ricorre a polarizzazioni a specchio, comporta gravi problemi di polarizzazione (livello di tensione in uscita) e comunque la configurazione emettitore comune non viene normalmente impiegata negli stadi di ingresso. Nello stadio differenziale invece, come si vedrà più avanti, tale carico, solitamente sotto forma di specchio di corrente, trova la sua più naturale ed efficiente applicazione. Consideriamo ora il caso di carico resistivo e sostituiamo quindi le impedenze con dei resistori; i generatori equivalenti sopra ricavati divengono 2 niC E E I 2 nQ 2 2 2 I niC I nQ I nL 2 nQ I 2 nE 1 R I RE g mQ 2 E 2 2 nL 1 h 2fe 47 RUMORE ELETTRONICO VCC RL R B2 OUTc Q IN OUT e R B1 RE V EE generatori equivalenti di rumore in ingresso privo di rumore privo di rumore RL R B2 IN 2 E ni c RL R B2 OUTc IN 2 E ni e Q Q R B1 2 I ni1 R B1 2 I ni 2 RE RE uscita di collettore OUTe uscita di emettitore Figura 5.5 Il caso di carichi resistivi. 2 2 2 2 , I nQ , I nE , I nL In generale E nQ non sono generatori bianchi, ma, a bassa frequenza, contengono rumore in eccesso (generalmente 1/f). E’ peraltro di particolare interesse la regione bianca (regione di minimo rumore), dove 1 2 E niC 2qI C 2 I niC 2q 1 2 g mQ 4kT 2 g mQ RL 2RE I 4kT 2 4kTRE 2q C R E2 R E 4kT hFE RL g mQ RL IC 4kT 1 hFE RL h 2fe Per RE=0, ovviamente 1 4kT 2 EniC 2 2qI C gmQ RL 2 I niC 2q I C 4kT 1 hFE RL h 2fe Per quanto riguarda il resistore di carico RL, un confronto con il generatore serie del transistore mostra che il rumore da esso introdotto è, nella grande maggioranza dei casi, trascurabile. Infatti un confronto effettuato direttamente sulle correnti prodotte in uscita, e cioè tra 48 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI g mQ IC I e 4kT C VCC 2 2VT dove VT è la tensione termica e rappresenta la frazione di tensione di alimentazione utilizzata come caduta di polarizzazione sul resistore di carico lo rende evidente, essendo, tranne casi molto particolari (ad esempio sistemi micropower), VCC>>2VT e quindi il rapporto tra i due contributi VCC 1 2VT Nel generatore parallelo poi un’analisi dello stesso tipo mostra che il secondo termine è del tutto trascurabile, essendo h 2feVCC 1 2hFEVT Quindi i generatori equivalenti si possono scrivere 2qI C 4kT 2 niC E 4kT 2 g mQ 1 RE RE 2qI C 2 4kTRE 1 1 gm RL 2hFE g mQ RL 2 I niC 2q IC hFE Appare evidente che il resistore di degenerazione RE contribuisce al rumore serie attraverso quattro termini rappresentanti rispettivamente - il contributo diretto di RE (primo termine tra parentesi) - la ”attivazione” da parte di RE del generatore parallelo del transistore, altrimenti ininfluente (secondo termine tra parentesi) per quanto riguarda il generatore serie - la riduzione della transconduttanza con conseguente aumento relativo del peso del rumore di RL (terzo e quarto termine) L’ultimo di tali termini, che si può scrivere 2VT VCC è in genere trascurabile rispetto al primo, per i motivi sopra detti; il secondo termine è anch’esso in g mQ 2qI C 4kT genere trascurabile in quanto la condizione 2 , nei sistemi monolitici darebbe luogo a valori sostanzialmente non integrabili di RE e sarebbe comunque in contrasto con un accettabile guadagno di tensione dello stadio. I termini rimanenti 4kTRE 4kTRE RE RL divengono dominanti nel caso sia RE>>1/gmQ In tal caso questi termini possono scriversi con buona approssimazione nella forma 1 4kTRE 1 G 0 dove G0 è il guadagno di tensione in continua dello stadio Quindi, per guadagno di tensione sufficientemente elevato, è il primo dei due termini, cioè il contributo diretto di RE, a prevalere. 49 RUMORE ELETTRONICO In ogni caso la presenza della degenerazione può seriamente compromettere le prestazioni dello stadio dal punto di vista del rumore. E’ importante mettere in evidenza il fatto che, in assenza di degenerazione, cioè nel caso dello stadio emettitore comune propriamente detto, i generatori di rumore equivalenti in ingresso si riducono a quelli del solo transistore. Ciò vale evidentemente anche nel caso vengano utilizzati transistori a effetto di campo, con la sola differenza che un carico resistivo inizia a dare un contributo non del tutto trascurabile al generatore serie per tensioni di alimentazione un poco più alte che non nel caso del transistore bipolare, in dipendenza dal ridotto valore della transconduttanza. Infatti il confronto diretto tra il contributo del transistore e quello del carico, e cioè rispettivamente I ID 4kT D e 4kT g mF 4kT VGS Vt VCC 2 dove Vt è la tensione di soglia per i MOS, rispettivamente di pinch-off per i JFET e VGS-Vt è la “tensione di overdrive” (denominazione solitamente riservata al caso dei MOS, ma estendibile ai JFET), rende evidente quanto detto: la minore transconduttanza comporta una “tensione di pilotaggio” maggiore che non nel caso dei BJT e cioè di VT. Carico attivo. Q2 Vref Vref Q2 2 E nQ 2 OUT OUT 2 2 E nQ1 2 E nQ Q1 Q1 2 I nQ1 2 I nQ1 Figura 5.6 Carico attivo. Consideriamo l’effetto di un carico attivo di collettore, il quale può essere costituito, in linea di principio, da un generatore semplice di corrente; questo, come già notato, se non si ricorre a polarizzazioni a specchio, comporta gravi problemi di polarizzazione (livello di tensione in uscita) e comunque la configurazione emettitore comune non viene normalmente impiegata negli stadi di ingresso. Peraltro risulta di interesse considerare brevemente tale situazione (figura 5.6). Consideriamo in particolare la regione di rumore bianco, in generale di maggiore interesse; come sempre è immediata l’estensione al caso più generale, in particolare alla regione a bassa frequenza caratterizzata da rumore 1/f. E’ evidente che conviene partire dal rumore totale di corrente in uscita (il che equivale a considerare come carico un corto circuito) in quanto ivi i due transistori, percorsi dalla stessa corrente, danno uguale contributo in regione bianca, essendo il rumore dominante (a basse correnti) il rumore shot della corrente di collettore 2qIC. Dunque il rumore di corrente in uscita raddoppia rispetto al caso di un singolo transistore e raddoppia quindi il rumore serie riferito all’ingresso. Il rumore parallelo si riduce a quello del solo transistore Q1. Le conclusioni raggiunte valgono ovviamente se sono verificate per il carico attivo Q2 le condizioni di polarizzazione della figura 5.6, 50 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI cioè se Vref è una sorgente di tensione a resistenza sufficientemente bassa e priva di rumore (cioè con rumore serie trascurabile rispetto a quello serie del transistore Q2). Dunque nel caso dell’utilizzo di un carico attivo come quello considerato, il rumore serie non si riduce più a quello del solo transistore di ingresso, ma raddoppia di fatto rispetto al caso di carico resistivo. Come già detto, e come è del tutto evidente, lo stadio appena considerato ha gravi problemi di polarizzazione sia di corrente di lavoro che di tensione di uscita. Una struttura che risolve in buona misura tali problemi è quella riportata nella figura 5.7. Una semplice analisi (si veda anche il paragrafo 5.2 al punto “specchio semplice di corrente”) porta a concludere che, nell’ambito delle approssimazioni già fatte, il rumore parallelo rimane sostanzialmente quello del caso precedente, mentre il rumore serie riceve un contributo, solitamente non trascurabile, dal transistore Q3 il cui peso è determinato dal fattore di specchio: 2 2 2 2 E ni2 E nQ E nQ E nQ FS E nQ (2 FS ) dove FS è il fattore di specchio. FS= IC I ref Q2 Q3 IC 2 OUT 2 E ni ~ E nQ (2+FS ) Q1 2 2 I ni ~ I nQ1 I ref Figura 5.7 Carico attivo con polarizzazione a specchio. Si noti anche che la sorgente di polarizzazione, cioè la corrente di riferimento Iref, è stata considerata priva di rumore il quale, nella realtà, viene trasferito alla corrente di Q2, e quindi di Q1, attraverso il fattore di specchio (quadraticamente). 5.1.2 USCITA DI EMETTITORE (FOLLOWER) Come già in precedenza, escludiamo la rete di polarizzazione ZB. Viene ovviamente tolto il carico di collettore ZC. Consideriamo, al solito, un corto circuito in uscita. Si veda la figura 5.8. Contributo di ZE 1 2 2 E nie I nE 2 E g mQ 2 2 I nie I nE E 1 h 2fe ingresso cortocircuitato ingresso aperto 51 RUMORE ELETTRONICO Contributo del generatore serie del transistore 2 2 ingresso cortocircuitato Enie EnQ QE 2 I nie 0 QE ingresso aperto Contributo del generatore parallelo del transistore Applicando il teorema di shift, nel caso del generatore equivalente serie rimane solo il 2 generatore posto in parallelo a ZE che quindi si comporta come I nE 1 2 2 ingresso cortocircuitato E nie I nQ 2 QI g mQ nel caso del generatore equivalente parallelo risulta ovviamente dominante il contributo del generatore posto in ingresso (hfe>>1) e quindi 2 1 2 2 2 I 1 ingresso aperto per l’esattezza I nie I nQ nQ 2 QI h fe h fe USCITA DI EMETTITORE generatore equivalente serie privo di rumore 2 2 E nQ E nie Q Q OUTe 2 I nQ OUTe 2 ZE InE cortocircuito in ingresso USCITA DI EMETTITORE ZE carico esterno: qualsiasi un cortocircuito (pozzo di corrente) può risultare il più comodo ma anche il circuito aperto (a vuoto) va bene generatore equivalente parallelo privo di rumore 2 E nQ Q 2 I nQ Q OUTe OUTe 2 ZE ingresso aperto I ni 2 InE e ZE carico esterno: qualsiasi un cortocircuito (pozzo di corrente) può risultare il più comodo ma anche il circuito aperto (a vuoto) va bene Figura 5.8 Determinazione dei generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo, in ingresso per uno stadio a singolo transistore (bipolare) nel caso di uscita di emettittore Generatori equivalenti complessivi 1 2 2 2 2 E nie E nQ ( I nQ I nE ) 2 g mQ 52 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI 2 2 2 I nie I nQ I nE 1 h 2fe Nella regione di rumore bianco 2 2 2 E nie E nQ I nE E 2 nQ 2 I nQ 2 g mQ e quindi: 1 2 g mQ Carico resistivo Nel caso di carico resistivo (ZE=RE) 1 2 I nE 4kT RE ed essendo in generale RE>>1/gmQ i generatori equivalenti si riducono a quelli dell’elemento attivo 2 2 E nie E nQ 2 2 I nie I nQ Carico attivo Nel caso di carico attivo , tipico dei sistemi monolitici, cioè di generatore di corrente (BJT) non degenerato (si veda più avanti la trattazione del rumore associato ai generatori di corrente) 2 I nE2 E nQ2 g mQ e quindi il rumore serie raddoppia: 2 2 E nie 2 E nQ mentre il rumore parallelo rimane con buona approssimazione quello associato al transistore di ingresso 2 2 I nie I nQ Si può anche qui considerare il caso di polarizzazione attraverso una struttura a specchio e si ottiene, per il generatore serie, lo stesso risultato valido per l’uscita di collettore. Dunque nel caso di carico attivo in emettitore, come sempre avviene nei sistemi integrati, il rumore non è riducibile a quello proprio del transistore. Considerazioni analoghe valgono nel caso vengano utilizzati transistori a effetto di campo. 5.1.3 BASE COMUNE In uno stadio in configurazione base comune, in cui si consideri, come è corretto fare, il carico di collettore come un carico esterno, di cui quindi non tenere conto per quanto riguarda la caratterizzazione dal punto di vista del rumore dello stadio stesso, è immediato verificare che il rumore sia serie che parallelo è rappresentato dai soli generatori equivalenti del componente attivo. Infatti il generatore parallelo di tale componente è già in ingresso, quello serie, come già visto, dalla base può essere trasferito sull’emettitore e quindi in ingresso. Considerazioni analoghe valgono nel caso vengano utilizzati transistori a effetto di campo. Dunque per tutti gli stadi a singolo transistore, nel caso di carico di uscita resistivo e in assenza di carichi addizionali (degenerazione dello stadio emettitore/source comune), il rumore si riduce a quello del solo transistore. 53 RUMORE ELETTRONICO 5.2 RUMORE NEI GENERATORI DI CORRENTE In un generatore di corrente il rumore di interesse è, ovviamente, quello associato alla corrente di uscita e il modello generale cui fare riferimento è quello riportato nella figura 5.9 dove Io è la corrente generata, 2 I no rappresenta il generatore equivalente di rumore ro è la resistenza equivalente caratteristica del generatore Facciamo nel seguito riferimento, tranne ove altrimenti specificato, a generatori di corrente utilizzanti BJT. Generatori utilizzanti JFET oppure MOSFET possono essere descritti in modo del tutto simile. Consideriamo inoltre il rumore in regione bianca; come sempre l’estensione alla regione di bassa frequenza risulta immediata. 2 Io I no ro Figura 5.9 Determinazione dei generatori equivalenti di rumore, serie e parallelo, in ingresso per uno stadio a singolo 5.2.1 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE Il classico e più semplice generatore di corrente è costituito da un singolo transistore (BJT oppure FET) nella configurazione emettitore (source) comune, opportunamente polarizzato, nel quale la corrente viene prelevata dal collettore (drain). La resistenza di uscita è quella di Early. La polarizzazione del generatore può essere ottenuta tramite un’opportuna rete posta tra la base e l’emettitore, che spesso viene progettata in modo da effettuare anche una compensazione termica. Tale rete introduce rumore, ma nella presente trattazione siamo interessati al rumore del solo generatore di corrente e quindi verrà considerata una sorgente di polarizzazione di tensione VREF priva di rumore. Solitamente peraltro un generatore di corrente del tipo qui considerato viene “pilotato”, a partire da un riferimento di corrente, utilizzando strutture a specchio che verranno nel seguito anch’esse descritte dal punto di vista del rumore. Nella trattazione che segue è implicita (e ovvia) l’ipotesi che il generatore alimenti un “pozzo” di corrente (corto circuito). Non si considera inoltre il comportamento nella regione di alta frequenza solitamente di scarso interesse per i generatori di corrente. Da un punto di vista fisico e circuitale è immediatamente evidente che, nel caso la resistenza di spreading rbb’ possa essere considerata trascurabile, e cioè assimilabile a un corto circuito in ingresso tra base ed emettitore (il che avviene praticamente sempre nei casi di interesse), almeno in regione bianca il rumore dominante risulta essere quello associato alla sola corrente di collettore 2qIC 54 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI che quindi direttamente rappresenta il rumore associato al generatore. GENERATORE DI CORRENTE SEMPLICE (transistore bipolare) Io 2 I no 2 E nQ VREF Q Q 2 I nQ V EE Figura 5.10 Rumore nel generatore di corrente semplice L’analisi di maggior dettaglio sotto riportata conduce allo stesso, significativo, risultato (figura 5.10). Il generatore di rumore parallelo del transistore risulta cortocircuitato e non dà quindi alcun contributo. Pertanto 2 2 I no g mQ E n2 (la transconduttanza dello stadio è stata confusa con quella del transistore nell’ipotesi, r 1 ampiamente verificata, che bb' sia molto minore di ) h fe g mQ In regione bianca: 1 E n2 4kTrbb' 2qI B rbb' 2qI C 2 g mQ Come già altre volte ricordato, nei sistemi monolitici, laddove pesano i contributi di rumore (stadi di ingresso) è, nella maggior parte dei casi: 1 rbb' g mQ e quindi, con buona approssimazione: 1 E n2 I C 2 g mQ g mQ 2 I no 2qI C 4kT 2 Si suole dire che il generatore “semplice” di corrente qui descritto è caratterizzato dal punto di vista del rumore dall’essere affetto da “full shot noise” della corrente di collettore. (Se si utilizza un transistore a effetto di campo, “full thermal noise” della corrente di drain). La noise corner frequency, al di sotto della quale prevale il rumore 1/f, è ovviamente la stessa del rumore serie del BJT. 55 RUMORE ELETTRONICO 5.2.2 GENERATORE “SEMPLICE” DI CORRENTE DEGENERATO Un caso interessante, per quanto riguarda il rumore, è costituito dal generatore sopra considerato in cui è inserita una resistenza di degenerazione, configurazione questa che, come è ben noto, aumenta la resistenza di uscita. Tale resistenza peraltro,come di seguito mostrato, può influire anche sul rumore associato alla corrente prodotta dal generatore. E’ del tutto intuitivo che la degenerazione tende a ridurre tale rumore rispetto al caso del generatore semplice in quanto riduce la transconduttanza effettiva e quindi il peso del generatore serie del transistore; è pur vero che entrano in gioco altre sorgenti di rumore e cioè il rumore termico del resistore di degenerazione e quello – ora “attivato” - rappresentato dal generatore parallelo del transistore, ma anch’esse, in base a quanto precedentemente discusso, sono riconducibili a un contributo serie in ingresso e si riducono quindi al crescere della degenerazione. E’ anche intuitivo che una riduzione apprezzabile del rumore si ha solamente quando RE>>1/gmQ. D’altro canto, da un punto di vista “fisico”, nel caso limite di RE→ la corrente prodotta eguaglia quella di base (bilancio delle correnti) e quindi il rumore si riduce al rumore shot della corrente di base 2qIB. E’ infine intuitivo che questa condizione limite è approssimata solo se RE>>hFE/gmQ. Qui di seguito quanto sopra anticipato viene dedotto da una semplice trattazione analitica (figura 5.11). Limitandosi al caso di rumore bianco, si ha 4kT 1 2 I n2 2qI B I nE E n2 2qI C 2 RE g mQ Applicando, come mostrato nella figura, il teorema di shift al generatore parallelo del transistore, trasformando Thevenin i generatori di corrente posti in parallelo a RE e ricordando che il generatore serie risultante può essere equivalentemente trasportato in ingresso, si ottiene facilmente: 2 2 I no En2 ( I nE I n2 ) RE2 gm2 g mQ gm dove è la transconduttanza dello stadio 1 g mQ R E Per RE>>1/gmQ 2h fe 2 I no 2qI B 1 si ha g mQ RE e quindi per gmQRE>>hfe cioè RE>>hfe/gmQ 2 I no 2qI B Il rumore si riduce cioè al solo rumore shot della corrente di base ed è questo il limite ultimo ottenibile tramite la retroazione resistiva posta in serie all’emettitore. Peraltro la condizione da rispettare non è in pratica implementabile in un sistema integrato in quanto, considerate le correnti in gioco, richiederebbe resistori di valore di gran lunga troppo elevato e introdurrebbe cadute di tensione eccessive. Anche la meno restrittiva condizione RE>>1/gmQ che porterebbe comunque a una riduzione del rumore rispetto al full shot noise della corrente di collettore è di fatto non realizzabile. Si noti che, nel caso di un transistore a effetto di campo, essendo trascurabile la corrente di gate, e quindi il rumore ad essa associato, in caso di degenerazione sufficientemente elevata il rumore è determinato unicamente dal rumore di corrente di RE, che, anche se soltanto in linea di principio, può essere reso piccolo a piacere (si veda il paragrafo 5.2.6). 56 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI GENERATORE DI CORRENTE SEMPLICE DEGENERATO Io 2 I no 2 E nQ VREF Q Q 2 I nQ RE 2 I nE RE V EE 2 2 I no I no Q Q 2 2 E nQ RE 2 InE + E nQ + 2 I nQ 2 2 2 + ( I n E + I nQ R E RE Figura 5.11 Rumore nel generatore di corrente con degenerazione resistiva sull’emettitore 5.2.3 SPECCHIO SEMPLICE DI CORRENTE. Nella figura 5.12 è rappresentata la struttura del classico specchio di corrente in tecnologia bipolare. Alla corrente di controllo, o riferimento, IREF è ovviamente sempre associato rumore che, attraverso lo specchio, viene trasferito in uscita pesato (quadraticamente) in ragione del fattore di specchio (cioè con lo stesso rapporto segnale/rumore). Di questo rumore nella nostra trattazione non si tiene conto in quanto si tratta di rumore “esterno” alla struttura che vogliamo esaminare; ovviamente in un sistema reale e di caratteristiche note se ne dovrà tenere conto. 57 RUMORE ELETTRONICO SPECCHIO SEMPLICE DI CORRENTE I REF 2 Io I no 2 2 E nQ Q1 Q2 E nQ Q1 Q2 2 2 I nQ I nQ V EE Figura 5.12 Rumore nello specchio semplice di corrente I transistori che costituiscono lo specchio vengono nel seguito considerati identici (fattore di specchio pari a 1), essendo questo il caso dell’utilizzo come carico attivo e quindi, solitamente, il più interessante. L’estensione a strutture con fattore di specchio diverso non presenta problemi. Il transistore Q1, collegato a diodo a costituire il pozzo dello specchio, a rigore ha rumore associato superiore a quello di una semplice giunzione a causa della presenza di generatori interni di rumore che si aggiungono a quello shot della corrente di collettore, principalmente quello associato alla resistenza di spreading rbb’. Esso può essere semplicemente modellizzato come nella figura 5.13. circa 1 gmQ 2 I nQ 1 gmQ 2qIb 2 2 E nQ gmQ 1 gmQ 2 2 E nQ gmQ 2 E nQ Figura 5.13 Modello del pozzo dello specchio, dal punto di vista del rumore Si ha quindi 2 En2 Q g mQ 2qI C (1 2rbb' g mQ ) Il circuito equivalente dal punto di vista del rumore può essere quindi semplificato come nella figura 5.14. 58 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI 2 2 I no I no 2 E nQ Q2 1 gmQ Q2 1 gmQ 2 2 E nQ gmQ 4qIc (1 + 2rbb' gmQ ) Figura 5.14 Modello approssimato per il rumore nello specchio semplice di corrente Quindi 2 I no 4qI C (1 2rbb' g mQ ) dove IC è la corrente di collettore del transistore di uscita Q2 ed essendo nei casi di maggior interesse rbb’ gmQ << 1 2 I no 4qI C Si ha quindi il doppio del full shot noise della corrente di collettore, risultato abbastanza ovvio in quanto ciascun transistore contribuisce con il proprio rumore, in ugual misura. Nel caso di fattore di specchio FS diverso dall’unità si ottiene facilmente 2 I no 2qI C 2 2qI C1 FS2 2qI C (1 FS ) essendo IC1 e IC2 rispettivamente le correnti di collettore di Q1 e Q2 e FS IC 2 I C1 , IC2= IC 5.2.4 SPECCHIO DI CORRENTE DEGENERATO. Consideriamo ora il caso in cui viene introdotta una retroazione locale, inserendo resistori in serie agli emettitori dei transistori dello specchio (specchio degenerato, figura 5.15). In base a quanto già visto nel caso dello specchio semplice e del generatore semplice degenerato, in regione di rumore bianco, si ottiene facilmente 8kT I RE 2 no per g mQ RE 1 g mQ RE 2 1 2 g mQ RE 1 2qI B 4qI C 2 1 g mQ RE (1 g mQ RE ) gmQRE>>1 2 I no 2 1 g mQ h fe 4kT 4 2qI B 8kT 8qI B 1 RE h fe g mQ RE RE 59 2 RUMORE ELETTRONICO SPECCHIO SEMPLICE DEGENERATO 2 I no I REF Io 2 E nQ 2 E nQ Q1 Q1 Q2 Q2 2 2 I nQ RE I nQ RE 4kT RE RE 4kT RE RE V EE 2 2 I no I no 2 2 2 E nQ + 4kT R E E nQ Q2 1 gmQ RE 2 2 E nQ gmQ 4kT RE Q2 1 gmQ 2 I nQ 4kT RE RE RE 2 I nQ 4kT RE RE Figur Figura 5.15 Rumore nello specchio di corrente con resistori di degenerazione in serie agli emettitori per RE>>hfe/gmQ 2 I no 2 4kT g mQ 4 2qI B h fe Anche in questo caso quindi una forte degenerazione riduce drasticamente il rumore, ma i valori di resistenza necessari risultano di gran lunga troppo elevati per consentirne l’implementazione. Anche la condizione gmQRE>>1 è difficilmente realizzabile. 5.2.5 COLLEGAMENTO DI PIÙ SPECCHI. Spesso più specchi vengono collegati tra loro, ad esempio per alimentare diverse parti di un sistema. In questo caso, se il rumore prodotto è di interesse nel progetto, il collegamento va effettuato correttamente. Nella figura 5.16 sono presentati due casi di possibile collegamento in cascata. 60 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI Il primo, che potrebbe essere utilizzato per ottenere, a partire da una corrente di riferimento, derivata dall’alimentazione di un segno, un generatore di corrente riferito all’alimentazione di segno opposto, cumula il rumore degli specchi utilizzati. Nel secondo caso invece, utilizzato per derivare più correnti da quella di riferimento, si aggiunge ogni volta al rumore di partenza (quello associato alla corrente di riferimento) soltanto il rumore prodotto da uno specchio. VCC I REF Q4 Q5 I REF I1 I2 I1 Q1 Q2 I2 Q3 Q1 V EE Q2 Q3 V EE Figura 5.16 Collegamento di più specchi Il primo caso rappresenta quindi una situazione sfavorevole dal punto di vista del rumore. + VCC Q5 Q4 I1 I REF I2 Q1 Q2 - VCC Figura 5.17 Sorgenti di corrente riferite ad ambedue le alimentazioni 61 RUMORE ELETTRONICO Per ottenere delle sorgenti di corrente riferite ad ambedue le alimentazioni è quindi opportuno procedere come nella figura 5.17 5.2.6 GENERATORI DI CORRENTE UTILIZZANTI FET. E’ opportuno considerare brevemente il caso dei generatori di corrente ottenuti utilizzando transistori a effetto di campo onde confrontare il loro comportamento con quello delle analoghe strutture bipolari e mettere in evidenza alcuni aspetti di particolare interesse. Va ovviamente ricordato che il rumore di corrente può essere trascurato e che il transistore a effetto di campo è un dispositivo che produce una corrente in risposta ad una tensione di ingresso e non in risposta a una corrente; è cioè un dispositivo puramente a transconduttanza e non a guadagno di corrente. Inoltre la sua transconduttanza è proporzionale alla radice della corrente di lavoro e non alla corrente stessa come nel caso del transistore bipolare ed è in genere di valore significativamente inferiore. Generatore semplice Consideriamo un semplice generatore di corrente utilizzante un FET (JFET o MOSFET) nel caso più generale di degenerazione resistiva di source GENERATORE DI CORRENTE SEMPLICE DEGENERATO (FET) Io 2 I no 2 E nF F VREF F RS RS 2 In S - VSS Figura 5.18 Generatori di corrente utilizzanti transistori FET Una trattazione del tutto analoga a quella svolta nel caso della tecnologia bipolare, limitatamente al rumore bianco (l’estensione anche a rumore a bassa frequenza è, al solito, immediata), conduce a g 1 2 I no 4kT g mF 1 RS mF (1 RS g mF )2 avendo ovviamente trascurato il contributo del generatore di rumore parallelo del FET Per RS=0 2 I no 4kTg mF “full thermal noise” del canale Essendo, come già ricordato, la transconduttanza solitamente inferiore a quella di un transistore bipolare, il rumore risulta inferiore a quello di un generatore in tecnologia bipolare. 62 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI Per RS>>/gmF 2 I no 1 4kT RS (condizione in pratica non ottenibile) rumore del solo resistore di degenerazione Specchio di corrente Uno specchio di corrente è ovviamente realizzabile solo in tecnologia CMOS e non tramite transistori JFET in quanto dispositivi puramente a svuotamento. Consideriamo, per maggior generalità, uno specchio degenerato. Una trattazione del tutto analoga a quella svolta nel caso della tecnologia bipolare, limitatamente al rumore bianco conduce a: (g R ) 2 I no 8kTgmF mF S (1 g mF RS ) 2 Per RS=0 2 I no 8kTg mF Anche in questo caso, essendo la transconduttanza inferiore a quella di un transistore bipolare, il rumore risulta inferiore a quello di un generatore in tecnologia bipolare. Per RS>>/gmF 2 I no 8kT 1 RS (condizione in pratica non ottenibile) rumore dei soli resistori di degenerazione 5.2.7 CONFRONTO TRA GENERATORE PASSIVO E GENERATORE ATTIVO. A questo punto è utile confrontare le prestazioni di rumore dei generatori di corrente sopra esaminati (generatori “attivi”, cioè utilizzanti dispositivi attivi) con quelle di un generatore passivo, cioè di un semplice resistore. Effettuiamo il confronto a parità di corrente di lavoro (IC=IR) e ci riferiamo a dispositivi bipolari. Nel caso del generatore attivo il rumore associato alla corrente è dato da 2qIC senza degenerazione di emettitore 2qIB con degenerazione di emettitore RE>>hfe/gmQ cioè VE>>VT dove VE rappresenta la caduta di tensione sul resistore RE Nel caso del semplice resistore il rumore è dato da 1 4kT R g mQ che, utilizzando la solita relazione 2qI C 4kT che consente di collegare l’espressione del 2 rumore in forma “shot” con quella in “forma termica”, si può scrivere 2h feVT 1 2V VR=ICR caduta di tensione ai capi del resistore 4kT 2qI C T 2qI B R VR VR permettendo così un confronto diretto tra i due tipi di generatore Solamente nel caso, irrealistico, di generatore attivo fortemente degenerato le prestazioni possono essere confrontabili; altrimenti, e cioè nella realtà, il generatore passivo produce assai meno rumore. Il confronto più significativo è quello tra il generatore attivo non degenerato (full shot noise della corrente di collettore) e il resistore: il primo risulta VR/VT volte più rumoroso. 63 RUMORE ELETTRONICO E’ ovvio peraltro che il generatore attivo, dal punto di vista della resistenza equivalente di uscita a parità di caduta di tensione utilizzata, risulta di gran lunga superiore (nel rapporto VA/V, dove VA è la tensione di Early) ed è quindi quello universalmente utilizzato anche come carico, salvo eccezioni. 5.3 RUMORE NELLO STADIO DIFFERENZIALE 5.3.1 DEFINIZIONE DEI GENERATORI EQUIVALENTI DI RUMORE IN INGRESSO Nell’ambito dei sistemi integrati analogici lo stadio differenziale è certamente la struttura più importante come stadio di ingresso. E’ quindi di particolare interesse lo studio del suo comportamento dal punto di vista del rumore. Consideriamo qui la struttura “classica” dello stadio differenziale costituita dalla ben nota coppia di transistori accoppiati di emettitore o di source. Altre strutture più complesse possono essere derivate da questa e il loro comportamento facilmente analizzato. Iniziamo facendo riferimento alla tecnologia bipolare. +VCC L1 L2 Carico OUT IN Q2 Q1 R IN L I0 -VEE Figura 5.19 Stadio differenziale “classico” in tecnologia bipolare; a destra i diversi carichi utilizzabili Come indicato nella figura 5.19 i carichi L1 e L2 possono essere passivi (resistori), attivi (generatori di corrente) separati, costituiti da uno specchio. Quest’ultimo è il caso più frequente. Viene ovviamente ipotizzata la simmetria perfetta dello stadio, ipotesi di fatto verificata solamente entro certi limiti, sia a causa di asimmetrie strutturali (sistematiche), sia a causa della dispersione di parametri geometrici e fisici (tolleranze di natura statistica). D’altro canto, come è noto, in particolare in tecnologia monolitica, lo stadio differenziale, nella configurazione più frequentemente usata (quella qui presentata) è caratterizzato di fatto da una simmetria elettrica molto elevata e quindi nella seguente analisi del suo comportamento dal punto di vista del rumore l’ipotesi fatta è del tutto valida. Introducendo i generatori equivalenti di rumore dei vari componenti, cioè dei transistori di ingresso, del generatore di corrente di polarizzazione (“coda” dello stadio), del carico si ottiene la rete riportata nella figura 5.20. 64 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI +VCC L1 2 I nL L2 2 I nL OUT IN Q2 Q1 IN 2 E nQ 2 E nQ 2 I nQ I 2n0 I0 2 I nQ -VEE Figura 5.20 Generatori di rumore nello stadio differenziale Come circuito equivalente dal punto di vista del rumore viene spontaneo adottare la struttura della figura 5.21 In realtà risulta del tutto evidente che il circuito ivi rappresentato può essere utilizzato come equivalente dal punto di vista del rumore solamente nel caso di completa simmetria, mantenuta nella sua utilizzazione, simmetria cioè anche dei carichi sui due ingressi: infatti lo stadio differenziale non è un doppio bipolo e non sono definibili i generatori equivalenti di rumore. +VCC L1 L2 OUT IN Q2 Q1 IN E 2ni E 2ni I 2ni I 2ni I0 -VEE Figura 5.21 Modello dello stadio differenziale con generatori equivalenti di rumore riferiti ai due ingressi 65 RUMORE ELETTRONICO Nel caso di carichi uguali in ingresso la struttura può essere ricondotta all’equivalente “half circuit” e quindi al doppio bipolo corrispondente; in caso diverso, no. Nelle reali applicazioni tale simmetria non è solitamente verificata. Si pensi ad esempio allo stadio di ingresso di un amplificatore operazionale: uno dei due ingressi, quello invertente è utilizzato per la retroazione negativa mentre l’altro può essere connesso con il generatore di segnale, con un riferimento, ecc. Peraltro una rappresentazione, possibilmente semplice, dal punto di vista del rumore risulta ovviamente di tale importanza e utilità che viene comunque adottata quella sopra presentata, rappresentazione che viene poi utilizzata anche in caso di assenza di simmetria. Fanno eccezione strutture particolari, completamente differenti da quella qui considerata, ad esempio gli stadi di ingresso degli amplificatori operazionali current feedback mode (CFM) di cui si parlerà più avanti, per le quali è necessaria una diversa rappresentazione del rumore (in genere facendo riferimento a una configurazione già retroazionata e quindi di fatto non più differenziale). D’altro canto, nel caso delle architetture circuitali qui trattate, nelle usuali condizioni di impiego, utilizzare il modello di cui sopra non comporta solitamente errori inaccettabili per quanto riguarda la valutazione del rumore. Si procede quindi ipotizzando lo stadio simmetrico e in condizioni di carico di ingresso simmetrico. In questo caso i due generatori serie possono essere trasferiti su uno solamente dei due ingressi (ipotesi di reiezione del modo comune infinita, congruente con la perfetta simmetria) e sommati in quanto indipendenti. Il circuito equivalente diviene quindi quello della figura 5.22. Si noti che questa situazione è quella che si ritrova, ad esempio, nel caso degli amplificatori operazionali, che quindi vengono caratterizzati, dal punto di vista del rumore, tramite un generatore serie posto in corrispondenza di uno degli ingressi - in genere si considera quello non invertente – e due generatori parallelo uguali associati separatamente ciascuno degli ingressi. +V CC L1 L2 OUT 2 2 E ni IN Q2 Q1 I 2ni IN I 2ni I0 -VEE Figura 5.22 Modello per il rumore dello stadio differenziale nell’ipotesi di perfetta simmetria Si tratta a questo punto di determinare, nelle ipotesi fatte, il generatore serie e quello parallelo. Consideriamo il rumore nella regione bianca, solitamente di maggiore interesse; il contributo del 66 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI rumore in eccesso può essere comunque introdotto senza difficoltà seguendo lo stesso procedimento nel seguito adottato. Generatore di coda I0 Il generatore di coda I0, il quale di per sé produce rumore di corrente di entità non trascurabile rispetto a quello di altri elementi circuitali, non contribuisce al rumore in uscita in quanto genera nei due rami correnti uguali e totalmente correlate il cui effetto è quindi nullo sull’uscita differenziale. Si noti che in caso di asimmetria, e, in particolare, di carichi asimmetrici in ingresso, ciò non è più vero. Transistori di ingresso Trovandosi direttamente in ingresso essi contribuiscono ciascuno al generatore serie con il proprio generatore corrispondente generatore serie 2cI C 1 1 4kT 2 2 g mQ g mQ nessun contributo al generatore parallelo Il loro generatore parallelo, posto tra base ed emettitore, utilizzando il teorema di shift, può essere considerato scisso in due generatori posti rispettivamente in parallelo al carico in ingresso e alla coda dello stadio. Per le ragioni di simmetria sopra dette il secondo non dà alcun contributo; il primo contribuisce al solo generatore parallelo, essendo, per quanto riguarda quello serie, cortocircuitato. nessun contributo al generatore serie 1 2hFE g mQ I transistori in ingresso contribuiscono quindi con tutto il proprio rumore equivalente serie e parallelo. generatore parallelo 2qI B 4kT Carico Per quanto riguarda il carico, trattiamo nel seguito separatamente i due casi più frequenti e quindi importanti: il caso del carico passivo (resistori) e quello del carico attivo a specchio, quest’ultimo certamente di gran lunga il più utilizzato. 5.3.2 CARICO PASSIVO Consideriamo dapprima il caso del carico passivo (figura 5.23) costituito da resistori R L caratterizzati, in regione bianca, da rumore termico che conviene, al solito, esprimere nella forma parallelo 4kT 2 I nL RL 67 RUMORE ELETTRONICO +VCC RL RL OUT 2 2 E nQ IN Q2 Q1 2 I nQ IN 2 I nQ I0 -VEE Figura 5.23 Il rumore dello stadio differenziale BJT con carico passivo si limita di fatto al contributo dei soli transistori Il contributo al generatore serie risulta essere semplicemente 4kT 1 1 1 4kT 2 RL g mQ g mQ g mQ RL ed è del tutto trascurabile rispetto al contributo del transistore di ingresso, salvo casi del tutto eccezionali (stadi di ingresso di sistemi micropower purché utilizzanti anch’essi per il carico una frazione comunque piccola della tensione di alimentazione), essendo VL VCC 1 VT VT Allo stesso risultato si può giungere più immediatamente confrontando direttamente in uscita il rumore di corrente del resistore di carico con il rumore shot della corrente di collettore del transistore. Il contributo al generatore parallelo è dato da 4kT 1 RL h 2fe ed è quindi del tutto trascurabile rispetto a quello del transistore di ingresso 2h h feVCC 2VT h 2fe RL FE cioè g mQ Dunque il carico resistivo non dà di fatto alcun contributo al rumore che risulta quindi, sia per il generatore serie che per quello parallelo, dovuto ai soli transistori di ingresso: è questo il caso ottimale. 5.3.3 CARICO ATTIVO A SPECCHIO Il caso più interessante è costituito dal carico attivo a specchio (figura 5.24) in quanto tale carico, come è ben noto, risolve in maniera efficiente i problemi di polarizzazione dello stadio e produce un’uscita elettricamente differenziale pur essendo questa singola (“single ended”) dal punto di vista topologico. 68 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI +VCC Q3 Q4 OUT 4 E 2nQ IN Q2 Q1 2 I nQ IN 2 I nQ I0 -VEE Figura 5.24 Il rumore dello stadio differenziale BJT con carico attivo a specchio Come si è visto precedentemente, nel caso dello specchio semplice ciascun elemento contribuisce con 2 (IC=I0/2) I nL 2qI C che si confronta direttamente, sui collettori, con un uguale contributo dovuto ai transistori di ingresso. Quindi il carico a specchio non degenerato (e in egual modo carichi costituiti da generatori di corrente separati e non degenerati) produce, rispetto al caso del carico resistivo in cui pesavano solo i transistori di ingresso, un raddoppio del rumore serie: 1 2 2 e quindi rumore serie totale 4 E nQ Eni2 2EnQ 4kT g mQ Il contributo al rumore parallelo dato da 2qI C 1 1 2qI B 2 h fe h fe è chiaramente trascurabile rispetto a quello 2qI b del transistore di ingresso e quindi il rumore parallelo è dovuto ai soli elementi attivi di ingresso. 5.3.4 STADIO DIFFERENZIALE CON INGRESSO A JFET Consideriamo ora il caso della tecnologia BiFet in cui gli elementi attivi di ingresso sono costituiti da transistori a effetto di campo a giunzione. Carico resistivo Il carico può essere resistivo RD nel qual caso non dà solitamente un contributo importante al rumore dello stadio. Infatti un confronto, direttamente in uscita, tra il rumore di corrente del resistore di carico 69 RUMORE ELETTRONICO 4kT 1 1 4kTI D RD VDD VDD frazione della tensione di alimentazione utilizzata dal carico e quello del transistore di ingresso 2 VGS-VP tensione di “drive” 4kT gmF 4kTI D VGS VP mostra che il primo contributo è trascurabile nel caso sia VDD>>(VP-VGS)/2 Più spesso è semplicemente VDD>(VP-VGS)/2 Si noti come la situazione sia sensibilmente diversa da quella che si presenta nel caso dell’utilizzo di transistori bipolari. In tal caso la disuguaglianza da considerare è VCC VT ed è praticamente sempre verificata Carico a specchio bipolare E’ più frequente l’uso di un carico attivo. In questo caso possono essere utilizzati transistori bipolari, in genere in una struttura a specchio (figura 5.25), oppure JFET costituenti carichi separati (ricordiamo che uno specchio di corrente non è realizzabile tramite dispositivi JFET, che funzionano puramente in depletion mode). Consideriamo qui il caso del carico bipolare a specchio (gli stessi risultati si ottengono nel caso, poco frequente, in cui vengono utilizzati carichi bipolari separati) I generatori parallelo si possono considerare in genere trascurabili, salvo il caso di impedenze di sorgente molto elevate o funzionamento a frequenze prossime alla frequenza di taglio. In ogni caso, per frequenze non troppo elevate I n2 2qI G Il peso invece del carico attivo sul rumore serie appare immediatamente importante, potendo costituire addirittura il contributo dominante Infatti un confronto in uscita tra il rumore di corrente del transistore bipolare di carico g mQ full shot noise della corrente di collettore 2qI C 4kT 2 e quello del transistore JFET di ingresso rumore termico del canale 4kT gmF mostra che, data la maggior transconduttanza del transistore bipolare – tipicamente un fattore circa 10 a parità di corrente di lavoro – il rumore del carico risulta preponderante. Fa eccezione il caso di JFET di ingresso ad altissima transconduttanza, che in alcuni casi possono essere resi disponibili dalla tecnologia e vengono realizzati con tipico accoppiamento gate-canale interdigitato. Il peso relativo del rumore equivalente in ingresso del carico rispetto a quello degli elementi di ingresso è dato da 1 g mQ 2 g mF e quindi sostanzialmente dal rapporto delle transconduttanze. Il rumore serie totale risulta 4kT 1 g mQ 1 g mQ 2 Eni2 2 (1 ) 2 EnF (1 ) g mF 2 g mF 2 g mF 70 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI +VSS I0 1 2 4kT g mF 1 1 gmQ 2 gmF IN F1 IN F2 2 I nF 2 I nF OUT Q3 Q4 -VDD Figura 5.25 Il rumore dello stadio differenziale JFET con carico attivo a specchio BJT Allo stesso risultato si può giungere osservando che, partendo dal caso in cui i transistori di ingresso sono BJT e sostituendoli con JFET, il rumore del carico viene riportato in ingresso attraverso una transconduttanza inferiore e risulta quindi rappresentato da un generatore equivalente più grande, ovviamente con peso relativo determinato dal rapporto delle transconduttanze stesse. Va infine ricordato che il rumore serie dei dispositivi JFET è già esso in generale superiore a quello dei BJT. Carico attivo a JFET Nell’esempio riportato nella figura 5.26 come carichi attivi sono utilizzati transistori JFET polarizzati sulla caratteristica di lavoro IDSS; imponendo un punto di lavoro al di sopra della regione ohmica si ottiene una resistenza dinamica di carico pari alla resistenza di Early. +VSS I0 2 2 4kT g mF IN F1 IN F2 2 I nF 2 I nF OUT F4 F3 -V DD Figura 5.26 Il rumore dello stadio differenziale JFET con carico attivo costituito da JFET in configurazione IDSS 71 RUMORE ELETTRONICO Nell’ipotesi, solitamente verificata, che i transistori siano tutti uguali, dal punto di vista del rumore lo stadio si comporta come l’analogo bipolare: il carico contribuisce rumore in misura pari ai dispositivi di ingresso e quindi il rumore sostanzialmente raddoppia rispetto al caso di carico resistivo. Si ha quindi in totale per il generatore serie 2 2 4 EnF 2 4kT g mF Tale rumore risulta, in genere, inferiore a quello che si ottiene con carico bipolare e cioè nel rapporto 2 1 g mQ 1 2 g mF La differenza peraltro può essere ricondotta a livelli accettabili. 5.3.5 STADIO DIFFERENZIALE in TECNOLOGIA CMOS In tecnologia CMOS è ovviamente possibile realizzare specchi di corrente. E’ particolarmente interessante considerare dal punto di vista del rumore la struttura della figura 5.27 sia in regione bianca, sia in regione 1/f. La tecnologia CMOS presenta maggiore flessibilità di progetto anche per quanto riguarda il rumore in quanto la transconduttanza dei dispositivi non dipende, come invece nei BJT, solamente dalla corrente di lavoro, ma anche dalle caratteristiche geometriche, cioè dal rapporto di forma W/L. Ne discende che la transconduttanza dei dispositivi di ingresso e di carico può essere controllata separatamente agendo sui rapporti di forma pur essendo i dispositivi stessi percorsi dalla stessa corrente (in serie). +VSS I0 2 ( E 2ni + E 2nL 2 g mL g 2mi ) IN M1 IN M2 OUT M3 M4 -V DD Figura 5.27 Il rumore dello stadio differenziale CMOS con carico attivo a specchio 72 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI Il rumore serie (il solo di interesse) è chiaramente dato, per ciascun ramo, da 2 2 2 g mL i dispositivi di ingresso L dispositivi di carico E ni E nL 2 g mi (il rumore totale è ovviamente il doppio) Rumore bianco In regione bianca l’espressione più generale precedente diviene 4kT 2 mL 2 mi 1 1 g 4kT g mi g mL g W L 1 g mL 1 L L 4kT 1 4 kT 1 W g mi g mi g mi i L i e quindi il rapporto sotto radice può essere reso inferiore a 1 dimensionando i dispositivi di ingresso con un rapporto di forma maggiore di quello dei dispositivi di carico; in tal modo il carico può pesare in misura minore. Rumore 1/f Nella regione 1/f il rumore serie può essere rappresentato mediante l’espressione semi empirica (si veda il paragrafo 4.2.3) K 1 WL f (in K* si è conglobata anche la capacità specifica dell’ossido Cox) Si noti che tale rumore dipende inversamente dall’area di gate e cioè dal prodotto WL, mentre la transconduttanza dipende dal rapporto di forma W/L. Il rumore 1/f si può quindi scrivere, per ciascun ramo: 2 W K i K i L K L Li K L L L L 1 WL i WL L i W L WL i i K i LL i Il peso del rumore del carico rispetto a quello dei dispositivi di ingresso è controllabile attraverso le sole lunghezze di canale e può essere ridotto dimensionando il carico con lunghezza di canale maggiore di quella dei transistori di ingresso. Va peraltro ricordato che n > p (circa 3 volte) e K n > K p (anche un ordine di grandezza) La condizione LL > Li è ovviamente compatibile con la condizione (W/L)i > (W/L)L e quindi lo stadio può essere controllato sia per quanto riguarda il rumore 1/f che per quanto riguarda il rumore bianco. La tecnologia CMOS è più “flessibile”, da molti punti di vista, delle tecnologie bipolari in quanto i dispositivi possono essere controllati, per quanto riguarda diversi parametri, attraverso la loro geometria. Ciò è quanto accade anche nel caso del rumore. 5.4 LO STADIO CASCODE L’architettura cascode è particolarmente importante nelle strutture analogiche monolitiche ed è quindi di notevole interesse conoscerne le caratteristiche anche dal punto di vista del rumore. 73 RUMORE ELETTRONICO Trattiamo qui il caso della tecnologia bipolare, ma i risultati ottenuti si possono facilmente estendere ad altre tecnologie, in particolare CMOS. Va anche notato che, soprattutto in tecnologia bipolare, viene più spesso utilizzata l’architettura folded cascode, che, per quanto riguarda il rumore, si comporta diversamente, per ragioni di polarizzazione (se ne veda la trattazione nel paragrafo 5.6). In effetti, per quanto riguarda il rumore, associato, tranne casi eccezionali, unicamente allo stadio di ingresso, l’architettura di interesse è lo stadio differenziale cascode, ma le sue proprietà si derivano immediatamente da quelle del cascode emettitore (source) comune e quindi è questa la struttura che qui analizziamo. Infine va osservato che un’eventuale degenerazione di emettitore (source) ha gli stessi effetti sul rumore che presenta nella configurazione emettitore comune semplice. E’ bene osservare che la struttura circuitale cascode può essere vista semplicemente come un normale emettitore (source) comune la cui corrente di uscita viene trasferita al carico attraverso un elemento base (gate) comune. +VCC L OUT Q2 V REF E 2nQ 1 IN Q1 2 I nQ 1 Figura 5.28 Il rumore dello stadio cascode Consideriamo dunque il rumore associato alla corrente di uscita da tutta la struttura (cascode) considerando, come solitamente avviene, uguali i due transistori: è la somma di quello della corrente di collettore del transistore di ingresso emettitore comune (Q1 nella figura), che viene trasferito in uscita dal transistore base comune (Q2), e di quello che aggiunge quest’ultimo. Q2 può ovviamente essere visto, da questo punto di vista, come un generatore di corrente completamente degenerato: infatti dall’emettitore “vede” la resistenza di Early di Q1 e quindi si può considerare verificata la condizione 74 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI ro h fe VA h feVT cioè g mQ (le disequazioni si dovrebbero scrivere con un semplice > nel caso di transistori superbeta, ma comunque sarebbe presente una forte degenerazione) Il rumore associato alla corrente di uscita dell’elemento base comune si riduce quindi al solo rumore shot della corrente di base 2qIB Il contributo di Q1 è dato invece, con sufficiente approssimazione, da se l’ingresso è cortocircuitato (generatore equivalente serie) 2qI C se l’ingresso è aperto (generatore equivalente parallelo) 2qI B h2fe In ambedue i casi dunque il contributo di Q2 è del tutto trascurabile. Ovviamente si considera il riferimento di tensione VREF privo di rumore; peraltro il rumore ad esso associato si confronta con il rumore di corrente di collettore di Q1 attraverso la transconduttanza dello stadio visto dalla base di Q2, transconduttanza molto piccola perché determinata sostanzialmente dalla resistenza di Early di Q1. Si suole quindi dire che il cascode è “noiseless”, col che si intende che il passaggio da struttura di partenza a struttura cascode non comporta aggiunta di rumore. Nel caso di transistori a effetto di campo si possono fare considerazioni analoghe (ha interesse solo il generatore serie) e il risultato finale è il medesimo. 5.5 LO STADIO DI INGRESSO DELL’ AMPLIFICATORE OPERAZIONALE 741 A titolo di esempio di una configurazione un poco più complessa di quelle sinora esaminate, possiamo considerare lo stadio di ingresso di un ben noto amplificatore operazionale, il 741 (figura 5.29). La struttura, di cui non è mostrata nella figura la rete di polarizzazione (che, chiaramente non può essere ottenuta tramite un semplice generatore di corrente di “coda”) eccezion fatta per il transistore a pozzo di corrente Q8, è CC-CB, cioè common collector – common base,Q1-Q3, Q2Q4 con un carico a specchio (specchio a compensazione della corrente di base) leggermente degenerato Q5, Q6, Q7, R. Limitiamoci a valutare il rumore serie in regione bianca, ma non vi sono difficoltà nel determinare il rumore parallelo e nell’estendere la trattazione al rumore a bassa frequenza. I transistori Q1 e Q2, posti direttamente in ingresso, contribuiscono tutto il loro rumore serie. Ciascuno: 1 1 En2 2qIC 2 4kT gmQ 2 gmQ (La corrente di lavoro è di circa 10 A e quindi il rumore dominante è, al solito, quello shot della corrente di collettore; nel caso peraltro che le resistenze di spreading siano elevate il loro contributo risulta non del tutto trascurabile). Lo stesso rumore contribuiscono i transistori base comune Q3 e Q4, in quanto, essendo il guadagno di tensione dei transistori di ingresso unitario (followers), tutto il loro rumore serie è riportato direttamente in ingresso. Si ha quindi per ciascun transistore un altro contributo pari a En2 2qIC 1 1 4kT 2 gmQ 2 gmQ 75 RUMORE ELETTRONICO +VCC Q8 IN IN Q1 Q2 Q4 Q3 OUT Q7 Q5 R Q6 R1 R -VCC Figura 5.29 Lo stadio di ingresso del A 741 Lo specchio di corrente di carico può essere analizzato senza tener conto del contributo di Q7, R1 in quanto il generatore serie di Q7 agisce praticamente a circuito aperto (vede i collettori di Q3 e Q5) e i generatori parallelo di Q7 (2qIB7) e R1 (4kT/R1) sono di entità comunque trascurabile rispetto al rumore di corrente di collettore dei transistori di ingresso, considerato anche il valore relativo di R1 (50 k). La corrente di rumore dovuta al carico è quindi (si ricordi lo specchio degenerato) g mQ 2 2 dove g m I nL En2 ( I nR I n2 ) R2 gm2 1 g mQ R La degenerazione dello specchio è del tutto insufficiente per produrre una apprezzabile riduzione del suo rumore. Infatti nel 741 si ha IC = 12 A e quindi 1/gmQ = 2,08 k R = 1 k per cui gmQR < 1 Il rumore è perciò in prima approssimazione quello di uno specchio semplice e cioè, per ciascun ramo 76 RUMORE NELLE ARCHITETTURE CIRCUITALI 2qIC che deve essere riportato in ingresso attraverso la transconduttanza dello stadio che, essendovi in ingresso due giunzioni in cascata, è la metà di quella di un semplice stadio differenziale, e cioè, per ciascun ramo, di quella di un singolo transistore. In conclusione per ciascun ramo il rumore serie riportato in ingresso è dato, con buona approssimazione, da 1 1 4 2qIC 2 2qIC 2 2qIC 2 gmQ gmQ gmQ e si vede che il maggior contributo è dovuto al carico a causa della ridotta transconduttanza degli elementi di ingresso. Il rumore serie totale, tenuto conto di ambedue i rami dello stadio differenziale, è quindi dato approssimativamente da: 2 1 1 circa 200 nV cioè circa 14 nV 24qI C 2 6 (4kT ) Hz Hz g mQ g mQ corrispondente a una resistenza equivalente di rumore 6 circa 12,5 kΩ Rn g mQ In realtà i transistori impiegati nel 741 hanno resistenze di spreading non trascurabili (circa 500), per cui per una valutazione più accurata è necessario aggiungere il loro contributo. Si ha un contributo diretto da parte delle coppie CC-CB di ingresso pari evidentemente a 4·4kTrbb’ e un contributo dovuto allo specchio di carico 4 2 4kTrbb' g m2 2 8 4kTrbb' g mQ In totale quindi 2 12(4kT rbb’) pari a circa 96 nV Hz Si ottiene quindi un rumore serie complessivo approssimativamente pari a 17 nV e una resistenza di rumore di circa 18 kΩ Hz Tenendo conto anche della pur lieve degenerazione dello specchio si ottiene infine un rumore serie un poco inferiore, e cioè 15,7 nV e una resistenza di rumore di circa 15,5 kΩ Hz E’ evidente che la struttura dello stadio di ingresso del 741 è caratterizzata da rumore notevolmente più elevato di quello dello stadio differenziale più semplice: facendo riferimento a un carico a specchio, circa 3 volte maggiore. E’ opportuno comunque ricordare che, considerate le approssimazioni fatte e la dispersione dei vari parametri in gioco, i risultati di analisi di questo tipo (e anche delle misure) sono da ritenersi solo indicativi, ma non per questo privi di significato nel confronto tra diverse architetture. 5.6 STADIO DI INGRESSO FOLDED CASCODE Si tratta di una configurazione spesso utilizzata sia in tecnologia bipolare standard, sia in tecnologie bipolari o BiFet più avanzate, sia in tecnologia CMOS. 77 RUMORE ELETTRONICO STADIO FOLDED CASCODE +VCC Q8 Q7 IN IN Q1 Q2 Q3 Q4 OUT Q5 Q9 Q6 -VCC Figura 5.30 Lo stadio folded cascode (non sono indicate le reti di polarizzazione di Q3-Q4, Q7-Q8 e Q9) I transistori Q3 e Q4 sono gli elementi base comune che insieme agli elementi di ingresso costituiscono il cascode (folded, cioè “ripiegato su sé stesso, in quanto i transistori base comune sono pnp mentre quelli di ingresso sono npn). Sono quindi di per sé “noiseless”, cioè non contribuiscono al rumore. Il fatto però che il cascode sia folded richiede l’introduzione dei generatori di corrente ausiliari Q7 e Q8 che contribuiscono tutto il loro rumore di corrente. Anzi, dato che devono portare la somma delle correnti che fluiscono nelle due sezioni del cascode, il loro contributo al rumore risulta essere quello più elevato. Consideriamo anche qui la regione bianca. Sia I la corrente che fornisce ciascun generatore Q7 e Q8, ICi e ICL le correnti rispettivamente nei transistori di ingresso e nel carico. Per valutare il peso relativo dei contributi di rumore della coppia di ingresso, del carico a specchio e dei generatori ausiliari è particolarmente comodo confrontare i rispettivi contributi alla corrente di rumore in uscita. E’ infatti evidente che tutte le correnti di rumore dovute agli elementi circuitali di cui sopra fluiscono nel carico. Trattandosi, in genere con buona approssimazione, del solo rumore shot associato alle correnti di collettore, si ha quindi, per ciascun ramo 2qI Ci I CL I 2q2I essendo, ovviamente, I I Ci I CL Detta γ la frazione della corrente I utilizzata dai transitori di ingresso, si può scrivere 2 2qI I 1 I 2qI Ci (0<γ<1) In particolare per γ=0,5 (che rappresenta la condizione usuale) si ottiene, per ciascun ramo 2qIC·4 cioè quattro volte il rumore dovuto ai soli transistori di ingresso, due volte quello di un semplice stadio differenziale con carico a specchio. La struttura è quindi anch’essa particolarmente rumorosa: un fattore 2 rispetto allo stadio differenziale semplice con carico a specchio. Il rumore risulterebbe ridotto con >0,5 ma è questa è in genere una condizione incompatibile con una corretta polarizzazione dei transistori del ramo di uscita. 78 ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE Cap. 6 ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE 6.1 AMPLIFICATORE PER STRUMENTAZIONE 6.1.1 ARCHITETTURA CIRCUITALE E SCELTA DEI COMPONENTI DI PRIMO APPROCCIO Si vuole progettare un amplificatore per strumentazione “a minimo rumore”, cioè ponendo particolare attenzione a ridurre il più possibile il rumore equivalente in ingresso onde deteriorare il meno possibile il rapporto segnale rumore della sorgente di segnale. L’amplificatore è quindi un prodotto “dedicato” (non “general purpose”), cioè destinato a un ristretto campo di applicazioni. Sono quindi consentite, al fine del raggiungimento dell’obbiettivo proposto, soluzioni, in particolare circuitali e di polarizzazione, altrimenti opinabili. Ovviamente devono essere rispettate le caratteristiche peculiari di un amplificatore per strumentazione, in particolare elevata reiezione del modo comune ed elevata resistenza di ingresso. Si è scelta la struttura rappresentata nella figura 6.1 in cui, a priori, per ragioni di minimizzazione del suo contributo al rumore, è stato utilizzato per lo stadio di ingresso un carico resistivo RD. Si sono scelti come elementi di ingresso dei transistori JFET che consentono di ottenere una resistenza di ingresso molto elevata e sostanzialmente indipendente dalla corrente di polarizzazione. La scelta risulta compatibile con buone caratteristiche dal punto di vista del rumore qualora la tecnologia disponibile fornisca JFET con area di gate di grandi dimensioni (strutture interdigitate) e quindi elevata transconduttanza; JFET con questa struttura possono presentare, a pari corrente di lavoro, transconduttanze anche superiori a quella del transistore bipolare, a costo, ovviamente, di un peggioramento della risposta in frequenza (aumento della capacità gate-canale). +VCC RD RD OUT A IN + S F1 F1 IN - R R1 R1 Q2 Q2 R0 R2 R2 Q3 Q3 DZ RE RE V ref -VCC Fig. 6.1 Progetto di amplificatore per strumentazione a “minimo rumore” 79 RUMORE ELETTRONICO La struttura amplificatrice indicata con A non è, nel sistema monolitico, un amplificatore operazionale con tutte le caratteristiche di un amplificatore “stand alone”, ma è una struttura, qui non indicata, differenziale in ingresso, con resistenza di ingresso >>RD, con resistenza di uscita sufficientemente bassa e con guadagno in continua sufficientemente elevato, tale cioè da garantire un guadagno d’anello >>1. Si può facilmente mostrare che il guadagno in continua dell’amplificatore, in prima approssimazione, risulta essere dato da R R2 R dove 1 è l’inverso della partizione resistiva di G0 0 R2 R retroazione Tale risultato si ottiene immediatamente se si considera R>>1/gmF R0>>1/gmQ Q3 generatori di corrente pressoché ideali (e, ovviamente, Gloop>>1) e discende dalle seguenti considerazioni: nelle ipotesi sopra riportate e purché A sia sufficientemente elevato da rendere il segnale errore tra i drain di F1 trascurabile rispetto al segnale ivi presente ad anello aperto, la corrente in risposta al segnale di ingresso v i ad anello chiuso risulta confinata nella maglia R-Q2-R0; quindi vo 1 v da cui l’espressione del guadagno sopra riportata i R0 R In realtà si può facilmente dimostrare che tale espressione non richiede che sia verificata l’ipotesi R>>1/gmF . Infatti il guadagno di andata risulta inversamente proporzionale a 2 R g mF e il guadagno d’anello proporzionale a 2 R R gmF Si noti che il principio di funzionamento della struttura scelta per realizzare l’amplificatore “instrumentation” si basa proprio sopra quanto sopra enunciato. In altre parole, attraverso la retroazione, vengono confrontate la corrente prodotta dal segnale di ingresso attraverso il convertitore attivo tensione-corrente F1-R e quella prodotta dalla retroazione attraverso il convertitore attivo tensione-corrente Q2-R0. L’amplificatore si può quindi considerare retroazionato di corrente e quindi rientrante nella categoria degli amplificatori “current feedback”, anzi “active current feedback” in quanto i convertori tensione corrente utilizzati sono convertitori attivi. L’amplificatore può essere quindi utilizzato “a banda costante” oppure “a prodotto guadagno-banda costante”, a seconda che, per variare il guadagno, si utilizzi il resistore R (purché sia rispettata la condizione R>>2/gmF) oppure il resistore R0. Infatti nel primo caso il guadagno d’anello, nell’ipotesi fatta, con buona approssimazione, non viene a dipendere da R e quindi da R non dipende la banda ad anello chiuso mentre ne dipende il guadagno. Sempre nel primo caso, ma con 2/gmF>>R il guadagno d’anello viene a dipendere direttamente da R e quindi viene mantenuto costante il prodotto guadagno-banda. Vi è transizione tra i risultati precedenti, cioè tra banda costante e prodotto guadagno-banda costante se nessuna delle precedenti condizioni è osservata e cioè se R e 2/gmF sono confrontabili. Se poi il guadagno viene controllato attraverso R0 il guadagno d’anello dipende inversamente da tale resistenza mentre il guadagno ne dipende direttamente e quindi anche in questo caso si mantiene costante il prodotto guadagno-banda. Quanto detto vale in generale in prima approssimazione. Analizziamo ora la struttura dal punto di vista del rumore (determinazione dei generatori equivalenti in ingresso) considerando valide le approssimazioni sopra riportate e limitandoci alla regione di rumore bianco; è immediata l’estensione alla regione di rumore 1/f. Si noti che i resistori R e R0 a riposo non sono percorsi da corrente e quindi non contribuiscono rumore 1/f. 80 ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE Come ovvio, avendo utilizzato dei dispositivi a effetto di campo in ingresso, l’unico generatore equivalente di rumore in ingresso di peso non trascurabile è quello serie. 6.1.2 DETERMINAZIONE DEL GENERATORE EQUIVALENTE SERIE DI RUMORE IN INGRESSO. Contributo dei resistori. Il resistore R produce rumore serie 4kTR che si ritrova tutto, equivalentemente, in ingresso se il sistema costituito dalle coppie Q2 e Q3 può essere considerato equivalente a una coppia di generatori di corrente “ideali” (approssimazione ben verificata). Dunque il suo contributo è 4kTR e si può quindi dire che, dal punto di vista del rumore, è come se si trovasse direttamente in ingresso. Il resistore R0 produce rumore di corrente 4kT/R0 che, sempre nelle ipotesi fatte e come più sopra mostrato, può circolare solamente nella maglia R-Q2-R0 e quindi si converte su R in rumore serie R2 R che si trasporta direttamente in ingresso 4kT 4kTR R0 R0 ed è trascurabile rispetto al contributo di R se R0>>R Ciascuno dei resistori RD di carico può essere convenientemente modellizzato attraverso il generatore equivalente di rumore parallelo 4kT/RD. Tale corrente fluisce tutta nei resistori stessi se, come ragionevole in una prima approssimazione, si considera la resistenza interna di Early dei due JFET di ingresso grande rispetto a RD (e, come già detto, grande rispetto a RD anche la resistenza di ingresso di A). La tensione quadratica totale di rumore tra i due drain di F1 risulta essere 2•4kT RD (i due contributi sono incorrelati) e uguale tensione viene prodotta da un generatore serie posto in ingresso dato da R2 R trascurabile rispetto al contributo di R se 4kT 4kTR 2 RD 2 RD 2RD>>R Si noti che, in questo caso, la valutazione del rumore è stata effettuata ad anello aperto, in virtù del fatto che il rapporto segnale/rumore in ingresso non dipende dalla presenza o meno della retroazione (ovviamente purché si tenga conto del rumore prodotto da tutti gli elementi del sistema, compresi quelli della rete di retroazione): può, a volte, risultare più comodo e immediato procedere in queste condizioni. I resistori RE dei generatori di corrente Q3, ipotizzando RE>>1/gmQ3, producono ad anello aperto una corrente di rumore entro ciascuno dei resistori RD pari a 4kT/RE. Ragionando come nel caso precedente si trova che la stessa corrente è prodotta da un generatore serie in ingresso R2 R 4kT 4kTR trascurabile rispetto al contributo di R se 2 RE 2 RE 2RE>>R Dunque, come evidente a priori, nelle ipotesi fatte, i resistori RE si comportano come i resistori RD. Il contributo dei partitori R1-R2 può essere facilmente valutato notando che il trasferimento tra il nodo S (possibile ingresso ausiliario di “sense”) e l’uscita di tutto l’amplificatore è unitario. Infatti, sempre nelle ipotesi più addietro riportate, un segnale vs applicato a S (ovviamente in assenza di segnale applicato tra gli ingressi di F1) non può far scorrere corrente in R0 in quanto 81 RUMORE ELETTRONICO questa scorrerebbe necessariamente in R e non sarebbe compatibile con vi=0; quindi vo deve essere tale da mantenere nulla questa corrente e perciò, data la simmetria della struttura, uguale a vs. Considerando una delle reti R1-R2, ad esempio quella corrispondente al nodo S, trasformando Norton-Thevenin su R1 il rumore parallelo associato a R2 e aggiungendolo al rumore serie di R1 si ottiene un unico generatore di rumore serie posto sull’ingresso S R 4kT 2 R1 4kTR1 4kTR1 1 1 4kTR1 R2 R2 Tale rumore si ritrova quindi inalterato in uscita e può essere riportato in ingresso attraverso il guadagno dell’amplificatore RR1 R2 4kTR1 RR1 R2 4 kTR 4 kTR 4 kTR 1 G02 2 R02 R02 R02 Da cui si vede che, perché il contributo al rumore dei partitori R1-R2 sia di modesta entità, il parallelo R1 R2 deve risultare di valore sufficientemente piccolo, a differenza di quanto accade per gli altri resistori (R0, RD, RE); in altre parole conta il loro rumore serie. Il rumore serie totale dovuto ai componenti passivi è quindi esprimibile come R R R R R1 R2 4kTR 1 2 R0 Ro R0 2RD 2RE Quindi per minimizzare il contributo al rumore i resistori R0, RD, RE, R1, R2 devono, se possibile, essere scelti in modo da rendere piccoli rispetto a 1 i termini da essi dipendenti contenuti nella parentesi. Ciò è possibile purché il guadagno venga variato tramite R0, sia sempre sufficientemente grande rispetto a 1 e R sia sufficientemente piccolo. Quest’ultima condizione, d’altro canto, è comunque la condizione perché gli elementi passivi pesino poco: il resistore R contribuisce al rumore come se fosse posto direttamente in ingresso e si confronta quindi con il generatore serie del transistore, cioè con 1/gmF. Contributo dei transistori. I transistori a effetto di campo a giunzione F1 ovviamente contribuiscono tutto il loro rumore serie in ingresso, cioè ciascuno 1 4kT g mF Come già detto, devono quindi essere disponibili transistori a effetto di campo a giunzione ad elevata transconduttanza che per offrire un buon comportamento dal punto di vista del rumore, devono essere comunque fatti funzionare a correnti relativamente elevate (parecchie centinaia di A). A questo proposito è bene ricordare che la transconduttanza dipende dalla corrente di lavoro linearmente per il transistore bipolare e secondo la radice per il transistore a effetto di campo. Quindi a basse correnti gmF>gmQ e il transistore JFET risulterebbe superiore (a parte il fattore correttivo ) al BJT (a parte il fattore correttivo ½) dal punto di vista del rumore serie. D’altro canto ciò si verifica solo per correnti molto basse: ad esempio per un JFET con IDSS = 5 mA (cioè elevatissima in un sistema monolitico e che comporterebbe dimensioni estremamente grandi - W/L dell’ordine delle centinaia - rispetto a un dispositivo tipico) solo per correnti inferiori a circa 15 A. Quindi il JFET, dal punto di vista del rumore serie è di fatto sempre inferiore al transistore bipolare. E’ però di gran lunga superiore dal punto di vista della resistenza di ingresso, delle correnti di bias, del rumore parallelo. 2 I transistori bipolari Q2 sono caratterizzati dal loro rumore serie EnQ 2 e dal loro rumore 2 parallelo I nQ 2 . Per quanto riguarda il rumore serie si può procedere ad esempio,nel modo seguente ricordando ancora il comportamento dell’ingresso di sense S. 82 ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE 2 Trasformando Norton EnQ 2 sul parallelo R1 R2 e poi Thevenin su R1 si ottiene un generatore serie sull’ingresso S 1 2 2 2 EnQ R 2 EnQ 2 2 2 1 ( R1 R2 ) Che si riporta uguale in uscita e quindi in ingresso all’amplificatore attraverso il guadagno dello stesso, generando, per ciascun transistore il contributo R2 2 EnQ 2 R02 Risultato al quale si poteva pervenire direttamente notando che, nelle ipotesi fatte, il generatore serie di Q2 produce in R0, attraverso il convertitore attivo tensione-corrente, la corrente ad anello chiuso, può fluire solo nella maglia R0-Q2-R e quindi produce su R la caduta 2 EnQ 2 R02 2 EnQ 2 R02 che, R 2 , la quale, sempre nelle ipotesi fatte, corrisponde a un’uguale rumore serie in ingresso. 2 Per quanto riguarda il rumore parallelo al generatore I nQ 2 si può applicare (linearmente) il teorema di shift ottenendo così un generatore in parallelo a R2 e un generatore posto tra il riferimento di tensione e l’emettitore del transistore. Il primo può essere trasformato Thevenin su R1 per ottenere un generatore serie sull’ingresso di sense S che si può trattare come già visto precedentemente ottenendo il contributo lineare R 2 I nQ 2 R1 R2 R0 (in alternativa si può trasformare Thevenin il generatore sul parallelo di R1 e R2 ottenendo un generatore in serie alla base del transistore Q2 che viene convertito in corrente da R0 e riconvertito in tensione da R; ovviamente si ottiene lo stesso risultato) Il secondo, in prima approssimazione, infila tutta la sua corrente in Q2 e quindi, come si è visto più sopra, è come se la infilasse in R/2 (stiamo di fatto considerando “metà” della struttura), dato che, ad anello chiuso, non può (in prima approssimazione) scorrere corrente di segnale in RD. Il suo contributo lineare è dunque 1 2 I nQ 2 R 2 I due contributi risultano avere lo stesso segno e quindi il contributo complessivo al generatore serie in ingresso, per ciascun transistore, è dato da I 2 nQ 2 R R 1 R 1 2 2 R0 2 2 Il rumore serie dei transistori bipolari Q3 produce, attraverso la transconduttanza determinata essenzialmente da RE, una corrente che, come sopra ricordato, è come se scorresse in R e dunque il contributo al generatore serie in ingresso risulta essere, per ciascun transistore 1 2 R2 EnQ 3 2 4 RE (il fattore ¼ deriva al solito dal fatto che si considera “metà” della struttura) Il rumore parallelo dei transistori bipolari Q3, essendo la loro base a potenziale fisso, risulta applicato all’emettitore, fluisce tutto in Q3 e Q2 e quindi, equivalentemente in R. Perciò, per ciascun transistore 83 RUMORE ELETTRONICO 1 2 2 I nQ 3 R 4 (il fattore ¼ deriva al solito dal fatto che si considera “metà” della struttura) Complessivamente quindi i transistori danno al generatore serie in ingresso il contributo 2 R2 1 2 R2 1 1 2 2 2 2 2 2 R1 R2 2 EnF EnQ 2 2 EnQ 3 2 I nQ 2 R I nQ 3 R R0 4 RE 2 4 R0 che, essendo i transistori percorsi dalla stessa corrente e scrivendo il rumore in “forma termica” (stiamo considerando il rumore in regione bianca), si può esprimere come 2 g mQ 2 R1 R2 1 1 1 1 R2 1 R2 2 4kT 4kT 4kT R 2 2 g mF 2 g mQ R0 4 RE 2hFE 2 4 R0 Quindi, ancora una volta, per minimizzare il contributo al rumore dei transistori, i resistori R0, RE, R1, R2 devono, se possibile, essere scelti in modo da rendere piccoli, rispetto al primo, i termini da essi dipendenti. Ciò è possibile purché il guadagno venga variato tramite R0 e sia sempre sufficientemente grande rispetto a 1. Contributo dell’amplificatore A. La struttura amplificatrice indicata con A è ovviamente dotata di uno stadio di ingresso differenziale che quindi risulta caratterizzabile dal punto di vista del rumore tramite un generatore serie e due generatori parallelo uguali. Essendo peraltro definiti i carichi in ingresso RD (si considera la resistenza interna di Early dei due JFET di ingresso grande rispetto a RD) tali generatori possono essere ricondotti, sempre se sono rispettate le ipotesi più volte ricordate, a un unico generatore serie 2 2 EnA 2 I nA RD2 che appare di fatto tra i drain di F1 ed è perciò rappresentato equivalentemente in ingresso dal rumore serie R2 1 2 R2 1 2 2 2 2 EnA 2 I nA RD2 EnA 2 I nA R 4 RD2 4 RD 2 Anche tali contributi possono essere resi di peso trascurabile. 6.1.3 CONCLUSIONI La struttura considerata può essere progettata, con una opportuna scelta dei componenti e delle condizioni di polarizzazione, in modo che il rumore (serie) riferito all’ingresso risulti dovuto sostanzialmente soltanto alla coppia di JFET F1 e al resistore R. Le condizioni da rispettare sono sostanzialmente: 1) transistori di ingresso F1 a transconduttanza intrinsecamente elevata (elevata IDSS) ed elevata corrente di lavoro; ad esempio IDSS=5mA, ID=800 A, VP=0,9V gmF=4,4 mA/V, 1/ gmF=227 nV 2 2 EnF 1,88 Hz nV 2 quindi per la coppia di transistori 3, 76 Hz 2) resistenza R di conversione tensione corrente tale da non contribuire rumore in misura preponderante rispetto alla coppia F1; deve peraltro essere commisurata alla dinamica di ingresso e alla corrente di lavoro e comunque al più comparabile con 2/ gmF per non 84 ESEMPIO DI PROGETTO A BASSO RUMORE rendere la conversione troppo dipendente dai parametri attivi dei transistori; ad esempio R=250 quindi nV 2 2 EnR 4,14 Hz Si noti che tale scelta di R non consente di rispettare una delle ipotesi (R>>2/ gmF) utilizzate per la valutazione del rumore serie, ma tale rumore è stato determinato soltanto in prima approssimazione per consentire poi adeguate scelte progettuali ; i risultati precedentemente ottenuti si correggono facilmente sostituendo a R la resistenza totale di conversione R+2/ gmF 3) resistenza R0 sufficientemente grande rispetto a R; il rapporto R0/R, a parte il fattore , determina il guadagno della struttura (almeno in prima, e di fatto buona, approssimazione) e risultando , per ragioni di polarizzazione in continua, tipicamente attorno a 3, per guadagni dell’ordine di qualche decina la condizione posta è abbastanza bene verificata; l’amplificatore considerato deve essere pensato, come già detto, come una struttura “dedicata”, da impiegare laddove siano sopratutto importanti determinate caratteristiche: in particolare buona differenzialità, elevata resistenza di ingresso, basso rumore, alta linearità, ecc.; è quindi destinato tipicamente all’uso come “front end” analogico per il prelievo del segnale da trasduttori, cioè come “preamplificatore” con guadagno relativamente modesto e spesso fisso, tale soltanto da rendere trascurabile il contributo al rumore da parte dei blocchi di guadagno ed elaborazione successivi; il guadagno complessivo necessario viene prodotto da un amplificatore principale a valle che ne consente anche la regolazione. Possiamo quindi progettare per un guadagno, ad esempio, di circa 50 e quindi, assumendo =3 (si veda anche più avanti), R0=4 k, per cui, come è immediato verificare, il contributo di R0 al rumore risulta del tutto trascurabile rispetto ai precedenti 4) resistenze RD e RE sufficientemente grandi rispetto a R, condizioni queste facili da ottenere; utilizzando una tensione di Zener di circa 5,6 V (breakdown della giunzione E-B di un BJT) le resistenze RE risultano di 6k e quindi contribuiscono al rumore in misura del tutto trascurabile; quanto a RD possono essere scelte in modo da garantire come dinamica del modo comune positiva in ingresso circa la metà della tensione di alimentazione e quindi, ipotizzando questa fissata e pari a 15 V, si ottiene RD= 9 kanch’esse dunque contribuiscono al rumore in misura del tutto trascurabile 5) resistenze R1 e R2 sufficientemente piccole; scegliendo, in base a considerazioni di dinamica del segnale in uscita e di dinamica negativa del modo comune in ingresso (che qui non riportiamo) =3 e tenendo conto del fatto che il partitore R1-R2 non deve richiedere eccessiva corrente di polarizzazione allo stadio di uscita dell’amplificatore, per non ridurre la potenza disponibile per il segnale erogato, un compromesso ragionevole può essere quello di porre R1 e R2=7,5 k per cui R1//R2 =5 k e quindi anche in questo caso si produce un contributo al rumore trascurabile Come è facile verificare, con le scelte progettuali operate, il rumore associato ai transistori Q2 e Q3 risulta trascurabile. Lo stesso si verifica per quanto riguarda l’amplificatore A. In definitiva l’amplificatore instrumentation può essere dimensionato come riportato nella figura 6.2 85 RUMORE ELETTRONICO +15V 9 RD RD 9 OUT 0,8 mA IN + 0,8 mA F1 F1 A IN - R 0,25 R1 15 R1 15 Q2 S Q2 R0 R2 7,5 R2 7,5 4 Q3 Q3 RE 6 RE 6 V ref -9,4V DZ 5,6V Tutte le resistenze in k -15V Fig. 6.2 Progetto di amplificatore per strumentazione a “minimo rumore”: dimensionamento e risulta caratterizzato da rumore serie dovuto solamente ai transistori di ingresso e al resistore R, circa pari a nV 2 Eni2 8 Hz cioè nV 3 Hz L’esempio considerato rappresenta un primo approccio al progetto definitivo. Per quanto riguarda il rumore, ulteriori (ma modesti) miglioramenti possono essere ottenuti modificando alcuni parametri, ma, soprattutto andrebbe valutato il comportamento a bassa frequenza (rumore 1/f). In ogni caso l’ottimizzazione dal punto di vista del rumore va confrontata con la necessità di rispettare altre specifiche come ad esempio CMR, offset di tensione, risposta in frequenza, linearità, ecc. 86 BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA D.A. BELL Electrical Noise D. Van Nostrand Company, 1960 Testo classico, un poco datato. La trattazione del rumore shot fa riferimento ai tubi elettronici; i dispositivi allo stato solido non vengono considerati. D.A. BELL Noise in the Solid State Pentech Press, 1985 Ottima trattazione del rumore che complementa la precedente considerando specificamente i dispositivi allo stato solido. Vengono trattati anche materiali e dispositivi “speciali” (materiali ferromagnetici, dispositivi a portatori caldi, dispositivi criogenici, rivelatori di radiazione, CCD e SCN, ecc.). J.S. BENDAT Principles and Applications of Random Noise Theory John Wiley & Sons, 1958 Ottima, classica trattazione dei metodi statistici ditrattamento del segnale M.J. BUCKINGHAM Noise in Electronic Devices and Systems Ellis Horwood Ltd- John Wiley & Sons, 1976 Ormai classico testo sul rumore elettronico. Propone una descrizione fisica e matematica del rumore di iniezione (“shot”) associato ad una giunzione p-n che appare più soddisfacente delle precedenti (Van der Ziel). Tratta anche dispositivi “speciali” quali dispositivi a portatori caldi, diodi tunnel, amplificatori parametrici, dispositivi Josephson (squid), rivelatori della radiazione gravitazionale. W.B. DAVENPORT, W.L. ROOT An Introduction to the Theory of Random Signals Mc-Graw Hill, 1958 Ottimo testo di statistica e, in generale, di descrizione matematica dei segnali casuali. B.M. OLIVER Thermal and Quantum Noise Proc. IEEE, vol.53, 5, 1965A p436 Ottimo articolo di rassegna con approccio fisico. La trattazione del rumore termico è termodinamica. Purtroppo incorre in un errore di interpretazione fisica del rumore associato al transito dei portatori attraverso una giunzione p-n. H.W. 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