S. MESSA PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI
(Padova, chiesa di S. Sofia, 15 novembre 2006)
Cari amici,
la memoria di sant’Alberto Magno ci richiama con insistenza alla
profondità della ricerca intellettuale, filosofica, teologica e culturale di cui
fu insigne maestro ed appassionato cultore. La sua non è certo una cultura
debole e povera, come spesso è la nostra, ma forte e alta nello scrutare le
profondità del mistero di Dio, dell’uomo, della storia e della stessa natura. Il
suo punto di partenza e la stella di orientamento che sempre lo ha guidato è
quanto abbiamo ascoltato da Paolo nella prima lettura. L’apostolo procede,
nel suo ragionamento, mettendo in parallelo due costanti dimensioni proprie
dell’uomo e che riguardano il suo essere creatura intelligente e dotata di
razionalità e il suo spirito, che lo apre ad una intelligenza superiore,
illuminata dalla rivelazione e dal dono dello Spirito Santo. Così vediamo
che parla dei segreti dell’uomo e delle profondità di Dio, dello spirito
umano e di quello divino, dello spirito del mondo e dello Spirito di Dio,
della sapienza umana e di quella divina, dell’uomo naturale e dell’uomo
spirituale.
Per ciascun binomio sviluppa gli aspetti propri, sottolineandone le
diversità per accentuare il primato di Dio e dello Spirito Santo, che dona
una luce superiore e conduce alla verità tutta intera lo spirito e l’intelligenza
umana, altrimenti destinati a restare nell’oscurità sulle cose che riguardano
Dio. Arriva così ad affermare che l’uomo naturale, che si chiude dentro
orizzonti solo umani di ricerca e di accostamento ai misteri di Dio e
dell’uomo stesso, non comprende le cose dello Spirito di Dio. Esse sono
follia per lui e non è capace di intenderle, perché solo chi si lascia guidare
dallo Spirito può giudicarle. Dietro questa espressione c’è il suo Vangelo,
quello della croce di Cristo, che è giudicato scandalo dai giudei e pazzia dai
greci, ma, per chi si salva, è sapienza e potenza di Dio, che si rivelano e si
donano ai semplici e agli umili.
Ma il punto centrale che voglio richiamare, in riferimento alla figura
di sant’Alberto Magno e anche alla nostra vita di credenti oggi nel contesto
dell’Università, è riferito all'affermazione paolina che dice: "Lo Spirito
scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio".
Chi si lascia guidare dallo Spirito di Dio, può scandagliare ogni
realtà umana ed aprire il proprio spirito al mistero rivelato, accogliendone la
verità come luce illuminante l’intelligenza e riscaldante il cuore. Fede e
ragione, ragione e fede sono conseguenti e si illuminano a vicenda grazie
all’azione dello Spirito di Dio, che vive nell’uomo spirituale e lo sostiene,
perché non giudichi solo a partire da categorie umane o da chiusure
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razionalistiche, che escludono Dio e il soprannaturale metafisico. Mi piace
qui riportare quanto ha affermato da Papa Benedetto XVI a Verona:
"L’incontro con la persona di Gesù Cristo si manifesta in maniera creativa
e peculiare anche nell’attuale contesto umano e culturale in rapporto alla
ragione, che ha dato vita alle scienze moderne e alle relative tecnologie".
Dopo aver ricordato il principio matematico elaborato da Galileo, quale
presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici (il libro della natura è
scritto in linguaggio matematico), il Papa richiama il fatto che "lo sviluppo
delle scienze ci riporta verso il Logos creatore, capovolgendo la tendenza
a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, riconducendo ad
esso anche la nostra intelligenza e libertà. Su queste basi, conclude, è
possibile riaprire la razionalità umana alle questioni del vero e del bene,
coniugando teologia, filosofia e scienze nel rispetto dei metodi propri e
della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza
dell’intrinseca unità che li tiene insieme". E questa, cari amici, è oggi
l’avventura più affascinante per la quale vale la pena di spendersi per dare
slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire, in essa, alla fede
cristiana, piena cittadinanza.
Sant’Alberto, vissuto tanti secoli fa, ha imboccato questa via e pur
non avendo a disposizione la ricchezza di riferimenti che abbiamo noi oggi,
sul piano delle scienze e della tecnologia, si è sforzato di trovare quella
mirabile sintesi tra fede e ragione, che sta a fondamento del nostro riflettere
ed agire di oggi in ambito culturale e pastorale.
Tutto questo ci porta a considerare alcuni problemi propri del vostro
essere giovani o docenti universitari. Ne ricordo alcuni in particolare. La
frammentazione del sapere, che oggi sta assumendo una dimensione sempre
più ampia e rischia di assolutizzare la specializzazione a scapito dei
fondamentali, che sempre dovrebbero essere posti alla base dello studio, se
si vuole formare personalità forti e sicure e non solo professionisti del fare.
E’ necessario, poi, recuperare, negli studi e nella ricerca universitari,
quell’umanesimo integrale di cui sant’Alberto e san Tommaso d'Aquino,
suo illustre discepolo, ci sono maestri. Sarebbe, infatti, poco saggio formare
un buon professionista, in ogni campo, se non si formasse
contemporaneamente l’uomo in tutte le sue dimensioni, comprese quelle
spirituale ed etica, senza le quali le funzionalità restano private di un
supporto indispensabile per il vero progresso della persona e della società.
E qui inserisco una parola sul Vangelo ascoltato prima e relativo alla
parabola del seminatore. Ho scelto questa pagina perché mi ha sempre
suggestionato il fatto che questo contadino non si preoccupa di lanciare il
seme anche tra i sassi o le spine; ciò che conta è seminare. Nello stesso
tempo, è ovvio che solo il terreno buono potrà accogliere fruttuosamente il
seme, ma anche in questo però solo un terzo raggiunge la sua piena fioritura.
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Colgo in questa narrazione evangelica la magnanimità e l'abbondanza che
Dio adopera verso di noi, sue creature, dotandoci di innumerevoli doni
gratuiti (il seme) che semina nella storia, nel cuore e nel mondo e che
dovrebbero permetterci di avere a disposizione tante risorse per fare frutti,
altrettanto abbondanti di opere buone, di giustizia e di pace. Al contrario,
moltissimi di questi doni vengono sciupati a causa del terreno che li
accoglie.
E’ come un albero, che dà frutti buoni solo se coltivo le radici e non
mi limito ai diserbanti per le foglie e per gli stessi frutti. Le radici non si
vedono, ma sono decisive per far sì che l’albero faccia frutti buoni e non
selvatici. Curare il terreno diventa dunque indispensabile, se vogliamo che
il seme porti frutto e la nostra vita non resti sterile. Il terreno va vangato,
lavorato, concimato, curato per togliervi sassi e spine. E’ questa la fatica
dello studio, della riflessione sistematica, della conoscenza della Parola di
Dio e della preghiera, del servizio agli altri, di tutto ciò che ci permette di
predisporre il nostro cuore e la nostra vita ad accogliere il seme che Dio
continuamente ci offre. Il terreno è, appunto, quell’uomo spirituale, il quale
c’è, almeno come attesa e nostalgia in ogni uomo. E' la sapienza, dono dello
Spirito, è il nostro mondo interiore, che non possiamo lasciare da parte o
dare per scontato.
Mi auguro che nei vostri collegi queste tematiche, su cui oggi
riflettiamo, si affrontino con spirito aperto al dialogo e al confronto tra voi e
i vostri responsabili o animatori, perché, in questo modo, l’esperienza che
fate insieme vi aiuti a coniugare, in una sintesi feconda, la pedagogia della
fede e la formazione universitaria, in modo che possiate offrire una efficace
testimonianza cristiana ai coetanei che incontrate nelle diverse Facoltà.
Anche in Università, infatti, si può e si deve essere testimoni di Cristo
risorto, speranza del mondo, rendendo ragione della sapienza della sua
croce a tutti, con dolcezza, rispetto e retta coscienza, ma anche con coraggio
e senza timore.
Voi potete essere tali testimoni con il vostro esempio di coerenza cristiana,
con il dialogo e il confronto amicale con amici e compagni di Università,
con segnali concreti di vita secondo Cristo e il Vangelo, con l’attivazione o
la partecipazione ad iniziative di riflessione e di studio su vari aspetti del
sapere capaci di promuovere la ricerca appassionata e sincera della verità.
Anche questo fa parte dell’amore che dobbiamo avere verso il prossimo e di
quella carità intellettuale, che deve sempre animare il nostro studio e i
rapporti con ogni persona e realtà differente da noi per religione, pensiero,
cultura e provenienza.
Concludo richiamando l'intervento conclusivo del Convegno di
Verona da parte del cardinale Ruini, il quale, citando Papa Giovanni Paolo
II, ha detto: "La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio,
ma vivevano contro di lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto le
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porte dell’incredulità. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo
dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di
uomini, il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il
cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e
il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini
toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Insomma, abbiamo
bisogno di santi perché solo questi possono dire Dio nel mondo di oggi,
rendendolo credibile e vicino con la loro umanità".
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