Semeiotica medica Lezione 16 del 16-04-2013 Maria Francesca Nurchi Nell’ambito dell’esame obiettivo generale dovete valutare anche la temperatura corporea e dovete considerare quelle che sono le variazioni fisiologiche di questa. Abbiamo variazioni fisiologiche: CIRCADIANE: nelle ore serali la temperatura è generalmente più alta rispetto alle ore mattutine. LEGATE ALL’ATTIVITA’ FISICA: nel momento in cui si effettua attività fisica la temperatura corporea aumenta. LEGATE A FASI CICLICHE COME IL CICLO MESTRUALE NELLA DONNA: con aumento della temperatura in concomitanza dell’ovulazione. IN RAPPORTO CON L’ETA’: in età pediatrica la temperatura corporea è più alta mentre nei soggetti in età geriatrica è più bassa. LEGATE ALLA SEDE DI MISURAZIONE: nelle mucose orale e rettale generalmente è superiore di quasi 1°C. Conoscete dalla fisiologia il controllo della temperatura corporea, la temperatura di riferimento per quanto riguarda i centri termoregolatori ipotalamici e sapete che quest’ultima può essere modificata in virtù dell’azione di sostanze ad azione pirogena sia esogene che endogene. DOMANDA: Normalmente dove si misura la febbre? C’è differenza secondo la sede di misurazione? RISPOSTA: si, ci sono almeno 0,5 °C di differenza tra una misurazione fatta nel cavo ascellare o una eseguita per es. nel condotto uditivo esterno, in cavità rettale o in cavità orale. DOMANDA: La temperatura misurata nel cavo ascellare può variare se vi sono in quella sede stazioni linfonodali infiammate? RISPOSTA: Un processo flogistico in atto con rubor, e quindi aumento della temperatura della zona interessata dall’infiammazione, può influire sul risultato della misurazione della temperatura ma quel rubor non potrà mai dare per esempio una febbre da 39°C; in ogni caso se c’è un processo flogistico nel cavo ascellare che sia un processo infiammatorio a carico dei linfonodi o di altre strutture, la misurazione della temperatura in quel luogo è da evitare. Ci sono attualmente termometri di facile utilizzo e abbastanza pratici che consentono di valutare la temperatura corporea in corrispondenza del condotto uditivo esterno e ci danno quindi la possibilità di misurare quella che è una temperatura interna abbastanza vicina alla temperatura che può essere rilevata nel caso in cui si faccia una determinazione per esempio per via rettale. Nel caso in cui ci sia la febbre deve essere valutato: L’esordio della febbre. L’andamento della febbre quindi la curva termica. La modalità di risoluzione della febbre, dunque in che modo e con che modalità si è avuta la defervescenza. Nell’ambito della descrizione della febbre dovete andare a descrivere quella che è la fase del rialzo termico cioè la fase prodromica della febbre, la fase stazionaria cioè di mantenimento della temperatura elevata o del fastigio e la fase della defervescenza, fase in cui diminuisce la temperatura. Per quanto riguarda la fase della defervescenza è necessario verificare se questa avviene in maniera rapida oppure progressivamente: se si ha una defervescenza graduale si parlerà di defervescenza per lisi mentre invece se la defervescenza avviene bruscamente parleremo di defervescenza per crisi. Nella fase di defervescenza si ha ovviamente una riduzione della temperatura corporea e per realizzare la diminuzione della temperatura corporea si metteranno in atto quei sistemi di termodispersione quale per esempio la sudorazione. L’entità della sudorazione sarà direttamente correlata alla rapidità con cui avviene la defervescenza, la sudorazione sarà dunque molto più profusa nel caso in cui ci sia una defervescenza per crisi rispetto a quella per lisi che è più graduale. In queste diapositive sono rappresentate le curve termiche delle forme tipiche di febbre: parleremo di febbre continua nel momento in cui abbiamo una febbre che si mantiene al di sopra di 38°C; parliamo di febbricola se valutata a livello del cavo ascellare la temperatura corporea si mantiene al di sotto di 38°C e in particolare intorno ai 36.7 – 37.5 37.8 °C con momenti di apiressia. A lato abbiamo invece la curva termica della febbre remittente, in questo caso le oscillazioni nell’ambito delle 24 ore superano un grado centigrado, ma non raggiungono mai la condizione di apiressia. Si parla di febbre intermittente nel caso in cui si abbia un’oscillazione nell’arco delle 24 ore con il raggiungimento di temperature al di sotto dei 37°C (temperature normali). Parlando di febbre intermittente si può osservare febbre terzana (si avrà un giorno di febbre, un giorno di apiressia e in terza giornata nuovamente febbre), quartana (si hanno un giorno o due di febbre due giorni di apiressia e il quarto giorno nuovamente febbre) ecc. questi quadri febbrili si possono avere ad esempio in corso di malaria. La curva termica della febbre ondulante è caratterizzata da un progressivo incremento della temperatura corporea seguito da un progressivo decremento di questa. Sia l’aumento che la riduzione della temperatura corporea possono durare anche diversi giorni. Quadri di questo genere possono verificarsi facilmente in patologie non infettive come per esempio patologie linfoproliferative come possono essere i linfomi oppure si riscontrano in patologie di origine infettiva come brucellosi che però negli ultimi decenni è diventata molto più rara. Parliamo infine di febbre ricorrente nel caso in cui ci siano giorni di febbre elevata alternati a gironi di apiressia. Un’altra valutazione necessaria è quella dell’esordio della febbre, questo può essere: SUBDOLO: quando il rialzo termico si realizza talmente lentamente che il paziente può non percepire la fase di incremento della temperatura caratterizzata in altri casi (esordio brusco o drammatico) dalla sintomatologia del brivido. Il paziente in questi casi può percepire la presenza della febbre solamente nel momento in cui raggiunge la fase del fastigio. BRUSCO: il paziente riferirà che nella fase prodromica è insorta una sintomatologia caratterizzata da brividi e senso di freddo. DRAMMATICO: oltre a brividi si hanno brividi scuotenti determinati dalla contrazione muscolare, si ha tremore muscolare generalizzato. La percezione della sensazione di freddo sarà più intensa rispetto all’esordio brusco e se si ha la possibilità di osservare il paziente durante la fase prodromica si noterà un pallore intenso dovuto all’azione dei meccanismi che si oppongono alla termo-dispersione. Per favorire l’innalzamento della temperatura infatti, oltre alla produzione di calore attraverso la contrazione muscolare (brividi) si ha la vasocostrizione che si oppone alla termo-dispersione e che causerà il pallore. Il pallore regredisce totalmente non appena si raggiunge la fase del fastigio nella quale viene eguagliata la nuova temperatura di riferimento data dal centro regolatore; a questo punto il paziente non avrà più freddo e la cute sarà più o meno rossa e calda a seconda della temperatura corporea raggiunta. La frequenza cardiaca aumenterà e questo fatto è correlato all’aumento della temperatura corporea, in particolare generalmente si ha un aumento di 10 battiti al minuto per ogni 1°C di temperatura corporea aumentata. Può esserci una “bradicardia relativa” nel caso in cui ci sia una temperatura corporea elevata non associata ad equivalete aumento della frequenza cardiaca (per esempio in corso di tifo addominale dove si ha un aumento spesso significativo della temperatura corporea con un aumento della frequenza cardiaca minore rispetto a quello atteso) o una “tachicardia relativa” nel caso in cui si abbia un aumento eccessivo della frequenza cardiaca rispetto all’aumento della temperatura (per esempio nelle miocarditi). La sudorazione è strettamente correlata alla fase di defervescenza, ma può essere presente anche nella fase del fastigio: questo perché molte volte il paziente durante la fase prodromica ha la tendenza a coprirsi nel tentativo di percepire meno la sensazione di freddo, quando si raggiunge la fase del fastigio, se non ci si scopre e non si facilita la termo-dispersione inizierà la sudorazione che sarà ovviamente più marcata nella fase di risoluzione. La fase di defervescenza può avvenire per lisi o per crisi. Nell’ambito della descrizione semeiologica delle caratteristiche della febbre ricordatevi di verificare se la curva termica sia stata modificata o meno dall’assunzione di farmaci antipiretici, in questi casi la descrizione della curva termica deve essere eseguita comunque associando però a questa la descrizione dell’assunzione degli antipiretici sia come frequenza che come dosaggio. EDEMA Durante l’esame obiettivo generale è necessario descrivere l’eventuale presenza di edema che può essere distrettuale o sistemico. L’evidenza obiettiva di un edema si realizza nel momento in cui c’è un aumento del volume del liquido extracellulare di almeno il 10%. Parleremo di anasarca quando la situazione di accumulo di liquido extracellulare è generalizzato con associato versamento a carico della cavità pleurica (versamento pleurico) e a carico della cavità addominale (versamento ascitico). Possiamo avere edema localizzato in conseguenza di: Un processo infiammatorio, Trauma, Linfangite, ostruzione linfatica, Tromboflebite ecc. Possiamo avere edema generalizzato in conseguenza di: Scompenso cardiaco congestizio, Cirrosi epatica, Iponchia, riduzione del contenuto proteico nel sangue, che può verificarsi in caso di sindrome nefrosica (patologia a carico del rene che diventa responsabile di proteinodispersione portando all’eliminazione di più di 2-3g di proteine con le urine nell’arco delle 24 ore), Malnutrizione (come ad esempio nella sindrome di kwashiorkor molto diffusa nell'Africa subsahariana, definita nella letteratura medica tradizionale italiana come marasma infantile è un tipo di malnutrizione ad eziologia controversa, ma che si ritiene comunemente come causata dall'insufficiente apporto di proteine wikipedia ). Malassorbimento. Nel caso in cui ci sia un edema localizzato, ma anche in quello sistemico, ci sarà il segno della fovea positivo, si tratta di un edema improntabile che risulta essere differente dall’edema duro che si realizza in corso di mixedema (in corso di ipotiroidismo). L’edema localizzato può verificarsi in seguito a processi infiammatori, traumi o infezioni; si possono avere casi di linfedema a carico di uno due arti superiori in conseguenza di una mastectomia seguita ad una linfoadenectomia del cavo ascellare al quale può conseguire un linfedema dell’arto superiore omolaterale. A lato un’immagine relativa ad un edema generalizzato, quindi una condizione di anasarca. Possiamo osservare l’addome, il volto e gli arti inferiori che in questo caso appaiono così a causa di un grave scompenso cardiaco. Sempre parlando di edema generalizzato, abbiamo a lato l’esempio di una sindrome nefrosica, una condizione data dall’iponchia secondaria ad una significativa perdita di proteine con le urine nell’arco delle 24 ore. Anche nel caso qui a fianco siamo nell’ambito dell’edema generalizzato: abbiamo un imponente versamento ascitico con evidenza, sulla superficie dell’addome e del torace, di circoli collaterali cava/cava. In altri casi, ad esempio quando il versamento ascitico è secondario ad una patologia a carico del fegato ( es. cirrosi epatica) i circoli collaterali, possono assumere l’aspetto a caput medusae se vi è una ricanalizzazione della vena ombelicale. Vedremo in seguito la diversità dei circoli venosi superficiali a seconda che siano causati da un’ostruzione della vena cava superiore al di sopra, al di sotto o in corrispondenza dello sbocco dell’azigos. Questa slide riporta l’evidenza obiettiva dell’ascite che avete trattato in semeiotica chirurgica. CIANOSI Abbiamo già detto che la cianosi è quella colorazione bluastra che insorge quando l’emoglobina ridotta supera i 5g/dL. La cianosi distrettuale può insorgere ad esempio in seguito all’ostruzione venosa di un arto inferiore dovuta a flebotrombosi. In questi casi l’ostruzione ostacola il ritorno venoso a valle e nel sangue che staziona maggiormente in quel distretto avremo una maggior estrazione di ossigeno che porterà all’aumento della concentrazione locale dell’emoglobina deossigenata; Nel momento in cui a valle dell’ostruzione la concentrazione dell’emoglobina deossigenata supera i 5g/dL comparirà la cianosi. La cianosi generalizzata può essere di tipo centrale o di tipo periferico. Parliamo di cianosi periferica nel caso in cui ad esempio ci sia uno scompenso cardiaco con una minore efficienza di pompa che porta ad un rallentamento del circolo e quindi ad una maggiore estrazione di ossigeno a livello tissutale. In questi casi avremo quella che viene chiamata cianosi periferica fredda proprio perché alle estremità del soggetto si potranno rilevare temperature più basse in virtù del rallentamento del circolo e della maggiore termodispersione. In altri casi la cianosi può avere un’origine centrale; questo può verificarsi in caso ci siano delle alterazioni strutturali a carico del cuore e in particolare quando persiste la pervietà interatriale con un passaggio di sangue dall’atrio destro verso l’atrio sinistro: una certa quantità di sangue andando direttamente in atrio sinistro salterà la piccola circolazione e perciò la possibilità di ossigenarsi, di conseguenza comparirà cianosi generalizzata calda. Una cianosi generalizzata centrale calda può conseguire anche a patologie a carico del polmone quindi in tutte quelle patologie che sono responsabili della compromissione di una porzione più o meno importante di tessuto polmonare che quindi non entra più in gioco negli scambi gassosi. Una condizione di questo genere si può verificare in corso di polmonite, pneumopatia acuta di tipo interstiziale o in una condizione di poliglobulia cioè presenza di globuli rossi ed emoglobina al di sopra della norma. In quest’ultimo caso non tutta l’emoglobina riesce a legare l’ossigeno a livello polmonare. Molto frequenti sono le poliglobulie secondarie a pneumopatie croniche come la BPCO (che può insorgere in seguito a patologie polmonari croniche) nel caso ci sia un’ipossia infatti l’organismo reagisce come se fossimo in una condizione di anemia con iperproduzione di eritropoietina che porta ad una iperproduzione di globuli rossi e di emoglobina. La colorazione bluastra sarà più evidente in quelle strutture particolarmente vascolarizzate e con una cute particolarmente sottile come labbra, zigomi, lobi auricolari e letto ungueale. PSICHE E SENSORIO Concludiamo la valutazione generale da un punto di vista obiettivo con la valutazione di psiche e sensorio; è necessario verificare se lo stato di coscienza del paziente è in una condizione fisiologica oppure no. Quando il paziente è in una condizione fisiologica descriverete uno stato di coscienza vigile mentre se c’è una compromissione dello stato di coscienza dovete andare a verificare se c’è un semplice obnubilamento o una vera e propria perdita dello stato di coscienza che può verificarsi in una condizione di coma o durante un episodio sincopale momentaneo. Le sincopi sono caratterizzate da una perdita di coscienza assolutamente transitoria. La lipotimia si verifica invece quando si ha un senso di stordimento o una sensazione di svenimento, ma senza arrivare alla perdita dello stato di coscienza; è una condizione presincopale. Lo stato comatoso è una condizione dove si ha una perdita totale di coscienza che può essere più o meno profonda, il paziente potrebbe essere risvegliabile o meno attraverso stimoli ad esempio dolorosi. Una condizione di coma può conseguire a patologie di tipo cerebrale oppure a processi di tipo tossico di origine endogena o esogena. Un abuso di sostanze ad esempio può portare ad un coma tossico esogeno. In corso di encefalopatia epatica possiamo avere coma tossico endogeno dovuto all’azione esercitata dalle sostanze liberate in corso di cirrosi epatica avanzata e scompensata. La condizione di coma tossico endogeno può essere determinata anche dall’aumento significativo dell’ammonio dovuto a squilibri nel metabolismo dell’ammoniaca. Oltre alla valutazione del sensorio bisogna andare a valutare quella che è la psiche perché possiamo trovarci di fronte a una condizione di delirio che può manifestarsi acutamente o cronicamente. Possiamo riscontrare anche un’evidenza di deficit mentale che può essere secondario per esempio a patologie di tipo genetico (sindrome di down etc.) oppure può essere conseguente ad alterazioni congenite del metabolismo o conseguente a lesioni cerebrali che possono realizzarsi in periodo perinatale etc. IN CONCLUSIONE Nell’ambito della valutazione dell’esame fisico generale abbiamo visto che dev’essere descritto: costituzione età apparente sensorio stato di nutrizione decubito obbligato o indifferente respiro normale o dispnea facies, cute, annessi, lo stato del sottocute, linfonodi In seguito vanno valutati gli arti: articolazioni: tumefazione, temperatura, arrossamento, dolenzia, impotenza funzionale, deformità forma delle dita ad esempio se siamo in presenza di dita a bacchetta di tamburo che stanno a significare una patologia respiratoria cronica quindi un insufficienza respiratoria cianosi delle estremità rilievo dei polsi arteriosi: caratteri, simmetria, palpazione comparata (brachiale, radiale, femorale, popliteo, tibiale posteriore, pedidio) rilievo di eventuali varici venose, ulcere trofiche (si possono verificare in corso di arteriopatia cronica obliterante, insufficienza venosa cronica grave e in condizioni di ischemia da anemie gravi coniche come talassemia omozigote del fenotipo intermedio). È necessario valutare inoltre: peso corporeo (indice di massa corporea) temperatura frequenza cardiaca frequenza respiratoria varie (volume urinario, circonferenza addome, ecc) Una volta raccolte tutte le informazioni a provenienza anamnestica e a provenienza obiettiva dobbiamo utilizzarle nel percorso diagnostico da mettere in atto per poter concludere l’ipotesi diagnostica.