ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI Sede Provinciale Sabato 3 febbraio 2007. "Verso il Partito democratico dell’Ulivo. Le nuove forme del welfare a sostegno dello sviluppo, della famiglia e della comunità" Verso il Partito Democratico: non dare per scontato nessun passaggio (Contributo al dibattito del Presidente Provinciale Gianni Bottalico) Il percorso verso il Partito Democratico appare essere oggi tanto definito nelle sue tappe, quanto asettico, incapace di accendere passioni e speranze tra la gente, quasi che si trattasse di una fusione societaria ed un fatto tutto interno al ceto politico dei partiti e della società civile. Io credo che questa non sia una modalità inevitabile, ma che, anzi, questo dibattito possa divenire vivo ed interessante se si affrontano i nodi di fondo che dovranno caratterizzare la fisionomia del nuovo partito. Ne voglio , sinteticamente richiamare solo tre. 1) Riformismo - radicalismo Talora si ha l'impressione che le categorie di riformismo e di radicalismo, con cui si dividono le forze del centrosinistra, costituiscano un ottimo alibi per non analizzare la complessità dei problemi. Riformisti, infatti, si definiscono i maggiori partiti del centro sinistra ed il progetto del Partito Democratico, e, con buona pace del significato storico di questo termine (riformista uguale non rivoluzionario, una terminologia tutta interna alla storia della sinistra) anche Forza Italia e gran parte del centro destra, come pure i grandi giornali, la Confindustria, e altri ancora. Quando una categoria è fatta propria da così tante forze diviene inevitabilmente ambigua. All'interno del centro sinistra, poi, la parola riformista viene usata per distinguere i partiti “riformisti” e innovatori da quelli “radicali”e conservatori. Ora quest'alleanza tra riformisti e sinistra radicale su cui si regge il governo Prodi sta generando una tendenza, che a mio avviso alla lunga può rilevarsi pericolosa, a ricondurre all'area riformista le grandi scelte di governo ed a relegare nell'area radicale ciò che crea problema, ciò che fatica ad emergere ed a prendere forma nel dibattito politico ma che forse è ugualmente sentito nella società. In questo modo si rischia di allontanare i veri problemi dal dibattito politico. Ciò alla lunga non aiuta la governabilità e contribuisce ad allontanare i cittadini dalla politica perché questi non vi trovano più trattati i temi che più stanno loro a cuore. Quindi, l'auspicio che esprimo è che sia più preoccupati della sostanza dei problemi che delle etichette, che non si richieda professione di riformismo ogni volta che c'è da affrontare un problema ma che si guardi alla complessità delle cose, che si tratti della riforma delle pensioni, piuttosto che del problema delle basi Usa sul nostro territorio nazionale a 60 dalla fine della guerra o dei diritti degli immigrati, o della precarietà del lavoro. 2) Quali politiche economico-sociali? Ho la sensazione che di questi tempi, nei temi economici e sociali la parola riformista tenda a fare abbastanza rima con liberista. O meglio: si assiste tra le forze che compongono l'Ulivo ad uno sforzo Via della Signora 3 20122 Milano - telefono 027723234 - Fax 02780968 www.aclimilano.com - mail [email protected] per realizzare politiche improntate alla solidarietà e alla coesione sociale, quando si parla di welfare, di famiglia, di immigrazione ma poi questa tensione viene smorzata non appena si affrontano le tematiche economiche. E qui non può valere l'obiezione che l'economia di mercato avrebbe leggi proprie che qualsiasi governo non potrebbe che riconoscere e seguire. Un simile ragionamento porta dritti alla conclusione che non possano esistere alternative di governo al neo-liberismo. Ed, infatti, chi come Blair ha creduto di poter coniugare le ragioni della solidarietà con quelle del liberismo thatcheriano ha ottenuto quel che ha ottenuto, sia sul piano interno che su quello internazionale. Credo che oggi la politica economica del governo Prodi debba sciogliere questo nodo fondamentale: perseguire nuovo sviluppo e solidarietà, intervenendo e condizionando il mercato, oppure limitarsi ad applicare una ricetta neo liberista che crea una forte polarizzazione sociale e che produce l'impoverimento della maggior parte dei cittadini. Poi si ha un bel fare politiche sociali, con i vaucher, piuttosto che con l'intervento pubblico, ma se si ha un sistema economico che flagella la società, con il lavoro precario, col lavoro fisso ma malpagato, con il piccolo lavoro autonomo vessato con nuove norme che creano una concorrenza al ribasso tra poveri, con la piccola e media impresa sempre più condizionata dalla speculazione finanziaria, con il sistema pensionistico spinto a piccoli ma inesorabili passi verso la privatizzazione, non c'è paracadute che tenga e si mettono in atto guasti sociali difficili da contrastare, che rischiano di trasformarsi in vere e proprie derive, rispetto al benessere e rispetto alla democrazia. Per questo, sono dell'opinione che il libero mercato debba rimanere uno strumento subordinato al benessere di una società, non può divenire il fine, perché altrimenti si passa da un'economia di mercato ad una società per il mercato. Devo anche dire che mi viene più un dubbio a proposito della riforma delle Authority, che fa da architrave al processo di liberalizzazioni che il governo sta varando. Mi chiedo se sia poi veramente così positiva questa tendenza alla trasformazione dello stato, da portatore degli interessi della collettività, ad arbitro del mercato. Poiché le Authority che nascono per ogni utility privatizzata, oltre ad essere costose, sottraggono le prerogative di controllo ai ministeri e alla politica, e nella pratica più che da arbitri funzionano da notai, e spesso da maggiordomi, dei grandi poteri dell'economia e della finanza. Credo che dovremmo interrogarci su dove ci porterà, anche nella percezione del ruolo dello stato, questo sistema che con tanto zelo oggi si vuole consolidare. 3) Un Partito democratico e pluralista Infine, un'osservazione sulla fisionomia del nuovo partito democratico. È evidente che per chi ritiene che tra le forze promotrici del nuovo partito ci siano tanti temi di primaria importanza da discutere e da approfondire, diventa importante capire che grado di “agibilità “ democratica avrà il nuovo partito, se saranno in vigore versioni aggiornate del centralismo democratico o se invece ci sarà spazio per un reale pluralismo di posizioni, di punti di vista e di prospettive nella quali possa anche coagularsi un'area sociale e popolare, legata al mondo del lavoro ed ai ceti sociali più deboli, ma capace di esprimere una propria visione generale. Un' area capace di esprimere una politica, non di chiedere elemosine o mance per le categorie che hanno meno potere contrattuale, ma di rivendicare una maggiore giustizia sociale. Questa sfida, credo, non è solo importante per noi che siamo animati da una comune sensibilità, ma lo è per le ambizioni del Partito Democratico di intercettare le domande profonde degli Italiani, sapendo che se fallisse questo progetto, non solo tramonterebbero le prospettive di governo per il centrosinistra ma il malcontento diffuso e la sfiducia che oggi abbonda nell'elettorato medio potrebbe prendere strade pericolose per la democrazia. Milano 3 febbraio 2007 Via della Signora 3 20122 Milano - telefono 027723234 - Fax 02780968 www.aclimilano.com - mail [email protected]