Il diritto d`autore

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Il diritto d’autore
Nella storia dell'umanità il diritto d'autore è un'invenzione relativamente recente. I grandi
autori dell'antichità non firmavano contratti di edizione per pubblicare le loro opere; se
non altro il problema della tutela delle opere letterarie e artistiche si era già presentato
ad autori come Seneca, il quale notava come il libraio Doro parlasse dei libri di Cicerone
come se fossero suoi!
A Roma, agli autori di opere dell’ingegno non era riconosciuto nessun diritto
patrimoniale, ma solo al librario o all'editore che era in possesso del manoscritto.
Tuttavia si riconoscevano il plagio, il diritto di non pubblicare l'opera e il diritto di
inedito. Dopo la prima lettura in pubblico o diffusione tramite manoscritto, considerate
come vera e propria pubblicazione, i diritti attinevano alla cosa materiale che ne
costituiva il supporto. Con la caduta dell'Impero Romano, la cultura si rifugia nei
monasteri e in pochi centri abitati di una certa rilevanza. Solo più tardi, con la nascita
delle Università si sviluppa una domanda di copie di testi letterari, e di conseguenza, un
mercato degli stessi. Nascono così le prime “officine scrittorie”. Non essendo però
possibile nell’antichità una produzione di un numero rilevante di copie tratte
dall'originale, non si poneva il problema della tutela economica: gli autori infatti vivevano
dapprima della loro fama
bravura
artistica,
da
e poi in seguito del riconoscimentoeconomico della loro
parte
di
“mecenati”,
che
li
ospitavano
nelle
loro
corti,
commissionando loro delle opere.
Dalla metà del quindicesimo secolo invece, con la nascita della stampa, si da inizio ad
una vera e propria riproduzione in serie delle opere sebbene ancora in maniera ancora
piuttosto artigianale. Ma con l’avvento della stampa industriale e la notevole riduzione
dei costi fissi di produzione, il libro si trasforma in un prodotto veramente destinato alle
masse. Si comincia dunque a sentire l’esigenza e il dovere di creare nuove regole per la
tutela dei diritti. Proprio in questo periodo iniziano a definirsi le figure dell'autore (cui
spetta l'ideazione dell'opera e la sua estrinsecazione), dell'editore (cui spetta la
trasformazione dell'opera in bene di mercato, la produzione industriale delle copie e la
loro commercializzazione), il distributore (che si occupa di mettere concretamente il bene
a disposizione del fruitore) ,il fruitore dell'opera (cui spetta la chiusura di questa ideale
catena, con l'acquisto e l'utilizzo delle copie dell'opera).
Un barlume di tutela venne dunque a svilupparsi nella tarda metà del quindicesimo
secolo a Venezia, sotto la forma di privilegio (di stampa), concesso dapprima agli editori e
agli stampatori, succesivamente, in considerazione del lavoro creativo, dello studio e
della fatica che comporta la genesi di un'opera, anche all'autore. A costui venne infatti
riconosciuta la facoltà di prestare il consenso per la pubblicazione della propria opera.
Tuttavia, la prima vera normativa risale all'Inghilterra del 1709-1710, quando la regina
Anna promulgò un editto con cui si istituiva il Copyright (letteralmente diritto alla copia),
fin dall'epoca inteso strettamente come diritto esclusivo di riproduzione delle opere, ),
seguita dalla legge federale degli Stati Uniti del 1790 e dalle leggi francesi rivoluzionarie
del 1791 e del 1793, in cui si riconobbe finalmente l'esistenza di una proprietà letteraria
e artistica. Già dalle origini dunque si poteva intravedere il germe della dicotomia fra
sistemi di copyright (capostipite: l'Inghilterra) e sistemi di droit d'auteur (capostipite: la
Francia).
Nascita del diritto d’autore in Italia
In Italia, il primo decreto in materia fu emanato dal governo rivoluzionario piemontese
nel 1799, seguito da una legge più completa, promulgata nel 1801 nella Repubblica
Cisalpina. Successivamente, dopo la restaurazione, furono pubblicati, nei diversi stati,
differenti provvedimenti legislativi: ma a causa della grossa frammentazione politica della
penisola queste leggi erano quasi inutili per il loro limitato ambito applicativo.
Per ovviare in parte a questo inconveniente, nel 1840 la Toscana, lo stato Sardo e
l'Austria stipularono una convenzione per una protezione comune del diritto d'autore.
La prima vera legge italiana risale al 1865, tradotta nel testo unico 19 settembre 1881 n.
1012, rimase in vigore fino al 1925, quando venne sostituita da una nuova normativa.
Infine la legge 22 aprile 1941 n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti
connessi al suo esercizio) e relativo regolamento del 18 giugno 1942 n. 1369, ha
regolamentato più estesamente ed efficacemente la materia e, con alcune successive
modifiche e integrazioni, è tuttora in vigore. Inoltre disposizioni sul diritto d'autore si
trovano nel nostro Codice Civile del 1942 agli articoli 2575-2583.
Nella Costituzione Italiana invece, manca un qualsiasi accenno esplicito alla tutela del
diritto d'autore. Hanno tuttavia qualche rilievo alcuni principi generali della Carta
Costituzionale, in particolare quelli che riconoscendo e garantendo i diritti inviolabili
dell'uomo (art. 2), invitano ciascun cittadino a svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale
della società (art. 4). La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca
scientifica e tecnica (art. 9). La partecipazione alla vita sociale dell'autore si realizza
attraverso l'esplicazione delle attività di creazione e divulgazione dell'opera, senza che
possa esercitarsi un controllo di merito sul contenuto di questa, in rispetto alla libertà di
espressione
(art.
21)
e
della
libertà
dell'arte
e
della
scienza
(art.
33).
Dal punto di vista patrimoniale, il diritto d'autore, trova il suo fondamento giustificativo
nella tutela del lavoro "in tutte le sue forme e applicazioni" (art. 35 comma 1). L'inclusione
della disciplina dei diritti d'autore nel libro del lavoro del Codice Civile conferma questo
assunto, in quanto la creazione dell'opera d'ingegno è considerata dalla legge come
particolare espressione del lavoro intellettuale.
Acquisizione del diritto d’autore
Come si ottengono i diritti della propria opera? Secondo l’immaginario collettivo
l’acquisizione dei diritti d’autore, avverrebbe attraverso un formale deposito dell’opera
stessa presso gli uffici della SIAE. In realtà, a differenza proprio del brevetto (che
necessita di una vera e propria registrazione presso l’Ufficio Brevetti) il diritto d’autore è
automaticamente e immediatamente acquisito con la semplice creazione dell’opera1,
Originariamente nell’editto della regina Anna d’Inghilterra, l’autore aveva l’obbligo di provvedere alla
registrazione dell’opera presso un certo ufficio pubblico. Ne avrebbe mantenuto i diritti per quattordici anni,
1
come si legge nell’articolo 2576 del codice civile (che riprende esattamente l’articolo 6
della Legge 633/1941:
“Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera,
quale particolare espressione del lavoro intellettuale”.
Un'opera dell'ingegno dunque che presenti alcuni requisiti minimi2 per essere
considerata tale, è immediatamente soggetta alla tutela prevista dal diritto d'autore
secondo la propria tipologia di opera, e il suo creatore ne acquisisce di fatto tutti i
diritti/poteri previsti dalla legge, senza la necessità di ricorrere all’intervento di organi
certificatori esterni, come la SIAE.
Classificazione delle opere protette dal diritto d’autore
La legge espone una vera e propria classificazione a scopo esemplificativo delle opere
soggette alla tutela:
1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto se in forma
scritta quanto se orale;
2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali
e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;
3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o
altrimenti;
con una sola possibilità di proroga per altri quattordici, al termine dei quali l’opera sarebbe divenuta di
pubblico dominio. Con le emergenti necessità dell’impresa culturale e per facilitare l’operazione burocratica,
si scelse di prolungare la validità dei diritti fino ai tuttora validi settanta anni dalla morte dell’autore (Art. 25
della LDA, con le proprie eccezioni nell’art. 26, comma 1 e 2 e nell’art. 27).
2
Per requisiti minimi si intende, come si legge nell’articolo 1 della Legge sul Diritto d’Autore (che da adesso
abbrevieremo come LDA), il carattere creativo, che di per sé racchiude due componenti concettuali
essenaziali, quali l’originalità e la novità. Pertanto l’opera deve essere frutto di uno specifico lavoro
intellettuale dell’autore e rifletterne in qualche modo la sua personalità. Elaborazione intellettuale dunque,
anche sebbene modesta: per una maggior comprensione di quest’espressione, faccio riferimento esplicito alla
Sentenza della Corte di Cassazione n. 175 espressa il 23/01/69: “Perché un'opera dell'ingegno possa
ricevere protezione ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore, è sufficiente che il requisito della creatività
sussista in misura modesta, non essendo richiesto un particolare grado del requisito stesso.”
4) le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, della incisione e delle arti
figurative similari, compresa la scenografia;
5) i disegni e le opere dell'architettura;
6) le opere dell'arte cinematografica, muta o sonora, sempreché non si tratti di semplice
documentazione protetta ai sensi delle norme del Capo V del Titolo II;
7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della
fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del
Capo V del Titolo II;
8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale
risultato di creazione intellettuale dell'autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla
presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un
programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma
comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.
9) le banche di dati di cui al secondo comma dell'articolo 1, intese come raccolte di opere,
dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed
individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo. La tutela delle
banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati diritti esistenti su
tale contenuto.
10) Le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore
artistico.
Esistono però anche altre categorie3 di opere non facilmente classificabili, che possono
presentare caratteristiche peculiari di altre tipologie di opere sopra menzionate: è il caso
ad esempio di opere dell’ingegno realizzate con nuove tecnologie informatiche, che
3
A scopo informativo, cito anche le altre classificazioni: a) opere collettive (Art. 3 della LDA), che fa
riferimento a quelle opere “costituite dalla riunione di opere o parti di opere, che hanno carattere di creazione
autonoma come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico […] o
artistico”. b) elaborazioni creative (Art. 4 della LDA), che fa riferimento a quelle attività di rielaborazione di
opere già esistenti, alle quali però si conferisce un rilevante e proprio apporto creativo. c) opere in
comunione (Art. 10 della LDA), che si riferisce a quelle opere realizzate “con il contributo indistinguibile e
inscindibile di più persone” e per le quali, eccetto prova contraria, i diritti d’autore appartengono a tutti i coautori.
vengono racchiuse sotto l’ampia dicitura di opere multimediali.
I diritti patrimoniali d’autore
Alla base del diritto d’autore sta un’attribuzione del valore economico commerciale dello
sfruttamento di un’opera, sfruttamento che è regolamentato da una serie di diritti
dell’ordinamento italiano, chiamati genericamente diritti di utilizzazione economica. Ce ne
parla ancora la Legge 633/1941 negli articoli dal n. 13 al n. 18:
a) diritto esclusivo di riprodurre (Art. 13 della LDA);
b) diritto esclusivo di trascrivere (Art. 14 della LDA);
c) diritto esclusivo di eseguire, rappresentare o recitare in pubblico (Art. 15 della
LDA);
d) diritto esclusivo di comunicazione al pubblico dell’opera (Art. 16 della LDA);
e) diritto esclusivo di distribuzione (Art. 17 della LDA);
f)
diritto esclusivo di tradurre (Art. 18, comma 1 della LDA);
g) diritto esclusivo di elaborare (Art. 18, comma 2 della LDA);
h) diritto esclusivo di pubblicare le proprie opere in raccolta (Art. 18, comma 3 della
LDA);
i)
diritto esclusivo di introdurre nell’opera qualsiasi modificazione (Art. 18, comma 4
della LDA);
j)
diritto esclusivo di noleggiare, dare in prestito e autorizzare il noleggio della
propria opera (Art. 18 bis della LDA).
I diritti morali d’autore
Otre però ai sopracitati diritti patrimoniali, la legge prevede anche i cosiddetti diritti
morali, la cui natura impone che si tratti di
diritti incedibili, indisponibili e perpetui
(ovvero gestiti dopo la morte dell’autore dagli eredi). Pertanto, sebbene l’autore possa
cedere i diritti di utilizzazione economica della propria opera, in realtà non potrà liberarsi
in nessun caso dei diritti morali, cristallizzati negli art. dal 20 al 24 della LDA:
a) diritto a rivendicare la paternità dell’opera;
b) diritto di opporsi a deformazioni o mutilazioni dell’opera;
E a questi potremmo aggiungere anche gli art. 142 e 143 della LDA che disciplinano il
diritto di ritirare l’opera dal commercio per gravi ragioni morali.
Il diritto d’autore vs Copyright
Erroneamente si tende ad usare indifferentemente “diritto d'autore” o “copyright”, come
se l'uno fosse la traduzione letteraria dell'altro. Ma non è affatto così: esiste invece una
differenza sostanziale fra i due concetti. Possiamo certamente dire che il
concetto di
diritto d’autore è molto più ampio rispetto a quello di copyright. Il copyright tipico degli
ordinamenti giuridici di matrice anglo-americana (i cosiddetti sistemi di common law) è
nato con l’idea di promuovere l’industria culturale. Basta infatti analizzare l’etimologia
del termine per capire che esso si rivolge principalmente al “diritto alla copia”, quindi al
diritto di riprodurre e distribuire sul mercato le copie di un’opera. Da questo deriva che il
copyright ha una particolare tendenza a tutelare innanzitutto l’interesse del soggetto
imprenditoriale che si preoccupa di investire sulla commercializzazione dell’opera
(l’editore, il produttore, etc.). Il diritto d’autore italiano, e seppur con alcune differenze
anche quello dei paesi dell’Europa continentale (i cosiddetti sistemi di civil law), come
abbiamo già visto precedentemente va un po’ oltre. Anche in questo caso l’analisi
semantica ci aiuta a capire che l’attenzione della normativa si sposta verso la sfera
dell’autore, il quale, anche dopo un’eventuale cessione dei diritti patrimoniali sull’opera,
può conservare alcuni privilegi relativi alla sfera più personale, riconoscendo che l’opera
da lui creata porta con sé anche un valore aggiunto di tipo “morale”, rispetto a quello
meramente commerciale.
Nel corso degli anni, la Legge 633/1941, ha subito molteplici interventi di riforma e di
integrazione, soprattutto sulla spinta uniformante della normativa europea.
Come in moltissimi altri campi del diritto, anche in questo, le autorità politiche dei vari
stati interessati si attivano per cercare il più possibile di far interagire i loro assetti
normativi e di avvicinare sempre di più quantomeno i principi fondamentali che ispirano
le varie leggi di settore, attraverso la stipula di trattati e convenzioni internazionali che gli
stati si impegnano a rispettare.
A modificare dunque l’assetto normativo italiano della Legge 633/1941, ricordiamo
alcuni decreti fondamentali in questo processo di standardizzazione:
Decreto Lgs. n. 518/1992 (Attuazione della direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela
giuridica per i programmi per elaboratore), Decreto Lgs. n. 154/1997 (Attuazione della
Direttiva 93/98/CEE concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto
d'autore e di alcuni diritti connessi), Decreto Lgs. n. 169/1999 (Attuazione della Direttiva
96/9/CEE relativa alla tutela giuridica delle banche dati), Legge 248/2000 (Nuove norme
di tutela del diritto d'autore),
Decreto Lgs.
n.
95/2001 (Attuazione della direttiva
98/71/CE relativa alla protezione giuridica dei disegni e dei modelli), Decreto Lgs. n.
68/2003 (Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del
diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione), Decreto Lgs. n.
140/2006 (Attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà
intellettuale).
Attraverso dunque questi strumenti di diritto internazionale si procede costantemente
ad un'opera di avvicinamento reciproco tra i due concetti di diritto d'autore e di
copyright. Il resto lo ha fatto poi il processo di globalizzazione dei mercati (compreso il
mercato dei contenuti coperti da copyright), che nella maggior parte dei casi ha esportato
il modello americano anche nei paesi di civil law. Basti pensare infatti che anche gli
editori italiani ormai non appongono più sulle loro opere la dicitura “proprietà letteraria
riservata”, ma bensì “Copyright © 2008 – all rights reserved”.
Violazione del diritto d’autore e sanzioni
La legge sui diritti di autore dedica l’intero Capo III del Titolo III alle Difese e sanzioni
giudiziarie previste per i casi di violazione (o temuta violazione) di tali diritti, che possono
essere tutelati in via civilistica e penalistica o in entrambi i modi. Per quanto riguarda le
sanzioni civili l’art. 156 della LDA, prevede una tutela inibitoria, per l’au!tore che vedesse
i propri diritti minacciati di violazione e con lo scopo di impedirne ante facto le attività in
grado di ledere questi stessi diritti. L’art. 158 della LDA invece, tutela l’autore con un
risarcimento per i danni subiti dalla violazione dei diritti e ne indica i criteri di
risarcibilità per i danni patrimoniali e non patrimoniali, rifacendosi ai principi cardine
del diritto civile. Dal punto di vista penale (che ricordiamo essere di esclusiva
competenza dell’autorità giudiziaria) invece, nella Legge 633/1941 si leggono un numero
esorbitante di norme, atte a sanzionare comportamenti illegali tra i più disparati.
Per riassumere dunque sono punibili ai sensi della LDA, tutti coloro che:
a) senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in
qualsiasi forma riproducono,
trascrivono, recitano in pubblico, diffondono, vendono o mettono in vendita o
pongono in commercio un'opera altrui o addirittura ne rivelano il contenuto prima
che sia reso pubblico, o introducono nello Stato esemplari prodotti all'estero
contrariamente alla legge italiana (art. 171, lett. a, della LDA);
b) mettono a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti
telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno
protetta, o parte di essa (art. 171, lett. a bis, della LDA);
c) abusivamente duplicano,
medesimi
fini
per trarne profitto, programmi
per elaboratore o ai
importano, distribuiscono, vendono o detengono a scopo
commerciale programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla S.I.A.E.
(art. 171 bis, comma 1, della LDA);
d) al fine di trarne profitto, su supporti non contrassegnati SIAE riproducono,
trasferiscono su altro supporto, distribuiscono,
comunicano,
presentano o
dimostrano in pubblico il contenuto di una banca di dati senza averne diritto (art.
171 bis, comma 2, della LDA);
e) a fini di lucro, senza averne titolo e sempre che il fatto sia commesso per uso non
personale, duplicano, riproducono, trasmettono o diffondono in pubblico con
qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un'opera dell'ingegno sonora,
audiovisiva o multimediale destinata al circuito televisivo, cinematografico, della
vendita o del noleggio (art. 171 ter, comma 1, lett. a, della LDA);
f) a fini di lucro, senza averne titolo e sempre che il fatto sia commesso per uso non
personale, riproducono, trasmettono o diffondono in pubblico, con qualsiasi
procedimento, opere o parti di
opere letterarie,
drammatiche,
scientifiche o
didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali
(art. 171 ter,
comma 1, lett. b, della LDA);
g) fabbricano, importano, distribuiscono, vendono, noleggiano o detengono per scopi
commerciali attrezzature o prodotti che abbiano la prevalente finalità di eludere le
misure tecnologiche di protezione applicate ai supporti (art. 171 ter, comma 1,
lett. f bis, della LDA);
h) a fini fraudolenti producono, pongono in vendita, importano,
installano,
modificano, utilizzano apparati atti alla decodificazione abusiva di trasmissioni
audiovisive ad accesso condizionato (art. 171 octies della LDA).
L’elenco sarebbe ancora lungo ma questi mi sembrano particolarmente importanti per
individuare un panorama generico dei comportamenti sanzionabili dal punto di vista
penale. Qualora poi nella violazione di questi diritti, mancasse quello che in gergo è
chiamato il dolo specifico (un atteggiamento psicologico intenzionale, riconducibile allo
scopo di lucro o profitto), la Legge sul Diritto d’Autore, prevede anche una serie di
sanzioni amministrative, che seppur meno pesanti di quelle penali, senza la necessità di
instaurare un processo, vengono comminate e applicate “nella misura stabilita per ogni
violazione e per ogni esemplare abusivamente duplicato o riprodotto”4.
4
Art. 174 bis, comma I, della LDA.
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