D.Lgs. n.122, 2005

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Convegno promosso da
FIAIP
- Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali “Un’equa ed adeguata tutela degli acquirenti di immobili da costruire, alla luce dei più recenti
interventi normativi”, in particolare il D.Lgs. n.122, 20.06.2005
Relazione introduttiva: Avv. Patrizia Baccigalupi, Foro di Massa Carrara
Con l’approvazione del Decreto Legislativo 20 giugno 2005, n.122, adottato in attuazione
della delega contenuta nella L. 2 agosto 2004, n.210 (“Delega al Governo per la tutela dei diritti
patrimoniali degli acquirenti degli immobili da costruire”) sono state introdotte nuove e
fondamentali disposizioni poste a tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili ed, in
particolar modo, degli immobili da costruire. Lo scopo principale della normativa è quello di evitare
che, come molto spesso accaduto in passato, il promissario acquirente di un immobile da costruire, a
causa di una situazione di crisi del costruttore, si venga a trovare nella spiacevole condizione di non
veder ultimato l’immobile e nemmeno di riuscire ad ottenere la restituzione di quanto già
eventualmente corrisposto al costruttore per un immobile mai venuto ad esistenza (vantando nei
confronti di quest’ultimo una semplice posizione di creditore chirografario). Tale intervento
normativo si inserisce, dunque, nel contesto di una legislazione finalizzata alla regolamentazione
della contrattazione effettuata in presenza di un significativo squilibrio tra le parti, in cui si rinviene
un contraente c.d. “debole” ed uno c.d. “forte”. In passato il legislatore aveva preso in
considerazione tale problema, tutt’altro che teorico, cercando di introdurre strumenti di garanzia
idonei, come, ad esempio, la trascrizione del contratto preliminare (con il D.Lgs. n.669/1996) che,
nel concreto, non ha, tuttavia, apportato quel contributo determinante che gli acquirenti, nonché gli
operatori del settore, si attendevano; in particolare, la mancanza di informazione, i costi posti a
carico del promissorio acquirente per l’assistenza tecnica e legale, i costi notarili e fiscali, il timore
diffuso dell’emersione dei reali prezzi di vendita dell’immobile, sono state le principali cause del
parziale fallimento della disciplina relativa alla trascrizione del preliminare. Dunque, il mancato
successo dell’istituto della trascrizione del contratto preliminare, ma, soprattutto, l’allarme sociale
generato dal fenomeno dei fallimenti delle imprese costruttrici, hanno indotto il legislatore ad
introdurre nel nostro ordinamenti un “pacchetto” articolato di tutele a favore degli acquirenti di
immobili.

ENTRATA IN VIGORE DELLE NUOVE NORME
Il decreto legislativo 20 giugno 2005 n.122, oggi in commento, è stato pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 155 del 06 luglio 2005 ed è, pertanto, entrato in vigore il 21 luglio 2005.
E’ doveroso segnalare che non tutte le disposizioni della nuova normativa sono applicabili dallo
stesso momento: infatti l’art. 5 del decreto stesso fissa una particolare disciplina transitoria di
carattere temporale per le sole fattispecie disciplinate negli art. 2,3 e 4, mentre per le altre fattispecie
restano valide le regole generali in materia di efficacia delle leggi nel tempo. Pertanto, riepilogando:
a) La disciplina relativa a :
- l’obbligo posto a carico del costruttore di consegnare all’acquirente una garanzia fideiussoria ex
art. 2 e 3
- l’obbligo posto a carico del costruttore di consegnare all’acquirente una polizza assicurativa
indennitaria di durata decennale ex art. 4.
Troverà applicazione dal 21 luglio 2005 ma con esclusione per tutti quei contratti che
abbiano per oggetto immobili per i quali il permesso di costruire o atto equipollente sia stato
richiesto dal costruttore in data anteriore all’entrata in vigore del decreto”; pertanto, potranno
aversi contratti stipulati dal 21 luglio 2005 ai quali non si applicherà la disciplina contenuta negli art.
2 3 e 4 se ed in quanto abbiano per oggetto immobili da costruire per i quali la richiesta del titolo
edilizio e abilitativi sia stata fatta prima del 21 luglio 2005.
b) La disciplina relativa a :
- l’obbligo di conformare il contratto preliminare di cui all’art. 6
- la modifica della procedura per la suddivisione del mutuo fondiario ex art. 7
- il diritto di prelazione a favort5e dell’acquirente nel caso di vendita all’incanto dell’immobile ex
art. 9
- l’esclusione dalla revocatoria fallimentare ex art. 10
- la possibilità per l’acquirente di escutere la garanzia fideiussoria ex art. 11
troverà applicazione dal 21 luglio 2005.
Ovviamente, il legislatore non ha voluto appesantire le iniziative edilizie già in corso con
adempimenti ed oneri non previsti ab origine, pertanto, le nuove norme non si applicano a tutti i
contratti (ed ai relativi pagamenti effettuati o dovuti) che hanno ad oggetto immobili per i
quali è stato già richiesto il permesso di costruire o altro atto equivalente al momento di
entrata in vigore del decreto.
L’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA NUOVA NORMATIVA
La nuova disciplina di tutela per l’acquirente di immobili da costruire è, per sua espressa previsione,
applicabile ai soli contratti situati all’interno del “perimetro” da essa stessa delineato.
Dunque, per comprendere meglio l’ambito applicativo del decreto in esame si rende necessario
conoscere i confini che il legislatore ha voluto specificare puntualmente, correndo, talvolta,
addirittura il rischio di cadere in contraddizione, dando vita a situazioni di incertezza giuridica.
L’art 1 del decreto legislativo n. 122 del giugno 2005, costituisce una disposizione di carattere
generale riferibile a tutte le fattispecie di tutela previste dal decreto stesso e nel precisare cosa deve
intendersi per costruttore, per acquirente, per immobile da costruire e per situazione di crisi
delimita l’ambito entro il quale le nuove disposizioni devono trovare concreta applicazione.
Presupposti soggettivi ed oggettivi:
Il suddetto art. 1 esordisce affermando che “ ai fini del presente decreto deve intendersi”:
A) per “costruttore” l’imprenditore o la cooperativa edilizia che promette in vendita l’immobile
in costruzione, o che abbia stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, e ciò
indipendentemente dalla circostanza che sia lo stesso costruttore a provvedere direttamente
all’edificazione ovvero che ne affidi l’esecuzione ad impresa terza mediante un contratto di
appalto. Per l’applicazione della disciplina di tutela, quindi, il venditore-costruttore deve
essere un imprenditore o una cooperativa edilizia, deve, cioè, trattarsi di un operatore
professionale, ossia di un soggetto che agisca nell’esercizio di impresa, mentre la tutela in
oggetto deve ritenersi non applicabile nei “rapporti tra i privati” (il venditore deve essere un
“costruttore” che agisce nell’esercizio di una attività di impresa); Per l’applicazione della
tutela prevista dal D.Lgs. n.122/2005 è, inoltre, necessario che il venditore sia anche il
costruttore dell’edificio, potendo trattarsi di operatore che ha affidato a terzi , ad esempio, in
appalto, la costruzione dell’immobile;
B) per “acquirente”, “la persona fisica, che sia promissoria acquirente o che acquisti un
immobili da costruire, ovvero che abbia stipulato ogni altro contratto, compreso quello di
leasing, che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non
immediato, a se’ o ad un proprio parente in primo grado, della proprietà o della titolarità di
un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, ovvero colui il quale, ancorché
non socio di una cooperativa edilizia, abbia assunto obbligazioni con la cooperativa
medesima per ottenere l’assegnazione in proprietà o l’acquisto della titolarità di un diritto
reale di godimento su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa”; Leggendo la
definizione di acquirente fornita in questo ambito dal legislatore risulta evidente come
rimanga esclusa l’applicazione della disciplina al caso in cui promissario acquirente o
acquirente dell’immobile sia una persona giuridica.
E’ dubbio se con l’espressione “persona fisica” il legislatore abbia voluto riferirsi a
qualunque persona fisica, a prescindere dall’attività nell’esercizio della quale effettui
l’acquisto, o se con tale espressione abbia voluto fare riferimento alla persona fisica che
comunque non agisca nell’esercizio di attività imprenditoriale o professionale, sulla scia
delle recenti disposizioni dettate a tutela del c.d. “consumatore”. Sul punto, nei primi
commenti al decreto in questione, sono state proposte due diverse ricostruzioni nettamente
contrapposte:

La ricostruzione letterale, secondo la quale si ritiene applicabile la nuova
disciplina di tutela ogni qualvolta l’acquirente sia una persona fisica, a
prescindere dall’attività nell’esercizio della quale effettui l’acquisto, in quanto la
definizione in commento non lascerebbe spazio a limitazioni e/o esclusioni di
sorta. Secondo quest’interpretazione, dunque, è escluso che la disciplina in
commento possa essere ricondotta nell’alveo della normativa in tema di “tutela
del consumatore”;

La ricostruzione restrittiva, ritiene applicabile la nuova disciplina di tutela solo
quando l’acquirente sia una persona fisica che non agisca nell’esercizio
dell’attività di impresa o professionale. I sostenitori di tale interpretazione
fondano la loro ricostruzione sulla considerazione che l’intera disciplina di tutela
introdotta dal D.Lgs. n.122/2005 debba ricondursi nell’alveo di tutta la recente
produzione normativa dettata a tutela del “consumatore”, ossia di quelle
disposizione volte a rimediare a tutte quelle situazioni di asimmetria contrattuale,
in cui i diversi rapporti di forza tra le parti contrattuali determinano uno squilibrio
economico-giuridico, per compensare il quale, pertanto, il legislatore interviene
imponendo l’osservanza di regole di comportamento che possano garantire
maggiore trasparenza e rapporti più equi tra le parti. Ne consegue che se all’art.
1469 bis ss. c.c. il legislatore ha definito “consumatore la persona fisica che
agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente
svolta” dando rilievo al fatto che consumatore deve pur sempre essere una
“persona fisica”, si può ritenere che il legislatore delegato nel fornire la
definizione di acquirente, abbia voluto riferirsi proprio alla persona fisica come
tale definita nella norma generale in tema di “contratti dei consumatori”, norma
comunque applicabile ad una disciplina riconducibile a questo filone normativo.
Del resto, scopo del D.Lgs. n.122/2005 è quello di tutelare i contraenti deboli,
privi cioè della opportuna forza contrattuale e delle conoscenze che invece
possiedono coloro che operano sul mercato, assumendo consapevolmente il
connesso ed inevitabile “rischio di impresa”, conseguentemente, dovrà escludersi
dalla tutela la persona fisica che agisca nell’esercizio dell’impresa o della
professione.
Concludendo sul punto, alla luce delle diverse opinioni manifestate in dottrina in ordine al
concetto di persona fisica, appare evidente come la ricostruzione letterale sia quella più prudente
e tranquillizzante per l’operatore, in quanto esclude il rischio di lasciare sprovviste di tutela
alcune fattispecie che possono verificarsi nella realtà concreta. Dunque, si ritiene che debba
prevalere non tanto la qualifica astrattamente rivestita dal soggetto acquirente, ma la
valutazione del fatto che nella concreta e specifica fattispecie l’acquirente intervenga per scopi
che rientrano nell’esercizio della propria attività professionale o imprenditoriale.
C) per “situazione di crisi” del costruttore si intende «la situazione che ricorre nei casi in cui il
costruttore sia sottoposto o sia stato sottoposto ad esecuzione immobiliare, in relazione
all’immobile oggetto del contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria,
concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa.» Pertanto, il decreto, intende
verificata la situazione di crisi alla data di trascrizione del pignoramento relativo all’immobile
oggetto del contratto, ovvero alla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento
o del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, ovvero alla data di presentazione
della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo,ovvero, infine, a quella di
pubblicazione della sentenza che dichiara lo stato di insolvenza o, se anteriore, del decreto che
dispone la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria.
D) per “immobile da costruire” quelli “per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che
siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio
tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”. Tuttavia, tale definizione non
appare del tutto appagante e tale da fugare ogni dubbio interpretativo. Bisogna innanzitutto
constatare come il legislatore delegato abbia voluto dettare questa nuova disciplina per gli
immobili da costruire che siano dedotti in contratto in una dimensione che potremo definire
“dinamica”: deve trattarsi, in particolare, di fabbricati rispetto ai quale sia prevista una
successiva attività edificatoria ad opera del venditore e che, pertanto, al momento della
conclusione del contratto non risultino ancora individuati nella consistenza voluta e convenuta
tra le parti. In pratica la nuova disciplina di tutela si applica solo quando il fabbricato venga
dedotto in contratto con caratteristiche (consistenza, impianti, finiture) non ancora esistenti al
momento della conclusione del contratto stesso, caratteristiche peraltro delle quali si sia già
tenuto conto ai fini della determinazione del prezzo, e la cui realizzazione presuppone pertanto
un’attività edificatoria da parte del venditore/costruttore successiva alla conclusione del contratto
in questione (è il caso, assai diffuso nella pratica, della cd. “vendita sulla carta”).
La nuova normativa non si applica invece ogni qualvolta oggetto di negoziazione siano immobili
da costruire dedotti in contratto in una dimensione che potremmo definire “statica”: ossia ogni
qualvolta il contratto riguardi edifici che vengono ceduti nello stato in cui si trovano al momento
della stipula del contratto medesimo. (Ad esempio se viene stipulato un contratto avente per
oggetto un’area sulla quale siano stati eseguiti solamente i lavori di costruzione di un edificio
sino alla prima soletta, siamo sicuramente in presenza di un contratto avente per oggetto un
“immobile da costruire” secondo la definizione data dall’art. 1 lett. d) del “Dec. L.vo”; ma se le
parti hanno convenuto di trasferire l’immobile nello stato in cui in quel momento si trova, con
prezzo ragguagliato alla sua attuale consistenza, non assumendo il venditore alcun obbligo circa
il completamento o la continuazione delle opere, la disciplina in commento NON potrà trovare
applicazione. Disciplina che troverà invece applicazione nel caso in cui ad essere dedotto in
contratto sia, ad esempio, un appartamento al secondo piano di quel fabbricato da costruirsi a
cura
del venditore/costruttore, appartamento da consegnarsi all’acquirente completo di impianti e di
opere di finitura e quindi funzionale all’uso cui è destinato).
In base alla definizione fornita dall’art.1 del “Dec. L.vo” possono, dunque, considerarsi
“immobili da costruire” ai fini dell’applicabilità della nuova disciplina di tutela tutti quegli
immobili (da considerare, sempre, in quella dimensione che abbiamo definito “dinamica”) che si
trovano in uno stadio di “costruzione” che si colloca tra i seguenti due momenti:
- dopo l’avvenuta richiesta del permesso di costruire ovvero dopo l’avvenuta presentazione della
denuncia di inizio attività (ricorrendo le condizioni di cui all’art. 22 terzo comma D.P.R.
380/2001 Testo Unico in materia edilizia);
- prima del completamento delle finiture e della conseguente richiesta di rilascio del certificato
di agibilità
In pratica, per il decreto in commento, si è in presenza di un “fabbricato da costruire”, ai fini
dell’applicabilità della nuova disciplina di tutela, dal momento della richiesta del titolo edilizio
sino al momento della richiesta del certificato di agibilità (che a sensi dell’art. 25 del D.P.R.
380/2001 Testo Unico in materia edilizia DEVE essere richiesto una volta completate le opere di
finitura ed entro il termine perentorio di quindici giorni dal completamento di tale opere).
Sono conseguentemente esclusi dalla disciplina di tutela:
a) l’acquirente di edifici per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o altra
denuncia o il provvedimento abilitativo e per i quali, pertanto, il progetto edificatorio sia stato solo
predisposto dal venditore, ma non ancora presentato ai competenti Uffici Comunali.
Perché si possa applicare la nuova disciplina di tutela si dovrà dunque fare riferimento ad un
progetto per il quale sia stata fatta regolare richiesta di rilascio di titolo abilitativo.
b) l’acquirente di edifici per i quali sia già stato richiesto il rilascio dell’agibilità (o addirittura già
dichiarato agibili anche per silenzio-assenso) in quanto già completati anche con riguardo alle
finiture.
Si rammenta, inoltre, che l’art. 5 del “Dec. L.vo” stabilisce che la nuova normativa di tutela si
applica agli edifici per i quali il permesso di costruire o altra denuncia o provvedimento abilitativi
siano stati richiesti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo.
Pertanto dalla disciplina di tutela va pure escluso l’acquirente di edifici per i quali il permesso di
costruire o altra denuncia o il provvedimento abilitativo siano stati richiesti prima dell’entrata in
vigore del “Dec. L.vo” ossia prima del 21 luglio 2005;
Nel caso del decreto in commento le finalità perseguite sono relative alla necessità di tutelare
l’acquirente, riconoscendogli la possibilità di recuperare tutto quanto dallo stesso già sborsato
prima della acquisizione definitiva della proprietà di un edificio da costruire. Ciò ha indotto il
legislatore ad adottare una diversa nozione di “fabbricato da costruire”, dilatandola al di là del
momento della realizzazione del mero “involucro esterno”, ritenendo, pertanto, l’immobile “non
ancora ultimato” sino al momento in cui non venga a trovarsi nello “stadio tale da consentire il
rilascio del certificato di agibilità”; il che equivale a dire che, in base a questa definizione,
l’immobile non potrà considerarsi ultimato sino a che non siano stati eseguiti gli impianti e non
siano state completate le finiture, rendendo in tale modo il fabbricato “funzionale” agli usi per i
quali è stato realizzato. (Infatti l’art. 25 D.P.R. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia) al primo
comma, stabilisce che la domanda di rilascio del certificato di agibilità deve essere presentata ai
competenti uffici del Comune “entro quindici giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura
dell’intervento” con ciò lasciando intendere che il certificato di agibilità non può essere richiesto,
né tanto meno rilasciato, sino a che non siano state completate anche le finiture).
Infine, ci si chiede se col riferirsi all’”immobile da costruire” il legislatore abbia voluto limitare
l’applicazione della nuova disciplina ai soli edifici da costruire “ex novo” (su area inedificata) o se
nel concetto di immobile da costruire possa farsi rientrare anche la ristrutturazione edilizia. Da un
lato, il tenore letterale, stante il riferimento contenuto nell’art. 1 lett. d) del “Dec.L.vo”
all’immobile da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio
tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”, senza che in tale definizione si
faccia riferimento alla "ristrutturazione edilizia", farebbe propendere per una interpretazione
restrittiva della norma, con conseguente applicabilità della nuova disciplina solo in presenza di un
edificio da edificare o comunque in corso di costruzione, ossia di un edificio da realizzare ex novo
là dove prima vi era un’area inedificata e non anche in presenza di un fabbricato già esistente da
trasformare.
Una lettura “sistematica” della norma, in relazione a quelli che sono invece gli scopi che il
legislatore intende perseguire con la disciplina in commento, con riguardo specifico alla garanzia
fideiussoria, porterebbe invece ad una interpretazione estensiva. Infatti, appare di tutta evidenza,
come la situazione dell’acquirente persona fisica che acquista dal costruttore un fabbricato da
costruire “ex novo”, acquirente che deve, pertanto, essere tutelato, in quanto gli deve essere
garantita la possibilità di recuperare tutto quanto già versato sino al momento in cui si produce
l’effetto traslativo, non è affatto diversa da quella dell’acquirente persona fisica che acquista una
porzione di un edificio già esistente e da ristrutturare radicalmente, porzione che potrà essere
fisicamente individuata e quindi potrà essere anche trasferita solo una volta eseguiti i suddetti
lavori di ristrutturazione. Saremmo pertanto propensi, sulla base di una interpretazione
sistematica della nuova normativa di tutela, ad estendere tale normativa anche agli edifici da
ristrutturare ovvero in corso di ristrutturazione. Deve peraltro trattarsi di interventi di
ristrutturazione cd. “maggiore”, ossia di interventi “rivolti a trasformare gli organismi edilizi
mediante un insieme sistematico di opere” e che “portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso da quello precedente e che comportino aumento di unità, modifiche del volume, della
sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero se in zona A mutamento della destinazione d'uso”.
Deve trattarsi, in particolare, di interventi complessi, incidenti sugli elementi tipologici, strutturali
e formali, del fabbricato, tali da determinare una vera e propria “trasformazione” dell’edificio
preesistente.
***
Il decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122, di attuazione della legge delega 2 agosto 2004 n.
210 ha, dunque, introdotto nel nostro ordinamento un “pacchetto” articolato di tutele a favore
dell’acquirente di immobile da costruire. Tale “pacchetto” comprende:
1. l’obbligo posto a carico del costruttore di consegnare all’acquirente una fideiussione a
garanzia di tutte le somme o comunque dei corrispettivi incassati dal costruttore stesso
sino al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento (artt. 2 e 3)
2. l’obbligo posto a carico del costruttore di consegnare all’acquirente una polizza
assicurativa indennitaria di durata decennale a garanzia dell’obbligo posto a carico dello
stesso di risarcire gli eventuali danni materiali e diretti dell’immobile derivanti da rovina
totale o parziale o da gravi difetti costruttivi (art. 4)
3. l’obbligo di conformare il contratto preliminare, nonché qualsiasi altro contratto
comunque diretto al successivo trasferimento della proprietà o di diverso diritto reale di
godimento, ad un contenuto “minimo” fissato dal legislatore (con previsione di specifiche
allegazioni) (art. 6)
4. l’ampliamento dei soggetti legittimati a richiedere la suddivisione del mutuo fondiario in
quote ed il corrispondente frazionamento della garanzia ipotecaria e la previsione, nel
caso di inerzia della Banca, di un procedimento sostitutivo con l’intervento del Notaio (art.
7)
5. l’impedimento posto a carico del Notaio di procedere alla stipula di atti di
compravendita, se prima o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla
11suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la
cancellazione o frazionamento dell’ipoteca o del pignoramento (art. 8)
6. il diritto di prelazione a favore dell’acquirente, privato dell’immobile dallo stesso già
adibito ad abitazione principale per sé o per parente di primo grado, nel caso di vendita
all’incanto dell’immobile stesso nell’ambito di procedura esecutiva (art. 9)
7. l’esclusione dalla revocatoria fallimentare per immobili che l’acquirente (o suoi parenti
ed affini entro il terzo grado) si sia impegnato ad abitare, se trasferiti a “giusto prezzo”
(art. 10)
8. - la possibilità per l’acquirente di escutere la garanzia fideiussoria prima che il curatore
comunichi la scelta tra l’esecuzione o lo scioglimento del contratto (art. 11).
1) LA FIDEIUSSIONE
Il decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122 (di seguito indicato per brevità “Dec. L.vo”), di
attuazione alla legge 2 agosto 2004 n. 210 recante delega al governo per la tutela dei diritti
patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, prevede (agli articoli 2 e 3) una nuova forma
di tutela dell’acquirente di immobili da costruire, consistente nell'obbligo posto a carico del
costruttore di consegnare all'acquirente una fideiussione a garanzia di tutte le somme o comunque
dei corrispettivi incassati dal costruttore stesso sino al trasferimento della proprietà o di altro diritto
reale di godimento. Scopo della nuova normativa di tutela, è, evidentemente, quello di tutelare il
“contraente debole”, rimediando alle inevitabili “asimmetrie contrattuali” che si registrano quando
diversi sono i “rapporti di forza” tra le parti contrattuali, asimmetrie per compensare le quali,
pertanto, il legislatore interviene imponendo l'osservanza di determinate regole di comportamento
che possano garantire un “riequilibrio” tra le contrapposte posizioni e quindi rapporti più equi tra le
parti. In particolare l’art. 2 del “Dec. L.vo” così dispone:
“1. All’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato
della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente
le medesime finalità, ovvero in un momento precedente, il costruttore è obbligato, a pena di nullità
del contratto che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio e a
consegnare all’acquirente una fideiussione, anche secondo quanto previsto dall’art.1938 del codice
civile, di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il
costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, deve ancora
riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di
godimento,. Restano comunque escluse le somme per le quali è pattuito che debbano essere erogate
da un soggetto mutuante nonché i contributi pubblici già assistiti da autonoma garanzia”.
Il successivo art. 3, a sua volta, stabilisce che la fideiussione suddetta deve garantire “la restituzione
delle somme e del valore di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente riscossi” nel caso cui
“il costruttore incorra in una situazione di crisi”.
La nuova normativa di tutela, con riguardo specifico alla garanzia fideiussoria, dunque,, si applica
in caso di stipula di contratti che abbiano come finalità il trasferimento non immediato della
proprietà o di un altro diritto di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le
medesime finalità. Così dispone l’art. 2 del “Dec. L.vo” che sul punto ribadisce quanto già previsto
nell’art. 2 della legge delega ove si fa riferimento ad ogni tipo di contratto, compreso il leasing, che
comporti l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato, della proprietà o di diritti reali
limitati su edifici da costruire.
La nuova normativa di tutela sembra poter trovare applicazione solo in caso di:
a) contratti ad effetti obbligatori nonché contratti ad effetti reali “differiti” che comunque non
comportino l’immediato trasferimento della proprietà:
Ad esempio:
- preliminare di vendita (indipendentemente dalla sua trascrizione)
- vendita di fabbricato da costruire (vendita di cosa futura ex art. 1472 c.c.)
- vendita di fabbricato da costruire di proprietà di terzi (art. 1478 c.c.)
- compravendita con riserva di proprietà ex artt. 1523 e segg. c.c. (20)
- compravendita soggetta a condizione sospensiva
- compravendita con previsione di termine
b) contratti che abbiano comunque la finalità di far acquisire all’acquirente la proprietà di
un fabbricato da costruire:
Ad esempio:
- permuta di area (bene presente) con unità da costruire (bene futuro) (le nuove forme di
tutela troveranno ovviamente applicazione con riguardo al trasferimento del bene futuro)
- cessione di quota indivisa di area, con condominio precostituito, ove il corrispettivo della
cessione consiste nell’obbligo dell’acquirente di costruire a sue cure e spese anche la
porzione di edificio di competenza del venditore (in questo caso sarà il venditore
dell’area, pro quota,, quale acquirente della porzione di edificio da costruire, oggetto del
condominio precostituito, a dover essere tutelato)
- contratto di opzione ex art. 1331 cod. civ.
In pratica sembra che il legislatore abbia subordinato l’applicazione della nuova normativa di tutela
al fatto che il soggetto acquirente, a fronte del pagamento di un prezzo o comunque della prestazione
di un corrispettivo (che può essere, a sua volta, costituito dal trasferimento immediato della proprietà
o altro diritto reale di un bene) non abbia ancora acquisito la proprietà (o altro diritto reale) del
fabbricato da costruire o in quanto non sia stato ancora stipulato il negozio traslativo (come nel caso
del preliminare) od in quanto pur essendovi il titolo, in realtà manchi ancora l’oggetto della proprietà
(o di altro diritto reale) non essendo il fabbricato ancora venuto ad esistenza nella consistenza voluta
dalle parti.(come nel caso di vendita ex art. 1472 c.c.).
Ed il legislatore delegato, infatti, oltre che parlare espressamente di contratto avente come finalità il
trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale (ed in questo senso oltre agli
articoli 1 e 2 si pone anche l’art. 5), fa continui riferimenti, nello stabilire contenuto ed effetti della
garanzia fideiussoria, proprio al momento del trasferimento della proprietà del fabbricato: così la
fideiussione deve essere di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale
corrispettivo che il costruttore ha riscosso e deve ancora riscuotere dall’acquirente prima del
trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento (art. 2 primo comma); ed ancora
l’efficacia della fideiussione cessa al momento del trasferimento della proprietà o di altro diritto
reale o dell’atto definitivo di assegnazione (art. 3 comma settimo).
Contenuto e caratteristiche della garanzia
Verificandosi i presupposti di applicabilità della nuova disciplina quali sopra illustrati, il
“costruttore” prima o al più tardi all’atto della stipula del contratto, dovrà consegnare
all’”acquirente” una fideiussione, rilasciata da una banca o da un’impresa di assicurazione o da
intermediario finanziario a ciò abilitato, a garanzia di un importo pari alle somme e/o al valore di
ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore abbia già riscosso o, secondo i termini e le
modalità stabilite in detto contratto, debba ancora riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento
della proprietà o di altro diritto reale di godimento
La garanzia, pertanto, dovrà “coprire”:
- le somme che il costruttore abbia già riscosso o i valori che il costruttore abbia già acquisito al
momento della stipula del contratto
- le somme che, in base al contratto, il costruttore debba riscuotere o i valori che il costruttore debba
acquisire dopo la stipula del contratto ma PRIMA che si verifichi il trasferimento della proprietà
o del diverso diritto reale di godimento.
La garanzia non riguarderà, invece, somme e valori che il costruttore è invece destinato a riscuotere
e/o acquisire solo nel momento in cui si verifichi il trasferimento della proprietà dell’edificio o di
altro diritto reale sullo stesso.
L’art. 1 del “Dec. L.vo” prevede espressamente che la fideiussione possa essere rilasciata “anche
secondo quanto previsto dall’art. 1938 c.c.” a norma del quale la “fideiussione può essere prestata
anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione in quest’ultimo caso dell’importo
massimo”. Il testo dell’art. 1938 c.c. è stato modificato con la legge 154/1992, che ha imposto
l’obbligo, in caso di fideiussione per obbligazioni future, di indicare l’importo massimo.
Prima di tale riforma, molto si era infatti discusso in dottrina ed in giurisprudenza circa la validità
delle cd. “fideiussioni omnibus" prestate a garanzie di tutte le obbligazioni presenti e future.
Con la riforma del 1992 venne pertanto ribadita la validità delle fideiussioni a garanzia di
obbligazioni future ma alla condizione che nel contratto venisse precisato l’importo massimo. Scopo
del richiamo è quello di consentire il rilascio di polizze fideiussorie a contenuto “progressivo”, volte
cio è a garantire gli importi che nel corso del rapporto vengono via via effettivamente riscossi dal
costruttore entro il limite massimo costituito dall’intero importo che il costruttore dovrà incassare
prima del trasferimento della proprietà o del diritto reale (la garanzia, infatti, in caso di escussione
riguarda il rimborso solo di quanto effettivamente versato dall’acquirente); il tutto, ovviamente, per
contenere i costi della polizza medesima. Infatti appare inutile garantire, da subito, somme non
ancora incassate materialmente dal costruttore, e che pertanto, in caso di “situazione di crisi”
comunque non vanno rimborsate all’acquirente. In questo senso si è espressa anche la Relazione
illustrativa al decreto ove si è chiarito che “in accoglimento di un’osservazione formulata da
entrambe le Commissioni parlamentari si è precisato che le parti possano convenire di utilizzare
anche lo schema tipico della fideiussione per obbligazione futura previsto dall’art. 1938 c.c. con ciò
consentendo che il valore della fideiussione possa essere rapportato ai versamenti effettivamente
avvenuti e non stimato sull’intero valore del bene promesso in vendita, così da inserire quel
concetto di progressività che è oggetto dei suggerimenti provenienti dalle citate commissioni
parlamentari”.
Riteniamo, che in relazione a quanto disposto dall'art. 2 primo comma e dall'art. 3 ultimo comma
del decreto legislativo 122/2005 in commento, la fideiussione debba essere rilasciata con durata
fissata sino al momento del trasferimento della proprietà o del diverso diritto reale di godimento,
in quanto questo è il momento sino al quale, in base alla nuova normativa di tutela, l'acquirente deve
essere tutelato e garantito. Nel caso venga, invece, rilasciata una fideiussione con scadenza a termine
"fisso", tale termine non deve in alcun modo precedere quello indicato in contratto come momento
del verificarsi dell'effetto traslativo; ad esempio in un contratto preliminare, il termine di durata della
fideiussione non potrà precedere il termine fissato per la stipula del contratto definitivo. Qualora sia
prevista la facoltà per le parti di prorogare il termine contrattualmente previsto per il prodursi
dell'effetto traslativo, dovrà anche essere previsto che, l'esercizio di tale facoltà ,sia subordinato alla
preventiva proroga del termine di scadenza della fideiussione, affinché tale ultimo termine vada a
scadere sempre in un momento successivo o quantomeno coincidente con quello del trasferimento
della proprietà.
Le sanzioni. Qual è la sanzione prevista dal legislatore per il caso in cui il costruttore ometta di
rilasciare la polizza fideiussoria? L’art. 2 del “Dec. L.vo” prevede espressamente la nullità del
contratto. La nullità, peraltro, può essere fatta valere solo dall’acquirente “tutelato”: il costruttore
inadempiente, pertanto, non potrà “sfruttare” il suo inadempimento per chiedere la nullità di un
contratto della cui stipula si è pentito. Sarebbe altrimenti una vera “beffa” per l’acquirente.
Si parla al riguardo di ”nullità relativa” anche se in dottrina si discute circa la configurabilità stessa
della categoria della “nullità relativa”: infatti a chi contesta l’esistenza di tale particolare categoria
di nullità, osservando che la nullità non può che essere unica di fronte a tutti, si è opposto chi invece
ha ammesso tale categoria, basandosi sul riscontro di norme specifiche, che legittimano all’azione di
nullità solo la parte alla tutela della quale è finalizzata la norma violata.
Con riguardo a questa specifica nullità si è avuto modo di osservare :
- che benché trattasi di “nullità relativa”, che può essere fatta valere solo dall’acquirente, tuttavia
deve ritenersi comunque ed in ogni caso rilevabile d’ufficio da parte dal giudice, anche se “è
necessario contemperare gli obiettivi di tutela dell’interesse pubblico con le esigenze di protezione
concreta del singolo contraente” per cui la rilevabilità d’ufficio dovrebbe comunque ammettersi nel
solo interesse del soggetto tutelato
- come la “nullità relativa” non appaia lo strumento migliore per la tutela dell’acquirente, ma che, al
contrario, potrebbe finire col “danneggiare” proprio colui che dovrebbe tutelare: infatti, la
rilevabilità d’ufficio e la imprescrittibilità di detta nullità potrebbero “inficiare la validità del
contratto e quindi la stessa successiva circolazione del fabbricato”. Per ovviare a tale conseguenza
“perversa” si è, pertanto giunti a ritenere valida e legittima una rinuncia da parte dell’acquirente
all’azione di nullità una volta avvenuto il trasferimento della proprietà del bene (anzi si è arrivati
addirittura ad ipotizzare che una “volta consegnato il bene e quindi venuti meno quei rischi contro i
quali la tutela è stata legislativamente imposta, l’invalidità possa considerarsi automaticamente
“sanata”)
La nullità del contratto è prevista per il caso di mancato rilascio della garanzia fideiussoria. Non è
previsto negli artt. 2 e 3 del “Dec. L.vo” alcun adempimento di carattere formale in relazione alla
garanzia fideiussoria ed in particolare non è previsto alcun obbligo di menzionare gli estremi della
fideiussione nel contratto
Infine, essendo lo scopo della nuova normativa di tutela quello di tutelare il “contraente debole”, e
quindi di riequilibrare i rapporti “di forza” tra le parti contraenti, conseguentemente si deve ritenere
che la disciplina dalla stessa dettata non sia derogabile e non rientri pertanto nella “disponibilità”
delle parti, altrimenti si rischierebbe di vanificare quelli che sono gli scopi perseguiti dalla
normativa stessa. Tant’è vero che l’art. 2 del “Dec. L.vo”, non a caso, parla di “obbligo del
costruttore” a consegnare la garanzia fideiussoria e non invece di “diritto dell’acquirente” ad
ottenere detta garanzia, e sanziona la violazione di tale obbligo con la nullità del contratto (che,
seppur relativa, abbiamo detto essere comunque rilevabile anche d’ufficio).
La garanzia fideiussoria opera nel caso in cui il “costruttore” incorra in una “situazione di crisi”
(debbono essere restituite le somme ed il valore di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente
riscossi il tutto maggiorato dagli interessi legali maturati sino al momento in cui si è verificata tale
situazione).
Stipula del contratto preliminare e consegna della fideiussione. L’art. 2 del “Dec. L.vo” prescrive
che il costruttore debba consegnare la fideiussione “all’atto della stipula del contratto ovvero in
un momento precedente”. Il rispetto di tale prescrizione, peraltro, pone problemi di ordine pratico
di non poco conto. Ci si chiede infatti come il promittente venditore possa disporre già della
fideiussione prima ancora di avere quanto meno l’impegno del promissario acquirente ad
acquistare il bene da costruire e prima ancora che siano convenute le modalità ed i termini di
pagamento del prezzo (essenziali ora, alla luce del richiamo all’art. 1938 c.c., qualora si voglia
usufruire di una polizza fideiussoria a contenuto progressivo).
2) L’ASSICURAZIONE DELL’IMMOBILE
Il decreto legislativo 122/2005 all’art. 4 impone l'obbligo al costruttore di fornire garanzia per il
risarcimento al quale fosse tenuto a seguito di danni materiali e diretti all’immobile, compresi i
danni a terzi, a sensi dell’art. 1669 c.c., derivanti:
- da rovina totale o parziale
- oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione,
che si siano manifestati successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o
dell'atto definitivo di assegnazione.
Si è osservato al riguardo che la garanzia dovrà coprire anche quei danni connessi ad alterazioni tali
da incidere sulla “funzionalità” globale dell’edificio, rendendolo inidoneo all’uso cui è destinato.
La garanzia prescritta, consiste, in particolare, in una polizza assicurativa indennitaria a beneficio
dell’acquirente con durata decennale e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori.
La polizza dovrà invece essere consegnata dal costruttore all’atto del trasferimento della proprietà,
anche se destinata ad operare a partire dalla data di ultimazione dei lavori.
La garanzia inoltre è dovuta a prescindere da una “situazione di crisi” in cui incorra il costruttore,
essendo destinata ad operare all’emergere di vizi e difformità dell’edificio realizzato. Come già
anticipato in Premessa, i presupposti (“soggettivo” ed “oggettivo”) per l'applicazione della
disposizione di cui all'art. 4 in commento, sono quelli di cui all'art. 1 del decreto legislativo
122/2005, in quanto "norma di carattere generale"; pertanto:
- con riguardo ai soggetti: è necessario che a vendere sia un costruttore che agisce nell’esercizio di
impresa e che ad acquistare sia una persona fisica (art. 1 lett. a) e b) del dec. l.vo 122/2005);
- con riguardo all’oggetto: è necessario che si tratti di “immobile da costruire” ossia di immobili per
i quali “sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la costruzione
non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del
certificato di agibilità" (art. 1 lett. d) del dec. l.vo 122/2005). Per quanto riguarda il “presupposto
contrattuale” la disciplina legislativa appare confusa e mal formula, così da sollevare molti dubbi
circa i presupposti di applicabilità della disposizione in commento, in ordine alla fattispecie
contrattuale stipulata. La norma infatti esordisce parlando di consegna della polizza “all’atto del
trasferimento della proprietà” : ciò potrebbe far ritenere che tale specifica tutela si applichi a
qualsiasi contratto che abbia come effetto il trasferimento della proprietà di immobili da costruire
Alla fine peraltro la norma parla di danni manifestatisi “successivamente alla stipula del contratto
definitivo di compravendita o di assegnazione”: ciò potrebbe far ritenere che tale specifica tutela si
applichi solo in presenza della “sequenza preliminare/definitivo” Ma ancora l’art. 5, che richiama
espressamente l’art. 4 in commento, parla di “contratti aventi per oggetto il trasferimento non
immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento”: ciò potrebbe far ritenere che tale
specifica disciplina si applichi ai contratti ad effetti traslativi non immediati in genere e non solo in
presenza della “sequenza preliminare/definitivo”. Pur tra i molteplici dubbi testè evidenziati,
riteniamo di dover dare “prevalenza” al disposto dell’art. 5 e limitare comunque l’ambito di
applicazione della norma in commento ai contratti ad effetti traslativi non immediati. In caso
contrario si verificherebbe una disparità di trattamento tra chi stipula simili contratti e chi stipula,
invece, un contratto ad effetti traslativi immediati, difficilmente giustificabile: infatti in caso di
immobile da costruire per il quale la richiesta di titolo edilizio sia stata fatta prima del 21 luglio 2005
la polizza dovrebbe essere consegnata solo in caso di stipula, dopo il 21 luglio, di contratto ad effetti
traslativi immediati ma non anche nel caso di stipula di contratto ad effetti reali non immediati.
Probabilmente il legislatore ha voluto subordinare (senza peraltro ben esplicitarlo nella norma) la
consegna di questa polizza agli stessi presupposti previsti per la fideiussione di cui all’art. 2 (ove si
dice espressamente che la fideiussione deve essere consegnata in caso di contratti che abbiano come
finalità il trasferimento non immediato della proprietà”). Si vogliono così tutelare coloro che
acquistano un bene quando il bene ancora non esiste e che devono quindi “confidare” sulla
correttezza e professionalità del venditore nell’esplicazione dell’attività edificatoria.
Non è prevista dall’art. 4 in commento alcuna sanzione per il caso di mancata prestazione di questa
polizza assicurativa (al contrario di quanto previsto dall'art. 2 che sanziona con la nullità relativa la
mancata consegna della fideiussione), e quindi bisogna escludere che la mancata prestazione di
questa polizza indennitaria possa, in qualsiasi modo, incidere sulla validità del contratto.
Resta, ovviamente, fermo, per l'acquirente il rimedio della risoluzione per inadempimento ex artt.
1453 e segg. c.c.; in caso di violazione dell'obbligo posto dall'art. 4 in commento, l'acquirente potrà
certamente diffidare il venditore ad adempiere entro un congruo termine ex art. 1454 c.c., con
dichiarazione che decorso, inutilmente detto termine, senza che sia stata consegnata la polizza
assicurativa indennitaria, il contratto s'intenderà senz'altro risolto. E nel caso di specie deve ritenersi
sempre verificata la condizione di cui all'art. 1455 c.c., stante la grande rilevanza, per una adeguata
tutela dell'acquirente, che il decreto legislativo 122/2005, ha riconosciuto alla consegna di detta
polizza, per cui l'inadempimento dell'obbligo della sua consegna non può in alcun modo considerarsi
di "scarsa importanza" avuto riguardo all'interesse dell'acquirente.
3) IL CONTENUTO DEL CONTRATTO PRELIMINARE (art. 6)
Con il decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122 (di seguito indicato per brevità “Dec.
L.vo”), di attuazione alla legge 2 agosto 2004 n. 210 recante delega al governo per la tutela dei
diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, il legislatore, tra le varie forme di tutela
introdotte a favore dell'acquirente di immobile da costruire, ha previsto anche l'obbligo di
conformare il contratto preliminare, nonché qualsiasi altro contratto comunque diretto al
successivo trasferimento della proprietà o di diverso diritto reale di godimento, ad un contenuto
"minimo" (1). La disciplina sul punto è dettata dall’art. 6 del decreto 122/2005.
con riguardo all’oggetto: è necessario che si tratti di “immobile da costruire”. L’art. 6 del “Dec.
L.vo”
infatti fa riferimento al contratto preliminare “diretto al successivo acquisto in capo a persona fisica
della proprietà o di altro diritto reale su un immobile oggetto del presente decreto”. E l’intero
“Dec. L.vo” si riferisce all’”immobile da costruire”.
Contenuto del preliminare
Innanzitutto c’è da rilevare come l’art. 6 distingui tra gli elementi (descrizioni, menzioni,
informazioni) che debbono essere “contenuti” nel preliminare (primo comma: “il contratto del
preliminare ……. deve contenere: ……………) dagli elementi (descrizioni, menzioni, informazioni)
che invece debbono essere “allegati” al preliminare (secondo comma: “agli stessi contratti devono
essere allegati: …………).
Sicuramente, sulla base di questa disposizione, deve escludersi la possibilità di una “relatio
esterna” al contratto: non potrebbe considerarsi adempiuto il nuovo obbligo redazionale posto
dall’art. 6 del “Dec. L.vo” nel caso in cui per uno degli elementi prescritti dalla norma in commento
ci si limitasse a richiamare o a fare rinvio ad altri contratti ovvero a documenti che non vengano
materialmente allegati al contratto.
il contratto preliminare dovrà contenere.
a) le indicazioni previste all'articolo 2659, primo comma, n. 1) e all’articolo 2826, primo
comma, del codice civile;
Si tratta delle indicazione necessarie per individuare i soggetti del contratto e l’oggetto del
contratto; a tal fine il legislatore richiama le norme dettate in tema di trascrizione (per quanto
riguarda l’individuazione dei soggetti; art. 2659 primo comma n. 1) c.c.) ed in tema di iscrizione
ipotecaria (per quanto concerne la individuazione del bene immobile oggetto del contratto; art. 2826
primo comma c.c.) . Più precisamente:
per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti:
- se si tratta di persone fisiche dovranno essere indicate le generalità ed il codice fiscale; se
coniugate, dovrà essere indicato anche il regime patrimoniale, secondo quanto risulta da loro
dichiarazione resa nel titolo o da certificato dell’Ufficiale di Stato civile;
- se si tratta di persone giuridiche, società e/o associazioni non riconosciute dovranno essere
indicati la ragione o la denominazione sociale, la sede, il numero del codice fiscale, nonché, se si
tratta di associazioni non riconosciute o società semplici anche le generalità dei soggetti che le
rappresentano in base all’atto costitutivo;
per quanto riguarda l’individuazione dell’oggetto:
devono essere indicati la natura dell’immobile, il comune in cui si trova, nonché i dati di
identificazione catastale; trattandosi di fabbricato da costruire, dovranno essere indicati i dati
catastali identificativi del terreno su cui il fabbricato da costruire ovvero in corso di costruzione
stesso insiste.
Con riguardo a queste prescrizioni si è avuto modo di osservare in dottrina che le stesse "sono
dirette ad agevolare e rendere più sicura la trascrizione del contratto, che è strumento di
protezione dell'acquirente nei confronti dei terzi, come è fatto palese dal rinvio a disposizioni
codicistiche concernenti il contenuto della nota di trascrizione"(
b) la descrizione dell'immobile e di tutte le sue pertinenze di uso esclusivo oggetto del
contratto;
Per la individuazione dell’immobile oggetto del contratto, proprio perché non ancora
determinato nella consistenza voluta dalle parti, richiedendo ancora una successiva attività
edificatoria, non ci si può limitare alla sola indicazione della natura e dei dati identificativi del
terreno su cui lo stesso insiste; necessita quindi una descrizione più completa e precisa
dell’immobile, comprensivo delle relative pertinenze, che dia conto di quello che è il bene da
trasferire effettivamente voluto dalle parti, in quella che dovrà essere, pertanto, la consistenza finale
dell’immobile al momento del trasferimento definitivo della proprietà o di altro diritto reale.
Non è escluso (anzi sarà il più delle volte indispensabile) che per la descrizione esatta
dell’immobile, proprio perché trattasi di edifici da costruire, ci si possa avvalere degli elaborati
grafici di progetto e del capitolato delle caratteristiche dei materiali da utilizzare, la cui
allegazione al contratto è prescritta dalla norma in commento.
Ci si chiede al riguardo se, dopo la stipulazione del preliminare che contenga la descrizione
puntuale dell'immobile e delle sue caratteristiche tecniche e costruttive, sia consentito alle parti
apportare delle varianti, e qualora a tale quesito si debba dare risposta affermativa, se sia
necessario stipulare un atto integrativo che recepisca tali variazioni.
Riteniamo, innanzitutto, che scopo della norma in commento non sia certo quello di
"vincolare" le parti in maniera definitiva a quelle che sono le descrizioni contenute nel contratto, ma
essenzialmente quello di assicurare al promissario acquirente una rappresentazione la più completa
possibile di quello che è l'oggetto del contratto che è chiamato a sottoscrivere, nel momento in cui il
contratto stesso viene sottoscritto. Pertanto le parti sono assolutamente libere di concordare,
successivamente, ogni tipo di variante, arrivando sino allo "scambio" dell'immobile da trasferire (ad
esempio nel caso in cui si convenga che, anziché l'appartamento al secondo piano, oggetto di
vendita debba essere il corrispondente appartamento al terzo piano, identico al primo per
consistenza e finiture). Ovviamente nel caso di "varianti" di così vasta portata, come quella
dell'esempio sopra riportato, tali cioè da incidere sulla individuazione e determinazione stessa
sostituzione di quello precedentemente stipulato, affinché non vengano vanificate le finalità che
intende perseguire la norma in commento (in questo caso bisognerà avere l’accortezza di integrare
ovvero sostituire corrispondentemente anche la fideiussione rilasciata a sensi dell’art. 2 del decreto
delegato, affinché non possa essere successivamente eccepita l’eventuale “novazione” del rapporto
e conseguentemente l’estinzione della relativa garanzia). Se si tratta invece di varianti tali da
incidere solo su talune "qualità" del bene, ma non sulla sua individuazione, riteniamo invece non sia
necessario un atto integrativo o addirittura un nuovo contratto (ai fini puramente probatori, per
evitare possibili azioni ex art. 1497 c.c., potrà essere sufficiente uno scambio di corrispondenza tra
le parti ovvero un'autorizzazione scritta rilasciata dal promissario acquirente a favore del
promittente venditore).
Riteniamo, inoltre, legittime, anche dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina in
commento, le clausole contrattuali ("clausole di riserva"), già molto diffuse nella pratica, con le
quale il promittente venditore si riservi le seguenti facoltà:
a) la facoltà di apportare al progetto generale dell'edificio tutte le varianti architettoniche o
tecniche o di destinazione d'uso che si rendessero necessarie o utili, a condizione peraltro che
vengano anche sanciti:
- l'obbligo per il promittente venditore di apportare varianti che comunque non comportino
diminuzione nella funzionalità dell'intero edificio e nella fruibilità degli spazi e dei servizi comuni
- l'obbligo per il promittente venditore di comunicare per iscritto al promissario acquirente le
eventuali varianti, entro un termine prefissato
b) la facoltà, per l'ipotesi in cui esigenze tecniche e/o di distribuzione e/o architettoniche e/o
comunque imposte lo richiedano, di introdurre le varianti che si rendessero necessarie o utili, anche
con eventuale variazione del tipo di materiali e finiture, rispetto al Capitolato allegato, nonché di
variare i materiali anche nell'ipotesi di necessità imposta da mancate forniture o cessazione
dell'attività di ditte produttrici e nell'ipotesi di diversa scelta offerta dal mercato, a condizione
peraltro che vengano anche sanciti:
- l'obbligo per il promittente venditore, a procedere all'eventuale sostituzione dei materiali e
delle finiture previste, con materiali e finiture di pregio pari o superiori a quelli descritti nel
Capitolato
- l'obbligo per il promittente venditore di comunicare per iscritto al promissario acquirente le
eventuali varianti, entro un termine prefissato
Resta comunque ferma la possibilità per il promissario acquirente, di tutelarsi con i rimedi
offerti dall'ordinamento (in primis l'art. 1497 c.c.) qualora l'immobile da trasferire non abbia più
tutte le qualità promesse con il contratto originario, per effetto di varianti non concordate, ma
apportate su iniziativa del solo promittente venditore, anche eventualmente nell'esercizio delle
facoltà oggetto delle "clausole di riserva" sopra ricordate,
In ogni caso, ricorrendo i presupposti di applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 1469
bis e segg. c.c., "le clausole di riserva" a favore del venditore sopra ricordate, debbono fondare la
facoltà del costruttore stesso di modificare unilateralmente le clausole del contratto ovvero le
caratteristiche del bene da trasferire su un "giustificato motivo" da indicarsi nel contratto stesso
(art. 1469 bis n. 11 c.c.) e debbono inoltre essere oggetto di "trattativa individuale" (art. 1469 ter
quarto comma c.c.) pena la loro inefficacia (art. 1479 quinquies c.c.)
Il legislatore, con la norma in commento, ha ora imposto l’onere di
menzionare nei preliminare tutti i vincoli, gli obblighi e le altre limitazioni che possano discendere
dagli atti unilaterali d’obbligo e dalle convenzioni urbanistiche: è un onere posto a carico del
promittente venditore nell’interesse del promissario acquirente, affinché quest’ultimo sia messo a
conoscenza degli eventuali obblighi in cui potrebbe subentrare per effetto della disciplina
urbanistica. c) gli estremi di eventuali atti d’obbligo e convenzioni urbanistiche stipulati per
l’ottenimento dei titoli abilitativi alla costruzione e l’elencazione dei vincoli previsti;
d) le caratteristiche tecniche della costruzione, con particolare riferimento alla struttura
portante, alle fondazioni, alle tamponature, ai solai, alla copertura, agli infissi ed agli impianti;
e) i termini massimi di esecuzione della costruzione, anche eventualmente correlati alle
varie fasi di lavorazione;
La disposizione in commento impone l’indicazione del solo termine massimo di esecuzione
della costruzione (e quindi del termine di completamento dei lavori di costruzione): è di tutta
evidenza, al riguardo, l’interesse dell’acquirente di conoscere la data prevista per il completamento
dei lavori e quindi per la consegna dell’immobile. Del tutto eventuale, invece, può essere
l’indicazione dei termini relativi ai cd. “stati di avanzamento lavori” ai quali, spesso, nella prassi, è
collegato l’obbligo da parte del promissario acquirente di versare acconti di prezzo
Da notare come la norma in commento prescriva l'obbligo di indicare i termini di esecuzione
della costruzione ma non anche il termine massimo per la stipula del contratto definitivo di
compravendita (13). Al riguardo non si può non far presente come tale termine debba essere messo
in stretta correlazione con il termine di durata eventualmente posto nella fideiussione di cui all'art. 2
del decreto in commento, posto che tale fideiussione deve tutelare il promissario acquirente sino al
momento del trasferimento della proprietà (pertanto se fosse stata rilasciata un fideiussione con
scadenza a termine "fisso", non sembra sia possibile prevedere nel contratto preliminare un termine
ultimo per la stipula del definitivo successivo al termine di scadenza della fideiussione, la cui durata
deve essere successiva o al massimo contestuale al momento del trasferimento della proprietà).
f) l'indicazione del prezzo complessivo da corrispondersi in danaro o il valore di ogni altro
eventuale corrispettivo, i termini e le modalità per il suo pagamento, la specificazione
dell'importo di eventuali somme a titolo di caparra; le modalità di corresponsione del prezzo
devono essere rappresentate da bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o
postali indicati dalla parte venditrice ed alla stessa intestati o da altre forme che siano comunque
in grado di assicurare la prova certa dell'avvenuto pagamento;
f) l'indicazione del prezzo complessivo da corrispondersi in danaro o il valore di ogni altro
eventuale corrispettivo, i termini e le modalità per il suo pagamento, la specificazione
dell'importo di eventuali somme a titolo di caparra; le modalità di corresponsione del prezzo
devono essere rappresentate da bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o
postali indicati dalla parte venditrice ed alla stessa intestati o da altre forme che siano comunque
in grado di assicurare la prova certa dell'avvenuto pagamento;
Tale menzione riguarda uno degli elementi essenziali dello stipulando contratto di
compravendita ossia il prezzo. Vanno, pertanto, indicati:
- l’importo del prezzo
- se il prezzo debba essere corrisposto in denaro
- il valore di ogni altro corrispettivo, qualora il prezzo non debba essere corrisposto in denaro
- i termini per il pagamento del prezzo (ad esempio dovranno essere previsti i termini per il
pagamento dei vari acconti di prezzo sino al pagamento previsto a saldo)
- l’indicazione delle somme eventualmente versate a titolo di caparra (si dovrà anche
precisare se si tratta della caparra confirmatoria a sensi dell’art. 1385 c.c.,, caparra da versarsi,
per l’appunto al momento della stipula del contratto preliminare, e da valere come anticipo da
imputare al prezzo, nel caso in cui venga stipulato il contratto definitivo, o da valere come
“liquidazione” preventiva del risarcimento del danno nel caso di inadempimento con recesso dal
contratto ad opera della parte non inadempiente, ovvero se si tratta di caparra penitenziale, a sensi
dell’art. 1386 c.c., da versarsi sempre al momento della stipula del contratto preliminare qualora a
favore di una o di entrambe le parti sia riconosciuto il diritto di recesso, e da valere come
corrispettivo per il caso in cui tale diritto di recesso venga esercitato);
- le modalità per il pagamento del prezzo, fermo restando che il prezzo, se corrisposto in
denaro, deve essere versato mediante bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari
o postali indicati dalla parte promittente venditrice ed alla stessa intestati o con altre forme che
siano comunque in grado di assicurare la prova certa dell'avvenuto pagamento.
Scopo di questa prescrizione relativa alle modalità di pagamento del prezzo è di “consentirne
la successiva documentazione in caso di escussione della garanzia fideiussoria”
g) gli estremi della fideiussione di cui all'articolo 2 (del “Dec. L.vo”)
Si tratta di menzione che assume particolare rilievo alla luce della nuova disciplina introdotta
dal “Dec. L.vo”, posto che la mancata prestazione della garanzia fideiussoria comporta la nullità
relativa del contratto nel senso già sopra descritto.
h) l'eventuale esistenza di ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo
sull'immobile con l'indicazione del relativo ammontare, del soggetto a cui favore risultano e del
titolo dal quale derivano, nonché la pattuizione espressa degli obblighi del costruttore ad esse
connessi e, in particolare, se tali obblighi debbano essere adempiuti prima o dopo la stipula del
contratto definitivo di vendita;
Si tratta di menzioni poste nell’interesse del promissario acquirente a conoscere, sin dalla data
di stipula del contratto preliminare, quale sia la situazione dell’immobile, in ordine alle eventuali
formalità pregiudizievoli, in relazione anche ai nuovi diritti riconosciuti al promissario acquirente,
in tema di frazionamento del mutuo fondiario dall’art. 7 del “Dec. L.vo”.
i) gli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta se non ancora rilasciato,
nonché di ogni altro titolo, denuncia o provvedimento abilitativo alla costruzione;
l) l'eventuale indicazione dell’esistenza di imprese appaltatrici con la specificazione dei
relativi dati identificativi
Anche questa è menzione posta nell’interesse che ha il promissario acquirente di conoscere
quale sia l’impresa o quali siano le imprese incaricata/e di costruire materialmente il fabbricato
ovvero di realizzare gli impianti o le opere di finitura.
Ai contratti preliminari, inoltre, devono essere allegati:
- il capitolato contenente le caratteristiche dei materiali da utilizzarsi, individuati anche solo
per tipologie, caratteristiche e valori omogenei, nonché l’elenco di tutte le rifiniture e degli
accessori convenuti fra le parti;
- gli elaborati del progetto in base al quale è stato richiesto o rilasciato il permesso di
costruire o l’ultima variazione al progetto originario, limitatamente alla rappresentazione grafica
degli immobili oggetto del contratto, delle relative pertinenze esclusive e delle parti condominiali.
Si tratta di allegazioni richieste dal “Dec. L.vo” al fine di evitare incertezze e quindi
successive contestazioni in ordine a due aspetti molto “delicati” quando si debbono trasferire edifici
da costruire, ed attinenti alla individuazione dell’oggetto stesso della prestazione cui è tenuto il
promittente venditore:
- l’esatta individuazione dell’immobile da trasferire e del contesto generale nel quale lo
stesso è collocato in caso ad esempio di unità in edificio condominiale, alla quale è funzionale
l’allegazione degli elaborati di progetto, con particolare riguardo alla rappresentazione grafica
dell’immobile da trasferire, delle relative pertinenze e anche delle parti condominiali
- la specificazione delle caratteristiche tipologiche e strutturali dell’edificio da trasferire, con
particolare riguardo alle caratteristiche tecniche, costruttive ed ai materiali da utilizzare per la
costruzione, per gli impianti e per le finiture, alla quale è funzionale l’allegazione del capitolato
tecnico.
Non precisa la disposizione dell’art. 6 “Dec. L.vo” quali siano le conseguenze della mancanza
nel preliminare di taluno degli elementi sopra indicati (nullità, annullabilità, facoltà per
l’acquirente di recedere, risoluzione ecc.).
Sul punto le opinioni manifestate, in prima battuta, dai commentatori della nuova normativa
sono le più disparate, e non si registra una convergenza di vedute.
La questione pertanto è ancora molto dibattuta e non si possono, pertanto, dare risposte
certe. Si cercherà, invece, cogliendo dalla varie teorie esposte, gli spunti più “convincenti” di
“ricostruire” e quindi di proporre una possibile soluzione, che possa assicurare un equo
contemperamento dei diversi interessi coinvolti.
Secondo una prima impostazione, la violazione del disposto dell’art. 6 costituirebbe
violazione di norma imperativa (in questo senso farebbe propendere la terminologia utilizzata dal
legislatore con l’espressione “devono contenere”), in quanto posta a tutela di un interesse di
carattere generale.
Si tratterebbe, in altre parole, di una fattispecie inquadrabile nell’ambito della nullità
virtuale e quindi del 1° comma dell’art. 1418 c. c., che detta una sorta di norma di chiusura
facendo generico riferimento alla contrarietà a norme imperative, salvo sia disposto diversamente
dalla legge.
Per aversi nullità per contrarietà a norme imperative non occorre quindi che la sanzione
della nullità sia specificatamente prevista
Il problema è qui quello di verificare se l’art. 6 integri effettivamente un’ipotesi di violazione
di norma imperativa, posto che se per la violazione di una norma imperativa non è prevista
espressamente la nullità, occorre controllare la natura della disposizione violata: bisogna cioè
indagare se la norma è diretta a tutelare un interesse pubblico generale (21)
È noto come assume carattere imperativo la norma posta a tutela di un interesse pubblico: se
si accerta che gli interessi che la norma vuole proteggere siano generali, trascendano le parti
negoziali, o comunque che la norma tende alla protezione di fini fondamentali dell’ordinamento
giuridico, allora vi è imperatività e conseguentemente il divieto, per le parti, di derogare,
nell’esercizio della loro autonomia, alla regola legislativa.
Nel caso di specie si tratterebbe di norma che tutela direttamente un interesse particolare –
quello dell’acquirente – ma anche quello generale, costituzionalmente garantito, dell’accesso del
risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione (art. 47, comma 2, Cost.).
Sulla base di queste premesse, appare plausibile prospettare queste conseguenze per il caso di
violazione dell’art. 6 del decreto in commento
a) la nullità
Innanzitutto di nullità si potrà parlare SOLO nel caso di mancanza di quelle menzioni che
attengono all’individuazione dell’oggetto del contratto, mancanza tale da determinare
l’indeterminatezza dell’oggetto, con conseguente nullità del contratto a sensi dell’art. 1418 secondo
comma c.c. Si tratterebbe, quindi, di una nullità assoluta sancita da specifica disposizione di legge
(l’art. 1418 secondo comma c.c.) e non di nullità virtuale ex art. 1418 primo comma c.c.
La nullità potrà essere invocata ad esempio nel caso di omissione degli elementi di cui alle
lettere a) e b) del primo comma dell’art. 6 in commento, con la conseguenza che l’immobile da
trasferire non possa essere individuato, ovvero nel caso in cui non sia determinato o determinabile il
prezzo o il diverso corrispettivo convenuto tra le parti, creando una situazione di incertezza circa
l’oggetto della contrattazione intervenuta tra le parti
Si rammenta al riguardo che in giurisprudenza si é avuto modo di affermare:
- che nel caso di contratti per i quali è prescritta la forma scritta, a pena di nullità, l’accordo
tra le parti sugli elementi essenziali del contratto debba risultare dallo scritto, cosicché la
determinazione dell’oggetto non possa essere ricavata aliunde (26)
- che nel caso di preliminare di vendita immobiliare la descrizione del bene oggetto di
trasferimento possa essere carente per quanto riguarda la menzione dei dati catastali e degli altri
specifici elementi individuativi del bene, quali ad esempio i confini (27), purché risulti certo,
attraverso i diversi elementi utilizzati nel caso di specie che le parti abbiano inteso riferirsi ad un
bene determinato o quanto meno determinabile; (28)
- che in particolare si è ritenuta sussistente la determinabilità dell’oggetto nel caso in cui
consistenza e specificazione dell’immobile emergano con chiarezza da planimetria allegata al
contratto, alla quale le parti abbiano fatto espresso riferimento, anche se non sottoscritta dalle
parti stesse (29).
invocare la nullità del contratto solo nel caso in cui manchi una qualsiasi, sia pur minimale
descrizione dell’oggetto del contratto o se la descrizione cui si sono affidate le parti non sia
sufficiente a individuare in maniera chiara e precisa l’oggetto del contratto. E le conclusioni cui è
arrivata la giurisprudenza non sembrano possano essere rimesse in discussione per effetto delle
nuove disposizioni normative.
Al di fuori degli specifici e limitati casi sopra illustrati, riconducibili alla disposizione dell’art.
1418 secondo comma c.c., riteniamo invece che debba escludersi, in via generale, per la violazione
dell’art. 6 del “Dec. L.vo” la sanzione della nullità dell’atto (assoluta o relativa che essa sia), a
sensi dell’art. 1418 primo comma c.c.
L’art. 1418 primo comma cod. civ. dispone, infatti, che il contratto è nullo quando è contrario
a norme imperative (cd. nullità virtuale). Dottrina e giurisprudenza hanno, peraltro, ritenuto
ricorrere la figura della nullità virtuale nei casi di negozi stipulati in violazione di norme che siano
dirette alla tutela di un interesse pubblico e generale. Ma non ci sembra, nel caso di specie, che la
norma dell’art. 6 del “Dec. L.vo” sia diretta alla tutela di un interesse pubblico e generale. Gran
parte delle menzioni richieste sono chiaramente poste a tutela di una delle parti del contratto. Tutto
ciò trova esplicita conferma anche nella Relazione illustrativa al decreto ove si afferma che “allo
scopo di rendere più trasparente l’operazione negoziale e consentire al promissario acquirente
una completa rappresentazione, così da porsi al riparo da possibili pregiudizi conseguenti ad una
della legge delega, sono stati compiutamente disciplinati i contenuti del contratto ed i relativi
allegati”
Inoltre quando il legislatore, nel richiedere un requisito formale da osservare nella stipula del
contratto, ha sanzionato la mancanza di tale requisito con la nullità del contratto stesso, lo ha detto
espressamente (vedasi al riguardo l’art. 1351 c.c. proprio in tema di preliminare). Ed ancora, nello
stesso “Dec. L.vo” in commento, il legislatore delegato quando ha voluto sanzionare con la nullità
la mancata osservanza di un obbligo posto dal decreto medesimo lo ha detto espressamente: vedasi
al riguardo l’art. 2 ove la mancata consegna della fideiussione porta alla nullità (seppur relativa) del
contratto (30).
b) la annullabilità
L’annullamento del contratto potrà essere invocato solo in presenza dei presupposti di legge
di cui agli artt. 1425 e segg. cod. civ.
Pertanto solo se il promissario acquirente sarà in grado di dimostrare che il suo consenso sia
stato dato per errore, e che tale errore, sempre che possa considerarsi “essenziale” ai sensi e per gli
effetti di cui all’art. 1429 c.c., sia stato
determinato proprio dalla mancanza di taluno degli elementi
prescritti dalla norma in commento, potrà chiedere l’annullamento del contratto a norma dell’art.
1427 c.c.
Pertanto la mancanza di una qualsiasi delle menzioni prescritte dall’art. 6 del “Dec. L.vo” non
determina di per sé l’annullabilità del contratto.
A tal riguardo si rammenta che in giurisprudenza si è avuto modo di affermare che in
relazione alla disposizione dell’art. 1429 c.c. debbono considerarsi essenziali le qualità che
identificano il bene per funzione economico sociale, per destinazione o per struttura intrinseca e la
cui falsa rappresentazione sia determinante il consenso” (31).
Alla luce della posizione assunta in materia dalla giurisprudenza, potrebbe, ad esempio nel
caso di preliminare stipulato nel vigore della nuova legge, invocarsi l’annullamento del contratto ex
art. 1428 c.c., qualora, l’acquirente si sia indotto a stipulare il contratto, peraltro mancante della
menzione di cui alla lett. c) dell’art. 6, nella convinzione che l’immobile potesse essere destinato ad
una specifica destinazione (ad esempio commerciale) destinazione invece esclusa da una
convenzione urbanistica (peraltro non citata in violazione della nuova norma di legge) e che se
conosciuta dalla parte promissaria acquirente la avrebbe indotta a non concludere il contratto.
Ma qualora la mancata osservanza delle prescrizioni poste dalla norma in commento non sia
così grave da determinare la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto o
l’annullabilità del contratto per errore essenziale, ricorrendo le condizioni sopra illustrate, quali
carico del promittente venditore?
Si possono ipotizzare a tal fine vari rimedi a seconda del comportamento che le parti
intendono assumere in relazione alle violazioni commesse:
c) la rinegoziazione del contratto
In primo luogo si può ipotizzare un rimedio volto a “salvare” il contratto anziché a porlo nel
nulla. Appare quindi plausibile ritenere che in caso di violazione della norma in commento sorga, in
prima battuta, un obbligo di rinegoziare il contenuto del contratto in modo da adeguarlo alle
prescrizioni di legge, per cui il costruttore - parte "forte" del rapporto contrattuale - sarebbe
obbligato, su richiesta dell'acquirente, a rinegoziare (quindi ad instaurare apposite trattative, e a
stipulare un nuovo contratto modificativo), al fine di recepire le indicazioni, prescritte dall'art. 6
del decreto legislativo, eventualmente non riportate nel contratto originario.
La fonte di quest'obbligo andrebbe individuata negli artt. 1374 e 1375 c.c. (32).
Parte della dottrina (33) e la giurisprudenza maggioritaria (34) sono ormai orientate nel senso di
attribuire all’istituto della buona fede, la funzione di strumento di intervento “creativo”: quindi non
più la buona fede da considerare come mero strumento di valutazione del comportamento delle parti
in sede di esecuzione del contratto e di verifica dell’esatto adempimento degli obblighi già
discendenti dal contratto, ma la buona fede da considerare come regola di comportamento delle
parti contrattuali, con possibilità di costruire obblighi integrativi rispetto a quelli già fissati
convenzionalmente.
Il dovere, discendente dall’art. 1375 c.c., di eseguire il contratto (nel caso di specie carente
delle menzioni prescritte dall’art. 6 in commento) secondo buona fede, in relazione anche al
disposto di cui al precedente art. 1374 c.c., secondo il quale il contratto obbliga le parti a quanto è
nel medesimo espresso ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge,
porterebbe quindi a ritenere sussistente l’obbligo, in capo alla parte promittente venditrice, di
procedere alla “rinegoziazione” del contratto nei termini sopra descritti.
E’ ovvio che questa non può essere l’unica conseguenza per il caso di violazione della
disposizione dell’art. 6 del “Dec. L.vo”.
Come è stato osservato si tratterebbe altrimenti “di una soluzione ben poco cautelativa nei
confronti dell'acquirente, perché affidata alla volontà del costruttore di adempiere: se tale fosse la
conseguenza della violazione dell'art. 6, non vi sarebbe alcuna effettiva garanzia per l'acquirente di
ottenere un contenuto contrattuale conforme a legge” (35).
Ma è chiaro che se le parti si accordano nel senso di procedere alla rinegoziazione del
d) la risoluzione del contratto
Se il rimedio della rinegoziazione non dovesse sortire effetto alcuno, e quindi dovesse fallire
il rimedio destinato ad operare in “prima battuta”, il promissario acquirente, a fronte del reiterato
inadempimento del costruttore, potrà chiedere:
- o l'adempimento del contratto nonché il risarcimento del danno subito
- ovvero la risoluzione del contratto, salvo, sempre, il diritto al risarcimento del danno,
il tutto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1453 c.c.
La risoluzione e/o la richiesta del risarcimento del danno in questo caso si fonderebbero su un
duplice inadempimento imputabile al costruttore promittente venditore:
- sull’inadempimento dell’obbligo di “rinegoziazione” del contratto, che come sopra detto
discende dall’art. 1375 c.c. e che pertanto si sostanzia nella violazione del dovere di buona fede; al
riguardo in dottrina si è osservato che l’inadempimento dell’obbligo di buona fede, da intendersi in
senso oggettivo (ossia come clausola generale fonte di regole di condotta da tenere distinta dalla
buona fede da intendersi in senso soggettivo, ossia come ignoranza di ledere l’altrui diritto) genera
responsabilità contrattuale, ancorché la fonte di tale obbligo sia la legge” (36)
- sull’inadempimento dell’obbligo posto a carico del promittente venditore di conformare il
contratto a quel contenuto minimo considerato dal legislatore (con l'art. 6 in commento)
indispensabile per una completa descrizione dell'oggetto del contratto e soprattutto per una
completa determinazione degli obblighi posti a carico delle parti, (37) il tutto finalizzato (38)ad
assicurare "al promissario acquirente" con la dovuta informazione "una completa
rappresentazione" (delle caratteristiche e qualità del bene in vendita, dei possibili vincoli od oneri
esistenti, del contenuto delle obbligazioni reciproche, ecc.), così da porsi al riparo da possibili
pregiudizi conseguenti ad una stesura approssimativa e lacunosa del testo contrattuale"
Esistono nel nostro ordinamento altre disposizioni che sanzionano espressamente la mancata
comunicazione alla controparte di talune circostanze inerenti l’oggetto del contratto particolarmente
rilevanti, tali cioè da falsare la "rappresentazione" che il promissario acquirente possa formarsi circa
l'esatto contenuto del contratto e delle reciproche obbligazioni, prevedendo la possibilità di
richiedere la risoluzione del contratto.
Emblematica sotto questo profilo è la disposizione dell’art. 1482 c.c. la quale prevede per
l’appunto la risoluzione del contratto nel caso in cui la cosa venduta risulti gravata da garanzie reali
o da vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro non dichiarati dal venditore e dal
compratore stesso ignorati, qualora la cosa non venga liberata nel termine fissato dal giudice.
Nello stesso senso si pone anche la disposizione dell'art. 1489 c.c. la quale prevede che se la cosa
venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti (39) che ne diminuiscono il
libero godimento e se gli stessi non sono stati dichiarati nel contratto e sono ignorati
dall'acquirente, lo stesso può chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. E non
a caso tra gli elementi che l’art. 6 primo comma del “Dec. L.vo” stabilisce debbano essere
contenuti nel preliminare vi sono anche le garanzie reali ed i vincoli derivanti da pignoramento o da
sequestro e comunque tutti i vincoli e gli oneri derivanti da trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi
tipo, compresi quelli derivanti da convenzioni urbanistiche (lettere h e c).
Può quindi fondatamente ritenersi che tutti gli elementi prescritti dall’art. 6 del decreto in
commento, nell'ottica della nuova disciplina dettata a tutela dell'acquirente, rientrino in questo
obbligo di conformazione posto a carico del costruttore/promittente venditore, finalizzato ad una
opportuna e completa informazione del promissario acquirente di tutti gli aspetti essenziali del
contratto, al fine di consentirgli, attraverso la piena consapevolezza dell'esatto contenuto del
contratto e delle reciproche obbligazioni, di evitare pregiudizi o comunque "brutte sorprese",
obbligo già desumibile in precedenza, per taluni di questi elementi, dai succitati artt. 1482 e 1489
c.c. Il legislatore, come peraltro confermato nell’inciso della Relazione illustrativa al decreto sopra
riportato, ha sentito il bisogno di individuare legislativamente il contenuto di tale “dovere di
conformazione/informazione” indicando tutta una serie di elementi (atti d’obbligo, convenzioni
urbanistiche, vincoli urbanistici, formalità pregiudizievoli, titoli abilitativi edilizi ecc.), compresi
quelli già presi in considerazione dagli artt. 1482 e 1489 c.c., la cui conoscenza consente al
promissario acquirente di valutare, in maniera consapevole e completa, l’opportunità o meno di
addivenire alla conclusione del contratto e di evitare i possibili pregiudizi che la mancata
conoscenza degli stessi, per la lacunosità del testo contrattuale, potrebbe arrecargli.
La sanzione, pertanto, per la violazione di tale “dovere di conformazione/informazione”, può
essere, a buona ragione, rinvenuta, in conformità a quanto già previsto dagli artt. 1482 e 1489 c.c.,
nella richiesta di risoluzione del contratto ovvero nella richiesta del risarcimento del danno (e nei
casi previsti dall'art. 1489 c.c. anche nella richiesta di riduzione del prezzo).
La risoluzione, peraltro, sulla base del principio generale in materia, desumibile dall’art. 1455
c.c., potrebbe essere richiesta solo in presenza di un inadempimento del promittente venditore che
non sia di “scarsa importanza” e quindi solo se l’elemento omesso debba considerarsi essenziale
nella formazione del processo volitivo del promissario acquirente, e pertanto nel caso in cui, se
conosciuto quell’elemento, il promissario acquirente non avrebbe concluso il contratto o lo avrebbe
concluso a condizioni differenti.
Se invece l’inadempimento sia di “scarsa importanza” il promissario acquirente potrà pur
sempre richiedere il risarcimento del danno.
In conclusione si può ritenere che in caso di violazione del disposto dell'art. 6 del decreto
legislativo 122/2005 in commento, qualora tale violazione non sia così grave da determinare la
nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto o l’annullabilità del contratto per errore
essenziale, ricorrendo le condizioni sopra illustrate, e qualora la violazione stessa non sia di "scarsa
importanza" avuto riguardo all'interesse del promissario acquirente, quest'ultimo, qualora non
intenda comunque adempiere il contratto accontentandosi del solo risarcimento dei danni subiti,
potrà procedere ai sensi e per gli effetti dell'art. 1454 c.c. e quindi diffidare il promittente venditore
ad adempiere, ossia a procedere alla rinegoziazione del contratto preliminare (al fine di
conformarlo alle prescrizioni dell'art. 6) entro un congruo termine (non inferiore a quindici giorni),
con dichiarazione che decorso, inutilmente detto termine, senza che si sia proceduto alla
rinegoziazione, il contratto s'intenderà senz'altro risolto.
L’art. 6 del “Dec. L.vo” si applica, innanzitutto al contratto preliminare, tant’è vero che il
suddetto art. 6 reca come rubrica “contenuto del contratto preliminare”. Ma non solo. Infatti il
suddetto art. 6, nel dispositivo, estende il proprio ambito di applicazione ad “ogni altro contratto
che ai sensi dell’art. 2 sia comunque diretto al successivo acquisto in capo a persona fisica della
proprietà o di altro diritto reale su immobile da costruire”, e quindi in pratica a tutti quei contratti
ad effetti traslativi non immediati cui fanno riferimento le disposizioni degli artt. 1 e 2 ed ai quali si
applica la nuova disciplina di tutela introdotta dal “Dec. L.vo”.
4) IL FRAZIONAMENTO DEL MUTUO FONDIARIO (art. 7)
L’art. 7 primo comma del “Dec. L.vo” con riguardo a mutui fondiari di cui agli artt. 38 e segg.
decreto legislativo 385/1993 (T.U. delle leggi in materia bancaria) riconosce espressamente:
- al debitore,
- al terzo acquirente,
- al promittente acquirente o all’assegnatario del bene ipotecato o di parte dello stesso, ed a questi
ultimi limitatamente alla porzione immobiliare da essi acquistata o promessa in acquisto o in
assegnazione, il diritto alla suddivisione del finanziamento in quote e, correlativamente, al
frazionamento dell'ipoteca a garanzia a condizione che dell’edificio o del complesso condominiale
gravati da ipoteca, ancorché in corso di costruzione, possa ottenersi l’accatastamento delle singole
porzioni che li costituiscono. Le novità introdotte con la norma in commento (che ha sostituito con
una nuova disposizione il comma sesto dell’art. 39 del decreto legislativo 385/1993) riguardano:
- l’ampliamento dei soggetti legittimati a chiedere il frazionamento del mutuo e della relativa
garanzia ipotecaria (al debitore ed al terzo acquirente si sono aggiunti ora anche il promettente
acquirente e l’assegnatario del bene ipotecato; peraltro la facoltà di chiedere il frazionamento per
terzo acquirente, promissario acquirente e assegnatario viene limitata alla porzione da essi
acquistata, promessa in acquisto o assegnata)
- l’aver subordinato la possibilità di procedere al frazionamento del finanziamento e della relativa
garanzia ipotecaria alla circostanza che il fabbricato possa essere accatastato. Al frazionamento del
finanziamento la banca deve provvedere entro il termine di novanta giorni (tale termine è
aumentato a centoventi giorni se la richiesta riguarda un finanziamento da suddividersi in più di
cinquanta quote) a decorrere dalla relativa richiesta corredata da documentazione idonea a
comprovare l'identità del richiedente, la data certa del titolo e l'accatastamento delle singole
porzioni per le quali è richiesta la suddivisione del finanziamento. Qualora la banca non provveda
entro il predetto termine, il richiedente può presentare ricorso al Presidente del Tribunale nella cui
circoscrizione l'immobile è situato, il quale, sentite le parti, ove accolga il ricorso, designa un Notaio
affinché lo stesso proceda al richiesto frazionamento.
5. IMPEDIMENTO ALLA STIPULA DELL’ATTO DI COMPRAVENDITA (art. 8)
A sensi dell'art. 8 del Decreto legislativo 122/2005, "il notaio non può procedere alla stipula
dell'atto di compravendita se anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto
alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o
frazionamento dell'ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull'immobile". Non è chiara la
portata di questa norma ed in particolare il suo ambito di applicazione. Presa letteralmente, la norma
in questione sembrerebbe porre un impedimento “generalizzato” applicabile in ogni caso in cui
venga trasferito un immobile gravato da ipoteca o pignoramento (fabbricato o terreno e per quanto
riguarda i fabbricati sia da costruire che già esistenti).
Se invece detta norma viene letta nel contesto dell’intero provvedimento normativo che la contiene
si potrebbe essere indotti a limitare l’applicazione dell'impedimento dalla stessa disposto, ai soli casi
di cessione da parte di costruttore a favore di acquirente persona fisica di fabbricato da costruire. La
norma, dunque, alla luce delle motivazioni addotte nella relazione illustrativa sembrerebbe
finalizzata, attraverso l'impedimento di rogito imposto al Notaio, a garantire che il diritto del
promissario acquirente ad ottenere prima dell’acquisto il frazionamento del finanziamento e della
relativa garanzia ipotecaria ovvero la cancellazione delle formalità pregiudizievoli (ipoteca o
pignoramento) possa trovare concreta applicazione.
6. DIRITTO DI PRELAZIONE
All’acquirente, che, a seguito della “situazione di crisi” in cui sia stato coinvolto il “costruttore”,
venga privato dell’immobile, qualora lo stesso venga successivamente venduto all’incanto
(nell'ambito di procedura esecutiva individuale o concorsuale) è riconosciuto il diritto di
prelazione nell’acquisto dell’immobile al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto anche in esito
alle eventuali offerte ai sensi dell’articolo 584 (6) del codice di procedura civile, a condizione che:
- l’immobile fosse stato materialmente consegnato all’acquirente medesimo - l’immobile fosse stato,
dall’acquirente, adibito ad abitazione principale per sé o per un proprio parente in primo grado.
Per quanto la norma faccia espressamente riferimento all’incanto non sembra dubitabile, anche alla
luce delle recenti modifiche di cui alla legge n. 80/2005, che il diritto di prelazione dalla stessa
previsto sussista anche in ipotesi di vendita senza incanto.
Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione, l’autorità che procede alla vendita dell’immobile
provvede a dare comunicazione all’acquirente, con atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario, della
definitiva determinazione del prezzo entro dieci giorni dall’adozione del relativo provvedimento,
con indicazione di tutte le condizioni alle quali la vendita dovrà essere conclusa e l’invito ad
esercitare la prelazione. L’acquirente deve esercitare il diritto di prelazione, a pena di decadenza,
entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione offrendo, con atto notificato a
mezzo ufficiale giudiziario all’autorità che procede alla vendita dell’immobile, condizioni uguali a
quelle comunicategli. La prelazione spetta all’acquirente anche nel caso in cui abbia escusso la
fideiussione di cui all’art. 2 del “Dec. L.vo”. Tuttavia qualora l’acquirente abbia acquistato
l’immobile, per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione, ad un prezzo inferiore alle somme
riscosse in sede di escussione della fideiussione, la differenza deve essere restituita al fideiussore,
qualora l’immobile acquistato abbia consistenza e caratteristiche tipologiche e di finitura
corrispondenti a quelle previste nel contratto stipulato con il costruttore. Ove non ricorra tale
condizione, l’eventuale eccedenza da restituire al fideiussore deve risultare da apposita stima. È
escluso, in ogni caso, il diritto di riscatto nei confronti dell’aggiudicatario. Alla violazione di
questa nuova fattispecie di prelazione, benché prevista dalla legge, non si può reagire mediante il
“riscatto”. L’acquirente potrà agire nei confronti dell’Autorità che ha proceduto alla vendita per
incanto solo per il risarcimento dei danni subiti.
Come già anticipato in precedenza, presupposti (soggettivo ed oggettivo) di applicazione della
disposizione di cui all'art. 9 in commento, sono quelli di cui all'art. 1 del decreto legislativo
122/2005, in quanto "norma di carattere generale"; pertanto:
- con riguardo ai soggetti: è necessario che a vendere sia un costruttore che agisce nell’esercizio di
impresa e che ad acquistare sia una persona fisica (art. 1 lett. a) e b) del dec. l.vo 122/2005);
- con riguardo all’oggetto: è necessario che si tratti di “immobile da costruire” ossia di immobili
per i quali “sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la
costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il
rilascio del certificato di agibilità" (art. 1 lett. d) del dec. l.vo 122/
7. AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE E FALLIMENTO DEL COSTRUTTORE
(artt.10, 11)
Non sono soggetti all’azione revocatoria prevista dall’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942,
n. 267, e successive modificazioni gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il
trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire a
condizione che:
- si tratti di immobili ad uso abitativo (la fattispecie in oggetto ha, pertanto, un ambito applicativo,
per quanto riguarda la tipologia degli immobili più ristretto rispetto a quello delle altre fattispecie
previste dal decreto legislativo 122/2005, con la eccezione del diritto di prelazione di cui all'art. 9
pure limitato alle sole tipologie residenziali);
- si tratti di immobili nei quali l’acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dall’acquisto o
dall’ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado
- si tratti di atti posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare.
Non sono, altresì, soggetti alla azione revocatoria i pagamenti dei premi e delle commissioni
relativi ai contratti di fideiussione e di assicurazione indennitaria previsti dagli articoli 3 e 4 del
“Dec. L.vo” qualora effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso. Infatti, come
già anticipato in Premessa, presupposti (soggettivo ed oggettivo) di applicazione della disposizione
di cui all'art. 10 in commento, sono quelli di cui all'art. 1 del decreto legislativo 122/2005, in quanto
"norma di carattere generale"; pertanto:
- con riguardo ai soggetti: è necessario che a vendere sia un costruttore che agisce nell’esercizio di
impresa e che ad acquistare sia una persona fisica (art. 1 lett. a) e b) del dec. l.vo 122/2005);
- con riguardo all’oggetto: è necessario che si tratti di “immobile da costruire” ossia di immobili
per i quali “sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la
costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il
rilascio del certificato di agibilità" (art. 1 lett d) del dec. l.vo 122/2005)
Con riguardo al cd. “presupposto contrattuale” la norma in commento si riferisce espressamente
agli atti che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di
godimento di immobili da costruire.
La disciplina di cui all'art. 10 del decreto 122/2005 non si applica ai preliminari; a questi contratti si
applica, invece, la disciplina del successivo art. 11 che, al pari della legge 80/2005, sopra citata, è
intervenuto modificando il R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (in pratica ha aggiunto dopo l’art. 72 una
nuova disposizione l’art. 72 bis). L’art. 11 del “Dec. L.vo”, come sopra ricordato, ha invece ha
inserito una nuova norma (l’art. 72bis) la quale dispone:
- che se prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia
escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì
comunicazione al curatore, il contratto si intende sciolto (il comportamento dell’acquirente nel
richiedere l’escussione della fideiussione esclude pertanto la possibilità di scelta da parte del
curatore)
- se invece il curatore, prima che l’acquirente abbia chiesto l’escussione della fideiussione, abbia
comunicato di voler dare esecuzione al contratto, la fideiussione non potrà più essere escussa.
8. FONDO DI SOLIDARIETA’ (artt. 12 e segg.)
È istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze il Fondo di solidarietà per gli
acquirenti di beni immobili, al fine di assicurare un indennizzo agli acquirenti di beni immobili da
costruire che, a seguito dell’assoggettamento del costruttore a procedure implicanti una situazione di
crisi, hanno subito la perdita di somme di denaro o di altri beni e non hanno conseguito il diritto di
proprietà o altro diritto reale di godimento su immobili oggetto di accordo negoziale con il
costruttore ovvero l’assegnazione in proprietà o l’acquisto della titolarità di un diritto reale di
godimento su immobili da costruire per iniziativa di una cooperativa.
Ai fini dell’accesso alle prestazioni del Fondo, devono risultare nei confronti del costruttore, a
seguito della sua insolvenza, procedure implicanti una situazione di crisi non ancora concluse in
epoca antecedente al 31 dicembre 1993 né aperte in data successiva a quella di emanazione del
decreto delegato.
L’accesso alle prestazioni del Fondo è consentito nei casi in cui per il bene immobile risulti richiesto
il permesso di costruire. I requisiti per l’accesso alle prestazioni del fondo, la struttura ed il
funzionamento del Fondo, la gestione del Fondo sono disciplinati dagli artt. da 13 a 18 del “Dec.
L.vo”.
CONCLUSIONI:
Il D.Lgs. n. 122/2005, giunto a conclusione di un lungo e travagliato iter legislativo, presenta,
peraltro, molteplici incongruenze ed adotta soluzioni che già all’indomani della sua entrata in
vigore apparivano del tutto insoddisfacenti in relazione agli scopi che il legislatore intende
perseguire.
Innanzitutto, la legge non modula le varie forme di tutela in relazione a specifiche e ben tipicizzate
fattispecie contrattuali, così come avviene in altri ordinamenti; il legislatore italiano ha preferito,
invece, dettare disposizioni fin troppo “generiche”, disorganicamente riferibili alle più svariate
fattispecie contrattuali (preliminare, contratti reali ad effetti differiti, definitivo ecc.) creando, di
conseguenza, delle“ambiguità concettuali di ordine pratico” di non poco conto. Non si possono,
infatti, fissare presupposti e condizioni uguali per fattispecie contrattuali così diverse per contenuti
ed effetti. Sarebbe stato più opportuno dettare per ciascuna fattispecie contrattuale la propria
specifica e peculiare disciplina. Gli operatori pertanto si sono trovati (e si trovano tuttora) in grave
difficoltà nell’applicare la nuova normativa non essendone certo l’ambito di applicazione.
Queste norme, nonostante qualche mancato coordinamento, qualche imperfezione di tecnica
legislativa, alcuni vuoti di disciplina e la mancata soluzione del problema dei pagamenti non
risultanti dal contratto (che influenzerebbe la disciplina della fideiussione) o dell’occultamento di
corrispettivo tra il prezzo effettivamente pagato e risultante dal preliminare e quello indicato nel
contratto definitivo ai fini di risparmio fiscale, sono in realtà un buon passo avanti non solo al fine di
tutelare l’acquirente dalla perdita delle somme versate in sede di contratto preliminare di immobile
in corso di costruzione, per le situazioni di crisi dei costruttori, ma anche al di fuori di questa ipotesi.
Alcune norme infatti hanno valenza generale: quelle che prevedono il contenuto
minimo obbligatorio del contratto preliminare o quelle che impongono l’obbligo del costruttore di
fornire garanzie per il risarcimento del danno per vizi e difformità dell’immobile ai sensi dell’art.
1669 Codice civile sono dirette a rendere il mercato immobiliare più informato, trasparente
e sicuro. Si tratterà di monitorare l’applicazione di queste nuove norme e, in particolare, di verificare
se e come i costi di queste garanzie influenzeranno il mercato immobiliare, magari gravando sul
prezzo degli immobili e quindi, in ultima analisi, sugli stessi promissari acquirenti.
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