Osservazioni su alcune analogie tra Fisica Moderna e Sahaja yoga Quando siamo in meditazione recuperiamo quella dimensione che ci era naturale quando eravamo bambini. Possiamo dire che i bambini sono molto vicini allo stato meditativo. Entrare in "consapevolezza senza pensieri" è la chiave per la meditazione. La natura è senza pensieri, di fronte a un'opera d'arte siamo senza pensieri, i bambini piccoli sono senza pensieri e le più grandi creazioni che hanno spinto e arricchito l'evoluzione dell'umanità sono arrivate come "intuizioni" / sotto forma di “intuizione”, ovvero in assenza di pensieri. Lo stesso Einstein affermava che tutte le sue più importanti teorie gli arrivavano sotto forma di intuizione da quello che lui stesso definì "campo di torsione". 1. Introduzione L’uomo nella sua indagine filosofica e scientifica alla scoperta della realtà ha spesso cercato di costruire delle teorie ‘riduttive’ che inquadrassero il complesso meccanismo della Natura in un edificio razionale che di fatto rifletteva tutti i limiti della sua comprensione. Di fronte alla grandezza ed all’immensità della natura l’uomo ha suddiviso, schematizzato e classificato i fenomeni al fine di analizzarli e comprenderli. Tale impostazione nasce dal fatto che la mente umana di per sè limitata, è incapace di avere una comprensione completa del Tutto. Quindi l’illusione che solo riducendo la complessità di un fenomeno naturale questo si possa spiegare completamente, allontana sempre di più l’uomo dalla natura stessa. Si crea così un dualismo ed una disintegrazione confondendo il mondo naturale con le leggi e gli schemi che lo descrivono. Questa concezione di separazione tra uomo e natura teorizzata da Aristotele e perfezionata in seguito da Cartesio e Newton ha profondamente condizionato l’evoluzione scientifica come anche il pensiero filosofico e religioso. Da una parte il ‘cogito ergo sum’ di Cartesio pretendeva di comprendere e di spiegare la realtà attraverso il metodo razionale, ricorrendo all’esistenza di Dio come tappa intermedia necessaria alla realizzazione di questo processo epistemologico; dall’altra il meccanicismo universale di Newton riteneva di poter risalire dalle leggi naturali dedotte dall’esperienza al principio metafisico da cui esse dipendono cioè Dio. “La questione fondamentale” scrive Newton “ è di procedere dai fenomeni senza false ipotesi, e di dedurre le cause dagli effetti, fino a che si arriva alla Causa Prima che certamente non è meccanica”. 2. Rapporto tra scienziato ed oggetto di indagine L’evolversi del pensiero scientifico ed il progresso tecnologico hanno dissolto come neve al sole questi dogmi e certezze che sono per altro state vere e proprie pietre miliari della scienza. La teoria della relatività e la meccanica quantistica spalancano le porte ad una interpretazione più ‘universale’ ed ‘integrata’ della natura, spezzando la dualità tra uomo (osservatore distaccato) e realtà (oggetto di indagine). Lo scienziato comprende che non puo’ più studiare il fenomeno senza far parte di esso, senza condizionare la sua dinamica con la propria presenza. Questo principio di indeterminazione teorizzato da Heisemberg segnò tanto un profondo solco nel campo dell’indagine scientifica quanto una generale crisi culturale all’inizio del novecento, crisi che fu risolta ricercando l’integrazione, la completezza ed l’unità tra scienziato e Natura, fra osservatore ed oggetto di osservazione. “La scienza naturale” scrive Heisemberg “non è semplicemente una descrizione e spiegazione della natura, essa è parte dell’azione reciproca tra noi e la natura”. Questa alienazione, frutto della cultura materialistica della civiltà occidentale, ha allontanato l’uomo dalla sua vera natura, spostando la sua attenzione all’esterno ed al superficiale tanto da identificarsi con le proiezioni del proprio pensiero e della propria immaginazione perdendo completamente la consapevolezza ed il significato del proprio ruolo nell’evoluzione spirituale. 3. Nuova visione dell’universo Gli ultimi sviluppi della fisica moderna hanno introdotto nuovi elementi circa l’origine e l’evoluzione dell’Universo. Accanto al cosiddetto approccio riduzionista che considera l’Universo come somma delle sue parti e quindi pensa di risalire alla sua origine studiando le strutture microscopiche della materia, si sta affermando un approccio cosidetto ‘olistico’ che vede l’Universo come una struttura capace di autorganizzarsi e che data, la sua intrinseca complessità, manifesta proprietà totalmente nuove ed inaspettate rispetto all’immagine di un Universo regolato da leggi strettamente deterministiche. Dallo studio di alcuni modelli biologici si può trarre il quadro piuttosto interessante di un cosmo ‘intelligente’ capace di autoregolarsi e di evolversi ad uno stato superiore, quasi spinto da una forza trascendente. Ciò che più sorprende è la presenza di un’organizzazione collettiva che guida lo sviluppo di ogni fenomeno naturale permettendo la realizzazioni di quelle configurazioni particolari di molecole o di cellule, definibili solo superficialmente come ‘casuali’, responsabili della ‘Vita’ nei processi biologici e di particolari qualità della materia nei processi fisici (es. superconduttori e superfluidi). L’idea di una energia sottile che guidi l’evoluzione dell’Universo non è più una semplice congettura filosofica ma sta trovando dei seri riscontri anche a livello scientifico. Al concetto di ‘casualità’ portato avanti dalla meccanica quantistica in fisica e dalle teorie darwiniste in biologia, si sta ora contrapponendo una visione del mondo causale in cui l’Universo è guidato da una forza vitale che ne determina la sua stessa evoluzione. Questa energia è oggetto di studio di molti fisici che stanno elaborando la cosiddetta teoria “unificata”. Tale teoria asserisce che le principali forze esistenti in natura:1) interazioni forti2) interazioni elettromagnetiche 3) interazioni deboli 4) interazioni gravitazionali in apparenza completamente diverse tra loro, non sono altro che manifestazioni di un’ unica ‘superforza’ responsabile di tutto il lavoro vivente. Alcuni scienziati hanno individuato tale forza con il campo di torsione (che descriveremo in seguito) Da queste considerazioni possiamo concludere che la scienza, nel suo lungo e tortuoso cammino alla ricerca della Realtà Ultima, si sta lentamente avvicinando a posizioni che molto tempo prima erano state raggiunte dai saggi e i meditanti orientali. Essi, nel loro cammino alla scoperta della Verità, hanno seguito una via senz’altro più diretta ed intuitiva, oltrepassando i limiti imposti dalla razionalità e da schemi concettuali troppo categorici. Avevano compreso che ricercare l’Assoluto costituiva un’esperienza che andava oltre l’ intelletto e quindi non si poteva affrontare con gli ordinari strumenti di indagine e di conoscenza. La Verità si conosce solo quando se ne fa l’esperienza diretta, se ne diventa partecipi, annullando la dualità tra osservatore ed oggetto di osservazione. A tal proposito, ecco cosa dice il fisico John Wheeler: “Nel principio quantistico nulla è più importante di questo fatto e cioè che viene distrutto il concetto di mondo inteso come ‘qualcosa che sta fuori di qui’, con l’osservatore a distanza di sicurezza, separato da esso da lastre di vetro spesse venti centimetri. Anche quando osserva un oggetto così minuscolo come un elettrone, l’osservatore deve spaccare il vetro: deve entrare, deve istallare il dispositivo di misura che ha scelto. Ma tale dispositivo cambia lo stato dell’elettrone. Dopo, l’Universo non sarà mai più lo stesso. Per descrivere ciò che è accaduto, bisogna eliminare la vecchia parola “osservatore” e sostituirla con il nuovo termine ‘partecipatore’. In un certo qual modo, l’Universo è un universo partecipatorio.” Questa visione delle cose rispecchia proprio il concetto di unione con il Tutto, tanto caro al misticismo orientale, in cui siamo come la goccia d’acqua che ritorna nell’oceano da cui ha avuto origine. Come dicono le scritture vediche Upanishad: “Laddove esiste dualità, ivi l’uno odora l’altro, l’uno vede l’altro, l’uno parla all’altro ... ma, allorchè tutto è diventato il sè di ognuno, l’odore di chi e mediante che cosa potrà percepire ? Chi si potrà vedere, e mediante che cosa? A chi e mediante che cosa si potrà parlare?” 4. Analogie tra campi di torsione ed il Paramchaitanya In Sahaja Yoga si suppone l’esistenza di un’energia onnipervadente, responsabile dell’intero lavoro vivente, a cui è possibile connettersi una volta ricevuta la Realizzazione del Sé. Tale energia viene chiamata Paramchaitanya ed è il mezzo attraverso il quale viene risvegliata in noi essere umani la consapevolezza collettiva, cioè la possibilità di essere connessi gli uni con gli altri, di percepire a livello sottile la situazione vibratoria di un’altra persona, di inviare vibrazioni per sbloccare un chakra o per risolvere una certa situazione. Tale consapevolezza rimuove di fatto quel muro costruito attorno ad ogni uomo che lo rende un’entità separata, limitata nel suo campo di consapevolezza, incapace di stabilire una relazione profonda con gli altri individui e con la natura stessa. Il processo di realizzazione del Sé, attraverso il quale entriamo in connessione con il Tutto, determina un’espansione della propria coscienza e quindi della capacità di conoscere la Verità o più precisamente di ricevere le risposte che l’Assoluto ci invia durante questo processo di unione. Le suddette affermazioni sono molto analoghe alle conclusioni cui sono arrivati alcuni fisici per spiegare fenomeni (sia fisici che biologici) non interpretabili altrimenti con le attuali conoscenze. Ecco la domanda che si pone il fisico ungherese Ervin Laszlo all’inizio di un suo articolo scientifico: “Gli essere umani sono veramente individui completamente separati tra di loro, il cui organismo fisico è limitato dalla propria cute e la mente dal proprio cranio? O ci sono delle connessioni sottili tra uomo e uomo e tra uomo e natura?” Queste domande stanno emergendo all’interno della comunità scientifica in relazione alle proprietà dei cosiddetti campi di torsione che sono attualmente oggetto di studi approfonditi da parte di vari gruppi di scienziati, tra i quali l’equipe di fisici russi coordinata dal prof. Akimov. I campi di ‘torsione’ - fig 1 - sono quelli generati dalla ‘rotazione’ delle particelle atomiche e subatomiche (per es. elettroni) che in fisica viene chiamata spin (a livello microscopico) o dalla densità di ‘momento’ angolare (a livello macroscopico). Se la rotazione è stazionaria (velocità di rotazione costante), allora l’oggetto genera un campo di torsione statico che ha effetto solo entro una certa distanza dalla sorgente. Se, al contrario, la rotazione non è stazionaria, allora l’oggetto genera una radiazione di torsione che si propaga nel vuoto (onde di torsione). I campi di torsione non sono generati solo da una singola particella ruotante, ma anche da un’insieme di particelle. Poiché tutte le sostanze hanno la loro struttura stereochimica (struttura spaziale degli atomi all’interno di una molecola), che determina anche l’orientazione degli spin, la sovrapposizione dei campi di torsione generati da ciascuna molecola determina l’intensità e la configurazione spaziale del campo di torsione per quella sostanza. Perciò ciascuna sostanza (vivente e non) possiede un campo di torsione caratteristico. Tali campi possono essere misurati attraverso vari metodi, ad esempio il metodo Kirlian di visualizzazione dell’aura. Poiché una polarizzazione di carica elettrica provoca un non-equilibrio di spin, allora, sempre, nell’intero spazio dove il campo elettromagnetico si manifesta, automaticamente si genera un campo di torsione. Non esistono campi elettrostatici ed elettromagnetici senza che esista anche un campo di torsione. Si è provato che i campi di torsione possono condizionare processi biologici, vengono usati nei processi di solidificazione o di fusione di alcuni materiali, influenzano il comportamento dei quarzi di cristallo e di componenti elettronici ed inoltre hanno effetto sulla gravità. A differenza di quanto afferma la meccanica quantistica secondo la quale il vuoto è la sorgente delle quattro forze fondamentali della natura (che abbiamo citato precedentemente), questi scienziati hanno elaborato una teoria, confermata anche da alcuni risultati sperimentali, in cui si afferma che il vuoto fisico (l’etere) è in realtà anche una manifestazione del campo di torsione. Più precisamente esso viene considerato come un mezzo materiale costituito da elementi formati da coppie di particelle ed antiparticelle (secondo P.Dirac, coppie elettroni-positroni) in cui si abbiano spin opposti - fig 2- (versi di rotazione uno opposto all’altro). Tali elementi vengono chiamati “fitoni”. Più in generale si afferma che il vuoto è un mezzo fisico che può assumere vari stati di polarizzazione. A seconda dell’elemento che innesca tale polarizzazione il vuoto si manifesta come campo elettromagnetico (se tale elemento è una carica q), come campo gravitazionale (se tale elemento è una particella di massa m) e come campo di torsione (se tale elemento è una particella dotata di un certo spin). Riassumendo: tutti gli oggetti dai quanti alle galassie creano campi di torsione che si propagano nel vuoto. Ora la velocità di propagazione è stata dimostrata essere un miliardo di volte la velocità della luce: praticamente infinita!! Ciò significa che tali onde possono trasportare ‘informazioni’ in maniera istantanea superando ogni barriera spazio-temporale. Da qui ne consegue l’ipotesi che essendo noi esseri umani, generatori e ricevitori di onde di torsione, possiamo essere connessi gli uni con gli altri mediante questo nuovo campo, dando così origine ad una sorta di collettività integrata. Lo stesso dicasi nel rapporto tra l’uomo e la natura. Queste ipotesi, in realtà sono davvero realizzabili attraverso le tecniche di Sahaja Yoga in cui possiamo percepire le vibrazioni sottili di un ambiente, come di un’altra persona, a qualsiasi distanza essi si trovino. Ma soprattutto è possibile conoscere le tecniche sottili che ci permettono di usare queste vibrazioni per risolvere varie tipologie di problemi: fisici, emotivi, mentali e perfino ecologici, vista la capacità di connessione anche con gli elementi. A differenza dell’approccio razionalizzante, in Sahaja Yoga si tenta di usare in maniera più completa lo strumento che abbiamo a disposizione, cioè noi stessi.