XXVI Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Signore, tutto ciò che hai fatto ricadere su di noi
l’hai fatto con retto giudizio;
abbiamo peccato contro di te,
non abbiamo dato ascolto ai tuoi precetti;
ma ora glorifica il tuo nome e opera con noi
secondo la grandezza della tua misericordia. (Dn 3,31.29.30.43.42)
Colletta
O Dio, che riveli la tua onnipotenza
soprattutto con la misericordia e il perdono,
continua a effondere su di noi la tua grazia,
perché, camminando verso i beni da te promessi,
diventiamo partecipi della felicità eterna.
Oppure:
O Padre, sempre pronto ad accogliere
pubblicani e peccatori
appena si dispongono a pentirsi di cuore,
tu prometti vita e salvezza
a ogni uomo che desiste dall’ingiustizia:
il tuo Spirito ci renda docili alla tua parola
e ci doni gli stessi sentimenti
che sono in Cristo Gesù.
PRIMA LETTURA (Ez 18,25-28)
Se il malvagio si converte dalla sua malvagità, egli fa vivere se stesso.
Dal libro del profeta Ezechièle
Così dice il Signore:
«Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la
mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore
appunto per il male che ha commesso.
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto,
egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e
non morirà».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 24)
Rit: Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno. Rit:
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
1
I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore. Rit:
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. Rit:
SECONDA LETTURA (Fil 2,1-11)
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è
qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia
gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi.
Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri
superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Canto al Vangelo (Gv 10,27)
Alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.
VANGELO (Mt 21,28-32)
Pentitosi andò. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
2
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo
aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose:
“Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli
rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero:
«Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di
Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le
prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete
nemmeno pentiti così da credergli».
Preghiera sulle offerte
Accogli, Padre misericordioso, i nostri doni,
e da quest’offerta della tua Chiesa
fa’ scaturire per noi la sorgente di ogni benedizione.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona di comunione
Ricorda, Signore, la promessa fatta al tuo servo:
in essa mi hai dato speranza,
nella mia miseria essa mi conforta. (Sal 119,49-50)
Oppure:
Da questo abbiamo conosciuto l’amore di Dio:
egli ha dato la sua vita per noi,
e anche noi dobbiamo dar la vita per i fratelli. (1Gv 3,16)
Oppure:
“È venuto Giovanni Battista
e i peccatori gli hanno creduto” (cf. Mt 21,32)
Preghiera dopo la comunione
Questo sacramento di vita eterna
ci rinnovi, o Padre, nell’anima e nel corpo,
perché, comunicando a questo memoriale
della passione del tuo Figlio,
diventiamo eredi con lui nella gloria.
Lectio
I sommi sacerdoti e gli anziani pongono a Gesù la domanda sull’origine della sua autorità. A
tale richiesta Gesù risponde indicando l’origine divina del suo potere e mostrando l’altra faccia
della questione: il vero problema sta nel diniego dei suoi interlocutori a fare veramente la volontà di
Dio. Essi non vogliono affatto accogliere il messaggio del Regno e Gesù lo mostra raccontando loro
le tre parabole, in sequenza, tutte incentrate sul tema del rifiuto: la presente, riguardante il
comportamento dissimile dei due figli, quella dei vignaioli omicidi e quella del grande banchetto di
nozze.
Il vangelo odierno ci descrive la strada della conversione come cammino per la conoscenza
e l’esperienza di Dio. La storia un po’ singolare dei due figli ci dice che nel cammino verso Dio è
necessario passare attraverso la lotta contro di lui e se stessi e fare quel cammino doloroso che è
come una “descensus ad inferos” simile alla kenosi del Figlio (Fil 2), che ha voluto sperimentare
tutta la debolezza e l’impotenza umana, tutta la resistenza e l’opposizione della creatura dinanzi al
Creatore.
3
Quale sia il contenuto della conversione ce lo dice la seconda lettura, dove Paolo invita il
cristiano ad avere in sé “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Ecco perché la
conversione è destinata a durare tutta la vita.
v. 29:
La risposta affermativa del figlio che poi non darà seguito alla parola data, suona
letteralmente così: “Io, Signore” e non tanto “Sì, Signore” Appare chiaro un “io” enfatico, che
deborda dalle parole di questo figlio incoerente. In tale figura il vangelo mette in evidenza le
incoerenze e l’obbedienza solo formale di coloro che si trincerano dietro le apparenze, ma nei fatti
mettono, davanti alle esigenze del Vangelo, quello del loro “io”. C’è il rischio di ridurre la propria
giustizia funzionale all’orgoglio del proprio “io”, mentre il cuore ha dimenticato l’amorosa
inquietudine della ricerca sincera della volontà di Dio.
v. 30:
Dopo il rifiuto, il secondo figlio prova rimorso: questo è il significato del termine greco,
tradotto dalla prima versione CEI con “pentitosi”. Metamélomai indica più che altro il sentimento di
rimorso per il peccato, che non porta necessariamente l’uomo a rivolgersi a Dio. Quindi, il
pentimento inteso solo come rimorso per il proprio peccato può non significare realmente
conversione. Con la conversione avviene un cambiamento di signoria: l’uomo, che fino ad allora era
soggetto alla signoria di satana, entra sotto la signoria di Dio, passa dalle tenebre alla luce. La
conversione e la consegna della propria vita a Dio si compiono nella fede in Gesù Cristo e
conducono a una trasformazione radicale di tutta la vita. L’uomo convertito dovrà servire a Dio
solo, con pura coscienza, in piena obbedienza a Lui. Con la fatica della obbedienza si può ritornare
a Colui dal quale ci siamo allontanati per l’inerzia della disobbedienza. È un ritorno alla familiarità
svelata con Dio, un ritorno per la stessa via per la quale l’uomo se ne è allontanato, ma
percorrendola a ritroso: cioè con la stessa fatica – la fatica dell’obbedienza sino alla morte e alla
morte di croce – con cui l’ha percorsa Gesù.
v. 31:
Le “opere” nel linguaggio religioso del giudaismo, sono la realizzazione dell’obbedienza
alla Legge, ma in Matteo assumono un significato più profondo e nuovo. Le Beatitudini ed il
Discorso della Montagna si concludono con l’indicazione dell’importanza, decisiva per la salvezza,
del fare la volontà di Dio. Fare la volontà del Padre significa seguire la via della giustizia, indicata e
praticata da Giovanni Battista, la via propria di Gesù.
Gesù Cristo ha vissuto una radicale solidarietà con il destino umano, mentre avrebbe potuto
rivendicare uno statuto privilegiato corrispondente alla condizione di uno che per diritto è uguale a
Dio. La sua umiliazione assume una valenza religiosa per mezzo dell’obbedienza. Perciò alla fine
Egli viene proclamato e riconosciuto da tutti come il Signore e il Figlio di Dio Padre. La fedeltà
filiale di Gesù si esprime e attua nella sua totale condivisione della condizione umana che ha il suo
apice nella morte infame e dolorosa della croce. In questo contesto si rivela la gloria di Dio Padre,
cioè nella fedeltà totale di Gesù vissuta nella solidarietà con gli uomini. Gesù invita i suoi
interlocutori a prendere posizione di fronte a due forme di obbedienza. La domanda finale di Gesù
evidenzia il punto centrale: “Chi dei due ha compiuto la volontà del Padre?”.
Si deve notare che l’espressione è al tempo presente, proprio per evitare che sia relegata a
quanto avverrà nel giudizio finale. Essa in realtà indica ciò che sta accadendo al presente, mentre
Gesù esercita il suo ministero. I peccatori, i lontani avvertono la novità dell’annuncio e, aderendovi,
sperimentano la trasformazione operata in loro dal Regno; i giusti, invece, rimangono ai margini di
tutto ciò. La parabola non ha dunque di mira il tempo escatologico, ma l’oggi dell’ascoltatore, quale
tempo di decisione, della trasformazione del no in sì. Il messaggio è inquietante per coloro che si
sentono troppo sicuri dei loro meriti.
4
Il Regno di Dio viene dall’alto, per volontà e opera di Dio. Non si realizza e neppure si
prepara o si affretta per sinergia umana. È un fatto assolutamente sovrannaturale. Il Regno giunge a
noi senza di noi. Il pensare che noi possiamo attirarcelo o appropriarcelo è stoltezza umana e
presunzione farisaica. All’uomo compete solo la fedeltà alla Parola, l’annuncio di essa, la pazienza
che non spegne lo Spirito credendo di accelerarne le operazioni, la ferma fede che il grano del
Regno cresce comunque. Certo la realizzazione del Regno di Dio appartiene al futuro, ma
condiziona il presente dell’uomo. Se questi accoglie con fede – e quindi con umiltà e obbedienza –
l’invito alla conversione, si pone già nell’orbita del Regno, che giunge anche senza la cooperazione
umana. Perciò il Regno appartiene primariamente non ai sapienti, ma ai poveri, a coloro che
soffrono persecuzione per causa della giustizia, a quelli che con decisione implacabile verso di sé si
rendono tali vendendo tutto, anche e soprattutto se stessi per la gioia di avere trovato il Regno.
Prefazio suggerito
“Mirabile è l’opera da lui compiuta nel mistero pasquale; egli ci ha fatti passare dalla
schiavitù del peccato e della morte alla gloria di proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio, gente
santa, popolo di sua conquista, per annunciare al mondo la tua potenza, o Padre, che dalle tenebre ci
hai chiamati allo splendore della tua luce” (prefazio del tempo ordinario, I).
Appendice
Al primo figlio, che è il popolo dei gentili, viene detto, facendogli conoscere la legge
naturale: “Va’ a lavorare nella mia vigna”, cioè non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te (cfr
Tb 4,16). Ma egli, in tono superbo, risponde: “Non voglio”. Però dopo, all’avvento del Salvatore,
fatta penitenza, va a lavorare nella vigna del Signore e con la fatica cancella la superbia della sua
risposta. Il secondo figlio è il popolo dei giudei, che rispose a Mosè: Faremo quanto ci ordinerà il
Signore (Es 24,3), ma non andò nella vigna perché, ucciso il figlio del padrone di casa, credette di
essere divenuto l’erede. Altri non ritengono che la parabola sia diretta ai giudei e ai gentili, ma
semplicemente ai peccatori e ai giusti, tuttavia lo stesso Signore, con quel che aggiunge dopo la
spiega (Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo).
Egli accorderà a ciascuno secondo le sue opere (Pr 24,12). Con tali parole il Signore ci
esorta non soltanto a credere in lui, con tutto il nostro cuore, ma altresì a tenere lontani da noi la
passività e il disinteresse nei confronti del bene. Poniamo nel Signore il nostro vanto e la nostra
sicurezza! Mostriamoci docili alla sua volontà, considerando come tutta la schiera dei suoi angeli,
che gli sta intorno, si conformi costantemente alla sua volontà. La Scrittura infatti dice: Diecimila
miriadi lo attorniavano e mille migliaia lo servivano (Dn 7,10) (Clemente di Roma, Lettera ai
Corinti).
Chi nella sua vita ha provato una volta la misericordia di Dio, non desidera altro che servire.
Non lo attira più l’alto trono di giudice; egli vuol vivere in basso, con i miseri e gli umili, perché
Dio lo ha trovato lì in basso. Non abbiate l’animo alle cose alte, ma lasciatevi attirare dalle umili
(Rm 12.16). Chi vuol imparare a servire deve prima imparare a tenere se stesso in poco conto.
Nessuno abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere (Rm 12.3). “Conoscere bene se
stessi e imparare a tenersi in poco conto è il massimo compito e quello più utile. Non mettere in
luce se stessi, ma avere sempre una buona opinione degli altri, questa è vera sapienza e perfezione”
(T. Kempis).
Non vi stimate saggi da voi stessi (Rm 12.16). Solo chi vive del perdono dei suoi peccati in
Gesù Cristo può provare la giusta umiltà, sapere che egli con la sua sapienza era giunto
completamente alla fine quando Cristo gli perdonò, si ricorderà della sapienza dei primi uomini che
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volevano conoscere che cosa è bene e che cosa è male, e in questa sapienza perirono. (...) È ancora
più difficile sopportare il peccato dell’altro che non la sua libertà, perché nel peccato si infrange la
comunione con Dio e con i fratelli. Qui il cristiano soffre la frattura della comunione creata in Gesù
Cristo con l’altro. Ma proprio nel saper sopportare questo peso si manifesta veramente l’immensa
grazia divina. Non disprezzare il peccatore, ma saperlo portare, vuol dire non doverlo considerare
perduto, poterlo accettare, potergli conservare la comunione mediante il perdono.
Fratelli, quand’anche uno sia stato colto in qualche fallo, rialzatelo con spirito di
mansuetudine (Gal 6.1). Come Cristo ha portato noi quando eravamo peccatori e ci ha accettati così,
noi, nella comunione con Lui, possiamo portare i peccatori e riceverli nella comunione con Gesù
Cristo mediante il perdono dei peccati. (D. Bonhoeffer, La vita comune 120-21, 129-30)
Numerose sono le chiamate di Dio nella Scrittura e tutte esigono una risposta immediata,
tutte attirano verso l’ignoto, nella notte. Soltanto la fede consente di obbedire. Ma tutto questo che
ha a che fare con noi? Non siamo già stati chiamati, forse fin dall’infanzia? La vocazione si colloca
per noi non nel futuro, ma nel passato. (...) In verità, Cristo ci rivolge la sua chiamata non una sola
volta, una volta per tutte, ma ripetutamente, lungo tutta la nostra vita a partire dal battesimo. Che
obbediamo o meno alla sua voce, continua a chiamarci. Se non siamo stati fedeli al battesimo, ci
chiama al pentimento, se cerchiamo di rispondere alla nostra vocazione personale, ci chiama sempre
oltre, di grazia in grazia, finché ci sarà dato di vivere. (J. H. Newman, Parochial and Plain Sermons
VIII, Serm. 2)
Nessuno ha diritto di sentirsi al di fuori dal peccato, nessuno può sentirsi libero dal vivere
qualche forma di rivalità con altre persone. C’è in gioco il potere, il dominio, la sopraffazione. Se
lasciamo che un nostro concorrente corra la nostra stessa corsa, la paura che lui vinca minaccia il
nostro orgoglio e il nostro primato. Diffidenza, distanza, rottura. Del resto anche qui in OPG
sembrano prevalere alcune volte dei meccanismi, che paiono istintivi, di separazione e di potere,
nell’etichettare o additare i compagni di reparto, nell’isolare gli scomodi, nell’accusare qualcuno di
infamia. A volte a frenarci ci costringe il luogo dove ci troviamo, quei 15 metri quadri che
condividiamo per 20-24 ore al giorno con un compagno che non scegliamo e che magari soffre o
disturba; eppure le reazioni sono troncate con la violenza: alzare troppo la voce a volte significa
farsi legare o imbottire di psicofarmaci dal medico di guardia. Questa è cosa ben diversa dalla
conversione, dal moto di volontà che porta a cambiare comportamento. Che spinge a considerare la
dignità degli altri oltre alla propria. Riconoscere la superiorità dell’altro significa ammettere di
averne bisogno, di riconoscerne la capacità di arricchirci, di donarci qualcosa che non abbiamo e
che altrimenti in nessun modo potremmo avere. La conversione implica anche che la condizione in
cui possiamo essere arricchiti dagli altri è quella per cui ci mettiamo a servirli, con la stessa umiltà
con cui Gesù non si è barricato dietro la propria divinità (Gruppo OPG).
Gesù nel Vangelo riprende questo tema fondamentale della predicazione profetica. Racconta
la parabola dei due figli che sono invitati dal padre a lavorare nella vigna. Il primo figlio rispose:
“«Non ne ho voglia»; ma poi, pentitosi, ci andò” (Mt 21,29). L’altro, invece, disse al padre: “«Sì,
signore», ma non andò” (Mt 21,30). Alla domanda di Gesù, chi dei due abbia compiuto la volontà
del padre, gli ascoltatori giustamente rispondono: “Il primo” (Mt 21,31). Il messaggio della parabola
è chiaro: non contano le parole, ma l’agire, le azioni di conversione e di fede. Gesù – lo abbiamo
sentito - rivolge questo messaggio ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo di Israele, cioè agli
esperti di religione del suo popolo. Essi, prima, dicono “sì” alla volontà di Dio. Ma la loro
religiosità diventa routine, e Dio non li inquieta più. Per questo avvertono il messaggio di Giovanni
Battista e il messaggio di Gesù come un disturbo. Così, il Signore conclude la sua parabola con
parole drastiche: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti
venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli
hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così
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da credergli” (Mt 21,31-32). Tradotta nel linguaggio del tempo, l’affermazione potrebbe suonare
più o meno così: agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace; persone che
soffrono a causa dei loro peccati e hanno desiderio di un cuore puro, sono più vicini al Regno di Dio
di quanto lo siano i fedeli “di routine”, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che
il loro cuore sia toccato da questo, dalla fede.
Così, la parola deve far riflettere molto, anzi, deve scuotere tutti noi. Questo, però, non
significa affatto che tutti coloro che vivono nella Chiesa e lavorano per essa siano da valutare come
lontani da Gesù e dal Regno di Dio. Assolutamente no! No, piuttosto è questo il momento per dire
una parola di profonda gratitudine ai tanti collaboratori impiegati e volontari, senza i quali la vita
nelle parrocchie e nell’intera Chiesa sarebbe impensabile. La Chiesa in Germania ha molte
istituzioni sociali e caritative, nelle quali l’amore per il prossimo viene esercitato in una forma
anche socialmente efficace e fino ai confini della terra. A tutti coloro che si impegnano nella
Caritas tedesca o in altre organizzazioni, oppure che mettono generosamente a disposizione il loro
tempo e le loro forze per incarichi di volontariato nella Chiesa, vorrei esprimere, in questo
momento, la mia gratitudine e il mio apprezzamento. Tale servizio richiede innanzitutto una
competenza oggettiva e professionale. Ma nello spirito dell’insegnamento di Gesù ci vuole di più: il
cuore aperto, che si lascia toccare dall’amore di Cristo, e così dà al prossimo, che ha bisogno di noi,
più che un servizio tecnico: l’amore, in cui all’altro si rende visibile il Dio che ama, Cristo. Allora
interroghiamoci, anche a partire dal Vangelo di oggi: come è il mio rapporto personale con Dio,
nella preghiera, nella partecipazione alla Messa domenicale, nell’approfondimento della fede
mediante la meditazione della Sacra Scrittura e lo studio del Catechismo della Chiesa Cattolica?
Cari amici, il rinnovamento della Chiesa, in ultima analisi, può realizzarsi soltanto attraverso la
disponibilità alla conversione e attraverso una fede rinnovata.
Nel Vangelo di questa Domenica - lo abbiamo visto - si parla di due figli, dietro i quali,
però, ne sta, in modo misterioso, un terzo. Il primo figlio dice di sì, ma non fa ciò che gli è stato
ordinato. Il secondo figlio dice di no, ma compie poi la volontà del padre. Il terzo figlio dice di “sì”
e fa anche ciò che gli viene ordinato. Questo terzo figlio è il Figlio unigenito di Dio, Gesù Cristo,
che ci ha tutti riuniti qui. Gesù, entrando nel mondo, ha detto: “Ecco, io vengo […] per fare, o Dio,
la tua volontà” (Eb 10,7). Questo “sì”, Egli non l’ha solo pronunciato, ma l’ha compiuto e sofferto
fin dentro la morte. Nell’inno cristologico della seconda lettura si dice: “Egli, pur essendo nella
condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una
condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se
stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2, 6-8). In umiltà ed
obbedienza, Gesù ha compiuto la volontà del Padre, è morto sulla croce per i suoi fratelli e le sue
sorelle - per noi - e ci ha redenti dalla nostra superbia e caparbietà. Ringraziamolo per il suo
sacrificio, pieghiamo le ginocchia davanti al suo Nome e proclamiamo insieme con i discepoli della
prima generazione: “Gesù Cristo è il Signore – a gloria di Dio Padre” (Fil 2,10).
La vita cristiana deve misurarsi continuamente su Cristo: “Abbiate in voi gli stessi
sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5), scrive san Paolo nell’introduzione all’inno cristologico. E
qualche versetto prima, egli già ci esorta: “Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è
qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di
amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità,
rimanendo unanimi e concordi” (Fil 2,1-2). Come Cristo era totalmente unito al Padre ed
obbediente a Lui, così i suoi discepoli devono obbedire a Dio ed avere un medesimo sentire tra loro.
Cari amici, con Paolo oso esortarvi: rendete piena la mia gioia con l’essere saldamente uniti in
Cristo! La Chiesa in Germania supererà le grandi sfide del presente e del futuro e rimarrà lievito
nella società, se i sacerdoti, le persone consacrate e i laici credenti in Cristo, in fedeltà alla propria
vocazione specifica, collaborano in unità; se le parrocchie, le comunità e i movimenti si sostengono
e si arricchiscono a vicenda; se i battezzati e cresimati, in unione con il Vescovo, tengono alta la
fiaccola di una fede inalterata e da essa lasciano illuminare le loro ricche conoscenze e capacità. La
Chiesa in Germania continuerà ad essere una benedizione per la comunità cattolica mondiale, se
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rimane fedelmente unita con i Successori di san Pietro e degli Apostoli, se cura in molteplici modi
la collaborazione con i Paesi di missione e si lascia anche “contagiare” in questo dalla gioia nella
fede delle giovani Chiese.
Con l’esortazione all’unità, Paolo collega il richiamo all’umiltà. Egli dice: “Non fate nulla
per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se
stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri” (Fil 2,3-4). L’esistenza
cristiana è una pro-esistenza: un esserci per l’altro, un impegno umile per il prossimo e per il bene
comune. Cari fedeli, l’umiltà è una virtù che nel mondo di oggi e, in genere, di tutti i tempi, non
gode di grande stima. Ma i discepoli del Signore sanno che questa virtù è, per così dire, l’olio che
rende fecondi i processi di dialogo, possibile la collaborazione e cordiale l’unità. Humilitas, la
parola latina per “umiltà”, ha a che fare con humus, cioè con l’aderenza alla terra, alla realtà. Le
persone umili stanno con ambedue i piedi sulla terra. Ma soprattutto ascoltano Cristo, la Parola di
Dio, la quale rinnova ininterrottamente la Chiesa ed ogni suo membro.
Chiediamo a Dio il coraggio e l’umiltà di camminare sulla via della fede, di attingere alla
ricchezza della sua misericordia e di tenere fisso lo sguardo su Cristo, la Parola che fa nuove tutte le
cose, che per noi è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6), che è il nostro futuro. (Papa Benedetto
XVI, dall’Omelia del 25 settembre 2011)
Passi biblici paralleli
v. 28
Mt 17,25: Rispose: “Sì”. Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: “Che cosa ti pare,
Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri? ”.
Mc 13,34: È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il
potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.
Lc 15,21: figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di
esser chiamato tuo figlio.
1Cor 15,58: Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre
nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
v. 29
Is 55,6-7: Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni
la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro
Dio che largamente perdona.
Ger 44,16: “Quanto all’ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare
ascolto;
Ez 18,28-32: Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non
morirà. Eppure gli Israeliti van dicendo: Non è retta la via del Signore. O popolo d’Israele, non sono
rette le mie vie o piuttosto non sono rette le vostre? Perciò, o Israeliti, io giudicherò ognuno di voi
secondo la sua condotta. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi …
Gn 3,2.8-10: “Alzati, và a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò”. Uomini e bestie si
coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia
e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo
ardente sdegno sì che noi non moriamo? ”. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla
loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non
lo fece.
Lc 15,17-18: Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in
abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato
contro il Cielo e contro di te;
8
At 26,20: ma prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della
Giudea e infine ai agani, predicavo di convertirsi e di rivolgersi a Dio, comportandosi in maniera
degna della conversione.
1Cor 6,11: E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati
giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!
Ef 4,17-19: Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella
vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza
che è in loro, e per la durezza del loro cuore. Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla
dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile.
v. 30
Ez 33,31: In folla vengono da te, si mettono a sedere davanti a te e ascoltano le tue parole, ma poi
non le mettono in pratica, perché si compiacciono di parole, mentre il loro cuore va dietro al
guadagno.
Mt 23,3: Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e
non fanno.
Tt 1,16: Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevoli come sono, ribelli e
incapaci di qualsiasi opera buona.
v. 31
Gb 15,6: Non io, ma la tua bocca ti condanna e le tue labbra attestano contro di te.
2Sam 12,5-7: Allora l’ira di Davide si scatenò contro quell’uomo e disse a Natan: “Per la vita del
Signore, chi ha fatto questo merita la morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver
fatto una tal cosa e non aver avuto pietà”. Allora Natan disse a Davide: “Tu sei quell’uomo! Così
dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul,
Mt 7,21: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli.
Mt 12,50: perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello,
sorella e madre”.
Lc 15,10: Così, vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”.
Lc 19,22: Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo
severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:
At 17,30: Dopo esser passato sopra ai tempi dell’ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti
i luoghi di ravvedersi,
Rm 3,19: Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la
legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio.
1Tm1,13-16: Io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi
è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore
nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è sicura e
degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo…
v. 32
Sal 81,11-12: Sono io il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto; apri la tua bocca,
la voglio riempire. Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,Israele non mi ha obbedito.
Is 35,8: Ci sarà una strada appianata e la chiameranno Via santa; nessun impuro la percorrerà e gli
stolti non vi si aggireranno.
Ger 6,16: Così il Signore: “Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri del
passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre”. Ma essi
risposero: “Non la prenderemo! ”.
Zac 7,11-12: Ma essi hanno rifiutato di ascoltarmi, mi hanno voltato le spalle, hanno indurito gli
orecchi per non sentire. Indurirono il cuore come un diamante per non udire la legge e le parole che
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il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato.
Così si accese un grande sdegno da parte del Signore degli eserciti.
Mt 11,18: È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.
Mt 21,25: Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini? ”. Ed essi
riflettevano tra sé dicendo: “Se diciamo: “dal Cielo”, ci risponderà: “perché dunque non gli avete
creduto? ”;
Lc 7,29-30: Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia
di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni. Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi
battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio.
Gv 5,33-36: Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io
non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una
lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce. Io
però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da
compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
At 13,25-29: Diceva Giovanni sul finire della sua missione: Io non sono ciò che voi pensate che io
sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali. Fratelli, figli
della stirpe di Abramo, e quanti fra voi …
2 Tm 2,25: dolce nel riprendere gli oppositori, nella speranza che Dio voglia loro concedere di
convertirsi, perché riconoscano la verità.
Eb 3,12: Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede
che si allontani dal Dio vivente.
2Pt 2,21: Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che,
dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo precetto che era stato loro dato.
Ap 2,21: Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza.
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