A otto giorni dal Natale la Chiesa celebra la festa di

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SOLENNITÀ DI MARIA SS. MA MADRE DI DIO
Pace a questa casa e a tutti i suoi abitanti
1° gennaio 2008
A otto giorni dal Natale la Chiesa celebra la festa di “Maria, Madre di Dio”. Le letture
bibliche, in verità, più che su Maria, mettono l’accento sul “figlio di Maria” e sul nome del
Signore. Difatti, l’antica benedizione, che abbiamo sentito proclamare nella prima lettura, è
all’inizio di ogni versetto scandita dal nome del Signore. Altrettanto significativo è il brano
della seconda lettura nel quale San Paolo sottolinea l’opera di liberazione e di salvezza
operata da Gesù, e dov’è incastonata la figura Maria dalla quale è nato il figlio. Il brano del
Vangelo è ugualmente incisivo: termina richiamando l’imposizione del nome Gesù,
mentre Maria partecipa silenziosa al mistero di questo evento.
Il prevalere di questa attenzione verso il figlio, non riduce in alcun modo il ruolo
della madre; al contrario esalta a tal punto la dignità di Maria che, giustamente, sarà
solennemente riconosciuta e proclamata nel Concilio di Efeso “Madre di Dio”.
Il significato etimologico di Gesù è questo: “Dio salva”. Quindi Lui è il Salvatore e
questa è la sua missione: portare pace e salvezza a tutti gli uomini.
La salvezza che Egli ha portato nel mondo, a sua volta, ha un nome:”Pace”. Nella
lettera che San Paolo scrive agli Efesini si legge: «Egli infatti è la nostra pace, colui che ha
fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè
l’inimicizia, …per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per
riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se
stesso l’inimicizia» (Ef 2, 14-18).
La pace, dunque, «non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio
sempre precario delle forze», secondo una celebre affermazione di Paolo VI (Populorum
progressio, 76), ma si costruisce giorno per giorno, sradicando le cause della discordia; si
costruisce nella misura in cui tanto i singoli uomini, quanto l’intera umanità, accolgono il
messaggio e l’opera di salvezza portata da Gesù stesso. Nella lettera che Paolo scrive a
Timoteo, leggiamo «[Dio] vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza
della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo
Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,4-6). Quindi, non ci sarà mai pace
vera e duratura, rispetto reciproco nella verità e nella giustizia, fintanto che gli uomini si
ostineranno a rifiutare Gesù Cristo, il Salvatore e l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini
(cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione Dominus Jesus, 6 agosto
2000).
Il Messaggio scritto da Papa Benedetto XVI per questa Giornata Mondiale della Pace,
nel 40° anniversario della celebrazione della prima Giornata mondiale, focalizza nella
Famiglia l’ambito in cui nasce e si coltiva la Pace.
Richiamando tanto il Concilio, quanto Giovanni Paolo II che riconosceva nella
famiglia naturale «il luogo primario dell’“umanizzazione” della persona e della società»
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definendola culla della vita e dell’amore, Benedetto XVI scrive: «In effetti, in una sana vita
familiare si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e
l’amore tra fratelli e sorelle, la funzione dell’autorità espressa dai genitori, il servizio
amorevole ai membri più deboli perché piccoli o malati o anziani, l’aiuto vicendevole nelle
necessità della vita, la disponibilità ad accogliere l’altro e, se necessario, a perdonarlo. Per
questo – continua il Papa – la famiglia è la prima e insostituibile educatrice alla pace. Non
meraviglia quindi che la violenza, se perpetrata in famiglia, sia percepita come
particolarmente intollerabile. Pertanto, quando si afferma che la famiglia è « la prima e
vitale cellula della società » si dice qualcosa di essenziale».
Il Messaggio, dopo aver richiamato l’evidente principio che la famiglia è fondamento
della società, ne dà la ragione col dire: perché permette di fare determinanti esperienze di pace. Il
Papa trae quindi una conseguenza logica: la comunità umana non può fare a meno del
servizio che la famiglia svolge. «Dove mai l’essere umano in formazione – si domanda
Benedetto XVI – potrebbe imparare a gustare il «sapore» genuino della pace meglio che
nel «nido» originario che la natura gli prepara? Il lessico familiare è un lessico di pace; lì è
necessario attingere sempre per non perdere l’uso del vocabolario della pace.
Nell’inflazione dei linguaggi, la società non può perdere il riferimento a quella «
grammatica » che ogni bimbo apprende dai gesti e dagli sguardi della mamma e del papà,
prima ancora che dalle loro parole» (Messaggio, n. 3). Questa è la ragione per cui, dal punto
di vista morale, lo spinoso problema della limitazione delle nascite e l’aumento del
numero dei matrimoni falliti obbligano i cristiani a riprendere consapevolezza del
carattere sacro della famiglia.
Tanto la pace, quanto la famiglia sono, pertanto, due beni oggi più che mai da
riscoprire, amare e difendere. Chi è animato da sani principi non può rassegnarsi a
convivere con la guerra, considerandola una realtà normale per la società; altrettanto, non
può rassegnarsi a considerare la famiglia come un semplice aggregato di persone di tipo
strettamente privatistico.
Se una sana famiglia è la maggior difesa per l’uomo, il passaggio che dobbiamo
pertanto fare è questo: Pace e Famiglia, Famiglia e società; Famiglia e comunità umana.
Chi combatte la famiglia, la osteggia e la demolisce, opera di fatto a favore della guerra
perché – come scrive ancora il Papa Benedetto XVI – «indebolisce quella che è la principale
“agenzia” di pace» (Messaggio, n. 5).
Nel concludere, vorrei invitare tutti a pregare per le famiglie, ad invocare su di
esse, specie su quelle più giovani, la protezione della Famiglia di Nazaret. Si tratta, senza
dubbio, di una famiglia ideale, quindi esemplare nel suo modo incomparabile di vivere
tutte le virtù che stanno alla base di ogni famiglia cristiana, dall’esercizio dell’amore, alla
completa adesione alla volontà di Dio nel momento della povertà, della persecuzione e
dell’esilio. La presenza di Gesù, il figlio di Dio e il “figlio del falegname”, sottomesso a
Maria e a Giuseppe, doveva irradiare su quella piccola famiglia una straordinaria forza di
coesione e di luce divina. La figura di Maria, «l’immagine esemplare di tutte le madri,
della loro grande missione come custodi della vita, della loro missione di insegnare l’arte
di vivere, l’arte di amare» (Valencia, Spagna, 9 luglio 2006) doveva certamente portare un
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tocco di candore profondo e di premurosa sollecitudine non soltanto nei rapporti familiari,
ma anche con i vicini ed i parenti lontani. Giuseppe, a sua volta, non poteva essere che il
padre provvido e sollecito, uomo di lavoro e ricco di fede.
Oggi tutte le famiglie cristiane dovrebbero recarsi spiritualmente a Nazareth e lì
apprendere l’arte di vivere in spirito di famiglia. Questo è quanto ricordava Paolo VI
allorché, pellegrino in Terra Santa nel gennaio del 1964, ebbe a dire in un discorso rimasto
famoso: «Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cos’è la
famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere
sacro ed inviolabile; ci faccia vedere come è dolce e insostituibile l’educazione in famiglia,
ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale».
Che la vergine Maria, Regina della Famiglia e della Pace, ci protegga e ci benedica.
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