Lezione 8 - 15.11.2016

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
STUDI UMANISTICI:
DIPARTIMENTO DI LINGUE, MEDIAZIONE, STORIA, LETTERE, FILOSOFIA
Anno accademico 2016-17
VALERIO MASSIMO DE ANGELIS
LETTERATURA E CULTURA ANGLOAMERICANA 1
(Corso di Lingue e culture straniere occidentali e orientali: 9 CFU, 45 ore)
UOMINI E DONNE
Lezione 8
(martedì 15 novembre 2016, ore 16-19)
Walt Whitman
La letteratura statunitense dell’Ottocento è il luogo in cui viene delineato con
precisione, ma anche destrutturato in profondità, il mito dell’American Dream.
L’espressione in realtà è molto più tarda, e risale al 1931, quando lo storico James
Truslow Adams lo usa ripetutamente nel libro The Epic of America. A livello politico,
l’American Dream (anche se ancora non è noto con questa definizione) dà vita ben
presto alla sua versione “espansionistica”, il Manifest Destiny, secondo cui gli Stati
Uniti erano destinati a espandersi sempre più verso ovest all’interno del Nord America,
e poi anche oltre i suoi confini.
L’espressione viene coniata nel 1845 dal giornalista John L. O’Sullivan,
esponente di rilievo del Partito democratico. Nel saggio “Annexation”, pubblicato dalla
Democratic Review, O’Sullivan promuove l’annessione del Texas da parte degli USA,
in nome del loro “manifest destiny to overspread the continent”. La rivoluzione texana
del 1835-36, durante la quale viene combattuta la famosissima battaglia di Alamo
(1836), è infatti guidata da coloni angloamericani che non vogliono sottostare alle leggi
del governo centrale messicano. Qualche mese anni più tardi O’Sullivan usa di nuovo
l’espressione, e questa volta con assai maggiore successo, grazie a un articolo del New
York Morning News in cui il giornalista rivendica il diritto degli USA ad annettersi
l’intera contea dell’Oregon, allora ancora sotto dominio britannico: “And that claim is
by the right of our manifest destiny to overspread and to possess the whole of the
continent which Providence has given us for the development of the great experiment of
liberty and federated self-government entrusted to us”. O’Sullivan dichiara che Dio
stesso (la Provvidenza) ha dato agli Stati Uniti la missione di diffondere la democrazia
repubblicana (“the great experiment of liberty”), in nome di un ideale morale (una
“higher law”) che supera ogni altra considerazione.
Il concetto di Destino manifesto comunque rimanda più a una nozione generale
che a una specifica teoria politica. L’espressione combina la dottrina espansionistica, di
carattere eminentemente imperialistico, con altre idee popolari dell’epoca, tra cui
l’eccezionalismo americano (l’idea che l’America abbia un destino storico
“eccezionale”), il nazionalismo romantico (l’idea che una nazione sia contraddistinta
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da particolari caratteristiche etniche, culturali e religiose) e la convinzione che la “razza
anglosassone” sia naturalmente superiore alle altre.
La nascita del concetto di “eccezionalismo americano” può essere fatta risalire
alle origini stesse della civiltà angloamericana, e in particolare alla famosa immagine
della “City upon a Hill” nel sermone del 1630 di John Winthrop. Quasi un secolo e
mezzo dopo, nel suo popolarissimo pamphlet Common Sense (1776), l’inglese Thomas
Paine aggiungerà che la Rivoluzione americana è l’occasione per creare una nuova e
migliore società: “We have it in our power to begin the world over again. A situation,
similar to the present, hath not happened since the days of Noah until now. The
birthday of a new world is at hand...”.
Quando Whitman inizia la sua carriera giornalistica e letteraria, negli anni
Quaranta dell’Ottocento, il dibattito sull’annessione non solo del Texas ma di tutto il
Messico diventa sempre più centrale nel dibattito politico. Molti però si oppongono alla
spinta imperialistica, anche perché una delle motivazioni principali è la necessità da
parte dei proprietari terrieri del Sud di avere territori sempre più vasti in cui poter
estendere la pratica della schiavitù. La guerra inizia nel 1846, e alla fine del 1847
l’esercito americano conquista Città del Messico. Con il Trattato di Guadalupe
Hidalgo il Messico è costretto a cedere agli USA quasi metà del proprio territorio, e da
un giorno all’altro milioni di messicani devono decidere se abbandonare le proprie case
o diventare cittadini statunitensi, ma con diritti limitati.
Negli anni Quaranta Whitman è amico di O’Sullivan, partecipa al movimento
della “Young America”, e pubblica il suo primo racconto nella Democratic Review.
Whitman appoggia il partito Free-Soil, che si oppone all’estensione della schiavitù, ma
condivide la visione che O’Sullivan ha di una naziona americana in continua
espansione. In un articolo scrive addirittura che “‘manifest destiny’ certainly points to
the speedy annexation of Cuba by the United States”. Questa contraddizione nasce dalla
visione sostanzialmente utopica di Whitman, che vede il continente americano come un
tutto unico, come un unico corpo – un corpo che non è solo il “corpo politico”, il body
politic, ma che è anche il suo stesso corpo fisico di poeta, in grado di contenere tutta
l’America e per estensione, perché l’America è “the nation of nations”, tutto il mondo –
il corpo come kosmos.
Whitman nasce il 31 maggio 1819 a Long Island, vicino a New York, da genitori
di fede quacchera. Secondo di nove figli, a soli undici anni Walt deve lasciare la scuola
per lavorare e aiutare finanziariamente la famiglia. La sua prima occupazione è quella di
stampatore, che gli consente di imparare ad amare la letteratura grazie all’avida lettura
dei classici di cui si trova a stampare le opere. Nel 1836 inizia la carriera di insegnante,
adottando un metodo didattico rivoluzionario fondato sul coinvolgimento e sul rispetto
delle esigenze dei bambini. Nel 1841 diventa giornalista a tempo pieno, e nel 1848
fonda a New York il Brooklyn Freeman, un giornale che appoggia il partito Free Soil,
dalle posizioni radicalmente democratiche e antischiaviste. Tutte queste sono
professioni tipicamente urbane, e sono svolte a New York, che proprio in questi decenni
si afferma non solo come città dalla crescita più rapida, ma anche e soprattutto come
città dalla maggiore mobilità sociale e professionale, oltre che etnica: il Whitman che
cambia continuamente lavoro salendo progressivamente nella scala sociale incarna un
modello di cittadino americano che, sull’esempio di Franklin (anch’egli originariamente
tipografo), è capace di migliorarsi grazie all’applicazione e all’entusiasmo, e in primo
luogo a quella fiducia in sé stessi che Ralph Waldo Emerson in “Self-Reliance”
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(1841).
Dopo un romanzo in cui denuncia la piaga sociale dell’alcolismo (Franklin
Evans, 1842) e la composizione di una serie di racconti, la carriera letteraria vera e
propria di Whitman si orienta decisamente verso la poesia, culminando nel 1855 con la
pubblicazione, a spese dell’autore, della prima edizione di Leaves of Grass, che
Whitman ripubblicherà in altre otto edizioni nel corso degli anni fino alla sua morte,
aggiungendo continuamente nuove composizioni e modificandone profondamente altre.
A introdurre la raccolta Whitman premette una lettera elogiativa da poco inviatagli da
Emerson, che riconosce in lui il modello del nuovo poeta americano. Nella prefazione
Whitman scrive il suo programma poetico per la giovane America, una dichiarazione
d’amore sintetizzata nella frase “America is the greatest poem”, e promuove il ruolo
del poeta quale cantore dei valori della libertà e della democrazia incarnati nella
nazione americana. Le poesie della raccolta sono la prima dimostrazione pratica
dell’applicazione delle teorie esposte nella prefazione: la spavalderia con cui afferma il
diritto della gente comune, delle donne, degli indiani e degli afroamericani a essere
protagonisti del grande poema americano trova un diretto riscontro in coraggiose
innovazioni stilistiche come il rifiuto della rima, l’impiego di versi lunghi anche tre o
quattro righe, il ricorso a interminabili elenchi che “democraticamente” mettono l’uno
accanto all’altro, su un piano di (almeno apparentemente) assoluta eguaglianza, tutti i
protagonisti e gli aspetti della società americana. Il titolo gioca sul doppio significato di
“leaves”, “foglie” e “fogli”, a sottolineare non il conflitto ma la compresenza e persino
la fusione tra l’elemento naturale e quello culturale.
Un altro elemento fondamentale della poetica whitmaniana è che alla maestosa
apertura alla dimensione collettiva si accompagna una esaltazione continua, quasi
parossistica, dell’io del poeta, che in “Song of Myself” assurge a dimensioni addirittura
cosmiche, capaci di contenere l’America intera con tutte le sue speranze e le sue
contraddizioni. Il poeta abbraccia col suo corpo-nazione ogni singolo individuo che ne
fa parte, in un rapporto di amore totale e disinteressato che non di rado assume, quando
l’oggetto della passione è un uomo, toni esplicitamente omosessuali. Questa
sovraesposizione della corporeità del poeta è sottolineata dalla copertina, in cui
campeggia non il suo nome ma una sua fotografia. Il linguaggio è al tempo stesso
concreto e visionario, teso a riprodurre la ricchezza e la vitalità di quella nuova lingua
che è l’inglese d’America. Nelle edizioni successive di Leaves of Grass Whitman è
sempre attento a inserire riferimenti a ciò che sta succedendo in una delle stagioni più
tumultuose della storia statunitense, dal progressivo avvento dell’industrializzazione e
dell’urbanizzazione (soprattutto di New York) alla crisi generata dallo schiavismo, dalla
tragedia della Guerra civile (che lo vede impegnato in prima persona come infermiere)
all’assassinio di Abraham Lincoln (come in “When Lilacs Last” e in “Oh Captain, My
Captain”).
In “Song of Myself” l’identità di genere del poeta si presenta come
eminentemente “maschile” e al tempo stesso cangiante, pronta ad assumere caratteri
“femminili”. Tuttavia, anche quando sembra trasformarsi in “femminile”, alla fine
l’identita imperialisticamente “maschile” del poeta prende il sopravvento, come se, in
accordo con la cultura dominante, il maschile fosse, in definitiva, il genere universale, a
prescindere dagli orientamenti sessuali del soggetto. Resta comunque l’“apertura”,
davvero rivoluzionaria per la metà dell’Ottocento, di qui e di là dell’Atlantico, del
mondo poetico alla rappresentazione di tante identità finore censurate, di tutte le classi
sociali, etnie, culture – e identità di genere.
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