Il difficile rapporto tra scienza ed etica Il problema del difficile rapporto tra scienza ed etica è sempre stato dibattuto ma nella nostra epoca storica esso assume caratteri drammatici perché pone l’uomo davanti a scelte difficili che, in certi casi, potrebbero compromettere il destino della stessa specie umana. “(…) Lo sviluppo delle scienze, delle tecnologie, della cultura, delle relazioni sociali, e la libertà che abbiamo conquistato con grande difficoltà (…) non ci mettono al riparo da conflitti endemici e da condizioni di vita che dividono il mondo in due realtà terribilmente distanti tra loro”, così Adriano Ossicini, presidente emerito della Commissione nazionale di bioetica, descrive scienza ed etica: due entità distanti tra loro, che inevitabilmente si compenetrano nel corso dei secoli con il progredire delle ricerche scientifiche, ma il cui rapporto genera sempre contrasti. Il progresso scientifico ottenuto ha portato al prevalere nel mondo di una concezione scientifica, a scapito di una visione religiosa improntata sul cristianesimo, indebolendo quindi i presupposti che davano all’etica ragione di esistere; pensiamo per esempio alla teoria evolutiva proposta da Darwin, che riduceva il racconto biblico sull’origine dell’uomo ad una dimensione mitica. La scienza in questi anni, come evidenziano i più grandi docenti di bioetica, tra cui la prof. Mariella Lombardi Ricci, vive in una situazione di disagio interno, un “affanno tra tecnica ed etica”, perché da un lato sente l’esigenza di procedere mettendo a frutto tutte le possibilità di cui dispone, nonostante ciò la obblighi a trascurare spesso parametri non considerati significativi per il rapido raggiungimento dei risultati; dall’altro, invece, è frenata dalla consapevolezza che il potere che conferirà all’uomo sarà enormemente diverso da quello che egli ha avuto in precedenza. E’ richiesto, quindi, all’uomo di procedere con cautela anche in questo campo. L’etica, argomento centrale della speculazione filosofica fin dai primi pensatori, trae il fondamento dalla concezione secondo la quale l’uomo, benché dotato di fisicità, non si esaurisca in questo, ma abbia in se “qualcosa di più” che lo distingue dagli oggetti inanimati e da tutti gli esseri viventi del nostro pianeta. Questa componente aggiuntiva è ciò che è stata posta alla base dell’unicità e dell’irripetibilità di ogni individuo umano: è stata spesso definita spirito o anima da alcune religioni, ed è la stessa che alimenta l’idea che la scienza debba in qualche modo essere sottoposta a vincoli scritti o meno. La bioetica è uno degli argomenti che più interessano il nostro secolo: essa si è affermata come una scienza “giusta”, che tenta di porre il freno ad esprimenti e ricerche esasperate, valutando, come fa notate sempre il prof. Ossicini, “le decisioni e le scelte, prendendo in considerazione i loro effetti nei tempi lunghi,(…) il loro favorire o meno il consolidarsi di tendenze e dinamiche irrazionali, troppo spesso eticamente dubbie” . La presenza dei comitati di bioetica dovrebbe essere utile a sottolineare il concetto di responsabilità all’interno della ricerca scientifica, perché l’uomo comprenda l’importanza di decidere e scegliere per se e per gli altri, garantendo il rispetto di tutti i soggetti che saranno influenzati da tali scelte. Appare evidente l’importanza che assume in questo caso il soggetto, sia esso lo scienziato o un normale uomo che si trova a riflettere riguardo al futuro: è la coscienza personale dello studioso che deve intuire quando è giunto il momento di fermarsi o proseguire nelle ricerche, e spetta al semplice individuo accettarle o rifiutarle, secondo il proprio codice di valori. Già Einstein sollevò questo problema nel messaggio agli scienziati italiani: “(…) Vediamo oggi delinearsi , per l’uomo di scienza , un tragico destino . Egli deve piegarsi al silenzio di chi detiene il potere politico , ed è costretto , come un soldato , a sacrificare la propria vita , e ciò che è peggio a distruggere quella degli altri , anche se è convinto dell’assurdità di un tale sacrificio (…) Al termine del cammino , si profila sempre più distinto lo spettro della distruzione completa . Noi non possiamo cessare di ammonire ancora e sempre; non possiamo rallentare i nostri sforzi per dare coscienza alle nazioni del mondo, e soprattutto ai loro governi , dell’immagine del disastro che essi debbono esser certi di provocare se non cambieranno atteggiamento gli uni verso gli altri , e la loro maniera di concepire il futuro. Il nostro mondo è minacciato da una crisi la cui ampiezza sembra sfuggire a coloro che hanno il potere di prendere grandi decisioni per il bene e per il male. La soluzione del grande scienziato è quella della ricerca continua come servizio dovuto all’umanità in generale, e all’uomo che ha continuamente bisogno di conoscere e ampliare i propri studi. Einstein riconosce che l’uomo di scienza, a causa del suo grande sapere, è sempre soggetto ai capricci da parte del potere, ma il suo compito è quello di continuare ad ammonire i governi ed i popoli, perché capiscano che un progresso “interessato”, ovvero guidato da mani sbagliate non può che portare alla rovina e alla totale distruzione. Esemplari sono gli studi dell’atomo che hanno portato alla creazione di una minaccia che ancora spaventa la nostra generazione: la bomba atomica. Nucleo centrale per sviscerare il problema del rapporto conflittuale tra scienza ed etica è definire chiaramente l’esistenza dell’uomo: come il valore attribuito alla vita umana era stato al centro di forti e controverse polemiche riguardo all’importanza dell’embrione, così il definire l’uomo macchina ripetibile o essere unico, è essenziale per schierarsi a favore o meno dei comitati di bioetica e delle leggi che vorrebbero far approvare per imporre dei limiti alla ricerca scientifica. La ricerca sembra oggi essere giunta a un passo dal svelare i meccanismi più reconditi della vita, mostrando come essi non abbiano nulla di trascendente, ma siano spiegabili con leggi fisiche note che valgono anche per il mondo inanimato. “Il valore attribuito a ogni essere umano è dato dalla sua irripetibilità, dal suo esistere come essere consapevole e dotato di volontà autonoma; dal momento in cui raggiungessimo la certezza che ognuno di noi è fondamentalmente una macchina, potenzialmente riproducibile, quale valore potremmo attribuire a noi stessi?”, questa è la domanda che si pone il prof. Astro Calisi, filosofo e studioso di epistemologia. Anche Kant rifletteva riguardo al senso dell’esistenza e della centralità del soggetto: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente (…): il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità (…); io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza”; Kant afferma, quindi, che l’azione morale è all’interno dell’uomo, escludendo un Dio creatore, ma definendo l’uomo “illuministicamente” creatore di se stesso. Egli non ricerca natura e morale nell’universo, perché le vede davanti a se e si concepisce come ente tra gli enti, in grado di autodeterminarsi,la legge morale dell’uomo, e quindi la sua etica personale, lo elevano permettendogli di uscire dalla determinazione, conferendogli libertà. Inoltre l’uomo nell’etica realizza se stesso, mostra le sue illimitate capacità dando al pianeta, con la sua riflessione, senso e forza vitale. Rivolgendoci al contemporaneo, possiamo dire che le opinioni sul fatto se debba prevalere l’etica personale o il progresso scientifico sono totalmente contrastanti. Come fa notare il prof. Ossicini, la libertà di ricerca spesso viene invocata a sproposito per coprire, con la scusa del progresso scientifico, interessi di mercato; ma egli conclude dicendo che proprio il sorgere dei comitati di bioetica, “a cui è delegato il compito di riesaminare criticamente le condizioni di vita di tutti noi, come esse sono influenzate dalla tecnologia, e nel contempo, di esplicitare l’interdipendenza tra ricerca scientifica (…)e le varie regolamentazioni legislative rispetto all’area privata dell’esistenza individuale”, proprio questo sorgere sottolinea che “la libertà di ricerca è subordinata a dettami di carattere etico e il possibile non coincide sempre con il lecito”. Il prof. Porcarelli, docente di filosofia e membro del centro di bioetica di Bologna, afferma che l’unica vera alternativa per cercare di riavvicinare i due campi sia affermare che l’etica della scienza sia una parte dell’etica e abbia bisogno di punti di riferimento che devono avere una validità oggettiva. L’attività scientifica, prosegue Porcarelli, essendo un’attività umana, cioè libera e responsabile, va considerata alla luce di quei principi morali che devono guidare tutte le azioni dell’uomo; egli si schiera quindi a favore di una subordinazione della scienza, analizzandola come una parte dell’etica stessa, che deve essere regolamentata con leggi che rendano ufficiale ciò che dovrebbe essere all’interno di ogni uomo, in modo che non possa essere interpretato e messo in discussione. Il prof Calisi si mostra invece scettico riguardo a quanto affermato in precedenza, ed evidenzia come appaia strano che alcuni scienziati prendano posizioni che lui considera antiscientifiche all’interno dei comitati di bioetica. Egli prosegue dicendo che “la scienza non ha nulla da dire sull’etica; anzi (…) essa non può che considerare l’etica come un elemento estraneo, un elemento di disturbo, una componente metafisica da respingere alla pari di tutti gli altri aspetti del mondo non provvisti di una base empirica”, e evidenzia, quindi, dei dubbi sull’attendibilità di tali personalità. Personalmente mi trovo a favore della ricerca scientifica e del progresso incondizionato, soprattutto in campo medico: ovviamente sono contraria alle speculazioni e alle spettacolarizzazioni che su di essa vengono fatte, ma credo che se all’uomo è stata data la possibilità di progredire nelle conoscenze, egli abbia anche la possibilità di controllare gli sviluppi della ricerca in direzioni sbagliate e distruggere eventuali errori commessi. Ammetto, per esempio, che possa sembrare strano e forse azzardato lo studio sulla clonazione umana, ma bisogna valutarne gli effetti positivi sull’uomo: credo, infatti, che sia impagabile, per un genitore, avere la possibilità di curare il proprio figlio, per esempio duplicando e impiantando cellule sane nel suo organismo al posto di quelle malate. Forse i comitati di bioetica e gli strenui oppositori della scienza dovrebbero trovarsi in una delle situazioni in cui la stessa ha “le mani legate”, o per lo meno dovrebbero pensare alle innumerevoli possibilità di sopravvivenza che l’umanità guadagnerebbe comprendendo, grazie alla ricerca, cause e cure di malattie tuttora sconosciute, come l’Alzheimer o l’Aids.