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PARLAMENTO EUROPEO
2009 - 2014
Documento di seduta
14.6.2010
B7-0354/2010
PROPOSTA DI RISOLUZIONE
presentata a seguito di dichiarazioni del Consiglio e della Commissione
a norma dell'articolo 115, paragrafo 5, del regolamento
sulla strategia Europa 2020 - nuova strategia europea per la crescita e
l'occupazione
Lothar Bisky, Nikolaos Chountis, Ilda Figueiredo, Patrick Le Hyaric,
Kartika Tamara Liotard, Marisa Matias, Willy Meyer, Miguel Portas,
Alfreds Rubiks, Eva-Britt Svensson, Kyriacos Triantaphyllides, Sabine
Wils
a nome del gruppo GUE/NGL
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IT
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Unita nella diversità
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B7-0354/2010
Risoluzione del Parlamento europeo sulla strategia Europa 2020 - nuova strategia
europea per la crescita e l'occupazione
Il Parlamento europeo,
– visto il documento di lavoro della Commissione del 24 novembre 2009 dal titolo
"Consultazione sulla futura strategia "UE 2020" (COM(2009)0647),
– visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione, del 2 febbraio 2010, intitolato:
"Documento di valutazione della strategia di Lisbona" (SEC(2010)114),
– vista la comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010, dal titolo "Europa 2020:
Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" (COM(2010) 2020),
– viste le conclusioni del Consiglio europeo al Vertice di primavera del 26 marzo 2010 sulla
strategia Europa 2020 e la governance economica,
– vista la dichiarazione dei capi di Stato e di governo della zona euro del 7 maggio 2010,
– viste le conclusioni della sessione straordinaria del Consiglio Affari economici e finanziari
che si è tenuta a Bruxelles il 9 e 10 maggio 2010,
– visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che la crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito e della
ricchezza (aumento dei profitti e della ricchezza, brusco calo della quota del lavoro nel
reddito nazionale), negli ultimi decenni fino al 2007/2008, è stata la principale forza
trainante della gigantesca crescita degli investimenti nei mercati finanziari e della
creazione di bolle speculative ("New Economy" di Internet, immobiliare, ecc);
B. considerando che la politica dell'UE in generale e la strategia di Lisbona in particolare
hanno aggravato tali tendenze ponendo l’accento sulla "competitività", la riduzione dei
costi, lo smantellamento dello stato sociale, la crescente flessibilità dei mercati del lavoro,
la liberalizzazione dei mercati in generale e la deregolamentazione dei mercati finanziari
in particolare,
C. considerando che le politiche UE in generale e la strategia di Lisbona in particolare hanno
in tal modo alimentato una politica volta a scaricare le difficoltà sugli altri ("beggar thy
neighbour"), fomentando la concorrenza tra Stati membri e spianando la strada a
espansioni insostenibili ("bubblenomics") fondate sul debito in molti paesi dell’UE, con
conseguente crescita del deficit delle partite correnti da un lato e, dall’altro, un’altrettanto
insostenibile crescita basata sulla competitività in taluni altri paesi dell'UE; che
quest’ultima ha a sua volta creato avanzi enormi delle partite correnti mediante una
politica di deflazione salariale, con una contestuale depressione della domanda interna,
D. considerando che le istituzioni europee e i governi degli Stati membri, nella loro ferma
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quanto errata convinzione che l'instabilità economica sia frutto soltanto dell’inflazione o
dell’irresponsabilità fiscale, non si sono occupati delle crescenti disparità economiche
derivanti da tale concorrenza all'interno della zona euro e dell'UE-27,
E. considerando che, di conseguenza, la strategia di Lisbona e l'architettura monetarista del
progetto dell’UE condividono in larga misura la responsabilità della crisi finanziaria ed
economica e il mancato raggiungimento dei loro obiettivi di Lisbona, in quanto hanno
spianato la strada al contagio da "titoli tossici" attraverso la deregolamentazione dei
mercati finanziari e hanno promosso bolle speculative anche nell'"economia reale";
considerando che non convince la tesi secondo cui il fallimento della strategia di Lisbona
può essere attribuito tout court alla sua attuazione insufficiente da parte degli Stati
membri, alla mancanza di controlli e ad altri motivi analoghi,
F. considerando che i leader dell'Unione europea, nonostante i loro discorsi abituali
sull’azione collettiva e la solidarietà europea, hanno avviato una politica volta a scaricare
le difficoltà sugli altri ("beggar thy neighbour"), fatta di programmi nazionali concorrenti
per salvare il settore finanziario e fornire uno stimolo fiscale per la ripresa; considerando
che il programma europeo di ripresa economica adottato dal Consiglio a dicembre 2008
non ha condotto ad una risposta più coordinata dell'UE alla crisi, e che le misure di
salvataggio delle banche e di stimolo attuate finora hanno trasferito sulla società le perdite
del settore finanziario e dell'industria e rallentato la recessione, senza dar luogo a una
ripresa,
G. considerando che questi piani di ripresa sono stati concepiti senza tener conto della
prospettiva di genere, e che le donne sono e sono state in gran parte escluse dal processo
decisionale sulle misure di risanamento economico e finanziario; considerando che misure
di stimolo diverse producono risultati diversi per uomini e donne; considerando che, in un
primo momento, la crisi ha colpito principalmente i settori dell'economia a prevalenza
maschile (quali l'industria automobilistica, il settore edile, ecc.), è chiaro che le
conseguenze a medio e lungo termine dell’accresciuto indebitamento statale colpiranno in
maniera gravissima i settori in cui l’occupazione è prevalentemente femminile, e in
particolare i posti di lavoro del settore pubblico e i servizi sociali, sanitari e di assistenza
organizzati e/o finanziati dallo Stato,
H. considerando che, nel 2009, il PIL dell’UE ha subito una riduzione del 4,1%; che, ancora
quest’anno taluni Stati membri registrano una crescita economica negativa e le prospettive
dell’UE per il 2010 indicano, nella migliore delle ipotesi, un tasso di crescita fiacco e
lento dello 0,7% per l'UE-27, con un tasso medio di disoccupazione a due cifre per l’UE27, la stagnazione dei salari e il deleveraging continuato delle più elevate posizioni
debitorie del settore privato; considerando che il settore privato non è ancora in grado di
generare nuovi investimenti a causa dei bassi livelli di utilizzo delle capacità, di
prospettive economiche scoraggianti e dei problemi persistenti riguardo all'accesso al
credito da parte delle società,
I. considerando che alla fine del 2009 il Consiglio europeo ha formulato una "strategia di
uscita", e ha avviato procedure per disavanzo nei confronti di 20 Stati membri, imponendo
loro di portare i deficit di bilancio sotto il 3% del PIL entro il 2013/14 o prima;
considerando che molti Stati membri hanno già preso di mira i salari e attuato drastici tagli
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alla spesa pubblica, riducendo i salari del settore pubblico e le pensioni, ridimensionando
e privatizzando i servizi pubblici, nonché introducendo misure volte ad aumentare l'IVA,
gli oneri sociali e l'età pensionabile legale,
J. considerando che la "strategia di uscita" dell’UE e il comportamento del settore
finanziario sono l’espressione di un cinismo profondamente radicato: i disavanzi sono
elevati e il debito pubblico è in forte aumento soprattutto perché i governi hanno deciso di
salvare il settore finanziario dalle conseguenze della sua speculazione e dal danno che
esso stava infliggendo all’economia; considerando che i mercati finanziari si rivolgono ora
agli stessi governi che li hanno salvati, e che i governi trasferiscono l'onere del rimborso
del debito pubblico agli stessi creditori del settore finanziario sulla popolazione di
lavoratori, pensionati, ecc. i cui posti di lavoro, salari, prestazioni sociali e diritti sono
presi di mira,
K. considerando che la Commissione, nella sua valutazione dei programmi di stabilità e di
convergenza di 24 Stati membri dell'UE, del 17 e 24 marzo 2010 e del 14 aprile 2010, ha
esortato la maggior parte di essi a operare tagli più severi alla spesa pubblica e maggiori
riforme strutturali; considerando che la Commissione propone di istituire meccanismi di
controllo del disavanzo ancora più rigorosi da applicare alla pianificazione finanziaria a
medio termine degli Stati membri; considerando che anche le conclusioni del Consiglio di
primavera sulla governance economica sono favorevoli all’utilizzo dell'articolo 136 del
trattato (TFUE) come strumento per giungere ad una normativa più severa in materia di
sorveglianza finanziaria e concentrarsi "sulle sfide pressanti della competitività e
dell'andamento della bilancia dei pagamenti",
L. considerando che il rigore fiscale proposto dalla Commissione e dal Consiglio e
perseguito dalla maggioranza degli Stati membri contribuisce ad aumentare le pressioni
deflazionistiche su un'economia ancora fragile e stagnante, a smantellare gli "stabilizzatori
automatici" quali i sistemi di protezione sociale e l’investimento pubblico, che si sono
rivelati efficaci ai fini della resistenza alla recessione, e che rischia di riportare l'economia
alla recessione, vanificando altresì le speranze che il debito pubblico venga ridotto e che si
possa realizzare il risanamento di bilancio,
M. considerando che, in questo contesto, la Commissione, a dimostrazione del suo presunto
"realismo", ha proposto cinque obiettivi per la nuova strategia UE 2020 e che tali obiettivi
sono in gran parte basati su precedenti obiettivi della strategia di Lisbona; considerando
che il Consiglio di primavera dell'UE non è riuscito a trovare un accordo sugli obiettivi in
materia di dispersione scolastica, istruzione superiore e riduzione della povertà e
dell'esclusione sociale e che quest’ultimo aspetto è sorprendente, alla luce della fervente
retorica dei governi degli Stati membri e del Consiglio circa la necessità di investire nelle
persone e nelle competenze e lottare seriamente contro la povertà nel quadro dell'Anno
europeo contro la povertà 2010,
N. considerando che le politiche dell'UE, la strategia di Lisbona e, in particolare, la strategia
Europa 2020, sono decisamente carenti quando si tratta di affrontare la questione della
transizione demografica e le problematiche collegate alle transizioni spaziali concomitanti
(caratterizzate da modelli di urbanizzazione rapida e da tendenze demografiche nazionali
proiettate a livello urbano),
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Osservazioni generali su Europa 2020 e sulla governance economica dell’UE
1. mette in risalto che la strategia di uscita sado-monetarista dell’UE non consentirà agli Stati
membri di conseguire il risanamento delle loro finanze, poiché tale strategia indebolirà gli
stabilizzatori automatici quali la protezione sociale e gli investimenti pubblici, deprimerà i
salari e farà di conseguenza diminuire la domanda interna e il gettito tributario; osserva
che la "governance economica dell’UE" quale proposta dal Consiglio lungo tali linee
porterà alla regressione sociale, a un ulteriore indebolimento dell’economia e alla
destabilizzazione dell’integrazione europea e della democrazia;
2. richiama l’attenzione sul fatto che portando avanti restrizioni di bilancio così pesanti non
sarà possibile generare investimenti sufficienti per rendere "più verde" l’economia, creare
nuova occupazione, migliorare l’istruzione, le qualifiche e le competenze e combattere la
povertà e l’esclusione sociale per raggiungere i traguardi e gli obiettivi di UE 2020, a
prescindere dal livello di ambizione al quale infine il Consiglio potrà fissarli nel
giugno 2010; ritiene pertanto che la strategia UE 2020 sia basata fin dall’inizio su vuote
promesse e che potrebbe non valere la pena di procedere ai riesami annuali dei
"programmi nazionali di riforma";
3. ritiene che la strategia UE 2020 sia troppo poca ambiziosa anche in confronto alla fallita
strategia di Lisbona; critica fortemente l’assenza, in UE 2020, di qualsiasi riferimento
all’uguaglianza delle donne; osserva che, in presenza di una disoccupazione crescente, la
strategia non fornisce chiare indicazioni su come agire efficacemente per ridurla attraverso
strumenti di politica economica e occupazionale miranti allo sviluppo sostenibile e alla
piena occupazione;
4. mette in risalto che con la strategia di Lisbona ciò che ha contato di più non è stata la
realizzazione dei suoi obiettivi bensì l’obbedienza al dogma neoliberista: i paesi nordici e i
Paesi Bassi hanno avuto risultati migliori degli USA in termini di creazione di posti di
lavoro e sono stati i migliori nell'UE per quanto concerne i tassi di occupazione (il tasso
generale, quello relativo alle donne, quello riguardante i lavoratori anziani, ecc.),
situandosi nel contempo ai primi posti anche nelle graduatorie mondiali della
"competitività", della sostenibilità ambientale e dei minori tassi di povertà; ritiene che
sarebbe stato del tutto logico promuovere, quale riferimento per l’Unione europea, i
valori, le politiche e gli strumenti più egualitari, sociali ed ecologici che erano ancora
prezioso patrimonio dei "modelli nordici", mentre la Commissione e il Consiglio hanno
invece insistito affinché tali paesi aumentassero la flessibilità dei mercati del lavoro e
promuovessero "riforme strutturali" neoliberiste, pur avendo essi conseguito i risultati
migliori;
5. fa notare come, nonostante una certa retorica di facciata su un’economia "più verde" e
sulla coesione sociale, lo spirito neoliberista e l’orientamento strategico di UE 2020
rimangano pressoché immutati rispetto alla strategia di Lisbona: al centro di tutto vi sono
la "competitività", una maggiore liberalizzazione nel mercato unico, la promozione di
ulteriori privatizzazioni attraverso i partenariati pubblico-privato e il risveglio dello spirito
di imprenditorialità – come se tutte queste strategie non avessero contribuito a determinare
la crisi economica (si pensi ad esempio al ruolo dell’imprenditorialità deviata nello
sviluppo della New Economy e delle bolle, poi sgonfiatesi, dell’innovazione finanziaria);
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Un’azione coordinata ed efficace nei prossimi 35 anni è decisiva per superare la
stagnazione, promuovere lo sviluppo sostenibile e combattere la disoccupazione
6. afferma che per i prossimi tre-cinque anni occorrerà un ulteriore stimolo di bilancio per
combattere la stagnazione economica e sviluppare una strategia di entrata per creare
nuova occupazione: un nuovo Piano di ripresa dell’UE più forte e meglio mirato,
connotato in tutte le sue componenti dall’obiettivo dell’uguaglianza di genere, che
mobilizzi ogni anno l’1% del PIL dell’UE per investire in uno sviluppo che sia sostenibile
sotto il profilo ambientale, sociale ed economico, per promuovere l’equità, la piena
occupazione in "lavori buoni", un’economia "più verde" e il benessere sociale, per
eliminare la povertà e l’esclusione sociale e per creare una migliore coesione sociale e
territoriale in tutta l’UE; mette in evidenza che tutto ciò deve essere accompagnato da
misure analoghe a livello di Stati membri, in modo che vi possa essere un coordinamento
coerente fra questi e l'azione a livello di UE;
7. ricorda che solo una vigorosa ripresa economica e un miglioramento qualitativo
dell’occupazione, dignitosa e conforme a norme elevate, sono in grado di assicurare la
possibilità di una riduzione a medio termine dei disavanzi pubblici e del debito pubblico;
mette in evidenza che il Patto di stabilità e crescita nel 2008 e nel 2009 di fatto non è stato
applicato, per consentire agli Stati membri di avviare programmi di ripresa; afferma la
necessità che tale Patto non sia applicato;
8. suggerisce di indirizzare gli investimenti del nuovo piano di ripresa dell’UE e le iniziative
di ripresa degli Stati membri verso lo sviluppo sostenibile, ad esempio verso il risparmio
energetico e le energie rinnovabili, la produzione pulita e la prevenzione dei rifiuti, uno
sviluppo urbano e un’edilizia abitativa sostenibili, l’agricoltura biologica, la pesca
sostenibile e la conservazione degli ecosistemi, il miglioramento dell’efficienza idrica e
dell’efficienza delle risorse, la riconversione dell’industria degli armamenti, l'espansione e
il miglioramento dei servizi pubblici, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, l'assistenza a lungo
termine, i servizi sociali e l’economia sociale, il sostegno all’edilizia abitativa pubblica, i
settori dell’assistenza e della scolarizzazione e la lotta contro la povertà e l’esclusione
sociale, con l’obiettivo di promuovere la creazione di posti di lavoro sostenibili "verdi" e
"bianchi" dichiarati;
9. sottolinea che la parità di accesso all’assistenza è un pilastro di un modello di Stato sociale
basato sulla solidarietà e l’uguaglianza, e che il futuro delle economie dell’UE e dei nostri
Stati sociali dipenderà in larga misura da come ci si organizzerà per far fronte alle
crescenti esigenze di assistenza; mette in rilievo che il lavoro nel settore dell’assistenza è
oggi nelle nostre società una componente importante sia dell’economia formale che di
quella informale, nella quale la maggioranza dei lavoratori sono donne, spesso prive di
condizioni adeguate di lavoro e/o di sicurezza; chiede che la strategia per il 2020 si occupi
dell’economia dell’assistenza con l’obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro e di
potenziare la fornitura di assistenza come servizio pubblico, garantendo a tutti parità di
accesso all'assistenza;
10. suggerisce che una parte dei programmi d'investimento nell’ambito del piano di ripresa
siano indirizzati in modo particolare ai settori industriali più colpiti dalla crisi, al fine di
soddisfare la necessità di raggiungere la piena occupazione in lavori dignitosi:
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riconversione dell’industria automobilistica verso servizi di trasporto sostenibile,
estensione delle reti ferroviarie e offerta di servizi ferroviari regionali inclusivi e completi
quanto a copertura del territorio (programma Rail Europe 2025), promozione di una
cantieristica navale "verde" e stabilizzazione dell'industria dell'acciaio in tale contesto;
sostiene che l’UE e gli Stati membri devono accompagnare tali azioni di riconversione
con misure di mantenimento dei posti di lavoro, formazione, riconversione professionale e
sviluppo delle competenze, e con misure volte a garantire una transizione occupazionale e
sicura ai lavoratori delle industrie interessate;
11. fa rilevare che l’UE e gli Stati membri devono mettere in atto meccanismi che consentano,
in modo mirato e sottoposto al controllo democratico, di indirizzare a livello pubblico gli
investimenti del nuovo piano di ripresa verso i settori dell’economia maggiormente colpiti
dalla crisi, verso le industrie e i servizi sostenibili emergenti e verso le regioni
svantaggiate; sollecita l’attivo coinvolgimento e la partecipazione dei soggetti interessati
da tali investimenti; sottolinea che, ogni volta che gli Stati membri offrono aiuti,
ricapitalizzazioni e garanzie finanziarie ad imprese in difficoltà, ciò dovrebbe tradursi in
un aumento delle quote pubbliche nell'interesse di voto e nei futuri profitti, e che tali
maggiori diritti dovrebbero essere utilizzati per influenzare le strategie d'investimento
delle imprese; richiama l'attenzione sul fatto che gli Stati membri dovrebbero attuare
misure per una maggiore democrazia economica e per modificare la governance delle
imprese al fine di rafforzare la posizione dei lavoratori, dei sindacati e dei consumatori e
la dimensione sociale e ambientale nelle scelte strategiche delle imprese e dei servizi
pubblici;
12. suggerisce che le iniziative "faro" di UE 2020 proposte dalla Commissione riguardo a
un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro, un’Europa efficiente sotto il
profilo delle risorse, l’Unione dell’innovazione e la politica industriale siano strettamente
collegate al nuovo piano di ripresa dell’UE, ridisegnate e razionalizzate per favorire lo
sviluppo sostenibile;
13. sottolinea che le misure adottate da alcuni Stati membri nel 2009/2010 per ridurre l’orario
di lavoro, finanziate tramite i regimi di protezione sociale, si sono rivelate efficaci nel
contenere la disoccupazione e far sì che i lavoratori conservassero un posto di lavoro
retribuito; invita l’UE e gli Stati membri a promuovere riduzioni generalizzate dell’orario
di lavoro senza riduzione della retribuzione dei lavoratori e la creazione di nuovi posti di
lavoro al fine di evitare aumenti del carico di lavoro: tale misura potrebbe eventualmente
essere coadiuvata dai decrescenti aiuti alle imprese per un periodo transitorio durante la
stagnazione economica;
14. invita l’UE e gli Stati membri a promuovere la conciliazione tra vita lavorativa ed
extralavorativa, e afferma che il modo migliore per conseguire tale obiettivo è rinnovare il
modello dell’occupazione tipo: contratti a tempo indeterminato con lavoro a tempo pieno
più breve come norma generale e lavoro a tempo parziale regolato sulla base di norme da
stabilire, in modo che l'offerta del lavoro a tempo parziale (15-25 ore settimanali), a
coloro che lo desiderano, sia limitata al lavoro socialmente protetto e giustificato;
sottolinea la necessità di considerare il lavoro a tempo pieno e quello a tempo parziale alla
pari per quanto riguarda la retribuzione oraria, il diritto all'istruzione e all'apprendimento
lungo tutto l'arco della vita, le possibilità di carriera e la protezione sociale;
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15. pone l’accento sul fatto che la strategia europea per l’occupazione e gli orientamenti in
materia di occupazione per il prossimo ciclo 2010–2013 non dovranno basarsi
sull’approccio della flessicurezza, ma partire invece dal concetto di "lavoro buono" come
punto di riferimento centrale, con una forte enfasi sulla promozione della qualità nel
lavoro, sul miglioramento della sicurezza sociale e dell’inclusione sociale, sul
rafforzamento dei diritti vigenti dei lavoratori e sull'introduzione di nuovi diritti, sulla
promozione della sicurezza e della salute sul posto di lavoro, sul miglioramento della
gestione del rischio sociale e sulla possibilità di conciliare vita lavorativa ed
extralavorativa; afferma che gli Stati membri devono adottare misure efficaci per la
graduale eliminazione del lavoro precario e atipico;
16. chiede fermamente al Consiglio e alla Commissione di proporre una "garanzia europea per
i giovani", che assicuri a ogni giovane dell'UE il diritto a un lavoro adeguato e ben
retribuito in linea con le sue qualifiche e competenze, e a un apprendistato, a una
formazione aggiuntiva o a una combinazione di lavoro e formazione non appena si trovi in
condizione di disoccupazione;
17. ritiene che deprimendo le retribuzioni e costringendo i lavoratori europei a farsi
concorrenza al ribasso sui salari si provocherà deflazione, si ridurrà il potere d’acquisto e
la domanda interna e si farà aumentare il rischio che l’economia ricada nella recessione;
afferma la necessità di stabilire minimi salariali effettivi al livello più basso dei mercati
del lavoro (salario minimo, cui si aggiunge il concetto di salario di sussistenza) ed anche
massimali ai livelli più alti (tetto massimo delle retribuzioni, ad esempio pari a 20 volte lo
stipendio medio), di attuare il principio della parità di trattamento e di retribuzione a parità
di lavoro o per lavori di pari valore nello stesso luogo di lavoro, e di consentire aumenti
salariali per compensare l’inflazione o tener conto degli aumenti di produttività, con una
forte componente di redistribuzione;
18. ritiene che gli attuali squilibri delle partite correnti nell’UE-27 – paesi con forti disavanzi
delle partite correnti nell’Europa meridionale e orientale e paesi con forti eccedenze delle
partite correnti, quali Germania, Austria e Paesi Bassi – debbano essere affrontati in modo
esauriente dalla governance economica dell’UE; sottolinea che i paesi che presentano
eccedenze devono modificare il loro sviluppo economico per rafforzare la domanda
interna e la propria economia nazionale; propone di stabilire all’interno dell’UE-27un
meccanismo tipo “unione di compensazione”, che obblighi i paesi eccedentari a pagare
tassi di interesse positive ai paesi in disavanzo, consentendo così a questi ultimi di
investire nella modernizzazione della produzione, dei servizi e delle infrastrutture, di
aumentare la produttività e di ridurre i disavanzi delle partite correnti;
19. pone in evidenza la stima della Commissione secondo la quale la media del debito
pubblico nell’UE-27 salirà all’84% o più nel 2011, malgrado gli sforzi di “risanamento dei
bilanci” degli Stati membri; osserva che i recenti sviluppi riguardo a un’eventuale
incapacità della Grecia di evitare la bancarotta potrebbero portare allo “scenario peggiore”
di altri Stati membri che falliscono a causa del debito, provocando così la disintegrazione
della zona dell’euro; ritiene che sia urgentemente necessario mettere a punto un “piano B”
per contrastare tale scenario, sulla base di un mix di politiche comprendente la
negoziazione di una cancellazione e rimaneggiamento del debito pubblico con banche e
istituzioni finanziarie ed anche iniziative coraggiose per misure non convenzionali della
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BCE, con espansione del suo stato patrimoniale e monetizzazione del debito tramite
l'acquisto di obbligazioni sovrane ricorrendo al suo strumentario di “operazioni
strutturali”, al fine di evitare il collasso economico;
Nuove fonti di finanziamento e nuovo regolamento per una ripresa sostenibile
20. invita il Consiglio ad ampliare il mandato della Banca europea degli investimenti (BEI) e
della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), in modo che le loro
politiche di prestito possano coprire tutti gli elementi del nuovo piano europeo di ripresa
economica (fra cui, ad esempio, una politica industriale sostenibile);
21. invita il Consiglio a predisporre un’ obbligazione comune dell’UE, emessa dalla Banca
europea per gli investimenti, garantita collettivamente dai governi dell’UE a 27 e
sostenuta dal gettito fiscale nazionale nonché da un apporto di liquidità della Banca
centrale europea al tasso di interesse dell’1%; fa presente che detta obbligazione comune
dell’UE non andrebbe utilizzata solo per combattere la speculazione finanziaria ed
eliminare i differenziali attuali relativi ai debiti pubblici nazionali, ma soprattutto per
finanziare il nuovo piano europeo di ripresa; sottolinea che non solo i paesi della zona
Euro, ma tutti gli Stati membri trarranno vantaggio dalla creazione di credito attraverso
l’obbligazione comune dell’UE; ritiene che finanziando gli investimenti attraverso la BEI
anziché ricorrere al prestito sui mercati privati dei capitali, l’UE e gli Stati membri
risparmierebbero denaro che potrebbero utilizzare per un ulteriore stimolo agli
investimenti;
22. ribadisce che è possibile conseguire un moltiplicatore dell’occupazione e del reddito
dell’ordine di 1,5 - 2 per questo tipo di investimenti pubblici attuati tramite la BEI,
offrendo la prospettiva che le misure adottate nel quadro del piano europeo di ripresa
possano in gran parte autofinanziarsi;
23. rileva che qualsiasi sostegno finanziario agli Stati membri, attraverso obbligazioni UE
debba essere collegato ai principi del modello sociale europeo, fare rigorosamente
astrazione da tagli nel settore pubblico, da congelamenti salariali deflazionistici, ecc. ed
essere programmato nel tempo in modo da evitare restrizioni di bilancio procicliche;
chiede al Consiglio di revocare i requisiti di condizionalità imposti alla Grecia nonché a
Lituania, Romania e Ungheria nel contesto degli aiuti d’urgenza dell’UE e del FMI;
24. invita il Consiglio a creare un'imposta generale sulle transazioni finanziarie (ITF) a livello
UE al fine di frenare la speculazione e garantire che il settore finanziario contribuisca
equamente alla ripresa economica e al rifinanziamento dell’onere di bilancio delle
operazioni pubbliche di soccorso; fa presente che in base a recenti studi, in Europa una
ITF generale dello 0,1% potrebbe comportare introiti annuali pari al 2,1% del PIL
(all’incirca 262 miliardi di euro); propone che gli introiti derivanti da una ITF generale
siano destinati all’assistenza a favore dello sviluppo, alle misure anticrisi e alla
promozione di uno sviluppo sostenibile;
25. rileva che le banche continuano a contare sulla garanzia implicita ma solida di un
salvataggio da parte del settore pubblico, anche dopo le operazioni di salvataggio e le
garanzie governative (pari a tremila miliardi di euro in Europa), senza che però siano
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tenute a contribuirvi finanziariamente; invita il Consiglio a concordare un meccanismo per
l’introduzione di prelievi sulle passività bancarie (esclusi i depositi); sottolinea che
modulando il tasso di prelievo in funzione della dimensione dei bilanci, i governi possono
aumentare l’imposizione sulle grandi banche, affrontando in tal modo il problema delle
banche diventate “troppo grandi per fallire”;
26. invita gli Stati membri ad aumentare le tasse sui premi delle banche e dei propri dirigenti,
sul reddito da capitale (dividendi, tassi di interesse), sulle plusvalenze, sulle grandi fortune
e l’eredità, utilizzando i relativi introiti per aumentare gli investimenti del settore
pubblico; segnala che in tal modo la dinamica della domanda potrà rafforzarsi e rientrare
nell’ambito di una strategia per uno sviluppo sostenibile a livello ambientale e sociale, con
la prospettiva di ridurre i disavanzi nel medio termine; fa presente che per contribuire al
risanamento di bilancio gli Stati membri dovrebbero prevedere tagli alla spesa militare e
alle sovvenzioni dannose per l’ambiente;
27. fa presente la necessità di mobilitare fondi addizionali per il nuovo piano europeo di
ripresa tramite tagli nel bilancio dell’UE per quanto riguarda ad esempio la spesa militare
e la difesa, l’energia nucleare e la fusione nucleare, i progetti dei fondi strutturali e i
progetti TEN dannosi all’ambiente; ritiene inoltre necessario istituire misure di sostegno al
bilancio per i paesi che versano in una crisi più grave, in particolare mediante
l’anticipazione di fondi comunitari senza esigere contropartite nazionali; invita la
Commissione e il Consiglio a prorogare il recente allentamento delle norme sugli aiuti di
Stato fintanto che perdurino la stagnazione e un’elevata disoccupazione;
28. ritiene che il settore finanziario debba operare in primo luogo nell'interesse pubblico,
accettare rendimenti più bassi e puntare sulla prevenzione dei rischi e su obiettivi a lungo
termine anziché su profitti a breve termine; ritiene che la socializzazione del settore
bancario e la costituzione di un polo finanziario pubblico (banche nazionalizzate, casse di
risparmio locali e regionali, banche cooperative) siano urgentemente necessarie per
orientare il credito verso investimenti utili dal punto di vista sociale ed ambientale, che
creino occupazione di qualità nel rispetto dei diritti dei lavoratori; ritiene che il processo
decisionale sulle politiche creditizie del settore finanziario debba essere sottoposto al
controllo pubblico democratico che include la partecipazione democratica dei lavoratori e
dei consumatori;
29. insiste sulla necessità di misure forti per frenare la speculazione dei mercati finanziari;
sottolinea che servono misure d’urgenza immediate per vietare le “vendite a nudo” e le
negoziazioni di credit default swaps e creare un’agenzia pubblica europea di rating;
segnala che i fondi speculativi e di private equity non dovrebbero poter operare nell’UE o
perlomeno essere soggetti a forti restrizioni, che i centri offshore andrebbero chiusi e
anche gli investimenti dei fondi pensionistici dovrebbero essere strettamente limitati ai
titoli di Stato europei, vietando qualsiasi investimento in fondi speculativi o di private
equity, valute, derivati e equity; invita la Commissione e il Consiglio ad accelerare una
più severa regolamentazione della supervisione del settore finanziario;
Altre osservazioni sugli obiettivi e i settori di intervento di Europa 2020
30. sostiene la proposta della presidenza spagnola di fissare un grande obiettivo relativo
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all’uguaglianza fra uomini e donne per la strategia UE 2020; insiste su un capitolo
specifico sulle pari opportunità nella strategia, che integri il principio dell’integrazione
della dimensione di genere; segnala che questo capitolo dovrebbe affrontare tutti gli
aspetti della strategia 2020 specificamente destinati a contribuire a una maggiore
uguaglianza fra uomini e donne, come ad esempio la revisione dei sistemi di protezione
sociale al fine di sopprimere i fattori di inegalità fra i sessi, il miglioramento delle
condizioni lavorative nei settori in cui operano le donne, la diminuzione del lavoroa tempo
parziale involontario, la parità fra i sessi nella formazione e nell’istruzione, ecc.;
31. chiede che si fissi l’obiettivo di ridurre il divario retributivo di genere allo 0,5% entro il
2020; chiede che si fissino anche obiettivi per la prestazione di servizi assistenziali
accessibili, abbordabili, flessibili e di qualità per tutti, in particolare l’accesso alle strutture
di custodia dei bambini, puntando a garantire il 70% dei servizi per la custodia dei
bambini di età compresa tra 0 e 3 anni e il 100% dei servizi per i 3 - 6 anni; insiste sulla
necessità di introdurre nell’arco temporale della strategia UE 2020, obiettivi specifici in
materia di assistenza ad altre persone dipendenti, inclusi gli anziani, sulla base di una
continua valutazione dei bisogni di assistenza effettivi e potenziali;
32. ritiene che il grande obiettivo della strategia UE 2020 concernente il tasso di occupazione
globale (75%) andrebbe fissato anche per il tasso di occupazione femminile ed ambedue i
tassi andrebbero calcolati sulla base degli equivalenti a tempo pieno; propone l’obiettivo
addizionale di dimezzare la disoccupazione entro il 2015;
33. chiede più ambiziosi obiettivi climatici ed energetici: la riduzione delle emissioni di CO2
del 40% per il 2020 e dell'80% per il 2050 rispetto al 1990 e l'aumento al 35% entro il
2020 della quota di energie rinnovabili nelle forniture elettriche; propone di fissare
specifici obiettivi per la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti, inclusi i settori
aereo e marittimo; chiede la fissazione di obiettivi aggiuntivi per la riduzione dell’uso
delle risorse e la prevenzione degli sprechi; insiste in questo contesto sull’esigenza di
lanciare una “strategia per salvare la biodiversità” al fine di ripristinare gli ecosistemi e il
“salvataggio degli ecosistemi” da inserire nelle politiche settoriali quali l’agricoltura, i
trasporti, l’energia e la pianificazione spaziale; chiede una profonda revisione della PAC
per promuovere la sovranità alimentare in ogni paese, riducendo le importazioni di genere
alimentari e dando la priorità alla produzione e al consumo locali quali strumenti per
affrontare il cambiamento climatico;
34. si rammarica che la Commissione consideri la conservazione dell’energia, delle risorse
naturali e delle materie prime interamente nel contesto della futura competitività della
nostra industria e delle nostre economie, lasciandole così ostaggio degli interessi
commerciali, che insisteranno che sono accettabili soltanto le misure che portino profitti
immediati; chiede una revisione del meccanismo di sviluppo pulito (CDM) e del sistema
di scambio di emissioni (TS), che di fatto pongono in serio pericolo l’obiettivo di ridurre
le emissioni di CO2 nell’UE e nel mondo;
35. sollecita il Consiglio ad accordarsi su un obiettivo principale per dimezzare la povertà
entro il 2015; si rammarica grandemente che la Commissione stia annacquando la propria
precedente proposta relativa all'iniziativa di una piattaforma europea per combattere la
povertà, che dovrebbe ora garantire che “i vantaggi della crescita e i posti di lavoro siano
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equamente distribuiti e che le persone vittime di povertà possano partecipare attivamente
alla società”; insiste che l’UE debba ancora mirare all’eradicazione della povertà e
dell’esclusione sociale, e non soltanto per consentire ai poveri di adeguarsi alla propria
situazione disperata migliorandone in qualche modo l’accesso ai servizi;
36. insiste sulle proprie richieste di un approccio mirato per combattere la povertà e
l’esclusione sociale, in particolare per un obiettivo globale volto a ridurre la povertà dei
minori del 50% entro il 2012, per mettere fine alla piaga dei senza tetto entro il 2015, per
giungere a un obiettivo UE nel settore dei salari minimi (regolamentari, accordi collettivi
ai livelli nazionale, regionale e settoriale) che forniscano una remunerazione pari ad
almeno il 60% del salario medio rispettivo (nazionale, settoriale, ecc.), per un obiettivo
UE concernente regimi di reddito minimo e di redditi di sostituzione basati sui contributi
che forniscano sostegno al reddito pari almeno al 60% del reddito medio nazionale
equalizzato, ad inclusione di un calendario per il raggiungimento di questi obiettivi da
parte di tutti gli Stati membri; sottolinea che occorre trattare a livello europeo e degli Stati
membri la mancanza di alloggi adeguati per sradicare la piaga dei senza tetto;
37. prende nota che il Consiglio di primavera ha deciso di affrontare le “strozzature” che
ostacolano la crescita nel quadro di EU 2020, anche mediante un ulteriore
approfondimento del mercato unico; prende atto che la Commissione per il 2012 ha in
programma una serie di iniziative fondamentali in questo contesto: critica vivamente il
fatto che la strategia del mercato interno della Commissione e del Consiglio intende
rafforzare l’agenda di liberalizzazione e privatizzazione; insiste su una accurate revisione
della strategia del mercato unico, il cui punto focale dovrebbero essere i cittadini e non la
grande impresa, instaurando una forte dimensione ambientale e sociale basata su obiettivi
specifici e misurabili che riflettano gli interessi dei lavoratori, dei consumatori e delle
PMI;
38. critica vivamente l’impegno della Commissione e del Consiglio di continuare con
l’agenda per una migliore regolamentazione, recentemente denominata “regolamentazione
intelligente” nel quadro di UE 2020, la quale è volta a limitare la capacità regolamentare
del settore pubblico; sottolinea che non soltanto i risultati disastrosi della crisi finanziaria
hanno messo in luce l’urgenza di un rafforzamento fondamentale della regolamentazione
pubblica; sottolinea l’esigenza di rafforzare le valutazioni obbligatorie di sostenibilità
sugli obiettivi ambientali, sociali, di genere e di uguaglianza e di valutare i costi
dell'azione e dell'inazione; sottolinea che gli Stati membri devono avere il diritto di
effettuare controlli sui prezzi per modificare i prezzi in ascesa dei beni di base;
39. prende atto della conclusione del Consiglio di primavera di creare una dimensione esterna
di UE 2020 al fine di promuovere i nostri interessi e posizioni sulla scena globale
mediante la partecipazione sui mercati equi ed aperti a livello mondiale; mette in guardia
da una più aggressiva politica commerciale dell'UE e ribadisce l'esigenza di una politica
commerciale che osservi i criteri sociali, ambientali e dei diritti umani al fine di giungere
all'eradicazione della povertà, alla sostenibilità allo sviluppo nonché a un commercio equo
e leale tra l'UE i paesi in via di sviluppo;
Governance economica UE, il meccanismo di stabilizzazione finanziaria europeo e la
discussione del Consiglio sulle modifiche del trattato
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40. critica la proposta della Task Force presieduta dal presidente del Consiglio europeo e del
Consiglio ECOFIN per una più rigida vigilanza fiscale e misure di riforma strutturale per
affrontare le evoluzioni della competitività e delle bilance dei pagamenti all’interno
dell’euro-zona;
41. prende atto della decisione del Consiglio ECOFIN di creare un meccanismo europeo di
stabilizzazione finanziaria con un volume totale di 500 miliardi di euro, in base
all’articolo 122, paragrafo 2 del trattato e dell’accordo intergovernativo degli Stati membri
e dell’eurozona al fine di fornire sostegno finanziario agli Stati membri in difficoltà; è
d’accordo che un meccanismo di stabilizzazione sia necessario per eliminare i rischi di un
effetto domino di eventuali bancarotte statali degli Stati membri della zona euro; è
fermamente contrario tuttavia al fatto che l’attivazione del meccanismo di stabilizzazione
e l’aiuto così concesso siano soggetti a condizioni radicali sulla base del recente sostegno
UE/FMI e che il FMI partecipi ai suoi accordi finanziari;
42. è fermamente contrario all’intenzione della Commissione e del Consiglio di creare un
quadro per politiche di consolidamento finanziario ancora più accelerate per gli Stati
membri, di chiedere, in particolare, notevoli misure aggiuntive di consolidamento entro il
2010 e il 2011 al Portogallo e alla Spagna, e di imporre norme e procedure di vigilanza
più rigide per gli Stati membri della zona euro e sanzioni più efficaci di quelle attualmente
previste dal Patto di stabilità e di crescita; ritiene che dette politiche porteranno soltanto ad
un aggravarsi deflazionistico della crisi e ad attuare politiche antisociali e procicliche nei
confronti degli Stati membri in difficoltà economica;
43. prende atto che il Consiglio ECOFIN ha sottolineato l’esigenza di progredire rapidamente
per quanto riguarda la regolamentazione e la vigilanza del mercato finanziario, in
particolare per quanto riguarda i mercati dei derivati e il ruolo delle agenzie di rating ed
anche per quanto riguarda un contributo sostanziale del settore finanziario al costo della
crisi; invita la Commissione e il Consiglio a presentare velocemente proposte efficaci a
tale riguardo;
44. si compiace del recente ripensamento delle politiche macroeconomiche da parte del FMI,
che sostiene l’abbandono di condizioni, relativamente a politiche di deregolamentazione,
privatizzazione, liberalizzazione e un’eccessiva restrizione fiscale, e propone di consentire
i controlli dei movimenti di capitali e inoltre un obiettivo del 4% dell’inflazione;
suggerisce che l’UE avvii un processo simile di ripensamento del proprio mix di politica
macroeconomica e di governance economica;
45. ritiene che qualsiasi discussione utile per modificare il trattato UE alla luce della crisi
deve concentrarsi innanzitutto sull’abbandono dell’architettura monetaristica a cui si
ispira: abolire i criteri non più funzionali di Maastricht su cui poggia l’Unione monetaria
europea, fissare criteri per una reale convergenza e meccanismi di sostegno agli Stati
membri perché possano raggiungerla, revocare il Patto di stabilità e di crescita
sostituendolo con un patto di occupazione e sviluppo sostenibile, rimodellare lo statuto
della Banca centrale europea in modo da renderla democraticamente responsabile
abbandonando la sua assoluta indipendenza, ridefinirne la missione in modo che si possa
sostenere uno sviluppo economico equilibrato sostenibile, la piena occupazione, la
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stabilità finanziaria e la stabilità dei prezzi e dei tassi di cambio, per citare solo alcune
delle più importanti modifiche del trattato da considerare;
46. insiste, tenendo presente la discussione sul mercato unico, sull’introduzione di una
clausola di progresso sociale nel diritto primario dell’UE, che stipuli che i diritti
fondamentali in genere e il diritto di sciopero e di azione industriale, di contrattazione
collettiva, ecc. hanno sempre il primato sulle libertà fondamentali del mercato interno;
47. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla
Commissione e ai parlamenti nazionali.
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