Rassegna Stampa dal 4 aprile 2005 al 10 aprile 2005 Gruppo Finanza Locale Da “Italia Oggi” del 5 aprile 2005 Il Miur ha ripartito fra le regioni 29,2 milioni. Pagamenti Tarsu, al via gli acconti In arrivo le risorse che consentiranno alle scuole di far fronte ai pagamenti della Tarsu, la tassa sui rifiuti solidi urbani. Ma la somma, che ammonta a 29,2 milioni di euro, permetterà di coprire solo in minima parte gli arretrati che ancora gravano pesantemente sulle spalle degli istituti. La spinosa questione della Tarsu delle scuole, in ogni caso, sembra essere arrivata a un punto di svolta. A dirlo è un decreto del ministero dell'economia, approvato in attuazione la legge finanziaria per il 2005. Dopo le riunioni della conferenza stato-città e autonomie locali per cercare di trovare un accordo su una somma forfetaria annua da destinare alle amministrazioni locali comunali, è appunto intervenuto il provvedimento del ministero guidato da Domenico Siniscalco (datato 31 dicembre 2004) per cercare di risolvere la questione. In particolare il decreto di via XX Settembre, relativo alle unità previsionali di bilancio per l'anno 2005, apporta alle voci di bilancio risorse utili per le tasse sui rifiuti. Certo non molte e non adatte a soddisfare l'arretrato accumulato negli anni, ma comunque un segnale che va nella direzione opposta. Saranno dunque oltre 29,2 milioni di euro ( 29,1 milioni di euro di cassa) i soldi ripartiti secondo una media ponderata tra il numero delle sedi scolastiche e quello degli alunni presenti sul territorio, distinti naturalmente per ordine e grado di istruzione, come chiarisce un decreto del ministero dell'istruzione del 31 marzo scorso. A beneficiarne sarà soprattutto la Campania che assorbirà in pratica il 15,16% delle risorse, circa 4,4 milioni di euro. Un altro 15,11% del totale andrà a finire nelle casse della regione Lombardia, poco più di 4,4 milioni di euro, mentre l'ultima regione a beneficiare delle nuove risorse (per dimensioni e popolazione) sarà invece il Molise. A quest'ultima finirà solo lo 0,73% delle risorse pari a 214 mila euro. Usufruiranno invece di una somma tra i 2,1 e 2,9 milioni di euro Piemonte, Veneto, Puglia e Lazio. Le nuove risorse saranno disponibili solo dopo la registrazione presso la Corte dei conti del provvedimento di variazione di bilancio, che sarà comunque predisposto dal dicastero di via XX Settembre. Da “Italia Oggi” del 5 aprile 2005 La Cassazione sull'individuazione dei fabbricati rurali. Esenzione Ici estesa Il deposito di attrezzi senza imposta Più favorevoli dopo il '98 le norme sull'esenzione Ici. L'imposta non è dovuta per gli immobili in cui vengono custoditi attrezzi agricoli dal momento che, con le nuove norme, va loro riconosciuta la ruralità anche in assenza delle altre condizioni richieste dalla precedente disciplina. Con una sentenza quanto mai esplicativa, la 6884 dell'1/4/2005, la Suprema corte ha fatto il punto sui criteri per l'individuazione dei fabbricati rurali ai fini fiscali. Si trattava di stabilire se le norme contenute nell'art. 2 del dpr 139/98, modificativo dell'art. 9 del dl Rassegna Stampa dal 4 aprile 2005 al 10 aprile 2005 Gruppo Finanza Locale 557/93 (Istituzione del catasto dei fabbricati), avessero, in qualche modo, derogato alla severità delle previgenti disposizioni. Secondo i giudici del Palazzaccio ciò è avvenuto, tanto che, si legge nelle motivazioni, ´il dpr 139/8 è stato emanato proprio al fine di rimediare alla rigidità del dl 557/1993'. In altre parole, in esecuzione alla legge delega ´l'art. 2 del dpr 139 ha modificato l'art. 9 e, distinguendo a seconda che i fabbricati venissero utilizzati o meno come abitazioni, ha stabilito che la previgente normativa continuava a essere applicabile solo per i primi, dato che per i secondi doveva riconoscersi carattere rurale a tutte le costruzioni strumentali alle attività agricole ovvero destinate all'agriturismo o alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli oppure alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione'. Solo per gli immobili usati come abitazione devono coesistere, ai fini della ruralità e quindi dell'esenzione, le tre caratteristiche richieste dalle vecchie regole. E cioè l'asservimento dell'immobile a un fondo, la riconducibilità di entrambe a un unico soggetto, avente, peraltro, un certo tipo di reddito. Nell'enunciare tali principi, inoltre, i giudici della V sezione hanno precisato che´il dpr 139/98 ha implicitamente ma inequivocabilmente chiarito che per gli altri fabbricati (non a uso abitativo) rileva soltanto la loro destinazione a una delle finalità sopra indicate'. E così, tracciando un quadro delle leggi succedutesi nel tempo, il collegio ha respinto il ricorso di un comune che non voleva restituire l'Ici corrisposta da una cooperativa per l'anno 1999 in relazione a un immobile usato per custodire dei macchinari usati dai soci per lo sfruttamento dei rispettivi terreni. ´Sulla base della legge delega', aveva detto l'ente locale, ´il dpr 139/98 non avrebbe potuto innovare in alcun modo alla normativa previgente'. Da “Italia Oggi” del 5 aprile 2005 Il Tar della Campania frena il potere impositivo dei comuni. La Tarsu è circoscritta a locali e aree. Le barche non pagano la tassa rifiuti - Illegittime le delibere degli enti locali Sono illegittime le deliberazioni con le quali il comune impone il pagamento della tassa rifiuti anche alle barche. È questo l'importantissimo principio stabilito dalla prima sezione del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli nella sentenza n. 828 del 15 dicembre 2004, depositata il 7 febbraio 2005, con la quale è stato aggiunto un ulteriore tassello alla potestà regolamentare degli enti locali. La controversia ha avuto origine dall'approvazione di due distinte deliberazioni del 16 ottobre 1995 da parte del comune di Capri con le quali l'ente ha apportato modificazioni al regolamento che disciplina la tassa sui rifiuti solidi urbani. Con la prima includeva tra l'oggetto della tassazione ´la darsena ed aree portuali compresa la superficie dei posti barca' e stabiliva che ´sono tassabili anche le superfici delle imbarcazioni da diporto e dei natanti alla fonda nelle acque marine prospicienti il litorale'. Con un seconda deliberazione, nella stessa data, veniva ulteriormente integrato il regolamento comunale così da prevedere che: ´Il servizio di raccolta e smaltimento è altresì garantito per i rifiuti solidi urbani prodotti dalle imbarcazioni ancorate e in sosta nelle acque prospicienti le Rassegna Stampa dal 4 aprile 2005 al 10 aprile 2005 Gruppo Finanza Locale spiagge e le coste di Capri. È istituita pertanto la tassa giornaliera di raccolta e smaltimento dei Rsu prodotti dalle imbarcazioni da diporto e natanti in rada'. Tali deliberazioni, secondo l'Avvocatura distrettuale dello stato di Napoli, dovevano ritenersi viziate da illegittimità in quanto, poiché introducevano un nuovo presupposto impositivo in materia di Tarsu che non è previsto dalle norme che disciplinano il tributo, concretizzavano un'evidente violazione sia dell'art. 23 della Costituzione e sia l'art. 52 del dlgs 15 dicembre 1997, n. 446. Infatti, in base all'art. 23 della Costituzione, nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. La legge cui nel caso specifico occorre far riferimento è il dlgs 15 novembre 1993, n. 507, che all'art. 62 stabilisce in maniera assi chiara che ´La tassa è dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti...'. È evidente, quindi, che il campo di applicazione del tributo comunale deve essere limitato ai locali e alle aree, tra i quali non possono esser certo fatte rientrare le ´imbarcazioni da diporto e natanti in rada'. In tal modo, quindi, l'ente locale ha illegittimamente ampliato l'area di applicazione delle Tarsu aggiungendo un nuovo presupposto a quelli stabiliti dalla norma primaria. Il problema è che con una norma regolamentare non si può in alcun modo incidere sugli elementi caratterizzanti della fattispecie tributaria, proprio perché l'art. 23 della Costituzione stabilisce una riserva a favore della legge. Tale costrutto è del resto ben evidenziato in un'ulteriore disposizione legislativa che è stata anch'essa illegittimamente violata, e cioè l'art. 52 del dlgs n. 446 del 1997 che, nel riconoscere ampia potestà regolamentare ai comuni ed alle province, stabilisce quali espressi limiti all'esercizio di tale potere l'´individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi' che proprio in osservanza del precetto costituzionale devono essere riservati alla legge statale. Vi è un'ulteriore argomentazione a favore della tesi sostenuta dai giudici campani, anche se non è stata in alcun modo affrontata nella sentenza in esame e cioè che la stessa Corte Costituzionale nelle numerose sentenze che hanno segnato le linee di demarcazione tra i rapporti tra Stato, regioni ed enti locali in materia tributaria a seguito delle modifiche del titolo V della Costituzione (tra le tante si ricorda la n. 37 del 20 gennaio 2004), ha affermato in modo assai deciso che è solo la legge statale che può intervenire direttamente a modificare gli elementi essenziali delle fattispecie tributarie, in quanto i tributi esistenti nel nostro ordinamento anche se denominati ´comunali', ´provinciali' o ´regionali', non possono considerarsi tributi propri nell'accezione voluta dell'attuale art. 119 della Costituzione, e pertanto è solo la legge statale che può modificarne i presupposti, la soggettività passiva e l'aliquota o le tariffe massime. La sentenza del Tar Campania è destinata, quindi, a porre un freno decisivo alle forme di imposizione che in modo più o meno strisciante, e grazie forse a un insensato passa parola tra gli enti locali interessati, si stanno diffondendo nel nostro paese. Si auspica quindi di non dover più assistere nelle isole del mediterraneo all'incredibile scena delle imbarcazioni Rassegna Stampa dal 4 aprile 2005 al 10 aprile 2005 Gruppo Finanza Locale raggiunte da natanti con addetti comunali destinati a raccogliere non certo rifiuti ma un'illegittima tassa relativa al loro smaltimento Da “Italia Oggi” del 6 aprile 2005 Sentenza della Corte di cassazione: gli effetti della dichiarazione si dispiegano per gli anni a venire. Tasse locali, vale la prima denuncia Il comune può applicare la sanzione anche senza variazione Tributi locali, conta la prima dichiarazione fatta dal contribuente. Infatti, per gli anni a venire, il comune può applicare la sanzione anche se, ´nell'anno incriminato', il contribuente non ne ha denunciato alcuna variazione. Questo uno dei principi affermati dalla Corte di cassazione con la sentenza 6859 del 1° aprile 2005. In altre parole la denuncia originaria spiega i suoi effetti anche per gli anni successivi qualora il contribuente non abbia presentato la nuova dichiarazione. Così stabilendo, i giudici della quinta sezione hanno dato ragione a un comune che aveva applicato una sanzione, per infedele dichiarazione della Tarsu, a un'industria locale. La commissione tributaria regionale, aveva detto l'ente, ha sbagliato a ritenere non applicabili le sanzioni ´agli ulteriori anni di imposta rispetto ai quali la denuncia originaria spiegava la sua efficacia'. Accogliendo questo e gli altri motivi del ricorso il Collegio ha precisato che ´le disposizioni contenute nel dlgs 507/1993 prevedono una procedura semplificata che consente al contribuente di limitarsi a denunciare le sole variazioni intervenute successivamente alla presentazione della dichiarazione originaria senza dover rinnovare la propria dichiarazione anno per anno'. La scelta di non presentare, per un'annualità d'imposta successiva alla prima, una denuncia di variazione ha il significato di un vero e proprio rinnovo della prima. Non solo. ´Questo meccanismo non esclude che l'infedeltà della dichiarazione sia accertata in un anno successivo al primo, con conseguente applicazione della sanzione comminata a norma dell'articolo 76 del dlgs 507'. In questa ipotesi si tratterà semplicemente di verificare se si è di fronte a una infedeltà della dichiarazione o a una omessa denuncia di variazione. Poi, se risulta che la violazione sanzionata non è la sola, deve applicarsi il principio secondo cui ´alle violazioni delle norme in materia di tributi locali si applica la disciplina generale sulle sanzioni amministrative per la violazione delle norme tributarie, compresa la disciplina transitoria concernente i procedimenti in corso'. Fondati anche gli altri motivi del ricorso. Infatti secondo il Collegio l'unico rimedio per impedire l'emissione di pronunce contrastanti relative a diversi anni di imposta è la preventiva riunione dei giudizi. Da “Italia Oggi” del 8 aprile 2005 Risoluzione dell'ufficio federalismo fiscale del Mef spiega gli aspetti controversi delle privatizzazioni. Rassegna Stampa dal 4 aprile 2005 al 10 aprile 2005 Gruppo Finanza Locale Cartolarizzazioni, l'Ici resta com'è Trasferire immobili alle Scip non cambia il regime dell'imposta Gli immobili trasferiti alle Società per la cartolarizzazione dei beni immobili pubblici (Scip srl) e i fondi comuni d'investimento immobiliare godono ai fini dell'Imposta comunale sugli immobili (Ici) dello stesso trattamento che avevano prima del loro trasferimento. Se, quindi, gli immobili erano esenti, detta esenzione opera anche se il loro possesso passa alle Scip srl e ai fondi immobiliari. Questo è l'importante principio che si ricava dalla risoluzione n. 1/Dpf del 7 aprile 2005, dell'ufficio federalismo fiscale del dipartimento per le politiche fiscali del ministero dell'economia e delle finanze, chiamato a risolvere una questione interpretativa che nasce dalla lettura delle norme del dl 25 settembre 2001, n. 351, convertito dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, che ha dettato ´Disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico'. Si ricorderà, infatti, che questo provvedimento ha dato origine a un doppio binario di trasferimenti di immobili con lo specifico fine di riordinare, gestire e valorizzare il patrimonio immobiliare dello stato. Il primo binario percorso dal legislatore è stato quello di costituire a norma dell'art. 2 del dl n. 351 del 2001 la Società per la cartolarizzazione dei beni immobili pubblici con lo scopo di realizzare una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello stato e di altri enti pubblici. La norma appena richiamata prevede espressamente che ai fini Ici devono considerarsi soggetti passivi del tributo i gestori di detti beni per tutta la durata della gestione ´nei limiti in cui l'imposta era dovuta prima del trasferimento'. È proprio detto inciso che è stato determinante per la soluzione del problema interpretativo, in quanto se è vero che la Scip srl deve essere considerata come soggetto passivo dell'Ici sin dal momento in cui viene immessa nel possesso dei beni immobili che sono stati oggetto del trasferimento e si attiva dunque a curarne la gestione, è anche vero che per espressa disposizione di legge detti immobili devono conservare lo stesso trattamento tributario che avevano prima del trasferimento. Nel caso in cui gli immobili in questione prima del trasferimento alla Scip srl erano posseduti dallo stato, dalle regioni, dalle province, o dai comuni, ed erano destinati esclusivamente ai compiti istituzionali, erano esenti dall'Ici a norma dell'art. 7, comma 1, lettera a), del dlgs 30 dicembre 1992, n. 504. Ebbene a seguito del trasferimento alla Scip srl questi immobili possono ancora godere dell'esenzione dall'Ici fino a quando non saranno rivenduti e, purché, si legge nella risoluzione in commento, ´gli immobili oggetto dell'esenzione permangano nell'uso pubblico ovvero nella destinazione urbanistica finalizzata all'erogazione dei servizi pubblici', vale a dire vengano rispettate tutte le condizioni richieste dalla normativa vigente per il riconoscimento del beneficio fiscale. In sostanza il passaggio dell'immobile dallo stato alla Scip srl finisce per essere un'operazione neutra, in quanto quest'ultima svolge la funzione di società-veicolo dell'operazione di dismissione del patrimonio immobiliare dello stato. Il secondo binario percorso dal legislatore è stato quello di disporre la costituzione di uno o più fondi comuni d'investimento immobiliare, nei quali vengono conferiti o trasferiti Rassegna Stampa dal 4 aprile 2005 al 10 aprile 2005 Gruppo Finanza Locale beni immobili a uso diverso da quello residenziale, di proprietà dello stato, dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di stato e di altri enti pubblici non territoriali. Detti fondi sono individuati nell'art. 4 del citato dl n. 351 del 2001 e si distinguono in: a) fondi comuni d'investimento immobiliare, istituiti ai sensi dell'art. 37 del dlgs 24 febbraio 1998, n. 58; b) fondi comuni d'investimento immobiliare, istituiti ai sensi dell'art. 14/bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86. I successivi articoli del dl n. 351 del 2001 prevedono specifiche disposizioni sul regime fiscale di detti fondi ai fini dell'Irap, dell'Iva, delle imposte sui redditi ecc., ma nulla dicono in ordine all'Ici, per cui si poneva il problema di come dovessero essere trattati detti immobili dai comuni interessati. La risoluzione in esame risolve la questione facendo riferimento al comma 2 dell'art. 4 del dl n. 351 del 2001, e cioè a una norma di carattere generale che effettua un automatico rinvio alle disposizioni contenute nei precedenti articoli da 1 a 3, sempre che non si creino oggettive incompatibilità applicative. Identica, quindi, appare essere la soluzione ai fini Ici sia per quanto attiene agli immobili trasferiti alla Scip srl e sia per quelli trasferiti ai fondi d'investimento immobiliare prima evidenziati. Detta conclusione si può dire che sia anche dettata dal buon senso, visto che entrambi detti organismi sono stati istituiti per assolvere alla stessa funzione. Da “Italia Oggi” del 9 aprile 2005 Richieste anci. Dl enti locali Comuni insoddisfatti Comuni in pressing per modificare i decreti legge su competitività ed enti locali recentemente varati dal governo. L'Anci ha inviato alle competenti commissioni del senato le proprie proposte di emendamento ai due provvedimenti. Per quanto riguarda il decreto competitività (decreto legge 35/2005), l'Anci ha chiesto alla commissione bilancio di palazzo Madama di non cancellare il comma 540 della Finanziaria 2005 sulla rideterminazione della rendita catastale di opifici e immobili adibiti ad attività industriali. L'Associazione dei comuni, inoltre, chiede il riconoscimento della Conferenza unificata quale sede in cui decidere sugli interventi infrastrutturali strategici e urgenti. Sul Mezzogiorno la proposta di emendamento predisposta dall'Anci individua, invece, particolari forme di consultazione dei comuni e delle associazioni rappresentative a livello nazionale. Ma anche il decreto legge contenente misure urgenti sugli enti locali (dl 31 marzo 2005 n.44, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.75 del 1° aprile 2005), che ha prorogato al 31 maggio il termine per l'approvazione dei bilanci preventivi di comuni e province, non soddisfa l'associazione presieduta da Leonardo Domenici. Rassegna Stampa dal 4 aprile 2005 al 10 aprile 2005 Gruppo Finanza Locale Innanzitutto, l'Anci chiede alla Commissione affari costituzionali del senato, dove il provvedimento è in discussione, la dilazione in dieci anni (anziché in cinque come previsto dal decreto) delle somme erroneamente attribuite ai comuni come conguaglio dell'addizionale sui consumi di energia elettrica. Ma è sul Patto di stabilità che si concentrano le critiche più ferrate da parte dei comuni. L'Anci rilancia infatti la richiesta di esclusione dal Patto di tutti gli enti fino a 5 mila abitanti, nonché delle unioni di comuni. L'inserimento all'interno del decreto legge di una norma di favore per i piccoli comuni sembrava, infatti, cosa certa, ma poi è stata improvvisamente espunta dal testo definitivo del decreto legge. Inoltre l'associazione dei comuni chiede che tutti gli enti locali siano esonerati dall'obbligo, previsto dal Testo unico sul pubblico impiego, di attivare prioritariamente procedure di mobilità immettendo in ruolo dipendenti provenienti da altre amministrazioni. Fra le richieste dell'Anci, infine, l'incremento delle risorse destinate alle unioni di comuni, il ripristino (ai livelli del 2004) del Fondo nazionale ordinario investimenti, l'alleggerimento dei limiti alla capacità di indebitamento degli enti locali e l'abolizione dei vincoli sull'utilizzo dei proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione.