È ora di rafforzare le strategie a favore della crescita e dello sviluppo sostenibile Dichiarazione di Guy Ryder, Direttore Generale dell’ILO, al Comitato monetario e finanziario internazionale. Sintesi L’inazione di fronte alla persistenza di una crescita debole pone a rischio la stabilità economica, sociale e politica. Nel 2015, la crescita dell’economia mondiale è deludente e le prospettive per il 2016 non sembrano migliori. In molti paesi, la bassa crescita dell’occupazione, la stagnazione dei salari e l’aumento delle disuguaglianze deprimono i consumi e scoraggiano gli investimenti. Di questo passo, il deficit di 60 milioni di posti di lavoro causato dalla crisi arriverà a 80 milioni nel 2019. La debolezza dei mercati del lavoro impedisce la crescita generale, che a sua volta rende incerto il contesto economico e provoca un ulteriore rallentamento dell’occupazione e della crescita dei salari. Diverse ricerche dell’FMI, dell’OCSE e dell’ILO dimostrano che l’aumento delle disuguaglianze, la riduzione della quota del reddito da lavoro e la crescita sempre più volatile sono interconnesse. Per non scivolare verso la trappola di una crescita globale lenta, occorre mobilitare l’intero arco delle politiche; in particolare, è urgente concertarsi per intervenire sul deficit di domanda globale. La principale componente della domanda è il consumo delle famiglie: pertanto, al centro dell’attenzione, ci devono essere i salari, le tasse e le prestazioni sociali. Il 2015 è l’anno in cui un’azione concertata sulle scelte politiche per ridurre le disuguaglianze e accelerare la creazione di lavoro e la crescita dovrebbe essere in grado di allontanare a lungo dall’economia mondiale i rischi legati a una bassa crescita illustrati dal Direttore Generale dell’FMI Christine Lagarde. Un nuovo quadro per la crescita inclusiva attraverso l’occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso costituisce un elemento chiave dell’azione globale post-2015 per eradicare l’estrema povertà e ridurre le disuguaglianze, e permette anche di rimediare ai danni ambientali. Oltre al riequilibro delle politiche fiscali e monetarie volto a ravvivare la crescita, Sintesi per creare un contesto favorevole alla crescita e alle imprese sostenibili, sono anche necessari investimenti in infrastrutture, sviluppo delle qualifiche, incentivi alla ricerca e all’innovazione e disponibilità di credito per gli investimenti nell’economia reale. Se nel 2015, un numero significativo di grandi paesi, specie le economie più importanti, decideranno di stimolare la domanda aggregata attraverso l’aumento dei salari e una migliore protezione sociale, allora si osserverà una riattivazione degli investimenti, una riduzione dei risparmi precauzionali, un rafforzamento della ripresa ancora fragile, un allentamento della pressione fiscale e una riduzione del rischio di deflazione. Gli effetti positivi di un aumento del potere d’acquisto dei consumatori si farebbero sentire in tutto il mondo e verrebbero amplificati attraverso scambi internazionali più intensi. La debolezza della crescita mondiale minaccia di consolidarsi 1. Nel 2015, la crescita dell’economia mondiale rischia di rivelarsi deludente, e i buoni risultati di alcune grandi economie verranno controbilanciati dall’indebolimento di altre economie. Le prospettive per il 2016 non sono migliori. L’instabilità finanziaria e le ampie variazioni dei tassi di cambio sono fonte di grande incertezza. Nonostante siano bassi i tassi di interesse e ci sia ampia disponibilità di liquidità, gli investimenti privati nell’economia reale non sono all’altezza di queste condizioni di finanziamento favorevoli né dell’importante riserva di liquidità delle principali imprese. In molti paesi, gli investimenti pubblici rimangono prudenti, nonostante sia pressante il bisogno di infrastrutture. In molti paesi, sono diminuiti gli investimenti in rapporto al reddito nazionale; nelle economie avanzate, gli investimenti, che superavano il 25 per cento del PIL negli anni 1990, rimangono ormai inferiori al 20 per cento del PIL. 2. A partire dal 2010, le previsioni di ripresa del FMI si sono sempre rivelate troppo ottimistiche, con il risultato che non si sono potuti realizzare i principali orientamenti politici. Gli effetti della quasi implosione del sistema finanziario mondiale nel 2008 non sono finora superati e persistono gli importanti squilibri che hanno contribuito a tale situazione. Rimangono alte le disuguaglianze di reddito e, in molti paesi, è diminuita la quota del reddito da lavoro (vedere: Global Wage Report 2014-15 ). Dopo anni di stagnazione dei salari reali, le famiglie, preoccupate per la sicurezza del posto del lavoro, e, in alcuni paesi, pesantemente indebitate, esitano a spendere. Fanno eccezione i gruppi con reddito molto alto che hanno beneficiato in modo sproporzionato della debole ripresa. I beni di lusso sono uno dei rari settori nei quali la domanda rimane molto alta. 3. Nel 2014, a livello mondiale, mancavano oltre 61 milioni di posti di lavoro rispetto a quelli ipotizzati secondo le previsioni anteriori alla crisi. Questa mancanza di posti di lavoro è la conseguenza dell’aumento dei tassi di disoccupazione e della diminuzione dei tassi di attività: infatti, molte persone sono uscite dal mercato del lavoro. Dal 1991 al 2007, l’occupazione mondiale è aumentata mediamente dell’1,7 per cento ogni anno; tra il 2007 e il 2014, è diminuito dell’1,2 per cento ogni anno. Di questo passo, il deficit di posti di lavoro arriverà a 80 milioni nel 2019 (vedere: World Employment and Social Outlook: Trends 2015 ). 4. Desta forte preoccupazione la prospettiva che giovane donne e uomini sempre più numerosi non potranno trovare un lavoro atto a valorizzare le loro capacità e a proteggerli dal rischio della disoccupazione e della povertà. L’inazione di fronte alla persistenza di una crescita debole pone a rischio la stabilità economica, sociale e politica. L’aumento delle disuguaglianze, la diminuzione della quota del reddito da lavoro e la volatilità della crescita sono interconnesse 5. La debolezza dei mercati del lavoro impedisce la crescita generale, che a sua volta provoca il rallentamento dell’occupazione e della crescita dei salari. A causa della crisi, la crescita del salario reale medio è diminuita tra l’1 e il 2 per cento. Questa debole crescita è attribuibile quasi esclusivamente alle economie emergenti, in particolare la Cina, mentre, nelle economie avanzate, a partire dal 2008, la crescita è rimasta vicina allo zero e è anche diminuita in alcuni paesi. Inoltre, in molti paesi, la produttività è aumentata più velocemente dei salari durante un periodo prolungato, provocando un forte cambiamento nell’equilibrio tra la quota da lavoro e quella da capitale nel reddito nazionale. Un tale cambiamento strutturale in diverse economie importanti ha aumentato le disuguaglianze nella ripartizione dei redditi. 6. Le disuguaglianze nel reddito da salario sono aumentate in diversi paesi, a causa dell’aumento dei salari della fascia dei redditi più alti mentre stagnavano quelli dell’ampia fascia dei redditi medi e bassi. I redditi da capitale sono ripartiti in modo più disuguale e sono aumentati in rapporto al reddito totale. Diverse ricerche dell’FMI, dell’OCSE e dell’ILO dimostrano che l’aumento delle disuguaglianze, la riduzione della quota del reddito da lavoro e la crescita sempre più volatile sono interconnesse. È urgente concertarsi per intervenire sul deficit della domanda globale 7. Per non scivolare verso la trappola di una crescita globale lenta, occorre mobilitare l’intero arco delle politiche; in particolare, è urgente concertarsi per intervenire sul deficit di domanda globale. La principale componente della domanda è il consumo delle famiglie: pertanto, al centro dell’attenzione, ci devono essere i salari, le tasse e le prestazioni sociali. Ciò creerà a sua volta opportunità per gli investimenti e riattiverà i canali che dovrebbero collegare il settore finanziario con l’economia reale. Un ritorno a una crescita globale meglio ripartita e più rapida dovrebbe anche essere benefico per i bilanci pubblici attraverso l’aumento delle entrate fiscali e la diminuzione del rapporto debito/PIL. 8. Ovviamente, occorrerà adattare le risposte politiche in funzione delle caratteristiche di ogni paese. Tuttavia, senza una forte azione coordinata, soprattutto da parte delle più grandi economie avanzate e emergenti, alcuni paesi potrebbero tornare a politiche di concorrenza tra salari e prezzi che andrebbero a minare ulteriormente la domanda globale e la crescita. Fare troppo affidamento alle esportazioni per rilanciare la crescita interna può condurre a praticare una politica dell’«ognuno per sé»; ed è giustamente per contrastare questo tipo di politica che è stato creato dopo il 1945 il sistema delle istituzioni internazionali. 9. Infatti, nonostante le differenze che caratterizzano le principali economie, è importante che gli orientamenti politici siano in linea con l’obiettivo più urgente, quello di aumentare la domanda globale aggregata. Accelerare la creazione di posti di lavoro, ridurre le disuguaglianze di reddito e consentire nuovi sforzi per eradicare l’estrema povertà, ecco le priorità politiche per tutto il mondo. Il 2015 è l’anno in cui un’azione concertata sulle scelte politiche per ridurre le disuguaglianze e accelerare la creazione di lavoro e la crescita dovrebbe essere in grado di allontanare a lungo dall’economia mondiale i rischi legati a una bassa crescita illustrati dal Direttore Generale dell’FMI Christine Lagarde. IL 2015 deve segnare l’avvio di una azione globale rafforzata a favore dello sviluppo sostenibile. 10. Il sistema multilaterale dedica notevoli sforzi a stabilire una agenda post-2015 per lo sviluppo sostenibile all’orizzonte 2030. Gli obiettivi di sviluppo che vengono precisati sono ambiziosi, ma la loro mancata realizzazione avrebbe gravi conseguenze per i popoli delle Nazioni Unite e per tutto il pianeta. Un nuovo quadro per la crescita inclusiva attraverso l’occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso costituisce un elemento chiave dell’azione globale per eradicare l’estrema povertà e ridurre le disuguaglianze, e permette anche di rimediare ai danni ambientali causati dagli attuali modelli di crescita. 11. La marcia verso il 2030 inizia ora. Se non si riesce a scongiurare il rischio di un lungo periodo di bassa crescita attraverso strategie globali ambiziose a favore di una crescita inclusiva, forte, equilibrata e sostenibile, diventerà ancora più difficile rispondere alle sfide in agenda fino al 2030. 12. La popolazione attiva mondiale aumenta ogni anno di circa 40 milioni, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, specie in Asia del Sud e in Africa subsahariana. Il tasso annuo diminuirà leggermente durante i prossimi 15 anni. La maggior parte di queste donne e uomini giovani potranno solo trovare lavoro nell’economia informale, senza probabilmente disporre di alcuna prestazione sociale né essere protetti da alcuna legislazione del lavoro. Anche se la maggior parte dei giovani hanno frequentato la scuola per più anni che i loro genitori, non avranno necessariamente le qualifiche necessarie per trovare un lavoro che permetta loro di allontanare la minaccia della povertà. Esiste quindi per loro il rischio di raggiungere i 780 milioni di donne e di uomini che, nonostante lunghe ore di duro lavoro, non riescono, insieme alle loro famiglie, a superare la soglia di povertà di 2 dollari al giorno. 13. Per conseguire l’uguaglianza di genere entro il 2030, è fondamentale che ci siano più donne occupate e che vengano eliminate le discriminazioni sul lavoro. Ridurre del 25 per cento il divario della partecipazione delle donne all’occupazione entro il 2030 richiederebbe la creazione di oltre 200 milioni di nuovi posti di lavoro. 14. Insieme alla necessità di colmare il deficit globale di posti di lavoro causato dalla crisi finanziaria, questa evoluzione rende necessaria la creazione di circa 800 milioni di posti di lavoro dignitosi entro il 2030, come pure di trasformare in occupazione produttiva, capace di procurare un reddito almeno superiore al livello di sussistenza di una famiglia, i 780 milioni di posti di lavoro che rimangono attualmente al disotto della soglia di povertà. La stragrande maggioranza dei posti di lavoro andranno creati nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa e in Asia del Sud. 15. L’aumento dei redditi da lavoro può essere una importante fonte di finanziamento per lo sviluppo della capacità produttiva che, a sua volta, potrà generare i necessari posti di lavoro dignitosi. L’aumento dei redditi permette alle famiglie di investire nell’istruzione e nelle qualifiche dei propri figli, ma permette anche di ampliare i risparmi necessari a finanziare gli investimenti, di allargare la base imponibile (necessaria, in particolare, per finanziare i sistemi di protezione sociale di base capaci di ridurre la povertà) e di generare la domanda di consumo necessaria per rilanciare il settore privato, specie le piccole e micro imprese. 16. Una migliore copertura della protezione sociale è un fattore importante per affrontare la povertà persistente, l’insicurezza economica, i livelli crescenti di disuguaglianza e l’insufficienza degli investimenti in capacità umane. Una tale copertura può anche rafforzare la domanda aggregata. Si sono registrati progressi significativi nell’estensione della copertura della protezione sociale e nel miglioramento del suo livello in diverse economie emergenti (vedere: World Social Protection Report 2014/15 ). È ora di rafforzare le strategie a favore della crescita e dello sviluppo sostenibile 17. Il sistema multilaterale nel quale l’FMI svolge un ruolo fondamentale è stato costruito per evitare la bassa crescita e l’instabilità economica, attraverso «la promozione e il mantenimento di alti livelli di occupazione e di reddito reale e lo sviluppo delle risorse produttive di tutti i membri in quanto obiettivo primario delle politiche economiche» (vedere Statuto dell’FMI, articolo 1 (ii)). Oltre al riequilibro delle politiche fiscali e monetarie volto a ravvivare la crescita, occorre anche affrontare urgentemente le debolezze strutturali del mercato del lavoro che hanno depresso la domanda, ridotto i consumi e portato a un eccesso di risparmio rispetto agli investimenti. Le seguenti azioni dovrebbero sia ridurre le disuguaglianze che stimolare la creazione di posti di lavoro e la crescita; se adottate da numerosi paesi, queste azioni potrebbero costituire una agenda per una crescita forte, inclusiva, equilibrata e sostenibile: Aumentare il salario minimo (così si affronta la povertà da lavoro e si incrementa anche la capacità finanziaria delle famiglie più propense al consumo) Affrontare le discriminazioni di genere nell’occupazione, aumentare il numero delle donne occupate (e per quello: ridurre il differenziale salariale, migliorare l’accessibilità e la qualità dei servizi per i bambini e gli anziani, migliorare il congedo parentale) Affrontare le debolezze nel potere contrattuale dei lavoratori attraverso il rafforzamento dei sistemi di contrattazione collettiva (ciò permetterebbe di controbilanciare la stagnazione dei redditi medi) Stimolare le politiche attive del mercato del lavoro per sostenere i gruppi con bassi tassi di attività, come le persone disabili e le minoranze etniche Aumentare gli incentivi agli investimenti e all’occupazione nelle regioni nelle quali è alta la disoccupazione e basso il tasso di attività Aumentare la progressività del sistema fiscale, eliminare le tasse che fanno aumentare le disuguaglianze, eliminare l’elusione fiscale e gli incentivi fiscali Estendere e migliorare i sistemi di protezione sociale, in particolare la copertura sanitaria, l’assicurazione contro la disoccupazione, le pensioni, le prestazioni per i figli, i programmi pubblici per l’occupazione Migliorare l’istruzione e i servizi sanitari per i gruppi a basso reddito così da ridurre gli svantaggi ereditari 18. Se nel 2015, un numero significativo di grandi paesi, specie le economie più importanti, decideranno di stimolare la domanda aggregata attraverso l’aumento dei salari e una migliore protezione sociale, allora si osserverà una riattivazione degli investimenti, una riduzione dei risparmi precauzionali, un rafforzamento della ripresa ancora fragile, un allentamento della pressione fiscale e una riduzione del rischio di deflazione. Gli effetti positivi di un aumento del potere d’acquisto dei consumatori si farebbero sentire in tutto il mondo e verrebbero amplificati attraverso scambi internazionali più intensi.