Prof. Rebuzzi
20.04.07
14:00__17:00
Il prof. non ha voluto darmi le slide, quindi non ho potuto fare di meglio....
DOLORE TORACICO
Accomuna l’angina stabile, l’angina instabile e l’infarto. E’ un dolore che riguarda non solo il
cuore, ma tutta una serie di organi che sono nel torace: polmone, laringe, esofago, mediastino.
Abbiamo 2 tipi di dolore:
1. dolore somatico. Quello della cute. Ad esempio un herpes zoster, che da i dolori
metamerici, se prende il metamero del torace, da dolore toracico. Si accompagna a delle
bollicine trasversali che seguono la disposizione metamerica e sono dolenti al tatto. Il
paziente ci dirà che è un dolore, ma che a volte simula un bruciore della pelle.
2. dolore viscerale. Riguarda i visceri all’interno della gabbia toracica.
Esistono anche
- dolori riferiti o dolori irradiati: ad esempio il dolore dell’infarto è un dolore che parte al
centro del torace in posizione retro-sternale, non è un dolore di tipo puntorio, ma di tipo
gravativo, oppressivo con irradiazioni ai lati del collo(a volte alla mandibola), alla parte
ulnare del braccio sinistro.
Il dolore dell’angina instabile, dell’angina stabile o dell’infarto varia per intensità e per
durata, ma sostanzialmente quello è. Solo che nell’infarto è maggiore e dura di più, nell’angina
stabile si ha soltanto durante gli sforzi. Ma il tipo di dolore è lo stesso.
CAUSE DEL DOLORE TORACICO
1. cardiovascolari
2. pleuriche
3. gastro-intestinali
4. muscolo-scheletriche
5. emotive o psichiatriche
1. Cause cardiovascolari:
- sindrome coronarica acuta
- embolia polmonare
- miocardite
- pericardite, da dolore quando c’è l’infiammazione dei foglietti pericardici, ma non c’è ancora il
versamento, perchè il dolore è dato dallo sfregamento dei due foglietti che sono irritati. Tanto è vero
che se auscultiamo col fonendoscopio un pazienti con pericardite, sentiamo un rumore che sembra
un cuoio che si sfrega. E’ un rumore tipico. Appena abbiamo il versamento scompare il dolore, ma
ciò non è un fatto positivo, anzi.
- aneurisma dissecante dell’aorta. Dato che i primi rami che partono dall’aorta ascendente o
dall’arco aortico sono le carotidi, qualsiasi dissecazione può provocare un’occlusione delle carotidi.
Quindi si deve intervenire subito. Il dolore è fortissimo e a differenza di quello dell’infarto non ha
segni elettrocardiografici (in un infarto facciamo ECG vediamo un sopraslivellamento del tratto ST)
dato che non colpisce il cuore, a meno che l’aneurisma non coinvolga proprio il bulbo dell’aorta,
nel qual caso occluderà le coronarie, che partono proprio dal bulbo.
- valvulopatie, sia da prolasso mitralico (in sistole i lembi si accollano, ma c’è un lembo più lasso
che va verso l’atrio; questo stiramento dei papillari, delle corde tendinee e della valvola può dare
delle dolenzie precordiali modeste che vanno e vengono e si accompagnano a volte ad aritmie) che
da stenosi aortica (quando incomincia ad avere dolore o crisi lipotimiche è da operare, perchè la
mortalità a sei mesi è elevatissima).
- cardiomiopatia ipertrofica, che a volte può fare anche un’ostruzione sull’aorta.
- aritmie. Le extrasistoli danno dolenzia e si accompagnano a palpitazioni. Effettivamente
l’extrasistole è un battito che rispetto al precedente da meno sangue, quindi sicuramente si può
avere una modesta anossia.
- droghe. La cocaina è di uso recente. Provoca un gran numero di infarti in giovane età. Ha 2 effetti:
A. Per prima cosa, dato che è un inibitore dell’uptake della dopamina a livello neuronale, (quindi
potenzia l’azione della dopamina) e a livello coronarico può causare spasmo coronarico oltre ad
aumento di pressione, può dare infarto. Gli infarti da cocaina non danno segni alla coronarografia,
ma se facciamo l’esame delle urine o dei capelli ci accorgiamo dell’uso di cocaina.
B. Il secondo effetto è che l’uso prolungato di cocaina se non dà uno spasmo macrovascolare, può
dare uno spasmo microvascolare. Questi alla lunga portano alla cardiomiopatia dilatativa.
2. Cause pleuriche e polmonari:
- polmonite
- pneumotorace. Dà un dolore notevole e una insufficienza respiratoria acuta
- pneumomediastino
- mediastinite. E’ un dolore molto forte che si irradia posteriormente.
- neoplasie polmonari
3. Cause gastro-intestinali
- ulcera
- malattia da reflusso
- disturbi dell’esofago
- fissurazione dell’esofago
- calcolosi colecistica, che in genere dà dolore sul fianco destro con irradiazione alla spalla
- pancreatite acuta, che in genere dà dolore addominale a barra.
4. cause muscolo-scheletriche
- mialgie
- osteoartriti
- sindrome di teetz, che è una artropatia dell’articolazione condro-costale
5. crisi di panico
SCHEMA RIASSUNTIVO SUL DOLORE TORACICO
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Dolore retrosternale: del miocardio, esofageo, della dissecazione aortica, delle lesioni del
mediastino, dell’embolia polmonare, pericardico
Dolore interscapolare: del miocardio, muscolo-scheletrico, colecistico, pancreatico,
dissecazione aortica
Dolore dell’ipocondrio destro: colecistico, della distensione epatica, ascesso subfrenico (è
complicato diagnosticarlo, ma non è frequente), ulcera duodenale, embolia polmonare,
miosite
Dolore epigastrico: ischemico pericardico (nell’infarto inferiore o nell’angina che riguarda
la coronaria destra, e quindi significa ischemia della parete inferiore, l’unica espressione può
essere un dolore epigastrico), pancreatico, coledocico
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Dolore dell’ipocondrio sinistro:quasi mai sono dolori cardiaci, ci può essere un infarto
della milza, ma è difficile; più spesso sono dolori colici a livello della flessura splenica del
colon discendente
Dolore del braccio sinistro: riguarda la parte ulnare, può essere una irradiazione del dolore
coronarico, dato che nella vita embrionale il tessuto cardiaco sta nel collo, quindi poi
scende, ma il metamero resta lo stesso di quello del braccio sinistro. A volte anche il braccio
destro può essere interessato.
Dolore della spalla: può essere di tutto
CARATTERISTICHE DEL DOLORE
Il dolore può essere:
- acuto:
 infarto (più comune). E’ oppressivo e si accompagna ad alterazioni dell’ ECG
 angina instabile
 aneurisma dissecante dell’aorta. E’ un dolore squarciante, perchè si sbraga l’aorta, viene
dissecata l’intima dalla media e non si accompagna ad alterazioni coronariche. Si irradia
posteriormente, in zona inter-scapolo-vertebrale, si accompagna spesso a una differenza dei
polsi controlaterali.
 pneumotorace acuto
 rottura dell’esofago.
- ricorrente:
 ischemia miocardica
 angina cronica stabile. E’ un dolore che si manifesta quando le richieste del muscolo
cardiaco raggiungono una determinata soglia; è un dolore retrosternale oppressivo che si ha
quando faccio uno sforzo, infatti è dato da una difficoltà delle coronarie a pompare
abbastanza sangue per riempire il cuore a questa determinata frequenza cardiaca.
 angina instabile invece avviene anche a riposo e non è correlato con l’attività fisica, perchè
l’instabilità dipende dal fatto che la placca coronarica rompendosi dà origine ad un trombo,
che si può sciogliere o no. Se non si scioglie da alla coronaria una stenosi.
 cervicale
 alterazioni della motilità gastro- esofagea.
INFARTO
Il dolore dell’infarto è oppressivo, costrittivo, si può irradiare al braccio, al dorso, al collo ed anche
all’addome.
Fattori scatenanti
Possono essere tanti, ma anche non esserci.
- lo sforzo
- il pasto
- il freddo
- lo stress
Sono tutte situazioni in cui c’è un incremento improvviso delle richieste di ossigeno. Ovviamente ci
devono essere i fattori di rischio coronarico.
Con tutte le indagini di questo mondo abbiamo un potere predittivo dei nostri esami che comunque
è limitato, cioè posso arrivare ad un 80-90 % di predittività. Ciò sembra molto, ma non esiste
nessun test che potrà dirci se il paziente che abbiamo di fronte appartiene al 90 % dei fortunati o al
10 % degli “sfigati”.
Il dolore dell’infarto acuto si accompagna a
- pallore
- sudorazione
- affanno
- sincope,
- alterazioni enzimatiche
- alterazioni elettrocardiografiche.
Tracciato ECG
1°caso. C’è un sovraslivellamento del tratto ST in V2, V3, V4, V5. Questo è un infarto a tutto
spessore.
2°caso. In questo caso invece c’è un sottoslivellamento di quelle zone. Questo può essere o la fase
successiva a tutto spessore o può essere più semplicemente un infarto sub-endocardico, in cui è
interessata una parte dello spessore, non tutto.
MODIFICAZIONI ENZIMATICHE
L’infarto si accompagna a un rialzo degli enzimi.
Il primo che sale è la mioglobina, che raggiunge il picco a 4 ore dall’inizio dell’infarto. E’
totalmente aspecifica, e praticamente non si dosa quasi mai.
Invece la troponina è altamente specifica. Ci sono 2 tipi di troponina: troponina T, troponina I. E’
altamente specifica, inizia ad alzarsi abbastanza presto e dura parecchio in circolo.
La CKMB è sostanzialmente come la troponina, con la differenza che si alza di meno, sale un pò
più lentamente e scende prima. Tanto è vero che adesso viene fatta sempre di più la troponina e
sempre di meno la CKMB. Anche perchè bisogna fare anche la CK totale, che si alza anch’essa,
come la mioglobina, per qualsiasi alterazione muscolare. Mentre la CKMB è prettamente cardiaca.
Inoltre abbiamo anche la CKMM, prettamente muscolare e la CKBB, prettamente cerebrale.
Il BNP è più che un marcatore dell’infarto, un marcatore dello scompenso.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
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La miocardite dà un dolore simile a quello dell’infarto, nel senso che è un dolore che dura
parecchio, ma si accompagna a febbre. Può dare alterazioni elettrocardiografiche e degli
enzimi di necrosi. Si accompagna spesso ad aritmie, anche gravi.
La pericardite dà un dolore che si allevia in posizione piegata, mentre invece se si mette sul
fianco sinistro aumenta. Si accompagna ad una storia recente di infiammazione. Dà lo
sfogamento pericardico. Può dare alterazioni elettrocardiografiche ed ecocardiografiche
quando c’è versamento.
L’aneurisma dissecante dell’aorta dà un dolore lacerante, in genere anche interscapolovertebrale. E’ più facile ad aversi negli ipertesi, dà la asimmetria del polso e la diagnosi si fa
sostanzialmente vedendo al torace uno slargamento dell’aorta o meglio ancora con la TAC o
con l’ecografia transesofagea.
L’embolia polmonare non si riesce a diagnosticare spesso, dà un dolore pleuritico che si
accompagna a tosse, a broncospasmo. Si accompagna spesso a tachiaritmie, oltre che a
tachipnee. Dal punto di vista enzimatico è un problema. Spesso le LDH sono alte. Si vede
con l’angio-pneumo-TAC-spirale. Non tutti gli ospedali lo hanno. Se facciamo un equilibrio
acido-base avremo una pO2 bassa, una pCO2 bassa. Avremo i D-dimeri alti e delle
tachiaritmie.
Pneumotorace acuto, abbiamo dolore toracico che si accompagna a tachipnea, iperfonesi.
Basta fare una Rx al torace per vederlo.
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Pneumomediastino è molto più difficile da riconoscere a meno che non si accompagna ad
un enfisema sottocutaneo. In tal caso basta mettere le mani sul torace e sentiamo un rumore
tipo “quella carta quando si schiattano le palline”(quella che usano per gli imballaggi).
La fissurazione dell’esofago è drammatica. Mediamente riguarda i cirrotici, che hanno dei
circoli che passano attraverso l’esofago, e si accompagna a ematemesi violenta.
ALGORITMO DIAGNOSTICO DEL DOLORE TORACICO ACUTO
Anamesi: chiedere quali sono i fattori di rischio sia coronarico, sia pericardio-miocarditico. Se la
diagnosi è incerta fare comunque un tracciato ECG, che costa poco e ci permette di ottenere delle
informazioni.
Esame obiettivo
PLACCA ATEROSCLEROTICA CORONARICA
La parete arteriosa è fatta da un endotelio, sotto c’è il tessuto connettivo sub-endoteliale, la lamina
elastica interna, la parete muscolare, la lamina elastica esterna e l’avventizia.
A livello delle cellule endoteliali esistono dei meccanismi pro-coagulanti e dei meccanismi anticoagulanti.
- Pro-coagulanti: fattore di von Willebrand, il tissue factor, PAI-1 e lo stress di parete, perchè le
piastrine strisciando sulla parete si possono attivare e quindi iniziare l’aggregazione piastrinica. Lo
stress di parete è quello che facilita il fatto che nella maggior parte dei casi le placche coronariche
maggiori si formano a livello della biforcazione dei vasi, dato che in queste zone è maggiore.
Dal punto di vista dell’angioplastica è anche una fregatura, perchè quando vai a mettere il
palloncino e lo gonfi, se sta su un vaso che non ha collaterali, tutto sommato metti lo stent e si
allarga, schiaccio questa coronaria e non tappo niente. Se mi trovo invece a una biforcazione e ho
una placca allora metto il palloncino nel vaso principale, lo gonfio, schiaccio la placca, ma succede
che la placca mi scivola nel collaterale e quindi chiude il colletarale.
- Anti-coagulanti: trombomodulina, eparansolfato, t-PA, prostacicline.
Formazione della placca
Le cellule LDL quando sono tante vangono attratte a livello dell’endotelio vascolare e penetrano
all’interno della parete. A questo punto si ossidano e producono citochine (IL-1,...) che a loro volta
possono funzionare da molecole da adesione. Si ha una espressione delle molecole di adesione
sull’endotelio. Queste attraggono i globuli bianchi, i monociti, che penetrano, con l’aiuto di altre
sostanze, nell’endotelio e a loro volta producono altre sostanze attraenti altri monociti. Si ha anche
una migrazione delle cellule muscolari dalla media verso l’intima, per cui alla fine si creano degli
aggregati in cui sono presenti cellule muscolari, adipose, morte e infiammatorie. Si crea quindi una
placca, che è costituita da una parete più o meno sottile fibrosa sotto la quale ci stanno tutte queste
cellule e quanto più c’è infiammazione all’interno, tanto maggiore è la produzione di sostanze che
possono ledere questa capsula. In realtà se si va a vedere l’arteria coronarica che provoca l’infarto,
si trova che la placca che provoca l’infarto non è molto spesso significativa. Noi intendiamo per
stenosi critica una stenosi che occlude il 75 % del lume. Ci sono degli studi del ’96 che hanno
dimostrato che se vediamo le placche coronariche che hanno provocato un infarto oltre il 60 % sono
placce subcritiche che occludono meno del 60-70 % del lume. Questo perchè la progressione della
placca non è lineare. Infatti la placca può restare ferma per molto tempo e all’improvviso diventa
molto più stenosante. Se si rompe si forma un trombo, che nell’angina instabile si scioglie un pò e
rimane con una parte che si trombizza e si scioglie continuamente, che poi evolve o verso l’infarto
se si trombizza tutta, o verso una placca stabile a maggiore entità.
TERAPIA DELL’INFARTO
Nell’infarto si ha una trombosi totale che occlude defintivamente la coronaria.
Per curare l’infarto abbiamo 2 possibilità terapeuitiche.
1. trombolitico che iniettiamo endovena
2. angioplastica: mettiamo un filo guida, su questo facciamo passare un catetere che verso la punta
ha un palloncino che si può gonfiare. Al di sopra del palloncino c’è una reticella a maglie, che è
stretta all’inizio ma una volta che gonfi il palloncino si allarga. Una volta sgonfiato il palloncino la
reticella rimane larga e tiri via il palloncino.
Sono 2 tipi di terapia diversi, la 2 è più complicata.
La differenza è che la trombolisi in realtà scioglie il trombo che stava sulla placca, ma la placca
resta uguale. Se il cappuccio fibroso non si è stabilizzato c’è tendenza alla ritrombosi, perchè i
meccanismi che portano alla trombosi restano.
Invece la angioplastica schiaccia tutto, c’è comunque la possibilità di ristenosi dello stent ma è
meno probabile.
C’è una coronaria dx e una snx. La coronaria dx irrora la parete inferiore; la snx dopo un tratto
iniziale di tronco comune si divide in arteria circonflessa, che irrora la parete laterale del ventricolo
snx e va anche nella parete inferiore e arteria discendente anteriore che irrora la parete anteriore.
Ogni coronaria ha dei rami secondari. La discendente anteriore ha dei rami diagonali che vanno
verso il ventricolo snx (1°-2°-3°), la arteria circonflessa ha i marginali (1°, 2°), la arteria coronarica
di dx invece alla fine si divide in due parti: la postero-laterale e la discendente posteriore.
E’ importante saperlo perchè se ho un infarto ad es. della parete anteriore già so che mi sarà chiusa
o la discendente anteriore o una diagonale. Se ho un infarto laterale già so che o mi si è chiusa la
circonflessa o qualche ramo marginale della circonflessa. Se ho un infarto della parete inferiore so
che mi si è chiusa la coronaria dx o forse la circonflessa.
Ci sono delle varianti definite a dominanza dx o a dominanza snx. Ci sono alcuni soggetti in cui la
parete inferiore viene irrorata dallla coronaria dx e l’arteria circonflessa irrora solo una piccola parte
della parete. Ci sono poi dei soggetti che hanno una coronaria destra quasi ipoplasica, e in cui la
parete inferiore è irrorrata da grossi rami dell’arteria circonflessa. Quindi quando abbiamo un
infarto inferiore a volte troviamo una ostruzione della destra, a volte della circonflessa, dipende
dalla dominanaza.
Quanto più prossimale all’aorta è l’occlusione, tanto maggiore è l’estensione dell’infarto. Infatti
l’infarto che manda in shock cardiogeno è quello del tronco comune.
La morte improvvisa si può avere mediamente per due motivi: o per l’occlusione del tronco
comune, oppure per aritmie fatali. La maggior parte delle aritmie fatali avviene nelle prime ore
dell’infarto. Se uno avesse un defibbrillatore spesso si risolverebbero.
Complicanze croniche
Dipendono dall’entità dell’infarto. La prima complicanza è lo scompenso cardiaco. Altre possono
essere pericarditi, aritmie.
TRIALS
Qui il prof. inizia a parlare dei risultati di alcuni trials effettuati e proietta alcuni grafici, ma non
avendo le slide posso solo tracrivere i suoi commenti.
Ci sono 2 studi:
1. PANI
2. GUSTO 2B
In questi è paragonata l’angioplastica primaria (cioè uno arriva in sala e viene fatta sotto infarto
acuto l’angioplastica) alla trombolisi.
Nel 1° studio fatto su 395 persone la mortalità della trombolisi è superiore a quella
dell’angioplastica.
Nel 2° studio è quasi uguale la mortalità a distanza.
Il PANI è stato fatto su poche persone solo in particolari centri ad alto volume di angioplastica.
L’altro è stato fatto su molte persone in alcuni centri ad alto volume di angioplastica e altri no.
L’angioplastica deve essere fatta da mani esperte.
Adesso mostra una graduatoria fatta in Europa per vedere quante se ne fanno di angioplastiche
primarie. Vediamo che la Polonia è quella che ne fa di più, mentre la Spagna è quella che ne fa di
meno. Noi siamo in mezzo. Ci sono 2 scuole di pensiero diverse, nessuna nella quali ha ragione
sull’altra.
Di trombolitici ce ne sono molti (t-PA, rtA).
Ci sono dei farmaci che tendono a sparire e farmaci che tendono ad incrementersi. Per es. il primo
trombolitico usato è stato la streptochinasi, che conta poco e può dare allergia. Il primo grosso
studio nel quale è stata valutata l’efficacia del trombolitico come terapia dell’infarto è stato negli
anni ‘80 da alcuni italiani(studio Gissi), ed è stato il primo studio che ha veramente fatto cambiare
la terapia dell’infarto, ed ha accorciato i tempi di degenza. Addesso si usa più il TNK che è più
comodo perchè basta una siringa.
L’uso dell’eparina nella terapia è utile soprattutto nel reinfarto, perchè tiene scoagulato il sangue. E’
ridotta la mortalità anche se non è verissimo. Aumenta lo stroke, come i sanguinamenti.
Un fattore molto importante nella terapia dell’infarto è il tempo. E’ prioritario. Più tempo passa,
peggio andrà la prognosi del paziente infartuato, perchè maggiore sarà il numero delle cellule che
muiono per la coronaria chiusa.
Se si interviene nei primi 60 minuti, in questo studio che è il GUSTO 2, la mortalità è dell’1 %. Se
dopo i 90 min la mortalità si sestuplica.
Anche la mortalità ad un anno dipende dal tempo dell’intervento iniziale.
Sono stati fatti una serie di studi che hanno paragonato la trombolisi con ‘angioplastica, come il
captim, che è uno studio che ha paragonato i pazienti a cui hanno fatto la trombolisi nell’ambulanza
contro i pazienti portati in un centro da angioplastica. Hanno trovato che per l’end-point combinato
(se sommiamo la mortalità, lo stroke, il reinfarto) fare l’angioplastica è meglio di fare la trombolisi
in ambulanza, anche se si perde più tempo. In realtà se andiamo a differenziare stroke, mortalità e
reinfarto ci accorgiamo che la mortalità è minore facendogli la trombolisi presto. E’maggiore lo
stroke, cioè l’emorragia cerebrale, perchè il trombolitico scioglie qualsiasi trombo, quindi se uno ha
una microemorragia cerebrale che si è coagulata, il trombolitico gli fa venire una emorragia
cerebrale. Soprattutto il trombolitico è controindicato negli ipertesi oltre che in chi ha l’ulcera
gastrica. L’angioplastica è meglio perchè si hanno meno reinfarti e non si ha stroke.
Se vediamo la differenza tra la angioplastica e la trombolisi in questo studio, vedete che il tempo del
dolore è piccolo, cioè sono arrivati gli ambulanzieri prima, la mortalità è minore rispetto a quelli
che arrivano e gli fanno l’angioplastica se il ritardo è meno di 2 ore. Se il ritardo è meggiore di 2 ore
gli conviene fare l’angioplastica.
In questo studio si è valutato di fare la trombolisi negli ospedali piccoli rispetto a madare i pazienti
in un centro di riferimento di angioplastica. Non si sa.
Anche qui si hanno gli stessi risultati. E’ meglio che si faccia la angioplastica per ridurre il
reinfarto.
Se andiamo a fare una metanalisi, cioè uno studio che analizza i TRIAL fatti, vediamo che se
consideriamo mortalità, reinfarto e stroke insieme è meglio fare l’angioplastica. Ma se andiamo a
valutare le cose singolarmente per quanto riguarda la mortalità non è meglio fare l’angioplastica,
mentre è meglio per il reinfarto e per lo stroke. In sintesi conviene fare l’angioplastica per ciò che
riguarda le complicazioni successive, soprattutto il reinfarto, ma per il resto non ci sono grandi
differenze.
Quello che di fatti si sta valutando è combinare le due cose. Ha bloccato questa cosa il fatto che
uscirono degli studi all’inzio che decidevano che fare la trombolisi e poi l’angioplastica sulla
trombolisi aumentava la mortalità, perchè aumentava le compicanze, soprattutto le complicanze
emorragiche, perchè fare la angioplastica è invasivo. In realtà adesso si possono usare dei farmaci in
cui le complicanze sono ridotte, ed effettivamente la angioplastica ficilitata si è visto essere un
trattamento di scelta.
Conviene fare l’angioplastica nei pazienti più gravi. Il paziente ad alto rischio è quello che ha un
infarto più grande in cui la lesione è a livello prossimale dell’arteria. Mediamente sono i pazienti
che hanno una stenosi della discendente anteriore che è quella che irrora il territorio più grosso.
Sono ad alto rischio i diabetici, quelli che arrivano in ospedale con una pressione molto bassa.
In sintesi:
Vantaggi della trombolisi
- può essere fatta da tutti
- può essere fatta subito
- costa di meno
Vantaggi dell’angioplastica
- ha una maggiore successo
- comunque va fatta dopo una trombolisi prima o poi, altrimenti avremo un reinfarto
- c’è una riduzione degli eventi emorraggici
Svantaggi della trombolisi
- una ricanalizzazione totale non si ha, si lascia la placca
- maggior numero di emorraggie
- totalmente inefficace nello shock cardiogeno, cioè quando l’ostruzione riguarda le arterie
più grosse
Svantaggi dell’angioplastica
- richiede più tempo
- richiede un’organizzazione più costosa
SHOCK CARDIOGENO
E’ la complicanza più grave dell’infarto, oltre alla fibrillazione ventricolare e aritmica. E’
caratterizzato da un marcato deficit di contrazioni, da ipotensione, insufficienze circolatorie, anuria,
stato di agitazione o confusione mentale.
La mortalità è minore con l’angioplastica.
Tutto dipende dal fatto che il vaso si riesca a riaprire o meno.
Filmino sulla coronarografia
Come scritto sopra... Il prof. ci ha fatto vedere dei filmati per circa 20 minuti sulle coronarografie.
La coronarografia ci dà l’immagine in 2 dimensioni. In realtà il fenomeno è tridimensionale. Quindi
possiamo non vedere l’ostruzione. Dobbiamo allora fare una serie proieizioni per poter essere sicuro
che non mi perdo qualche placca.
La coronarografia di un diabetico è particolare. I vasi sono molto più piccoli, filiformi, rigidi.
Questo è il motivo per cui si tappano molto più facilmente. Infatti il diabete rovina molto le
coronarie, come nessuna altra malattia.
Tufo Andrea