LE GEMELLE DAGLI OCCHI DIVERSI (Racconto di Laura Magnani – 2 E) Era una bellissima serata. Più precisamente era la notte di San Lorenzo, in cui, in teoria, sarebbero dovute “cadere” dal cielo incantevoli stelle cadenti. Certo, in teoria, sarebbe dovuto accadere questo, ma non si vedeva nulla oltre all’inquinamento luminoso. Emma era depressa. Quella era la prima volta che avrebbe visto la stella cadente più grande dell’anno senza i suoi genitori. Erano esattamente passati 358 giorni, 12 ore, 15 minuti, 23 secondi… 24 secondi… 25 secondi… dalla loro morte. Tra 7 giorni ci sarebbe stato una sorta di ritrovo con tutti i parenti che, piangendo, si sarebbero consolati gli uni con gli altri. Lei guardò il cielo già con gli occhi lucidi e si mise a fissarlo ferma, quasi trattenendo il respiro. Era bella, Emma! Aveva un “non so che” di misterioso, ma attraente. Mora, pareva quasi sporca di cenere, ma aveva una particolarità che un po’ la isolava dagli altri: l’occhio destro era nero e l’occhio sinistro era bianco. Sì, aveva proprio la pupilla color neve. Era alta e molto agile, pur avendo un po’ i piedi piatti. Dopo un altro minuto, che spese sulla collinetta del parco, ad attendere la sua stella, non resistette più e scoppiò in lacrime. Le sue guance si bagnarono velocemente e nel buio di quel parco si sentivano solo i suoi singhiozzi. Provava un’enorme sensazione di solitudine, ma non poteva nemmeno immaginare che una serie di eventi accaduti nello stesso secondo l’avrebbe portata in un mondo parallelo. Infatti, nell’esatto momento in cui la sua prima lacrima toccò il terreno, la stella cadente più grande dell’anno tagliò il cielo in due parti esatte con la sua scia e, davanti ad Emma, apparve un varco di luce che emanava un piacevole calore. Così, senza nemmeno pensarci, allungò un piede e una strana brezza le arrivò dietro la schiena… in un certo senso la spinse leggermente, avvolgendola come una cupola di vetro. Un boato ruppe il silenzio e, subito dopo, tutto sparì. Aprì gli occhi e, sfregandoseli un po’, mise a fuoco ciò che la circondava. Intorno a sé vide enormi alberi verdi pieni di fiori di pesco (pur non essendo quella pianta!); il terreno era soffice, pareva pieno di piume e nell’aria c’era un piacevole profumo di gelsomino fiorito. Con una spinta si alzò in piedi e si mise a camminare. Mentre passeggiava esterrefatta per ciò che aveva intorno, si spaventò più volte, perché dai lati del sentiero spuntarono alcuni gnomi barbuti, che con gli occhi serrati iniziarono a sussurrare: “Sara… Sara… Sara…Sara”. Ad un certo punto, però, voltando l’angolo, davanti a sé si trovò un immenso castello, da una parte nero e dall’altra bianco. Quando arrivò davanti al portone, esso si aprì e davanti a sé apparve una bellissima ragazza un po’ più alta di lei. Era bionda con gli occhi azzurri, ma il suo grosso ciuffo gliene copriva uno. Indossava un lungo vestito celeste che arrivava fino a terra, rifinito con un elegante filo d’oro. Si allungò, avvicinandosi alla fronte di Emma e disse al popolo, che intanto si era riunito dietro di loro: “LEI È LA PREDESTINATA! MA ATTENZIONE, NON È SARA. È LA GEMELLA DI CUI PARLAVA LA LEGGENDA!” Un verso di sorpresa invase la piazza davanti al castello e intanto degli uomini con le gambe da canguro bisbigliavano una frase continua: “Occhi diversi, gemelle uguali… La profezia si avvererà distruggendo tutti i mali”. Elena, la ragazza bionda, le fece segno di entrare ed Emma, con passo veloce, sgattaiolò dentro. La biondina la fece sedere su un incantevole divano di velluto rosso, le passò una tazza di tè, (che, per la cronaca, era anch’esso metà bianco e metà nero), e iniziò a spiegarle. “Io sono la padrona di questo regno”, disse. Lo scorso anno, più precisamente 358 giorni fa, sono apparse sull’imponente muro del castello delle profezie: dicevano in simboli fantesunici (la loro lingua) che sarebbe arrivata una ragazza dagli occhi bianchi e neri, 7 giorni prima dell’anniversario della scomparsa di Sara. Emma, perplessa, disse che avevano sbagliato persona e, prendendo fiato, chiese chi fosse questa “Sara”. Elena si asciugò le lacrime che non era riuscita a trattenere e le spiegò quello che era successo: “Sara è… tua sorella gemella, che più o meno un anno fa è stata presa da Scuro, il capo dell’oscurità e del male. La profezia dice che solo “le due forze unite”, potrebbero restituire i suoi poteri magici e la sua forza, scomparsi alla morte dei suoi genitori terrestri”. A sentire quelle ultime parole, Emma capì che non era finta la questione. Elena tirò fuori da un cassetto una chiave e, prendendole la mano, aprì un’altra porta che dava sul giardino. Si misero a camminare sull’erba ma, ad un certo punto, Emma sentì strani pizzicotti e, preoccupata, chiese alla sua nuova amica cosa stesse succedendo. Elena si mise a ridere e le fece notare che aveva calpestato un soffione, facendo volare via i semi. Subito Emma non capì, ma dopo le venne spiegato tutto. Ciò che lei considerava “semi”, in realtà erano bellissimi esserini chiamati “Soffiotti che, ogni mattina, si svegliano alzandosi in volo con il vento e che, ovviamente, non amano essere svegliati con un calcio alla loro casetta…. Elena si mise a ridere ed Emma, prendendone un paio di quelli che punzecchiavano, disse: “Scusate!” e delicatamente soffiò, rendendoli di colpo allegri e sereni. Infatti bastava solo che “credessero” di avere il vento sopra. Emma era stupefatta… non aveva mai visto una cosa del genere e, non sapendo bene il motivo, per la prima volta si sentì veramente a casa. Elena infilò la chiave nella serratura di un’ enorme cupola di vetro opaco. Quando entrarono disse ad Emma: “Qui capirai tutto”. Poi uscì e la chiuse dentro. Subito lei iniziò ad urlare chiedendo di uscire, quasi spaventata, poi vide che, inciso sul vetro, illuminato da un raggio di sole, c’era scritto: “Cupola degli spiriti perduti”. In quel preciso secondo, quasi per trovare conforto, si immaginò quando aveva 10 anni, abbracciata ai suoi genitori a Natale. Nello stesso momento però l’unico faro della cupola si illuminò e si sentì una voce offuscata dal suo stesso rimbombo. Sì, era sua madre, che aveva preparato un messaggio per lei: “Tesoro. Immaginavo che ora, che hai 13 anni, saresti arrivata qui! Era tutto predestinato… Non ti arrabbiare se non ti abbiamo avvertito, ma non potevamo! 13 anni fa, quando partorii due splendide gemelline, il mio fedele maggiordomo, l’elfo Xin, mi disse che Scuro stava tramando di rapirvi. Se fosse riuscito a prendervi entrambe, vi avrebbe separate, così lontane da non farvi nemmeno toccare le mani, e il potere assoluto sarebbe stato distrutto,facendo calare le tenebre sul regno magico. Così ho affidato Sara a Elena e tu, Emma, sei venuta sulla terra.” Da quelle parole Emma fu sconvolta…ma capì perché i suoi genitori le avevano separate. Elena entrò urlando che le forze oscure erano arrivate nel regno. Si misero a correre e lei disse ad Emma che tutto il regno era nelle “sue mani” e che il castello di Scuro, ovviamente tutto nero, era sul colle subito dritto davanti a loro. In quel momento Elena si accasciò sul terreno, trafitta nel cuore da una freccia con un teschio sopra. Iniziò a perdere sangue ed Emma, piangendo, le disse che non l’avrebbe abbandonata, ma lei glielo impedì e, con le lacrime agli occhi, le indicò con il polpastrello dell’indice sporco di sangue, il castello nero che si vedeva già all’orizzonte…. Emma baciò Elena sulla guancia e, con enorme rabbia, si mise a correre con le dita che fremevano di una strana luce. Arrivata al portone urlò di aprire e fu, stranamente, subito accontentata. Davanti a sé si trovò un uomo vestito di nero, con occhi rossi all’interno dei quali si poteva intravedere una sorta di fiamma nella pupilla. Era altissimo ed esile, con un sorriso quasi fastidioso. I denti erano tutti e 32 canini e le orecchie un po’ a punta. La sua pelle era bianca con alcune chiazze grigiastre. Le fece segno di entrare ed Emma, con molta cautela, sussurrò: “Scuro, suppongo”. Lui annuì un po’ compiaciuto e disse che la stava attendendo da un po’… e che era in ritardo di soli tredici anni. Lei guardò la gigantesca entrata del castello e vide che nell’angolo, in una piccola gabbia, c’era lei, Sara, che iniziò a fissarla e con un sorriso urlò: “Sapevo che saresti arrivata!” Emma si mise a correre, ma Scuro le lanciò una sorta di incantesimo, che le bloccò i piedi, poi, di nuovo sorridendo, si avvicinò alla gabbietta di Sara e disse: “Volevo che tu, Emma, vedessi con i tuoi occhi come soffre la tua sorellina mentre la uccido!” Emma riuscì, pur non potendo camminare, a buttarsi sul pavimento e iniziò a trascinarsi con le mani mentre Scuro consultava il libro degli incantesimi per trovarne uno potente. Nel secondo però in cui il mostro si voltò, Sara disse alla sorella che aveva veramente paura, ed Emma, quasi subito, le afferrò la mano e la strinse forte. In quel preciso secondo un fascio di luce verde spezzò le sbarre della gabbia, ruppe l’incantesimo sui piedi di Emma e distrusse tutti i mostri, servi dell’oscurità… tutti tranne Scuro. Egli puntò il dito verso di loro cercando di ferirle con delle sfere giallastre, ma le gemelle, continuando a tenersi per mano, le schivavano. Si guardarono negli occhi e, notando che entrambe avevano un occhio bianco e uno nero, sorrisero e, alzando il braccio con le mani aperte… crearono una fonte di energia che, con un colpo secco, spinsero verso Scuro. Non poté fare più nulla. Tutto il regno era adesso libero e, dopo un commovente funerale per Elena, Sara fu proclamata la nuova regina. Ora aveva di nuovo i suoi poteri, anzi, era ancora più forte. Aprì nel cielo un varco di luce che portava sulla terra ma, prima, abbracciò e baciò sua sorella, mettendole nella mano un amuleto, che le permetteva di tornare lì ogni notte di San Lorenzo. Salutata da tutto il regno, Emma entrò nel varco e, quando aprì gli occhi, si ritrovò sulla collinetta, quella da cui guardava le stelle. Mentre là era passato un intero giorno, sulla Terra era trascorsa solo un’oretta. Ogni anno, da quella volta, Emma, la notte di San Lorenzo, va su quella collina e, con l’amuleto, ovviamente bianco e nero, apre il varco, accolta da sua sorella, da Xin, il folletto amico dei suoi genitori, e da tutto il popolo… compresi i Soffiotti, sui quali soffia sempre per salutarli amichevolmente.