«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu

«Sia che viviamo, viviamo per il Signore; sia che moriamo moriamo per il Signore» (Rm 14,8)
Argomento dell’incontro
La fragilità della vita umana nell’ora della morte
Breve sintesi degli argomenti discussi
» Cos’è l’eutanasia?
Il termine significa etimologicamente “morte buona”, ma nella cultura di oggi ha assunto
il significato di provocare la morte di una persona ammalata allo stadio “terminale”.
L’intento dichiarato di chi la sostiene è quello di dare la morte per alleviare sofferenze
insopportabili che degradano la dignità umana; ma dietro la nobiltà di questo proposito si
nasconde spesso il desiderio, per chi assiste l’ammalato (tipicamente i parenti), di
alleggerirsi dal peso di assistere una persona che richiede una grande dedizione, un
impegno che spesso non si vuole sostenere.
» La richiesta di morte da parte dell’ammalato
In questi casi la richiesta dell’ammalato, più che esprimere un vero e proprio desiderio di
morte, è una richiesta di aiuto: prima di tutto fisico, a causa del dolore che può essere
insopportabile; e in secondo luogo affettivo, perché non trova, nel suo stato di angoscia,
la necessaria vicinanza umana.
» La Chiesa e il dolore
Il problema fondamentale della persona ammalata è soprattutto quello di liberarsi dal
peso del dolore: in questo caso, secondo moltissimi pronunciamenti della Chiesa, vanno
utilizzati tutti i mezzi possibili (cure palliative) per evitare che il paziente soffra, anche
arrivando ad usare cure del dolore che facciano perdere lo stato di coscienza (farmaci
narcotici) e che “affrettino” la morte. Cade così l’opinione, abbastanza diffusa, che la
Chiesa sia a favore del dolore e della sofferenza. Certo questi mezzi vanno usati se la
malattia è incurabile, se l’ammalato sperimenta un dolore intollerabile e non esistono
alternative terapeutiche. Comunque questi “rimedi al dolore” non devono essere intesi
come un “sotterfugio” per procurare la morte con leggerezza.
» L’accanimento terapeutico
In molti casi l’ammalato può chiedere di usare mezzi “sproporzionati” per essere curato:
può succedere quindi che ci sia un vero e proprio accanimento da parte dei medici, che
SINTESI DELL’INCONTRO DEGLI UNIVERSITARI DI MERCOLEDÌ ’11 APRILE 2006
può alimentare false speranze di guarigione e prolungare, senza alcun effetto positivo, le
sofferenze. La Chiesa si è più volte pronunciata contro questo accanimento “terapeutico”.
» La posizione del medico
Il medico, in caso di ammalati gravi, sopporta il peso di dover prendere decisioni
fondamentali. Il suo ruolo naturale è quello di curare e di guarire (giuramento di
Ippocrate) ma spesso si sente inadeguato a sostenere le pressioni dei familiari o degli
stessi pazienti. A lui spetta il compito di assicurare comunque le cure ordinarie (nutrizione
e idratazione, come purtroppo non è avvenuto nel caso di Therry Schiavo) e ad
impegnarsi per alleviare o sopprimere il dolore. Uno dei momenti più difficili per lui è
quello in cui è chiamato a riconoscere l’inutilità di ulteriori cure per il suo paziente,
accettando serenamente l’impotenza dei suoi sforzi.
SINTESI DELL’INCONTRO DEGLI UNIVERSITARI DI MERCOLEDÌ ’11 APRILE 2006