I Dogon ed il mito della Stella Nera1[1]
Bruno Severi
I Dogon e Sirio
Nella parte meridionale dell’ ex-colonia francese del Mali, nella zona che fa perno sulla
cittadina di Bandiagara, vive un popolo, il popolo Dogon, noto in tutto il mondo per essere rimasto
ancora in buona parte legato a sistemi di vita tradizionali e per avere mantenuto sino ad oggi vitale
ed incontaminato il suo patrimonio culturale e religioso. Tra i fatti che più hanno dato da pensare ai
vari studiosi che si sono interessati ai Dogon c’è la storia riguardante la stella Sirio. Questa stella
entra profondamente nelle tradizioni più gelosamente custodite da tali genti e rappresenta uno degli
elementi chiave della loro elaborata cosmologia. Fin qui nulla di eccezionale, in quanto risulta
abbastanza prevedibile che un popolo primitivo, ma sensibile, sia affascinato e suggestionato dalla
stella più luminosa della volta celeste e ne faccia un simbolo o conferisca ad essa significati e
funzioni di primo piano nella visione ed interpretazione dell’universo e dei suoi misteri. Altre
civiltà hanno popolato di significati e di funzioni del genere il Sole, la Luna o altri corpi celesti
notevoli. Vediamo ora in dettaglio come si è aperto il caso Sirio ed i Dogon.
Nel 1946 un antropologo francese di nome Marcel Griaule, che s’interessava da diversi anni
delle tradizioni Dogon, fu avvicinato da un vecchio indigeno cieco chiamato Ogotommeli, uno dei
personaggi di rilievo del villaggio per il suo profondo ed antico sapere. L’intenso e quasi immediato
rapporto di amicizia che s’instaurò fra i due spinse il vecchio Dogon a confidare allo studioso
bianco alcuni dei misteri che il suo popolo si trasmetteva, da tempi inenarrabili, lungo una linea
ininterrotta di iniziati. E, tra le altre cose, parlò della stella nera chiamata, secondo la loro lingua, Po
Tolo. Tolo è traducibile con stella, Po è un cereale il cui seme è estremamente piccolo ed ha un
elevato peso specifico. Po Tolo sarebbe, per i Dogon, una stella molto piccola ed invisibile ad
occhio nudo, fatta di un materiale speciale di peso inimmaginabile. Inoltre, Po Tolo sarebbe la
compagna minore dell’astro Sirio e ruoterebbe attorno ad esso in 50 anni ed attorno a se stesso in un
anno terrestre. Dalle rappresentazioni grafiche di questa coppia di stelle che si possono trovare tra i
Dogon, si desume che Sirio B, o Po Tolo, ruoti attorno alla sua compagna più grande secondo
un’orbita ellittica, dove Sirio occupa uno dei fuochi. Ciò che è stato rivelato dal vecchio Dogon si
spinge oltre. Infatti, esisterebbe una terza stella invisibile associata a Sirio e a Sirio B e dotata di un
pianeta che loro chiamano Emme Ya. Da questo pianeta, narrano i miti Dogon, sarebbero provenuti
i Nommo, esseri anfibi che in tempi inenarrabili giunsero presso i Dogon trasmettendo ad essi
alcune loro conoscenze. Tra queste, oltre quelle relative alla stella Sirio, c’è la conoscenza che i
pianeti ruotano attorno al Sole con orbite ellittiche, la presenza di quattro satelliti di Giove e degli
anelli attorno al pianeta Saturno. Infine, che le stelle formerebbero giganteschi ammassi vorticoidi,
e che esisterebbero altre forme di vita nell’universo.
La scienza ci dice….
Vediamo che cosa la moderna astronomia ci dice in proposito. Ma prima ancora vorrei
sottolineare come l’intuizione dell’esistenza di stelle doppie o triple, così come sostenuto dalla
tradizione Dogon, è un fatto eccezionale, se non unico, tra le genti cosiddette primitive. Anche tra
quelle più evolute questa conoscenza non è affatto comune, se non inesistente, ad eccezione della
cultura occidentale.
Questa è una versione ampliata ed aggiornata dell’articolo “La Stella Nera” apparso sui quaderni di Parapsicologia,
Vol. 22, N.1, 1991.
1[1]
Nel 1844 gli astronomi dedussero che Sirio appartenesse ad un sistema doppio in virtù di
certe piccolissime oscillazioni della sua traiettoria. In seguito, si stabilì che la luminosità della sua
compagna invisibile era di 10.000 volte inferiore a quella di Sirio e non era facilmente osservabile
nemmeno con i più potenti telescopi perché nascosta dalla luce abbagliante dell’astro principale. Fu
solo nel 1862 che gli astronomi furono in grado di vedere al telescopio quella stella che chiamarono
Sirio B, mentre la prima fotografia astronomica fu fatta nel 1970. Il periodo di rivoluzione dell’astro
più piccolo attorno al maggiore fu stimato in 49,98 anni. Sirio B, inoltre, fu inquadrato nel 1926, in
virtù del tipo di luce emessa e dalla massa, come una stella della categoria delle nane bianche, con
diametro all’incirca uguale a quello terrestre e dotato di una massa enorme, comparabile a quella del
Sole. Ciò significa che la densità media di Sirio B è un milione e mezzo di volte superiore a quella
dell’acqua. Un centimetro cubo di materia di quella piccola stella peserebbe, di conseguenza, oltre
una tonnellata. L’orbita attorno a Sirio è di tipo ellittico, come quella della terra attorno al Sole, ma
non se ne conosce il periodo di rotazione attorno al proprio asse. Infine, due astronomi francesi nel
1995 (1) hanno avanzato la possibilità che il sistema di Sirio sia composto da tre stelle distinte,
formante cioè un sistema stellare triplo. Questa loro convinzione nasce ancora dal fatto che
nell’orbita di Sirio e Sirio B si possono apprezzare delle piccole anomalie spiegabili solo facendo
ricorso ad una terza stella, una nana rossa chiamata Sirio C, ruotante attorno all’astro principale.
Quest’ultima scoperta, se confermata, suonerebbe come una non trascurabile conferma delle
credenze astronomiche Dogon, conferma avvenuta, come vedremo in seguito, in tempi non sospetti.
Facendo i confronti opportuni, è immediato riconoscere sorprendenti analogie, se non
identità, tra quanto afferma la tradizione Dogon e quello che la scienza moderna ha di recente
scoperto.
Il mistero delle sconcertanti conoscenze dei Dogon è stato affrontato anche da astronomi
professionisti che si sono espressi, talora in modo contrastante, su prestigiose riviste scientifiche.
Vediamo ora che cosa hanno detto.
Nel “Quarterly Journal of the British Astronomical Society” del 1972 (2), l’astronomo
inglese W.H. McCrea, Presidente della “Royal Astronomical Society”, trattando del sistema doppio
di Sirio, accenna brevemente alle conoscenze Dogon in materia. L’anno seguente, sul “Journal of
the British Astronomical Association” (3), in una lettera all’editore dal titolo “Sirius. A conjuncture
and an appeal”, lo stesso ricercatore tratta più approfonditamente il discorso lanciando un’ipotesi
interpretativa e facendo, nello stesso tempo, un appello ad altri studiosi perché si esprimano, con
l’apporto di nuovi elementi, a favore o contro le sue vedute. McCrea, dopo avere ribadito che le
credenze Dogon riguardo alla stella Sirio ed alla sua compagna sono ben documentate, suggerisce
una sua interpretazione spostando l’attenzione sugli antichi Egizi. Costoro, afferma, davano una
grande importanza alla data del levare (e del tramonto) eliaco di Sirio. Questa data si riferisce a
quell’unico giorno dell’anno in cui la stella Sirio appare bassa all’orizzonte nelle prime luci
dell’alba, dopo essere stata invisibile per alcune settimane. L’autore suppone che, in corrispondenza
dell’apparire di Sirio all’orizzonte, gli Egiziani osservassero, sia all’alba che al tramonto, con
somma attenzione, la posizione da cui doveva comparire, o tramontare, la stella. L’osservazione del
deserto, specialmente al tramonto quando la sabbia rovente si raffredda determinando un’inversione
di temperatura nell’aria in prossimità del suolo, può essere caratterizzata dal comparire di miraggi.
Una stella (Sirio, ad esempio) osservata all’orizzonte nelle prime ore della sera può sembrare, con
un effetto di miraggio, doppia, con l’immagine irreale al di sotto di quella reale. Questo fatto può
dare l’impressione che la stella accessoria sia più pesante di quella vera e, verosimilmente, che sia
più densa. Naturalmente, questa situazione si può presentare una sola volta in un anno, nel giorno,
appunto, del tramonto eliaco di Sirio. Nei restanti giorni, poiché la stella è sempre alta
sull’orizzonte e non si presta ad alcun fenomeno di miraggio, essa apparirà sempre solitaria. Da qui
la credenza dei Dogon che la compagna di Sirio, Po Tolo, sia una stella nera, ossia invisibile. Per
l’astronomo inglese, il fatto che le due stelle (Sirio più il suo miraggio) quando visibili possano
apparire rosse (come affermano i Dogon), si può spiegare proprio in virtù del loro trovarsi basse
sull’orizzonte, così come il sole e la luna appaiono rossi quando occupano la medesima posizione
sulla volta celeste. In definitiva, McCrea ritiene che la possibilità di un miraggio in concomitanza
del tramonto eliaco di Sirio possa fornire la spiegazione, nello stesso tempo semplice ed esauriente,
del mistero di Sirio B. Ed è per pura coincidenza che Sirio sia effettivamente una stella doppia, in
analogia con quanto suggerisce il miraggio.
Nel 1975, sulla rivista inglese di astronomia “The Observatory” (4), lo scrittore americano
Robert K. G. Temple risponde a quanto aveva precedentemente scritto W. H. McCrea. Anch’egli è
d’accordo sulla possibilità che il culto di Sirio e di Sirio B abbia un’origine egizia. Infatti, il giorno
del levare eliaco di Sirio era alla base del famoso antico calendario egiziano (“ancient egyptian
Sothic calendar”, nel testo) essendo Sothis la versione greca del nome egiziano di Sirio. Nello
stesso tempo, questo termine indicava la dea Iside (sembra, inoltre, che il culto egizio di Iside e di
Osiride avesse un preciso riferimento con la stella Sirio e con la sua invisibile compagna, nota
dell’autore). Il giorno del levare eliaco di Sirio era accolto dagli antichi Egiziani con feste solenni,
sia civili che religiose. Temple dubita che la spiegazione del miraggio possa esaurire tutti i termini
del problema. McCrea fa riferimento al tramonto eliaco di Sirio per invocare la possibilità del
miraggio, quando in realtà la data importante per il culto di Sirio presso gli Egiziani sembra essere
stata quella del levare eliaco della stella, cioè alle prime vaghe luci dell’alba, l’ora meno propizia
perché si realizzi un miraggio. Ma, ammessa anche l’eventualità del miraggio, perché si ha la
descrizione di una stella doppia solo per Sirio e non per le numerose altre stelle che si vengono a
porre nella medesima posizione rispetto all’orizzonte? Come può un miraggio spiegare le altre
conoscenze astronomiche dei Dogon? Certamente un miraggio non può avere rivelato che Sirio B
sia una stella del tipo detta nana bianca con una densità spaventosa. Né può dirci come facevano i
Dogon a conoscere così esattamente il periodo di rivoluzione di Po Tolo attorno a Sirio, e nemmeno
può dirci nulla sull’orbita ellittica che i Dogon sapevano che Po Tolo seguiva. Ed altre cose ancora
aspettano risposta. Temple termina il suo articolo dichiarandosi in attesa di ipotesi interpretative più
esaurienti.
Frattanto, lo stesso Temple non è rimasto inattivo, anzi, utilizzando i resoconti elaborati da
Marcel Griaule e dalla sua collaboratrice G. Dieterlen (5,6,7), Temple scrive un suo libro dal titolo
“The Sirius Mystery” (8) nel quale tratta, in modo spesso estremamente fantasioso, il problema di
queste eccezionali conoscenze astronomiche dei Dogon. Infatti, vi si legge che queste rivelazioni
sarebbero state fornite agli Egiziani preistorici da fantomatici abitanti di un pianeta facente parte del
sistema di Sirio. Questo contatto con gli alieni sarebbe stata la causa dell’esplodere improvviso e
travolgente della civiltà egizia nel quarto millennio A.C. Le spiegazioni riguardo l’esportazione nel
territorio attualmente abitato dai Dogon del culto e delle conoscenze sulle due stelle in questione,
così come ce le presenta lo scrittore americano, lasciano il lettore ugualmente in un mare di dubbi.
Per esempio, si legge che gli stessi Dogon siano di origine egiziana e che dalle rive del Nilo siano
migrati nel territorio in cui tuttora abitano. Ricordiamo, per chi non ne fosse informato, che i
Dogon sono di razza negroide, a differenza degli antichi Egiziani.
Un’ipotesi in proposito, che ho letto presso un’altra fonte, si rifà al misterioso popolo dei
Garamanti, descritto da diversi autori antichi tra cui Strabone, Plinio ed Erodono per spiegare
l’esportazione dall’Egitto di queste antiche conoscenze. Dalle regioni del Fezzan, nell’attuale Libia,
dove risiedevano già da tempi molto remoti, si ritiene che i Garamanti si siano spinti sino alle
regioni nigeriane attraverso direttive nel deserto che in parte sono state identificate e che
costituiscono la cosiddetta Via dei Carri (questo popolo si spostava attraverso le sterminate lande
desertiche con carri a due ruote trainati da cavalli). Potrebbero, pertanto, essere stati i Garamanti a
portare la storia ed il culto di Sirio e delle sue compagne ai Dogon dopo averla appresa dai vicini
Egiziani. Ma anche questa ipotesi è tutta da verificare.
L’intero libro è poi un ‘apoteosi di tutti i misteri dell’antichità, risolti naturalmente
dall’acume di Temple stesso: il mistero della Sfinge e delle Piramidi, di Atlantide, degli antichi
visitatori venuti dallo spazio, etc. Forse pochi sanno che il decimo satellite di Saturno, Febo, per
Robert Temple potrebbe essere una enorme base spaziale (una sfera gonfiata con gas di 160-220
chilometri di diametro) dove bivaccherebbero i Nommo, gli alieni anfibi che hanno preso contatto
con i Dogon tanto tempo fa. Al centro di questa enorme sfera naturalmente, secondo Temple, ci
dovrebbe essere una grossa riserva d’acqua. Ricordiamo, infatti, che i Nommo sono anfibi e non
possono stare all’aria aperta se non per poco tempo. In futuro poi ritorneranno a far visita ai Dogon
a bordo di rombanti e scintillanti navicelle spaziali. Inoltre, i recenti voli interplanetari partiti dalla
Terra ed arrivati nei pressi di Saturno (le sonde Voyager e Cassini) sono fonte di grosse
preoccupazioni per Temple. Queste sonde potrebbero risvegliare i Nommo dal loro secolare letargo
con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare. Anche noi siamo abbastanza preoccupati.
Uguali preoccupazioni debbono averle avute le maggiori agenzie di sicurezza e controspionaggio.
Temple dichiara esplicitamente di essere stato boicottato nel suo lavoro dalla CIA, dal KGB e dalla
NASA che non gradivano che certe verità riguardanti gli extraterrestri fossero diffuse.
.
Le ricerche in biblioteca ci riservano un’altra sorpresa. Leggiamo che due astronomi inglesi,
L.W. Roxburg e T.P. Williams, sulla rivista “The Observatory” (9), nel 1975 hanno risolto, a loro
modo di vedere, semplicemente e drasticamente tutto il mistero della stella nera. In una breve nota
suggeriscono, senza alcun preciso riferimento a dati oggettivi, la seguente ipotesi. Negli anni che
seguirono la scoperta di Sirio B da parte degli astronomi occidentali (meta del XIX secolo) è
possibile che un missionario, un esploratore, o un agente governativo francese sia capitato tra questi
adoratori di Sirio ed abbia riferito loro quanto era stato da poco scoperto su quella stella e sulla sua
compagna. E’ facile che questo ipotetico personaggio avesse con sé un telescopio con cui mostrare
agli stupiti Dogon le bellezze del cielo e le sue principali curiosità. I Dogon avrebbero assimilato
prontamente queste informazioni inserendole nelle loro credenze religiose e cosmologiche per poi
meravigliare gli antropologi che attorno al 1930 iniziarono a studiare assiduamente questo popolo.
Anche il famoso astronomo americano Carl Sagan (10)., e come lui lo scrittore K Brecher
11), ha affrontato il tema dei Dogon e delle loro stupefacenti conoscenze astronomiche. Egli è del
parere dei due astronomi inglesi precedenti che così esprime: “Se un europeo avesse visitato i
Dogon tra gli anni 1920 e 1930, la conversazione sarebbe facilmente caduta su argomenti di
astronomia, compreso Sirio, la stella più luminosa del cielo ed il centro della mitologia Dogon.
Inoltre, negli anni ’20 c’erano diverse discussioni sulla stampa scientifica internazionale riguardo
Sirio cosicché, quando in seguito arrivò Griaule, i Dogon potevano esibire un corpo di conoscenze
scientifiche acquisite da visitatori occidentali alcuni anni prima”.
Un’ulteriore presa di posizione, senza possibilità d’appello, l’ho trovata nell’enciclopedia
“L’Astronomia. Alla scoperta del Cielo”. Nel terzo volume dell’opera, l’astronomo P. Tempesti
sposa senza riserve quest’ultima ipotesi, negando che esista una questione Dogon nei confronti del
sistema doppio di Sirio (12).
I più maligni, oltre criticarne aspramente la metodologia di lavoro, hanno ipotizzato che sia
stato lo stesso Marcel Griaule a mettere in bocca a qualche sedicente saggio Dogon la storia di
queste incredibili conoscenze (13, 14). Griaule, appassionato di astronomia, per convalidare in
modo più o meno lecito certe sue teorie sui Dogon, avrebbe suggerito loro, o favorito, le risposte da
dare alla sua intervista. Tra quelli che sostengono questo atroce sospetto l’antropologo W. E.A. Van
Beek sembra essere quello con le armi più affilate (14). Egli ha studiato in loco il popolo Dogon per
11 anni e non ha mai, se non marginalmente, sentito parlare di Po Tolo e Emme Ya (Sirio B e Sirio
C). Van Beek sottolinea, inoltre, diverse altre presunte incongruenze ed errori nei resoconti di
Griaule non scartando una palese malafede da parte del francese. E’ difficile credere che uno
studioso che ha trascorso 16 anni in Africa a studiare questo popolo di adoratori di Sirio, come
Marcel Griaule, abbia terminato la sua carriera in modo così misero e riprovevole. Se fosse stato un
disonesto, probabilmente si sarebbe deciso molto prima a truccare le carte. Ricordiamo, a sua
difesa, che la sua carriera di antropologo è sempre stata esemplare e stimata per gli alti meriti
guadagnati sul campo. Una accorata e decisa difesa del lavoro di Marcel Griaule contro le critiche e
le accuse di Van Beek è stata fatta dalla sorella e collega di Griaule stesso in un articolo del 1991
(15), essendo Griaule deceduto nel 1956. Se Van Beek ed altri studiosi (16,17) non hanno avuto le
conferme sulle rivelazioni del vecchio Ogotemmeli riguardo Sirio B e Sirio C, ciò potrebbe
dipendere anche dal fatto che essi non sono riusciti a conquistarsi la stima e la fiducia da chi quelle
conoscenze poteva averle. Cose che Griaule sembra essersi invece guadagnate.
Non poteva mancare l’autorevole parere del CICAP. Riporto un ampio brano, a firma di
Gianni Comoretto (18): “Il lavoro di Griaule e Dieterlen è stato criticato per molti aspetti. I due
hanno sempre lavorato con interpreti, e tutta la storia di Sirio deriva da interviste ad una singola
persona. Non hanno tenuto conto del fatto che i Dogon tendono ad evitare ogni forma di contrasto, e
quindi a non contraddire una persona stimata e rispettata (come erano loro) se questa fa ipotesi un
po' strampalate. Griaule e Dieterlen affermano che i Dogon conoscono pure una terza compagna di
Sirio, che non è conosciuta. L'interpretazione della stella compagna come una stella doppia è
scarsamente documentabile anche dal lavoro dei due antropologi. Ma la cosa che fa crollare
miseramente la teoria è che i Dogon non sono inaccessibili. Sono una delle etnie più studiate del
centrafrica, e nessuno ha mai trovato traccia delle conoscenze anomale. Al di fuori praticamente
dell'informatore di Griaule e Dieterlen, nessuno ha mai sentito parlare di stelle compagne, o di
periodi di 50 anni, o di materia ultrapesante. Questo non è spiegabile con conoscenze segrete,
perché i Dogon non hanno un corpo mitico segreto. La conoscenza è diffusa, senza una casta che
custodisce i segreti religiosi”.
C’ è da chiedersi quali siano le fonti a cui si ispira questo Sig. Comoretto. Da quello che
scrive, mi sembra di riconoscere nelle sue affermazioni alcuni brani estratti da due o tre articoli
(non di più) presenti su Internet. Stranamente, egli ha colto dal WEB solo quello che risultava
contrario al mito di Sirio e, con mezz’ora di lavoro, ha risolto un problema al quale diversi austeri
studiosi hanno dedicato una parte non indifferente della loro vita.
Un’altra spiegazione che non può essere scartata a priori è quella che prevede una
straordinaria coincidenza. I Dogon avrebbero, in tempi antichi, elaborato i loro miti collegati alla
stella Sirio i quali, solo per una incredibile coincidenza, conterrebbero dei dati astronomici
coincidenti con quanto la scienza moderna ha di recente messo in evidenza (19, 20).
Cito soltanto per dovere di cronaca due ultime ipotesi che non hanno nessun conforto né
dalla storia, né dalla scienza, oltre che dal buon senso. La prima ipotesi sostiene che le stelline
compagne di Sirio sarebbero state effettivamente osservate dai Dogon grazie a misteriose proprietà
della melanina posseduta in grande quantità dalle razze negroidi. Questo pigmento naturale avrebbe
il potere di aumentare notevolmente l’acuità visiva (21). C’è poi chi è convinto che gli antichi Egizi
siano stati in grado di vedere Sirio B servendosi di fantomatici telescopi (22). E’ bastato il presunto
ritrovamento di una sfera di cristallo di buona fattura tra i reperti archeologici egizi per arrivare a
formulare questa ultima fantastica ipotesi.
Conclusioni
Un’intera generazione è stata colpita, nel bene o nel male, dalle rivelazioni inquietanti
contenute nel libro di Robert Temple: The Sirius Mystery. Un libro di grande successo, tradotto in
diverse lingue, che ha messo in moto reazioni contrastanti. Molte critiche, specialmente da parte
degli ambienti accademici, ed alcune posizioni a favore. Anch’io ho letto questo libro e non ne sono
rimasto per niente entusiasta. La critica principale che mi sento di fare a Temple è quella di avere
utilizzato un tema di un certo interesse e di averlo poi svilito con estrapolazioni ed aggiunte
fantasiose e fantastiche. Una storia originariamente bella è diventata il pretesto per divulgare le
proprie folli farneticazioni, il tutto con la pretesa di una profonda scientificità. E non c’è da stupirsi
se la scienza ha ridicolizzato un tema che invece possiede un certo valore ed un certo fascino. Nulla
conta se abbastanza di recente è uscita una nuova edizione di questa opera con il rassicurante
sottotitolo: “New Scientific Evidence for Alien Contact 5.000 Years Ago” (23). Di veramente
scientifico c’è assai poco.
Messa da parte la spiegazione aliena proposta da Robert Temple, quella presentata dagli
astronomi sopra citati (Roxburg, Williams, Sagan e Tempesti) per spiegare il mistero di Sirio, anche
se possibile, mi lascia notevoli perplessità. In primo luogo essa si basa su delle semplici congetture
non confortate da alcun riscontro oggettivo. Un’altra ragione che mi fa apparire poco plausibile
l’ipotesi di questi astronomi è legata alla geografia del mondo Dogon che conosco per avervi
soggiornato per quasi tre mesi nel 1990. I Dogon vivono in piccoli villaggi disseminati su un vasto
altopiano roccioso, spesso senza reciproche vie di comunicazione. I contatti tra i vari villaggi sono
scarsi o nulli tanto che gli abitanti dei villaggi più distanti non si comprendono per il diverso
dialetto impiegato. Una storia che giunge in un villaggio ha, per queste ragioni, scarse probabilità di
diffondersi a macchia d’olio negli altri abitati dell’altopiano e, a maggior ragione, di essere accettata
ed inserita nella loro tradizione e nei loro miti.
Non mi sento di escludere del tutto la malafede di Griaule, anche se vorrei tantissimo che
così non fosse. Che più di temi mitologici di un lontano passato, non si tratti invece di esagerazioni
od invenzioni dell’antropologo francese.
Anche le altre ipotesi presentate in questo lavoro non sembrano in grado di esaurire in modo
convincente l’intero problema. Già il fatto che di possibili spiegazioni ce ne siano diverse conferma
che stiamo ancora brancolando in un buio intenso. Buio intenso che permette ad un libro, come
quello di Robert Temple, con tutte le sue imprecisioni e fantasticherie, di diventare un libro di
successo incredibile e sollevare discussioni a non finire tra gli studiosi di tutto il mondo. Se un
merito lo vogliamo trovare in questo libro, a mio parere esso riguarda il fatto di avere portato alla
ribalta internazionale un piccolo popolo africano di cui quasi nessuno aveva mai sentito parlare
prima. Un piccolo popolo mite ed estremamente sensibile la cui storia merita di essere conosciuta e
diffusa anche se, alla fine, si troverà che i loro miti non sono altro che miti, e che la storia di Sirio B
e di Sirio C appartiene ad una realtà che a noi occidentali nulla riguarda o poco interessa.
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Contact 5.000 Years Ago. Destiny Books.
Summary: The Dogon and the myth of the Black Star
In the sub-saharan state of Mali, near the village of Bandiagara, since centuries has been living the
Dogon people who has preserved his cultural and mitological heritage almost intact. The book “The
Sirius Mistery” was written in 1976 by Robert Temple and brought the Dogons to the attention of
the scientific world for their alleged knowledge of the presence of a little star (Sirius B), companion
of Sirius. They speak also of a third little star in the Sirius system (Sirius C). They seem to know
many other information about these three stars as well as about other astronomical items. According
to their mythology, these astronomical knowledges were given to them after having been contacted
long ago by aliens coming from a planet orbiting Sirius C. What the Dogons were supposed to
know about Sirius was confirmed by the western science only recently. This article deals with this
supposed relationship between the Dogons and Sirius and describes the legendary atmosphere that
has grown around this people and his astronomical knowledges. The several theories that have
been proposed to explain the Sirius mistery are extensively presented and discussed.