Franco Basaglia (Venezia, 11 marzo 1924 – Venezia, 29 agosto 1980) è stato uno psichiatra italiano, rappresentante della psichiatria italiana del Novecento. A lui si deve l'introduzione in Italia della "legge 180/78", dal suo nome chiamata anche Legge Basaglia, che introdusse una importante revisione ordinamentale sui manicomi e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti psichiatrici sul territorio. Legge 180/78 « La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere » (Franco Basaglia) La legge 180, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, del 13 maggio 1978,[1] meglio nota come legge Basaglia (dal suo promotore in ambito psichiatrico, Franco Basaglia) è una nota e importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Successivamente la legge confluì nella legge 833/78 del 23 dicembre 1978, che istituì il Servizio Sanitario Nazionale. La legge fu una vera e propria rivoluzione culturale e medica, basata sulle nuove (e più "umane") concezioni psichiatriche, promosse e sperimentate in Italia da Franco Basaglia. Prima di allora i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento fisico, dove si applicava ogni metodo di contenzione e pesanti terapie farmacologiche e invasive, o la terapia elettroconvulsivante (che per alcuni casi viene tuttora utilizzata). Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali. La legge 180 demandò l'attuazione alle Regioni, le quali legiferarono in maniera eterogenea, producendo risultati diversificati nel territorio. Nel 1978 solo nel 55% delle province italiane vi era un ospedale psichiatrico pubblico, mentre nel resto del paese ci si avvaleva di strutture private (18%) o delle strutture di altre province (27%).[2] Di fatto solo dopo il 1994, con il Progetto Obiettivo e la razionalizzazione delle strutture di assistenza psichiatrica da attivare a livello nazionale, si completò la chiusura effettiva dei manicomi in Italia. Nonostante critiche e proposte di revisione, la legge 180 è ancora la legge quadro che regola l'assistenza psichiatrica in Italia. Storia A studiare per primi la malattia mentale sono stati, nell’Ottocento, gli anatomisti ed i fisiologi, ma è solo con Emil Kraepelin (1856-1926) che si è cominciato ad inquadrare e a classificare la malattia mentale, presupponendo l’esistenza di una eziologia ancora sconosciuta, poggiante su alterazioni organiche dell’apparato cerebrale. La diffusione delle idee psicoanalitiche prima ed il contributo di nuove discipline poi, come la filosofia fenomenologica, la sociologia, la psicologia sociale, contribuirono notevolmente ad un costante, ma progressivo affrancamento della nuova scienza psichiatrica dalla neurologia e dunque dall’ambito prettamente organigistico. In questo quadro culturale è nato il movimento dell'Antipsichiatria, nei primi anni Sessanta. I suoi principali esponenti sono stati Ronald Laing e David Cooper in Inghilterra, Michel Foucault e Félix Guattari in Francia, Franco Basaglia in Italia e Thomas Szasz negli Stati Uniti. Alla base di questo modello della malattia mentale vi è un concetto di "violenza", che il malato subirebbe nei suoi contatti sociali, sin dalla più tenera età. Viene puntato il dito anzitutto sulla famiglia, luogo dove vengono inibite le potenzialità del bambino e dell'adolescente, allo scopo di creare sempre nuovi sudditi del ‘sistema’: occorrono consumatori, carne da cannone, strutture di ubbidienza al potere. Gli individui così condizionati e oppressi possono affollare le fabbriche e ricostituire nuove coppie stabili, procreare altri figli, ricreare altre famiglie, e così perpetuare il ciclo. In questa visione, tutti coloro che vogliono uscire da questo ingranaggio di mediocrità e di mortale ubbidienza, diventando cittadini liberi, vengono etichettati come nevrotici o pazzi. La famiglia viene dunque individuata come luogo primario di violenza, non solo nei casi di abuso sessuale o maltrattamenti, ma anche solo attraverso il tipo di educazione conformista impartita dai genitori. Il malato di mente viene visto anzitutto come una vittima dell'oppressione sociale, che tenta in tutti i modi di 'normalizzarlo', spingendolo verso il conformismo. In questo senso la follia sarebbe dovuta ad una forma di trasgressione dalla norma sociale, anche laddove si esprima attraverso l’originalità e la genialità. Con l'antipsichiatria la scienza ufficiale viene accusata di concentrare la propria attenzione sulla malattia individuale e sulle sue basi organiche, trascurando l'origine sociale dei disturbi psichici. La psichiatria tradizionale viene vista come una funzione necessaria al "sistema" per sopravvivere attraverso il 'trattamento' di tutti i devianti, che vengono esclusi definitivamente dalla vita sociale, grazie all’istituzionalizzazione. Le ‘cure’ somministrate nei manicomi del tempo (dosi elevate di psicofarmaci, medicinali di nuova invenzione ed ancora in fase di sperimentazione, elettroshock, misure costrittive) vengono considerate forme di violenza sociale su persone fragili, che avevano già dovuto subire violenze da parte della famiglia e della società per il loro mancato adeguamento al conformismo sociale. L'antipsichiatria vuole invece tutelare i diritti di queste persone e lasciarle libere di esprimersi e di reinserirsi nel tessuto sociale. I manicomi, considerati centri di potere molto rilevanti nell'equilibrio della comunità locale, oltre che campi di manovre clientelari e serbatoi di voti (grazie al clientelismo delle assunzioni di un numero spropositato di addetti) dovevano essere aboliti. Così fu in Italia grazie al massimo esponente di questo movimento, lo psichiatra Franco Basaglia (1924-1980), il quale vedeva nello psicoterapeuta, nell'assistente sociale, nello psicologo di fabbrica, nel sociologo industriale, i nuovi amministratori della violenza del potere: ammorbidendo gli attriti, sciogliendo le resistenze, risolvendo i conflitti provocati dalle istituzioni in forma ‘tecnica’, apparentemente riparatrice e dunque non violenta, consentivano in realtà il perpetuarsi della violenza globale ed impedivano di fatto la guarigione dei malati. Lo psichiatra doveva dunque rifiutare il suo ruolo, sottolineare l'origine sociale dei disturbi psichici e impegnarsi politicamente nell'eliminazione delle contraddizioni sociali, per la trasformazione della società. Così sarebbe nata una società più libera e giusta e la malattia mentale sarebbe drasticamente diminuita. La legge n. 180 del 1978, nota come Legge Basaglia, abolì dunque gli ospedali psichiatrici ed istituì i servizi di igiene mentale, per la cura ambulatoriale dei malati di mente.A posteriori si può senz'altro dire che grazie a questo movimento è stato possibile portare all'attenzione dell'opinione pubblica i numerosi casi di abuso e di violenza perpetrati su persone incapaci di difendersi, la ghettizzazione dei malati, il pessimismo terapeutico che li vedeva come persone ormai definitivamente ‘perse’, che andavano solo sedate ed emarginate, per il bene della società. Con la legge Basaglia molte persone malate hanno potuto vivere una vita abbastanza ‘normale’, accanto ai familiari, avendo la possibilità di muoversi liberamente, di lavorare, di essere seguiti ‘a distanza’ da un équipe terapeutica che si occupava di migliorare, in tutti i modi, la loro esistenza. La famiglia infatti ha un ruolo insostituibile nella vita di una persona ed i servizi sociali sono utili solo in quanto riescono ad appoggiare ed aiutare la famiglia dall’esterno. Purtroppo però, non tutti i familiari hanno il tempo, la forza, le risorse, per farsi carico dei tanti problemi che sorgono quando qualche familiare si trova in condizioni di disabilità mentale e non sempre i servizi sociali si sono mostrati in grado di sopperire a queste carenze. In questo senso la legge Basaglia andrebbe forse rivista, in modo da ampliare ulteriormente l’aiuto delle istituzioni alle famiglie che hanno un malato mentale in casa e che non possono essere abbandonate a sé stesse. C’è da chiedersi tuttavia, ma è solo un’insinuazione, se non esista attualmente una potente lobby di case farmaceutiche, medici psichiatri, e quant'altro, che preme da tempo su certo mondo politico, perché questa legge Basaglia sia definitivamente dichiarata 'fallita': non rivista ed adattata ai tempi, ma cancellata dal nostro ordinamento, che potrebbe presto salutare la riapertura dei manicomi. Pardon, delle 'case di cura'. Private, naturalmente... Rendendo legale ciò che adesso già si fa, tra le pieghe della legge. Origini dell'antipsichiatria Sin dalle sue origini, la psichiatria ha conosciuto un'opposizione che è andata gradualmente fondandosi su basi professionali nel corso del XIX secolo. Le dispute spesso riguardavano i diritti di custodia su quanti erano visti come pazzi, rinchiusi nei diffusi ricoveri per lunatici, e le interpretazioni teoriche divergenti dei problemi mentali. Uno degli argomenti dei critici era, ad esempio, che le nuove categorie di malattia mentale introdotte da Emil Kraepelin, e successivamente entrate nell'uso psichiatrico, avevano una loro base comportamentale anziché patologica o eziologica. Negli anni 20 l'opposizione surrealista alla psichiatria venne espressa in numerose pubblicazioni surrealiste.Gli anni 30 videro l'introduzione di pratiche mediche controverse, inclusa l'induzione di coma tramite elettrochoc, insulinoterapia o altri farmaci, o l'asportazione di parti del cervello (lobotomia). Queste pratiche erano impiegate largamente dalla psichiatria, ma contemporaneamente venivano manifestate gravi preoccupazioni e forti opposizioni in considerazione di problemi etici, degli effetti dannosi e dell'abuso di tali pratiche.Negli anni 50 furono sviluppati i primi psicofarmaci, in particolare l'antipsicotico clorpromazina, e lentamente il loro uso soppiantò le precedenti "terapie". Sebbene spesso accettati in qualche modo come un progresso, non mancarono le posizioni critiche, dovute ai gravi effetti collaterali quali la discinesia tardiva. I pazienti spesso si opponevano alla psichiatria e rifiutavano, o cessavano, l'assunzione di queste sostanze quando non sottoposti al controllo psichiatrico. Cresceva inoltre l'opposizione all'uso degli ospedali psichiatrici e si facevano strada tentativi di riportare le persone alla comunità attraverso gruppi collaborativi autogestiti - comunità terapeutiche - non controllati dalla psichiatria. Per venire alla fine degli anni 60, il termine "antipsichiatria" (usato per la prima volta da David Cooper nel 1967) definiva un movimento che contrastava le teorie e pratiche fondamentali della psichiatria dominante. Gli psichiatri non biologici Ronald Laing, Theodore Lidz, Silvano Arieti e altri rgomentarono che la schizofrenia può essere compresa come un danno all'io interiore inflitto da genitori "schizofrenogenici" psicologicamente invasivi. Arieti vinse l'American National Book Award nel campo della scienza per il suo lavoro Interpretazione della Schizofrenia, in cui egli rifiuta il modello medico di schizofrenia e introduce invece un approccio psicologico al malessere.Lo psichiatra Thomas Szasz affermò che l'espressione "malattia mentale" è una combinazione internamente incoerente di un concetto medico e uno psicologico, ma popolare perché legittima l'uso della forza psichiatrica per controllare e limitare la devianza dalle norme sociali. Quanti aderivano a questa opinione facevano riferimento al "mito della malattia mentale", dal titolo del controverso libro di Szasz.In Italia si riferiscono a Thomas Szasz il professor Edelweiss Cotti di Bologna e il dottor Giorgio Antonucci di Firenze e entrano anche in contatto diretto con lui. C'è da dire che sebbene il movimento originariamente descritto come antipsichiatrico venisse generalmente associato al movimento di controcultura degli anni 60, Szasz, Lidz e Arieti non aderirono mai ad esso. Michel Foucault, Erving Goffman e altri criticarono il potere e il ruolo della psichiatria nella società, incluso l'uso di "istituzioni totali", "etichettamento" e stigmatizzazione[4]. Il romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo divenne un bestseller, in risonanza con la preoccupazione pubblica circa la medicalizzazione forzata, la lobotomia e l'elettrochoc usate per controllare i pazienti. In aggiunta, i documentatori dell'Olocausto affermarono che la medicalizzazione dei problemi sociali e l'eutanasia sistematica delle persone nelle istituzioni mediche mentali tedesche degli anni 30 avevano fornito le basi istituzionali, procedurali e dottrinali dello sterminio di massa degli anni 40. Il Processo di Norimberga coinvolse numerosi psichiatri che detenevano posizioni chiave nel regime nazista. L'osservazione degli abusi psichiatrici dell'Unione Sovietica inoltre portò alla messa in discussione della pratica psichiatrica nel mondo occidentale. In particolare, la diagnosi di schizofrenia di molti dissidenti politici portò alcuni a evidenziare la genericità diagnostica e l'uso punitivo dell'etichetta di schizofrenia. Questo sollevò la questione se l'etichetta di schizofrenia e il conseguente trattamento psichiatrico coatto non fossero similmente usati in Occidente per soggiogare giovani ribelli, sebbene fondamentalmente sani, nel caso di conflitti familiari.Nuovi approcci professionali furono sviluppati come alternativa, o complemento, alla psichiatria. Furono sviluppate terapie del lavoro sociale, umanistiche o esistenzialiste e di auto-aiuto. La Psicoanalisi fu criticata sempre più come non scientifica. Contrariamente alla visione popolare, i critici e biografi di Freud, come Alice Miller, Jeffrey Masson e Louis Breger, affermarono che Freud non aveva colto la natura del trauma psicologico.Il movimento antipsichiatrico è stato inoltre guidato da persone che avevano alle spalle esperienze negative di cura psichiatrica: vale a dire che sentivano di essere stati danneggiati dalla psichiatria o che avrebbero potuto essere meglio aiutati da altri approcci. Tra di loro anche individui che erano stati inseriti in istituzioni psichiatriche con la forza fisica e sottoposti a cure o procedure coatte. Durante gli anni 70, il movimento antipsichiatrico promosse l'eliminazione di molte pratiche che vedeva come abusi psichiatrici. Il movimento dei diritti degli omosessuali si oppose alla classificazione dell'omosessualità come malattia mentale, e in un clima di acceso dibattito nel 1973/1974 l'American Psychiatric Association decise con una piccola maggioranza (58%) di rimuoverla dalle categorie nosografiche; ciononostante l'omosessualità egodistonica rimase fino al 1987. L'aumento di protezioni legali e professionali, e l'alleanza con movimenti per i diritti umani e per i diritti dei disabili, rafforzarono la teoria e la pratica antipsichiatrica.Per di più, e in gran parte per vie separate, alcuni culti contemporanei e nuovi movimenti religiosi, in particolare Scientology, iniziarono a combattere aspetti della teoria e della pratica psichiatrica.L'antipsichiatria, che si opponeva alla concezione 'biomedica' della psichiatria (genetica, neurochimica e farmacologica), con sempre maggior enfasi criticò il crescente legame tra la psichiatria e l'industria farmaceutica, che stava diventando più potente: sempre più energicamente quest’ultima veniva accusata di avere un'influenza eccessiva, ingiustificata e illegale sulla ricerca e sulla pratica psichiatrica. Cresceva anche l'opposizione del movimento antipsichiatrico alla codificazione e all'abuso di diagnosi psichiatriche nei manuali, in particolare ad opera della American Psychiatric Association, che pubblica il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. L'antipsichiatria ha sempre più criticato il pessimismo psichiatrico a proposito di quanti erano classificati come malati mentali. Gli utenti della salute mentale reclamavano la piena guarigione, l'empowerment e la capacità di autogestirsi. Il nuovo approccio intendeva sfidare lo stigma e la discriminazione, incoraggiare la gente con problemi di salute mentale ad impegnarsi più pienamente nel lavoro e nella società e coinvolgere nella valutazione di servizi sanitari mentali gli stessi utenti di quei servizi. Tuttavia, quanti attivamente e apertamente criticavano i fondamenti etici e l'efficacia della pratica psichiatrica tradizionale, sono rimasti marginalizzati all'interno della psichiatria e dell'intera comunità dei professionisti della salute mentale. Critiche scientifiche. La moderna pratica psichiatrica tenta di creare e utilizzare criteri diagnostici espliciti per le malattie mentali, come il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali o DSM. Questo metodo di pratica è spesso chiamato 'neokraepeliniano', da Emil Kraepelin, lo psichiatra che promosse tale approccio. Quanti criticano il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali sostengono che, nonostante la pubblicità dei media, non è ancora stato dimostrato che la schizofrenia sia una condizione biomedica. Ancora, alcuni iniziarono a guardare all'eziologia traumatogenica di alcuni tipi di schizofrenia come a un approccio rivoluzionario nel campo della salute mentale. La quarta edizione del DSM è una lista di 374 condizioni. In essa, solo 2 di queste - il "disordine da stress post-traumatico" e il "disordine da identità dissociativa" - sono considerate psicogenetiche o causate da esperienze traumatiche: un punto di frattura con gli psichiatri critici è che gli psichiatri biologici sostengono che molti altri disordini sono entità biomediche di eziologia ignota. Ad esempio, in una dichiarazione rilasciata nel settembre 2003 l'American Psychiatric Association, che rappresenta 36.000 medici di spicco nella salute mentale, riconosce che "la scienza cerebrale non è avanzata al punto da permettere a scienziati o clinici di poter indicare lesioni patologiche discernibili o anomalie genetiche che di per sé servano come 'biomarcatori' affidabili o predittivi per un dato disordine mentale o gruppo di disordini mentali. [...] I disordini mentali si dimostreranno molto probabilmente rappresentare disordini di comunicazione intracellulare, o disfunzioni del circuito neurale". I critici della psichiatria spesso sono scettici sulle affermazione proiettate nel futuro ("si dimostreranno molto probabilmente"). Nella professione psichiatrica, le persone etichettate con un disordine del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali vengono in genere trattate con psicofarmaci o con elettrochoc. Poiché in molti casi questi vari trattamenti vengono somministrati in maniera coatta, il punto di vista dei critici è che la mancanza di marcatori biologici oggettivi costituisca un punto di grande preoccupazione. Similmente, il fatto che milioni di bambini vengano trattati con metilfenidato (Ritalin) o altri psicofarmaci è una questione che il movimento antipsichiatrico – e non solo – indica come motivo di preoccupazione ed anche aperta condanna. La critica alla focalizzazione sui fattori biochimici « Si drogano i depressi e i folli, li si rende presentabili. Almeno tacciono, e si può sempre distogliere gli occhi dal loro viso idiota. » La focalizzazione sull'indagine biochimica circa la malattia mentale è considerata dai critici ingiustificata. La maggior parte degli psichiatri maggioritari ritiene che il bilanciamento dei neurotrasmettitori nel cervello sia il maggior regolatore biologico della salute mentale. In questa teoria, le emozioni in uno spettro 'normale' riflettono un bilancio corretto della neurochimica, ma emozioni anormalmente estreme, come la depressione clinica, riflettono uno squilibrio chimico. Gli psichiatri affermano che i farmaci regolano i neurotrasmettitori e che il trattamento delle personalità anormali consiste nel rimuovere un eccesso o nel colmare un deficit neurochimico. Comunque i farmaci attuali, specialmente i neurolettici, popolarmente noti come 'antipsicotici', mancano di specificità, portando alla contro-affermazione che essi funzionano come "camicie di forza chimiche". I critici insistono sull'obiezione che le affermazioni e le assunzioni biochimiche della psichiatria maggioritaria non sono supportate da prove e sono giudizi parziali. Vi sono, ancora, quanti credono che i media abbiano distorto l'informazione promuovendo l'idea che l'autismo sia una malattia mentale. Leo Kanner vide l'autismo come un disordine psicologico risultante da relazioni problematiche con i genitori. Bisogna dire che il punto di vista di Kanner è stato sottoposto negli anni a revisioni profonde e non risulta oggi molto attuale: ad ogni modo gli psichiatri che non accettano il modello medico delle malattie mentali, come Peter Breggin, sostengono che etichettare i bambini infligga umiliazioni e danni ulteriori all'autostima di un bambino già traumatizzato. La critica alla concentrazione sui fattori genetici. Secondo la psichiatria, i fattori genetici e ambientali appaiono entrambi di vitale importanza nel determinare lo stato mentale: dunque alcuni fattori genetici possono predisporre le persone a particolari malattie mentali. Ad oggi - e in contrasto con qualunque altra malattia che colpisce quasi qualunque altro organo umano che il cervello - solo alcune lesioni genetiche sono state proposte come meccanicamente responsabili di condizioni psichiatriche. La ragione addotta per la scarsa comprensione dell'eziologia genetica è che i legami tra geni e stati mentali definiti anormali appaiono altamente complessi, coinvolgendo estese influenze ambientali, e possono essere mediati in molti modi differenti, ad esempio dalla personalità, il temperamento o gli eventi di vita. Quindi mentre studi sui gemelli e altre ricerche suggeriscono che la personalità è ereditabile fino a un qualche livello, le basi genetiche per particolari tratti di personalità o temperamento e i loro legami con problemi di salute mentale non sono attualmente chiari.Spesso gli antipsichiatri argomentano che i biopsichiatri usano una terminologia genetica in modo antiscientifico per dare vigore ai propri argomenti, ad esempio riferendosi a scoperte di basi genetiche per malattie e debolezze, piuttosto che al ruolo di fattori genetici in tratti che possono generare alcuni problemi con maggiore probabilità in determinati contesti che in altri. Alcuni propongono che le differenze biochimiche osservate in alcune malattie mentali non sono la causa genetica, ma piuttosto l'effetto di una condizione causata soltanto da un trauma psicologico. Altri sostengono che non è coinvolta alcuna componente genetica significativa, suggerendo invece che gli schemi di trasmissione genetica familiare sono neutrali in confronto all'eziologia ambientale e all'influenza di contesti di vita familiari o sociali fortemente abusanti. La critica ai concetti di normalità e malattia I critici in genere non negano il fatto che alcune persone abbiano problemi emotivi o psicologici, o che alcune psicoterapie non funzionino per un certo problema. In genere sono in disaccordo con gli psichiatri sulla causa di questi problemi; sull'appropriatezza di caratterizzare questi problemi come malattie; infine su quali siano le opzioni appropriate di gestione. Un argomento che usano è che anche l'innamoramento, ad esempio, può essere fonte di grandi sofferenze, ma ciò non significa che esso sia una malattia. Una preoccupazione primaria degli antipsichiatri è che il grado individuale di appartenenza a valori comunitari o maggioritari può essere usato per determinare il livello di salute mentale della persona. Usando questa logica, sostengono, in un evento di violenza comunitaria come una lapidazione pubblica, una persona che si astiene dalla violenza potrebbe essere diagnosticata mentalmente malata ed essere trattata conseguentemente. Inoltre, molti sentono di essere stati patologizzati semplicemente perché sono diversi. Alcune persone cui è stata diagnosticata la Sindrome di Asperger o l'autismo sostengono questa posizione (vedi il movimento per i diritti degli autistici). Mentre molti genitori di bambini con diagnosi di autismo si oppongono agli sforzi degli attivisti autistici, ci sono alcuni che dicono di stimare l'unicità dei propri bambini e non desiderano una 'cura' per il loro autismo. La comunità autistica ha coniato numerosi termini che sembrano formare le basi di un nuovo ramo dell'identità politica; termini come "neurodiversità", "neurotipico" e "neurodivergente". La psichiatria come pseudoscienza? Molte delle questioni sopra riportate, ed altre, portano all'affermazione comune nel movimento antipsichiatrico che la psichiatria sia una pseudo-scienza. Secondo la filosofia della scienza generalmente accettata, perché una teoria possa qualificarsi come hard science deve esibire le seguenti caratteristiche: parsimonia: non dev'essere più complessa di quanto il fenomeno da spiegare non richieda (vedi il Rasoio di Occam); dev'essere empiricamente testabile e falsificabile (vedi falsificabilità); dev'essere modificabile: ovvero, se necessario, la teoria può essere modificata se vengono scoperti nuovi dati; dev'essere progressiva: consentire cioè le descrizioni di successo precedenti e spiegare ed aggiungere altro; dev'essere provvisoria: non deve cioè sostenere di essere la descrizione o spiegazione finale. Secondo i critici, la psichiatria non si qualifica come una scienza per molti dei punti sopra citati: la maggioranza delle ipotesi biologiche in psichiatria - essi sostengono - sono non testabili e quindi non falsificabili. Inoltre, per molte sindromi non è presente in letteratura un quadro sintomatologico, con il quale diventano facilmente identificabili, oppure lo stesso insieme di sintomi è condiviso da un numero elevato di sindromi o di comuni malattie fisiche, prive di qualsiasi implicanza psichica. Critica del rapporto tra psichiatria e industria farmaceutica. I biopsichiatri prescrivono psicofarmaci per adulti e bambini. L'assunzione dei farmaci può essere volontaria o, in certe situazioni, coatta. Gli psichiatri affermano che numerose cure hanno una efficacia dimostrata nel migliorare o gestire diversi disordini di salute mentale. Questo include un insieme di diversi gruppi di sostanze cui ci si riferisce come antidepressivi, tranquillanti e neurolettici. Dal canto loro, gli psichiatri non biologici sostengono che i loro colleghi esagerino le prove di efficacia e minimizzino quelle di reazioni avverse. Secondo i critici, agli individui non viene data un'informazione sufficientemente bilanciata e la possibilità di un reale consenso informato; le attuali cure psichiatriche – aggiungono – non sembrano essere specifiche per particolari disordini come sostenuto dagli psichiatri della corrente prevalente; e che gli psicofarmaci non solo non correggono squilibri chimici misurabili nel cervello, ma inducono anche effetti collaterali indesiderati. L'esempio che portano è quello per cui, sebbene i bambini trattati con Ritalin o altri farmaci stimolanti diventino più obbedienti verso genitori e insegnanti, essi svilupperebbero movimenti anormali come tic, spasmi e altri movimenti involontari. Anche la diagnosi di Disturbo dell'Attenzione/Iperattività sulla base della disattenzione nella scolarizzazione forzata suscita la preoccupazione dei critici, che parlano di uso di sostanze psicoattive come mezzo per un ingiusto controllo sociale sui bambini: se un adulto abbandonasse di punto in bianco una lezione o uno spettacolo pubblico – vuoi per disgusto, vuoi per noia – questo verrebbe considerato generalmente un giudizio negativo sulla performance, non sullo spettatore. L'influenza dell'industria farmaceutica e il conflitto di interesse degli psichiatri sono altre questioni importanti per il movimento antipsichiatrico. L'industria farmaceutica è una delle più potenti e con maggiori profitti e, come Joe Sharkey ha argomentato, esistono molti legami finanziari e professionali tra la psichiatria e le case farmaceutiche. Queste ultime finanziano costantemente molta della ricerca condotta dagli psichiatri; costantemente reclamizzano i propri farmaci in giornali e conferenze psichiatriche, finanziano organizzazioni psichiatriche nonché campagne di sensibilizzazione per la salute; e costantemente inviano i propri portavoce per influenzare psichiatri e politici. Sharkey e altri investigatori dell'industria psicofarmaceutica affermano che molti psichiatri, che promuovono, autorizzano il commercio, o prescrivono determinati farmaci ai loro pazienti, sono anche membri, consiglieri speciali o azionisti di organizzazioni farmaceutiche o organizzazioni a loro associate. Ci sono prove che i risultati della ricerca e la prescrizione di farmaci ne vengono influenzati. Un'inchiesta parlamentare trasversale del Regno Unito sull'influenza dell'industria farmaceutica nel 2005 ha concluso: che "l'influenza dell'industria farmaceutica è tale da dominare la pratica clinica" (pagina 100) e che ci sono seri malfunzionamenti nella regolazione dell'uso dei farmaci, tanto da denunciare "la crescente medicalizzazione della società" (pagina 101). L'organizzazione della campagna No Free Lunch descrive la diffusa accettazione da parte dei professionisti medici di regali dalle industrie farmaceutiche e l'effetto di ciò sulla pratica psichiatrica[31]. È stata inoltre segnalata la pratica di articoli creati da ghost writer delle industrie farmaceutiche, che vengono poi presentati come scritti da stimati psichiatri. Ricerche sistematiche hanno mostrato che i test di psicofarmaci condotti con fondi di industrie farmaceutiche hanno molte più probabilità di riportare risultati positivi che studi effettuati senza tali finanziamenti. Ancora, un argomento della critica antipsichiatrica è che il numero di prescrizioni di psicofarmaci è cresciuto ad un tasso estremamente alto dagli anni 50 e non mostra segni di diminuzione. Negli Stati Uniti gli antidepressivi e i tranquillanti sono ora la classe più venduta tra i farmaci che richiedono prescrizione, e anche i neurolettici e altri psicofarmaci si situano vicino al vertice, tutti con vendite in espansione. Come soluzione di questi presunti conflitti di interesse, i critici propongono leggi per separare l'industria farmaceutica dalla professione psichiatrica. Critica all'elettroshock La biopsichiatria dunque promuove l'uso di psicofarmaci; e una parte di essa interventi più controversi quali l'elettrochoc; la lobotomia (attualmente chiamata psicochirurgia) è stata vietata in alcuni Stati, mentre in altri (tra cui l'Italia) non è stata abolita ma è semplicemente caduta in disuso. Nonostante i potenziali effetti collaterali, soprattutto perdita di memoria, l'uso dell'elettrochoc (chiamato anche terapia elettroconvulsivante o TEC) è utilizzata in tutto il mondo per una varietà di malattie mentali. Comunque, come conferma anche l'attivista salutista Vernon Coleman, la pratica è ora più limitata: "Negli Stati Uniti, il 92% degli psichiatri non usa la TEC. E la "terapia" è usata da una minoranza di psichiatri in altri Paesi". Coleman è tra un numero crescente di critici che ritengono che la TEC una "disgrazia per la psichiatria e per l'intera professione medica". Max Fink, un bio-psichiatra, ha affermato, nel numero di gennaio/Febbraio 1978 di Comprehensive Psychiatry che "le principali complicazioni della TEC sono: morte, danni al cervello, danni alla memoria e convulsioni", tuttavia egli ritiene che "ha salvato molte vite". In Clinical Psychiatric News, marzo 1983, Sidney Samant, M.D., afferma che “la Terapia elettroconvulsivante in effetti può essere definita come un tipo controllato di danno al cervello prodotto per via elettrica”. Comunque, una ricerca sistematica del 2003 ha concluso che, nonostante questi rischi, la TEC "è un efficace trattamento a breve termine per la depressione" sebbene questa tesi sia discussa. Critiche sul rapporto psichiatria e legge Gli psichiatri spesso sono chiamati a testimoniare, nell'esercizio della disciplina cosiddetta psichiatria forense in qualità di periti, se un individuo sia o meno mentalmente idoneo ad affrontare un processo e idoneo ad essere punito (è la cosiddetta difesa per insanità mentale), e se fosse o meno imputabile per infermità di mente nel momento in cui aveva commesso il fatto (o se queste condizioni esistessero ma in misura parziale: in questo caso si applica uno sconto di pena). Vi sono critiche e contestazioni, perfino da parte di alcuni professionisti della salute mentale, sul diritto degli psichiatri e del sistema giudiziario di fare ciò o sul modo in cui ci viene fatto. Sin dagli anni 60 Thomas Szasz ha affermato che, poiché la malattia mentale è un concetto incoerente, la difesa per insanità dovrebbe essere abolita. Giorgio Antonucci precisa che non basta dire che il concetto di malattia mentale è un concetto incoerente ,ma si deve aggiungere che è un concetto del tutto arbitrario, che può essere applicato o negato alla stessa persona nello stesso momento. La maggioranza dei colleghi, favorevoli all'attuale uso della psichiatria, non accetta, però, questa critica. È anche oggetto di critica, se non di stupore, la possibilità da parte dei periti psichiatrici di stabilire, spesso con un semplice colloquio effettuato nel presente con un individuo (e per di più di farlo con precisione e sicurezza), se egli avesse in un determinato momento precedente una malattia tale da renderlo infermo di mente e non punibile. Inoltre altri critici sostengono che la reclusione in un ospedale psichiatrico, o in ospedale psichiatrico giudiziario, misura di sicurezza che può essere disposta perfino senza un processo e senza possibilità di difesa, è spesso molto peggio della detenzione per un reato, dal momento che comporta non solo una condizione molto simile alla detenzione in carcere, ma anche il probabile rischio di trattamenti coatti, che possono anche avere effetti collaterali come nel caso di cure con neurolettici o dell'uso di elettrochoc. Un'altra critica è rivolta al concetto (sconosciuto nella stragrande maggioranza degli altri stati, ma presente nell'ordinamento giudiziario italiano) di semiinfermità mentale. Tale concetto è ritenuto piuttosto incomprensibile da quanti sostengono che una persona non sana sia per definizione inferma (al limite con vari gradi di gravità) e che quindi non possa esistere qualcosa di concettualmente diverso come la seminfermità. La seminfermità viene spesso evocata dall'avvocato difensore dell'imputato, perché se riconosciuta consente spesso di evitare il carcere e altre pene (in quanto l'imputato non è o non era sano e quindi non è condannabile), e allo stesso tempo di evitare le disposizioni che vengono prese nei confronti degli infermi mentali, come l'internamento in ospedale psichiatrico giudiziario (in quanto l'imputato non era e non è infermo mentale). L'esito del processo in questi casi dipende molto dalla relazione dei periti, non di rado portando ad esiti che appaiono sconcertanti all'opinione pubblica, come nei casi di Pietro Maso e di Erica e Omar e a volte con esisti molto diversi nei vari gradi di giudizio). Critiche all'ospedalizzazione coatta La psichiatria, sostiene la critica antipsichiatrica, è in prima fila nella pratica della cura per la malattia mentale nei reparti psichiatrici, o altri istituti medici, usando la forza legalmente sancita per ricoverare individui contro la loro volontà. I critici fanno notare che questa pratica è contraria a uno dei pilastri delle società aperte o libere: i principi di John Stuart Mill, come avanzati nel suo lavoro fondativo riguardo al concetto di libertà. Mill argomenta che la società non dovrebbe mai usare la coercizione per soggiogare un individuo se questi non ha fatto del male a nessuno. L'ospedalizzazione psichiatrica coatta, secondo i critici, viola questo principio. In contrasto con il ritratto hollywoodiano degli 'schizofrenici', questi non sono generalmente più inclini alla violenza di individui 'sani': ma, affermano i critici, la pratica di "curare in comunità" è stata istituita parzialmente in risposta a queste preoccupazioni. Alternative all'ospedalizzazione forzata includono lo sviluppo di risposte non mediche alle crisi nella comunità. Nel gennaio del 1968 il prof. Edelweiss Cotti aprì un nuovo reparto dell'ospedale civile a Cividale del Friuli, istituito come alternativa agli internamenti in manicomio, d'accordo con Franco Basaglia, che lavorava a Gorizia. Il nuovo reparto si chiamava "Centro di Relazioni Umane" e insieme a Cotti vi lavoravano Giorgio Antonucci e Leopoldo Tesi e tre giovani assistenti sanitarie, tutte del gruppo di Basaglia, in poco tempo però intervenne il governo costringendo a interrompere l'attività del reparto con la polizia nonostante che non fosse accaduto niente di negativo e che i pazienti stessero bene. Nel 1973 Il dott. Giorgio Antonucci, chiamato da E. Cotti direttore dell'ospedale psichiatrico di Imola, rifiuta tutte le richieste di trattamenti coatti, così come nel 1969, come medico di sezione nell'ospedale psichiatrico di Gorizia diretto da Basaglia interrompe definitivamente la pratica dell'elettroshock. Nel 1972 il dottor Giorgio Antonucci col Centro di Igiene Mentale di Castelnuovo nei Monti e di Reggio Emilia mobilita i sindaci e la popolazione in una serie successiva di visite al manicomio di San Lazzaro perché i cittadini si rendano conto direttamente della situazione dei ricoverati.[senza. A proposito di queste visite popolari vedi il libro - I folli - di Franca Romano Edizioni Maltemi Gli Argonauti maggio 2001 pagina 65.Le visite al San Lazzaro organizzate dal dottor Giorgio Antonucci sono menzionate anche nel libro - Esercizi di memoria - il'68 visto dal basso - di Giuseppe Gozzini - edito dall'Editore Asterios di Trieste nel novembre 2008. Nel caso di persone cui sono state diagnosticate gravi crisi psicotiche, il progetto americano Soteria forniva, secondo i critici della bio-psichiatria, un'alternativa più umana e compassionevole alla psichiatria coercitiva. Le case Soteria chiusero nel 1983 negli Stati Uniti per mancanza di supporti finanziari. Comunque, case come Soteria stanno fiorendo in Europa, specialmente in Svezia e altri Paesi del Nord Europa, senza contare l'esperienza quasi millenaria di Geel in Belgio. Thomas Szasz: «Verso uno Stato terapeutico?» Stato terapeutico è un'espressione coniata dallo psichiatra americano Thomas Szasz nel 1963. Gli Stati Uniti, sotto la presidenza di George W. Bush, stanno attualmente pianificando di implementare un programma di 'screening' di tutti i cittadini della nazione, la new Freedom Commission On Mental Health, che dovrebbe diagnosticare tutti i presunti disordini psichiatrici dell'intera nazione. Se approvata dal Congresso e applicata, la legge nascerebbe sotto una significativa influenza dell'industria farmaceutica. Quanti vi si oppongono da una posizione libertaria sostengono che il matrimonio tra Stato e psichiatria potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la civiltà. Szasz arriva ad affermare che dovrebbe essere eretto un muro molto solido tra la psichiatria e lo Stato.