LE ORIGINI DELL’ETÀ MODERNA
Inizio:1492, scoperta dell’America
Fine: 1776, Rivoluzione americana
1789, Rivoluzione francese
Schematizzazioni ad uso convenzionale che non
rendono giustizia alla realtà storica: dinamica,
poliedrica, ricca di sfaccettature e per ciò stesso
difficile da imbrigliare in definizioni statiche
che finiscono per ucciderne la storicità stessa
Quando si parla di nascita dell’età moderna deve intendersi quindi un processo dinamico attraverso
cui un’epoca muta dando origine a un assetto politico, economico e sociale assolutamente nuovo: la
genesi di un’epoca sta nel generarsi di nuove modalità secondo cui si declina l’interrelazione tra
soggetti storici.
1. Aspetto fondamentale dell’avvento dell’età moderna: diffondersi di una nuova mentalità
consacrata dalla cultura del Rinascimento: il Rinascimento segna una svolta appunto epocale nel
modo di relazionarsi dell’uomo con se stesso e con il mondo. Nasce una nuova antropologia, una
nuova concezione dell’uomo centrata sull’uomo e su ciò che dell’uomo è l’elemento
caratterizzante, ovvero la facoltà razionale. Il Rinascimento è crisi del primato medioevale
dell’auctoritas, dell’orizzonte veritativo dell’Ipse dixit: il valore fondante dell’autorità crolla,
lasciando il posto ai criteri razionali come unici riferimenti di verità assolutamente validi.
La nuova antropologia, centrata sulla rivalutazione dell’orizzonte mondano, restituisce dignità
all’uomo in quanto uomo e alle dimensioni più terrene dell’agire umano; essa non sottomette più
la ragione alla fede e non inserisce più l’uomo in un orizzonte gerarchico sancito dal modo di
produzione feudale, ma mette in discussione aspetti della realtà fino ad allora non
problematizzati e si propone di rifondare, investendo sulla razionalità, i vari ambiti della prassi
umana, dalla religione alla politica, dall’innovazione tecnologica al progresso economico.
Da questa revisione critica razionale scaturiranno alcuni degli aspetti più significativi della
modernità:
Ambito religioso
Ambito politico
Ambito economico
Riforma protestante
Stato moderno
Mentalità capitalistica
2. I prodromi del capitalismo: per capitalismo (termine entrato in vigore solo nei primi decenni
del XIX secolo) si intende un insieme di condizioni e relazioni socioeconomiche quali: la
proprietà privata dei mezzi di produzione; la libertà di perseguire il profitto, in conseguenza
dell’investimento del proprio capitale nel giro degli affari, con criteri di razionalità e quindi di
efficienza; l’esistenza di una manodopera che vende al capitalista la propria forza lavoro in
cambio di un salario; il comando, da parte del detentore del capitale, sulle modalità del processo
produttivo e di accesso dei prodotti stessi al mercato; la propensione all’investimento di nuovi
capitali per l’innovazione delle tecnologie; la logica dell’allargamento del mercato come
conseguenza del progresso e come presupposto per l’accaparramento di materie prime; il
proseguimento e l’allargamento dell’impresa in un contesto globale segnato dalla concorrenza
tra imprese. Non vi è dubbio che il capitalismo in quanto sistema assunse una sua fisionomia
compiuta tra XVIII e XIX secolo, durante la rivoluzione industriale, trovando la sua più tipica
espressione nella fabbrica come luogo di concentrazione delle macchine, del ciclo di
lavorazione e degli operai salariati inquadrati in una definita organizzazione del lavoro. Di qui il
concetto e la realtà del capitalismo industriale. Le sue origini sono tuttavia di ben più lunga
durata e affondano alcune delle proprie radici nell’Europa tardo-medioevale, in particolare in
1
quel protocapitalismo finanziario e commerciale incarnato dalla figura dei mercanti
imprenditori.
3. L’allargamento dei confini del mondo: le grandi scoperte geografiche, con la successiva
formazione dei grandi imperi coloniali prima di Spagna e Portogallo e successivamente di
Inghilterra, Francia e Olanda, sono
 conseguenza della nuova mentalità rinascimentale che concepisce la storia non più come
luogo del dispiegarsi di una Provvidenza divina, ma come prodotto dell’agire responsabile
ed autarchico dell’uomo che intraprende;
 espressione del nuovo spirito capitalistico, che decentra il dialogo economico e proietta i
soggetti economici in una dimensione globalizzata.
4. La nascita e il consolidamento dello Stato moderno: il processo di affermazione dello Stato
come principale soggetto politico collettivo dotato di piena sovranità, dal XIV secolo in poi, è
uno degli elementi più significativi e caratterizzanti dell’età moderna. A partire dalla crisi dei
due grandi poteri universalistici di origine medioevale, la Chiesa e il Sacro Romano Impero,
l’Europa vide la formazione di quelli che progressivamente sarebbero diventati gli Stati
moderni. Fu un percorso lungo e accidentato, tutt’altro che lineare, rispetto al quale gli storici
individuano la presenza di alcuni elementi fondamentali e una successione di momenti distinti.
Ma che cos’è uno Stato? In termini sintetici, riprendendo la classica definizione del grande
sociologo tedesco Max Weber, si ha lo Stato nel senso moderno del termine in presenza di
questi tre elementi correlati: un territorio, una popolazione e il monopolio del potere (e della
forza) legittimo. Nel Medioevo sul territorio coesisteva una pluralità di soggetti dotati di potere,
concorrenziali tra loro;lo Stato moderno cercò di sostituirsi ad essi, per diventare titolare di una
sovranità unitaria ed esclusiva.
E’ possibile proporre uno schema interpretativo dell’evoluzione dello Stato moderno articolato
in tre fasi:
 XIV – XV secolo: fase di dualismo costituzionale, perché in essa vi è ancora un sostanziale
equilibrio tra il monarca e le istituzioni rappresentative dei ceti, un compromesso tra il
monarca e i tradizionali poteri locali in una sorta di cogestione dell’autorità.
Questo fu un dualismo necessario, laddove vi era stato un passato storico segnato da
un’accentuata feudalizzazione.
Fase del cosiddetto Ständestaat o Stato di ceti, ovvero una monarchia in cui il monarca non
è autenticamente un monarca, in quanto condivide il potere con le istituzioni rappresentative
degli “ordini sociali” (Parlamenti, Stati generali, Cortes).
 XVI - XVIII secolo: fase di progressiva acquisizione da parte del monarca della supremazia
sui Parlamenti e sua imposizione, secondo un modello assolutistico, su tutti gli ordini della
società.
 XVII – XIX secolo: fase di impronta antiassolutistica che conduce alla disgregazione, o con
riforme o con rivoluzioni, dell’assolutismo monarchico (prima effettiva realizzazione:
rivoluzione inglese).
Fattori che caratterizzarono l’affermazione dello Stato moderno:
 Trasformazioni di tipo economico: sganciamento tra sovranità e proprietà, intrinseche l’una
all’altra nella società feudale; acquisisce importanza il capitale, la ricchezza mobiliare
sganciata dal possesso della terra e si formano i mercati nazionali e internazionali con il
corrispondente indebolimento della nobiltà terriera di antiche origini feudali.
 Centralismo amministrativo politico e giudiziario: il pluralismo degli ordinamenti
medioevali lasciò il posto al monopolio del governo centrale e allo sviluppo sempre più
ampio, quale prezioso strumento di esercizio della sovranità statuale, della burocrazia,
2



ovvero di una fitta rete di funzionari, gli “ufficiali”, incaricati di amministrare in modo
razionalizzato ed efficiente i vari aspetti del potere (politico, giudiziario, fiscale, ecc…).
Formazione di un esercito permanente di professionisti, stipendiato dallo Stato, pronto alla
guerra ma presente anche in tempo di pace (quindi radicalmente diverso dalle milizie
feudali).
Sviluppo del fiscalismo: l’imposizione fiscale divenne permanente e organizzata in maniera
più razionale ed efficace, al fine di consentire allo Stato di raccogliere con sempre maggiore
regolarità e certezza le risorse economiche necessarie al suo funzionamento.
Il riconoscersi degli Stati non più come parte di organismi più ampi quali l’impero
universale e soggetti al magistero della Chiesa, ma come soggetti politici autonomi, unitari e
specifici, favorì lo sviluppo della rete diplomatica: la rete dei canali diplomatici acquistò un
carattere organizzato e burocratizzato. I servizi diplomatici divennero stabili: si aprirono
sedi di ambasciate permanenti, che informavano i sovrani dello stato delle cose negli altri
Paesi.
L’insieme dei cambiamenti che caratterizzarono l’avvento della “modernità” tra XV e XVI
secolo ebbe come sua culla l’Europa; se tuttavia possiamo parlare di Europa al singolare per
individuare il centro decisivo della “modernizzazione” e del potere mondiale, si deve tuttavia
precisare che l’innovazione fu assai diversa nei singoli Paesi del Vecchio continente e che
grandi aree dell’Europa (per esempio la Russia) rimasero di fatto per lungo tempo escluse da
qualsiasi prospettiva di modernizzazione. La spaccatura vide contrapporsi in generale l’Europa
nord-occidentale e quella sud-orientale.
Va altresì sottolineato che, anche in seno all’area nord-occidentale alcune nazioni, quali l’Italia
e la Germania, conobbero sviluppi opposti a quelli di Inghilterra, Francia e Spagna dal punto di
vista del processo di formazione degli Stati nazionali. Italia e Germania restarono a lungo
frantumate in una molteplicità di Stati regionali, il cui vigore ostacolò a lungo l’emergere e il
consolidarsi di un forte potere centrale e il realizzarsi di una vera e propria unificazione. Non a
caso l’unità d’Italia si realizzerà nel 1861 e l’unificazione tedesca nel 1870.
5. La Riforma protestante: la Riforma protestante è manifestazione dello spirito rinascimentale
ma nel contempo si configura anche come istanza fortemente antirinascimentale, perché
all’eliminazione di un’auctoritas affianca l’investimento su un’altra auctoritas: infatti il totale
assoggettamento dell’uomo al divino e il ricorso esclusivo alla fede sono gli orizzonti
fondamentali dell’antropologia protestante.
E’ importante sottolineare che la Riforma protestante, lungi dal configurarsi esclusivamente
come movimento religioso, avrà importanti ricadute sul piano politico: Riforma protestante e
Controriforma cattolica saranno alla base delle guerre di religione che scoppieranno in Francia
nel XVI secolo e della guerra dei Trent’anni che imperverserà in Europa tra il 1618 e il 1648.
Inoltre avranno molto peso anche nella logica della colonizzazione (vedi Padri Pellegrini,boeri,
comunismo gesuitico).
Conseguenza fondamentale di questo impatto politico della diatriba tra Cattolicesimo e
Protestantesimo sarà l’affermarsi, attraverso lotte implacabili, del principio assolutamente
moderno della tolleranza religiosa. Libertà politica (liberalismo), economica(liberismo),
intellettuale e religiosa rappresentano direttrici fondamentali di sviluppo dell’epoca moderna:
non ancora pienamente conquistate, ma sentite come esigenze irrinunciabili.
3