Progetto di ricerca (prof. Raffaele Milani) Sicurezza urbana, cittadinanza e tutela dei diritti fondamentali nella prospettiva penalistica 1. I prolegomeni sociali e giuridici della questione e la sua rilevante attualità. Il tema della sicurezza rispetto alla criminalità ha progressivamente assunto – specie a partire dai tragici fatti accaduti a New York l’11 settembre 2001 – una dimensione, per così dire, “totalizzante” nell’agenda politica dei Paesi occidentali e nelle retoriche quotidiane dell’opinione pubblica, finendo per legittimare un continuo e massiccio ricorso all’armamentario penalistico. L’ansia di garantire le condizioni di tutela dei beni giuridici primari (quali vita, incolumità individuale, libertà personale, etc.) non solo al cospetto di effettive lesioni ad essi arrecati ma, molto prima, al fine di neutralizzare remoti rischi di aggressione, ha provocato una autentica “torsione”, in senso marcatamente “preventivo”, dei paradigmi strutturali tipici delle fattispecie incriminatrici. Da questa angolatura, la nascita della c.d. Risikogesellschaft, teorizzata da Ulrich Beck agli esordi del nuovo millennio, ha accompagnato il parallelo passaggio dallo Stato di diritto allo Stato di prevenzione. Nei meandri genetici di quest’ultimo lo strumento penale - modulato, tra l’altro, con una parossistica produzione di leggi emergenziali, ovvero dei c.d. “pacchetti-sicurezza” - funge da straordinaria panacea, agli occhi del legislatore, per fronteggiare la paura dei consociati, più che per rimuovere oggettivamente le cause della criminalità reale: un mezzo giuridico a basso costo che garantisce ampio consenso elettorale. In un contesto sempre più “di lotta”, il diritto penale diventa il mezzo per neutralizzare i “nemici” dello Stato, veri o “presunti” (terroristi, narcotrafficanti, stranieri illegalmente presenti sul territorio nazionale, etc.), manifestandosi tuttavia come mera repressione, al di fuori di un coerente e lungimirante disegno politico-criminale: conta solo che lo Stato minacci pene, e che magari le applichi, perché solo in tal modo dimostra ai cittadini di essere presente. Una simile anticipazione della soglia di intervento del diritto penale – oltre a suscitare seri problemi di interferenza con i valori primari degli individui nel momento in cui la sicurezza, declinata “come se fosse” un diritto fondamentale, diventa pericolosamente bilanciabile, agli occhi del legislatore statuale, con la vita e la libertà come se fossero interessi del suo stesso rango – rischia seriamente di invadere spazi nevralgici che dovrebbero essere riservati ad altre discipline, anche extragiuridiche. Il tema, come si può ben comprendere, assume una importanza primaria, specie se, calato nel contesto tipicamente nazionale, si prende atto delle ricadute altamente problematiche che esso ha avuto, negli ultimi anni, a livello locale, segnatamente urbano. Inoltre, risulta del tutto evidente l’intreccio esistente tra il continuo ricorso al diritto penale quale strumento privilegiato per contrastare anche condotte produttive di modesta antisocialità e la deprecabile produzione di forme di (ulteriore) disuguaglianza. In effetti, laddove i processi di criminalizzazione anche di ciò che è avvertito dalla cultura dominante come (prettamente) “incivile” proiettano la massima risposta sanzionatoria a disposizione dello Stato verso le classi sociali considerate “pericolose” – tra le quali spicca, oggi, quella costituita dagli immigrati – si finisce per vanificare il tanto auspicato consolidamento dei processi di integrazione nell’ottica di un condiviso progetto di nuova cittadinanza. 2. Le principali direttrici della ricerca. 2.1. La recente origine di una nuova “questione sicurezza” nello spazio urbano. Date queste premesse, la ricerca dovrà prendere le mosse da una ricognizione, ispirata da un approccio necessariamente interdisciplinare, dei più rilevanti processi politico-sociali che hanno scandito il passaggio dal modello, per così dire, della “sicurezza dei diritti”, a quello del “diritto alla sicurezza”, attraverso il preliminare esame critico dei radicali mutamenti che hanno riguardato i rapporti tra Stato e cittadino (ovvero tra gli stessi consociati) a causa della profonda crisi dello Stato sociale di diritto e dell’evidente rafforzamento dei poteri esecutivi (centrali e periferici), tratto, quest’ultimo, strettamente connesso al reiterato ricorso al momento repressivo. Da questa prospettiva, sarà opportuno studiare i numerosi contributi che sociologi, storici, filosofi e giuristi hanno fornito con particolare riguardo alle politiche di “zero tolerance” attuate negli Stati Uniti su impulso di numerosi sindaci inclini ad attuare modelli di governo del territorio attraverso l’insicurezza da criminalità. 2.1.2. Le “ricadute” delle politiche sicuritarie statunitensi sulla realtà italiana, specie a livello locale L’attività di ricerca dovrà successivamente considerare – anche attraverso il riscontro di dati empirici relativi, ad esempio, all’andamento dei processi di carcerizzazione a partire dagli anni ’90 del secolo scorso – se le politiche di “law and order” di matrice statunitense: a) abbiano effettivamente prodotto una riduzione del tasso di criminalità; b) abbiano “selezionato” o meno i propri destinatari; c) siano state rese possibili, o comunque agevolate, da un sistema elettorale di democrazia rappresentativa diretta; d) abbiano influenzato – e, in caso affermativo, producendo quali effetti – i prìncipi ispiratori e le modalità prasseologiche afferenti alla gestione della sicurezza da criminalità a livello locale. 2.2. Analisi critica dei recenti dati normativi, in particolare dei “Patti” e delle ordinanze sindacali per la sicurezza Posto che la spinta proveniente dai cittadini per una risposta “forte” degli amministratori locali in tema di contrasto ai c.d. “rischi urbani” è stata avallata, a livello di legislazione ordinaria, dai diversi “Pacchetti sicurezza” che si sono susseguiti a partire dal 2001, sarà necessario esaminarne la ratio e, in particolare, occorrerà considerare con attenzione il contenuto del “Pacchetto” varato nel 2008, che sembrava aver aumentato a dismisura il potere sindacale di ordinanza con riferimento all’art. 54 T.u.e.l. (con successiva sentenza chiarificatrice della Corte Cost. n. 115/2011), nonché sul d.m. del 5 agosto 2008 che, sempre in riferimento alla citata norma, ha fornito una dettagliata definizione di “sicurezza urbana”. Utile, ai fini della ricerca, una ricognizione delle ordinanze varate in seguito che possa rappresentare, oggettivamente, le cerchie dei soggetti destinatari di tali provvedimenti, da un lato, e delle eventuali discrasie, denunciate da attenta dottrina, rispetto a principi costituzionali primari. 2.3. Versante “soggettivo” della sicurezza (urbana) e tutela penale La “percezione della sicurezza” è un tema cruciale nell’elaborazione socio-criminologica della sicurezza in ambito urbano. Da un punto di vista giuridico, la ricerca dovrà cercare di chiarire la legittimazione o meno di una tutela del “sentimento di (in)sicurezza”, quale condizione umana autonoma e indipendente rispetto alla garanzia oggettiva della rimozione di condizioni di rischio per beni giuridici fondamentali. 2.4. Come fronteggiare adeguatamente il “disordine urbano? Se i segnalati – quanto approfonditi scientificamente – fenomeni di disgregazione sociale e di crisi economica che caratterizzano le società contemporanee provocano la penalizzazione (o comunque la sanzione) di condotte non provatamente pericolose occorre verificare la plausibilità di un utilizzo, da parte del legislatore, di paradigmi scientifici di tipo empirico (quali ricerche sociologiche, studi urbanistici, etc.), che possano orientarne l’intervento in ossequio ai canoni della sussidiarietà e dell’extrema ratio del diritto penale. 2.5. Riflessioni sul concetto di cittadinanza, oggi Ogni discorso in tema di sicurezza urbana non può prescindere dalla presa d’atto di un radicale mutamento del concetto di cittadinanza, ove posto a confronto con quel paradigma politicoideologico che aveva permesso una faticosa quanto significativa affermazione dei principi dell’universalismo giuridico. La legislazione italiana attualmente in vigore sembra assecondare non tanto l’idea di una cittadinanza basata sull’integrazione sociale, sulla koiné, sull’appartenenza ad una comunità, bensì una cittadinanza fondata integralmente sull’Io, sull’individuo, sulla possibilità di rivendicare un ambito di autonomia nello spazio urbano, contrapponendosi ai “diversi”, agli “invasori”. Da questa angolatura ha valenza “politica” agli occhi dello Stato, ovvero è considerato cittadino, solamente colui che è in grado di rivendicare la propria cittadinanza in modo esclusivo. Questa tendenza in atto – cristallizzata in una serie di provvedimenti normativi che vanno dalla possibilità di organizzare “ronde” volontarie per controllare il territorio, all’allargamento dei confini della legittima difesa, alla criminalizzazione di colui che concede in locazione un immobile ad uno straniero “irregolare”, etc. – riflette uno slittamento verso una “de-statalizzazione”, ovvero una “privatizzazione”, dei diritti, con evidenti, potenzialmente deleterie, ripercussioni sulla valenza del concetto di sicurezza (urbana), laddove quest’ultima finisce per essere assunta come bene esclusivo degli individui “inclusi”. La ricerca, pertanto, dovrà – compatibilmente con il tempo a disposizione – affrontare anche questa tematica, cercando di tracciare possibili direttrici di riforma mediante approccio interdisciplinare. Piano di attività (prof. Raffaele Milani) Sicurezza urbana, cittadinanza e tutela dei diritti fondamentali nella prospettiva penalistica Per lo svolgimento della ricerca in oggetto si prevede, in via principale, un’attività di studio di materiale bibliografico, italiano e straniero, che l’assegnista dovrà, sotto la guida del Tutor, previamente raccogliere seguendo le direttrici concettuali esposte nel progetto. Si ritiene al riguardo necessario un approccio che – pur incentrato prevalentemente sulla dimensione giuridica, e giuspenalistica in particolare – privilegi l’interdisciplinarietà. Tale attività di studio - che potrà eventualmente contemplare periodi di studio e di ricerca all’estero - dovrà essere auspicabilmente accompagnata dalla partecipazione dell’assegnista, sia come uditore che come relatore, a seminari, convegni, ovvero dibattiti organizzati presso istituzioni nazionali ed estere sui temi afferenti al progetto. Si prevede che l’attività di ricerca compiuta confluisca nella stesura di un saggio scritto che potrà essere oggetto di pubblicazione all’interno di una Rivista scientifica di rilievo primario in ambito nazionale e/o internazionale, ovvero di un contributo monografico.