PROGETTO PARROCCHIA FAMIGLIA Gli sposi: nuzialità feconda di comunione in famiglia, in parrocchia, in società Scheda teologico-pastorale 1 Di per sé la famiglia è dono di comunione ANNO FORMATIVO 2003-2004 1 1. Perché la famiglia è di per sé dono di comunione per la Chiesa e la società? Quale è il fondamento teologico di questa affermazione? A) La famiglia è la struttura comunionale nella quale Dio Trinità ha voluto esprimere l’intimo di se stesso: perfetta unità e perfetta distinzione in un Amore infinito. È dalla sua realtà più profonda che Dio ha creato l'uomo come “maschio e femmina”. Li ha pensati «a sua immagine e somiglianza»1 e cioè “uniti” pur nella distinzione e, anzi, uniti proprio in forza del loro essere distinti uno dall’altra. La coppia umana, proprio a partire dalla distinzione sessuale dei corpi maschile e femminile, è costituita quale forma originaria di “unità-pluralità” e, come tale, partecipa a quella circolarità assoluta d’amore che è il dinamismo comunionale di unità-distinzione della UniTrinità.2 Dio, infatti, è in se stesso tri/unitas, uno e trino. La sua “specificità” è di essere una sola natura, vissuta dalle tre persone divine. Ma questa sua realtà Dio l’ha voluta “comunicare” alla creazione umana. Il desiderio di Dio è che la sua vita intima divenga modello e contenuto della vita dell’umanità che egli stesso crea. Dio ha reso perciò progetto creazionale il “segno specifico” della sua relazione trinitaria. Nella “Lettera alle famiglie” Giovanni Paolo II così commenta Genesi 1,26-27: « Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza » (Gen 1,26). Prima di creare l'uomo, il Creatore quasi rientra in se stesso per cercarne il modello e l'ispirazione nel mistero del suo Essere che già qui si manifesta in qualche modo come il « Noi » divino. Da questo mistero scaturisce, per via di creazione, l'essere umano: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gen 1,27). (…)Nessuno dei viventi, tranne l’uomo, è stato creato “ad immagine e somiglianza di Dio”. La paternità e la maternità umane, pur essendo biologicamente simili a quelle di altri esseri in natura, hanno in sé in modo essenziale ed esclusivo una «somiglianza» 1 Cfr Gen 1,26-27 Giovanni Paolo II chiama il matrimonio il “sacramento primordiale” in quanto la coppia, formata dall’unione dei corpi del maschio e della femmina, è il primo segno con il quale Dio ha scelto di autocomunicarsi: “Si costituisce un primordiale sacramento, inteso quale segno che trasmette efficacemente nel mondo visibile il mistero nascosto in Dio dall’eternità. E questo è il mistero della Verità e dell’Amore, il mistero della vita divina, alla quale l’uomo partecipa realmente (…) Il sacramento, come segno visibile, si costituisce con l’uomo, in quanto “corpo” mediante la sua “visibile” mascolinità e femminilità. Il corpo, infatti, e soltanto esso, è capace di rendere visibile ciò che è invisibile: lo spirituale e il divino. Esso è stato creato per trasferire nella realtà visibile del mondo il mistero nascosto dall’eternità in Dio, e così esserne segno”. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Città Nuova – LEV, Roma 1995, p.91. 2 2 con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell'amore (communio personarum). (…) Il modello originario della famiglia va ricercato in Dio stesso, nel mistero trinitario della sua vita. Il « Noi » divino costituisce il modello eterno del « noi » umano; di quel «noi» innanzitutto che è formato dall'uomo e dalla donna, creati ad immagine e somiglianza divina.3 Per questo la forma umana sposo-sposa, genitori-figli, è in se stessa, anche se segnata dai limiti, dalla povertà e dalla libertà di scelta delle persone che la compongono, l’archetipo di comunione più totalizzante che esista sulla terra. Essa, infatti, è innanzitutto un dono di Dio; un dono di comunione che si dilata e che “tende” all’unità divina. Non c’è, dunque, divisione tra la coppia e Dio. Anzi, i due, senza bisogno di ricevere un mandato esplicito e senza alcuna sovrapposizione alla loro struttura umana, nell’essere e nel compiere l’amore fecondo trovano e portano a perfezionamento in sé l’immagine e somiglianza di Dio che rimane sempre l’unica inesaurita sorgente della loro unione. Inoltre l’origine trinitaria non appartiene ad un passato storico remoto. Ogni coppia scopre “oggi” il dono e la libertà di amare con l’amore di Dio. E’ in ogni istante che gli sposi attivano l’essere stati resi in grado di prender parte della comunione trinitaria. Fruttificando il “parteciparsi” di Dio, che è dal principio presente nella loro relazione, l’uomo e la donna ripresentano nella storia ciò che è stato donato loro: l’immagine e la somiglianza con l’intimità agapica di Dio. Vivendo così l’amore autentico, la coppia realizza già in se stessa il regno di Dio e ne esige e annuncia il compimento. Ma nella dinamica di questo amore, che nel suo crescere produce gioia, c’è sempre in agguato per la coppia la tentazione di chiudersi in se stessa senza cogliere le opportunità che le stanno innanzi come possibilità che espandono l’amore stesso. Per questo l’essere sposo-sposa contiene in sé anche l’essere padre-madre perché la loro reciprocità di amore esige e reclama “un’altra alterità” (con i figli, o in una paternitàmaternità più ampia) che “chiama” la coppia ad aprirsi e ad aprire il loro amore ad orizzonti sempre più grandi fino a scoprire che la comunione-unità costruita e desiderata si compie solo in Dio. 3 Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, n 6. Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, cost. past. Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes n.12; Esort. Ap. Familiaris consortio n.11; CEI, Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, n. 34. 3 B) Al dato originario appena descritto va aggiunto il fatto che gli sposi, per il sacramento del matrimonio, vengono resi partecipi dell’amore stesso che unisce Cristo alla sua Chiesa.4 “La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del «principio» (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente”. (…) (Per questo) «lo Spirito che il Signore effonde (sugli sposi) dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capace di amarsi l’un l’altro come Cristo ci ha amati».5 Va sottolineato che è la relazione dei due che riceve il dono sacramentale. Ed è questo dono sacramentale che fiorisce dal di dentro il vincolo che fa dell’uomo e della donna una carne sola. Al riguardo i Vescovi italiani nel documento Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio annotano: «Il vincolo che unisce l’uomo e la donna e li fa una sola carne (Gn 2,24) diventa in virtù del sacramento del matrimonio segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla carne umana da lui assunta e il Cristo Capo alla Chiesa sua Corpo nella forza dello Spirito».6 Un famoso teologo tedesco, lo Scheeben, descrive in questo modo la grazia sacramentale del matrimonio: «Il matrimonio cristiano sta in relazione reale, essenziale, intrinseca con il mistero dell’unione di Cristo con la Chiesa; ha la sua radice in esso, è intrecciato organicamente con esso, e quindi partecipa della sua Gaudium et Spes n.48: “Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore multiforme, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa. Infatti, come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e fedeltà , così ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché , come Egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione. L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi, in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nella sublime missione di padre e madre. (…) Ed essi, compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità , tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, e perciò insieme partecipano alla glorificazione di Dio.” 5 Familiaris consortio, n.13 6 CEI, Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, n. 34. 4 4 natura e del suo carattere soprannaturale. Non è semplicemente il simbolo di questo mistero o un esemplare che rimane fuori dal medesimo, bensì una copia germogliata dall’Unione di Cristo con la Chiesa, prodotto e impregnato della medesima, dato che non solo raffigura quel mistero, ma lo rappresenta realmente, ossia mostrandolo vivo ed efficace dentro di sé».7 2. Se tutti i cristiani con il battesimo ricevono il dono della “comunione” in Cristo, quale è la “specificità” degli sposi? Ogni cristiano, come ben sappiamo, per il Battesimo e l’Eucaristia è costituito “corpo” di Cristo in comunione di vita e di missione con tutti i battezzati. Ma con il matrimonio vi è una novità. Lo dice esplicitamente il papa nella Familiaris consortio al n. 56: «il sacramento del matrimonio riprende e specifica la grazia santificatrice del battesimo». L’originalità della grazia sacramentale delle nozze è che viene data non alla “singolarità” delle persone in se stesse, ma alla “relazione” che unisce le due persone (o alle due persone in quanto relazione). La grazia non è data loro per metterli in comunione con Cristo perché già lo sono per il Battesimo ma per attualizzare nelle loro relazione il rapporto d’amore che unisce Cristo alla Chiesa; per fare del loro amore un soggetto diffusivo e comunicativo della relazione Cristo-Chiesa. L’uomo e la donna, nel sacramento del matrimonio, vengono abitati, infatti, nel loro dinamismo psico-fisico dalla persona divina dello Spirito Santo che come sigilla il legame di Cristo con la Chiesa così trasforma gli sposi in con-vocati, con-chiamati a “dire”, proprio attraverso il loro vissuto coniugale, questo stesso legame Cristo-Chiesa. È una relazione (uomo-donna), dunque, che partecipa d’una relazione (Cristo-Chiesa) e la attualizza. È una nuzialità quella umana che è innestata su una nuzialità più grande, divina. È un soggetto uniduale (uomo-donna) che viene coinvolto in una relazione a due (Cristo-Chiesa) infinitamente più grande (cfr. Ef 5,32). 7 J. SCHEEBEN, Die Mysterien des Christentums, Gesammelte Schriften. Herausgegeben von Josef Höfer, 1865; tr.it. I misteri del cristianesimo, Morcelliana, Brescia 1948, p. 445. 5 Ma più preciso è il magistero dei Vescovi italiani nel documento “Comunione e Comunità nella Chiesa domestica”: Per la grazia dello Spirito Santo la coppia e la famiglia cristiana diventano “Chiesa domestica” in quanto il vincolo d’amore coniugale tra l’uomo e la donna viene assunto e trasfigurato dal Signore in immagine viva della comunione perfettissima che tra loro lega nella forza dello Spirito Santo, Cristo capo alla Chiesa suo corpo e sposa. In tal modo la coppia e la famiglia cristiana sono rese partecipi dell’amore di Cristo per la Chiesa secondo un modo e un contenuto caratteristico, cioè nella “comunione” dei membri che le compongono e con la realtà dell’”amore” coniugale e familiare: “Gli sposi partecipano all’amore cristiano in modo originale e proprio, non come singole persone, ma assieme, in quanto formano una coppia (…) Gli sposi poi partecipano insieme all’amore cristiano con quella realtà che caratterizza la loro esistenza quotidiana, e cioè con l’amore coniugale.(CEI, Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, nn.34-35)” 8 Al n. 9 dello stesso documento si legge: “La comunione donata dallo Spirito non si aggiunge dall’esterno, ne rimane parallela a quella comunione coniugale e familiare che costituisce la “struttura naturale” del rapporto specifico uomo-donna e genitori-figli; bensì assume questa stessa struttura dentro il mistero dell’amore di Cristo per la sua Chiesa e pertanto la trasforma interiormente e la eleva a segno e luogo di comunione nuova, soprannaturale e salvifica.”9 3. Se gli sposi vengono costituiti in un dono di comunione “specifico”, come sono chiamati a manifestarlo e diffonderlo? Se è la struttura naturale uomo-donna, genitori-figli che è assunta dentro la relazione Cristo-Chiesa, è ovvio che sarà questa stessa realtà di relazione uomo-donna, genitorifigli la modalità di vita che, celebrata in famiglia, viene amplificata, diffusa, mediante gesti e parole, e si allarga a cerchi concentrici nella Chiesa e nella società. 8 9 CEI, Comunione e comunità nella Chiesa domestica, (1981), n. 7. CEI, Comunione e comunità nella Chiesa domestica, n. 9. 6 «La famiglia cristiana, edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita».10 È un vissuto così intenso e qualificato da essere positivamente contagioso in coloro che in vario modo vengono avvicinati o dalla famiglia nel suo insieme, o dalla coppia, o dai figli o da ciascuno di singoli membri. E’ un vissuto così intriso della ricchezza comunionale familiare da esportare, da far assaporare, far sentire il “luogo trinitario” della sua provenienza. Dalla inflessione della voce scopriamo la regione geografica di provenienza di una persona. Dalla “densità relazionale”, dovremmo scoprire la matrice, il “marchio di fabbrica” della qualità di vita di coppia e di famiglia. Questa è la specificità di “segno”. «Se tutti i membri della Chiesa, in forza del Battesimo e degli altri sacramenti, sono costituiti “segni” viventi dell’amore di Cristo, i coniugi e i genitori cristiani in forza del sacramento del matrimonio, diventano “segni” dell’amore di Cristo in quanto formano una “comunione” particolare e in quanto vivono le realtà specificamente coniugali e familiari, che trovano sorgente e alimento nell’amore unitivo e fecondo. Per questo la coppia e la famiglia cristiana hanno un loro posto e compito nella Chiesa, un loro carisma e ministero nel popolo di Dio».11 Quindi è l’umano coniugato e genitoriale che è diffusivo dell’efficace presenza di Cristo e come tale è permanente. Gli sposi e genitori sono 24 ore su 24 sacramento di comunione che comunica e trasmette la fecondità spirituale di Cristo. Le famiglie sono state pensate da Dio quali “fonti comunionali” che tra loro collegate possono irrorare la Chiesa e la società dell’amore divino. «I coniugi perciò, in forza del loro ministero non sono soltanto l’oggetto della sollecitudine pastorale della Chiesa, ma ne sono anche il soggetto attivo e responsabile in una missione di salvezza che si compie con la loro parola, la loro azione e la loro vita».12 10 Familiaris consortio, n. 50 CEI, Comunione e comunità nella Chiesa domestica, n. 7. 12 Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio,n 59. 11 7 CONCLUSIONE La coppia e famiglia cristiana è un “patrimonio” divino-umano di comunione che è affidato alla libertà di sposo-sposa e che può essere “usato” per crescere e fare crescere la coppia, i figli e la comunità; può essere solo “conservato” o può essere sciupato e svilito. L’atteggiamento primario da usare è quello della contemplazione del “mistero grande” che si è ricevuto o per lo meno coltivare lo stupore d’avere un dono più grande della ricezione che noi possiamo avere. PREGHIERA Signore Gesù, onnipotente nell’amore, sappiamo che in forza del Battesimo e degli altri sacramenti siamo stati costituiti segni viventi del tuo amore. Ti ringraziamo perché le nostre singole persone fanno parte di te come tralci alla vite. Ma ci sorprende ancor più che in forza del sacramento delle nozze tu hai voluto che il nostro intimo, profondo legame affettivo, la nostra comunione, fosse coinvolta e risucchiata dentro una relazione d’amore, dentro un innamoramento più grande ancora: quello che Tu vivi ed esprimi per la Chiesa tua sposa. Rendendoci partecipi di questo mistero grande. Con la forza del tuo Spirito Santo chiama e rendi capaci ogni nostra “cellula” vitale di “risorgere” per vivere ed esprimere l’infinitezza dell’amore al quale siamo chiamati. Signore Gesù, onnipotente nell’amore, trasforma ogni giorno la nostra relazione d’amore, fa che non ci fermiamo davanti ai nostri rispettivi difetti e sbagli facendoli diventare tanti divieti di crescita nell’amore. Facci riscoprire che le nostre manifestazioni affettive sono imbevute dello stesso amore di Dio e quindi capaci di risorse e slancio sempre nuovi.