REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO-ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 116 del 2007 proposto dal signor Zanoni
Lorenzo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Dalla
Fior e Andrea Lorenzi ed elettivamente domiciliato presso lo
studio degli stessi in Trento, Via Paradisi 15/5
CONTRO
il Comune di Riva del Garda (Trento) e il Responsabile
dell’Unità operativa dell’edilizia del Comune di Riva
del Garda (Trento), non costituiti in giudizio
ENEICONFRONTI
- degli interventori ad opponendum: signori Michael
Guenter Trautmann, Manfred Mundel, Ivo Rattini,
Nives Santorum, rappresentati e difesi dall’avv. Mauro
Vecchietti ed elettivamente domiciliati presso la Segreteria
del Tribunale in Trento, Via Calepina, 50
per l’annullamento
- quanto al ricorso principale:
1. del “provvedimento a firma del Responsabile dell’Unità
operativa dell’edilizia del Comune di Riva del Garda di
data 7.3.2007, prot. n. 2007008096, con il quale è stata
respinta la richiesta di concessione edilizia di costruzione
dell’edificio p.ed. 2112 C.C. Riva del Garda, nonché di
tutti gli atti connessi e presupposti ivi compreso, per
quanto occorrer possa, il provvedimento di preavviso di
diniego 11.12.2006, prot. n. 40239, ed i pareri della
Commissione edilizia comunale di data 6.12.2006 e
1.3.2007”;
- quanto al ricorso per motivi aggiunti:
2. del “provvedimento a firma del Responsabile dell’Unità
operativa dell’edilizia del Comune di Riva del Garda di
data 5.2.2008, prot. n. 2008004317, con il quale è stata
respinta la richiesta di sanatoria per avvenuta
ricostruzione di un tratto di muratura perimetrale di cui
alla denuncia di inizio attività 31.10.2007, nonché della
successiva ingiunzione di riduzione in pristino 12.3.2008,
prot. n. 2008009627, nonché di tutti gli atti connessi e
presupposti”.
Visto il ricorso con i relativi allegati, nonché i suddetti motivi
aggiunti;
Vista la domanda di intervento in giudizio ad opponendum;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 4 dicembre 2008 - relatore il
consigliere Alma Chiettini - gli avv.ti Marco Dalla Fior e
Andrea Lorenzi per il ricorrente e l’avv. Mauro Vecchietti per
gli interventori;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente, signor Lorenzo Zanoni, è proprietario della
p.ed. 2112 in C.C. Riva del Garda (Trento), situata in
località Gavazzo, una zona classificata dal piano regolatore
generale intercomunale E2, agricola secondaria,
regolamentata dall’articolo 33 delle norme di attuazione.
2. In data 7.11.2006 il signor Zanoni ha presentato
all’Amministrazione comunale una domanda di rilascio di
concessione edilizia con l’intento di ricostruire l’immobile, la
cui originaria edificazione risalirebbe all’anno 1962.
Con comunicazione di preavviso di diniego di data
11.12.2006, sentita la Commissione edilizia comunale che si
era espressa in data 6.12.2006, il Responsabile dell’Unità
operativa dell’edilizia del Comune ha concesso al signor
Zanoni il termine di trenta giorni per presentare le proprie
controdeduzioni, che l’istante ha depositato allo sportello
comunale il 10.1.2007.
3. Risentita la Commissione edilizia comunale in data
1.3.2007, con provvedimento di data 7 marzo 2007 il
Responsabile della competente Unità operativa ha
comunicato al ricorrente i motivi ostativi al rilascio della
concessione edilizia ed ha sospeso ogni determinazione
sull’istanza in applicazione delle norme di salvaguardia del
nuovo Piano urbanistico provinciale.
4. Con ricorso notificato in data 4 maggio 2007 e depositato
presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 17, il
ricorrente ha impugnato il citato provvedimento comunale,
al punto 1. in epigrafe, deducendo il seguente motivo:
- “erroneità nei presupposti, travisamento della realtà,
difetto di istruttoria e conseguente eccesso di potere violazione, in ogni caso erronea applicazione, dell’articolo 26
delle norme di attuazione del piano regolatore generale,
dell’articolo 2 delle norme di attuazione del Piano urbanistico
provinciale e dell’articolo 38 delle norme di attuazione del
piano urbanistico 11.2006 e conseguente eccesso di potere”.
L’istante censura l’interpretazione adottata
dall’Amministrazione delle norme di attuazione al piano
2
regolatore, e in particolare dell’articolo 26, ove esclude che
si sia in presenza di un edificio esistente con riferimento a
ruderi che sarebbero insuscettibili di recupero. Assume al
riguardo l’istante che, a seguito di una frana, la struttura
portante dell’edificio avrebbe ceduto, adagiandosi sulle mura
perimetrali del piano terra: lo stesso costituirebbe dunque
una “preesistenza edilizia” e, in quanto tale, potrebbe essere
utilmente recuperato nei limiti volumetrici originari e con la
stessa destinazione residenziale.
5. Con atto notificato in data 27 - 29 ottobre 2007 e
depositato presso la Segreteria del Tribunale il 10 novembre
2007 sono intervenuti nel giudizio quattro proprietari di
edifici e di diritti reali situati a confine e nelle vicinanze della
proprietà del signor Zanoni.
6. Dopo l’introduzione del presente giudizio, il 10.7.2007 il
ricorrente ha presentato una denuncia di inizio attività per
l’esecuzione di interventi di “messa in sicurezza del
fabbricato interessato dal crollo”. Con ordinanza di data
19.9.2007 il Comune ha sospeso i lavori, in parte perché
portati a compimento in difformità dalla d.i.a. e in parte
perché realizzati in assenza di concessione edilizia. Il
31.10.2007 il Zanoni ha presentato una domanda di
sanatoria per l’avvenuta ricostruzione di un tratto di
muratura perimetrale, istanza che l’Amministrazione ha
respinto con provvedimento del 5.2.2008 e, il 12 marzo, ha
ordinato la rimessa in pristino delle opere abusive
contestate.
7. Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 1 aprile
2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il
successivo 17 aprile, il ricorrente ha impugnato i due ultimi
provvedimenti menzionati, di cui al punto 2. in epigrafe,
deducendo i seguenti ulteriori motivi:
II - “violazione, in ogni caso erronea applicazione di legge
(articolo 91 bis della legge urbanistica provinciale), carenza
di potere” in quanto, avendo eseguito interventi meramente
conservativi, sulla <denuncia di inizio attività in sanatoria>
si sarebbe formato il silenzio assenso e conseguentemente
l’Amministrazione avrebbe reso il provvedimento reiettivo in
carenza di potere;
III - “violazione, in ogni caso erronea applicazione di legge
(articoli 128, 77 bis, 83 e 91 bis della legge urbanistica
provinciale), erroneità nei presupposti, travisamento della
realtà, difetto di istruttoria e conseguente eccesso di
potere”, posto che l’intervento qualificato
dall’Amministrazione come nuova costruzione costituirebbe
il mero ripristino di un tratto di muratura smantellato per
poter accedere al fabbricato;
IV - “violazione, in ogni caso erronea applicazione di legge
3
(articoli 128, 83, 77 bis e 93 della legge urbanistica
provinciale), motivazione inesistente comunque carente e
conseguente eccesso di potere”;
V - “illegittimità derivata, violazione degli articoli 128 e 121
della legge urbanistica provinciale”.
Con il ricorso per motivi aggiunti è stata, altresì, presentata
istanza di sospensione del provvedimento di ripristino
impugnato.
8. Con ordinanza n. 42, adottata nella camera di consiglio
del 24 aprile 2008, la predetta domanda cautelare non è
stata accolta.
9. Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2008 il ricorso è
stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame il signor Lorenzo Zanoni ha
impugnato il provvedimento con il quale l’Amministrazione
comunale di Riva del Garda gli ha comunicato i motivi
ostativi alla richiesta di rilascio di una concessione edilizia
che aveva presentato per effettuare un asserito intervento
di “ricostruzione” di una proprietà, individuata al catasto
come p.ed. 2112, situata a Riva del Garda in un terreno
urbanisticamente classificato in zona E2 agricola secondaria.
Il provvedimento impugnato dispone formalmente la
sospensione dell’iter dell’istanza, in ossequio alle disposizioni
di salvaguardia del nuovo Piano urbanistico provinciale, in
itinere a far data dal 20 novembre 2006, di seguito
approvato con la legge provinciale 27.5.2008, n. 5, nel
quale è stata prevista una nuova, parziale perimetrazione
della zona ove si intenderebbe realizzare l’intervento quale
area agricola di pregio. Ma nel provvedimento si comunica,
altresì, l’esistenza di plurimi motivi ostativi al rilascio della
concessione e, in particolare che l’intervento proposto non
sarebbe stato supportato da una perizia geologica geotecnica conforme alle prescrizioni contenute nella carta
di sintesi geologica della Provincia a che la zona sarebbe
ricompresa nelle aree ad elevata pericolosità geologica,
idrogeologica e di caduta di slavine. Il ricorrente denuncia,
tuttavia, principalmente quella parte della motivazione con
cui l’Amministrazione comunale ha ritenuto che la sua
proprietà sia “da ritenersi classificabile come rudere privo di
qualsiasi funzionalità abitativa”, al quale non sarebbero
applicabili le modalità di intervento previste dall’articolo 26,
che regolamenta l’edilizia residenziale sparsa, delle norme
tecniche di attuazione del piano regolatore generale
intercomunale.
Il signor Zanoni ritiene invece che la sua proprietà
costituisca una “preesistenza edilizia” e che in quanto tale
possa essere utilmente recuperata nei volumi originari
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secondo il combinato disposto degli articoli 26 e 33 delle
N.T.A. al P.R.G. intercomunale.
2. Nel merito occorre osservare che nel provvedimento
impugnato si enuncia che la concessione edilizia sarebbe
stata presentata con l’intento di “ricostruire con sedime e
volume diverso” detto manufatto. Il preesistente edificio
articolato su due livelli, come narra in fatto anche il
ricorrente, fu edificato nel 1962 e, a causa di movimenti
franosi del terreno, è in seguito collassato e scivolato a valle
rispetto al sito originario.
Con il motivo introdotto nel ricorso principale l’interessato
rivendica il diritto al ripristino della volumetria originaria, per
riportare l’immobile com’era in origine, in forza del
combinato disposto delle citate norme tecniche che, per
l’edilizia residenziale sparsa, ammettono interventi di
“ristrutturazione edilizia” e di “demolizione senza o con
ricostruzione”, mentre nelle zone agricole secondarie sono
permessi interventi di “demolizione con ricostruzione anche
con eventuali accorpamenti e/o spostamenti di sedime”.
2a. Il motivo è infondato.
In assenza di una norma di piano che preveda una più
specifica definizione di edificio esistente, non tornando utile
l’art. 6 che qualifica “costruzione esistente qualunque
edificio già terminato o in corso di costruzione alla data di
prima adozione del piano regolatore”, occorre applicare il
consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui il Collegio non
vede motivo per discostarsi, secondo il quale gli interventi di
ristrutturazione edilizia, ma anche di demolizione e di
successiva ricostruzione, presuppongono sempre che i
relativi lavori siano riferiti ad un edificio esistente. A tal fine
è totalmente priva di utilità la prova della preesistenza dello
stesso, in questo caso non in discussione, essendo
necessaria la sua fisica esistenza al momento dell’intervento
richiesto. E in tal senso un edificio si può definire esistente
in quanto “esista un organismo edilizio, seppur non
necessariamente abitato o abitabile, connotato nei suoi
connotati essenziali, dotato di mura perimetrali, strutture
orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da
consentire la sua fedele ricostruzione” (cfr., ex multis,
C.d.S., sez. V, 10.2.2004, n. 475). Non possono invece
ammettersi siffatti interventi “nei confronti di ruderi o resti
di edifici da tempo demoliti, attesa la mancanza di elementi
sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche
dell'edificio da recuperare” (cfr., C.d.S., sez. IV, 15.9.2006,
n. 5375). “In quest'evenienza, invero, si configura un
intervento di nuova costruzione, assoggettato ai limiti
stabiliti dalla vigente disciplina urbanistica” (cfr., T.A.R.
Veneto, sez. II, 29.6.2006, n. 1944 e 5.6.2008, n. 1667).
5
La giurisprudenza amministrativa ha, altresì, affermato che
la ristrutturazione edilizia di un edificio, ma anche la più
incisiva forma di recupero consistente nella totale
demolizione dello stesso per la sua successiva ricostruzione,
sono ammissibili nei limiti dello stato fisionomico attuale del
fabbricato senza alcuna possibilità di recupero di parti
strutturali che, anche se originariamente esistenti, sono
successivamente venute meno per qualsiasi evenienza. In
altri termini, tramite detti interventi, non è possibile
recuperare strutture e volumi che non siano attualmente
presenti.
2b. Traslando al caso di specie i ricordati principi, ribaditi
anche da precedenti pronunce di questo Tribunale (cfr.,
7.9.1992, n. 329 e 15.3.2005, n. 84), il Collegio deve
dunque escludere che l’intervento richiesto, ossia il
“ripristino dell’edificio autorizzato con piano di fabbrica del
3.11.1961”, possa oggi inquadrarsi quale un intervento di
ristrutturazione oppure di demolizione con successiva
ricostruzione. Come ha correttamente posto in evidenza
l’Amministrazione nel provvedimento impugnato, dalla
documentazione fotografica contenuta nello stesso
provvedimento, nonché da quella prodotta dai
controinteressati, e a differenza di quanto asserisce il
ricorrente che ha illustrato “alcune lesioni strutturali che
hanno portato … un unico livello fuori terra”, si evince
chiaramente lo stato di grave deterioramento di tutte le
strutture originarie del fabbricato. Il manufatto esistente è
un insieme di ruderi, senza le fondamenta a causa
dell’antecedente scivolamento verso valle, costituito da
alcune rimanenze delle mura perimetrali di ciò che
originariamente costituiva il piano terreno, le quali si
trovano quasi completamente inclinate su sé stesse. Anche il
manto di copertura - sempre diversamente da quanto
affermato dal ricorrente che lo definisce “ancora in essere
ancorché appoggiato sulle mura perimetrali residuate dal
crollo” - è ben descritto nel provvedimento recettivo come
un “ammasso informe di murature e solai crollati … ricoperti
dalla struttura in laterocemento del tetto, anch’essa
deformata e lesionata”.
Legittimamente quindi l’Amministrazione comunale non ha
assentito un intervento di ripristino dell’originario
manufatto, che, seppure in passato esistente, non è più
identificabile né nella sua posizione né nelle dimensioni né
nella volumetria, in quanto ormai del tutto privo degli
elementi strutturali essenziali che lo possano ancora
connotare come un edificio. In questa prospettiva, occorre
conclusivamente affermare che l’intervento proposto debba
correttamente individuarsi quale una ricostruzione integrale
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su diverso sedime e, quindi, una novella edificazione,
autorizzabile nei soli limiti previsti dalle norme di piano. In
tal senso, è opportuno ancora ricordare che “qualora un
edificio pervenga ad un’integrale demolizione a seguito della
sua rovina per cause naturali … occorre, per la costruzione
del nuovo edificio, una diversa e regolare concessione
edilizia” (cfr., C.d.S., sez. V, 23.3.2000, n. 1610).
3. Con il ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha
impugnato il provvedimento con cui l’Amministrazione ha
respinto la richiesta di sanare la ricostruzione di un tratto di
muratura perimetrale, eseguito in assenza del necessario
titolo abilitativo, nonché la susseguente ingiunzione di
rimessa in pristino datata 12.3.2008.
Anche tale ricorso è, tuttavia, privo di pregio in quanto
muove essenzialmente dall’arbitraria presupposizione in
fatto dell’esistenza di un manufatto che possa essere ancora
individuato come un edificio.
3a. Per l’esame dei ulteriori motivi occorre premettere che,
dopo l’introduzione del presente giudizio, il ricorrente ha
presentato il 10.7.2007 all’Amministrazione una denuncia di
inizio attività a quindici giorni per eseguire “interventi di
rimessa in sicurezza del fabbricato interessato dal crollo”.
L’inizio dei lavori è stato comunicato per il 10.8.2007.
Con ordinanza del 19 settembre 2007 il Comune ha ordinato
la sospensione dei lavori, contestando la difformità delle
opere seguite rispetto a quello illustrate nella denuncia di
inizio attività, nonché in parte in assenza di concessione
edilizia. Fra queste ultime sono elencate: la ricostruzione
con posa in opera di muratura portante in mattoni forati sul
lato sud - ovest; la ricostruzione a monte di muratura
perimetrale in cemento armato e mattoni; uno scavo
eseguito all’interno dell’edificio sul lato est dello stesso.
In data 31 ottobre 2007 il signor Zanoni ha presentato una
domanda di sanatoria per i lavori di “ricostruzione di un
tratto di muratura perimetrale con posa in opera di
muratura portante in mattoni forati ed idonea malta di calce
idraulica sul lato sud - est”. In data 5 febbraio 2008 il
Responsabile del procedimento ha respinto detta richiesta e,
con provvedimento del 12 marzo, ha ingiunto la rimessa in
pristino di tutte le opere eseguite sia in difformità dalla
denuncia di inizio attività sia di quelle in assenza della
concessione edilizia.
3b. Con il primo motivo la difesa del ricorrente, dopo aver
sostenuto che l’interessato avrebbe fatto ricorso ad un
istituto denominato “denuncia di inizio attività in sanatoria”,
espone che sarebbero stati eseguiti interventi meramente
conservativi e che sulla denuncia di inizio attività si sarebbe
formato il silenzio - assenso: conseguentemente,
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l’Amministrazione avrebbe reso un provvedimento reiettivo
in carenza di potere. In tal senso si denuncia violazione
dell’articolo 91 bis, rubricato <Disposizioni relative alla
denuncia d'inizio di attività>, della legge urbanistica
provinciale.
Anche il detto motivo è infondato al pari del richiamo
normativo che lo sorregge. Basti osservare che, dagli atti
depositati dalla stessa parte istante (cfr. documento n. 3
allegato alla memoria del 17.4.2008) risulta che il ricorrente
ha in realtà presentato una formale domanda di sanatoria
edilizia per opere soggette a concessione edilizia, ai sensi
dell’art. 129, rubricato <Concessione in sanatoria>, della
legge urbanistica provinciale. E l’Amministrazione comunale
ha di seguito corrisposto nei termini procedimentali a detta
specifica richiesta, dapprima chiedendo eventuali
controdeduzioni alla comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento dell’istanza, ed infine emettendo
l’impugnato diniego. Ogni altra valutazione non risulta
dunque sotto alcun profilo pertinente rispetto a quanto
richiesto in fatto dal ricorrente con l’istanza del 31.10.2007.
3c. Con il secondo motivo si lamenta che il Comune avrebbe
qualificato come “nuova costruzione” un intervento di
ripristino di un tratto di muratura perimetrale che sarebbe
stato smantellato nel corso dei lavori esclusivamente per
accedere al fabbricato. Non di tratterebbe, quindi, di una
“nuova costruzione” ma di una “ricostruzione”,
evidenziandosi che l’Amministrazione si sarebbe basata sulla
documentazione fotografica depositata dai controinteressati,
peraltro priva di valore probatorio perché non formata in
contraddittorio con il deducente.
Il Collegio rileva in proposito che, con la presentazione della
denuncia di inizio attività del 10 luglio 2007, il dichiarante si
prefiggeva all’evidenza il perseguimento di un’operazione
alquanto impegnativa alla luce dell’obiettivo stato del
manufatto: nella relazione si legge, infatti,, che “per evitare
ulteriori ammaloramenti dell’edificio stesso … si provvederà
al consolidamento di tutte le murature al piano terra”.
La documentazione fotografica agli atti, rispetto alla quale
l’obiezione avanzata della sua formazione in difetto di
contraddittorio deve essere immediatamente disattesa,
riproducendo essa la mera realtà dei fatti, non permette,
peraltro, di sostenere che si fosse in presenza di un edificio
sul quale occorreva intervenire per preservarlo di ulteriore
“ammaloramento”, essendo detto pregiudizio da escludersi
proprio dall’assetto ormai definitivo di rudere da tempo
assunto dal preesistente manufatto.
Gli interventi previsti erano comunque principalmente diretti
alla “rimozione del poggiolo crollato e alla messa in
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sicurezza della copertura in lamiera”, alla “ripulitura del
terreno circostante”, al “consolidamento di tutte le murature
relative al piano terra che non verranno modificate rispetto
all’attuale consistenza”.
Come ha osservato anche l’Amministrazione comunale, il
ricorrente non ha avuto cura di procurarsi una propria
documentazione fotografica circa l’andamento degli asseriti
lavori di messa in sicurezza, ma soprattutto circa la
preesistenza di un muro perimetrale, che sarebbe stato
smantellato per accedere all’interno della struttura. Sono
comunque depositate in giudizio le fotografie dello stato
preesistente e di quello attuale del manufatto oltre alle
fotografie riproducenti lo svolgersi dei lavori prodotte dal
consulente dei controinteressati scattare all’esterno dell’area
di proprietà.
Dai detti documenti emerge con palmare evidenza che, a
seguito del sollevamento del manto di copertura, è stata
realizzata ex novo quella parte di muratura superiore che si
erge in posizione verticale, la cui preesistenza va in radice
esclusa per l’inclinazione che presentavano i resti delle
murature perimetrali prima dei lavori de quo (cfr. fotografie
n. 5, n. 7 e n. 9b allegate alla memoria del 20.3.2008 in atti
dei controinteressati e fotografie n. 2, n. 3 e n. 4 allegate al
progetto di ripristino in atti di parte ricorrente).
In tal senso deve dunque condividersi quanto osservato nei
provvedimenti impugnati che una parte di muratura sarebbe
stata recuperata e ricollocata, presumibilmente in posizione
originale, assemblando pezzi di cemento a pezzi di muratura
intonacata, mentre un’altra parte è stata totalmente
costruita a nuovo. A tal riguardo occorre anche chiarire che i
provvedimenti adottati dall’Amministrazione non si sono
affatto basati solo sul materiale documentale fornito dai
controinteressati ma su indagini svolte in proprio e sulla
base della documentazione fotografica acquisita in occasione
del sopralluogo del 12 settembre 2007.
E l’intervento di costruzione realizzato, per tutte le
argomentazioni esposte più sopra, non può farsi rientrare
nella categoria degli interventi conservativi perché questi
presuppongono che si operi su di un edificio esistente e
riconoscibile mentre, nel caso dedotto, si è intervenuti su di
un “ammasso informe di murature e solai crollati”.
3d. Con l’ultimo motivo del ricorso per motivi aggiunti si
censurano assunte carenze motivazionali nei provvedimenti
impugnati che non corrisponderebbero puntualmente alle
dettagliate controdeduzioni di carattere tecnico presentate
nel corso del procedimento dal progettista e dalla difesa del
ricorrente.
Anche tale motivo è infondato, posto che tutti i
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provvedimenti all’esame si presentano ampiamente
articolati in fatto, in diritto con il richiamo della normativa
urbanistica ed edilizia vigente, e con una motivazione che
considera anche le tesi dei tecnici del ricorrente.
Nel diniego del 5 febbraio 2008, che concerne in primis la
determinazione conclusiva sull’istanza di sanatoria per
l’avvenuta ricostruzione di un tratto di muratura
perimetrale, il punto 2) riguarda espressamente l’esame
delle controdeduzioni, che erano state presentate sia
dall’arch. Bresciani sia dall’avv. Lorenzi avverso la
contestazione di opere eseguite in difformità della denuncia
di inizio attività; il successivo punto 3) riguarda, poi,
l’esame delle controdeduzioni presentate dagli stessi
consulenti, ma con riguardo alle opere eseguite in assenza
di concessione edilizia. In particolare, in ordine allo
“spianamento del terreno sull’area a valle e riporto a
monte”, è stata rilevata la sua difformità dalla denuncia di
inizio attività, in quanto era stata ivi prevista la “mera
ripulitura del terreno circostante”. Inoltre, quanto allo scavo
eseguito all’interno del manufatto, al rilievo del ricorrente
che si sarebbe trattato del “terrapieno apparso una volta
tolti i detriti dall’interno delle murature perimetrali”,
l’Amministrazione replica efficacemente che “dal verbale di
sopralluogo è evidente che non si è in presenza delle
<presunte> murature esistenti. Per contro, invece, tale
documentazione rende ancor più evidente la non traccia né
di fondazioni, né la presenza di muri perimetrali che
documentano l’effettivo sedime dell’edificio, giustificando di
conseguenza la contestazione assunta per la collocazione dei
pezzi di muratura posti alla sommità del terreno”.
Se si considera, quindi, che il manufatto da demolire si trova
attualmente in posizione diversa da quella del sedime
dell’originario edificio, la motivazione manifestata nelle
determinazioni impugnate appare pertinente e congrua.
4. In relazione a quanto sopra esposto deve essere disattesa
la censura di illegittimità derivata avanzata nei confronti
dell’ultima ingiunzione di rimessa in pristino che integrava
per l’Amministrazione un provvedimento strettamente
vincolato.
5. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata nel
dispositivo a favore degli interventori, restando il Collegio
dispensato da ogni correlativo obbligo nei confronti del
Comune di Riva del Garda, che non si è costituito in giudizio.
P. Q . M .
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del
Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente
pronunciando sul ricorso n. 116 del 2007, lo respinge.
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Le spese del giudizio sono liquidate a favore degli
interventori nella complessiva somma di € 4.000,00
(quattromila), oltre ad I.V.A. e C.P.A. e sono poste a carico
del ricorrente.
Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 4
dicembre 2008, con l’intervento dei Magistrati:
dott. Francesco Mariuzzo - Presidente
dott. Lorenzo Stevanato - Consigliere
dott.ssa Alma Chiettini - Consigliere estensore
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in
Segreteria, il giorno 8 gennaio 2009
Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel
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