TESTI DI LEGGE SOMMARIO D.Lgs. 18-8-2000 n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali............. 2 D.Lgs. 25-2-1995 n. 77 Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali ................ 175 Contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 20022003 ....................................................................................................................... 249 Legge 6 dicembre 1971, n. 1044 Piano quinquennale per l'Istituzione di asili-nido comunalicon il concorso dello Stato (1). .................................................................... 290 Legge regionale 15 gennaio 1973, n. 3. ..................................................................... 323 Criteri generali per la costruzione, l'impianto, la gestione ed il controllo degli asili-nido comunali costruiti e gestiti con il concorso dello Stato di cui alla Legge 6 dicembre 1971, n. 1044 e con quello della Regione. ........................................................................... 323 D.Lgs. 25-7-1998 n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. ......................................... 327 L. 30-7-2002 n. 189 Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo. ....... 396 D.Lgs. 18-8-2000 n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O. Epigrafe Premessa 1. Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (art. 31 legge 3 agosto 1999, n. 265) Parte I Ordinamento istituzionale TITOLO I Disposizioni generali 1. Oggetto. 2. Àmbito di applicazione. 3. Autonomia dei comuni e delle province. 4. Sistema regionale delle autonomie locali. 5. Programmazione regionale e locale. 6. Statuti comunali e provinciali. 7. Regolamenti. 7-bis. Sanzioni amministrative. 8. Partecipazione popolare. 9. Azione popolare e delle associazioni di protezione ambientale. 10. Diritto di accesso e di informazione. 11. Difensore civico. 12. Sistemi informativi e statistici. TITOLO II Soggetti Capo I - Comune 13. Funzioni. 14. Compiti del comune per servizi di competenza statale. 15. Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni. 16. Municipi. 17. Circoscrizioni di decentramento comunale. 18. Titolo di città. Capo II - Provincia 19. Funzioni. 20. Compiti di programmazione. 21. Circondari e revisione delle circoscrizioni provinciali. Capo III - Aree metropolitane 22. Aree metropolitane. 23. Città metropolitane. 24. Esercizio coordinato di funzioni. 25. Revisione delle circoscrizioni comunali. 26. Norma transitoria. Capo IV - Comunità montane 27. Natura e ruolo. 28. Funzioni. 29. Comunità isolane o di arcipelago. Capo V - Forme associative 30. Convenzioni. 31. Consorzi. 32. Unioni di comuni. 33. Esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni. 34. Accordi di programma. 35. Norma transitoria. TITOLO III Organi Capo I - Organi di governo del comune e della provincia 36. Organi di governo. 37. Composizione dei consigli. 38. Consigli comunali e provinciali. 39. Presidenza dei consigli comunali e provinciali. 40. Convocazione della prima seduta del consiglio. 41. Adempimenti della prima seduta. 42. Attribuzioni dei consigli. 43. Diritti dei consiglieri. 44. Garanzia delle minoranze e controllo consiliare. 45. Surrogazione e supplenza dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali. 46. Elezione del sindaco e del presidente della provincia - Nomina della Giunta. 47. Composizione delle giunte. 48. Competenze delle giunte. 49. Pareri dei responsabili dei servizi. 50. Competenze del sindaco e del presidente della provincia. 51. Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati. 52. Mozione di sfiducia. 53. Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della provincia. 54. Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale. Capo II - Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità 55. Elettorato passivo. 56. Requisiti della candidatura. 57. Obbligo di opzione. 58. Cause ostative alla candidatura. 59. Sospensione e decadenza di diritto. 60. Ineleggibilità. 61. Ineleggibilità e incompatibilità alla carica di sindaco e presidente di provincia. 62. Decadenza dalla carica di sindaco e di presidente della provincia. 63. Incompatibilità. 64. Incompatibilità tra consigliere comunale e provinciale e assessore nella rispettiva Giunta. 65. Incompatibilità per consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale. 66. Incompatibilità per gli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere. 67. Esimente alle cause di ineleggibilità o incompatibilità. 68. Perdita delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità. 69. Contestazione delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità. 70. Azione popolare. Capo III - Sistema elettorale 71. Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti. 72. Elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. 73. Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. 74. Elezione del presidente della provincia. 75. Elezione del consiglio provinciale. 76. Anagrafe degli amministratori locali e regionali. Capo IV - Status degli amministratori locali 77. Definizione di amministratore locale. 78. Doveri e condizione giuridica. 79. Permessi e licenze. 80. Oneri per permessi retribuiti. 81. Aspettative. 82. Indennità. 83. Divieto di cumulo. 84. Rimborsi spese e indennità di missione. 85. Partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali. 86. Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative. 87. Consigli di amministrazione delle aziende speciali. TITOLO IV Organizzazione e personale Capo I - Uffici e personale 88. Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali. 89. Fonti. 90. Uffici di supporto agli organi di direzione politica. 91. Assunzioni. 92. Rapporti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale. 93. Responsabilità patrimoniale. 94. Responsabilità disciplinare. 95. Dati sul personale degli enti locali. 96. Riduzione degli organismi collegiali. Capo II - Segretari comunali e provinciali 97. Ruolo e funzioni. 98. Albo nazionale. 99. Nomina. 100. Revoca. 101. Disponibilità e mobilità. 102. Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali. 103. Organizzazione e funzionamento dell'Agenzia autonoma. 104. Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e scuole regionali e interregionali. 105. Regioni a statuto speciale. 106. Disposizioni finali e transitorie. Capo III - Dirigenza ed incarichi 107. Funzioni e responsabilità della dirigenza. 108. Direttore generale. 109. Conferimento di funzioni dirigenziali. 110. Incarichi a contratto. 111. Adeguamento della disciplina della dirigenza. TITOLO V Servizi e interventi pubblici locali 112. Servizi pubblici locali. 113. Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. 113-bis. Gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica. 114. Aziende speciali ed istituzioni. 115. Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni. 116. Società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali. 117. Tariffe dei servizi. 118. Regime del trasferimento di beni. 119. Contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni. 120. Società di trasformazione urbana. 121. Occupazione d'urgenza di immobili. 122. Lavori socialmente utili. 123. Norma transitoria. TITOLO VI Controlli Capo I - Controllo sugli atti 124. Pubblicazione delle deliberazioni. 125. Comunicazione delle deliberazioni ai capigruppo. 126. Deliberazioni soggette in via necessaria al controllo preventivo di legittimità. 127. Controllo eventuale. 128. Comitato regionale di controllo. 129. Servizi di consulenza del comitato regionale di controllo. 130. Composizione del comitato. 131. Incompatibilità ed ineleggibilità. 132. Funzionamento del comitato. 133. Modalità del controllo preventivo di legittimità. 134. Esecutività delle deliberazioni. 135. Comunicazione deliberazioni al prefetto. 136. Poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori. 137. Poteri sostitutivi del Governo. 138. Annullamento straordinario. 139. Pareri obbligatori. 140. Norma finale. Capo II - Controllo sugli organi 141. Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali. 142. Rimozione e sospensione di amministratori locali. 143. Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. 144. Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio. 145. Gestione straordinaria. 145-bis. Gestione finanziaria. 146. Norma finale. Capo III - Controlli interni 147. Tipologia dei controlli interni. Capo IV - Controlli esterni sulla gestione 148. Controllo della Corte dei Conti. Parte seconda Ordinamento finanziario e contabile TITOLO I Disposizioni generali 149. 150. 151. 152. 153. 154. Princìpi generali in materia di finanza propria e derivata. Princìpi in materia di ordinamento finanziario e contabile. Princìpi in materia di contabilità. Regolamento di contabilità. Servizio economico-finanziario. Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali. 155. Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. 156. Classi demografiche e popolazione residente. 157. Consolidamento dei conti pubblici. 158. Rendiconto dei contributi straordinari. 159. Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali. 160. Approvazione di modelli e schemi contabili. 161. Certificazioni di bilancio. TITOLO II Programmazione e bilanci Capo I - Programmazione 162. Princìpi del bilancio. 163. Esercizio provvisorio e gestione provvisoria. 164. Caratteristiche del bilancio. 165. Struttura del bilancio. 166. Fondo di riserva. 167. Ammortamento dei beni. 168. Servizi per conto di terzi. 169. Piano esecutivo di gestione. 170. Relazione previsionale e programmatica. 171. Bilancio pluriennale. 172. Altri allegati al bilancio di previsione. 173. Valori monetari. Capo II - Competenze in materia di bilanci 174. Predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati. 175. Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione. 176. Prelevamenti dal fondo di riserva. 177. Competenze dei responsabili dei servizi. TITOLO III Gestione del bilancio Capo I - Entrate 178. Fasi dell'entrata. 179. Accertamento. 180. Riscossione. 181. Versamento. Capo II - Spese 182. Fasi della spesa. 183. Impegno di spesa. 184. Liquidazione della spesa. 185. Ordinazione e pagamento. Capo III - Risultato di amministrazione e residui 186. Risultato contabile di amministrazione. 187. Avanzo di amministrazione. 188. Disavanzo di amministrazione. 189. Residui attivi. 190. Residui passivi. Capo IV - Princìpi di gestione e controllo di gestione 191. 192. 193. 194. 195. 196. 197. Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese. Determinazioni a contrattare e relative procedure. Salvaguardia degli equilibri di bilancio. Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio. Utilizzo di entrate a specifica destinazione. Controllo di gestione. Modalità del controllo di gestione. 198. Referto del controllo di gestione. 198-bis. Comunicazione del referto. TITOLO IV Investimenti Capo I - Princìpi generali 199. Fonti di finanziamento. 200. Programmazione degli investimenti. 201. Finanziamento di opere pubbliche e piano economico-finanziario. Capo II - Fonti di finanziamento mediante indebitamento 202. Ricorso all'indebitamento. 203. Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento. 204. Regole particolari per l'assunzione di mutui. 205. Attivazione di prestiti obbligazionari. 205-bis. Contrazione di aperture di credito. Capo III - Garanzie per mutui e prestiti 206. Delegazione di pagamento. 207. Fideiussione. TITOLO V Tesoreria Capo I - Disposizioni generali 208. Soggetti abilitati a svolgere il servizio di tesoreria. 209. Oggetto del servizio di tesoreria. 210. Affidamento del servizio di tesoreria. 211. Responsabilità del tesoriere. 212. Servizio di tesoreria svolto per più enti locali. 213. Gestione informatizzata del servizio di tesoreria. Capo II - Riscossione delle entrate 214. Operazioni di riscossione. 215. Procedure per la registrazione delle entrate. Capo III - Pagamento delle spese 216. Condizioni di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere. 217. Estinzione dei mandati di pagamento. 218. Annotazione della quietanza. 219. Mandati non estinti al termine dell'esercizio. 220. Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento. Capo IV - Altre attività 221. Gestione di titoli e valori. 222. Anticipazioni di tesoreria. Capo V - Adempimenti e verifiche contabili 223. Verifiche ordinarie di cassa. 224. Verifiche straordinarie di cassa. 225. Obblighi di documentazione e conservazione. 226. Conto del tesoriere. TITOLO VI Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione 227. 228. 229. 230. Rendiconto della gestione. Conto del bilancio. Conto economico. Conto del patrimonio e conti patrimoniali speciali. 231. Relazione al rendiconto della gestione. 232. Contabilità economica. 233. Conti degli agenti contabili interni. TITOLO VII Revisione economico-finanziaria 234. Organo di revisione economico-finanziario. 235. Durata dell'incarico e cause di cessazione. 236. Incompatibilità ed ineleggibilità dei revisori. 237. Funzionamento del collegio dei revisori. 238. Limiti all'affidamento di incarichi. 239. Funzioni dell'organo di revisione. 240. Responsabilità dell'organo di revisione. 241. Compenso dei revisori. TITOLO VIII Enti locali deficitari o dissestati Capo I - Enti locali deficitari: disposizioni generali 242. Individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli. 243. Controlli per gli enti locali strutturalmente deficitari, enti locali dissestati ed altri enti. Capo II - Enti locali dissestati: disposizioni generali 244. Dissesto finanziario. 245. Soggetti della procedura di risanamento. 246. Deliberazione di dissesto. 247. Omissione della deliberazione di dissesto. 248. Conseguenze della dichiarazione di dissesto. 249. Limiti alla contrazione di nuovi mutui. 250. Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento. 251. Attivazione delle entrate proprie. Capo III - Attività dell'organo straordinario di liquidazione 252. Composizione, nomina e attribuzioni. 253. Poteri organizzatori. 254. Rilevazione della massa passiva. 255. Acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento. 256. Liquidazione e pagamento della massa passiva. 257. Debiti non ammessi alla liquidazione. 258. Modalità semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti. Capo IV - Bilancio stabilmente riequilibrato 259. Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 260. Collocamento in disponibilità del personale eccedente. 261. Istruttoria e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 262. Inosservanza degli obblighi relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 263. Determinazione delle medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della consistenza delle dotazioni organiche. Capo V - Prescrizioni e limiti conseguenti al risanamento 264. Deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. 265. Durata della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 266. Prescrizioni in materia di investimenti. 267. Prescrizioni sulla dotazione organica. 268. Ricostituzione di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio. 268-bis. Procedura straordinaria per fronteggiare ulteriori passività. 268-ter. Effetti del ricorso alla procedura straordinaria di cui all'articolo 268-bis. 269. Modalità applicative della procedura di risanamento. Parte III - Associazioni degli enti locali 270. Contributi associativi. 271. Sedi associative. 272. Attività delle associazioni nella cooperazione allo sviluppo. PARTE IV Disposizioni transitorie ed abrogazioni 273. Norme transitorie. 274. Norme abrogate. 275. Norma finale. D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (1). Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (2). (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O. (2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni: - I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 18 marzo 2003, n. 5; Informativa 23 giugno 2003, n. 22; - I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 8 gennaio 2002, n. 8; Msg. 26 settembre 2003, n. 340; Msg. 1 aprile 2004, n. 9392; - Ministero dei lavori pubblici: Circ. 11 dicembre 2000, n. 622/Segr.; - Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 6 agosto 2002, n. 269/E; - Ministero dell'interno: Circ. 11 ottobre 2000, n. 7/2000; Circ. 19 ottobre 2000, n. 9/2000; Circ. 20 ottobre 2000, n. F.L.19/2000; Circ. 14 novembre 2000, n. F.L.21/2000; Circ. 8 novembre 2000, n. 10; Circ. 10 gennaio 2001, n. 1/2001; Circ. 19 marzo 2001, n. F.L.13/2001; Circ. 6 giugno 2001, n. F.L.23/2001; Circ. 27 luglio 2001, n. 6; Circ. 6 settembre 2001, n. 7; Circ. 20 febbraio 2002, n. F.L.3/2002; Circ. 21 giugno 2002, n. F.L.14/2002; Circ. 10 luglio 2002, n. F.L.16/2002; Circ. 12 novembre 2002, n. 23/2002; Circ. 10 febbraio 2003, n. F.L.1/2003; Circ. 8 maggio 2003, n. 8/2003; Circ. 29 maggio 2003, n. F.L. 19/2003; Circ. 6 febbraio 2004, n. F.L.4/2004; Circ. 3 marzo 2004, n. F.L.6/2004; Circ. 13 luglio 2004, n. F.L.20/2004; Circ. 16 luglio 2004, n. F.L.17/2004; Circ. 2 febbraio 2005, n. 2/2005; Circ. 11 febbraio 2005, n. F.L.2/2005; Circ. 12 maggio 2005, n. F.L.17/2005; - Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 19 ottobre 2001, n. 12727. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto l'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265, recante delega al Governo per l'adozione di un testo unico in materia di ordinamento degli enti locali; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 aprile 2000; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza generale dell'8 giugno 2000; Acquisito il parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali e della Conferenza Unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 agosto 2000; Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali e della giustizia; Emana il seguente decreto legislativo: 1. È approvato l'unito testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, composto di 275 articoli. Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (art. 31 legge 3 agosto 1999, n. 265) Parte I Ordinamento istituzionale TITOLO I Disposizioni generali 1. Oggetto. 1. Il presente testo unico contiene i princìpi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali. 2. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. 3. La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i princìpi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa. L'entrata in vigore di nuove leggi che enunciano tali princìpi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette. 4. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni (3). (3) Il presente articolo corrisponde agli artt. 1 e 4, comma 2-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 2. Àmbito di applicazione. 1. Ai fini del presente testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni. 2. Le norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali (4). (4) Il presente articolo corrisponde all'art. 25, comma 7-bis, ultimo periodo, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 3. Autonomia dei comuni e delle province. 1. Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome. 2. Il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo. 3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e Regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo. 4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell'àmbito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica. 5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali (5). (5) Il presente articolo corrisponde all'art. 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 4. Sistema regionale delle autonomie locali. 1. Ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, le regioni, ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori, organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province. 2. Ai fini di cui al comma 1, le leggi regionali si conformano ai princìpi stabiliti dal presente testo unico in ordine alle funzioni del comune e della provincia, identificando nelle materie e nei casi previsti dall'articolo 117 della Costituzione, gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio. 3. La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane, in base ai princìpi di cui all'articolo 4, comma 3, della L. 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. 4. La legge regionale indica i princìpi della cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con la Regione, al fine di realizzare un efficiente sistema delle autonomie locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile. 5. Le regioni, nell'àmbito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata fra regioni ed enti locali nell'àmbito delle rispettive competenze (6). (6) Il presente articolo corrisponde all'art. 3, commi da 1 a 3, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 5. Programmazione regionale e locale. 1. La Regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce le risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti degli enti locali. 2. Comuni e province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione ed attuazione. 3. La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e programmi regionali e degli altri provvedimenti della Regione. 4. La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi regionali. 5. La legge regionale disciplina, altresì, con norme di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica della compatibilità fra gli strumenti di cui al comma 4 e i programmi regionali, ove esistenti (7). (7) Il presente articolo corrisponde all'art. 3, commi da 4 a 8, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (giurisprudenza di legittimità) 6. Statuti comunali e provinciali. 1. I comuni e le province adottano il proprio statuto. 2. Lo statuto, nell'àmbito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio. Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico. 3. Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti. 4. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie. 5. Dopo l'espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione, affisso all'albo pretorio dell'ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell'interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente. 6. L'ufficio del Ministero dell'interno, istituito per la raccolta e la conservazione degli statuti comunali e provinciali, cura anche adeguate forme di pubblicità degli statuti stessi (8). (8) Il presente articolo corrisponde agli artt. 4 e 59, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 27, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogati. 7. Regolamenti. 1. Nel rispetto dei princìpi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni (9). (9) Il presente articolo corrisponde all'art. 5, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (giurisprudenza di legittimità) 7-bis. Sanzioni amministrative. 1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro. 1-bis. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari (10). 2. L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (11). (10) Comma aggiunto dall'art. 1-quater, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (11) Articolo aggiunto dall'art. 16, L. 16 gennaio 2003, n. 3. 8. Partecipazione popolare. 1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto. 2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. 3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini. 4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali. 5. Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti (12). (12) Il presente articolo corrisponde all'art. 6, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 9. Azione popolare e delle associazioni di protezione ambientale. 1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia. 2. Il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune ovvero della provincia. In caso di soccombenza, le spese sono a carico di chi ha promosso l'azione o il ricorso, salvo che l'ente costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore. 3. [Le associazioni di protezione ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione] (13) (14). (13) Comma abrogato dall'art. 318, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. (14) Il presente articolo corrisponde all'art. 7, commi 1 e 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 10. Diritto di accesso e di informazione. 1. Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese. 2. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione. 3. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni (15). (15) Il presente articolo corrisponde all'art. 7, commi da 3 a 5, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 11. Difensore civico. 1. Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini. 2. Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale. 3. Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo nell'ipotesi prevista all'articolo 127 (16). (16) Il presente articolo corrisponde all'art. 8, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 12. Sistemi informativi e statistici. 1. Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale. 2. Gli enti locali, nello svolgimento delle attività di rispettiva competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici che operano in collegamento con gli uffici di statistica in applicazione del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. È in ogni caso assicurata l'integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema statistico nazionale. 3. Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. TITOLO II Soggetti Capo I - Comune 13. Funzioni. 1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. 2. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la provincia (17). (17) Il presente articolo corrisponde all'art. 9, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 14. Compiti del comune per servizi di competenza statale. 1. Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica. 2. Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'articolo 54. 3. Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie (18). (18) Il presente articolo corrisponde all'art. 10, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 15. Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni. 1. A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale. Salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite. 2. La legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante fusione di due o più comuni contigui, prevede che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. 3. Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della Regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi alla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono. 4. La denominazione delle borgate e frazioni è attribuita ai comuni ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione (19). (19) Il presente articolo corrisponde all'art. 11, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 16. Municipi. 1. Nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui lo statuto comunale può prevedere l'istituzione di municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune di esse. 2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione (20). (20) Il presente articolo corrisponde all'art. 12, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 17. Circoscrizioni di decentramento comunale. 1. I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune. 2. L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento. 3. I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2. 4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'àmbito dell'unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento. 5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria (21). (21) Il presente articolo corrisponde all'art. 13, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 18. Titolo di città. 1. Il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza. Capo II - Provincia 19. Funzioni. 1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei seguenti settori: a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità; b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; c) valorizzazione dei beni culturali; d) viabilità e trasporti; e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca nelle acque interne; g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali. 2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. 3. La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal presente testo unico per la gestione dei servizi pubblici locali (22). (22) Il presente articolo corrisponde all'art. 14, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Per l'attenzione di quanto disposto dal presente articolo, vedi l'art. 197, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. 20. Compiti di programmazione. 1. La provincia: a) raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della Regione; b) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale; c) formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni. 2. La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica: a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti; b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione; c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque; d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali. 3. I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla Regione ai fini di accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale. 4. La legge regionale detta le procedure di approvazione, nonché norme che assicurino il concorso dei comuni alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento. 5. Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla Regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti con le previsioni del piano territoriale di coordinamento. 6. Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali di coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi pluriennali (23). (23) Il presente articolo corrisponde all'art. 15, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 21. Circondari e revisione delle circoscrizioni provinciali. 1. La provincia, in relazione all'ampiezza e peculiarità del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi, può disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi e la partecipazione dei cittadini. 2. Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo statuto della provincia può demandare ad un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione e coordinamento. Al presidente del circondario si applicano le disposizioni relative allo status del presidente del consiglio di comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario. 3. Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi: a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente; b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale; c) l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia; d) l'iniziativa dei comuni, di cui all'articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati; e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti; f) l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici; g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati. 4. Ai sensi del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione le regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare l'iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del comma 3 (24). (24) Il presente articolo corrisponde all'art. 16, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Capo III - Aree metropolitane 22. Aree metropolitane. 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. 2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la Regione procede entro centottanta giorni dalla proposta stessa alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la Regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita la Regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana. 3. Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale (25). (25) Il presente articolo corrisponde all'art. 17, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 23. Città metropolitane. 1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in città metropolitane ad ordinamento differenziato. 2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano l'assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni. 3. La proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata dalla Regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con legge. 4. All'elezione degli organi della città metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi delle leggi vigenti in materia di elezioni degli enti locali. 5. La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identità delle originarie collettività locali. 6. Quando la città metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 21, considerando l'area della città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai princìpi contenuti nel presente comma. 7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale (26). (26) Il presente articolo corrisponde all'art. 18, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 24. Esercizio coordinato di funzioni. 1. La Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie: a) pianificazione territoriale; b) reti infrastrutturali e servizi a rete; c) piani di traffico intercomunali; d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico; e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica; f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque; g) smaltimento dei rifiuti; h) grande distribuzione commerciale; i) attività culturali; l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 50, comma 7. 2. Le disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino all'istituzione della città metropolitana (27). (27) Il presente articolo corrisponde all'art. 19, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 25. Revisione delle circoscrizioni comunali. 1. Istituita la città metropolitana, la Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana (28). (28) Il presente articolo corrisponde all'art. 20, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 26. Norma transitoria. 1. Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane. 2. La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della Regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai princìpi dell'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Capo IV - Comunità montane 27. Natura e ruolo. 1. Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali. 2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze. 3. La Regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della Giunta regionale. 4. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare: a) le modalità di approvazione dello statuto; b) le procedure di concertazione; c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali; d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione europea; e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio. 5. La legge regionale può escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefìci e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere, altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità. 6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della comunità montana. 7. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'àmbito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica. 8. Ove in luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni (29). (29) Il presente articolo corrisponde all'art. 28, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 28. Funzioni. 1. L'esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a questi conferite dalla Regione spetta alle comunità montane. Spetta, altresì, alle comunità montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse conferita dai comuni, dalla provincia e dalla Regione. 2. Spettano alle comunità montane le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione europea o dalle leggi statali e regionali. 3. Le comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla Regione, che possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano. 4. Le comunità montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento. 5. Il piano pluriennale di sviluppo socioeconomico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle comunità montane ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale. 6. Gli interventi finanziari disposti dalle comunità montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna sono destinati esclusivamente ai territori classificati montani. 7. Alle comunità montane si applicano le disposizioni dell'articolo 32, comma 5 (30). (30) Il presente articolo corrisponde all'art. 29, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 29. Comunità isolane o di arcipelago. 1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita, dai comuni interessati, la comunità isolana o dell'arcipelago, cui si estendono le norme sulle comunità montane (31). (31) Il presente articolo corrisponde all'art. 5, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. Capo V - Forme associative 30. Convenzioni. 1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni. 2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. 3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la Regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo. 4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti (32). (32) Il presente articolo corrisponde all'art. 24, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 31. Consorzi. 1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti. 2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio. 3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 50 e dell'articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili. 4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto. 5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto. 6. Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio. 7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali. 8. Ai consorzi che gestiscono attività di cui all'articolo 113-bis, si applicano le norme previste per le aziende speciali (33) (34). (33) Comma così modificato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (34) Il presente articolo corrisponde all'art. 25, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 32. Unioni di comuni. 1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza. 2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse. 3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze. 4. L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni. 5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati (35). (35) Il presente articolo corrisponde all'art. 26, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 33. Esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni. 1. Le regioni, nell'emanazione delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni. 2. Al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4. Nell'àmbito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la Regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa. 3. Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di comuni regolarmente costituite. 4. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'àmbito del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono ai seguenti princìpi fondamentali: a) nella disciplina delle incentivazioni: 1. favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefìci in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione; 2. prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale; b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefìci da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione (36). (36) Il presente articolo corrisponde agli artt. 11, comma 2; 26-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 34. Accordi di programma. 1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. 2. L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti. 3. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate. 4. L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della Regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato. 5. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza. 6. Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni. 7. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della Regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal commissario del Governo nella Regione o dal prefetto nella provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali. 8. Allorché l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto (37). (37) Il presente articolo corrisponde all'art. 27, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 35. Norma transitoria. 1. L'adozione delle leggi regionali previste dall'articolo 33, comma 4, avviene entro il 21 febbraio 2001. Trascorso inutilmente tale termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei princìpi enunciati nel citato articolo del presente testo unico. La disciplina adottata nell'esercizio dei poteri sostitutivi si applica fino alla data di entrata in vigore della legge regionale. TITOLO III Organi Capo I - Organi di governo del comune e della provincia 36. Organi di governo. 1. Sono organi di governo del comune il consiglio, la Giunta, il sindaco. 2. Sono organi di governo della provincia il consiglio, la Giunta, il Presidente (38). (38) Il presente articolo corrisponde all'art. 30, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 37. Composizione dei consigli. 1. Il consiglio comunale è composto dal sindaco e: a) da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti; b) da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti; c) da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti; d) da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia; e) da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti; f) da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti; g) da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti; h) da 12 membri negli altri comuni. 2. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e: a) da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti; b) da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti; c) da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti; d) da 24 membri nelle altre province. 3. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano l'intera provincia. 4. La popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale (39). (39) Il presente articolo corrisponde al comma 1 dell'art. 1, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 38. Consigli comunali e provinciali. 1. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono regolati dal presente testo unico. 2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia. 3. I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province possono essere previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti. 4. I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione. 5. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili. 6. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori. 7. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento. 8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell'articolo 141 (40). 9. In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte all'esterno degli edifici, ove si tengono, la bandiera della Repubblica italiana e quella dell'Unione europea per il tempo in cui questi esercita le rispettive funzioni e attività. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22, concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera italiana ed europea (41). (40) Comma così modificato dall'art. 3, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. (41) Il presente articolo corrisponde all'art. 31, commi da 1 a 3, 4 e 8, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 39. Presidenza dei consigli comunali e provinciali. 1. I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato secondo le modalità di cui all'articolo 40. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio. 2. Il presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste. 3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria. 4. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio. 5. In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto (42). (42) Il presente articolo corrisponde all'art. 31, commi 3-bis, 7, 7-bis e 7-ter e all'art. 36, comma 4, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 40. Convocazione della prima seduta del consiglio. 1. La prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve essere convocata entro il termine perentorio di dieci giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione. 2. Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta, è convocata dal sindaco ed è presieduta dal consigliere anziano fino alla elezione del presidente del consiglio. La seduta prosegue poi sotto la presidenza del presidente del consiglio per la comunicazione dei componenti della Giunta e per gli ulteriori adempimenti. È consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior cifra individuale ai sensi dell'articolo 73 con esclusione del sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco, proclamati consiglieri ai sensi del comma 11 del medesimo articolo 73. 3. Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di presiedere l'assemblea, la presidenza è assunta dal consigliere che, nella graduatoria di anzianità determinata secondo i criteri di cui al comma 2, occupa il posto immediatamente successivo. 4. La prima seduta del consiglio provinciale è presieduta e convocata dal presidente della provincia sino alla elezione del presidente del consiglio. 5. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta del consiglio è convocata e presieduta dal sindaco sino all'elezione del presidente del consiglio. 6. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano salvo diversa previsione regolamentare nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto (43). (43) Il presente articolo corrisponde ai commi da 2-bis a 2-quater dell'art. 1, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 41. Adempimenti della prima seduta. 1. Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorché non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II Titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall'articolo 69. 2. Il consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra i propri componenti la commissione elettorale comunale ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223. 42. Attribuzioni dei consigli. 1. Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo. 2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: a) statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo 48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi; b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie; c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e modificazione di forme associative; d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione; e) organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione (44); f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi; g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza; h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari (45); i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo; l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari; m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge. 3. Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori. 4. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza (46). (44) Lettera così modificata dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (45) Lettera così sostituita dal comma 68 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (46) Il presente articolo corrisponde all'art. 32 e all'art. 34, comma 2-bis, secondo periodo, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 43. Diritti dei consiglieri. 1. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalità dettate dall'articolo 39, comma 2, e di presentare interrogazioni e mozioni. 2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge. 3. Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare. 4. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative (47). (47) Il presente articolo corrisponde all'art. 31, commi 5, 6 e 6-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 19, comma 1, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 44. Garanzia delle minoranze e controllo consiliare. 1. Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite. 2. Il consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, può istituire al proprio interno commissioni di indagine sull'attività dell'amministrazione. I poteri, la composizione ed il funzionamento delle suddette commissioni sono disciplinati dallo statuto e dal regolamento consiliare (48). (48) Il presente articolo corrisponde all'art. 4, comma 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 19, comma 2, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 45. Surrogazione e supplenza dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali. 1. Nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali il seggio che durante il quinquennio rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella medesima lista segue immediatamente l'ultimo eletto. 2. Nel caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell'articolo 59, il consiglio, nella prima adunanza successiva alla notifica del provvedimento di sospensione, procede alla temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo alla surrogazione a norma del comma 1 (49). (49) Il presente articolo corrisponde all'art. 22, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 46. Elezione del sindaco e del presidente della provincia - Nomina della Giunta. 1. Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi consigli. 2. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della Giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione. 3. Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la Giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato. 4. Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio (50). (50) Il presente articolo corrisponde all'art. 34, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 47. Composizione delle giunte. 1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unità. 2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi. 3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. 4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. 5. Fino all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure: a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti; b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri (51). (51) Il presente articolo corrisponde all'art. 33, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (giurisprudenza di legittimità) 48. Competenze delle giunte. 1. La Giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia nel governo del comune o della provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali. 2. La Giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell'articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell'attuazione degli indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di impulso nei confronti dello stesso. 3. È, altresì, di competenza della Giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio (52). (52) Il presente articolo corrisponde all'art. 35, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 49. Pareri dei responsabili dei servizi. 1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione. 2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal Segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze. 3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi (53). (53) Il presente articolo corrisponde all'art. 53, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (giurisprudenza di legittimità) 50. Competenze del sindaco e del presidente della provincia. 1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia. 2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la Giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti. 3. Salvo quanto previsto dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia. 4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge. 5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. 6. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma. 7. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'àmbito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti. 8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni. 9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell'articolo 136. 10. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali 11. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana. 12. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla (54). (54) Il presente articolo corrisponde all'art. 36, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 51. Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati. 1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni. 2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche. 3. È consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie (55). (55) Il presente articolo corrisponde all'art. 2, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 52. Mozione di sfiducia. 1. Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale contrario ad una proposta del sindaco, del presidente della provincia o delle rispettive giunte non comporta le dimissioni degli stessi. 2. Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi dell'articolo 141 (56). (56) Il presente articolo corrisponde all'art. 37, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 53. Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della provincia. 1. In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la Giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la Giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente. 2. Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco e il presidente della provincia in caso di assenza o di impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall'esercizio della funzione ai sensi dell'articolo 59. 3. Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente della provincia diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina di un commissario (57). 4. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonché delle rispettive giunte (58). (57) In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 1, D.L. 1° febbraio 2005, n. 8. (58) Il presente articolo corrisponde all'art. 37-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 54. Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale. 1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende: a) alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica; b) alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica; c) allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla legge; d) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il prefetto. 2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica. 3. In casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 2. 4. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui fossero incorsi. 5. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo. 6. Nell'àmbito dei servizi di cui al presente articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei servizi stessi nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale. 7. Nelle materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonché dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega ad un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni. 8. Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia ai compiti di cui al presente articolo, il prefetto può nominare un commissario per l'adempimento delle funzioni stesse. 9. Alle spese per il commissario provvede l'ente interessato. 10. Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma 2, il prefetto provvede con propria ordinanza (59). (59) Il presente articolo corrisponde all'art. 38, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Capo II - Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità 55. Elettorato passivo. 1. Sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la votazione. 2. Per l'eleggibilità alle elezioni comunali dei cittadini dell'Unione europea residenti nella Repubblica si applicano le disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197 (60). (60) Il presente articolo corrisponde all'art. 1, L. 23 aprile 1981, n. 154. 56. Requisiti della candidatura. 1. Nessuno può presentarsi come candidato a consigliere in più di due province o in più di due comuni o in più di due circoscrizioni, quando le elezioni si svolgano nella stessa data. I consiglieri provinciali, comunali o di circoscrizione in carica non possono candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale. 2. Nessuno può essere candidato alla carica di sindaco o di presidente della provincia in più di un comune ovvero di una provincia (61). (61) Il presente articolo corrisponde al comma 1 dell'art. 7, L. 23 aprile 1981, n. 154. 57. Obbligo di opzione. 1. Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in due province, in due comuni, in due circoscrizioni, deve optare per una delle cariche entro cinque giorni dall'ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata opzione rimane eletto nel consiglio della provincia, del comune o della circoscrizione in cui ha riportato il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero dei votanti ed è surrogato nell'altro consiglio (62). (62) Il presente articolo corrisponde al comma 2 dell'art. 7, L. 23 aprile 1981, n. 154. (giurisprudenza di legittimità) 58. Cause ostative alla candidatura. 1. Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114, presidente e componente degli organi delle comunità montane: a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati; b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale (63); c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera b); d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo; e) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. 2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dall'articolo 59 la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna. 3. Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale l'elezione o la nomina è di competenza: a) del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale; b) la Giunta provinciale o del presidente, della Giunta comunale o del sindaco, di assessori provinciali o comunali. 4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse. 5. Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327 (64) (65). (63) Lettera così modificata dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. (64) Il presente articolo corrisponde ai commi da 1 a 4 e 4-sexies dell'art. 15, L. 19 marzo 1990, n. 55. (65) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 78 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 58 sollevata in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione. (giurisprudenza di legittimità) 59. Sospensione e decadenza di diritto. 1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58: a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 58, comma 1, lettera a), o per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale; b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo; c) coloro nei cui confronti l'autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l'applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale. 2. Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando non sia convalidata la supplenza, non sono computati al fine della verifica del numero legale, né per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata. 3. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. Nel caso in cui l'appello proposto dall'interessato avverso la sentenza di condanna sia rigettato anche con sentenza non definitiva, decorre un ulteriore periodo di sospensione che cessa di produrre effetti trascorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto (66). 4. A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione sono comunicati al prefetto, il quale, accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l'elezione o deliberato la nomina. 5. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell'interessato venga meno l'efficacia della misura coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell'albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell'organo che ha proceduto all'elezione, alla convalida dell'elezione o alla nomina. 6. Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58 decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione (67). 7. Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli enti di cui all'articolo 58, l'autorità giudiziaria ha emesso provvedimenti che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali degli enti medesimi e vi è la necessità di verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi degli stessi enti, il prefetto può accedere presso gli enti interessati per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi. 8. Copie dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse al Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2 comma 2-quater del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive modifiche ed integrazioni (68). (66) Comma così sostituito dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. (67) Il presente comma era stato modificato dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. Tale modifica non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 7 dopo la conversione in legge del suddetto decreto. (68) Il presente articolo corrisponde ai commi da 4-bis a 4-quinquies, 5 e 6 dell'art. 15, L. 19 marzo 1990, n. 55. (giurisprudenza di legittimità) 60. Ineleggibilità. 1. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale: 1) il Capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori (69); 2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza; 3) nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato; 4) nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci; 5) i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione del comune o della provincia nonché i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici; 6) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonché i giudici di pace; 7) i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli; 8) il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere; 9) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate; 10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale superiore al 50 per cento rispettivamente del comune o della provincia (70); 11) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia; 12) i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro comune, provincia o circoscrizione. 2. Le cause di ineleggibilità di cui al numero 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui àmbito si sono svolte le elezioni. 3. Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature. 4. Le strutture convenzionate, di cui al numero 9) del comma 1, sono quelle indicate negli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. 5. La pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i provvedimenti di cui al comma 3 entro cinque giorni dalla richiesta. Ove l'amministrazione non provveda, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni ha effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione. 6. La cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito. 7. L'aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del mandato, ai sensi dell'articolo 81. 8. Non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato. 9. Le cause di ineleggibilità previste dal numero 9) del comma 1 non si applicano per la carica di consigliere provinciale (71). (69) Numero così sostituito dall'art. 4, L. 6 luglio 2002, n. 137. (70) Numero così modificato dall'art. 14-decies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (71) Il presente articolo corrisponde all'art. 2, L. 23 aprile 1981, n. 154. 61. Ineleggibilità e incompatibilità alla carica di sindaco e presidente di provincia (72). 1. Non può essere eletto alla carica di sindaco o di presidente della provincia: 1) il ministro di un culto; 2) coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di segretario comunale o provinciale (73) (74). 1-bis. Non possono ricoprire la carica di sindaco o di presidente di provincia coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo loro fideiussore (75). (72) Rubrica così sostituita dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. (73) La Corte costituzionale, con sentenza 23-31 ottobre 2000, n. 450 (Gazz. Uff. 8 novembre 2000, n. 46 - Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente numero, nella parte in cui stabilisce che chi ha ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che rivestano la qualità di appaltatore di lavori o di servizi comunali non può essere eletto alla carica di sindaco, anziché stabilire che chi si trova in detta situazione non può ricoprire la carica di sindaco. Successivamente il presente numero è stato così modificato dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. (74) Il presente articolo corrisponde all'art. 6, D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, ora abrogato. (75) Comma aggiunto dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. 62. Decadenza dalla carica di sindaco e di presidente della provincia. 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dall'articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, l'accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte. (giurisprudenza di legittimità) 63. Incompatibilità. 1. Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale: 1) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente (76); 2) colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione; 3) il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 1) e 2) del presente comma; 4) colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia. La pendenza di una lite in materia tributaria ovvero di una lite promossa ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto non determina incompatibilità. Qualora il contribuente venga eletto amministratore comunale, competente a decidere sul suo ricorso è la commissione del comune capoluogo di circondario sede di tribunale ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso sia proposto contro tale comune, competente a decidere è la commissione del comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è, in ogni caso, la commissione del comune capoluogo di Regione. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è la commissione del capoluogo di provincia territorialmente più vicino. La lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza di condanna determina incompatibilità soltanto in caso di affermazione di responsabilità con sentenza passata in giudicato. La costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità. La presente disposizione si applica anche ai procedimenti in corso (77); 5) colui che, per fatti compiuti allorché era amministratore o impiegato, rispettivamente, del comune o della provincia ovvero di istituto o azienda da esso dipendente o vigilato, è stato, con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l'ente, istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito; 6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; 7) colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli. 2. L'ipotesi di cui al numero 2) del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici. 3. L'ipotesi di cui al numero 4) del comma 1 non si applica agli amministratori per fatto connesso con l'esercizio del mandato (78) (79) (80). (76) Numero così modificato dall'art. 14-decies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (77) Numero così modificato dall'art. 3-ter, D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (78) Il presente articolo corrisponde all'art. 3, L. 23 aprile 1981, n. 154. (79) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 398 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 63, 66 e 274, lettera l) sollevata in riferimento agli articoli 3, 76 e 97 della Costituzione. (80) La Corte costituzionale, con sentenza 4-24 giugno 2003, n. 220 (Gazz. Uff. 2 luglio 2003, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 274, comma 1, lettera l), sollevate rispettivamente, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Forlì e, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione; ha inoltre dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 63 e 66 sollevata in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione; ha infine dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 275 sollevata in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione. 64. Incompatibilità tra consigliere comunale e provinciale e assessore nella rispettiva Giunta. 1. La carica di assessore è incompatibile con la carica di consigliere comunale e provinciale. 2. Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica di assessore nella rispettiva Giunta, cessa dalla carica di consigliere all'atto dell'accettazione della nomina, ed al suo posto subentra il primo dei non eletti. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti. 4. Il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta né essere nominati rappresentanti del comune e della provincia (81) (82). (81) Comma così sostituito dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. (82) Il presente articolo corrisponde all'art. 25, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato. 65. Incompatibilità per consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale. 1. Il presidente e gli assessori provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della Regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale. 2. Le cariche di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale sono, altresì, incompatibili, rispettivamente, con quelle di consigliere provinciale di altra provincia, di consigliere comunale di altro comune, di consigliere circoscrizionale di altra circoscrizione. 3. La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione del comune (83) (84). (83) Il presente articolo corrisponde all'art. 4, L. 23 aprile 1981, n. 154. (84) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-23 luglio 2002, n. 383 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale) e con ordinanza 3-22 luglio 2003, n. 270 (Gazz. Uff. 30 luglio 2003, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 65 sollevata in riferimento agli articoli 5, 76, 122 e 123 della Costituzione. 66. Incompatibilità per gli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere. 1. La carica di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere è incompatibile con quella di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore della comunità montana (85) (86). (85) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 398 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 63, 66 e 274, lettera l) sollevata in riferimento agli articoli 3, 76 e 97 della Costituzione. (86) La Corte costituzionale, con sentenza 4-24 giugno 2003, n. 220 (Gazz. Uff. 2 luglio 2003, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 274, comma 1, lettera l), sollevate rispettivamente, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Forlì e, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione; ha inoltre dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 63 e 66 sollevata in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione; ha infine dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 275 sollevata in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione. 67. Esimente alle cause di ineleggibilità o incompatibilità. 1. Non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori del comune, della provincia e della circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo (87). (87) Il presente articolo corrisponde all'art. 5, L. 23 aprile 1981, n. 154. 68. Perdita delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità. 1. La perdita delle condizioni di eleggibilità previste dal presente capo importa la decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale. 2. Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche. 3. Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni, ovvero delle cause di incompatibilità sono applicabili le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7 dell'articolo 60. 4. La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità o di incompatibilità (88). (88) Il presente articolo corrisponde all'art. 9, D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, ora abrogato, e all'art. 6, L. 23 aprile 1981, n. 154. (giurisprudenza di legittimità) 69. Contestazione delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità. 1. Quando successivamente alla elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dal presente capo come causa di ineleggibilità ovvero esista al momento della elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilità previste dal presente capo il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta. 2. L'amministratore locale ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità sopravvenute o di incompatibilità. 3. Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale ai sensi del successivo articolo 70, il termine di dieci giorni previsto dal comma 2 decorre dalla data di notificazione del ricorso. 4. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2 il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità, invita l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare. 5. Qualora l'amministratore non vi provveda entro i successivi 10 giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione adottata è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio. 6. La deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata nella segreteria del consiglio e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto. 7. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore (89). (89) Il presente articolo corrisponde ai commi da 3 a 9 dell'art. 7, L. 23 aprile 1981, n. 154. (giurisprudenza di legittimità) 70. Azione popolare. 1. La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale può essere promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al tribunale civile, con ricorso da notificare all'amministratore ovvero agli amministratori interessati, nonché al sindaco o al presidente della provincia. 2. L'azione può essere promossa anche dal prefetto. 3. Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti dall'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570. 4. Contro la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (90). (90) Il presente articolo corrisponde all'art. 9-bis, D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, ora abrogato. Capo III - Sistema elettorale 71. Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti. 1. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l'elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente alla elezione del sindaco. 2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio. 3. Ciascuna candidatura alla carica di sindaco è collegata ad una lista di candidati alla carica di consigliere comunale, comprendente un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti. 4. Nella scheda è indicato, a fianco del contrassegno, il candidato alla carica di sindaco. 5. Ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando il relativo contrassegno. Può altresì esprimere un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga stampata sotto il medesimo contrassegno. 6. È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ad un turno di ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, da effettuarsi la seconda domenica successiva. In caso di ulteriore parità viene eletto il più anziano di età. 7. A ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i voti conseguiti dal candidato alla carica di sindaco ad essa collegato. 8. Alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste. A tal fine si divide la cifra elettorale di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare e quindi si scelgono, tra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei seggi da assegnare, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. 9. Nell'àmbito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri comunali secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali, costituite dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. A parità di cifra, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista. Il primo seggio spettante a ciascuna lista di minoranza è attribuito al candidato alla carica di sindaco della lista medesima. 10. Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista, ed il candidato a sindaco collegato, purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la elezione è nulla. 11. In caso di decesso di un candidato alla carica di sindaco, intervenuto dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato per le elezioni, si procede al rinvio delle elezioni con le modalità stabilite dall'articolo 18, terzo, quarto e quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, consentendo, in ogni caso, l'integrale rinnovo del procedimento di presentazione di tutte le liste e candidature a sindaco e a consigliere comunale (91). (91) Il presente articolo corrisponde al comma 5 dell'art. 3 e all'art. 5, L. 25 marzo 1993, n. 81,ora abrogati. 72. Elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. 1. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente all'elezione del consiglio comunale. 2. Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all'atto della presentazione della candidatura il collegamento con una o più liste presentate per l'elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate. 3. La scheda per l'elezione del sindaco è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della lista o delle liste con cui il candidato è collegato. Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo. 4. È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. 5. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 4, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato collegato con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato più anziano di età. 6. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio ai sensi del comma 5, secondo periodo, partecipa al ballottaggio il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio ha luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento. 7. Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l'elezione del consiglio dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori liste rispetto a quelle con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di collegamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai delegati delle liste interessate. 8. La scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto. 9. Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano d'età (92). (92) Il presente articolo corrisponde all'art. 6, L. 25 marzo 1993, n. 81,ora abrogato. 73. Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. 1. Le liste per l'elezione del consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. 2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio. Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate. 3. Il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3 dell'art. 72, tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta. Ciascun elettore può esprimere inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata, scrivendone il cognome sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno. 4. L'attribuzione dei seggi alle liste è effettuata successivamente alla proclamazione dell'elezione del sindaco al termine del primo o del secondo turno. 5. La cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune. 6. La cifra individuale di ciascun candidato a consigliere comunale è costituita dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. 7. Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia (93). 8. Salvo quanto disposto dal comma 10, per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate, nel turno di elezione del sindaco, con i rispettivi candidati alla carica di sindaco si divide la cifra elettorale di ciascuna lista o gruppo di liste collegate successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere e quindi si scelgono, fra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista o gruppo di liste avrà tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista o gruppo di liste che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti, fra le altre liste, secondo l'ordine dei quozienti. 9. Nell'àmbito di ciascun gruppo di liste collegate la cifra elettorale di ciascuna di esse, corrispondente ai voti riportati nel primo turno, è divisa per 1, 2, 3, 4, .....sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti al gruppo di liste. Si determinano in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni lista. 10. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8 (94). 11. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più liste al medesimo candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il seggio spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate. 12. Compiute le operazioni di cui al comma 11 sono proclamati eletti consiglieri comunali i candidati di ciascuna lista secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali. In caso di parità di cifra individuale, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine di lista (95). (93) La Corte costituzionale, con ordinanza 27-30 settembre 2004, n. 305 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2004, n. 39, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 73, commi 7 e 10, sollevate in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione. (94) La Corte costituzionale, con ordinanza 27-30 settembre 2004, n. 305 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2004, n. 39, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 73, commi 7 e 10, sollevate in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione. (95) Il presente articolo corrisponde al comma 5 dell'art. 3 e agli artt. 7 e 7-bis, L. 25 marzo 1993, n. 81,ora abrogato. 74. Elezione del presidente della provincia. 1. Il presidente della provincia è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alla elezione del consiglio provinciale. La circoscrizione per l'elezione del presidente della provincia coincide con il territorio provinciale. 2. Oltre a quanto previsto dall'art. 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, il deposito, l'affissione presso l'albo pretorio della provincia e la presentazione delle candidature alla carica di consigliere provinciale e di presidente della provincia sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 3, commi 3 e 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81, in quanto compatibili. 3. All'atto di presentare la propria candidatura ciascun candidato alla carica di presidente della provincia deve dichiarare di collegarsi ad almeno uno dei gruppi di candidati per l'elezione del consiglio provinciale. La dichiarazione di collegamento ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati. 4. La scheda per l'elezione del presidente della provincia è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio e reca, alla destra del nome e cognome di ciascun candidato alla carica di presidente della provincia, il contrassegno o i contrassegni del gruppo o dei gruppi di candidati al consiglio cui il candidato ha dichiarato di collegarsi. Alla destra di ciascun contrassegno è riportato il nome e cognome del candidato al consiglio provinciale facente parte del gruppo di candidati contraddistinto da quel contrassegno. 5. Ciascun elettore può votare per uno dei candidati al consiglio provinciale tracciando un segno sul relativo contrassegno. Ciascun elettore può, altresì, votare sia per un candidato alla carica di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo rettangolo, sia per uno dei candidati al consiglio provinciale ad esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo contrassegno. Il voto espresso nei modi suindicati si intende attribuito sia al candidato alla carica di consigliere provinciale corrispondente al contrassegno votato sia al candidato alla carica di presidente della provincia. Ciascun elettore può, infine, votare per un candidato alla carica di presidente della provincia tracciando un segno sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo espresso si intende attribuito solo al candidato alla carica di presidente della provincia. 6. È proclamato eletto presidente della provincia il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. 7. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 6, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di presidente della provincia che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti fra il secondo ed il terzo candidato è ammesso al ballottaggio il più anziano di età. 8. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, partecipa al secondo turno il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio dovrà aver luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento. 9. I candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti con i gruppi di candidati al consiglio provinciale dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori gruppi di candidati rispetto a quelli con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati. 10. La scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il cognome dei candidati alla carica di presidente della provincia, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli dei gruppi di candidati collegati. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto. 11. Dopo il secondo turno è proclamato eletto presidente della provincia il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto presidente della provincia il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di candidati per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto il candidato più anziano di età (96). (96) Il presente articolo corrisponde all'art. 8, L. 25 marzo 1993, n. 81,ora abrogato. 75. Elezione del consiglio provinciale. 1. L'elezione dei consiglieri provinciali è effettuata sulla base di collegi uninominali e secondo le disposizioni dettate dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, in quanto compatibili con le norme di cui all'articolo 74 e al presente articolo. 2. Con il gruppo di candidati collegati deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di presidente della provincia e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio. Più gruppi possono presentare lo stesso candidato alla carica di presidente della provincia. In tal caso i gruppi debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegati. 3. L'attribuzione dei seggi del consiglio provinciale ai gruppi di candidati collegati è effettuata dopo la proclamazione dell'elezione del presidente della provincia. 4. La cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale dei voti validi ottenuti da tutti i candidati del gruppo stesso nei singoli collegi della provincia. 5. Non sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessuna coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia. 6. Per l'assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati, si divide la cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di candidati successivamente per 1, 2, 3, 4,.... sino a concorrenza del numero di consiglieri da eleggere. Quindi tra i quozienti così ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. A ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad esso appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito al gruppo di candidati che ha ottenuto la maggior cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo l'ordine dei quozienti. 7. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano quando il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale. 8. Qualora il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia non abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale, a tale gruppo o gruppi di candidati viene assegnato il 60 per cento dei seggi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo o ai gruppi contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. In caso di collegamento di più gruppi con il candidato proclamato eletto presidente, per determinare il numero di seggi spettanti a ciascun gruppo, si dividono le rispettive cifre elettorali corrispondenti ai voti riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4, ..... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare. Si determinano in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni gruppo di candidati. 9. I restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di candidati ai sensi del comma 6. 10. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di presidente della provincia non risultati eletti, collegati a ciascun gruppo di candidati che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più gruppi con il candidato alla carica di presidente della provincia non eletto, il seggio spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti ai gruppi di candidati collegati. 11. Compiute le operazioni di cui al comma 10 sono proclamati eletti consiglieri provinciali i candidati di ciascun gruppo secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali. 12. La cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale viene determinata moltiplicando il numero dei voti validi ottenuto da ciascun candidato per cento e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio per i candidati a consigliere provinciale. Nel caso di candidature presentate in più di un collegio si assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale riportata dal candidato (97). (97) Il presente articolo corrisponde all'art. 9, L. 25 marzo 1993, n. 81,ora abrogato. 76. Anagrafe degli amministratori locali e regionali. 1. Avvenuta la proclamazione degli eletti, il competente ufficio del Ministero dell'interno in materia elettorale raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori locali, nonché i dati relativi alla tenuta ed all'aggiornamento anche in corso di mandato. 2. L'anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica. 3. Per gli amministratori non elettivi l'anagrafe è costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi. 4. Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti nell'anagrafe. Capo IV - Status degli amministratori locali 77. Definizione di amministratore locale. 1. La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge. 2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento (98). (98) Il presente articolo corrisponde ai commi 1 e 2 dell'art. 18, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogati. 78. Doveri e condizione giuridica. 1. Il comportamento degli amministratori, nell'esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all'imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni. 2. Gli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. 3. I componenti la Giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato. 4. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 2 sia stata accertata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Nelle more dell'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico. 5. Al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province. 6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione (99). (99) Il presente articolo corrisponde all'art. 19, L. 3 agosto 1999, n. 265, e all'art. 26, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogati. 79. Permessi e licenze. 1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata successiva. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane che svolgono servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo per la durata del mandato. 3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capogruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo. 4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti. 5. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l'espletamento del mandato. 6. L'attività ed i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell'ente (100). (100) Il presente articolo corrisponde ai commi da 1 a 4 e 6 dell'art. 24, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. 80. Oneri per permessi retribuiti. 1. Le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 79 sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici sono a carico dell'ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di cui all'articolo 79. L'ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dall'ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67 (101) (102). (101) Comma così modificato dall'art. 2-bis, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (102) Il presente articolo corrisponde al comma 5 dell'art. 24, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. 81. Aspettative. 1. Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova (103). (103) Il presente articolo corrisponde all'art. 22, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. 82. Indennità. 1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa. 2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'àmbito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. 3. Ai soli fini dell'applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura. 4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali. 5. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L'interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna. 6. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona. 7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l'indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell'organo costituiscono articolazioni interne ed esterne. 8. La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri: a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori; b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell'ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell'ammontare del bilancio di parte corrente; c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana; d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate; e) determinazione dell'indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell'indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale; f) previsione dell'integrazione dell'indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato. 9. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata. 10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell'adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell'ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l'anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio. 11. Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi componenti. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario (104). (104) Il presente articolo corrisponde all'art. 23, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. 83. Divieto di cumulo. 1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente Capo. 84. Rimborsi spese e indennità di missione. 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché la indennità di missione alle condizioni dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni. 2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell'indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione. 3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate. 4. I consigli e le assemblee possono sostituire all'indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento (105). (105) Il presente articolo corrisponde all'art. 25, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. 85. Partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali. 1. Le norme stabilite dal presente capo, relative alla posizione, al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati a funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali. 2. Le spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione dei componenti dei propri organi alle riunioni e alle attività degli organi nazionali e regionali delle associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti stessi. 86. Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative. 1. L'amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi del presente testo unico. La medesima disposizione si applica per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 81. 2. Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico (106). 3. L'amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell'indennità di carica annua da parte dell'ente e per l'eventuale residuo da parte dell'amministratore. 4. Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. 5. I comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato. 6. Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefìci di cui al comma 1 è consentita l'eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente alla data di entrata in vigore della legge 3 agosto 1999, n. 265, ed entro tre anni se successiva (107). (106) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 25 maggio 2001. (107) Il presente articolo corrisponde ai commi da 1 a 6 dell'art. 26, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogati. 87. Consigli di amministrazione delle aziende speciali. 1. Fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 78, comma 2, nell'articolo 79, commi 3 e 4, nell'articolo 81, nell'articolo 85 e nell'articolo 86 (108). (108) Il presente articolo corrisponde all'art. 27, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. TITOLO IV Organizzazione e personale Capo I - Uffici e personale 88. Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali. 1. All'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente testo unico. 89. Fonti. 1. Gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti, in conformità allo statuto, l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo princìpi di professionalità e responsabilità. 2. La potestà regolamentare degli enti locali si esercita, tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione collettiva nazionale, nelle seguenti materie: a) responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento delle procedure amministrative; b) organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi; c) princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici; d) procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; e) ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva; f) garanzia della libertà di insegnamento ed autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca; g) disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici. 3. I regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle procedure per le assunzioni, fanno riferimento ai princìpi fissati dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. 4. In mancanza di disciplina regolamentare sull'ordinamento degli uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata dalla stessa, si applica la procedura di reclutamento prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487. 5. Gli enti locali, nel rispetto dei princìpi fissati dal presente testo unico, provvedono alla rideterminazione delle proprie dotazioni organiche, nonché all'organizzazione e gestione del personale nell'àmbito della propria autonomia normativa ed organizzativa con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari. 6. Nell'àmbito delle leggi, nonché dei regolamenti di cui al comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dai soggetti preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (109). (109) Il presente articolo corrisponde all'art. 51, commi 01 e 1, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 90. Uffici di supporto agli organi di direzione politica. 1. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della Giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni. 2. Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali. 3. Con provvedimento motivato della Giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale (110). (110) Il presente articolo corrisponde all'art. 51, comma 7, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 91. Assunzioni. 1. Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Gli organi di vertice delle amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale. 2. Gli enti locali, ai quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai princìpi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter dell'articolo 39 del decreto legislativo 27 dicembre 1997, n. 449, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l'incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze. 3. Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'ente (111). 4. Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo. (111) Il presente articolo corrisponde al comma 12 dell'art. 6, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 92. Rapporti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale. 1. Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia. I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti (112). 2. Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari modalità di selezione per l'assunzione del personale a tempo determinato per esigenze temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni (113). (112) Il presente periodo corrisponde al secondo periodo comma 18 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. (113) Il presente comma corrisponde al comma 2 dell'art. 36-bis, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, ora abrogato. (giurisprudenza di legittimità) 93. Responsabilità patrimoniale. 1. Per gli amministratori e per il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato. 2. Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti. 3. Gli agenti contabili degli enti locali, salvo che la Corte dei conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione della documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui all'articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli 44 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. 4. L'azione di responsabilità si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto. La responsabilità nei confronti degli amministratori e dei dipendenti dei comuni e delle province è personale e non si estende agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato illecito arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento degli eredi stessi (114). (114) Il presente articolo corrisponde all'art. 58, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 94. Responsabilità disciplinare. 1. Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dell'articolo 58, nonché alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 59 nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni locali, compresi gli enti ivi indicati, si fa luogo alla immediata sospensione dell'interessato dalla funzione o dall'ufficio ricoperti. La sospensione è disposta dal responsabile dell'ufficio secondo la specifica competenza, con le modalità e procedure previste dai rispettivi ordinamenti. A tal fine i provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni o enti locali indicati nelle predette disposizioni. 2. Al personale dipendente di cui al comma precedente si applicano altresì le disposizioni del comma 5 dell'articolo 58 e del comma 6 dell'articolo 59 previa attivazione del procedimento disciplinare (115). (115) Il presente articolo corrisponde ai commi 4-septies e 4-octies dell'art. 15, L. 19 marzo 1990, n. 55. 95. Dati sul personale degli enti locali. 1. Il Ministero dell'interno aggiorna periodicamente, sentiti l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), l'Unione delle province d'Italia (Upi) e l'Unione nazionale comuni, comunità enti montani (Uncem), i dati del censimento generale del personale in servizio presso gli enti locali. 2. Resta ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni organiche degli enti locali prevista dall'articolo 16-ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68. 96. Riduzione degli organismi collegiali. 1. Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i consigli e le giunte, secondo le rispettive competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario, individuano i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo all'emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente competenza nella materia. Capo II - Segretari comunali e provinciali 97. Ruolo e funzioni. 1. Il comune e la provincia hanno un segretario titolare dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, di cui all'articolo 102 e iscritto all'albo di cui all'articolo 98. 2. Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. 3. Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facoltà prevista dal comma 1 dell'articolo 108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale. 4. Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 108 il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il segretario inoltre: a) partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della Giunta e ne cura la verbalizzazione; b) esprime il parere di cui all'articolo 49, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non abbia responsabili dei servizi; c) può rogare tutti i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente; d) esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia; e) esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo 108, comma 4. 5. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, può prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento. 6. Il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali è disciplinato dai contratti collettivi ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni (116). (116) Il presente articolo corrisponde ai commi 67, 68, 69 e 74 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogati. 98. Albo nazionale. 1. L'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, al quale si accede per concorso, è articolato in sezioni regionali. 2. Il numero complessivo degli iscritti all'albo non può essere superiore al numero dei comuni e delle province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni due anni dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui all'articolo 102 e funzionale all'esigenza di garantire una adeguata opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di provincia. 3. I comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di segretario comunale comunicandone l'avvenuta costituzione alla Sezione regionale dell'Agenzia. 4. L'iscrizione all'albo è subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno. 5. Al relativo corso si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza, scienze politiche, economia (117). (117) Il presente articolo corrisponde ai commi 75 e 77 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogati. 99. Nomina. 1. Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario, che dipende funzionalmente dal capo dell'amministrazione, scegliendolo tra gli iscritti all'albo di cui all'articolo 98. 2. Salvo quanto disposto dall'articolo 100, la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario. 3. La nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è confermato (118). (118) Il presente articolo corrisponde al comma 70 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, e al comma 1 dell'art. 2, D.L. 26 gennaio 1999, n. 8, ora abrogati. 100. Revoca. 1. Il segretario può essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta, per violazione dei doveri d'ufficio (119). (119) Il presente articolo corrisponde al comma 71 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 101. Disponibilità e mobilità. 1. Il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato o comunque privo di incarico è collocato in posizione di disponibilità per la durata massima di due anni (120). 2. Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto all'albo ed è posto a disposizione dell'Agenzia autonoma di cui all'articolo 102 per le attività dell'Agenzia stessa o per l'attività di consulenza, nonché per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico dell'ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli incarichi conferiti. 2-bis. Durante il periodo in cui il segretario comunale o provinciale è utilizzato in posizione di distacco, comando, aspettativa, fuori ruolo o altra analoga posizione presso altre amministrazioni pubbliche e in ogni altro caso previsto dalla legge, il termine di collocamento in disponibilità resta sospeso (121). 3. Nel caso di collocamento in disponibilità per mancato raggiungimento di risultati imputabile al segretario oppure motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio, allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare spettante per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di indennità per l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2. 4. Decorsi due anni senza che abbia preso servizio in qualità di titolare in altra sede il segretario viene collocato d'ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica (122) (123). 4-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai segretari comunali e provinciali equiparati ai dirigenti statali ai fini delle procedure di mobilità per effetto del contratto collettivo nazionale di lavoro. Alla cessazione dell'incarico, il segretario comunale o provinciale viene collocato nella posizione di disponibilità nell'àmbito dell'albo di appartenenza (124). (120) Comma così modificato dal comma 46 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (121) Comma aggiunto dall'art. 3-quater, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (122) Comma così modificato dal comma 46 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (123) Il presente articolo corrisponde al comma 72 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. (124) Comma aggiunto dall'art. 7, comma 2, L. 15 luglio 2002, n. 145. 102. Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali. 1. È istituita l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, avente personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'Interno. 2. L'Agenzia è gestita da un consiglio di amministrazione, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composto da due sindaci nominati dall'Anci, da un presidente di provincia designato dall'Upi, da tre segretari comunali e provinciali eletti tra gli iscritti all'albo e da tre esperti designati dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio seno un presidente e un vicepresidente (125). 3. Con la stessa composizione e con le stesse modalità sono costituiti i consigli di amministrazione delle sezioni regionali. 4. L'Agenzia, con deliberazione del consiglio nazionale di amministrazione, può adeguare la dotazione organica in relazione alle esigenze di funzionamento, entro i limiti derivanti dalle disponibilità di bilancio. Al reclutamento del personale, ferma restando l'utilizzazione delle procedure e degli istituti previsti dal comma 2, lettera a), dell'articolo 103, si provvede anche con le modalità previste dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nel rispetto della disciplina programmatoria delle assunzioni del personale prevista dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni (126). 5. All'Agenzia è attribuito un fondo finanziario di mobilità a carico degli enti locali, disciplinato dal regolamento di cui all'articolo 103, percentualmente determinato sul trattamento economico del segretario dell'ente, graduato in rapporto alla dimensione dell'ente, e definito in sede di accordo contrattuale. 6. Per il proprio funzionamento e per quello della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale l'Agenzia si avvale del fondo di mobilità di cui al comma 5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti di segreteria di cui all'articolo 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni (127). (125) Comma così modificato dall'art. 5, L. 16 gennaio 2003, n. 3. (126) Periodo aggiunto dall'art. 2, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392. (127) Il presente articolo corrisponde ai commi 73, 76, 78-bis e 80 dell'art. 17 L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogati. 103. Organizzazione e funzionamento dell'Agenzia autonoma. 1. Salvo quanto previsto dal presente testo unico, sono disciplinati con regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli enti locali, l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile dell'Agenzia, l'amministrazione dell'albo e la sua articolazione in sezioni e in fasce professionali, le modalità di svolgimento dei concorsi per l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le fasce professionali, il procedimento disciplinare e le modalità di utilizzazione dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria. 2. Il regolamento si conforma ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) reclutamento del personale da destinare all'Agenzia mediante utilizzo delle procedure in materia di mobilità, ricorrendo prioritariamente, anche in deroga alle disposizioni dell'ordinamento speciale, al personale dell'amministrazione civile dell'interno, utilizzando anche l'istituto del comando o del fuori ruolo; b) previsione di un esame di idoneità per l'iscrizione all'albo riservato ai frequentatori dei corsi promossi dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale, ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno; c) disciplina dell'ordinamento contabile dell'Agenzia anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, fermo restando l'obbligo di sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria al controllo della Corte dei Conti; d) utilizzazione in via prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria per le esigenze dell'Agenzia e per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro carico (128). (128) Il presente articolo corrisponde al comma 78 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 104. Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e scuole regionali e interregionali. 1. L'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale e delle scuole di cui al comma 2 sono disciplinati con regolamento, determinando i criteri per l'eventuale stipula di convenzioni per l'attività formativa anche in sede decentrata con istituti, enti, società di formazione e ricerca. 2. L'Agenzia istituisce scuole regionali ed interregionali per la formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero può avvalersi, previa convenzione, della sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (129). (129) Il presente articolo corrisponde al comma 79 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 105. Regioni a statuto speciale. 1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le materie di cui al presente capo con propria legislazione. 2. Nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, fino all'emanazione di apposita legge regionale, rimane ferma l'applicazione del titolo VI della legge 11 marzo 1972, n. 118 (130). (130) Il presente articolo corrisponde al comma 84 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 106. Disposizioni finali e transitorie. 1. Fino alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro resta ferma la classificazione dei comuni e delle province ai fini dell'assegnazione del segretario prevista dalle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1972, n. 749. 2. I segretari già iscritti alla sezione speciale dell'albo ai sensi dell'articolo 17, comma 82, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e trasferiti presso altre pubbliche amministrazioni, permangono nel ruolo statale e mantengono ad esaurimento qualifica e trattamento economico pensionabile in godimento. 3. Ai fini dell'attuazione della legge 8 marzo 1999, n. 50, i segretari comunali di cui all'articolo 18, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, o all'articolo 39, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, possono essere collocati o mantenuti in posizione di fuori ruolo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche dopo il trasferimento alle amministrazioni di destinazione e con effetto dalla data di entrata in vigore della citata legge n. 50 del 1999. Gli oneri relativi al trattamento economico, fondamentale ed accessorio, dei predetti dipendenti rimangono a carico dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali fino alla data del trasferimento alle amministrazioni di destinazione; successivamente sono a queste imputate. Analogamente si provvede, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, per i segretari comunali in servizio presso il Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 34, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465. Capo III - Dirigenza ed incarichi (giurisprudenza di legittimità) 107. Funzioni e responsabilità della dirigenza. 1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. 2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108. 3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente: a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso; b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso; c) la stipulazione dei contratti; d) gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa; e) gli atti di amministrazione e gestione del personale; f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie; g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale; h) le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza; i) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco. 4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative. 5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al Capo I Titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54. 6. I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione. 7. Alla valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano i princìpi contenuti nell'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalità previste dall'articolo 147 del presente testo unico (131). (131) Il presente articolo corrisponde all'art. 51, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 108. Direttore generale. 1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia. 2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia. 3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati. 4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario (132). (132) Il presente articolo corrisponde all'art. 51-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. (giurisprudenza di legittimità) 109. Conferimento di funzioni dirigenziali. 1. Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 50, comma 10, con provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della Giunta o dell'assessore di riferimento, o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169 o per responsabilità particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi di lavoro. L'attribuzione degli incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi. 2. Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione. 110. Incarichi a contratto. 1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire. 2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità (133). 3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale. 4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie. 5. Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del comma 2. L'amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in organico. 6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità (134). (133) Comma così modificato dall'art. 51, comma 9, L. 23 dicembre 2000, n. 388. (134) Il presente articolo corrisponde all'art. 51, commi 5, 5-bis e 7, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 6, comma 5, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogati. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 12 luglio 2004, n. 168. 111. Adeguamento della disciplina della dirigenza. 1. Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai princìpi del presente capo e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. TITOLO V Servizi e interventi pubblici locali 112. Servizi pubblici locali. 1. Gli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. 2. [I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge] (135). 3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei servizi (136). (135) Comma abrogato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (136) Il presente articolo corrisponde all'art. 22, commi 1 e 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 113. Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (137). 1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164 (138). 1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni (139). 2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13. 2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane (140). 3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi. 4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono: a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (141); b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7. 5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (142). 5-bis. Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio (143). 5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente (144). 6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4. 7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore (145). 8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali diversi da quelli del trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore. 9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara. 10. È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio. 11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti. 12. L'ente locale può cedere tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere (146). 13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5 (147). 14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale, salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento con gli eventuali altri gestori. 15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione (148). 15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2007, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data del 1° ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore (149). 15-ter. Il termine del 31 dicembre 2007, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto indicate: a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno; b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un àmbito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni (150). 15-quater. A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni per l'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati (151). (137) Rubrica così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (138) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione. (139) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 48, L. 15 dicembre 2004, n. 308. (140) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 48, L. 15 dicembre 2004, n. 308. (141) Lettera così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (142) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione. (143) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (144) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (145) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. La Corte costituzionale, con sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (Gazz. Uff. 4 agosto 2004, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente comma, limitatamente al secondo ed al terzo periodo. (146) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (147) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (148) Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Vedi, anche, le altre disposizioni dello stesso articolo 35. (149) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 e poi così modificato dal comma 234 dell'art. 4, L. 24 dicembre 2003, n. 350 e dall'art. 15, D.L. 4 luglio 2006, n. 223. Vedi, anche, l'art. 204, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. (150) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione e poi così modificato dall'art. 15, D.L. 4 luglio 2006, n. 223. (151) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350. 113-bis. Gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica (152). 1. Ferme restando le disposizioni previste per i singoli settori, i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti mediante affidamento diretto a (153): a) istituzioni; b) aziende speciali, anche consortili; c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (154). 2. È consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno procedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1. 3. Gli enti locali possono procedere all'affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate. 4. [Quando sussistono ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale, i servizi di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere affidati a terzi, in base a procedure ad evidenza pubblica, secondo le modalità stabilite dalle normative di settore] (155). 5. I rapporti tra gli enti locali ed i soggetti erogatori dei servizi di cui al presente articolo sono regolati da contratti di servizio (156). (152) Rubrica così modificata dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (153) Alinea così modificato dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (154) Lettera così sostituita dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (155) Comma abrogato dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. (156) Articolo aggiunto dal comma 15 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. La Corte Costituzionale, con sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (Gazz. Uff. 4 agosto 2004, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente articolo. 114. Aziende speciali ed istituzioni. 1. L'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale. 2. L'istituzione è organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale. 3. Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità gestionale. Le modalità di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell'ente locale. 4. L'azienda e l'istituzione informano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l'obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti. 5. Nell'àmbito della legge, l'ordinamento ed il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale da cui dipendono. 6. L'ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali. 7. Il collegio dei revisori dei conti dell'ente locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni. Lo statuto dell'azienda speciale prevede un apposito organo di revisione, nonché forme autonome di verifica della gestione. 8. Ai fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti atti: a) il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale; b) i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale; c) il conto consuntivo; d) il bilancio di esercizio (157). (157) Il presente articolo corrisponde all'art. 23, L. 8 giugno 1990, n. 142, e al comma 5 dell'art. 4, D.L. 31 gennaio 1995, n. 26. (giurisprudenza di legittimità) 115. Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni. 1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali in società di capitali, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali società è determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all'importo minimo richiesto per la costituzione delle società medesime. L'eventuale residuo del patrimonio netto conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie (158). 2. La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente, ferma l'applicazione delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis del codice civile. 3. Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle società, gli amministratori devono richiedere a un esperto designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono fondati motivi, aver proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di conferimento non sono stati determinati in via definitiva le azioni delle società sono inalienabili. 4. Le società di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai fini dell'applicazione delle norme di cui al decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474. 5. [Le partecipazioni nelle società di cui al comma 1 possono essere alienate anche ai fini e con le modalità di cui all'articolo 116] (159). 6. Il conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali. 7. La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell'azienda speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo, nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile (160). 7-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita al consiglio comunale l'assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti; gli enti locali che non intendono partecipare alla società hanno diritto alla liquidazione sulla base del valore nominale iscritto a bilancio della relativa quota di capitale (161). 7-ter. Alla privatizzazione di enti ed aziende delle regioni a statuto ordinario e ad autonomia speciale, fermo restando quanto stabilito dalla legislazione regionale in materia, si applicano le disposizioni di cui ai precedenti commi. Delle obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione delle società di capitali di cui al comma 1 rispondono in ogni caso le regioni (162). (158) Comma così modificato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (159) Comma abrogato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (160) Il presente articolo corrisponde ai commi da 51 a 57 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogati. (161) Comma aggiunto dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (162) Comma aggiunto dall'art. 7-ter, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. 116. Società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali. 1. Gli enti locali possono, per l'esercizio di servizi pubblici di cui all'articolo 113-bis e per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio nonché per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga ai vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all'eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle società deve prevedere l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o più amministratori e sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all'azionariato diffuso e resta comunque sul mercato (163). 2. La costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e integrazioni. 3. Per la realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano le norme vigenti di recepimento delle direttive comunitarie in materia di lavori pubblici. 4. Fino al secondo esercizio successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera, l'ente locale partecipante potrà rilasciare garanzia fidejussoria agli istituti mutuanti in misura non superiore alla propria quota di partecipazione alla società di cui al presente articolo. 5. Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi e di ogni altro bene effettuati dai soggetti di cui al comma 1, anche per la costituzione con atto unilaterale delle società di cui al medesimo comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218, e successive modificazioni (164). (163) Comma così modificato prima dall'art. 2-ter, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (164) Il presente articolo corrisponde ai commi 1, 3, 7 e 8 dell'art. 12, L. 23 dicembre 1992, n. 498, ora abrogati, e all'art. 4, comma 1, D.L. 31 gennaio 1995, n. 26. 117. Tariffe dei servizi. 1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti: a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario; b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c) l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio; d) l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato. 2. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti. 3. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall'ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell'ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici (165). (165) Il presente articolo corrisponde ai commi 4 e 5 dell'art. 12, L. 23 dicembre 1992, n. 498, ora abrogati. 118. Regime del trasferimento di beni. 1. I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell'articolo 113 sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà (166). 2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell'àmbito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274, comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni. 3. [Ai trasferimenti di beni destinati a pubblico servizio, da parte di province e comuni, in favore di società costituite ai sensi dell'articolo 113, lettera e), e dell'articolo 116, nonché dei consorzi e delle aziende speciali di cui, rispettivamente, agli articoli 31 e 114 non si applicano le disposizioni relative alla cessione dei beni patrimoniali degli enti pubblici territoriali] (167) (168). (166) 448. (167) (168) 1995, Comma così modificato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. Comma abrogato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Il presente articolo corrisponde al comma 2 dell'art. 4, D.L. 31 gennaio n. 26, ora abrogato. 119. Contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni. 1. In applicazione dell'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi. 120. Società di trasformazione urbana. 1. Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della Regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica. 2. Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione degli immobili interessati dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione degli stessi. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune (169). 3. Gli immobili interessati dall'intervento di trasformazione sono individuati con delibera del consiglio comunale. L'individuazione degli immobili equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per gli immobili non interessati da opere pubbliche. Gli immobili di proprietà degli enti locali interessati dall'intervento possono essere conferiti alla società anche a titolo di concessione (170). 4. I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti (171). (169) Comma così sostituito dall'art. 44, L. 1° agosto 2002, n. 166. (170) Comma così sostituito dall'art. 44, L. 1° agosto 2002, n. 166. (171) Il presente articolo corrisponde al comma 59 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 121. Occupazione d'urgenza di immobili. [1. L'amministrazione comunale può disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, l'occupazione d'urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui al presente titolo. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell'articolo 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni (172)] (173). (172) Il presente articolo corrisponde all'art. 32, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. (173) Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto. 122. Lavori socialmente utili. 1. Restano salve le competenze dei comuni e delle province in materia di lavori socialmente utili, previste dall'articolo 4, commi 6, 7 e 8, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche ed integrazioni. 123. Norma transitoria. 1. Resta fermo l'obbligo per gli enti locali di adeguare l'ordinamento delle aziende speciali alle disposizioni di cui all'articolo 114; gli enti locali iscrivono per gli effetti di cui al primo comma dell'articolo 2331 del codice civile, le aziende speciali nel registro delle imprese. 2. Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che le medesime aziende speciali hanno posto in essere anteriormente alla data di attuazione del registro delle imprese, di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580. 3. [Le norme del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, si applicano fino all'adeguamento delle aziende speciali alla disciplina del presente testo unico; si applicano altresì per l'esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione] (174) (175). (174) Comma abrogato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (175) Il presente articolo corrisponde al comma 3 dell'art. 4, D.L. 31 gennaio 1995, n. 26, ora abrogato. TITOLO VI Controlli Capo I - Controllo sugli atti (giurisprudenza di legittimità) 124. Pubblicazione delle deliberazioni. 1. Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge. 2. Tutte le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio del comune ove ha sede l'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni (176). (176) Il presente articolo corrisponde all'art. 47, comma 1, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 125. Comunicazione delle deliberazioni ai capigruppo. 1. Contestualmente all'affissione all'albo le deliberazioni adottate dalla Giunta sono trasmesse in elenco ai capigruppo consiliari; i relativi testi sono messi a disposizione dei consiglieri nelle forme stabilite dallo statuto o dal regolamento (177). (177) Il presente articolo corrisponde al comma 36 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 126. Deliberazioni soggette in via necessaria al controllo preventivo di legittimità. 1. Il controllo preventivo di legittimità di cui all'articolo 130 della Costituzione sugli atti degli enti locali si esercita esclusivamente sugli statuti dell'ente, sui regolamenti di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti all'autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto della gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico. 2. Il controllo preventivo di legittimità si estende anche agli atti delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (178). (178) Il presente articolo corrisponde al comma 33 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 127. Controllo eventuale. 1. Le deliberazioni della Giunta e del consiglio sono sottoposte al controllo, nei limiti delle illegittimità denunziate, quando un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l'indicazione delle norme violate, entro dieci giorni dall'affissione all'albo pretorio, quando le deliberazioni stesse riguardino: a) appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario; b) dotazioni organiche e relative variazioni; c) assunzioni del personale. 2. Nei casi previsti dal comma 1, il controllo è esercitato dal comitato regionale di controllo ovvero, se istituito, dal difensore civico comunale o provinciale. L'organo che procede al controllo, se ritiene che la deliberazione sia illegittima, ne da comunicazione all'ente, entro quindici giorni dalla richiesta, e lo invita ad eliminare i vizi riscontrati. In tal caso, se l'ente non ritiene di modificare la delibera, essa acquista efficacia se viene confermata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. 3. La Giunta può altresì sottoporre al controllo preventivo di legittimità dell'organo regionale di controllo ogni altra deliberazione dell'ente secondo le modalità di cui all'articolo 133 (179). (179) Il presente articolo corrisponde ai commi 34, 38, 39 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 128. Comitato regionale di controllo. 1. Per l'esercizio del controllo di legittimità è istituito, con decreto del presidente della Giunta regionale, il comitato regionale di controllo sugli atti dei comuni e delle province. 2. Sono disciplinate con legge regionale l'elezione, a maggioranza qualificata dei componenti del comitato regionale di controllo di cui all'articolo 130, comma 1, lettera a), e comma 2, prima parte, la tempestiva sostituzione degli stessi in caso di morte, dimissioni, decadenza per reiterate assenze ingiustificate o incompatibilità sopravvenuta, nonché per la supplenza del presidente. 3. La legge regionale può articolare il comitato in sezioni per territorio o per materia, salvaguardando con forme opportune l'unitarietà di indirizzo. A tal fine la Regione, in collaborazione con gli uffici del comitato, cura la pubblicazione periodica delle principali decisioni del comitato regionale di controllo con le relative motivazioni di riferimento. 4. Le pronunce degli organi di controllo previsti nel presente capo sono provvedimenti definitivi. 5. I componenti dei comitati regionali di controllo sono personalmente e solidalmente responsabili nei confronti degli enti locali per i danni a questi arrecati con dolo o colpa grave nell'esercizio delle loro funzioni (180). (180) Il presente articolo corrisponde agli artt. 41, 44, comma 2 e 58, comma 3, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 129. Servizi di consulenza del comitato regionale di controllo. 1. Possono essere attivati nell'àmbito dei comitati regionali di controllo servizi di consulenza ai quali gli enti locali possono rivolgersi al fine di ottenere preventivi elementi valutativi in ordine all'adozione di atti o provvedimenti di particolare complessità o che attengano ad aspetti nuovi dell'attività deliberativa. La Regione disciplina con propria normativa le modalità organizzative e di espletamento dei servizi di consulenza (181). (181) Il presente articolo corrisponde al comma 35 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 130. Composizione del comitato. 1. Il comitato regionale di controllo e ogni sua eventuale sezione sono composti: a) da quattro esperti eletti dal consiglio regionale, di cui: 1) uno iscritto da almeno dieci anni nell'albo degli avvocati, scelto in una terna proposta dal competente ordine professionale; 2) uno iscritto da almeno dieci anni all'albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri, scelto in una terna proposta dai rispettivi ordini professionali; 3) uno scelto tra chi abbia ricoperto complessivamente per almeno cinque anni la carica di sindaco, di presidente della provincia, di consigliere regionale o di parlamentare nazionale, ovvero tra i funzionari statali, regionali o degli enti locali in quiescenza, con qualifica non inferiore a dirigente od equiparata; 4) uno scelto tra i magistrati o gli avvocati dello Stato in quiescenza, o tra i professori di ruolo di università in materie giuridiche ed amministrative ovvero tra i segretari comunali o provinciali in quiescenza; b) da un esperto designato dal commissario del Governo scelto fra funzionari dell'Amministrazione civile dell'interno in servizio nelle rispettive province. 2. Il consiglio regionale elegge non più di due componenti supplenti aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 1; un terzo supplente, avente i requisiti di cui alla lettera b) del comma 1, è designato dal commissario del Governo. 3. In caso di assenza od impedimento dei componenti effettivi, di cui rispettivamente alle lettere a) e b) del comma 1, intervengono alle sedute i componenti supplenti, eletti o designati per la stessa categoria. 4. Il comitato ed ogni sua sezione eleggono nel proprio seno il presidente ed un vicepresidente scelti tra i componenti eletti dal consiglio regionale. 5. Funge da segretario un funzionario della Regione. 6. Il comitato e le sezioni sono rinnovati integralmente a seguito di nuove elezioni del consiglio regionale, nonché quando si dimetta contemporaneamente la maggioranza dei rispettivi componenti. 7. Il presidente ed il vicepresidente del comitato, se dipendenti pubblici, sono collocati fuori ruolo; se dipendenti privati, sono collocati in aspettativa non retribuita. 8. Ai componenti del comitato si applicano le norme relative ai permessi ed alle aspettative previsti per gli amministratori locali (182). (182) Il presente articolo corrisponde all'art. 42, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 131. Incompatibilità ed ineleggibilità. 1. Non possono essere eletti e non possono far parte dei comitati regionali di controllo: a) i deputati, i senatori, i parlamentari europei; b) i consiglieri e gli assessori regionali; c) gli amministratori di enti locali o di altri enti soggetti a controllo del comitato, nonché coloro che abbiano ricoperto tali cariche nell'anno precedente alla costituzione del medesimo comitato; d) coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità alle cariche di cui alle lettere b) e c), con esclusione dei magistrati e dei funzionari dello Stato; e) i dipendenti ed i contabili della Regione e degli enti locali sottoposti al controllo del comitato nonché i dipendenti dei partiti presenti nei consigli degli enti locali della Regione; f) i componenti di altro comitato regionale di controllo o delle sezioni di esso; g) coloro che prestano attività di consulenza o di collaborazione presso la Regione o enti sottoposti al controllo regionale; h) coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti a livello provinciale, regionale o nazionale, nonché coloro che abbiano ricoperto tali incarichi nell'anno precedente alla costituzione del comitato (183). (183) Il presente articolo corrisponde all'art. 43, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 132. Funzionamento del comitato. 1. Il funzionamento dei comitati regionali di controllo e delle loro sezioni, le indennità da attribuire ai componenti, le funzioni del presidente e del vicepresidente, le forme di pubblicità della attività dei comitati e di consultazione delle decisioni, nonché il rilascio di copie di esse sono disciplinati dalla legge regionale. 2. Le spese per il funzionamento dei comitati regionali di controllo e dei loro uffici, nonché la corresponsione di un'indennità di carica ai componenti sono a carico della Regione. 3. La Regione provvede alle strutture serventi del comitato regionale di controllo ispirandosi ai princìpi dell'adeguatezza funzionale e dell'autonomia dell'organo (184). (184) Il presente articolo corrisponde all'art. 44, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 133. Modalità del controllo preventivo di legittimità. 1. Il controllo di legittimità comporta la verifica della conformità dell'atto alle norme vigenti ed alle norme statutarie specificamente indicate nel provvedimento di annullamento, per quanto riguarda la competenza, la forma e la procedura, e rimanendo esclusa ogni diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito. Nell'esame del bilancio preventivo e del rendiconto della gestione il controllo di legittimità comprende la coerenza interna degli atti e la corrispondenza dei dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonché con i documenti giustificativi allegati alle stesse. 2. Il comitato regionale di controllo, entro dieci giorni dalla ricezione degli atti di cui all'articolo 126, comma 1, può disporre l'audizione dei rappresentanti dell'ente deliberante o può richiedere, per una sola volta, chiarimenti o elementi integrativi di giudizio in forma scritta. In tal caso il termine per l'esercizio del controllo viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della trasmissione dei chiarimenti o elementi integrativi o dell'audizione dei rappresentanti. 3. Il comitato può indicare all'ente interessato le modificazioni da apportare alle risultanze del rendiconto della gestione con l'invito ad adottarle entro il termine massimo di trenta giorni. 4. Nel caso di mancata adozione delle modificazioni entro il termine di cui al comma 3, o di annullamento della deliberazione di adozione del rendiconto della gestione da parte del comitato di controllo, questo provvede alla nomina di uno o più commissari per la redazione del conto stesso. 5. Non può essere riesaminato il provvedimento sottoposto a controllo nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una decisione negativa di controllo (185). (185) Il presente articolo corrisponde ai commi 37, 41, 42, 43 e 44 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogati. 134. Esecutività delle deliberazioni. 1. La deliberazione soggetta al controllo necessario di legittimità deve essere trasmessa a pena di decadenza entro il quinto giorno successivo all'adozione. Essa diventa esecutiva se entro 30 giorni dalla trasmissione della stessa il comitato regionale di controllo non trasmetta all'ente interessato un provvedimento motivato di annullamento. Le deliberazioni diventano comunque esecutive qualora prima del decorso dello stesso termine il comitato regionale di controllo dia comunicazione di non aver riscontrato vizi di legittimità. 2. Nel caso delle deliberazioni soggette a controllo eventuale la richiesta di controllo sospende l'esecutività delle stesse fino all'avvenuto esito del controllo. 3. Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione. 4. Nel caso di urgenza le deliberazioni del consiglio o della Giunta possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con il voto espresso dalla maggioranza dei componenti (186). (186) Il presente articolo corrisponde all'art. 47, commi 2 e 3, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 17, comma 40, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogati. 135. Comunicazione deliberazioni al prefetto. 1. Il prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni, qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo o contratti similari per la realizzazione di opere e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge. 2. Ai medesimi fini indicati nel comma 1 il prefetto può chiedere che siano sottoposte al controllo preventivo di legittimità le deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalità e i termini previsti dall'articolo 133, comma 1. Le predette deliberazioni sono comunicate al prefetto contestualmente all'affissione all'albo (187). (187) Il presente articolo corrisponde all'art. 16, L. 19 marzo 1990, n. 55, ora abrogato. 136. Poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori. 1. Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell'incarico (188). (188) Il presente articolo corrisponde al comma 45 dell'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, ora abrogato. 137. Poteri sostitutivi del Governo. 1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere. 2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. 3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato alla Conferenza Stato-città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che ne può chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59. 4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente. 138. Annullamento straordinario. 1. In applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità. 139. Pareri obbligatori. 1. Ai pareri obbligatori delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni altro ente sottoposto a tutela statale, regionale e subregionale, prescritti da qualsiasi norma avente forza di legge ai fini della programmazione, progettazione ed esecuzione di opere pubbliche o di altre attività degli enti locali, si applicano le disposizioni dell'articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, salvo specifiche disposizioni di legge (189). (189) Il presente articolo corrisponde all'art. 50, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogato. 140. Norma finale. 1. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli altri enti di cui all'articolo 2, compresi i consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi sostituiti alla Giunta e al consiglio del comune o della provincia i corrispondenti organi di governo (190). (190) Il presente articolo corrisponde all'art. 49, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Capo II - Controllo sugli organi 141. Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali. 1. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno: a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause: 1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia; 2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia; 3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia; 4) riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio; c) quando non sia approvato nei termini il bilancio (191); c-bis) nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (192). 2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio. 2-bis. Nell'ipotesi di cui alla lettera c-bis) del comma 1, trascorso il termine entro il quale gli strumenti urbanistici devono essere adottati, la regione segnala al prefetto gli enti inadempienti. Il prefetto invita gli enti che non abbiano provveduto ad adempiere all'obbligo nel termine di quattro mesi. A tal fine gli enti locali possono attivare gli interventi, anche sostitutivi, previsti dallo statuto secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza. Decorso infruttuosamente il termine di quattro mesi, il prefetto inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio (193). 3. Nei casi diversi da quelli previsti dal numero 1) della lettera b) del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso. 4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge. 5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti. 6. Al decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell'adozione del decreto di scioglimento è data immediata comunicazione al parlamento. Il decreto è pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» della Repubblica italiana. 7. Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, può sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente. 8. Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli organi comunque denominati degli enti locali di cui al presente comma è disposto con decreto del Ministro dell'interno (194). (191) Vedi l'art. 1, D.L. 22 febbraio 2002, n. 13. (192) Lettera aggiunta dal comma 7 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 2, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. (193) Comma aggiunto dal comma 8 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come sostituito dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 2, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. (194) Il presente articolo corrisponde all'art. 39, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 142. Rimozione e sospensione di amministratori locali. 1. Con decreto del Ministro dell'interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico. 2. In attesa del decreto, il prefetto può sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente necessità. 3. Sono fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59 (195). (195) Il presente articolo corrisponde all'art. 40, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 143. Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. 1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte. 2. Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il provvedimento di scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri è trasmesso al Presidente della Repubblica per l'emanazione del decreto ed è contestualmente trasmesso alle Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto della provincia con una relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento. 3. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il buon andamento delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati. Il decreto di scioglimento, con allegata la relazione del Ministro, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 4. Il provvedimento con il quale si dispone l'eventuale proroga della durata dello scioglimento a norma del comma 3 è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente la data fissata per lo svolgimento delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Si osservano le procedure e le modalità stabilite dal comma 2 del presente articolo. 5. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di 60 giorni e il termine del decreto di cui al comma 3 decorre dalla data del provvedimento di sospensione. 6. Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi a norma del presente articolo quando sussistono le condizioni indicate nel comma 1, ancorché ricorrano le situazioni previste dall'articolo 141 (196). (196) Il presente articolo corrisponde all'art. 15-bis, L. 19 marzo 1990, n. 55, ora abrogato. 144. Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio. 1. Con il decreto di scioglimento di cui all'articolo 143 è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell'ente, la quale esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso. La commissione è composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile. 2. Presso il Ministero dell'interno è istituito, con personale della amministrazione, un comitato di sostegno e di monitoraggio dell'azione delle commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria. 3. Con decreto del Ministro dell'interno, adottato a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le modalità di organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria per l'esercizio delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e funzionamento del comitato di cui al comma 2 (197). (197) Il presente articolo corrisponde all'art. 15-bis, L. 19 marzo 1990, n. 55, ora abrogato. 145. Gestione straordinaria. 1. Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell'articolo 143 sussiste la necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento, il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, può disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei componenti della commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell'interno. La prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli accreditamenti è autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione si provvede con una quota parte del 10 per cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché del ricavato delle vendite disposte a norma dell'articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge n. 575/1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione, la commissione straordinaria potrà rilasciare, sulla base della valutazione dell'attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali. 2. Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, entro il termine di sessanta giorni dall'insediamento, adotta un piano di priorità degli interventi, anche con riferimento a progetti già approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono essere nuovamente approvati dalla commissione straordinaria. La relativa deliberazione, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale, sentito il comitato provinciale della pubblica amministrazione opportunamente integrato con i rappresentanti di uffici tecnici delle amministrazioni statali, regionali o locali, trasmette gli atti all'amministrazione regionale territorialmente competente per il tramite del commissario del Governo, o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla dichiarazione di priorità di accesso ai contributi e finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali. Le disposizioni del presente comma si applicano ai predetti enti anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente agli importi totalmente ammortizzabili con contributi statali o regionali ad essi effettivamente assegnati. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino alla scadenza del mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell'articolo 143. 4. Nei casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, connesse all'aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari e può disporre d'autorità la revoca delle deliberazioni già adottate, in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la rescissione del contratto già concluso. 5. Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste dagli statuti in attuazione dell'articolo 8, comma 3, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, allo scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a rilevanti questioni di interesse generale si avvale, anche mediante forme di consultazione diretta, dell'apporto di rappresentanti delle forze politiche in àmbito locale, dell'Anci, dell'Upi, delle organizzazioni di volontariato e di altri organismi locali particolarmente interessati alle questioni da trattare (198). (198) Il presente articolo corrisponde all'art. 15-bis, L. 19 marzo 1990, n. 55, ora abrogato. 145-bis. Gestione finanziaria. 1. Per i comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti i cui organi consiliari sono stati sciolti ai sensi dell'articolo 143, su richiesta della Commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, il Ministero dell'interno provvede all'anticipazione di un importo calcolato secondo i criteri di cui al comma 2 del presente articolo. L'anticipazione è subordinata all'approvazione di un piano di risanamento della situazione finanziaria, predisposto con le stesse modalità previste per gli enti in stato di dissesto finanziario dalle norme vigenti. Il piano è predisposto dalla Commissione straordinaria ed è approvato con decreto del Ministro dell'interno, su parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, di cui all'articolo 155. 2. L'importo dell'anticipazione di cui al comma 1 è pari all'importo dei residui attivi derivanti dal titolo primo e dal titolo terzo dell'entrata, come risultanti dall'ultimo rendiconto approvato, sino ad un limite massimo determinato in misura pari a cinque annualità dei trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione al gettito dell'IRPEF, e calcolato in base agli importi spettanti al singolo comune per l'anno nel quale perviene la richiesta. Dall'anticipazione spettante sono detratti gli importi già corrisposti a titolo di trasferimenti o di compartecipazione al gettito dell'IRPEF per l'esercizio in corso. A decorrere dall'esercizio successivo il Ministero dell'interno provvederà, in relazione al confronto tra l'anticipazione attribuita e gli importi annualmente spettanti a titolo di trasferimenti correnti e di compartecipazione al gettito dell'IRPEF, ad effettuare le compensazioni e determinare gli eventuali conguagli sino al completo recupero dell'anticipazione medesima. 3. L'organo di revisione dell'ente locale è tenuto a vigilare sull'attuazione del piano di risanamento, segnalando alla Commissione straordinaria o all'amministrazione successivamente subentrata le difficoltà riscontrate e gli eventuali scostamenti dagli obiettivi. Il mancato svolgimento di tali compiti da parte dell'organo di revisione è considerato grave inadempimento. 4. Il finanziamento dell'anticipazione di cui al comma 1 avviene con contestuale decurtazione dei trasferimenti erariali agli enti locali e le somme versate dall'ente sciolto ai sensi dell'articolo 143 affluiscono ai trasferimenti erariali dell'anno successivo e sono assegnate nella stessa misura della detrazione. Le modalità di versamento dell'annualità sono indicate dal Ministero dell'interno all'ente locale secondo le norme vigenti (199). (199) Articolo aggiunto dall'art. 6, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. 146. Norma finale. 1. Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti. 2. Il Ministro dell'interno presenta al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta dalla gestione straordinaria dei singoli comuni (200) (201). (200) Comma così modificato dall'art. 1-bis, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (201) Il presente articolo corrisponde all'art. 15-bis, L. 19 marzo 1990, n. 55, ora abrogato. Capo III - Controlli interni 147. Tipologia dei controlli interni. 1. Gli enti locali, nell'àmbito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a: a) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa; b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati; c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. 2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. 3. L'organizzazione dei controlli interni è effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri princìpi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. 4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento. 5. Nell'àmbito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione, d'intesa con le province, sono istituite apposite strutture di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza. Capo IV - Controlli esterni sulla gestione 148. Controllo della Corte dei Conti. 1. La Corte dei Conti esercita il controllo sulla gestione degli enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni ed integrazioni. Parte seconda Ordinamento finanziario e contabile TITOLO I Disposizioni generali 149. Princìpi generali in materia di finanza propria e derivata. 1. L'ordinamento della finanza locale è riservato alla legge, che la coordina con la finanza statale e con quella regionale. 2. Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'àmbito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite. 3. La legge assicura, altresì, agli enti locali potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente. A tal fine i comuni e le province in forza dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti. 4. La finanza dei comuni e delle province è costituita da: a) imposte proprie; b) addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali; c) tasse e diritti per servizi pubblici; d) trasferimenti erariali; e) trasferimenti regionali; f) altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale; g) risorse per investimenti; h) altre entrate. 5. I trasferimenti erariali sono ripartiti in base a criteri obiettivi che tengano conto della popolazione, del territorio e delle condizioni socio-economiche, nonché in base ad una perequata distribuzione delle risorse che tenga conto degli squilibri di fiscalità locale. 6. Lo Stato assegna specifici contributi per fronteggiare situazioni eccezionali. 7. Le entrate fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili. 8. A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza. Gli enti locali determinano per i servizi pubblici tariffe o corrispettivi a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato. Lo Stato e le Regioni, qualora prevedano per legge casi di gratuità nei servizi di competenza dei comuni e delle province ovvero fissino prezzi e tariffe inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative. 9. La legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. 10. La legge determina un fondo nazionale speciale per finanziare con criteri perequativi gli investimenti destinati alla realizzazione di opere pubbliche unicamente in aree o per situazioni definite dalla legge statale. 11. L'ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi è determinato in base a parametri fissati dalla legge per ciascuno degli anni previsti dal bilancio pluriennale dello Stato e non è riducibile nel triennio. 12. Le regioni concorrono al finanziamento degli enti locali per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi di investimento, assicurando la copertura finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite o delegate. 13. Le risorse spettanti a comuni e province per spese di investimento previste da leggi settoriali dello Stato sono distribuite sulla base di programmi regionali. Le regioni, inoltre, determinano con legge i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite agli enti locali in relazione al costo di gestione dei servizi sulla base della programmazione regionale (202). (202) Il presente articolo corrisponde all'art. 54, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 150. Princìpi in materia di ordinamento finanziario e contabile. 1. L'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla legge dello Stato e stabilito dalle disposizioni di principio del presente testo unico. 2. L'ordinamento stabilisce per gli enti locali i princìpi in materia di programmazione, gestione e rendicontazione, nonché i princìpi relativi alle attività di investimento, al servizio di tesoreria, ai compiti ed alle attribuzioni dell'organo di revisione economico-finanziaria e, per gli enti cui sia applicabile, alla disciplina del risanamento finanziario. 3. Restano salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano (203). (203) Il presente articolo corrisponde all'art. 55, comma 1, L. 8 giugno 1990, n. 142 e all'art. 1, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogati. 151. Princìpi in materia di contabilità. 1. Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i princìpi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze (204). 2. Il bilancio è corredato di una relazione previsionale e programmatica, di un bilancio pluriennale di durata pari a quello della Regione di appartenenza e degli allegati previsti dall'articolo 172 o da altre norme di legge. 3. I documenti di bilancio devono comunque essere redatti in modo da consentirne la lettura per programmi, servizi ed interventi. 4. I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria. 5. I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio e il conto del patrimonio. 6. Al rendiconto è allegata una relazione illustrativa della Giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. 7. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare entro il 30 giugno dell'anno successivo (205). (204) Il termine per la deliberazione del bilancio di previsione da parte degli enti locali è stato differito: - per l'anno 2001, prima al 28 febbraio 2001 dal D.M. 21 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2000, n. 301) e poi al 31 marzo 2001 dal D.M. 16 febbraio 2001 (Gazz. Uff. 23 febbraio 2001, n. 45); - per l'anno 2002, prima al 28 febbraio 2002 dal D.M. 20 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2001, n. 300) e poi al 31 marzo 2002 dal D.M. 27 febbraio 2002 (Gazz. Uff. 4 marzo 2002, n. 53); - per l'anno 2003, prima al 31 marzo 2003 dal D.M. 19 dicembre 2002 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2002, n. 304) e poi al 30 maggio 2003 dall'art. 1, D.L. 31 marzo 2003, n. 50 e al 30 giugno 2003, limitatamente al comune di Lipari, dall'art. 9, O.P.C.M. 7 marzo 2003, n. 3266 (Gazz. Uff. 18 marzo 2003, n. 64); - per l'anno 2004, prima al 31 marzo 2004 dal D.M. 23 dicembre 2003 (Gazz. Uff. 31 dicembre 2003, n. 302) e poi al 31 maggio 2004 dall'art. 1, D.L. 29 marzo 2004, n. 80; - per l'anno 2005, prima al 31 marzo 2005 dall'art. 1, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, come modificato dalla relativa legge di conversione, e poi al 31 maggio 2005 dall'art. 1, D.L. 31 marzo 2005, n. 44; - per l'anno 2006, prima al 31 marzo 2006 dal comma 155 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266 e poi al 31 maggio 2006 dall'art. 1, D.M. 27 marzo 2006 (Gazz. Uff. 30 marzo 2006, n. 75). (205) Il presente articolo corrisponde all'art. 55, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 152. Regolamento di contabilità. 1. Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i princìpi contabili stabiliti dal presente testo unico, con modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste dall'ordinamento per assicurare l'unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile. 2. Il regolamento di contabilità assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per l'esercizio di funzioni e servizi. 3. Il regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti dell'amministrazione preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in armonia con le disposizioni del presente testo unico e delle altre leggi vigenti. 4. I regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della parte seconda del presente testo unico, da considerarsi come princìpi generali con valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le quali non si applicano qualora il regolamento di contabilità dell'ente rechi una differente disciplina: a) articoli 177 e 178; b) articoli 179, commi 2, lettere b) c) e d), e 3, 180, commi da 1 a 3, 181, commi 1 e 3, 182, 184, 185, commi da 2 a 4; c) articoli 186, 191, comma 5, 197, 198; d) articoli 199, 202, comma 2, 203, 205, 207; e) articoli da 213 a 215, 216, comma 3, da 217 a 219, 221, 224, 225; f) articoli 235, commi 2 e 3, 237, 238 (206). (206) Il presente articolo corrisponde agli artt. 2 e 108, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogati. 153. Servizio economico-finanziario. 1. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi sono disciplinati l'organizzazione del servizio finanziario, o di ragioneria o qualificazione corrispondente, secondo le dimensioni demografiche e l'importanza economico-finanziaria dell'ente. Al servizio è affidato il coordinamento e la gestione dell'attività finanziaria. 2. È consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti per assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni. 3. Il responsabile del servizio finanziario di cui all'articolo 151, comma 4, si identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti preposti alle eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilità. 4. Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese. 5. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità. 6. Il regolamento di contabilità disciplina le segnalazioni obbligatorie dei fatti e delle valutazioni del responsabile finanziario al legale rappresentante dell'ente, al consiglio dell'ente nella persona del suo presidente, al segretario ed all'organo di revisione ove si rilevi che la gestione delle entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi di situazioni - non compensabili da maggiori entrate o minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del bilancio. In ogni caso la segnalazione è effettuata entro sette giorni dalla conoscenza dei fatti. Il consiglio provvede al riequilibrio a norma dell'articolo 193, entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, anche su proposta della Giunta. 7. Lo stesso regolamento prevede l'istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un responsabile, per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare (207). (207) Il presente articolo corrisponde all'art. 3, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 154. Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali. 1. È istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali. 2. L'Osservatorio ha il compito di promuovere la corretta gestione delle risorse finanziarie, strumentali ed umane, la salvaguardia degli equilibri di bilancio, l'applicazione dei princìpi contabili e la congruità degli strumenti applicativi, nonché la sperimentazione di nuovi modelli contabili. L'Osservatorio adotta iniziative di divulgazione e di approfondimento finalizzate ad agevolare l'applicazione ed il recepimento delle norme. 3. L'Osservatorio presenta al Ministro dell'interno almeno una relazione annuale sullo stato di applicazione delle norme, con proposte di integrazione normativa e di princìpi contabili di generale applicazione. 4. Il presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero non superiore a diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno con proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di altre pubbliche amministrazioni, professori e ricercatori universitari ed esperti. L'Upi, l'Anci e l'Uncem designano ciascuna un proprio rappresentante. L'Osservatorio dura in carica cinque anni. 5. Il Ministro dell'interno può assegnare ulteriori funzioni nell'àmbito delle finalità generali del comma 2 ed emanare norme di funzionamento e di organizzazione (208). 6. L'Osservatorio si avvale delle strutture e dell'organizzazione della Direzione centrale per la finanza locale e per i servizi finanziari dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno. 7. Ai componenti dell'Osservatorio spettano il gettone di presenza ed i rimborsi spese previsti per i componenti della commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. L'imputazione dei relativi oneri avviene sul medesimo capitolo di spesa relativo alla citata commissione. I rimborsi competono anche per la partecipazione ad attività esterne di studio, di divulgazione ed approfondimento rientranti nell'attività istituzionale dell'Osservatorio. Il Ministro dell'interno può affidare, nell'anno 2000 ed entro la complessiva spesa di 30 milioni di lire, all'Osservatorio, o a singoli membri, la redazione di studi e lavori monografici, determinando il compenso in relazione alla complessità dell'incarico ed ai risultati conseguiti (209) (210). (208) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 settembre 2005, n. 220. (209) Comma così sostituito dall'art. 1, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392. (210) Il presente articolo corrisponde all'art. 109, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 155. Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. 1. La Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali operante presso il Ministero dell'interno, già denominata Commissione di ricerca per la finanza locale, svolge i seguenti compiti: a) controllo centrale, da esercitare prioritariamente in relazione alla verifica della compatibilità finanziaria, sulle dotazioni organiche e sui provvedimenti di assunzione di personale degli enti dissestati e degli enti strutturalmente deficitari, ai sensi dell'articolo 243; b) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego del piano di estinzione delle passività, ai sensi dell'articolo 256, comma 7; c) proposta al Ministro dell'interno di misure straordinarie per il pagamento della massa passiva in caso di insufficienza delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 256, comma 12; d) parere da rendere in merito all'assunzione del mutuo con la Cassa depositi e prestiti da parte dell'ente locale, ai sensi dell'articolo 255, comma 5; e) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, ai sensi dell'articolo 261; f) proposta al Ministro dell'interno di adozione delle misure necessarie per il risanamento dell'ente locale, a seguito del ricostituirsi di disavanzo di amministrazione o insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con i normali mezzi o mancato rispetto delle prescrizioni poste a carico dell'ente, ai sensi dell'articolo 268; g) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di sostituzione di tutto o parte dell'organo straordinario di liquidazione, ai sensi dell'articolo 254, comma 8; h) approvazione, previo esame, della rideterminazione della pianta organica dell'ente locale dissestato, ai sensi dell'articolo 259, comma 7. 2. La composizione e le modalità di funzionamento della Commissione sono disciplinate con regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400. 156. Classi demografiche e popolazione residente. 1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche: a) comuni con meno di 500 abitanti; b) comuni da 500 a 999 abitanti; c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti; d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti; e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti; f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti; g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti; h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti; i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti; l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti; m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti; n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre. 2. Le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti relative all'attribuzione di contributi erariali di qualsiasi natura, nonché all'inclusione nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, alla disciplina del dissesto finanziario ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell'Uncem per le comunità montane. Per le comunità montane e i comuni di nuova istituzione si utilizza l'ultima popolazione disponibile (211). (211) Il presente articolo corrisponde all'art. 110, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, e all'art. 47, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ora abrogati. 157. Consolidamento dei conti pubblici. 1. Ai fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti locali rispettano le disposizioni di cui agli articoli 25, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni (212). (212) Il presente articolo corrisponde all'art. 111, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 158. Rendiconto dei contributi straordinari. 1. Per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali è dovuta la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del responsabile del servizio finanziario. 2. Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia dell'intervento. 3. Il termine di cui al comma 1 è perentorio. La sua inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario assegnato. 4. Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato in più esercizi finanziari l'ente locale è tenuto al rendiconto per ciascun esercizio (213). (213) Il presente articolo corrisponde all'art. 112, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 159. Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali. 1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa. 2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a: a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi; b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso; c) espletamento dei servizi locali indispensabili (214) (215). 3. Per l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità (216). 4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né limitazioni all'attività del tesoriere (217). 5. I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria prevista dall'articolo 151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3 (218) (219). (214) La Corte costituzionale, con sentenza 4-18 giugno 2003, n. 211 (Gazz. Uff. 25 giugno 2003, n. 25 - Prima serie speciale) ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'art. 159, commi 2, 3 e 4, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso. (215) La Corte costituzionale, con sentenza 4-18 giugno 2003, n. 211 (Gazz. Uff. 25 giugno 2003, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione. (216) La Corte costituzionale, con sentenza 4-18 giugno 2003, n. 211 (Gazz. Uff. 25 giugno 2003, n. 25 - Prima serie speciale) ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'art. 159, commi 2, 3 e 4, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso. (217) La Corte costituzionale, con sentenza 4-18 giugno 2003, n. 211 (Gazz. Uff. 25 giugno 2003, n. 25 - Prima serie speciale) ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'art. 159, commi 2, 3 e 4, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso. (218) Il presente articolo corrisponde all'art. 113, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (219) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 160. Approvazione di modelli e schemi contabili. 1. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvati: a) i modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi i quadri riepilogativi; b) il sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili di entrata e di spesa; c) i modelli relativi al bilancio pluriennale; d) i modelli relativi al conto del tesoriere; e) i modelli relativi al conto del bilancio ivi incluse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali; f) i modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione; g) i modelli relativi al conto del patrimonio; h) i modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili di cui all'articolo 227. 2. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è approvato lo schema relativo alla relazione previsionale e programmatica previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome (220). (220) Il presente articolo corrisponde all'art. 114, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 161. Certificazioni di bilancio. 1. Gli enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto. Le certificazioni sono firmate dal segretario e dal responsabile del servizio finanziario. 2. Le modalità per la struttura, la redazione e la presentazione delle certificazioni sono stabilite tre mesi prima della scadenza di ciascun adempimento con decreto del Ministro dell'interno d'intesa con l'Anci, con l'Upi e con l'Uncem, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (221). 3. La mancata presentazione di un certificato comporta la sospensione dell'ultima rata del contributo ordinario dell'anno nel quale avviene l'inadempienza (222). 4. Il Ministero dell'interno provvede a rendere disponibili i dati delle certificazioni alle regioni, alle associazioni rappresentative degli enti locali, alla Corte dei conti ed all'Istituto nazionale di statistica (223). (221) Con D.M. 11 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2000, n. 302, S.O.), modificato con D.M. 17 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 27 gennaio 2001, n. 22) e con D.M. 19 marzo 2001 (Gazz. Uff. 4 aprile 2001, n. 79), sono state approvate le certificazioni del bilancio di previsione 2001 delle province, dei comuni e delle comunità montane. Con D.M. 1° giugno 2001 (Gazz. Uff. 13 luglio 2001, n. 161, S.O.) sono state stabilite le modalità relative alle certificazioni concernenti il conto di bilancio 2000 delle amministrazioni provinciali, dei comuni e delle comunità montane. Con D.M. 7 febbraio 2002 (Gazz. Uff. 5 marzo 2002, n. 54, S.O.), modificato dal D.M. 6 maggio 2002 (Gazz. Uff. 14 maggio 2002, n. 111), sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il bilancio di previsione 2002 delle province, dei comuni e delle comunità montane. Con D.M. 14 giugno 2002 (Gazz. Uff. 22 luglio 2002, n. 170, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il conto di bilancio 2001 delle amministrazioni provinciali, dei comuni e delle comunità montane. Con D.M. 24 febbraio 2003 (Gazz. Uff. 10 aprile 2003, n. 84, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il bilancio di previsione 2003 delle province, dei comuni e delle comunità montane. Con D.M. 31 luglio 2003 (Gazz. Uff. 9 settembre 2003, n. 209, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il conto di bilancio 2002 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. Con Decr. 19 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 11 marzo 2004, n. 59, S.O.), modificato dall'art. 1, Decr. 2 aprile 2004 (Gazz. Uff. 20 aprile 2004, n. 92), sono state approvate le modalità relative alle certificazioni del bilancio di previsione 2004 delle province, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. Con Decr. 16 giugno 2004 (Gazz. Uff. 1° luglio 2004, n. 152, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il conto di bilancio 2003 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. Con Decr. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 10 maggio 2005, n. 107, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il bilancio di previsione 2005 delle province, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. Con Decr. 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 179, S.O.) sono state stabilite le modalità relative alle certificazioni concernenti il conto di bilancio 2004 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. Con Decr. 26 aprile 2006 (Gazz. Uff. 11 maggio 2006, n. 108, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il bilancio di previsione 2006 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. Con Decr. 14 luglio 2006 (Gazz. Uff. 26 luglio 2006, n. 172, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle certificazioni concernenti il conto di bilancio 2005 delle amministrazioni provinciali dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. (222) Comma così modificato dal comma 7 dell'art. 27, L. 28 dicembre 2001, n. 448. L'art. 3, O.M. 27 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 3 novembre 2000, n. 257) ha stabilito che le disposizioni contenute nel presente comma sono sospese, per l'anno 2000, nei confronti degli enti locali delle regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria e Calabria. (223) Il presente articolo corrisponde all'art. 44, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ora abrogato. TITOLO II Programmazione e bilanci Capo I - Programmazione 162. Princìpi del bilancio. 1. Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza, per l'anno successivo, osservando i princìpi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. La situazione corrente, come definita al comma 6 del presente articolo, non può presentare un disavanzo. 2. Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge. 3. L'unità temporale della gestione è l'anno finanziario, che inizia il 1° gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono più effettuarsi accertamenti di entrate e impegni di spesa in conto dell'esercizio scaduto. 4. Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione finanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio. 5. Il bilancio di previsione è redatto nel rispetto dei princìpi di veridicità ed attendibilità, sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento. 6. Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni previste per legge. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. 7. Gli enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui all'articolo 8, la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalità previste dallo statuto e dai regolamenti (224). (224) Il presente articolo corrisponde all'art. 4, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 163. Esercizio provvisorio e gestione provvisoria. 1. Nelle more dell'approvazione del bilancio di previsione da parte dell'organo regionale di controllo, l'organo consiliare dell'ente delibera l'esercizio provvisorio, per un periodo non superiore a due mesi, sulla base del bilancio già deliberato. Gli enti locali possono effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. 2. Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione, è consentita esclusivamente una gestione provvisoria, nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria è limitata all'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale, limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente. 3. Ove la scadenza del termine per la deliberazione del bilancio di previsione sia stata fissata da norme statali in un periodo successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento, l'esercizio provvisorio si intende automaticamente autorizzato sino a tale termine e si applicano le modalità di gestione di cui al comma 1, intendendosi come riferimento l'ultimo bilancio definitivamente approvato (225). (225) Il presente articolo corrisponde all'art. 5, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 164. Caratteristiche del bilancio. 1. L'unità elementare del bilancio per l'entrata è la risorsa e per la spesa è l'intervento per ciascun servizio. Nei servizi per conto di terzi, sia nell'entrata che nella spesa, l'unità elementare è il capitolo, che indica l'oggetto. 2. Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione per i servizi per conto di terzi. 3. In sede di predisposizione del bilancio di previsione annuale il consiglio dell'ente assicura idoneo finanziamento agli impegni pluriennali assunti nel corso degli esercizi precedenti (226). (226) Il presente articolo corrisponde all'art. 6, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 165. Struttura del bilancio. 1. Il bilancio di previsione annuale è composto da due parti, relative rispettivamente all'entrata ed alla spesa. 2. La parte entrata è ordinata gradualmente in titoli, categorie e risorse, in relazione, rispettivamente, alla fonte di provenienza, alla tipologia ed alla specifica individuazione dell'oggetto dell'entrata. 3. I titoli dell'entrata per province, comuni, città metropolitane ed unioni di comuni sono: Titolo I - Entrate tributarie; Titolo II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione; Titolo III - Entrate extratributarie; Titolo IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti; Titolo V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti; Titolo VI - Entrate da servizi per conto di terzi. 4. I titoli dell'entrata per le comunità montane sono: Titolo I - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione; Titolo II - Entrate extratributarie; Titolo III - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti; Titolo IV - Entrate derivanti da accensioni di prestiti; Titolo V - Entrate da servizi per conto di terzi. 5. La parte spesa è ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla natura economica dei fattori produttivi nell'àmbito di ciascun servizio. La parte spesa è leggibile anche per programmi dei quali è fatta analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica. 6. I titoli della spesa sono: Titolo I - Spese correnti; Titolo II - Spese in conto capitale; Titolo III - Spese per rimborso di prestiti; Titolo IV - Spese per servizi per conto di terzi. 7. Il programma, il quale costituisce il complesso coordinato di attività, anche normative, relative alle opere da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto piano generale di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'articolo 151, può essere compreso all'interno di una sola delle funzioni dell'ente, ma può anche estendersi a più funzioni. 8. A ciascun servizio è correlato un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mezzi, cui è preposto un responsabile. 9. A ciascun servizio è affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, del quale risponde il responsabile del servizio. 10. Ciascuna risorsa dell'entrata e ciascun intervento della spesa indicano: a) l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti dal rendiconto del penultimo anno precedente all'esercizio di riferimento e la previsione aggiornata relativa all'esercizio in corso; b) l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese che si prevede di impegnare nell'esercizio cui il bilancio si riferisce. 11. L'avanzo ed il disavanzo di amministrazione sono iscritti in bilancio, con le modalità di cui agli articoli 187 e 188, prima di tutte le entrate e prima di tutte le spese. 12. I bilanci di previsione degli enti locali recepiscono, per quanto non contrasta con la normativa del presente testo unico, le norme recate dalle leggi delle rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni delegate, al fine di consentire la possibilità del controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e l'omogeneità delle classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Le entrate e le spese per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di previsione degli enti locali. 13. Il bilancio di previsione si conclude con più quadri riepilogativi. 14. Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio di previsione, inclusi i quadri riepilogativi, il sistema di codifica del bilancio ed il sistema di codifica dei titoli contabili di entrata e di spesa, anche ai fini di cui all'articolo 157 (227). (227) Il presente articolo corrisponde all'art. 7, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 166. Fondo di riserva. 1. Gli enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione un fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e non superiore al 2 per cento del totale delle spese correnti inizialmente previste in bilancio. 2. Il fondo è utilizzato, con deliberazioni dell'organo esecutivo da comunicare all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilità, nei casi in cui si verifichino esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si rivelino insufficienti (228). (228) Il presente articolo corrisponde all'art. 8, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 167. Ammortamento dei beni. 1. È data facoltà agli enti locali di iscrivere nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per i beni relativi, almeno per il trenta per cento del valore calcolato secondo i criteri dell'articolo 229 (229). 2. L'utilizzazione delle somme accantonate ai fini del reinvestimento è effettuata dopo che gli importi sono rifluiti nel risultato di amministrazione di fine esercizio ed è possibile la sua applicazione al bilancio in conformità all'articolo 187 (230). (229) Comma così modificato dal comma 7 dell'art. 27, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (230) Il presente articolo corrisponde all'art. 9, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 168. Servizi per conto di terzi. 1. Le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi, ivi compresi i fondi economali, e che costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per l'ente, sono ordinati esclusivamente in capitoli, secondo la partizione contenuta nel regolamento di cui all'articolo 160. 2. Le previsioni e gli accertamenti d'entrata conservano l'equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa (231). (231) Il presente articolo corrisponde all'art. 10, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 169. Piano esecutivo di gestione. 1. Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi. 2. Il piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli. 3. L'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo è facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e per le comunità montane (232). (232) Il presente articolo corrisponde all'art. 11, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 170. Relazione previsionale e programmatica. 1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione una relazione previsionale e programmatica che copra un periodo pari a quello del bilancio pluriennale. 2. La relazione previsionale e programmatica ha carattere generale. Illustra anzitutto le caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell'economia insediata e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche. Comprende, per la parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli. 3. Per la parte spesa la relazione è redatta per programmi e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai programmi indicati nel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale, rilevando l'entità e l'incidenza percentuale della previsione con riferimento alla spesa corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di investimento. 4. Per ciascun programma è data specificazione della finalità che si intende conseguire e delle risorse umane e strumentali ad esso destinate, distintamente per ciascuno degli esercizi in cui si articola il programma stesso ed è data specifica motivazione delle scelte adottate. 5. La relazione previsionale e programmatica fornisce la motivata dimostrazione delle variazioni intervenute rispetto all'esercizio precedente. 6. Per gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione indica anche gli obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio. 7. La relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla delibera di cui all'articolo 172, comma 1, lettera c), e relativi piani di attuazione e con i piani economico-finanziari di cui all'articolo 201. 8. Con il regolamento di cui all'articolo 160 è approvato lo schema di relazione, valido per tutti gli enti, che contiene le indicazioni minime necessarie a fini del consolidamento dei conti pubblici. 9. Nel regolamento di contabilità sono previsti i casi di inammissibilità e di improcedibilità per le deliberazioni di Consiglio e di Giunta che non sono coerenti con le previsioni della relazione previsionale e programmatica (233). (233) Il presente articolo corrisponde all'art. 12, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 171. Bilancio pluriennale. 1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale di competenza, di durata pari a quello della Regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre anni, con osservanza dei princìpi del bilancio di cui all'articolo 162, escluso il principio dell'annualità. 2. Il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede di destinare per ciascuno degli anni considerati sia alla copertura di spese correnti che al finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per queste ultime, della capacità di ricorso alle fonti di finanziamento. 3. Il bilancio pluriennale per la parte di spesa è redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l'ammontare delle spese correnti di gestione consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall'attuazione degli investimenti, nonché le spese di investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno degli anni considerati. 4. Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale di competenza, hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede di approvazione del bilancio di previsione. 5. Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio pluriennale (234). (234) Il presente articolo corrisponde all'art. 13, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 172. Altri allegati al bilancio di previsione. 1. Al bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti: a) il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, quale documento necessario per il controllo da parte del competente organo regionale; b) le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce; c) la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione del bilancio, con la quale i comuni verificano la quantità e qualità di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie ai sensi delle leggi 18 aprile 1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865, e 5 agosto 1978, n. 457, - che potranno essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie; con la stessa deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato; d) il programma triennale dei lavori pubblici di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109; e) le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi; f) la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista dalle disposizioni vigenti in materia (235). (235) Il presente articolo corrisponde all'art. 14, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 173. Valori monetari. 1. I valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e nella relazione previsionale e programmatica sono espressi con riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione programmato (236). (236) Il presente articolo corrisponde all'art. 15, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo II - Competenze in materia di bilanci 174. Predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati. 1. Lo schema di bilancio annuale di previsione, la relazione previsionale e programmatica e lo schema di bilancio pluriennale sono predisposti dall'organo esecutivo e da questo presentati all'organo consiliare unitamente agli allegati ed alla relazione dell'organo di revisione. 2. Il regolamento di contabilità dell'ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonché i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti dall'organo esecutivo. 3. Il bilancio annuale di previsione è deliberato dall'organo consiliare entro il termine previsto dall'articolo 151. La relativa deliberazione ed i documenti ad essa allegati sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo regionale di controllo. 4. Il termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo regionale di controllo, previsto dall'articolo 134, decorre dal ricevimento (237). (237) Il presente articolo corrisponde all'art. 16, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 175. Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione. 1. Il bilancio di previsione può subire variazioni nel corso dell'esercizio di competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che nella parte seconda, relativa alle spese. 2. Le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare. 3. Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno. 4. Ai sensi dell'articolo 42 le variazioni di bilancio possono essere adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza, salvo ratifica, a pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. 5. In caso di mancata o parziale ratifica del provvedimento di variazione adottato dall'organo esecutivo, l'organo consiliare è tenuto ad adottare nei successivi trenta giorni, e comunque sempre entro il 31 dicembre dell'esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti necessari nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione non ratificata. 6. Per le province, i comuni, le città metropolitane e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi tre titoli. Per le comunità montane sono vietati i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli terzo e quarto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi due titoli. 7. Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di altre parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di somme tra residui e competenza. 8. Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva, al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio. 9. Le variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all'articolo 169 sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno (238) (239). (238) L'art. 6, O.M. 23 novembre 2000, n. 3095 (Gazz. Uff. 27 novembre 2000, n. 277) ha stabilito che, in deroga a quanto disposto nel presente articolo, gli enti locali il cui territorio risulta gravemente danneggiato, dagli eventi alluvionali dei mesi di settembre, ottobre e novembre 2000, per l'esercizio finanziario 2000, possono deliberare le variazioni di bilancio e la variazione di assestamento generale di bilancio entro il 31 dicembre 2000 per stanziare le risorse da utilizzare per gli interventi diretti ad affrontare gli eventi alluvionali dell'anno 2000. (239) Il presente articolo corrisponde all'art. 17, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 176. Prelevamenti dal fondo di riserva. 1. I prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno (240). (240) Il presente articolo corrisponde all'art. 18, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 177. Competenze dei responsabili dei servizi. 1. Il responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene necessaria una modifica della dotazione assegnata per sopravvenute esigenze successive all'adozione degli atti di programmazione, propone la modifica con modalità definite dal regolamento di contabilità. 2. La mancata accettazione della proposta di modifica della dotazione deve essere motivata dall'organo esecutivo (241). (241) Il presente articolo corrisponde all'art. 19, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. TITOLO III Gestione del bilancio Capo I - Entrate 178. Fasi dell'entrata. 1. Le fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento, la riscossione ed il versamento (242). (242) Il presente articolo corrisponde all'art. 20, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 179. Accertamento. 1. L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da incassare, nonché fissata la relativa scadenza. 2. L'accertamento delle entrate avviene: a) per le entrate di carattere tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di altre forme stabilite per legge; b) per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell'utenza, a seguito di acquisizione diretta o di emissione di liste di carico; c) per le entrate relative a partite compensative delle spese, in corrispondenza dell'assunzione del relativo impegno di spesa; d) per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici. 3. Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l'entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l'idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini dell'annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento di contabilità dell'ente (243). (243) Il presente articolo corrisponde agli artt. 21, 22 e 23, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogati. 180. Riscossione. 1. La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell'entrata, che consiste nel materiale introito da parte del tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione delle somme dovute all'ente. 2. La riscossione è disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla convenzione di cui all'articolo 210. 3. L'ordinativo d'incasso è sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente individuato dal regolamento di contabilità e contiene almeno: a) l'indicazione del debitore; b) l'ammontare della somma da riscuotere; c) la causale; d) gli eventuali vincoli di destinazione delle somme; e) l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui è riferita l'entrata, distintamente per residui o competenza; f) la codifica; g) il numero progressivo; h) l'esercizio finanziario e la data di emissione. 4. Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell'ente, la riscossione di ogni somma, versata in favore dell'ente, anche senza la preventiva emissione di ordinativo d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne dà immediata comunicazione all'ente, richiedendo la regolarizzazione (244). (244) Il presente articolo corrisponde all'art. 24, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 181. Versamento. 1. Il versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell'ente. 2. Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei modi fissati dalle disposizioni vigenti e da eventuali accordi convenzionali, salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22 e seguenti del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. 3. Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale dell'amministrazione, versano le somme riscosse presso la tesoreria dell'ente con cadenza stabilita dal regolamento di contabilità (245). (245) Il presente articolo corrisponde all'art. 25, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo II - Spese 182. Fasi della spesa. 1. Le fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione, l'ordinazione ed il pagamento (246). (246) Il presente articolo corrisponde all'art. 26, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 183. Impegno di spesa. 1. L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore, indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell'àmbito della disponibilità finanziaria accertata ai sensi dell'articolo 151. 2. Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese dovute: a) per il trattamento economico tabellare già attribuito al personale dipendente e per i relativi oneri riflessi; b) per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi di preammortamento ed ulteriori oneri accessori; c) per le spese dovute nell'esercizio in base a contratti o disposizioni di legge. 3. Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento. I provvedimenti relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione di cui all'articolo 186. Quando la prenotazione di impegno è riferita a procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non concluse entro tale termine, la prenotazione si tramuta in impegno e conservano validità gli atti ed i provvedimenti relativi alla gara già adottati. 4. Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute rispetto all'impegno assunto, verificate con la conclusione della fase della liquidazione. 5. Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate nei seguenti modi: a) con l'assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del mutuo, contratto o già concesso, e del relativo prefinanziamento accertato in entrata; b) con quota dell'avanzo di amministrazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare dell'avanzo di amministrazione accertato; c) con l'emissione di prestiti obbligazionari si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del prestito sottoscritto; c-bis) con aperture di credito si considerano impegnate all'atto della stipula del contratto e per l'ammontare dell'importo del progetto o dei progetti, definitivi o esecutivi finanziati (247); d) con entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare delle entrate accertate. Si considerano, altresì, impegnati gli stanziamenti per spese correnti e per spese di investimento correlati ad accertamenti di entrate aventi destinazione vincolata per legge. 6. Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi successivi, compresi nel bilancio pluriennale, nel limite delle previsioni nello stesso comprese. 7. Per le spese che per la loro particolare natura hanno durata superiore a quella del bilancio pluriennale e per quelle determinate che iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio pluriennale si tiene conto nella formazione dei bilanci seguenti degli impegni relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al periodo successivo. 8. Gli atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia al servizio finanziario dell'ente, nel termine e con le modalità previste dal regolamento di contabilità. 9. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali i responsabili dei servizi assumono atti di impegno. A tali atti, da definire «determinazioni» e da classificarsi con sistemi di raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza, si applicano, in via preventiva, le procedure di cui all'articolo 151, comma 4 (248). (247) Lettera aggiunta dall'art. 1-sexies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (248) Il presente articolo corrisponde all'art. 27, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 184. Liquidazione della spesa. 1. La liquidazione costituisce la successiva fase del procedimento di spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed ai titoli atti a comprovare il diritto acquisito del creditore, si determina la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell'ammontare dell'impegno definitivo assunto. 2. La liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa ed è disposta sulla base della documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite. 3. L'atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile del servizio proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i riferimenti contabili è trasmesso al servizio finanziario per i conseguenti adempimenti. 4. Il servizio finanziario effettua, secondo i princìpi e le procedure della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione (249). (249) Il presente articolo corrisponde all'art. 28, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 185. Ordinazione e pagamento. 1. L'ordinazione consiste nella disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese. 2. Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente individuato dal regolamento di contabilità nel rispetto delle leggi vigenti e contiene almeno i seguenti elementi: a) il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario; b) la data di emissione; c) l'intervento o il capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa è allocata e la relativa disponibilità, distintamente per competenza o residui; d) la codifica; e) l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il relativo codice fiscale o la partita IVA; f) l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata concordata con il creditore; g) la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima l'erogazione della spesa; h) le eventuali modalità agevolative di pagamento se richieste dal creditore; i) il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione. 3. Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che provvede altresì alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere. 4. Il tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri obblighi di legge, anche in assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento. Entro quindici giorni e comunque entro il termine del mese in corso l'ente locale emette il relativo mandato ai fini della regolarizzazione (250). (250) Il presente articolo corrisponde all'art. 29, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo III - Risultato di amministrazione e residui 186. Risultato contabile di amministrazione. 1. Il risultato contabile di amministrazione è accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi (251). (251) Il presente articolo corrisponde all'art. 30, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 187. Avanzo di amministrazione. 1. L'avanzo di amministrazione è distinto in fondi non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento spese in conto capitale e fondi di ammortamento. 2. L'eventuale avanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, può essere utilizzato: a) per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza; b) per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili a norma dell'articolo 194; c) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 193 ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento; d) per il finanziamento di spese di investimento (252). 3. Nel corso dell'esercizio al bilancio di previsione può essere applicato, con delibera di variazione, l'avanzo di amministrazione presunto derivante dall'esercizio immediatamente precedente con la finalizzazione di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2. Per tali fondi l'attivazione delle spese può avvenire solo dopo l'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio precedente, con eccezione dei fondi, contenuti nell'avanzo, aventi specifica destinazione e derivanti da accantonamenti effettuati con l'ultimo consuntivo approvato, i quali possono essere immediatamente attivati (253). (252) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 4, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. (253) Il presente articolo corrisponde all'art. 31, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 188. Disavanzo di amministrazione. 1. L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, è applicato al bilancio di previsione nei modi e nei termini di cui all'articolo 193, in aggiunta alle quote di ammortamento accantonate e non disponibili nel risultato contabile di amministrazione (254). (254) Il presente articolo corrisponde all'art. 32, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 189. Residui attivi. 1. Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio. 2. Sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore della correlativa entrata nonché le somme derivanti dalla stipulazione di contratti di apertura di credito (255). 3. Alla chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi le somme derivanti da mutui per i quali è intervenuta la concessione definitiva da parte della Cassa depositi e prestiti o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del contratto per i mutui concessi da altri Istituti di credito. 4. Le somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate entro il termine dell'esercizio costituiscono minori accertamenti rispetto alle previsioni e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione (256). (255) Comma così modificato dall'art. 1-sexies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (256) Il presente articolo corrisponde all'art. 33, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 190. Residui passivi. 1. Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine dell'esercizio. 2. È vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate ai sensi dell'articolo 183. 3. Le somme non impegnate entro il termine dell'esercizio costituiscono economia di spesa e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione (257). (257) Il presente articolo corrisponde all'art. 34, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo IV - Princìpi di gestione e controllo di gestione 191. Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese. 1. Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Il responsabile del servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati. 2. Per le spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti, all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno. 3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente alla regolarizzazione. 4. Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni. 5. Agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di amministrazione ovvero indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono stati validamente adottati i provvedimenti di cui all'articolo 193, è fatto divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti nei precedenti esercizi (258). (258) Il presente articolo corrisponde all'art. 35, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 192. Determinazioni a contrattare e relative procedure. 1. La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa indicante: a) il fine che con il contratto si intende perseguire; b) l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali; c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base. 2. Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa della Unione europea recepita o comunque vigente nell'ordinamento giuridico italiano (259). (259) Il presente articolo corrisponde all'art. 56, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. 193. Salvaguardia degli equilibri di bilancio. 1. Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testo unico. 2. Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all'articolo 194, per il ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo. 3. Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili. 4. La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo (260). (260) Il presente articolo corrisponde all'art. 36, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 194. Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio. 1. Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze esecutive; b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'àmbito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. 2. Per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori. 3. Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell'articolo 193, comma 3, l'ente locale può far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti. Nella relativa deliberazione consiliare viene dettagliatamente motivata l'impossibilità di utilizzare altre risorse (261) (262). (261) Per l'applicabilità del presente comma vedi, anche, l'art. 41, L. 28 dicembre 2001, n. 448. (262) Il presente articolo corrisponde all'art. 37, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 195. Utilizzo di entrate a specifica destinazione. 1. Gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, possono disporre l'utilizzo, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222. 2. L'utilizzo di somme a specifica destinazione presuppone l'adozione della deliberazione della Giunta relativa all'anticipazione di tesoreria di cui all'articolo 222, comma 1, e viene deliberato in termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed è attivato dal tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario dell'ente. 3. Il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione, secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti. 4. Gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio ai sensi dell'articolo 193 possono, nelle more del perfezionamento di tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui e dei prestiti, con obbligo di reintegrare le somme vincolate con il ricavato delle alienazioni (263). (263) Il presente articolo corrisponde all'art. 38, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 196. Controllo di gestione. 1. Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali applicano il controllo di gestione secondo le modalità stabilite dal presente titolo, dai propri statuti e regolamenti di contabilità. 2. Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il livello di economicità nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi (264). (264) Il presente articolo corrisponde all'art. 39, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 197. Modalità del controllo di gestione. 1. Il controllo di gestione, di cui all'articolo 147, comma 1 lettera b), ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale delle province, dei comuni, delle comunità montane, delle unioni dei comuni e delle città metropolitane ed è svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilità dell'ente. 2. Il controllo di gestione si articola almeno in tre fasi: a) predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi; b) rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti; c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità dell'azione intrapresa. 3. Il controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi. 4. La verifica dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità dell'azione amministrativa è svolta rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile per unità di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali di cui all'articolo 228, comma 7 (265). (265) Il presente articolo corrisponde all'art. 40, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 198. Referto del controllo di gestione. 1. La struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce le conclusioni del predetto controllo agli amministratori ai fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati ed ai responsabili dei servizi affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili (266). (266) Il presente articolo corrisponde all'art. 41, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 198-bis. Comunicazione del referto. 1. Nell'àmbito dei sistemi di controllo di gestione di cui agli articoli 196, 197 e 198, la struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce la conclusione del predetto controllo, oltre che agli amministratori ed ai responsabili dei servizi ai sensi di quanto previsto dall'articolo 198, anche alla Corte dei conti (267). (267) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.L. 12 luglio 2004, n. 168. TITOLO IV Investimenti Capo I - Princìpi generali 199. Fonti di finanziamento. 1. Per l'attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare: a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti; b) avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti; c) entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni; d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle Regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali; e) avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall'articolo 187; f) mutui passivi; g) altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge (268). (268) Il presente articolo corrisponde all'art. 42, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 200. Programmazione degli investimenti. 1. Per tutti gli investimenti degli enti locali, comunque finanziati, l'organo deliberante, nell'approvare il progetto od il piano esecutivo dell'investimento, dà atto della copertura delle maggiori spese derivanti dallo stesso nel bilancio pluriennale originario, eventualmente modificato dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, delle quali è redatto apposito elenco (269). (269) Il presente articolo corrisponde all'art. 43 comma 1, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 201. Finanziamento di opere pubbliche e piano economico-finanziario. 1. Gli enti locali e le aziende speciali sono autorizzate ad assumere mutui, anche se assistiti da contributi dello Stato o delle regioni, per il finanziamento di opere pubbliche destinate all'esercizio di servizi pubblici, soltanto se i contratti di appalto sono realizzati sulla base di progetti «chiavi in mano» ed a prezzo non modificabile in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione della trattativa privata. 2. Per le nuove opere di cui al comma 1 il cui progetto generale comporti una spesa superiore al miliardo di lire, gli enti di cui al comma 1 approvano un piano economico-finanziario diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti ed al fine della determinazione delle tariffe. 3. [Il piano economico-finanziario deve essere preventivamente assentito da una banca scelta tra gli istituti indicati con decreto emanato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica] (270). 4. Le tariffe dei servizi pubblici di cui al comma 1 sono determinati in base ai seguenti criteri: a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico finanziario; b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c) l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio (271). (270) Comma abrogato dall'art. 1, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (271) Il presente articolo corrisponde all'art. 43 comma 2 e 3, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, e ai commi da 1 a 4 dell'art. 46, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ora abrogati. Capo II - Fonti di finanziamento mediante indebitamento 202. Ricorso all'indebitamento. 1. Il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali è ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli investimenti. Può essere fatto ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio di cui all'articolo 194 e per altre destinazioni di legge. 2. Le relative entrate hanno destinazione vincolata (272). (272) Il presente articolo corrisponde all'art. 44, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 203. Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento. 1. Il ricorso all'indebitamento è possibile solo se sussistono le seguenti condizioni: a) avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento; b) avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni. 2. Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio annuale, fermo restando l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1. Contestualmente modifica il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione (273). (273) Il presente articolo corrisponde all'art. 45, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 204. Regole particolari per l'assunzione di mutui. 1. Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 203, l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle aperture di credito stipulate ed a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 12 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione (274). 2. I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni: a) l'ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni (275); b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al 1° gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata al 1° luglio seguente o al 1° gennaio dell'anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere anticipata al 1° luglio dello stesso anno (276); c) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi; d) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo; e) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti; f) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica con proprio decreto. 2-bis. Le disposizioni del comma 2 si applicano, ove compatibili, alle altre forme di indebitamento cui l'ente locale acceda (277). 3. L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa è data esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo (278). (274) Comma così modificato prima dal comma 7 dell'art. 27, L. 28 dicembre 2001, n. 448, poi dal comma 44 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 ed infine dall'art. 1-sexies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 45 del citato articolo 1. (275) Lettera così sostituita dal comma 68 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (276) Lettera così sostituita dal comma 68 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (277) Comma aggiunto dal comma 44 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (278) Il presente articolo corrisponde all'art. 46, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Vedi, anche, il comma 7 dell'art. 70, L. 28 dicembre 2001, n. 448. In deroga a quanto previsto dal presente articolo vedi l'art. 14-quater, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. 205. Attivazione di prestiti obbligazionari. 1. Gli enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge (279). (279) Il presente articolo corrisponde all'art. 47, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 205-bis. Contrazione di aperture di credito. 1. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito nel rispetto della disciplina di cui al presente articolo. 2. L'utilizzo del ricavato dell'operazione è sottoposto alla disciplina di cui all'articolo 204, comma 3. 3. I contratti di apertura di credito devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni: a) la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell'importo del contratto in base alle richieste di volta in volta inoltrate dall'ente e previo rilascio da parte di quest'ultimo delle relative delegazioni di pagamento ai sensi dell'articolo 206. L'erogazione dell'intero importo messo a disposizione al momento della contrazione dell'apertura di credito ha luogo nel termine massimo di tre anni, ferma restando la possibilità per l'ente locale di disciplinare contrattualmente le condizioni economiche di un eventuale utilizzo parziale; b) gli interessi sulle aperture di credito devono riferirsi ai soli importi erogati. L'ammortamento di tali importi deve avere una durata non inferiore a cinque anni con decorrenza dal 1° gennaio o dal 1° luglio successivi alla data dell'erogazione; c) le rate di ammortamento devono essere comprensive, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi; d) unitamente alla prima rata di ammortamento delle somme erogate devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata; e) deve essere indicata la natura delle spese da finanziare e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto o dei progetti definitivi o esecutivi, secondo le norme vigenti; f) deve essere rispettata la misura massima di tasso applicabile alle aperture di credito i cui criteri di determinazione sono demandati ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno. 4. Le aperture di credito sono soggette, al pari delle altre forme di indebitamento, al monitoraggio di cui all'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nei termini e nelle modalità previsti dal relativo regolamento di attuazione, di cui al D.M. 1° dicembre 2003, n. 389 del Ministro dell'economia e delle finanze (280). (280) Articolo aggiunto dal comma 68 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 e poi così sostituito dall'art. 1-sexies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso art. 1-sexies. Capo III - Garanzie per mutui e prestiti 206. Delegazione di pagamento. 1. Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale. Per le comunità montane il riferimento va fatto ai primi due titoli dell'entrata. 2. L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo (281). (281) Il presente articolo corrisponde all'art. 48, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 207. Fideiussione. 1. I comuni, le province e le città metropolitane possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, da consorzi cui partecipano nonché dalle comunità montane di cui fanno parte. 1-bis. A fronte di operazioni di emissione di prestiti obbligazionari effettuate congiuntamente da più enti locali, gli enti capofila possono procedere al rilascio di garanzia fideiussoria riferita all'insieme delle operazioni stesse. Contestualmente gli altri enti emittenti rilasciano garanzia fideiussoria a favore dell'ente capofila in relazione alla quota parte dei prestiti di propria competenza. Ai fini dell'applicazione del comma 4, la garanzia prestata dall'ente capofila concorre alla formazione del limite di indebitamento solo per la quota parte dei prestiti obbligazionari di competenza dell'ente stesso (282). 2. La garanzia fideiussoria può essere inoltre rilasciata a favore della società di capitali, costituite ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera e), per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui all'articolo 116, comma 1. In tali casi i comuni, le province e le città metropolitane rilasciano la fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da corrispondersi da parte della società sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione alla società. 3. La garanzia fideiussoria può essere rilasciata anche a favore di terzi per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale, purché siano sussistenti le seguenti condizioni: a) il progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilità di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettività locale; b) la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente al termine della concessione; c) la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione dell'opera. 4. Gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento garantite con fideiussione concorrono alla formazione del limite di cui al comma 1 dell'articolo 204 e non possono impegnare più di un quinto di tale limite (283). (282) Comma aggiunto dal comma 68 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (283) Il presente articolo corrisponde all'art. 49, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. TITOLO V Tesoreria Capo I - Disposizioni generali 208. Soggetti abilitati a svolgere il servizio di tesoreria. 1. Gli enti locali hanno un servizio di tesoreria che può essere affidato: a) per i comuni capoluoghi di provincia, le province, le città metropolitane, ad una banca autorizzata a svolgere l'attività di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385; b) per i comuni non capoluoghi di provincia, le comunità montane e le unioni di comuni, anche a società per azioni regolarmente costituite con capitale sociale interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data del 25 febbraio 1995, erano incaricate dello svolgimento del medesimo servizio a condizione che il capitale sociale risulti adeguato a quello minimo richiesto dalla normativa vigente per le banche di credito cooperativo (284); c) altri soggetti abilitati per legge (285). (284) Lettera così modificata dall'art. 1, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (285) Il presente articolo corrisponde all'art. 50, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 209. Oggetto del servizio di tesoreria. 1. Il servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate in particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente o da norme pattizie. 2. Il tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel rispetto della legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni. 3. Ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere (286) (287). (286) Vedi, anche, il comma 69 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (287) Il presente articolo corrisponde all'art. 51, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 210. Affidamento del servizio di tesoreria. 1. L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilità di ciascun ente, con modalità che rispettino i princìpi della concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente può procedere, per non più di una volta, al rinnovo del contratto di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto. 2. Il rapporto viene regolato in base ad una convenzione deliberata dall'organo consiliare dell'ente (288). (288) Il presente articolo corrisponde all'art. 52, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 211. Responsabilità del tesoriere. 1. Per eventuali danni causati all'ente affidante o a terzi il tesoriere risponde con tutte le proprie attività e con il proprio patrimonio. 2. Il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente (289) (290). (289) Vedi, anche, il comma 69 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (290) Il presente articolo corrisponde all'art. 53, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 212. Servizio di tesoreria svolto per più enti locali. 1. I soggetti di cui all'articolo 208 che gestiscono il servizio di tesoreria per conto di più enti locali devono tenere contabilità distinte e separate per ciascuno di essi (291). (291) Il presente articolo corrisponde all'art. 54, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 213. Gestione informatizzata del servizio di tesoreria. 1. Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria può essere gestito con modalità e criteri informatici e con l'uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici, in luogo di quelli cartacei, le cui evidenze informatiche valgono a fini di documentazione, ivi compresa la resa del conto del tesoriere di cui all'articolo 226. 2. La convenzione di tesoreria di cui all'articolo 210 può prevedere che la riscossione delle entrate e il pagamento delle spese possano essere effettuati, oltre che per contanti presso gli sportelli di tesoreria, anche con le modalità offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari. 3. Gli incassi effettuati dal tesoriere mediante i servizi elettronici interbancari danno luogo al rilascio di quietanza o evidenza bancaria ad effetto liberatorio per il debitore; le somme rivenienti dai predetti incassi sono versate alle casse dell'ente, con rilascio della quietanza di cui all'articolo 214, non appena si rendono liquide ed esigibili in relazione ai servizi elettronici adottati e comunque nei tempi previsti nella predetta convenzione di tesoreria (292). (292) Il presente articolo, che corrispondeva all'abrogato art. 55, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, è stato così sostituito dal comma 80 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. Capo II - Riscossione delle entrate 214. Operazioni di riscossione. 1. Per ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza, numerata in ordine cronologico per esercizio finanziario (293). (293) Il presente articolo corrisponde all'art. 56, comma 1, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 215. Procedure per la registrazione delle entrate. 1. Il regolamento di contabilità dell'ente stabilisce le procedure per la fornitura dei modelli e per la registrazione delle entrate; disciplina, altresì le modalità per la comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite, nonché la relativa prova documentale (294). (294) Il presente articolo corrisponde all'art. 56, comma 2, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo III - Pagamento delle spese 216. Condizioni di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere. 1. I pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati in bilancio o dei capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato nonché tutte le delibere di variazione e di prelevamento di quote del fondo di riserva debitamente esecutive. 2. Nessun mandato di pagamento può essere estinto dal tesoriere se privo della codifica. 3. Il tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro nell'elenco dei residui sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario e consegnato al tesoriere (295). (295) Il presente articolo corrisponde all'art. 58, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 217. Estinzione dei mandati di pagamento. 1. L'estinzione dei mandati da parte del tesoriere avviene nel rispetto della legge e secondo le indicazioni fornite dall'ente, con assunzione di responsabilità da parte del tesoriere, che ne risponde con tutto il proprio patrimonio sia nei confronti dell'ente locale ordinante sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarità delle operazioni di pagamento eseguite (296). (296) Il presente articolo corrisponde all'art. 59, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 218. Annotazione della quietanza. 1. Il tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente sul mandato o su documentazione meccanografica da consegnare all'ente, unitamente ai mandati pagati, in allegato al proprio rendiconto. 2. Su richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli estremi di qualsiasi operazione di pagamento eseguita nonché la relativa prova documentale (297). (297) Il presente articolo corrisponde all'art. 60, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 219. Mandati non estinti al termine dell'esercizio. 1. I mandati interamente o parzialmente non estinti alla data del 31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione in assegni postali localizzati o con altri mezzi equipollenti offerti dal sistema bancario o postale (298). (298) Il presente articolo corrisponde all'art. 61, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 220. Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento. 1. A seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 206 il tesoriere è tenuto a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento (299). (299) Il presente articolo corrisponde all'art. 62, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo IV - Altre attività 221. Gestione di titoli e valori. 1. I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive scadenze. 2. Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi dell'operazione. 3. Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni (300). (300) Il presente articolo corrisponde all'art. 63, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 222. Anticipazioni di tesoreria. 1. Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della Giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli di entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli. 2. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione di cui all'articolo 210 (301). (301) Il presente articolo corrisponde all'art. 68, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo V - Adempimenti e verifiche contabili 223. Verifiche ordinarie di cassa. 1. L'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente provvede con cadenza trimestrale alla verifica ordinaria di cassa, alla verifica della gestione del servizio di tesoreria e di quello degli altri agenti contabili di cui all'articolo 233. 2. Il regolamento di contabilità può prevedere autonome verifiche di cassa da parte dell'amministrazione dell'ente (302). (302) Il presente articolo corrisponde all'art. 64, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 224. Verifiche straordinarie di cassa. 1. Si provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito del mutamento della persona del sindaco, del Presidente della provincia, del sindaco metropolitano e del presidente della comunità montana. Alle operazioni di verifica intervengono gli amministratori che cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonché il segretario, il responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione dell'ente (303). (303) Il presente articolo corrisponde all'art. 65, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 225. Obblighi di documentazione e conservazione. 1. Il tesoriere è tenuto, nel corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti: a) aggiornamento e conservazione del giornale di cassa; b) conservazione del verbale di verifica di cassa di cui agli articoli 223 e 224; c) conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste dalla legge. 2. Le modalità e la periodicità di trasmissione della documentazione di cui al comma 1 sono fissate nella convenzione (304). (304) Il presente articolo corrisponde all'art. 66, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 226. Conto del tesoriere. 1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'articolo 93, rende all'ente locale il conto della propria gestione di cassa il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione del rendiconto. 2. Il conto del tesoriere è redatto su modello approvato col regolamento di cui all'articolo 160. Il tesoriere allega al conto la seguente documentazione: a) gli allegati di svolgimento per ogni singola risorsa di entrata, per ogni singolo intervento di spesa nonché per ogni capitolo di entrata e di spesa per i servizi per conto di terzi; b) gli ordinativi di riscossione e di pagamento; c) la parte delle quietanze originali rilasciate a fronte degli ordinativi di riscossione e di pagamento o, in sostituzione, i documenti meccanografici contenenti gli estremi delle medesime; d) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti (305). (305) Il presente articolo corrisponde all'art. 67, commi 1 e 2, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. TITOLO VI Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione 227. Rendiconto della gestione. 1. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio. 2. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto motivatamente conto della relazione dell'organo di revisione. La proposta è messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal regolamento. Il rendiconto deliberato è inviato all'organo regionale di controllo ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 133. 3. Per le province, le città metropolitane, i comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti e quelli i cui rendiconti si chiudono in disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio, il rendiconto è presentato alla Sezione Enti locali della Corte dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e successive modifiche ed integrazioni. 4. Ai fini del referto di cui all'articolo 3, commi 4 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e del consolidamento dei conti pubblici, la Sezione Enti locali potrà richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali. 5. Sono allegati al rendiconto: a) la relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo 151, comma 6; b) la relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo 239, comma 1, lettera d); c) l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza. 6. Gli enti locali di cui all'articolo 2 inviano telematicamente alle Sezioni enti locali il rendiconto completo di allegati, le informazioni relative al rispetto del patto di stabilità interno, nonché i certificati del conto preventivo e consuntivo. Tempi, modalità e protocollo di comunicazione per la trasmissione telematica dei dati sono stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza Stato, città e autonomie locali e la Corte dei conti (306) (307). (306) Comma prima sostituito dall'art. 28, comma 6, L. 27 dicembre 2002, n. 289 e poi così modificato dall'art. 1-quater, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 7 del suddetto articolo 28. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 24 giugno 2004. (307) Il presente articolo corrisponde all'art. 69, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 228. Conto del bilancio. 1. Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni. 2. Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento della spesa, nonché per ciascun capitolo dei servizi per conto di terzi, il conto del bilancio comprende, distintamente per residui e competenza: a) per l'entrata le somme accertate, con distinzione della parte riscossa e di quella ancora da riscuotere; b) per la spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora da pagare. 3. Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l'ente locale provvede all'operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui. 4. Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello contabile di amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o disavanzo. 5. Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali con andamento triennale. Le tabelle sono altresì allegate al certificato del rendiconto. 6. Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti indicazioni uniformi possono essere individuati dal regolamento di contabilità dell'ente locale. 7. Il Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con rilevazione dell'andamento triennale a livello di aggregati, sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali indicati nella apposita tabella di cui al comma 5. I parametri a livello aggregato risultanti dal rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 8. I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al comma 5 sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160 (308). (308) Il presente articolo corrisponde all'art. 70, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 229. Conto economico. 1. Il conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi dell'attività dell'ente secondo criteri di competenza economica. Comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del bilancio, rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei valori economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi economici non rilevati nel conto del bilancio. 2. Il conto economico è redatto secondo uno schema a struttura scalare, con le voci classificate secondo la loro natura e con la rilevazione di risultati parziali e del risultato economico finale. 3. Costituiscono componenti positivi del conto economico i tributi, i trasferimenti correnti, i proventi dei servizi pubblici, i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio, i proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le sopravvenienze attive e le plusvalenze da alienazioni. È espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico negativo. 4. Gli accertamenti finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici positivi, rilevando i seguenti elementi: a) i risconti passivi ed i ratei attivi; b) le variazioni in aumento o in diminuzione delle rimanenze; c) i costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti per la produzione in economia di valori da porre, dal punto di vista economico, a carico di diversi esercizi; d) le quote di ricavi già inserite nei risconti passivi di anni precedenti; e) le quote di ricavi pluriennali pari agli accertamenti degli introiti vincolati; f) imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime di impresa. 5. Costituiscono componenti negativi del conto economico l'acquisto di materie prime e dei beni di consumo, la prestazione di servizi, l'utilizzo di beni di terzi, le spese di personale, i trasferimenti a terzi, gli interessi passivi e gli oneri finanziari diversi, le imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari compresa la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni, gli ammortamenti e le insussistenze dell'attivo come i minori crediti e i minori residui attivi. È espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico positivo. 6. Gli impegni finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici negativi, rilevando i seguenti elementi: a) i costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei passivi; b) le variazioni in aumento od in diminuzione delle rimanenze; c) le quote di costo già inserite nei risconti attivi degli anni precedenti; d) le quote di ammortamento di beni a valenza pluriennale e di costi capitalizzati; e) l'imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime d'impresa. 7. Gli ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati con i seguenti coefficienti: a) edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione straordinaria al 3%; b) strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%; c) macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri beni mobili al 15%; d) attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%; e) automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al 20%; f) altri beni al 20%. 8. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti economici di dettaglio per servizi o per centri di costo. 9. Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente del conto del bilancio, con l'aggiunta di elementi economici, raggiunge il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente vanno riferiti al patrimonio. 10. I modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160 (309). (309) Il presente articolo corrisponde all'art. 71, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Vedi, anche, il comma 164 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266. 230. Conto del patrimonio e conti patrimoniali speciali. 1. Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale. 2. Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente, suscettibili di valutazione ed attraverso la cui rappresentazione contabile ed il relativo risultato finale differenziale è determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale. 3. Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile. 4. Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie, come segue: a) i beni demaniali già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati in misura pari all'ammontare del residuo debito dei mutui ancora in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali acquisiti all'ente successivamente sono valutati al costo; b) i terreni già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; per i terreni già acquisiti all'ente ai quali non è possibile attribuire la rendita catastale la valutazione si effettua con le modalità dei beni demaniali già acquisiti all'ente; i terreni acquisiti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al costo; c) i fabbricati già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente sono valutati al costo; d) i mobili sono valutati al costo; e) i crediti sono valutati al valore nominale; f) i censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla capitalizzazione della rendita al tasso legale; g) le rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo le norme del codice civile; h) i debiti sono valutati secondo il valore residuo. 5. Gli enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita voce i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione. 6. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività interne ed esterne. Può anche prevedere conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori. 7. Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari. 8. Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico valore. 9. I modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160 (310). (310) Il presente articolo corrisponde all'art. 72, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 231. Relazione al rendiconto della gestione. 1. Nella relazione prescritta dall'articolo 151, comma 6, l'organo esecutivo dell'ente esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. Evidenzia anche i criteri di valutazione del patrimonio e delle componenti economiche. Analizza, inoltre, gli scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni, motivando le cause che li hanno determinati (311). (311) Il presente articolo corrisponde all'art. 73, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 232. Contabilità economica. 1. Gli enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto della gestione, adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze (312). (312) Il presente articolo corrisponde all'art. 74, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 233. Conti degli agenti contabili interni. 1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, l'economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui all'articolo 93, comma 2, rendono il conto della propria gestione all'ente locale il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione del rendiconto. 2. Gli agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al conto, per quanto di rispettiva competenza: a) il provvedimento di legittimazione del contabile alla gestione; b) la lista per tipologie di beni; c) copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili; d) la documentazione giustificativa della gestione; e) i verbali di passaggio di gestione; f) le verifiche ed i discarichi amministrativi e per annullamento, variazioni e simili; g) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti. 3. Qualora l'organizzazione dell'ente locale lo consenta i conti e le informazioni relative agli allegati di cui ai precedenti commi sono trasmessi anche attraverso strumenti informatici, con modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione. 4. I conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato con il regolamento previsto dall'articolo 160 (313). (313) Il presente articolo corrisponde all'art. 75, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. TITOLO VII Revisione economico-finanziaria 234. Organo di revisione economico-finanziario. 1. I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri. 2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti: a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del collegio; b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti; c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri. 3. Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità montana a maggioranza assoluta dei membri e scelto tra i soggetti di cui al comma 2. 4. Gli enti locali comunicano ai propri tesorieri i nominativi dei soggetti cui è affidato l'incarico entro 20 giorni dall'avvenuta esecutività della delibera di nomina (314). (314) Vedi, anche, il comma 32 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. Il presente articolo corrisponde all'art. 57, L. 8 giugno 1990, n. 142, e all'art. 100, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77. 235. Durata dell'incarico e cause di cessazione. 1. L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni a decorrere dalla data di esecutività della delibera o dalla data di immediata eseguibilità nell'ipotesi di cui all'articolo 134, comma 3, e sono rieleggibili per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a sostituzione di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo revisore è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano le norme relative alla proroga degli organi amministrativi di cui agli articoli 2, 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444. 2. Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d). 3. Il revisore cessa dall'incarico per: a) scadenza del mandato; b) dimissioni volontarie; c) impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente (315). (315) Il presente articolo corrisponde all'art. 101, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 236. Incompatibilità ed ineleggibilità dei revisori. 1. Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell'articolo 2399 del codice civile, intendendosi per amministratori i componenti dell'organo esecutivo dell'ente locale. 2. L'incarico di revisione economico-finanziaria non può essere esercitato dai componenti degli organi dell'ente locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel biennio precedente alla nomina, dai membri dell'organo regionale di controllo, dal segretario e dai dipendenti dell'ente locale presso cui deve essere nominato l'organo di revisione economico-finanziaria e dai dipendenti delle regioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza. 3. I componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso l'ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso (316). (316) Il presente articolo corrisponde all'art. 102, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 237. Funzionamento del collegio dei revisori. 1. Il collegio dei revisori è validamente costituito anche nel caso in cui siano presenti solo due componenti. 2. Il collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni adottate (317). (317) Il presente articolo corrisponde all'art. 103, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 238. Limiti all'affidamento di incarichi. 1. Salvo diversa disposizione del regolamento di contabilità dell'ente locale, ciascun revisore non può assumere complessivamente più di otto incarichi, tra i quali non più di quattro incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non più di tre in comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999 abitanti e non più di uno in comune con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti. Le province sono equiparate ai comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e le comunità montane ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. 2. L'affidamento dell'incarico di revisione è subordinato alla dichiarazione, resa nelle forme di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche ed integrazioni, con la quale il soggetto attesta il rispetto dei limiti di cui al comma 1 (318). (318) Il presente articolo corrisponde all'art. 104, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 239. Funzioni dell'organo di revisione. 1. L'organo di revisione svolge le seguenti funzioni: a) attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento; b) pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio. Nei pareri è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto del parere espresso dal responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione; c) vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità; l'organo di revisione svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento; d) relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto entro il termine, previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione; e) referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità; f) verifiche di cassa di cui all'articolo 223. 2. Al fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui al precedente comma, l'organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e documenti dell'ente e può partecipare all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto di gestione. Può altresì partecipare alle altre assemblee dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente, alle riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione alle predette assemblee all'organo di revisione sono comunicati i relativi ordini del giorno. Inoltre all'organo di revisione sono trasmessi: a) da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni di annullamento nei confronti delle delibere adottate dagli organi degli enti locali; b) da parte del responsabile del servizio finanziario le attestazioni di assenza di copertura finanziaria in ordine alle delibere di impegni di spesa. 3. L'organo di revisione è dotato, a cura dell'ente locale, dei mezzi necessari per lo svolgimento dei propri compiti, secondo quanto stabilito dallo statuto e dai regolamenti. 4. L'organo della revisione può incaricare della collaborazione nella propria funzione, sotto la propria responsabilità, uno o più soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 234, comma 2. I relativi compensi rimangono a carico dell'organo di revisione. 5. I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali. 6. Lo statuto dell'ente locale può prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori (319). (319) Il presente articolo corrisponde all'art. 105, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 240. Responsabilità dell'organo di revisione. 1. I revisori rispondono della veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio (320). (320) Il presente articolo corrisponde all'art. 106, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 241. Compenso dei revisori. 1. Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del tesoro del bilancio e della programmazione economica vengono fissati i limiti massimi del compenso base spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente. Il compenso base è determinato in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale (321). 2. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale fino al limite massimo del 20 per cento in relazione alle ulteriori funzioni assegnate rispetto a quelle indicate nell'articolo 239. 3. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale quando i revisori esercitano le proprie funzioni anche nei confronti delle istituzioni dell'ente sino al 10 per cento per ogni istituzione e per un massimo complessivo non superiore al 30 per cento. 4. Quando la funzione di revisione economico-finanziaria è esercitata dal collegio dei revisori il compenso determinato ai sensi dei commi 1, 2 e 3 è aumentato per il presidente del collegio stesso del 50 per cento. 5. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante al revisore della comunità montana ed al revisore dell'unione di comuni si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, rispettivamente, al comune totalmente montano più popoloso facente parte della comunità stessa ed al comune più popoloso facente parte dell'unione. 6. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante ai revisori della città metropolitana si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, al comune capoluogo. 7. L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina (322). (321) I limiti massimi del compenso base annuo lordo spettante ai componenti degli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali sono stati determinati con D.M. 31 ottobre 2001 ed aggiornati con D.M. 20 maggio 2005. (322) Il presente articolo corrisponde all'art. 107, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. TITOLO VIII Enti locali deficitari o dissestati (323) Capo I - Enti locali deficitari: disposizioni generali 242. Individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli. 1. Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari. Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento. 2. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare entro settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati per il triennio successivo i parametri obiettivi, determinati con riferimento a un calcolo di normalità dei dati dei rendiconti dell'ultimo triennio disponibile, nonché le modalità per la compilazione della tabella di cui al comma 1 (324). 3. Le norme di cui al presente capo si applicano a comuni, province e comunità montane (325) (326). (323) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento generale non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (324) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per il triennio 2001-2003, il D.M. 10 giugno 2003, n. 217. (325) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (326) Il presente articolo corrisponde ai commi 1 e 2 dell'art. 45, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ora abrogato. 243. Controlli per gli enti locali strutturalmente deficitari, enti locali dissestati ed altri enti. 1. Gli enti locali strutturalmente deficitari, individuati ai sensi dell'articolo 242, sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. Il controllo è esercitato prioritariamente in relazione alla verifica sulla compatibilità finanziaria. 2. Gli enti locali strutturalmente deficitari sono soggetti ai controlli centrali in materia di copertura del costo di alcuni servizi. Tali controlli verificano mediante un'apposita certificazione che: a) il costo complessivo della gestione dei servizi a domanda individuale, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con i relativi proventi tariffari e contributi finalizzati in misura non inferiore al 36 per cento; a tale fine i costi di gestione degli asili nido sono calcolati al 50 per cento del loro ammontare; b) il costo complessivo della gestione del servizio di acquedotto, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la relativa tariffa in misura non inferiore all'80 per cento; c) il costo complessivo della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la relativa tariffa almeno nella misura prevista dalla legislazione vigente. 3. I costi complessivi di gestione dei servizi di cui al comma 2, lettere a) e b), devono comunque comprendere gli oneri diretti e indiretti di personale, le spese per l'acquisto di beni e servizi, le spese per i trasferimenti e per gli oneri di ammortamento degli impianti e delle attrezzature. Per le quote di ammortamento si applicano i coefficienti indicati nel decreto del Ministro delle finanze in data 31 dicembre 1988 e successive modifiche o integrazioni. I coefficienti si assumono ridotti del 50 per cento per i beni ammortizzabili acquisiti nell'anno di riferimento. Nei casi in cui detti servizi sono forniti da organismi di gestione degli enti locali, nei costi complessivi di gestione sono considerati gli oneri finanziari dovuti agli enti proprietari di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902, da versare dagli organismi di gestione agli enti proprietari entro l'esercizio successivo a quello della riscossione delle tariffe e della erogazione in conto esercizio. I costi complessivi di gestione del servizio di cui al comma 2, lettera c), sono rilevati secondo le disposizioni vigenti in materia. 4. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati i tempi e le modalità per la presentazione e il controllo della certificazione di cui al comma 2 (327). 5. Agli enti locali strutturalmente deficitari che, pur essendo a ciò tenuti, non rispettano i livelli minimi di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, è applicata una sanzione pari alla perdita dell'1 per cento del contributo ordinario spettante per l'anno per il quale si è verificata l'inadempienza, mediante trattenuta in unica soluzione sui trasferimenti erariali spettanti per gli anni successivi. 6. Sono soggetti, in via provvisoria, ai controlli centrali di cui al comma 2: a) gli enti locali che non presentano il certificato del rendiconto con l'annessa tabella di cui al comma 1 dell'articolo 242, sino all'avvenuta presentazione della stessa; b) gli enti locali per i quali non sia intervenuta nei termini di legge la deliberazione del rendiconto della gestione, sino all'adempimento. 7. Gli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario sono soggetti, per la durata del risanamento, ai controlli di cui al comma 1, sono tenuti alla presentazione della certificazione di cui al comma 2 e sono tenuti per i servizi a domanda individuale al rispetto, per il medesimo periodo, del livello minimo di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, lettera a) (328) (329). (327) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 23 dicembre 2003. (328) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (329) Il presente articolo corrisponde ai commi da 3 a 8-ter dell'art. 45, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ora abrogato. Capo II - Enti locali dissestati: disposizioni generali 244. Dissesto finanziario. 1. Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all'articolo 193, nonché con le modalità di cui all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste. 2. Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni (330) (331). (330) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (331) Il presente articolo corrisponde agli artt. 76 e 77, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 245. Soggetti della procedura di risanamento. 1. Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente. 2. L'organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge. 3. Gli organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto (332) (333). (332) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (333) Il presente articolo corrisponde all'art. 78, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 246. Deliberazione di dissesto. 1. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale nelle ipotesi di cui all'articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell'organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto. 2. La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione. La deliberazione è pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana a cura del Ministero dell'interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'organo straordinario di liquidazione. 3. L'obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi dell'articolo 141, comma 3. 4. Se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l'ente locale i divieti e gli obblighi previsti dall'articolo 191, comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto può essere validamente adottata, esplicando gli effetti di cui all'articolo 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell'organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell'ente, sono differiti al 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto. Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso. 5. Le disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto sulla base della dettagliata relazione dell'organo di revisione di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri di trasmissione di cui al comma 2 si applicano solo ai dissesti finanziari deliberati a decorrere dal 25 ottobre 1997 (334) (335). (334) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (335) Il presente articolo corrisponde all'art. 79, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 247. Omissione della deliberazione di dissesto. 1. Ove dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di controllo venga a conoscenza dell'eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni. 2. Ove sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto. 3. Decorso infruttuosamente tale termine l'organo regionale di controllo nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello stato di dissesto. 4. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente, ai sensi dell'articolo 141 (336) (337). (336) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (337) Il presente articolo corrisponde all'art. 80, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (giurisprudenza di legittimità) 248. Conseguenze della dichiarazione di dissesto. 1. A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio. 2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da parte dell'ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese. 3. I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le finalità di legge. 4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità. 5. Fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile (338) (339). (338) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (339) Il presente articolo corrisponde all'art. 81, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 249. Limiti alla contrazione di nuovi mutui. 1. Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, gli enti locali non possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui previsti dall'articolo 255 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni (340) (341). (340) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (341) Il presente articolo corrisponde all'art. 82, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 250. Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento. 1. Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato di cui all'articolo 261 l'ente locale non può impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste nell'ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. L'ente applica princìpi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione debitoria e mantenere la coerenza con l'ipotesi di bilancio riequilibrato predisposta dallo stesso. 2. Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la Giunta con i poteri del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo, sono notificate al tesoriere (342) (343). (342) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (343) Il presente articolo corrisponde all'art. 83, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 251. Attivazione delle entrate proprie. 1. Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera, il consiglio dell'ente, o il commissario nominato ai sensi dell'articolo 247, comma 3, è tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto. 2. La delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti l'organo regionale di controllo procede a norma dell'articolo 136. 3. Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta competente ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. 4. Resta fermo il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalità, i termini ed i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi 1 e 3, nonché di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio. 5. Per il periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto. 6. Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali presso il Ministero dell'interno entro 30 giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali (344) (345) (344) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (345) Il presente articolo corrisponde all'art. 84, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. Capo III - Attività dell'organo straordinario di liquidazione 252. Composizione, nomina e attribuzioni. 1. Per i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti l'organo straordinario di liquidazione è composto da un singolo commissario; per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e per le province l'organo straordinario di liquidazione è composto da una commissione di tre membri. Il commissario straordinario di liquidazione, per i comuni sino a 5.000 abitanti, o i componenti della commissione straordinaria di liquidazione, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le province, sono nominati fra magistrati a riposo della Corte dei conti, della magistratura ordinaria, del Consiglio di Stato, fra funzionari dotati di un'idonea esperienza nel campo finanziario e contabile in servizio o in quiescenza degli uffici centrali o periferici del Ministero dell'interno, del Ministero del tesoro del bilancio e della programmazione economica, del Ministero delle finanze e di altre amministrazioni dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri comunali e provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza, fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili, gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e gli iscritti nell'albo dei ragionieri. La commissione straordinaria di liquidazione è presieduta, se presente, dal magistrato a riposo della Corte dei conti o della magistratura ordinaria o del Consiglio di Stato. Diversamente la stessa provvede ad eleggere nel suo seno il presidente. La commissione straordinaria di liquidazione delibera a maggioranza dei suoi componenti. 2. La nomina dell'organo straordinario di liquidazione è disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno. L'insediamento presso l'ente avviene entro 5 giorni dalla notifica del provvedimento di nomina. 3. Per i componenti dell'organo straordinario di liquidazione valgono le incompatibilità di cui all'articolo 236. 4. L'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla : a) rilevazione della massa passiva; b) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; c) liquidazione e pagamento della massa passiva (346). 5. In ogni caso di accertamento di danni cagionati all'ente locale o all'erario, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla denuncia dei fatti alla Procura Regionale presso la Corte dei conti ed alla relativa segnalazione al Ministero dell'interno tramite le prefetture (347) (348). (346) Vedi, anche, l'art. 5, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. (347) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (348) Il presente articolo corrisponde all'art. 85, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. 253. Poteri organizzatori. 1. L'organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso a tutti gli atti dell'ente locale, può utilizzare il personale ed i mezzi operativi dell'ente locale ed emanare direttive burocratiche. 2. L'ente locale è tenuto a fornire, a richiesta dell'organo straordinario di liquidazione, idonei locali ed attrezzature nonché il personale necessario. 3. L'organo straordinario di liquidazione può auto organizzarsi, e, per motivate esigenze, dotarsi di personale, acquisire consulenze e attrezzature le quali, al termine dell'attività di ripiano dei debiti rientrano nel patrimonio dell'ente locale (349) (350) (351). (349) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (350) Il presente articolo corrisponde all'art. 86, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (351) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 254. Rilevazione della massa passiva. 1. L'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa passiva mediante la formazione, entro 180 giorni dall'insediamento, di un piano di rilevazione. Il termine è elevato di ulteriori 180 giorni per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti o capoluogo di provincia e per le province. 2. Ai fini della formazione del piano di rilevazione, l'organo straordinario di liquidazione entro 10 giorni dalla data dell'insediamento, dà avviso, mediante affissione all'albo pretorio ed anche a mezzo stampa, dell'avvio della procedura di rilevazione delle passività dell'ente locale. Con l'avviso l'organo straordinario di liquidazione invita chiunque ritenga di averne diritto a presentare, entro un termine perentorio di sessanta giorni prorogabile per una sola volta di ulteriori trenta giorni con provvedimento motivato del predetto organo, la domanda in carta libera, corredata da idonea documentazione, atta a dimostrare la sussistenza del debito dell'ente, il relativo importo ed eventuali cause di prelazione, per l'inserimento nel piano di rilevazione. 3. Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi: a) i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all'articolo 194 verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato; b) i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi dell'articolo 248, comma 2; c) i debiti derivanti da transazioni compiute dall'organo straordinario di liquidazione ai sensi del comma 7 (352). 4. L'organo straordinario di liquidazione, ove lo ritenga necessario, richiede all'ente che i responsabili dei servizi competenti per materia attestino che la prestazione è stata effettivamente resa e che la stessa rientra nell'àmbito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente locale. I responsabili dei servizi attestano altresì che non è avvenuto, nemmeno parzialmente, il pagamento del corrispettivo e che il debito non è caduto in prescrizione alla data della dichiarazione di dissesto. I responsabili dei servizi provvedono entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali l'attestazione si intende resa dagli stessi in senso negativo circa la sussistenza del debito. 5. Sull'inserimento nel piano di rilevazione delle domande di cui al comma 2 e delle posizioni debitorie di cui al comma 3 decide l'organo straordinario di liquidazione con provvedimento da notificare agli istanti al momento dell'approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione prodotta dal terzo creditore, da altri atti e dall'eventuale attestazione di cui al comma 4. 6. [Avverso i provvedimenti di diniego di inserimento nel piano di rilevazione per insussistenza, totale o parziale, del debito od avverso il mancato riconoscimento di cause di prelazione è ammesso ricorso in carta libera, entro il termine di 30 giorni dalla notifica, al Ministero dell'interno. Il Ministero dell'interno si pronuncia sui ricorsi entro 60 giorni dal ricevimento decidendo allo stato degli atti. La decorrenza del termine per la decisione vale quale rigetto del ricorso] (353). 7. L'organo straordinario di liquidazione è autorizzato a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali relative a debiti rientranti nelle fattispecie di cui al comma 3, inserendo il debito risultante dall'atto di transazione nel piano di rilevazione. 8. In caso di inosservanza del termine di cui al comma 1, di negligenza o di ritardi non giustificati negli adempimenti di competenza, può essere disposta la sostituzione di tutti o parte dei componenti dell'organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il Ministro dell'Interno, previo parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati, propone al Presidente della Repubblica l'adozione del provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell'interno stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico dei commissari sostituiti (354) (355) (356). (352) Vedi, anche, l'art. 5, D.L. 29 marzo 2004, n. 80. (353) Comma abrogato dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 1-bis dello stesso articolo 7. (354) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (355) Il presente articolo corrisponde all'art. 87, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (356) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 255. Acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento. 1. Nell'àmbito dei compiti di cui all'articolo 252, comma 4, lettera b), l'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa attiva, costituita dal contributo dello Stato di cui al presente articolo, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio disponibile. 2. Per il risanamento dell'ente locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall'organo straordinario di liquidazione, in nome e per conto dell'ente, in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell'interno. 3. L'importo massimo del mutuo finanziato dallo Stato, è determinato sulla base di una rata di ammortamento pari al contributo statale indicato al comma 4. 4. Detto contributo è pari a cinque volte un importo composto da una quota fissa, solo per taluni enti, ed una quota per abitante, spettante ad ogni ente. La quota fissa spetta ai comuni con popolazione sino a 999 abitanti per lire 13.000.000, ai comuni con popolazione da 1.000 a 1.999 abitanti per lire 15.000.000, ai comuni con popolazione da 2.000 a 2.999 abitanti per lire 18.000.000, ai comuni con popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti per lire 20.000.000, ai comuni con popolazione da 5.000 a 9.999 abitanti per lire 22.000.000 ed ai comuni con popolazione da 10.000 a 19.999 per lire 25.000.000. La quota per abitante è pari a lire 7.930 per i comuni e lire 1.241 per le province. 5. Il fondo costituito ai sensi del comma 4 è finalizzato agli interventi a favore degli enti locali in stato di dissesto finanziario. Le eventuali disponibilità residue del fondo, rinvenienti dall'utilizzazione dei contributi erariali per un importo inferiore ai limiti massimi indicati nel comma 4, possono essere destinate su richiesta motivata dell'organo consiliare dell'ente locale, secondo parametri e modalità definiti con decreto del Ministro dell'interno, all'assunzione di mutui integrativi per permettere all'ente locale di realizzare il risanamento finanziario, se non raggiunto con l'approvazione del rendiconto della gestione. Il mutuo, da assumere con la Cassa depositi e prestiti, è autorizzato dal Ministero dell'interno, previo parere della Commissione finanza ed organici degli enti locali. La priorità nell'assegnazione è accordata agli enti locali che non hanno usufruito dell'intera quota disponibile ai sensi del comma 4 (357). 6. Per l'assunzione del mutuo concesso ai sensi del presente articolo agli enti locali in stato di dissesto finanziario per il ripiano delle posizioni debitorie non si applica il limite all'assunzione dei mutui di cui all'articolo 204, comma 1. 7. Secondo le disposizioni vigenti il fondo per lo sviluppo degli investimenti, di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sul quale sono imputati gli oneri per la concessione dei nuovi mutui agli enti locali dissestati, può essere integrato, con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, in considerazione delle eventuali procedure di risanamento attivate rispetto a quelle già definite. 8. L'organo straordinario di liquidazione provvede a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall'ente e non ancora riscossi, totalmente o parzialmente, nonché all'accertamento delle entrate tributarie per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto per legge. 9. Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l'organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell'ente, avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali beni. Ai fini dell'alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a società di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni recate dall'articolo 3 del decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni ed integrazioni, intendendosi attribuite all'organo straordinario di liquidazione le facoltà ivi disciplinate. L'ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui all'articolo 204, comma 1, è elevato sino al 40 per cento. 10. Non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata ed ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese. 11. Per il finanziamento delle passività l'ente locale può destinare quota dell'avanzo di amministrazione non vincolato. 12. Nei confronti della massa attiva determinata ai sensi del presente articolo non sono ammessi sequestri o procedure esecutive. Le procedure esecutive eventualmente intraprese non determinano vincoli sulle somme (358) (359) (360). (357) Comma così modificato dall'art. 1-septies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 9 aprile 2001. (358) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (359) Il presente articolo corrisponde all'art. 88, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (360) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 256. Liquidazione e pagamento della massa passiva. 1. Il piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutività con il deposito presso il Ministero dell'interno, cui provvede l'organo straordinario di liquidazione entro 5 giorni dall'approvazione di cui all'articolo 254, comma 1. Al piano è allegato l'elenco delle passività non inserite nel piano, corredato dai provvedimenti di diniego e dalla documentazione relativa. 2. Unitamente al deposito l'organo straordinario di liquidazione chiede l'autorizzazione al perfezionamento del mutuo di cui all'articolo 255 nella misura necessaria per il finanziamento delle passività risultanti dal piano di rilevazione e dall'elenco delle passività non inserite, e comunque entro i limiti massimi stabiliti dall'articolo 255. 3. Il Ministero dell'interno, accertata la regolarità del deposito, autorizza l'erogazione del mutuo da parte della Cassa depositi e prestiti. 4. Entro 30 giorni dall'erogazione del mutuo l'organo straordinario della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passività inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l'entità dell'acconto l'organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l'organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile gli importi degli accantonamenti non più necessari (361). 5. Successivamente all'erogazione del primo acconto l'organo straordinario della liquidazione può disporre ulteriori acconti per le passività già inserite nel piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente, utilizzando le disponibilità nuove e residue, ivi compresa l'eventuale quota di mutuo a carico dello Stato ancora disponibile, previa autorizzazione del Ministero dell'interno, in quanto non richiesta ai sensi del comma 2. Nel caso di pagamento definitivo in misura parziale dei debiti l'ente locale è autorizzato ad assumere un mutuo a proprio carico con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma 9, per il pagamento a saldo delle passività rilevate. A tale fine, entro 30 giorni dalla data di notifica del decreto ministeriale di approvazione del piano di estinzione, l'organo consiliare adotta apposita deliberazione, dandone comunicazione all'organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento delle residue passività ad intervenuta erogazione del mutuo contratto dall'ente. La Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito erogano la relativa somma sul conto esistente intestato all'organo di liquidazione. 6. A seguito del definitivo accertamento della massa passiva e dei mezzi finanziari disponibili, di cui all'articolo 255, e comunque entro il termine di 24 mesi dall'insediamento, l'organo straordinario di liquidazione predispone il piano di estinzione delle passività, includendo le passività accertate successivamente all'esecutività del piano di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero dell'interno. 7. Il piano di estinzione è sottoposto all'approvazione, entro 120 giorni dal deposito, del Ministro dell'interno, il quale valuta la correttezza della formazione della massa passiva e la correttezza e validità delle scelte nell'acquisizione di risorse proprie. Il Ministro dell'interno si avvale del parere consultivo da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la quale può formulare rilievi e richieste istruttorie cui l'organo straordinario di liquidazione è tenuto a rispondere entro sessanta giorni dalla comunicazione. In tale ipotesi il termine per l'approvazione del piano, di cui al presente comma, è sospeso. 8. Il decreto di approvazione del piano di estinzione da parte del Ministro dell'interno è notificato all'ente locale ed all'organo straordinario di liquidazione per il tramite della prefettura. 9. A seguito dell'approvazione del piano di estinzione l'organo straordinario di liquidazione provvede, entro 20 giorni dalla notifica del decreto, al pagamento delle residue passività, sino alla concorrenza della massa attiva realizzata. 10. Con l'eventuale decreto di diniego dell'approvazione del piano il Ministro dell'interno prescrive all'organo straordinario di liquidazione di presentare, entro l'ulteriore termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento, un nuovo piano di estinzione che tenga conto delle prescrizioni contenute nel provvedimento. 11. Entro il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle operazioni di pagamento, l'organo straordinario della liquidazione è tenuto ad approvare il rendiconto della gestione ed a trasmetterlo all'organo regionale di controllo ed all'organo di revisione contabile dell'ente, il quale è competente sul riscontro della liquidazione e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva liquidazione. 12. Nel caso in cui l'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell'ente, il Ministro dell'interno, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato (362) (363) (364). (361) Comma così modificato dall'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. (362) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (363) Il presente articolo corrisponde all'art. 89, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (364) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 257. Debiti non ammessi alla liquidazione. 1. In allegato al provvedimento di approvazione di cui all'articolo 256, comma 8, sono individuate le pretese escluse dalla liquidazione. 2. Il consiglio dell'ente individua con propria delibera, da adottare entro 60 giorni dalla notifica del decreto di cui all'articolo 256, comma 8, i soggetti ritenuti responsabili di debiti esclusi dalla liquidazione, dandone contestuale comunicazione ai soggetti medesimi ed ai relativi creditori. 3. Se il consiglio non provvede nei termini di cui al comma 2 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 136 (365) (366) (367). (365) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (366) Il presente articolo corrisponde all'art. 90, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (367) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 258. Modalità semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti. 1. L'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità semplificata di liquidazione di cui al presente articolo. Con deliberazione di Giunta l'ente decide entro trenta giorni ed in caso di adesione s'impegna a mettere a disposizione le risorse finanziare di cui al comma 2. 2. L'organo straordinario di liquidazione, acquisita l'adesione dell'ente locale, delibera l'accensione del mutuo di cui all'articolo 255, comma 2, nella misura necessaria agli adempimenti di cui ai successivi commi ed in relazione all'ammontare dei debiti censiti. L'ente locale dissestato è tenuto a deliberare l'accensione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, con oneri a proprio carico, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma 9, o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide, per un importo che consenta di finanziare, insieme al ricavato del mutuo a carico dello Stato, tutti i debiti di cui ai commi 3 e 4, oltre alle spese della liquidazione. È fatta salva la possibilità di ridurre il mutuo a carico dell'ente. 3. L'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, può definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. A tal fine, entro sei mesi dalla data di conseguita disponibilità del mutuo di cui all'articolo 255, comma 2, propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a 30 giorni. Ricevuta l'accettazione, l'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento nei trenta giorni successivi. 4. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti assistiti da privilegio. 5. Si applicano, per il seguito della procedura, le disposizioni degli articoli precedenti, fatta eccezione per quelle concernenti la redazione ed il deposito del piano di rilevazione. Effettuati gli accantonamenti di cui al comma 4, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'àmbito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione ai sensi dell'articolo 256, comma 11. 6. I debiti transatti ai sensi del comma 3 sono indicati in un apposito elenco allegato al piano di estinzione della massa passiva. 7. In caso di eccedenza di disponibilità si provvede alla riduzione dei mutui, con priorità per quello a carico dell'ente locale dissestato. È restituita all'ente locale dissestato la quota di risorse finanziarie liquide dallo stesso messe a disposizione esuberanti rispetto alle necessità della liquidazione dopo il pagamento dei debiti (368) (369) (370). (368) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (369) Il presente articolo corrisponde all'art. 90-bis, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (370) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Capo IV - Bilancio stabilmente riequilibrato 259. Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 1. Il consiglio dell'ente locale presenta al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all'articolo 252, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. 2. L'ipotesi di bilancio realizza il riequilibrio mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. 3. Per l'attivazione delle entrate proprie, l'ente provvede con le modalità di cui all'articolo 251, riorganizzando anche i servizi relativi all'acquisizione delle entrate ed attivando ogni altro cespite. 4. Le province ed i comuni per i quali le risorse di parte corrente, costituite dai trasferimenti in conto al fondo ordinario ed al fondo consolidato e da quella parte di tributi locali calcolata in detrazione ai trasferimenti erariali, sono disponibili in misura inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed a quella media della fascia demografica di appartenenza, come definita con il decreto di cui all'articolo 263, comma 1, richiedono, con la presentazione dell'ipotesi, e compatibilmente con la quantificazione annua dei contributi a ciò destinati, l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta, quale fattore del consolidamento finanziario della gestione. 5. Per la riduzione delle spese correnti l'ente locale riorganizza con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando, o quanto meno riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili. L'ente locale emana i provvedimenti necessari per il risanamento economico-finanziario degli enti od organismi dipendenti, nonché delle aziende speciali, nel rispetto della normativa specifica in materia. 6. L'ente locale, ugualmente ai fini della riduzione delle spese, ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione di cui all'articolo 263, comma 2, fermo restando l'obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. La spesa per il personale a tempo determinato deve altresì essere ridotta a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta a tale titolo per l'ultimo triennio antecedente l'anno cui l'ipotesi si riferisce. 7. La rideterminazione della dotazione organica è sottoposta all'esame della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali per l'approvazione. 8. Il mancato rispetto degli adempimenti di cui al comma 6 comporta la denuncia dei fatti alla Procura regionale presso la Corte dei conti da parte del Ministero dell'interno. L'ente locale è autorizzato ad iscrivere nella parte entrata dell'ipotesi di bilancio un importo pari alla quantificazione del danno subito. È consentito all'ente il mantenimento dell'importo tra i residui attivi sino alla conclusione del giudizio di responsabilità. 9. La Cassa depositi e prestiti e gli altri istituti di credito sono autorizzati, su richiesta dell'ente, a consolidare l'esposizione debitoria dell'ente locale, al 31 dicembre precedente, in un ulteriore mutuo decennale, con esclusione delle rate di ammortamento già scadute. Conservano validità i contributi statali e regionali già concessi in relazione ai mutui preesistenti. 10. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono porre a proprio carico oneri per la copertura di posti negli enti locali dissestati in aggiunta a quelli di cui alla dotazione organica rideterminata, ove gli oneri predetti siano previsti per tutti gli enti operanti nell'àmbito della medesima Regione o provincia autonoma. 11. Per le province ed i comuni il termine di cui al comma 1 è sospeso a seguito di indizione di elezioni amministrative per l'ente, dalla data di indizione dei comizi elettorali e sino all'insediamento dell'organo esecutivo (371) (372) (373). (371) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (372) Il presente articolo corrisponde all'art. 91, commi da 1 a 7, 9 e da 11 a 13, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (373) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 260. Collocamento in disponibilità del personale eccedente. 1. I dipendenti dichiarati in eccedenza ai sensi dell'articolo 259, comma 6, sono collocati in disponibilità. Ad essi si applicano le vigenti disposizioni, così come integrate dai contratti collettivi di lavoro, in tema di eccedenza di personale e di mobilità collettiva o individuale. 2. Il Ministero dell'interno assegna all'ente locale per il personale posto in disponibilità un contributo pari alla spesa relativa al trattamento economico con decorrenza dalla data della deliberazione e per tutta la durata della disponibilità. Analogo contributo, per la durata del rapporto di lavoro, è corrisposto all'ente locale presso il quale il personale predetto assume servizio (374) (375) (376). (374) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (375) Il presente articolo corrisponde all'art. 91, commi 8 e 10, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (376) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 261. Istruttoria e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 1. L'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato è istruita dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che formula eventuali rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente locale fornisce risposta entro sessanta giorni. 2. Entro il termine di quattro mesi la Commissione esprime un parere sulla validità delle misure disposte dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacità delle misure stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente medesimo. La formulazione di rilievi o richieste di cui al comma 1 sospende il decorso del termine. 3. In caso di esito positivo dell'esame la Commissione sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell'ente 4. In caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di presentare, previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento di diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le cause che non hanno consentito il parere favorevole. La mancata approvazione della nuova ipotesi di bilancio ha carattere definitivo. 5. Con il decreto di cui al comma 3 è disposto l'eventuale adeguamento dei contributi alla media previsto dall'articolo 259, comma 4 (377) (378) (379). (377) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (378) Il presente articolo corrisponde all'art. 92, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (379) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 262. Inosservanza degli obblighi relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 1. L'inosservanza del termine per la presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta ai rilievi ed alle richieste di cui all'articolo 261, comma 1, o del termine di cui all'articolo 261, comma 4, o l'emanazione del provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno integrano l'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 1, lett. a). 2. Nel caso di emanazione del provvedimento definitivo di diniego di cui all'articolo 261, comma 4, sono attribuiti al commissario i poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della gestione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato (380) (381) (382). (380) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (381) Il presente articolo corrisponde all'art. 93, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (382) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 263. Determinazione delle medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della consistenza delle dotazioni organiche. 1. Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua le medie nazionali annue, per classe demografica per i comuni ed uniche per le province, delle risorse di parte corrente di cui all'articolo 259, comma 4 (383). 2. Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua con proprio decreto la media nazionale per classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per comuni e province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti in condizione di dissesto ai fini di cui all'articolo 259, comma 6. In ogni caso agli enti spetta un numero di dipendenti non inferiore a quello spettante agli enti di maggiore dimensione della fascia demografica precedente (384) (385) (386). (383) Con Decr. 3 giugno 2003 (Gazz. Uff. 20 giugno 2003, n. 141) è stata individuata la media unica nazionale pro-capite delle risorse di parte corrente delle province e dei comuni per il triennio 2003 - 2006. (384) La media nazionale per classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per i comuni e le province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti locali in condizioni di dissesto sono stati determinati, per il triennio 2003-2005, con D.M. 15 novembre 2003 (Gazz. Uff. 5 dicembre 2003, n. 283). (385) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (386) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Capo V - Prescrizioni e limiti conseguenti al risanamento 264. Deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. 1. A seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio l'ente provvede entro 30 giorni alla deliberazione del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce. 2. Con il decreto di cui all'articolo 261, comma 3, è fissato un termine, non superiore a 120 giorni, per la deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall'ente nonché per la presentazione delle relative certificazioni (387) (388) (389). (387) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (388) Il presente articolo corrisponde all'art. 94, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (389) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 265. Durata della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 1. Il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Durante tale periodo è garantito il mantenimento dei contributi erariali. 2. Le prescrizioni contenute nel decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio sono eseguite dagli amministratori, ordinari o straordinari, dell'ente locale, con l'obbligo di riferire sullo stato di attuazione in un apposito capitolo della relazione sul rendiconto annuale. 3. L'organo della revisione riferisce trimestralmente al consiglio dell'ente ed all'organo regionale di controllo. 4. L'inosservanza delle prescrizioni contenute nel decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 261, comma 3, comporta la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato (390) (391) (392). (390) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (391) Il presente articolo corrisponde all'art. 95, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (392) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 266. Prescrizioni in materia di investimenti. 1. Dall'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, e per la durata del risanamento come definita dall'articolo 265 gli enti locali dissestati possono procedere all'assunzione di mutui per investimento ed all'emissione di prestiti obbligazionari nelle forme e nei modi consentiti dalla legge (393) (394) (395). (393) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (394) Il presente articolo corrisponde all'art. 96, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (395) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 267. Prescrizioni sulla dotazione organica. 1. Per la durata del risanamento, come definita dall'articolo 265, la dotazione organica rideterminata ai sensi dell'articolo 259 non può essere variata in aumento (396) (397) (398). (396) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (397) Il presente articolo corrisponde all'art. 97, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (398) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 268. Ricostituzione di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio. 1. Il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile con i mezzi di cui all'articolo 193, o l'insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con le modalità di cui all'articolo 194, o il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli articoli 259, 265, 266 e 267, comportano da parte dell'organo regionale di controllo la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato e l'invio degli atti alla Corte dei conti per l'accertamento delle responsabilità sui fatti di gestione che hanno determinato nuovi squilibri. 2. Nei casi di cui al comma 1 il Ministro dell'interno con proprio decreto, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, stabilisce le misure necessarie per il risanamento, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di collaborazione tra enti locali di cui agli articoli da 30 a 34 (399) (400) (401). (399) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (400) Il presente articolo corrisponde all'art. 98, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (401) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 268-bis. Procedura straordinaria per fronteggiare ulteriori passività. 1. Nel caso in cui l'organo straordinario di liquidazione non possa concludere entro i termini di legge la procedura del dissesto per l'onerosità degli adempimenti connessi alla compiuta determinazione della massa attiva e passiva dei debiti pregressi, il Ministro dell'interno, d'intesa con il sindaco dell'ente locale interessato, dispone con proprio decreto una chiusura anticipata e semplificata della procedura del dissesto con riferimento a quanto già definito entro il trentesimo giorno precedente il provvedimento. Il provvedimento fissa le modalità della chiusura, tenuto conto del parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. 1-bis. Nel caso in cui l'organo straordinario di liquidazione abbia approvato il rendiconto senza che l'ente possa raggiungere un reale risanamento finanziario, il Ministro dell'interno, d'intesa con il sindaco dell'ente locale interessato, dispone con proprio decreto, sentito il parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la prosecuzione della procedura del dissesto (402). 2. La prosecuzione della gestione è affidata ad una apposita commissione, nominata dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno, oltre che nei casi di cui al comma 1, anche nella fattispecie prevista dall'articolo 268 ed in quelli in cui la massa attiva sia insufficiente a coprire la massa passiva o venga accertata l'esistenza di ulteriori passività pregresse. 3. La commissione è composta da tre membri e dura in carica un anno, prorogabile per un altro anno. In casi eccezionali, su richiesta motivata dell'ente, può essere consentita una ulteriore proroga di un anno. I componenti sono scelti fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili con documentata esperienza nel campo degli enti locali. Uno dei componenti, avente il requisito prescritto, è proposto dal Ministro dell'interno su designazione del sindaco dell'ente locale interessato (403). 4. L'attività gestionale ed i poteri dell'organo previsto dal comma 2 sono regolati dalla normativa di cui al presente titolo VIII. Il compenso spettante ai commissari è definito con decreto del Ministro dell'interno ed è corrisposto con onere a carico della procedura anticipata di cui al comma 1. 5. Ai fini dei commi 1, 1-bis e 2 l'ente locale dissestato accantona apposita somma, considerata spesa eccezionale a carattere straordinario, nei bilanci annuale e pluriennale. La somma è resa congrua ogni anno con apposita delibera dell'ente con accantonamenti nei bilanci stessi. I piani di impegno annuale e pluriennale sono sottoposti per il parere alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali e sono approvati con decreto del Ministro dell'interno. Nel caso in cui i piani risultino inidonei a soddisfare i debiti pregressi, il Ministro dell'interno con apposito decreto, su parere della predetta Commissione, dichiara la chiusura del dissesto (404) (405) (406) (407). (402) Comma aggiunto dall'art. 1-septies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (403) Comma così modificato dall'art. 1-septies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (404) Comma così modificato dall'art. 1-septies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (405) Articolo aggiunto dalll'art. 3-bis, D.L. 22 febbraio 2002, n. 13, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (406) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (407) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 268-ter. Effetti del ricorso alla procedura straordinaria di cui all'articolo 268-bis. 1. Per gli enti i quali si avvalgono della procedura straordinaria prevista nell'articolo 268-bis vanno presi in conto, nella prosecuzione della gestione del risanamento, tutti i debiti comunque riferiti ad atti e fatti di gestione avvenuti entro il 31 dicembre dell'anno antecedente all'ipotesi di bilancio riequilibrato, anche se accertati successivamente allo svolgimento della procedura ordinaria di rilevazione della massa passiva. Questi debiti debbono comunque essere soddisfatti con i mezzi indicati nel comma 5 dello stesso articolo 268-bis, nella misura che con la stessa procedura è definita. 2. Sempre che l'ente si attenga alle disposizioni impartite ai sensi dell'articolo 268-bis, comma 5, non è consentito procedere all'assegnazione, a seguito di procedure esecutive, di ulteriori somme, maggiori per ciascun anno rispetto a quelle che risultano dall'applicazione del citato comma 5. 3. Fino alla conclusione della procedura prevista nell'articolo 268-bis, comma 5, nelle more della definizione dei provvedimenti previsti nel predetto articolo, per gli enti che si avvalgono di tale procedura o che comunque rientrano nella disciplina del comma 2 del medesimo articolo, non sono ammesse procedure di esecuzione o di espropriazione forzata, a pena di nullità, riferite a debiti risultanti da atti o fatti verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Il divieto vale fino al compimento della procedura di cui al comma 5 del citato articolo 268-bis e comunque entro i limiti indicati nel decreto del Ministro dell'interno di cui allo stesso articolo 268-bis, comma 5, terzo periodo. 4. È consentito in via straordinaria agli enti locali già dissestati di accedere alla procedura di cui all'articolo 268-bis ove risulti l'insorgenza di maggiori debiti riferiti ad atti o fatti di gestione avvenuti entro il 31 dicembre dell'anno antecedente a quello del bilancio riequilibrato, tenuto conto anche di interessi, rivalutazioni e spese legali. A tal fine i consigli degli enti interessati formulano al Ministero dell'interno documentata richiesta in cui, su conforme parere del responsabile del servizio finanziario e dell'organo di revisione, è dato atto del fatto che non sussistono mezzi sufficienti a far fronte all'evenienza. Si applicano in tal caso agli enti locali, oltre alle norme di cui all'articolo 268-bis, quelle contenute nel presente articolo (408) (409) (410) (411). (408) Comma così modificato dall'art. 1-septies, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (409) Articolo aggiunto dall'art. 1-ter, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (410) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (411) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 269. Modalità applicative della procedura di risanamento. 1. Le modalità applicative della procedura di risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario sono stabilite con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. 2. Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378 (412) (413) (414). (412) Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350. (413) Il presente articolo corrisponde all'art. 99, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, ora abrogato. (414) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Parte III - Associazioni degli enti locali 270. Contributi associativi. 1. I contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari competenti dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel, delle altre associazioni degli enti locali e delle loro aziende con carattere nazionale che devono essere corrisposti dagli enti associati possono essere riscossi con ruoli formati ai sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai concessionari del servizio nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti hanno l'obbligo di garantire, sul piano nazionale, adeguate forme di pubblicità relative alle adesioni e ai loro bilanci annuali. 2. La riscossione avviene mediante ruoli, anche in unica soluzione, su richiesta dei consigli delle associazioni suddette, secondo le modalità stabilite nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46. 3. Gli enti associati hanno diritto di recedere dalle associazioni entro il 31 ottobre di ogni anno, con conseguente esclusione dai ruoli dal 1° gennaio dell'anno successivo (415). (415) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 271. Sedi associative. 1. Gli enti locali, le loro aziende e le associazioni dei comuni presso i quali hanno sede sezioni regionali e provinciali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, possono con apposita deliberazione, da adottarsi dal rispettivo consiglio, mettere a disposizione gratuita per tali sedi locali di loro proprietà ed assumere le relative spese di illuminazione, riscaldamento, telefoniche e postali a carico del proprio bilancio. 2. Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono disporre il distacco temporaneo, a tempo pieno o parziale, di propri dipendenti presso gli organismi nazionali e regionali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, ed autorizzarli a prestare la loro collaborazione in favore di tali associazioni. I dipendenti distaccati mantengono la posizione giuridica ed il corrispondente trattamento economico, a cui provvede l'ente di appartenenza. Gli enti di cui sopra possono inoltre autorizzare, a proprie spese, la partecipazione di propri dipendenti a riunioni delle associazioni sopra accennate. 3. Le associazioni di cui al comma 2 non possono utilizzare più di dieci dipendenti distaccati dagli enti locali o dalle loro aziende presso le rispettive sedi nazionali e non più di tre dipendenti predetti presso ciascuna sezione regionale (416). (416) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. 272. Attività delle associazioni nella cooperazione allo sviluppo. 1. L'Anci e l'Upi possono essere individuate quali soggetti idonei a realizzare programmi del Ministero degli affari esteri relativi alla cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo, di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, nonché ai relativi regolamenti di esecuzione. A tal fine il competente ufficio del Ministero degli affari esteri è autorizzato a stipulare apposite convenzioni che prevedano uno stanziamento globale da utilizzare per iniziative di cooperazione da attuarsi anche da parte dei singoli associati. 2. I comuni e le province possono destinare un importo non superiore allo 0,80 per cento della somma dei primi tre titoli delle entrate correnti dei propri bilanci di previsione per sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo ed interventi di solidarietà internazionale (417). (417) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. PARTE IV Disposizioni transitorie ed abrogazioni 273. Norme transitorie. 1. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 10, comma 3, e dall'articolo 33 della legge 25 marzo 1993, n. 81, in materia di elezioni dei consigli circoscrizionali e di adeguamento degli statuti, nonché quanto disposto dall'articolo 51, comma 01, quarto periodo, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (418). 2. Resta fermo altresì quanto previsto dall'articolo 51 commi 3-ter e 3-quater della legge 8 giugno 1990, n. 142, fino all'applicazione della contrattazione decentrata integrativa di cui ai C.C.N.L. per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali sottoscritti il 31 marzo e il 1° aprile 1999 limitatamente a quanto già attribuito antecedentemente alla stipula di detti contratti. 3. La disposizione di cui all'articolo 51, comma 1, del presente testo unico relativa alla durata del mandato ha effetto dal primo rinnovo degli organi successivo alla data di entrata in vigore della legge 30 aprile 1999, n. 120. 4. Fino al completamento delle procedure di revisione dei consorzi e delle altre forme associative, resta fermo il disposto dell'articolo 60 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell'articolo 5, commi 11-ter e 11-quater, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437. 5. Fino all'entrata in vigore di specifica disposizione in materia, emanata ai sensi dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, resta fermo il disposto dell'articolo 19 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, per la parte compatibile con l'ordinamento vigente. 6. Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino all'adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dal presente testo unico (419). 7. Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e contabile adottati nel periodo intercorrente tra il 18 maggio 1997 ed il 21 agosto 1999 e non sottoposti al controllo, nonché degli atti emanati in applicazione di detti regolamenti (420). (418) Il presente comma corrisponde al comma 3 dell'art. 10 e all'art. 33, L 25 marzo 1993, n. 81. (419) Il presente comma corrisponde al comma 5 dell'art. 28, L. 3 agosto 1999, n. 265, ora abrogato. (420) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. (giurisprudenza di legittimità) 274. Norme abrogate. 1. Sono o restano abrogate le seguenti disposizioni: a) regio decreto 3 marzo 1934, n. 383; b) articoli 31 e 32 del regio decreto 7 giugno 1943, n. 651; c) articoli 2, commi 1, 2 e 3, e 23, commi 2 e 3, della legge 8 marzo 1951, n. 122; d) articolo 63 della legge 10 febbraio 1953, n. 62; e) articoli 6, 9, 9-bis fatta salva l'applicabilità delle disposizioni ivi previste agli amministratori regionali ai sensi dell'articolo 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, 72, commi 3 e 4 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica del 16 maggio 1960, n. 570; f) legge 13 dicembre 1965, n. 1371; g) articolo 6, comma 1, della legge 18 marzo 1968, n. 444; h) articolo 6, comma 3, della legge 3 dicembre 1971, n. 1102; i) articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; j) articolo 6, comma 15, del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978, n. 43; k) articolo 4, del decreto-legge 10 novembre 1978, n. 702, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 1979, n. 3; l) legge 23 aprile 1981, n. 154, fatte salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali (421); m) articoli 4 e 6 della legge 23 marzo 1981, n. 93; n) articolo 15, punto 4.4, limitatamente al primo periodo, articoli 35-bis e 35-ter, del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1983, n. 131; o) legge 27 dicembre 1985, n. 816; p) articoli 15, salvo per quanto riguarda gli amministratori e i componenti degli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, i consiglieri regionali, 15-bis e 16 della legge 19 marzo 1990, n. 55; q) legge 8 giugno 1990, n. 142; r) articolo 13-bis, del decreto-legge 12 gennaio 1991, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 80; s) articolo 15, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203; t) decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221; u) articolo 2, della legge 11 agosto 1991, n. 271; v) articoli 1 e 4 comma 2, della legge 18 gennaio 1992, n. 16; w) articolo 12 commi 1, 3, 4, 5, 7 e 8, della legge 23 dicembre 1992, n. 498; x) articolo 3, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, limitatamente a quanto riguarda le cariche di consigliere comunale, provinciale, sindaco, assessore comunale, presidente e assessore di comunità montane; y) articoli da 44 a 47, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; z) articoli 8 e 8-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68; aa) articolo 36-bis comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; bb) articolo 3 del decreto-legge 25 febbraio 1993, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 1993, n. 120; cc) legge 25 marzo 1993, n. 81 limitatamente agli articoli: 1, 2, 3 comma 5, 5, 6, 7, 7-bis, 8, 9, 10 commi 1 e 2, da 12 a 27 e 31; dd) articoli 1 e 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415; ee) decreto-legge 20 dicembre 1993, n. 529, convertito dalla legge 11 febbraio 1994, n. 108; ff) articoli 1, 2 e 4 della legge 12 gennaio 1994, n. 30; gg) articolo 4, commi 2, 3 e 5 del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95; hh) articoli da 1 a 114 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77; ii) articolo 5, commi 8, 8-bis, 8-ter, 9, 9-bis ed 11-bis del decreto-legge 28 agosto 1995, n 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437; jj) articolo 1, comma 89, ed articolo 3, comma 69 della legge 28 dicembre 1995, n. 549; kk) legge 15 maggio 1997, n. 127, limitatamente agli articoli: 4; 5 ad eccezione del comma 7; 6 commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 10, 11 e 12 fatta salva l'applicabilità delle disposizioni ivi previste per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende sanitarie locali e ospedaliere; 10; 17 commi 8, 9 e 18 secondo periodo, da 33 a 36, 37 nella parte in cui si riferisce al controllo del comitato regionale di controllo, da 38 a 45, 48, da 51 a 59, da 67 a 80 ad eccezione del 79-bis, da 84 a 86; ll) articolo 2, commi 12, 13, 15, 16, 29, 30 e 31 della legge 16 giugno 1998, n. 191; mm) articolo 4, comma 2, della legge 18 novembre 1998, n. 415; nn) articolo 2, comma 1, del decreto-legge 26 gennaio 1999, n. 8 convertito, con modificazioni dalla legge 25 marzo 1999, n. 75; oo) articolo 9, comma 5, della legge 8 marzo 1999, n. 50; pp) articoli 2, 7 e 8 commi 4 e 5, della legge 30 aprile 1999, n. 120; qq) legge 3 agosto 1999, n. 265, limitatamente agli articoli 1; 2; 3; 4 commi 1 e 3; 5; 6 tranne il comma 8; 7 comma 1; 8; 11 tranne il comma 13; 13 commi 1, 3 e 4; 14; 16; 17, comma 3; 18 commi 1 e 2; 19; 20; 21; 22; 23; 24; 25; 26, commi da 1 a 6; 27; 28 commi 3, 5, 6 e 7; 29; 30; 32 e 33; rr) legge 13 dicembre 1999, n. 475, ad eccezione dell'articolo 1 comma 3, e fatte salve le disposizioni ivi previste per gli amministratori regionali (422) (423). (421) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 398 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 63, 66 e 274, lettera l) sollevata in riferimento agli articoli 3, 76 e 97 della Costituzione. (422) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. (423) La Corte costituzionale, con sentenza 4-24 giugno 2003, n. 220 (Gazz. Uff. 2 luglio 2003, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 274, comma 1, lettera l), sollevate rispettivamente, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Forlì e, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione; ha inoltre dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 63 e 66 sollevata in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione; ha infine dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 275 sollevata in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione. 275. Norma finale. 1. Salvo che sia diversamente previsto dal presente decreto e fuori dei casi di abrogazione per incompatibilità, quando leggi, regolamenti, decreti, od altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni espressamente abrogate dagli articoli contenuti nel presente capo, il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni del presente testo unico, come riportate da ciascun articolo (424) (425). (424) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 83 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 253 e seguenti sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. (425) La Corte costituzionale, con sentenza 4-24 giugno 2003, n. 220 (Gazz. Uff. 2 luglio 2003, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 274, comma 1, lettera l), sollevate rispettivamente, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Forlì e, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione; ha inoltre dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 63 e 66 sollevata in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione; ha infine dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 275 sollevata in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione. D.Lgs. 25-2-1995 n. 77 Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 marzo 1995, n. 65, S.O. Epigrafe Premessa Capo I - Princìpi generali 1. Àmbito di applicazione. 2. Potestà regolamentare. 3. Servizio finanziario. Capo II - Bilanci e programmazione Sezione I - Il bilancio annuale di previsione 4. Princìpi del bilancio. 5. Esercizio provvisorio e gestione provvisoria. 6. Caratteristiche del bilancio. 7. Struttura del bilancio. 8. Fondo di riserva. 9. Ammortamento di beni. 10. Servizi per conto di terzi. 11. Piano esecutivo di gestione. Sezione II - Allegati al bilancio di previsione annuale 12. Relazione previsionale e programmatica. 13. Bilancio pluriennale. 14. Altri allegati al bilancio di previsione. 15. Criterio di indicazione dei valori. Sezione III - Competenze degli organi in materia di bilanci 16. Predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati. 17. Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione. 18. Regime dei prelevamenti dal fondo di riserva. 19. Competenze dei responsabili dei servizi. Capo III - La gestione del bilancio Sezione I - Le entrate 20. Fasi dell'entrata. 21. Accertamento. 22. Modi di accertamento delle entrate. 23. Disciplina dell'accertamento. 24. Riscossione. 25. Versamento. Sezione II - Le spese 26. Fasi della spesa. 27. Impegno di spesa. 28. Liquidazione della spesa. 29. Ordinazione e pagamento. Sezione III - Il risultato di amministrazione 30. Risultato contabile di amministrazione. 31. Avanzo di amministrazione. 32. Disavanzo di amministrazione. Sezione IV - Residui 33. Residui attivi. 34. Residui passivi. Sezione V - Princìpi contabili di gestione 35. Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese. 36. Salvaguardia degli equilibri di bilancio. 37. Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio. 38. Utilizzo di entrate a specifica destinazione. 39. Controllo di gestione. 40. Modalità del controllo di gestione. 41. Referto del controllo di gestione. Capo IV - Investimenti Sezione I - Princìpi generali 42. Fonti di finanziamento. 43. Programmazione degli investimenti e piani economico-finanziari. Sezione II - Disciplina delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento 44. Ricorso all'indebitamento. 45. Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento. 46. Regole particolari per l'assunzione di mutui. 47. Attivazione di prestiti obbligazionari. Sezione III - Garanzie dell'ammortamento dei mutui e dei prestiti 48. Delegazione di pagamento. 49. Fideiussione. Capo V - Il servizio di tesoreria Sezione I - Princìpi generali 50. Soggetti abilitati a svolgere il servizio di tesoreria. 51. Oggetto del servizio di tesoreria. 52. Affidamento del servizio di tesoreria. 53. Responsabilità del tesoriere. 54. Servizio di tesoreria svolto per più enti locali. 55. Gestione informatizzata del servizio di tesoreria. Sezione II - Attività connesse alla riscossione delle entrate 56. Operazioni di riscossione. 57. Riscossione delle entrate patrimoniali ed assimilate, nonché di contributi di spettanza dell'ente. Sezione III - Attività connesse al pagamento delle spese 58. Condizioni di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere. 59. Estinzione dei mandati di pagamento. 60. Annotazione della quietanza. 61. Disposizioni per i mandati non estinti al termine dell'esercizio. 62. Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento. Sezione IV - Delle attività connesse alla custodia di titoli e valori 63. Gestione di titoli e valori. Sezione V - Adempimenti e verifiche contabili 64. 65. 66. 67. Verifiche ordinarie di cassa. Verifiche straordinarie di cassa. Obblighi di documentazione e conservazione. Conto del tesoriere. Sezione VI - Anticipazioni di tesoreria 68. Disciplina delle anticipazioni di tesoreria. Capo VI - Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione 69. Rendiconto della gestione. 70. Conto del bilancio. 71. Conto economico. 72. Conto del patrimonio e conti patrimoniali speciali. 73. Relazione al rendiconto della gestione. 74. Contabilità economica. 75. Conti degli agenti contabili interni. Capo VII - Risanamento finanziario Sezione I - Princìpi generali 76. Àmbito di applicazione. 77. Dissesto finanziario. 78. Soggetti della procedura di risanamento. 79. Deliberazione di dissesto. 80. Omissione della deliberazione di dissesto. 81. Conseguenze della dichiarazione di dissesto. 82. Limiti alla contrazione di nuovi mutui sino all'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 83. Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento. 84. Attivazione delle entrate proprie. Sezione II - Attività dell'organo straordinario di liquidazione 85. Composizione, nomina e attribuzioni dell'organo straordinario di liquidazione. 86. Poteri organizzatori dell'organo straordinario di liquidazione. 87. Rilevazione della massa passiva. 88. Acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento. 89. Liquidazione e pagamento della massa passiva. 90. Debiti non ammessi alla liquidazione. 90-bis. Modalità semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti. Sezione III - Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 91. Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 92. Istruttoria e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 93. Inosservanza degli obblighi relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Sezione IV - Prescrizioni e limiti conseguenti al risanamento dell'ente locale 94. Deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. 95. Durata della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 96. Prescrizioni in materia di investimenti. 97. Prescrizioni sulla pianta organica. 98. Ricostituzione di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio. 99. Modalità applicative della procedura di risanamento. Capo VIII - Revisione economico-finanziaria 100. 101. 102. 103. 104. Organo di revisione economico-finanziaria. Durata dell'incarico e cause di cessazione. Incompatibilità ed ineleggibilità. Funzionamento del collegio dei revisori. Limiti all'affidamento di incarichi. 105. Funzioni. 106. Responsabilità. 107. Compenso dei revisori. Capo IX - Disposizioni finali e transitorie Sezione I - Norme di carattere generale 108. Adeguamento dei regolamenti. 109. Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali. 110. Determinazione delle classi demografiche e della popolazione residente. 111. Consolidamento dei conti pubblici. 112. Obbligo di rendiconto per contributi straordinari. 113. Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali. Sezione II - Norme di contabilità 114. Approvazione di modelli. 115. Tempi di applicazione. 116. Completamento degli inventari e ricostruzione dello stato patrimoniale. 117. Gradualità di ammortamento dei beni. Sezione III - Norme sul servizio di tesoreria 118. Servizi di tesoreria affidati a soggetti non abilitati. Sezione IV - Norme sul risanamento finanziario degli enti locali 119. Determinazione delle medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della consistenza delle piante organiche. 120. Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378. 121. Procedure di risanamento finanziario in corso. Sezione V - Norme sulla revisione economico-contabile 122. Prima applicazione delle norme recate dall'articolo 107. Sezione VI - Norme finali 123. Abrogazione di norme. 124. Entrata in vigore. D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 (1). Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali (2) (3) (4). (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 marzo 1995, n. 65, S.O. (2) Gli articoli da 1 a 114 del presente decreto sono stati abrogati dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L'art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, alle disposizioni abrogate del presente decreto, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000. (3) Vedi, anche, l'art. 8, D.L. 27 ottobre 1995, n. 444. (4) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari: - AIMA (Azienda di Stato per gli Interventi nel mercato agricolo): Circ. 13 marzo 1998, n. 1227; - Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 9 aprile 1998, n. 49/98; - Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 2 settembre 1998, n. 26549; - Ministero del tesoro: Circ. 18 giugno 1998, n. 50; - Ministero dell'interno: Circ. 15 gennaio 1996, n. 3/96; Circ. 22 maggio 1998, n. F.L.17/98; Circ. 30 ottobre 1998, n. F.L.28/98; Circ. 9 dicembre 1998, n. F.L.34/98; Circ. 1 aprile 1999, n. F.L.17/99; Circ. 16 aprile 1999, n. S.A.F.9/99; Circ. 24 maggio 1999, n. S.A.F.12/99; Circ. 9 giugno 1999, n. F.L.20/99; Circ. 30 dicembre 1999, n. F.L.33/99; - Ministero della pubblica istruzione: Circ. 25 giugno 1996, n. 294; - Ragioneria generale dello Stato: Circ. 28 marzo 1997, n. 26. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421; Visto l'art. 1 della legge 28 ottobre 1994, n. 596, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 515; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 dicembre 1994; Acquisito il parere della competente commissione del Senato della Repubblica; Considerato che le competenti commissioni riunite dalla Camera dei deputati non hanno espresso nei termini il proprio parere; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 febbraio 1995; Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del tesoro e delle finanze; Emana il seguente decreto legislativo: Capo I - Princìpi generali 1. Àmbito di applicazione. [1. L'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è stabilito dalle disposizioni di principio del presente decreto. 2. L'ordinamento stabilisce per le province, i comuni, le comunità montane, le città metropolitane e le unioni di comuni i princìpi contabili che si applicano alle attività di programmazione finanziaria, di previsione, di gestione, di rendicontazione, di investimento e di revisione, nonché alla disciplina del dissesto. 3. Restano salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano] (5). (5) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 150 dello stesso decreto. 2. Potestà regolamentare. [1. Con il regolamento di contabilità ciascun ente applica i princìpi contabili stabiliti dal presente decreto, con modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste dall'ordinamento per assicurare l'unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile. 2. Il regolamento di contabilità può assicurare la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per l'esercizio di funzioni e servizi. 3. Il regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti dell'amministrazione preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in armonia con le disposizioni dell'ordinamento delle autonomie locali, del presente decreto e delle altre leggi vigenti] (6). (6) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 152, commi 1, 2 e 3 dello stesso decreto. 3. Servizio finanziario. [1. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi sono disciplinati l'organizzazione del servizio finanziario, o di ragioneria o qualificazione corrispondente, secondo le dimensioni demografiche e l'importanza economico-finanziaria dell'ente. Al servizio è affidato il coordinamento e la gestione dell'attività finanziaria (7). 2. È consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti per assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni. 3. Il responsabile del servizio finanziario di cui all'art. 55, comma 5, della L. 8 giugno 1990, n. 142, si identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti preposti alle eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilità. 4. Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese. 5. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle proposte di deliberazione e di determinazione dei soggetti abilitati (8). Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità. 6. Il regolamento di contabilità disciplina le segnalazioni obbligatorie dei fatti e delle valutazioni del responsabile finanziario al legale rappresentante dell'ente, al consiglio dell'ente nella persona del suo presidente, al Segretario ed all'organo di revisione ove si rilevi che la gestione delle entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi di situazioni - non compensabili da maggiori entrate o minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del bilancio. In ogni caso la segnalazione è effettuata entro sette giorni dalla conoscenza dei fatti. Il consiglio provvede al riequilibrio a norma dell'articolo 36, entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, anche su proposta della Giunta comunale (9). 7. Lo stesso regolamento prevede l'istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un responsabile, per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare] (10). (7) Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (8) Periodo così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (9) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (10) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 153 dello stesso decreto. Capo II - Bilanci e programmazione Sezione I - Il bilancio annuale di previsione 4. Princìpi del bilancio. [1. Gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza, per l'anno successivo, osservando i princìpi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. La situazione economica, come definita al comma 6 del presente articolo, non può presentare un disavanzo. 2. Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge. 3. L'unità temporale della gestione è l'anno finanziario, che inizia il 1° gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono più effettuarsi accertamenti di entrate e impegni di spesa in contro dell'esercizio scaduto. 4. Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione finanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio. 5. Il bilancio di previsione è redatto nel rispetto dei princìpi di veridicità ed attendibilità, sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento. 6. Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni previste per legge. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. 7. Gli enti di cui all'articolo 1, comma 2, assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui all'articolo 6 della legge 8 giugno 1990, n. 142, la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalità previste dallo Statuto e dai regolamenti (11)] (12). (11) Vedi, anche, per l'anno 1998, quanto disposto dall'art. 49, L. 27 dicembre 1997, n. 449. (12) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 162 dello stesso decreto. 5. Esercizio provvisorio e gestione provvisoria. 1. Nelle more dell'approvazione del bilancio di previsione da parte dell'organo regionale di controllo, l'organo consiliare dell'ente delibera l'esercizio provvisorio, per un periodo non superiore a due mesi, sulla base del bilancio già deliberato. Gli enti locali possono effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. 2. Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione, è consentita esclusivamente una gestione provvisoria, nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria è limitata all'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale, limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente. 3. Ove la scadenza del termine per la deliberazione del bilancio di previsione sia stata fissata da norme statali in un periodo successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento, si applica la disciplina del comma 1, intendendosi come riferimento l'ultimo bilancio definitivamente approvato (13)] (14). (13) Così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (14) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 163 dello stesso decreto. 6. Caratteristiche del bilancio. [1. L'unità elementare del bilancio per l'entrata è la risorsa e per la spesa è l'intervento per ciascun servizio. Nei servizi per conto di terzi, sia nell'entrata che nella spesa, l'unità elementare è il capitolo, che indica l'oggetto. 2. Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione per i servizi per conto di terzi. 3. In sede di predisposizione del bilancio di previsione annuale il consiglio dell'ente assicura idoneo finanziamento agli impegni pluriennali assunti nel corso degli esercizi precedenti] (15). (15) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 164 dello stesso decreto. 7. Struttura del bilancio. [1. Il bilancio di previsione annuale è composto da due parti, relative rispettivamente all'entrata ed alla spesa. 2. La parte entrata è ordinata gradualmente in titoli, categorie e risorse, in relazione, rispettivamente, alla fonte di provenienza, alla tipologia ed alla specifica individuazione dell'oggetto dell'entrata. 3. I titoli dell'entrata per province, comuni, città metropolitane ed unioni di comuni sono: Titolo I - Entrate tributarie; Titolo II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla regione; Titolo III - Entrate extratributarie; Titolo IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti; Titolo V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti; Titolo VI - Entrate da servizi per conto di terzi. 4. I titoli dell'entrata per le comunità montane sono: Titolo I - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla regione; Titolo II - Entrate extraurbane; Titolo III - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti; Titolo IV - Entrate derivanti da accensioni di prestiti; Titolo V - Entrate da servizi per conto di terzi. 5. La parte spesa è ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla natura economica dei fattori produttivi nell'àmbito di ciascun servizio. La parte spesa è leggibile anche per programmi dei quali è fatta analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica. 6. I titoli della spesa sono: Titolo I - Spese correnti; Titolo II - Spese in conto capitale; Titolo III - Spese per rimborso di prestiti; Titolo IV - Spese per servizi per conto di terzi. 7. Il programma, il quale costituisce il complesso coordinato di attività, anche normative, relative alle opere da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto piano generale di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'articolo 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , può essere compreso all'interno di una sola delle funzioni dell'ente, ma può anche estendersi a più funzioni. 8. A ciascun servizio è correlato un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mezzi, cui è preposto un responsabile. 9. A ciascun servizio è affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, del quale risponde il responsabile del servizio. 10. Ciascuna risorsa dell'entrata e ciascun intervento della spesa indicano: a) l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti da rendiconto del penultimo anno precedente all'esercizio di riferimento e la previsione aggiornata relativa all'esercizio in corso; b) l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese che si prevede di impegnare nell'esercizio cui il bilancio si riferisce. 11. L'avanzo ed il disavanzo di amministrazione sono iscritti in bilancio, con le modalità di cui agli articoli 31 e 32, prima di tutte le entrate e prima di tutte le spese. 12. I bilanci di previsione degli enti locali recepiscono, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 11, comma 3, della legge 19 maggio 1976, n. 335 , e per quanto non contrasta con la normativa del presente decreto legislativo, le norme recate dalle leggi delle rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni delegate, al fine di consentire la possibilità del controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e l'omogeneità delle classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Le entrate e le spese per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di previsione degli enti locali. 13. Il bilancio di previsione si conclude con più quadri riepilogativi. 14. Con il regolamento di cui all'articolo 114 sono approvati i modelli relativi al bilancio di previsione, inclusi i quadri riepilogativi, il sistema di codifica del bilancio ed il sistema di codifica dei titoli contabili di entrata e di spesa, anche ai fini di cui all'articolo 111] (16). (16) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 165 dello stesso decreto. 8. Fondo di riserva. [1. Gli enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione un fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e non superiore al 2 per cento del totale delle spese correnti inizialmente previste in bilancio. 2. Il fondo è utilizzato, con deliberazioni dell'organo esecutivo da comunicare all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilità, nei casi in cui si verifichino esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si rivelino insufficienti] (17). (17) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 166 dello stesso decreto. 9. Ammortamento di beni (18). [1. Gli enti locali iscrivono nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per i beni relativi, almeno per il trenta per cento del valore calcolato secondo i criteri dell'articolo 71 (19). 2. L'utilizzazione delle somme accantonate ai fini del reinvestimento è effettuata dopo che gli importi sono rifluiti nel risultato di amministrazione di fine esercizio ed è possibile la sua applicazione al bilancio in conformità all'articolo 31] (20). (18) Rubrica così sostituita dall'art. 3, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (19) Comma così modificato dall'art. 3, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (20) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 167 dello stesso decreto. 10. Servizi per conto di terzi. [1. Le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi, ivi compresi i fondi economali, e che costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per l'ente, sono ordinati esclusivamente in capitoli, secondo la partizione contenuta nel regolamento di cui all'articolo 114. 2. Le previsioni e gli accertamenti d'entrata conservano l'equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa] (21). (21) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 168 dello stesso decreto. 11. Piano esecutivo di gestione. [1. Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi. 2. Il piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli. 3. L'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo è facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e per le comunità montane (22)] (23). (22) Comma così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (23) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 169 dello stesso decreto. Sezione II - Allegati al bilancio di previsione annuale 12. Relazione previsionale e programmatica. [1. Gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, allegano al bilancio annuale di previsione una relazione previsionale e programmatica che copra un periodo pari a quello del bilancio pluriennale. 2. La relazione previsionale e programmatica ha carattere generale. Illustra anzitutto le caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell'economia insediata e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche. Comprende, per la parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli. 3. Per la parte spesa la relazione è redatta per programmi e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai programmi indicati nel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale, rilevando l'entità e l'incidenza percentuale della previsione con riferimento alla spesa corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di investimento. 4. Per ciascun programma è data specificazione della finalità che si intende conseguire e delle risorse umane e strumentali ad esso destinate, distintamente per ciascuno degli esercizi in cui si articola il programma stesso ed è data specifica motivazione delle scelte adottate. 5. La relazione previsionale e programmatica fornisce la motivata dimostrazione delle variazioni intervenute rispetto all'esercizio precedente. 6. Per gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione indica anche gli obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio. 7. La relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla delibera di cui all'articolo 14, comma 1, lettera c), e relativi piani di attuazione e con i piani economico-finanziari di cui all'articolo 46 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 . 8. Con il regolamento di cui all'articolo 114 è approvato lo schema di relazione, valido per tutti gli enti, che contiene le indicazioni minime necessarie a fini del consolidamento dei conti pubblici. 8-bis. Nel regolamento di contabilità sono previsti i casi di inammissibilità e di improcedibilità per le deliberazioni di consiglio e di Giunta che non sono coerenti con le previsioni della relazione previsionale e programmatica (24)] (25). (24) Comma aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (25) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 170 dello stesso decreto. 13. Bilancio pluriennale. [1. Gli enti di cui all'articolo 1, comma 2, allegano al bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale di competenza, di durata pari a quello della regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre anni, con osservanza dei princìpi del bilancio di cui all'articolo 4, escluso il principio dell'annualità. 2. Il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede di destinare per ciascuno degli anni considerati sia alla copertura di spese correnti che al finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per queste ultime della capacità di ricorso alle fonti di finanziamento. 3. Il bilancio pluriennale per la parte di spesa è redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l'ammontare delle spese correnti di gestione consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall'attuazione degli investimenti, nonché le spese di investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno degli anni considerati. 4. Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale di competenza, hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede di approvazione del bilancio di previsione. 5. Con il regolamento di cui all'articolo 114 sono approvati i modelli relativi al bilancio pluriennale] (26). (26) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 171 dello stesso decreto. 14. Altri allegati al bilancio di previsione. [1. Al bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti: a) il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, quale documento necessario per il controllo da parte del competente organo regionale; b) le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce (27); c) la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione del bilancio, con la quale i comuni verificano la quantità e qualità di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 , della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e della legge 5 agosto 1978, n. 457 , - che potranno essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie; con la stessa deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato; d) il programma triennale dei lavori pubblici di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 (28); e) le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi (29); e-bis) la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista dalle disposizioni vigenti in materia (30)] (31). (27) Lettera così modificata dall'art. 5, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (28) L'art. 5, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), ha così sostituito la lettera d) ed ha aggiunto la lettera e). (29) L'art. 5, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), ha così sostituito la lettera d) ed ha aggiunto la lettera e). (30) Lettera aggiunta dall'art. 3, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (31) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 172 dello stesso decreto. 15. Criterio di indicazione dei valori. [1. I valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e nella relazione previsionale e programmatica sono espressi in riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione programmato] (32). (32) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 173 dello stesso decreto. Sezione III - Competenze degli organi in materia di bilanci 16. Predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati. [1. Lo schema di bilancio annuale di previsione, la relazione previsionale e programmatica e lo schema di bilancio pluriennale sono predisposti dall'organo esecutivo e da questo presentati all'organo consiliare unitamente agli allegati ed alla relazione dell'organo di revisione. 2. Il regolamento di contabilità dell'ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonché i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti dall'organo esecutivo. 3. Il bilancio annuale di previsione è deliberato dall'organo consiliare entro il termine previsto dall'articolo 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142 . La relativa deliberazione ed i documenti ad essa allegati sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo regionale di controllo entro i termini previsti dalla legge regionale. 4. Il termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo regionale di controllo, previsto dall'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, decorre dal ricevimento. Le modalità ed i termini per l'eventuale richiesta di chiarimenti da parte dell'organo regionale di controllo sono stabiliti dalla legge regionale. Decorso il termine assegnato all'organo regionale di controllo, senza che quest'ultimo abbia emanato il relativo provvedimento la deliberazione del bilancio diventa esecutiva (33) (34)] (35). (33) Comma così modificato dall'art. 2, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (34) La Corte costituzionale, con sentenza 25-28 marzo 1996, n. 87 (Gazz. Uff. 3 aprile 1996, n. 14, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16 e 123, primo comma, lettera h), sollevate in riferimento agli artt. 76, 115, 117 e 128 della Costituzione. (35) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 174 dello stesso decreto. 17. Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione. [1. Il bilancio di previsione può subire variazioni nel corso dell'esercizio di competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che nella parte seconda, relativa alle spese. 2. Le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare. 3. Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno (36). 4. Ai sensi dell'articolo 32, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142 , le variazioni di bilancio possono essere adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza, salvo ratifica, a pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. 5. In caso di mancata o parziale ratifica del provvedimento di variazione adottato dall'organo esecutivo, l'organo consiliare è tenuto ad adottare nei successivi trenta giorni, e comunque sempre entro il 31 dicembre dell'esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti necessari nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione non ratificata. 6. Per le province, i comuni, le città metropolitane e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi tre titoli. Per le comunità montane sono vietati i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli terzo e quarto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi due titoli. 7. Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di altre parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di somme tra residui e competenza. 8. Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva, al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio (37). 9. Le variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all'articolo 11 sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno (38)] (39). (36) (37) (38) (39) l'art. Vedi, anche, l'art. 5, D.L. 6 settembre 1996, n. 467. Vedi, anche, l'art. 5, D.L. 6 settembre 1996, n. 467. Vedi, anche, l'art. 5, D.L. 6 settembre 1996, n. 467. Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, 175 dello stesso decreto. 18. Regime dei prelevamenti dal fondo di riserva. [1. I prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno] (40). (40) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 176 dello stesso decreto. 19. Competenze dei responsabili dei servizi. [1. Il responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene necessaria una modifica della dotazione assegnata per sopravvenute esigenze successive alla adozione degli atti di programmazione, propone la modifica con modalità definite dal regolamento di contabilità. 2. La mancata accettazione della proposta di modifica della dotazione deve essere motivata dall'organo esecutivo (41)] (42). (41) Articolo così sostituito prima dall'art. 6, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), e poi dall'art. 3, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (42) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 177 dello stesso decreto. Capo III - La gestione del bilancio Sezione I - Le entrate 20. Fasi dell'entrata. [1. Le fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento, la riscossione ed il versamento] (43). (43) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 178 dello stesso decreto. 21. Accertamento. [1. L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da incassare, nonché fissata la relativa scadenza] (44). (44) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 179, comma 1, dello stesso decreto. 22. Modi di accertamento delle entrate. [1. L'accertamento delle entrate avviene: a) per le entrate di carattere tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di altre forme stabilite per legge; b) per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell'utenza, a seguito di acquisizione diretta, di emissione di liste di carico o di ruoli; c) per le entrate relative a partite compensative delle spese, in corrispondenza dell'assunzione del relativo impegno di spesa; d) per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici] (45). (45) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 179, comma 2, dello stesso decreto. 23. Disciplina dell'accertamento. [1. Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l'entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l'idonea documentazione di cui all'articolo 22, ai fini dell'annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento di contabilità dell'ente] (46). (46) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 179, comma 3, dello stesso decreto. 24. Riscossione. [1. La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell'entrata, che consiste nel materiale introito da parte del tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione delle somme dovute all'ente. 2. La riscossione è disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla convenzione di cui all'articolo 52. 3. L'ordinativo d'incasso è sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente individuato dal regolamento di contabilità e contiene almeno: a) l'indicazione del debitore; b) l'ammontare della somma da riscuotere; c) la causale; d) gli eventuali vincoli di destinazione delle somme; e) l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui è riferita l'entrata, distintamente per residui o competenza; f) la codifica; g) il numero progressivo; h) l'esercizio finanziario e la data di emissione. 4. Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell'ente, la riscossione di ogni somma, versata in favore dell'ente, anche senza la preventiva emissione di ordinativo d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne dà immediata comunicazione all'ente, richiedendo la regolarizzazione] (47). (47) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 180 dello stesso decreto. 25. Versamento. [1. Il versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell'ente. 2. Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei modi fissati dalle disposizioni vigenti e da eventuali accordi convenzionali (48). 3. Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale dell'amministrazione, versano le somme riscosse presso la tesoreria dell'ente con cadenza stabilita dal regolamento di contabilità] (49). (48) Comma così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (49) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 181 dello stesso decreto. Sezione II - Le spese 26. Fasi della spesa. [1. Le fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione, l'ordinazione ed il pagamento] (50). (50) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 182 dello stesso decreto. 27. Impegno di spesa. [1. L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore, indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell'àmbito della disponibilità finanziaria accertata ai sensi dell'articolo 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142 . 2. Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese dovute: a) per il trattamento economico tabellare già attribuito al personale dipendente e per i relativi oneri riflessi; b) per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi di preammortamento ed ulteriori oneri accessori; c) per le spese dovute nell'esercizio in base a contratti o disposizioni di legge. 3. Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento. I provvedimenti relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione di cui all'articolo 30. Quando la prenotazione di impegno è riferita a procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non concluse entro tale termine, la prenotazione si tramuta in impegno e conservano validità gli atti ed i provvedimenti relativi alla gara già adottati (51). 4. Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute rispetto all'impegno assunto, verificate con la conclusione della fase della liquidazione. 5. Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate nei seguenti modi: a) con l'assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del mutuo, contratto o già concesso, e del relativo prefinanziamento accertato in entrata; b) con quota dell'avanzo di amministrazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare dell'avanzo di amministrazione accertato; c) con l'emissione di prestiti obbligazionari si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del prestito sottoscritto; d) con entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare delle entrate accertate. Si considerano, altresì, impegnati gli stanziamenti per spese correnti e per spese di investimento correlati ad accertamenti di entrate aventi destinazione vincolata per legge (52). 6. Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi successivi, compresi nel bilancio pluriennale, nel limite delle previsioni nello stesso comprese. 7. Per le spese che per la loro particolare natura hanno durata superiore a quella del bilancio pluriennale e per quelle determinate che iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio pluriennale si tiene conto nella formazione dei bilanci seguenti degli impegni relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al periodo successivo. 8. Gli atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia al servizio finanziario dell'ente, nel termine e con le modalità previste dal regolamento di contabilità. 9. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali i responsabili dei servizi assumono atti di impegno. A tali atti, da definire «determinazioni» e da classificarsi con sistemi di raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza, si applicano, in via preventiva, le procedure di cui all'art. 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (53)] (54). (51) Periodo aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). Il comma 2 dello stesso art. 8 ha, inoltre, disposto che le disposizioni di cui al presente comma, si applicano anche per l'esercizio 1995. (52) Comma così sostituito dall'art. 8, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). Il comma 2 dello stesso art. 8 ha, inoltre disposto che le disposizioni di cui al presente comma, si applicano anche per l'esercizio 1995. (53) Comma prima sostituito dall'art. 8, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), poi modificato dall'art. 9, L. 15 maggio 1997, n. 127 e dall'art. 3, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (54) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 183 dello stesso decreto. 28. Liquidazione della spesa. [1. La liquidazione costituisce la successiva fase del procedimento di spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed ai titoli atti a comprovare il diritto acquisito del creditore, si determina la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell'ammontare dell'impegno definitivo assunto. 2. La liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa ed è disposta sulla base della documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite. 3. L'atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile del servizio proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i riferimenti contabili è trasmesso al servizio finanziario per i conseguenti adempimenti. 4. Il servizio finanziario effettua, secondo i princìpi e le procedure della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di liquidazione] (55). (55) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 184 dello stesso decreto. (giurisprudenza di legittimità) 29. Ordinazione e pagamento. [1. L'ordinazione consiste nella disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese. 2. Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente individuato dal regolamento di contabilità nel rispetto delle leggi vigenti e contiene almeno i seguenti elementi: a) il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario; b) la data di emissione; c) l'intervento o il capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa è allocata e la relativa disponibilità, distintamente per competenza o residui; d) la codifica; e) l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il relativo codice fiscale o la partita IVA; f) l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata concordata con il creditore; g) la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima l'erogazione della spesa; h) le eventuali modalità agevolative di pagamento se richieste dal creditore; i) il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione. 3. Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che provvede altresì alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere. 4. Il tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo e da delegazioni di pagamento, anche in assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento. Entro quindici giorni e comunque entro il termine del mese in corso l'ente locale emette il relativo mandato ai fini della regolarizzazione] (56). (56) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 185 dello stesso decreto. Sezione III - Il risultato di amministrazione 30. Risultato contabile di amministrazione. [1. Il risultato contabile di amministrazione è accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dai residui attivi e diminuito dei residui passivi] (57). (57) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 186 dello stesso decreto. 31. Avanzo di amministrazione. [1. L'avanzo di amministrazione è distinto in fondi non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento spese in conto capitale e fondi di ammortamento. 2. L'eventuale avanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'art. 30, può essere utilizzato: a) per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza; b) per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili a norma dell'art. 37; c) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 36 ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento (58); d) per il finanziamento di spese di investimento. 3. Nel corso dell'esercizio al bilancio di previsione può essere applicato, con delibera di variazione, l'avanzo di amministrazione presunto derivante dall'esercizio immediatamente precedente con la finalizzazione di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2. Per tali fondi l'attivazione delle spese può avvenire solo dopo l'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio precedente, con eccezione dei fondi, contenuti nell'avanzo, aventi specifica destinazione e derivanti da accantonamenti effettuati con l'ultimo consuntivo approvato, i quali possono essere immediatamente attivati (59)] (60). (58) Lettera prima modificata dall'art. 9, L. 15 maggio 1997, n. 127 e poi così sostituita dall'art. 20, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (59) Così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). Vedi, anche, l'art. 1, comma 160, L. 23 dicembre 1996, n. 662. (60) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 187 dello stesso decreto. 32. Disavanzo di amministrazione. [1. L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 30, è applicato al bilancio di previsione nei modi e nei termini di cui all'articolo 36, in aggiunta alle quote di ammortamento accantonate e non disponibili nel risultato contabile di amministrazione] (61). (61) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 188 dello stesso decreto. Sezione IV - Residui 33. Residui attivi. [1. Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio. 2. Sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore della correlativa entrata. 3. Alla chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi le somme derivanti da mutui per i quali è intervenuta la concessione definitiva da parte della Cassa DD.PP. o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del contratto per i mutui concessi da altri Istituti di credito. 4. Le somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate entro il termine dell'esercizio costituiscono minori accertamenti rispetto alle previsioni e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione] (62). (62) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 189 dello stesso decreto. 34. Residui passivi. [1. Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine dell'esercizio. 2. È vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate ai sensi dell'articolo 27 (63). 3. Le somme non impegnate entro il termine dell'esercizio costituiscono economia di spesa e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione] (64). (63) Comma così modificato dall'art. 10, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (64) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 190 dello stesso decreto. Sezione V - Princìpi contabili di gestione (giurisprudenza di legittimità) 35. Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese. [1. Gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'articolo 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Il responsabile del servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati (65). 2. Per le spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti, all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno. 3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente alla regolarizzazione (66). 4. Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 37, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni (67). 5. Agli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, che presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di amministrazione ovvero indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono stati validamente adottati i provvedimenti di cui all'articolo 36, è fatto divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti nei precedenti esercizi] (68). (65) (66) (67) (68) l'art. Comma così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Comma così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Comma così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, 191 dello stesso decreto. 36. Salvaguardia degli equilibri di bilancio. [1. Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente decreto legislativo. 2. Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all'art. 37, per il ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo (69). 3. Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili (70). 4. La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all'articolo 39, comma 1, lettera c), della legge 8 giugno 1990, n. 142 , con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo di legge] (71). (69) Comma così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), e poi così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (70) Comma così modificato dall'art. 11, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (71) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 193 dello stesso decreto. 37. Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio. [1. Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 36, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze passate in giudicato o sentenze immediatamente esecutive; b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; c) ricapitalizzazione nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali (72); d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 35, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'àmbito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza (73) (74). 2. Per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori. 3. Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell'articolo 36, comma 3, l'ente locale può far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 44 e seguenti. Nella relativa deliberazione consiliare viene dettagliatamente motivata l'impossibilità di utilizzare altre risorse] (75). (72) Lettera così modificata dall'art. 12, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (73) Lettera così sostituita dall'art. 5, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (74) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-11 luglio 2000, n. 266 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342, sostitutivo della lett. e) del comma 1 dell'art. 37 del presente decreto, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. (75) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 194 dello stesso decreto. 38. Utilizzo di entrate a specifica destinazione. [1. Gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 92, comma 3, possono disporre l'utilizzo, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 68 (76). 2. L'utilizzo di somme a specifica destinazione presuppone l'adozione della deliberazione della Giunta relativa all'anticipazione di tesoreria di cui all'articolo 68, comma 1 e viene deliberato in termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed è arrivato dal tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario dell'ente (77). 3. Il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione, secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti. 4. Gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio ai sensi dell'articolo 36 possono, nelle more del perfezionamento di tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui e dei prestiti, con obbligo di reintegrare le somme vincolate con il ricavato delle alienazioni] (78). (76) Comma così modificato prima dall'art. 9, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi dall'art. 31, comma 35, L. 23 dicembre 1998, n. 448. (77) Comma così modificato dall'art. 31, comma 35, L. 23 dicembre 1998, n. 448. (78) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 195 dello stesso decreto. 39. Controllo di gestione. [1. Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, applicano il controllo di gestione secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , dal presente decreto legislativo, dai propri statuti e regolamenti di contabilità. 2. Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il livello di economicità nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi] (79). (79) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 196 dello stesso decreto. 40. Modalità del controllo di gestione. [1. Il controllo di gestione ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale delle province, dei comuni, delle comunità montane, delle unioni dei comuni e delle città metropolitane ed è svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilità dell'ente. 2. Il controllo di gestione si articola almeno in tre fasi: a) predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi; b) rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti; c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità dell'azione intrapresa. 3. Il controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi. 4. La verifica dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità dell'azione amministrativa è svolta rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile per unità di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali di cui all'articolo 70, comma 7] (80). (80) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 197 dello stesso decreto. 41. Referto del controllo di gestione. [1. La struttura operativa alla quale, ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce le conclusioni del predetto controllo agli amministratori ai fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati ed ai dirigenti dei servizi affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili] (81). (81) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 198 dello stesso decreto. Capo IV - Investimenti Sezione I - Princìpi generali 42. Fonti di finanziamento. [1. Per l'attivazione degli investimenti gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, possono utilizzare: a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti; b) avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti; c) entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni; d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali; e) avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall'articolo 31; f) mutui passivi; g) altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge] (82). (82) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 199 dello stesso decreto. 43. Programmazione degli investimenti e piani economico-finanziari. [1. Per tutti gli investimenti degli enti locali, comunque finanziati, l'organo deliberante, nell'approvare il progetto od il piano esecutivo dell'investimento, dà atto della copertura delle maggiori spese derivanti dallo stesso nel bilancio pluriennale originario, eventualmente modificato dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, delle quali è redatto apposito elenco. 2. Ove si rientri nelle ipotesi di cui all'articolo 46 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 , gli enti locali provvedono, per gli investimenti finanziati con l'assunzione di mutui, alla redazione del piano economico-finanziario di cui al citato articolo 46. 3. La deliberazione consiliare che approva il piano economico-finanziario costituisce presupposto di legittimità delle deliberazioni di approvazione dei progetti esecutivi dell'investimento e delle deliberazioni di assunzione dei relativi mutui] (83). (83) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, gli artt. 200 e 201 dello stesso decreto. Sezione II - Disciplina delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento 44. Ricorso all'indebitamento. [1. Il ricorso all'indebitamento da parte degli enti di cui all'articolo 1, comma 2, è ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli investimenti. Può essere fatto ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio di cui all'articolo 37 e per altre destinazioni di legge. 2. Le relative entrate hanno destinazione vincolata] (84). (84) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 202 dello stesso decreto. 45. Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento. [1. La deliberazione di ricorso all'indebitamento è possibile solo se sussistono le seguenti condizioni: a) avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento; b) avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni. 2. Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio annuale, fermo restando l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1. Contestualmente modifica il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione] (85). (85) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 203 dello stesso decreto. 46. Regole particolari per l'assunzione di mutui. [1. Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 45, l'ente locale può deliberare nuovi mutui solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti ed a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 49, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 25 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene deliberata l'assunzione dei mutui. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione (86). 2. I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'INPDAP e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni: a) l'ammortamento non può avere durata inferiore a dieci anni; b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al primo gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto salvo quanto previsto da norme speciali (87); c) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi; d) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata; e) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto esecutivo, secondo le norme vigenti; f) l'utilizzo del mutuo deve essere previsto in base ai documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori (88); g) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro del tesoro con proprio decreto. 2-bis. L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa è data esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo (89)] (90). (86) Periodo aggiunto dall'art. 13, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (87) Lettera così modificata dall'art. 13, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (88) Lettera abrogata dall'art. 31, comma 32, L. 23 dicembre 1998, n. 448. (89) Comma aggiunto dall'art. 31, comma 33, L. 23 dicembre 1998, n. 448. (90) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 204 dello stesso decreto. 47. Attivazione di prestiti obbligazionari. [1. Gli enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge] (91). (91) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 205 dello stesso decreto. Sezione III - Garanzie dell'ammortamento dei mutui e dei prestiti 48. Delegazione di pagamento. [1. Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale. Per le comunità montane il riferimento va fatto ai primi due titoli dell'entrata. 2. L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo (92)] (93). (92) Comma così modificato dall'art. 14, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (93) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 206 dello stesso decreto. 49. Fideiussione. [1. I comuni, le province e le città metropolitane possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, da consorzi cui partecipano nonché dalle comunità montane di cui fanno parte. 2. La garanzia fideiussoria può essere inoltre rilasciata a favore delle società di capitali, costituite ai sensi del comma 3, lettera e), dell'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , e successive modifiche o integrazioni, per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui al comma 1, dell'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498 . In tali casi i comuni, le province e le città metropolitane rilasciano la fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da corrispondersi da parte delle società sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione alla società. 2-bis. La garanzia fideiussoria può essere rilasciata anche a favore di terzi per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale, purché siano sussistenti le seguenti condizioni: a) il progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilità di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettività locale; b) la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente al termine della concessione; c) la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione dell'opera (94). 3. Gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento garantite con fideiussione concorrono alla formazione del limite di cui al comma 1 dell'articolo 46 e non possono impegnare più di un quinto di tale limite] (95). (94) Comma aggiunto dall'art. 15, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (95) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 207 dello stesso decreto. Capo V - Il servizio di tesoreria Sezione I - Princìpi generali 50. Soggetti abilitati a svolgere il servizio di tesoreria. [1. Gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, hanno un servizio di tesoreria che può essere affidato: a) per i comuni capoluoghi di provincia, le province, le città metropolitane, ad una banca autorizzata a svolgere l'attività di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 ; b) per i comuni non capoluoghi di provincia, le comunità montane e le unioni di comuni, anche a società per azioni regolarmente costituite con capitale sociale interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data del 25 febbraio 1995 risultavano in possesso del codice rilasciato dalla Banca d'Italia per operare in tesoreria unica. Le società di cui alla presente lettera dovranno adeguare il capitale sociale a quello minimo richiesto dalla normativa vigente per le banche di credito cooperativo entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Le convenzioni per i servizi di tesoreria, scadute e non ancora assegnate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono rinnovate alle stesse condizioni con l'obbligo di mantenere il rapporto di lavoro del personale addetto in via esclusiva al servizio (96). 2. In conformità all'articolo 32, comma 5, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 , a richiesta dell'ente locale il concessionario della riscossione assume il servizio di tesoreria (97)] (98). (96) (97) (98) l'art. Comma così sostituito dall'art. 38, L. 18 febbraio 1999, n. 28. Comma abrogato dall'art. 9, L. 15 maggio 1997, n. 127. Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, 208 dello stesso decreto. 51. Oggetto del servizio di tesoreria. [1. Il servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate in particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente o da norme pattizie. 2. Il tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel rispetto della legge 29 ottobre 1984, n. 720 , e successive modificazioni. 3. Ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere (99)] (100). (99) Per l'interpretazione autentica del comma 3, vedi l'art. 31, comma 34, L. 23 dicembre 1998, n. 448. (100) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 209 dello stesso decreto. 52. Affidamento del servizio di tesoreria. [1. L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilità di ciascun ente, con modalità che rispettino i princìpi della concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente può procedere, per non più di una volta, al rinnovo del contratto di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto. 2. Il rapporto viene regolato in base ad una convenzione deliberata dall'organo consiliare dell'ente (101)] (102). (101) Così sostituito dall'art. 16, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (102) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 210 dello stesso decreto. 53. Responsabilità del tesoriere. [1. Per eventuali danni causati dall'ente affidante o a terzi il tesoriere risponde con tutte le proprie attività e con il proprio patrimonio. 2. Il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente] (103). (103) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 211 dello stesso decreto. 54. Servizio di tesoreria svolto per più enti locali. [1. I soggetti di cui all'articolo 50 che gestiscono il servizio di tesoreria per conto di più enti locali devono tenere contabilità distinte e separate per ciascuno di essi] (104). (104) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 212 dello stesso decreto. 55. Gestione informatizzata del servizio di tesoreria. [1. Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria viene gestito con metodologie e criteri informatici, con collegamento diretto tra il servizio finanziario dell'ente ed il tesoriere, al fine di consentire l'interscambio dei dati e della documentazione relativi alla gestione del servizio] (105). (105) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 213 dello stesso decreto. Sezione II - Attività connesse alla riscossione delle entrate 56. Operazioni di riscossione. [1. Per ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza, numerata in ordine cronologico per esercizio finanziario. 2. Il regolamento di contabilità dell'ente stabilisce le procedure per la fornitura dei modelli e per la registrazione delle entrate; disciplina altresì le modalità per la comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite, nonché la relativa prova documentale] (106). (106) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, gli artt. 214 e 215 dello stesso decreto. 57. Riscossione delle entrate patrimoniali ed assimilate, nonché di contributi di spettanza dell'ente. [1. In alternativa al tesoriere l'ente locale può affidare al concessionario della riscossione, sulla base di apposita convenzione, la riscossione, volontaria o coattiva o in ambedue le forme, delle entrate patrimoniali ed assimilate nonché dei contributi spettanti, secondo le disposizioni di cui all'art. 69, D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 , e successive modificazioni ed integrazioni (107)] (108). (107) Così sostituito dall'art. 17, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (108) Gli articoli da 1 a 114 del presente decreto sono stati abrogati dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L'art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, alle disposizioni abrogate del presente decreto, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000. Sezione III - Attività connesse al pagamento delle spese (giurisprudenza di legittimità) 58. Condizioni di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere. [1. I pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati in bilancio o dei capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato, nonché tutte le delibere di variazione e di prelevamento di quote del fondo di riserva debitamente esecutive. 2. Nessun mandato di pagamento può essere estinto dal tesoriere se privo della codifica. 3. Il tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro nell'elenco dei residui sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario e consegnato al tesoriere] (109). (109) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 216 dello stesso decreto. 59. Estinzione dei mandati di pagamento. [1. L'estinzione dei mandati da parte del tesoriere avviene nel rispetto della legge e secondo le indicazioni fornite dall'ente, con assunzione di responsabilità da parte del tesoriere, che ne risponde con tutto il proprio patrimonio sia nei confronti dell'ente locale ordinante sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarità delle operazioni di pagamento eseguite] (110). (110) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 217 dello stesso decreto. 60. Annotazione della quietanza. [1. Il tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente sul mandato o su documentazione meccanografica da consegnare all'ente, unitamente ai mandati pagati, in allegato al proprio rendiconto. 2. Su richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli estremi di qualsiasi operazione di pagamento eseguita, nonché la relativa prova documentale] (111). (111) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 218 dello stesso decreto. 61. Disposizioni per i mandati non estinti al termine dell'esercizio. [1. I mandati interamente o parzialmente non estinti alla data del 31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione in assegni postali localizzati o con altri mezzi equipollenti offerti dal sistema bancario o postale] (112). (112) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 219 dello stesso decreto. 62. Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento. [1. A seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 48 il tesoriere è tenuto a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento] (113). (113) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 220 dello stesso decreto. Sezione IV - Delle attività connesse alla custodia di titoli e valori 63. Gestione di titoli e valori. [1. I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive scadenze. 2. Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi dell'operazione. 3. Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni] (114). (114) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 221 dello stesso decreto. Sezione V - Adempimenti e verifiche contabili 64. Verifiche ordinarie di cassa. [1. L'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente provvede con cadenza trimestrale alla verifica ordinaria di cassa, alla verifica della gestione del servizio di tesoreria e di quello degli altri agenti contabili di cui all'articolo 75. 2. Il regolamento di contabilità può prevedere autonome verifiche di cassa da parte dell'amministrazione dell'ente] (115). (115) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 223 dello stesso decreto. 65. Verifiche straordinarie di cassa. [1. Si provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito del mutamento della persona del sindaco, del presidente della provincia, del sindaco metropolitano e del presidente della comunità montana. Alle operazioni di verifica intervengono gli amministratori che cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonché il segretario, il responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione dell'ente] (116). (116) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 224 dello stesso decreto. 66. Obblighi di documentazione e conservazione. [1. Il tesoriere è tenuto, nel corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti: a) aggiornamento e conservazione del giornale di cassa; b) conservazione del verbale di verifica di cassa di cui agli articoli 64 e 65; c) conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste dalla legge. 2. Le modalità e la periodicità di trasmissione della documentazione di cui al comma 1 sono fissate nella convenzione] (117). (117) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 225 dello stesso decreto. 67. Conto del tesoriere. [1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'art. 58, comma 2, L. 8 giugno 1990, n. 142 , rende all'ente locale il conto della propria gestione di cassa. 2. Il conto del tesoriere è redatto su modello approvato col regolamento di cui all'articolo 114. Il tesoriere allega al conto la seguente documentazione: a) gli allegati di svolgimento per ogni singola risorsa di entrata, per ogni singolo intervento di spesa nonché per ogni capitolo di entrata e di spesa per i servizi per conto di terzi; b) gli ordinativi di riscossione e di pagamento; c) la parte delle quietanze originali rilasciate a fronte degli ordinativi di riscossione e di pagamento o, in sostituzione, i documenti meccanografici contenenti gli estremi delle medesime; d) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti. 3. Entro un mese da quando è divenuta esecutiva la deliberazione di approvazione del rendiconto prevista dall'articolo 69, il legale rappresentante dell'ente è tenuto a depositare presso la segreteria della competente Sezione giurisdizionale della Corte dei conti il conto del tesoriere, i suoi allegati ed ogni altro atto o documento richiesto dalla Corte stessa (118). 4. Qualora l'organizzazione del servizio di tesoreria lo consenta il conto stesso e le informazioni relative agli allegati di cui al comma 2, debitamente confermati quanto alla loro conformità agli atti d'ufficio, sono trasmessi alla Corte dei conti anche mediante strumenti informatici, con modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione (119)] (120). (118) Comma abrogato dall'art. 10, L. 15 maggio 1997, n. 127. (119) Comma abrogato dall'art. 10, L. 15 maggio 1997, n. 127. (120) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 226 dello stesso decreto. Sezione VI - Anticipazioni di tesoreria 68. Disciplina delle anticipazioni di tesoreria. [1. Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli di entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli. 2. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione di cui all'articolo 52] (121). (121) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 222 dello stesso decreto. Capo VI - Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione 69. Rendiconto della gestione. [1. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio. 2. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto motivatamente conto della relazione dell'organo di revisione. La proposta è messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal regolamento. Il rendiconto deliberato è inviato all'organo regionale di controllo ai sensi e con le modalità di cui agli articoli 45 e 46 della legge 8 giugno 1990, n. 142 . 3. Per le province, le città metropolitane, i comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti e quelli i cui rendiconti si chiudono in disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio, il rendiconto è presentato alla Sezione enti locali della Corte dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786 , convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e successive modifiche e integrazioni. 4. Ai fini del referto di cui all'articolo 3, commi 4 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 , e del consolidamento dei conti pubblici, la Sezione enti locali potrà richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali. 5. Sono allegati al rendiconto: a) la relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo 55, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n. 142 ; b) la relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo 57, commi 5 e 6, della legge 8 giugno 1990, n. 142 ; c) l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza. 6. Qualora l'organizzazione degli enti locali lo consenta il rendiconto è trasmesso alla Sezione enti locali anche attraverso strumenti informatici, con modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione] (122). (122) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 227 dello stesso decreto. 70. Conto del bilancio. [1. Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni. 2. Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento della spesa, nonché per ciascun capitolo dei servizi per conto di terzi, il conto del bilancio comprende, distintamente per residui e competenza: a) per l'entrata le somme accertate, con distinzione della parte riscossa e di quella ancora da riscuotere; b) per la spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora da pagare. 3. Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l'ente locale provvede all'operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto o in parte dei residui (123). 4. Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello contabile di amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o disavanzo. 5. Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali con andamento triennale. Le tabelle sono altresì allegate al certificato del rendiconto. 6. Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti indicazioni uniformi possono essere individuati dal regolamento di contabilità dell'ente locale. 7. Il Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con rilevazione dell'andamento triennale a livello di aggregati, sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali indicati nella apposita tabella di cui al comma 5. I parametri a livello aggregato risultanti dal rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 8. I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al comma 5 sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 114] (124). (123) Il riaccertamento dei residui attivi e passivi di cui al presente comma 3 è stato fissato al 30 aprile 1996 dall'art. 3, D.L. 27 ottobre 1995, n. 444. (124) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 228 dello stesso decreto. 71. Conto economico. [1. Il conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi dell'attività dell'ente secondo criteri di competenza economica. Comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del bilancio, rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei valori economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi economici non rilevati nel conto del bilancio. 2. Il conto economico è redatto secondo uno schema a struttura scalare, con le voci classificate secondo la loro natura e con la rilevazione di risultati parziali e del risultato economico finale. 3. Costituiscono componenti positivi del conto economico i tributi, i trasferimenti correnti, i proventi dei servizi pubblici, i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio, i proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le sopravvenienze attive e le plusvalenze da alienazioni. È espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico negativo. 4. Gli accertamenti finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici positivi, rilevando i seguenti elementi: a) i risconti passivi ed i ratei attivi; b) le variazioni in aumento o in diminuzione delle rimanenze; c) i costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti per la produzione in economia di valori da porre, dal punto di vista economico, a carico di diversi esercizi; d) le quote di ricavi già inserite nei risconti passivi di anni precedenti; e) le quote di ricavi pluriennali pari agli accertamenti degli introiti vincolati; f) imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime di impresa. 5. Costituiscono componenti negativi del conto economico l'acquisto di materie prime e dei beni di consumo, la prestazione di servizi, l'utilizzo di beni di terzi, le spese di personale, i trasferimenti a terzi, gli interessi passivi e gli oneri finanziari diversi, le imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari compresa la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni, gli ammortamenti e le insussistenze dell'attivo come i minori crediti e i minori residui attivi. È espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico positivo (125). 6. Gli impegni finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici negativi, rilevando i seguenti elementi: a) i costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei passivi; b) le variazioni in aumento od in diminuzione delle rimanenze; c) le quote di costo già inserite nei risconti attivi degli anni precedenti; d) le quote di ammortamento di beni a valenza pluriennale e di costi capitalizzati; e) l'imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime d'impresa. 7. Gli ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati con i seguenti coefficienti: a) edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione straordinaria al 3%; b) strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%; c) macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri beni mobili al 15%; d) attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%; e) automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al 20%; f) altri beni al 20%. 8. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti economici di dettaglio per servizi o per centri di costo. 9. Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente del conto del bilancio, con l'aggiunta di elementi economici, raggiunge il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente vanno riferiti al patrimonio. 10. I modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 114] (126). (125) Comma così modificato dall'art. 18, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (126) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 229 dello stesso decreto. 72. Conto del patrimonio e conti patrimoniali speciali. [1. Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale. 2. Il patrimonio degli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente, suscettibili di valutazione ed attraverso la cui rappresentazione contabile ed il relativo risultato finale differenziale è determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale. 3. Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile. 4. Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie, come segue: a) i beni demaniali già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono valutati in misura pari all'ammontare del residuo debito dei mutui ancora in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali acquisiti all'ente successivamente sono valutati al costo; b) i terreni già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; per i terreni già acquisiti all'ente ai quali non è possibile attribuire la rendita catastale la valutazione si effettua con le modalità dei beni demaniali già acquisiti all'ente; i terreni acquisiti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono valutati al costo; c) i fabbricati già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente sono valutati al costo; d) i mobili sono valutati al costo; e) i crediti sono valutati al valore nominale; f) i censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla capitalizzazione della rendita al tasso legale; g) le rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo le norme del codice civile; h) i debiti sono valutati secondo il valore residuo. 5. Gli enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita voce i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione. 6. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività interne e esterne. Può anche prevedere conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori. 7. Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari. 8. Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico valore. 9. I modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 114] (127). (127) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 230 dello stesso decreto. 73. Relazione al rendiconto della gestione. [1. Nella relazione prescritta dall'articolo 55, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n. 142 , l'organo esecutivo dell'ente esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. Evidenzia anche i criteri di valutazione del patrimonio e delle componenti economiche. Analizza, inoltre, gli scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni, motivando le cause che li hanno determinati] (128). (128) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 231 dello stesso decreto. 74. Contabilità economica. [1. Gli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, ai fini della predisposizione del rendiconto della gestione, adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze] (129). (129) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 232 dello stesso decreto. (giurisprudenza di legittimità) 75. Conti degli agenti contabili interni. [1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, l'economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui all'articolo 58, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142 , rendono il conto della propria gestione all'ente locale (130). 2. Gli agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al conto, per quanto di rispettiva competenza: a) il provvedimento di legittimazione del contabile alla gestione; b) la lista per tipologie di beni; c) copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili; d) la documentazione giustificativa della gestione; e) i verbali di passaggio di gestione; f) le verifiche ed i discarichi amministrativi e per annullamento, variazioni e simili; g) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti. 3. Qualora l'organizzazione dell'ente locale lo consenta i conti e le informazioni relative agli allegati di cui ai precedenti commi sono trasmessi anche attraverso strumenti informatici, con modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione. 4. I conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato con il regolamento previsto dall'articolo 114] (131). (130) Comma così modificato dall'art. 10, L. 15 maggio 1997, n. 127. (131) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 233 dello stesso decreto. Capo VII - Risanamento finanziario Sezione I - Princìpi generali 76. Àmbito di applicazione. [1. Le norme del presente capo si applicano a province e comuni] (132). (132) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 244, comma 2, dello stesso decreto. 77. Dissesto finanziario. [1. Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non sia stato fatto validamente fronte con le modalità di cui all'articolo 24 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, e non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all'articolo 36, nonché con le modalità di cui all'art. 37 per le fattispecie ivi previste (133) (134)] (135). (133) Così modificato dall'art. 19, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (134) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (135) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 244, comma 1, dello stesso decreto. 78. Soggetti della procedura di risanamento. [1. Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente. 2. L'organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge (136). 3. Gli organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto (137)] (138). (136) Comma così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (137) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (138) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 245 dello stesso decreto. 79. Deliberazione di dissesto. [1. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale nelle ipotesi di cui all'articolo 77 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell'organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto (139). 2. La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell'interno ed alla procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione. La deliberazione è pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Ministero dell'interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'organo straordinario di liquidazione (140). 3. L'obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi dell'articolo 39, comma 3, della L. 8 giugno 1990, n. 142 . 4. Se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l'ente locale i divieti e gli obblighi previsti dall'articolo 35, comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto può essere validamente adottata, esplicando gli effetti di cui all'articolo 81. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali propri dell'organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell'ente sono differiti al 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto. Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso (141) (142). 4-bis. Le disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto sulla base della dettagliata relazione dell'organo di revisione di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri di trasmissione di cui al comma 2 si applicano solo ai dissesti finanziari deliberati a decorrere dal 25 ottobre 1997 (143) (144)] (145). (139) Comma così modificato prima dall'art. 20, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.) e poi dall'art. 7, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (140) Comma così modificato prima dall'art. 20, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.) e poi dall'art. 7, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (141) Comma così modificato dall'art. 20, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (142) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (143) Comma aggiunto dall'art. 5, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (144) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (145) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 246 dello stesso decreto. 80. Omissione della deliberazione di dissesto. [1. Ove dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di controllo venga a conoscenza dell'eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni. 2. Ove sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto. 3. Decorso infruttuosamente tale termine l'organo regionale di controllo nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello stato di dissesto. 4. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente (146)] (147). (146) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (147) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 247 dello stesso decreto. (giurisprudenza di legittimità) 81. Conseguenze della dichiarazione di dissesto. [1. A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all'emanazione del decreto di cui all'art. 92, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio. 2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'art. 89 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da parte dell'ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese. 3. I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le finalità di legge. 4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'art. 89 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità (148) (149) (150). 4-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1 della L. 14 gennaio 1994, n. 20 , nel testo modificato dall'articolo 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543 , convertito, con modificazioni, dalla L. 20 dicembre 1996, n. 639, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile (151) (152)] (153). (148) Così sostituito dall'art. 21, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (149) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (150) La Corte costituzionale, con sentenza 28 settembre-9 ottobre 1998, n. 353 (Gazz. Uff. 14 ottobre 1998, n. 41, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4, modificato dall'art. 21, del D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 41 e 53 della Costituzione. La questione è stata già dichiarata non fondata con sentenza n. 269 del 1998. (151) Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (152) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 319 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 81 e 113, come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione. (153) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 248 dello stesso decreto. 82. Limiti alla contrazione di nuovi mutui sino all'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. [1. Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 92 comma 3 gli enti locali non possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui previsti dall'articolo 88 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni (154) (155)] (156). (154) Così modificato dall'art. 22, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (155) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (156) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 249 dello stesso decreto. 83. Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento. [1. Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato di cui all'articolo 92 l'ente locale non può impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste nell'ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. L'ente applica princìpi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione debitoria e mantenere la coerenza con l'ipotesi di bilancio riequilibrato predisposta dallo stesso. 2. Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la giunta con i poteri del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo, sono notificate al tesoriere (157)] (158). (157) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (158) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 250 dello stesso decreto. 84. Attivazione delle entrate proprie. [1. Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera, il consiglio dell'ente, o il commissario nominato ai sensi dell'articolo 80, comma 3, è tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto (159). 2. La delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti l'organo regionale di controllo procede a norma dell'articolo 48 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (160). 3. Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta competente ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato (161). 4. Resta fermo il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalità, i termini ed i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi 1 e 3, nonché di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio. 5. Per il periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto (162). 6. Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate alla Commissione di ricerca per la finanza locale presso il Ministero dell'interno entro 30 giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali (163) (164)] (165). (159) Comma così modificato dall'art. 23, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (160) Comma così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (161) Comma così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (162) Comma così modificato prima dall'art. 23, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), e poi dall'art. 9, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (163) Comma così modificato dall'art. 23, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (164) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (165) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 251 dello stesso decreto. Sezione II - Attività dell'organo straordinario di liquidazione (giurisprudenza di legittimità) 85. Composizione, nomina e attribuzioni dell'organo straordinario di liquidazione. [1. Per i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti l'organo straordinario di liquidazione è composto da un singolo commissario; per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e per le province l'organo straordinario di liquidazione è composto da una commissione di tre membri. Il commissario straordinario di liquidazione, per i comuni sino a 5.000 abitanti, o i componenti della commissione straordinaria di liquidazione, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le province, sono nominati fra magistrati a riposo della Corte dei conti, della magistratura ordinaria, del Consiglio di Stato, fra funzionari dotati di un'idonea esperienza nel campo finanziario e contabile in servizio o in quiescenza degli uffici centrali o periferici del Ministero dell'interno, del Ministero del tesoro, del Ministero delle finanze e di altre amministrazioni dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri comunali e provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza, fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili, gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e gli iscritti nell'albo dei ragionieri. La commissione straordinaria di liquidazione è presieduta, se presente, dal magistrato a riposo della Corte dei conti o della magistratura ordinaria o del Consiglio di Stato. Diversamente la stessa provvede ad eleggere nel suo seno il presidente. La commissione straordinaria di liquidazione delibera a maggioranza dei suoi componenti (166). 2. La nomina dell'organo straordinario di liquidazione è disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno. L'insediamento presso l'ente avviene entro 5 giorni dalla notifica del provvedimento di nomina. 3. Per i componenti dell'organo straordinario di liquidazione valgono le incompatibilità di cui all'art. 102. 4. L'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla: a) rilevazione della massa passiva; b) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; c) liquidazione e pagamento della massa passiva. 5. In ogni caso di accertamento di danni cagionati all'ente locale o all'erario, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla denuncia dei fatti alla procura regionale presso la Corte dei conti ed alla relativa segnalazione al Ministero dell'interno tramite le prefetture (167) (168)] (169). (166) Gli ultimi quattro periodi sono stati aggiunti dall'art. 10, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (167) Così sostituito dall'art. 24, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (168) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (169) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 252 dello stesso decreto. 86. Poteri organizzatori dell'organo straordinario di liquidazione. [1. L'organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso a tutti gli atti dell'ente locale, può utilizzare il personale ed i mezzi operativi dell'ente locale ed emanare direttive burocratiche. 2. L'ente locale è tenuto a fornire, a richiesta dell'organo straordinario di liquidazione, idonei locali ed attrezzature nonché il personale necessario (170). 3. L'organo straordinario di liquidazione può auto organizzarsi, e, per motivate esigenze, dotarsi di personale, acquisire consulenze e attrezzature le quali, al termine dell'attività di ripiano dei debiti, rientrano nel patrimonio dell'ente locale (171) (172)] (173). (170) Comma così modificato dall'art. 11, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (171) Articolo così sostituito dall'art. 25, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). Il comma 3 è stato poi così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 18 dello stesso decreto. (172) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (173) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 253 dello stesso decreto. (giurisprudenza di legittimità) 87. Rilevazione della massa passiva. [1. L'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa passiva mediante la formazione, entro 180 giorni dall'insediamento, di un piano di rilevazione. Il termine è elevato di ulteriori 180 giorni per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti o capoluogo di provincia e per le province (174). 2. Ai fini della formazione del piano di rilevazione, l'organo straordinario di liquidazione entro dieci giorni dalla data dell'insediamento, dà avviso, mediante affissione all'albo pretorio ed anche a mezzo stampa, dell'avvio della procedura di rilevazione delle passività dell'ente locale. Con l'avviso l'organo straordinario di liquidazione invita chiunque ritenga di averne diritto a presentare, entro un termine perentorio di 60 giorni prorogabile per una sola volta di ulteriori 30 giorni con provvedimento motivato del predetto organo, la domanda in carta libera, corredata da idonea documentazione, atta a dimostrare la sussistenza del debito dell'ente, il relativo importo ed eventuali cause di prelazione, per l'inserimento nel piano di rilevazione (175). 3. Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi: a) i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all'articolo 37 verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato; b) i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi dell'articolo 81, comma 2; c) i debiti derivanti da transazioni compiute dall'organo straordinario di liquidazione ai sensi del comma 7 (176). 4. L'organo straordinario di liquidazione, ove lo ritenga necessario, richiede all'ente che i responsabili dei servizi competenti per materia attestino che la prestazione è stata effettivamente resa e che la stessa rientra nell'àmbito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente locale. I responsabili dei servizi attestano altresì che non è avvenuto, nemmeno parzialmente, il pagamento del corrispettivo e che il debito non è caduto in prescrizione alla data della dichiarazione di dissesto. I responsabili dei servizi provvedono entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali l'attestazione si intende resa dagli stessi in senso negativo circa la sussistenza del debito (177). 5. Sull'inserimento nel piano di rilevazione delle domande di cui al comma 2 e delle posizioni debitorie di cui al comma 3 decide l'organo straordinario di liquidazione con provvedimento da notificare agli istanti al momento dell'approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione prodotta dal terzo creditore, da altri atti e dall'eventuale attestazione di cui al comma 4 (178). 6. Avverso i provvedimenti di diniego di inserimento nel piano di rilevazione per insussistenza, totale o parziale del debito od avverso il mancato riconoscimento di cause di prelazione è ammesso ricorso in carta libera, entro il termine di 30 giorni dalla notifica, al Ministero dell'interno. Il Ministero dell'interno si pronuncia sui ricorsi entro 60 giorni dal ricevimento decidendo allo stato degli atti. La decorrenza del termine per la decisione vale quale rigetto del ricorso (179). 7. L'organo straordinario di liquidazione è autorizzato a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali relative a debiti rientranti nelle fattispecie di cui al comma 3, inserendo il debito risultante dall'atto di transazione nel piano di rilevazione (180). 7-bis. In caso di inosservanza del termine di cui al comma 1, di negligenza o di ritardi non giustificati negli adempimenti di competenza, può essere disposta la sostituzione di tutti o parte dei componenti dell'organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il Ministro dell'interno, previo parere della commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati, propone al Presidente della Repubblica l'adozione del provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell'interno stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico dei commissari sostituiti (181) (182)] (183). (174) Periodo aggiunto dall'art. 12, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (175) Comma così sostituito dall'art. 12, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Il comma 2 è stato, inoltre, così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (176) Comma così sostituito dall'art. 12, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Il comma 2 è stato, inoltre, così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (177) Comma così sostituito dall'art. 12, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Il comma 2 è stato, inoltre, così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (178) Comma così modificato dall'art. 12, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (179) Comma così modificato dall'art. 12, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Vedi, anche, l'art. 7, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione. (180) Così sostituito dall'art. 26, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (181) Comma aggiunto dall'art. 12, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 18 dello stesso decreto. Lo stesso comma 7-bis è stato successivamente così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (182) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (183) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 254 dello stesso decreto. 88. Acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento. [1. Nell'àmbito dei compiti di cui all'art. 85, comma 4, lettera b), l'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento della massa attiva, costituita dal contributo dello Stato di cui al presente articolo, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio disponibile. 2. Per il risanamento dell'ente locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall'organo straordinario di liquidazione, in nome e per conto dell'ente, in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell'interno. 3. L'importo massimo del mutuo finanziato dallo Stato è determinato sulla base di una rata di ammortamento pari al contributo statale indicato al comma 4. 4. Detto contributo è pari a cinque volte un importo composto da una quota fissa, solo per taluni enti, ed una quota per abitante, spettante ad ogni ente. La quota fissa spetta ai comuni con popolazione sino a 999 abitanti per lire 13.000.000, ai comuni con popolazione da 1.000 a 1.999 abitanti per lire 15.000.000, ai comuni con popolazione da 2.000 a 2.999 abitanti per lire 18.000.000, ai comuni con popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti per lire 20.000.000, ai comuni con popolazione da 5.000 a 9.999 abitanti per lire 22.000.000 ed ai comuni con popolazione da 10.000 a 19.999 per lire 25.000.000. La quota per abitante è pari a lire 7.930 per i comuni e lire 1.241 per le province. 4-bis. Il fondo costituito ai sensi del comma 4 è finalizzato agli interventi a favore degli enti locali in stato di dissesto finanziario. Le eventuali disponibilità residue del fondo, rinvenienti dall'utilizzazione dei contributi erariali per un importo inferiore ai limiti massimi indicati nel comma 4, possono essere destinate su richiesta motivata dell'organo consiliare e dell'organo straordinario di liquidazione dell'ente locale, secondo parametri e modalità definiti con decreto del Ministro dell'interno, all'assunzione di mutui integrativi per necessità emerse nel corso della procedura di liquidazione e pagamento della massa passiva di cui all'articolo 89, nonché nei casi di cui al comma 12-bis del medesimo articolo 89. Il mutuo, da assumere con la Cassa depositi e prestiti, è autorizzato dal Ministero dell'interno, previo parere della commissione finanza ed organici degli enti locali. La priorità nell'assegnazione è accordata agli enti locali che non hanno usufruito dell'intera quota disponibile ai sensi del comma 4 (184). 5. Per l'assunzione del mutuo concesso ai sensi del presente articolo agli enti locali in stato di dissesto finanziario per il ripiano delle posizioni debitorie non si applica il limite all'assunzione dei mutui di cui all'articolo 46, comma 1. 6. Secondo le disposizioni vigenti il fondo per lo sviluppo degli investimenti, di cui all'art. 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sul quale sono imputati gli oneri per la concessione dei nuovi mutui agli enti locali dissestati, può essere integrato, con le modalità di cui all'art. 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, in considerazione delle eventuali procedure di risanamento attivate rispetto a quelle già definite. 7. L'organo straordinario di liquidazione provvede a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall'ente e non ancora riscossi, totalmente o parzialmente, nonché all'accertamento delle entrate tributarie per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto per legge. 8. Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l'organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell'ente, avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali beni. Ai fini dell'alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a società di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni recate dall'art. 3 del decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e successive modificazioni ed integrazioni, intendendosi attribuite all'organo straordinario di liquidazione le facoltà ivi disciplinate. L'ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui all'articolo 46, comma 1, è elevato sino al 40 per cento (185). 9. Non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata ed ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese. 10. Per il finanziamento delle passività l'ente locale può destinare quota dell'avanzo di amministrazione non vincolato. 11. Nei confronti della massa attiva determinata ai sensi del presente articolo non sono ammessi sequestri o procedure esecutive. Le procedure esecutive eventualmente intraprese non determinano vincoli sulle somme (186) (187)] (188). (184) Comma aggiunto dall'art. 7, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (185) Gli ultimi tre periodi sono stati aggiunti dall'art. 13, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (186) Così sostituito dall'art. 27, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 18, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (187) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (188) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 255 dello stesso decreto. 89. Liquidazione e pagamento della massa passiva. [1. Il piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutività con il deposito presso il Ministero dell'interno, cui provvede l'organo straordinario di liquidazione entro 5 giorni dall'approvazione di cui all'art. 87, comma 1. Al piano è allegato l'elenco delle passività non inserite nel piano, corredato dai provvedimenti di diniego e dalla documentazione relativa. 2. Unitamente al deposito l'organo straordinario di liquidazione chiede l'autorizzazione al perfezionamento del mutuo di cui all'art. 88 nella misura necessaria per il finanziamento delle passività risultanti dal piano di rilevazione e dall'elenco delle passività non inserite, e comunque entro i limiti massimi stabiliti dall'art. 88. 3. Il Ministero dell'interno, accertata la regolarità del deposito, autorizza l'erogazione del mutuo da parte della Cassa depositi e prestiti. 4. Entro 30 giorni dall'erogazione del mutuo l'organo straordinario della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passività inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l'entità dell'acconto l'organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l'organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva gli importi degli accantonamenti non più necessari, su segnalazione del Ministero dell'interno, per scadenza dei termini di impugnativa del provvedimento di diniego di ammissione al passivo o per definitività della pronuncia sui ricorsi proposti ai sensi dell'art. 87, comma 6. 5. Successivamente all'erogazione del primo acconto l'organo straordinario della liquidazione può disporre ulteriori acconti per le passività già inserite nel piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente, utilizzando le disponibilità nuove e residue, ivi compresa l'eventuale quota di mutuo a carico dello Stato ancora disponibile, previa autorizzazione del Ministero dell'interno, in quanto non richiesta ai sensi del comma 2. Nel caso di pagamento definitivo in misura parziale dei debiti l'ente locale è autorizzato ad assumere un mutuo a proprio carico con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 88, comma 8, per il pagamento a saldo delle passività rilevate. A tale fine, entro 30 giorni dalla data di notifica del decreto ministeriale di approvazione del piano di estinzione, l'organo consiliare adotta apposita deliberazione, dandone comunicazione all'organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento delle residue passività ad intervenuta erogazione del mutuo contratto dall'ente. La Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito erogano la relativa somma sul conto esistente intestato all'organo di liquidazione (189). 6. A seguito del definitivo accertamento della massa passiva e dei mezzi finanziari disponibili, di cui all'art. 88, e comunque entro il termine di 24 mesi dall'insediamento, l'organo straordinario di liquidazione predispone il piano di estinzione delle passività, includendo le passività accertate successivamente all'esecutività del piano di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero dell'interno. 7. Il piano di estinzione è sottoposto all'approvazione, entro 120 giorni dal deposito, del Ministro dell'interno, il quale valuta la correttezza della formazione della massa passiva e la correttezza e validità delle scelte nell'acquisizione di risorse proprie. Il Ministro dell'interno si avvale del parere consultivo da parte della Commissione di ricerca per la finanza locale, la quale può formulare rilievi e richieste istruttorie cui l'organo straordinario di liquidazione è tenuto a rispondere entro sessanta giorni dalla comunicazione. In tale ipotesi il termine per l'approvazione del piano, di cui al presente comma, è sospeso. 8. Il decreto di approvazione del piano di estinzione da parte del Ministro dell'interno è notificato all'ente locale ed all'organo straordinario di liquidazione per il tramite della prefettura. 9. A seguito dell'approvazione del piano di estinzione l'organo straordinario di liquidazione provvede, entro 20 giorni dalla notifica del decreto, al pagamento delle residue passività, sino alla concorrenza della massa attiva realizzata. 10. Con l'eventuale decreto di diniego dell'approvazione del piano il Ministro dell'interno prescrive all'organo straordinario di liquidazione di presentare, entro l'ulteriore termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento, un nuovo piano di estinzione che tenga conto delle prescrizioni contenute nel provvedimento. 11. Dopo l'approvazione del piano di estinzione da parte del Ministro dell'interno non sono ammesse richieste relative ad ulteriori debiti (190). 12. Entro il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle operazioni di pagamento, l'organo straordinario della liquidazione è tenuto ad approvare il rendiconto della gestione ed a trasmetterlo all'organo regionale di controllo ed all'organo di revisione contabile dell'ente, il quale è competente sul riscontro della liquidazione e verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva liquidazione (191). 12-bis. Nel caso in cui l'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell'ente, il Ministro dell'interno, su proposta della Commissione di ricerca per la finanza locale, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato (192) (193)] (194). (189) Comma così modificato prima dall'art. 24, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 e poi dall'art. 14, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (190) Comma così modificato dall'art. 14, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342 e poi abrogato dall'art. 8, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (191) Così sostituito dall'art. 28, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (192) Il comma 12-bis è stato aggiunto dall'art. 14, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 18 dello stesso decreto. (193) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (194) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 256 dello stesso decreto. 90. Debiti non ammessi alla liquidazione. [1. In allegato al provvedimento di approvazione di cui all'articolo 89, comma 8, sono individuate le pretese escluse dalla liquidazione (195). 2. Il consiglio dell'ente individua con propria delibera, da adottare entro 60 giorni dalla notifica del decreto di cui all'articolo 89, comma 8, i soggetti ritenuti responsabili di debiti esclusi dalla liquidazione, dandone contestuale comunicazione ai soggetti medesimi ed ai relativi creditori (196). 3. Se il consiglio non provvede nei termini di cui al comma 2 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 17, comma 45, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (197) (198)] (199). (195) Comma così sostituito prima dall'art. 29, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), e poi dall'art. 15, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (196) Comma così sostituito prima dall'art. 29, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), e poi dall'art. 15, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (197) Comma così modificato dall'art. 15, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 18 dello stesso decreto. (198) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (199) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 257 dello stesso decreto. 90-bis. Modalità semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti. [1. L'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità semplificata di liquidazione di cui al presente articolo. Con deliberazione di giunta l'ente decide entro trenta giorni ed in caso di adesione s'impegna a mettere a disposizione le risorse finanziarie di cui al comma 2. 2. L'organo straordinario di liquidazione, acquisita l'adesione dell'ente locale, delibera l'accensione del mutuo di cui all'articolo 88, comma 2, nella misura necessaria agli adempimenti di cui ai successivi commi ed in relazione all'ammontare dei debiti censiti. L'ente locale dissestato è tenuto a deliberare l'accensione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, con oneri a proprio carico, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 88, comma 8, o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide, per un importo che consenta di finanziare, insieme al ricavato del mutuo a carico dello Stato, tutti i debiti di cui ai commi 3 e 4, oltre alle spese della liquidazione. È fatta salva la possibilità di ridurre il mutuo a carico dell'ente. 3. L'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, può definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro trenta giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. A tal fine, entro sei mesi dalla data di conseguita disponibilità del mutuo di cui all'articolo 88, comma 2, propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a trenta giorni. Ricevuta l'accettazione, l'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento nei trenta giorni successivi (200). 4. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti assistiti da privilegio. 5. Si applicano, per il seguito della procedura, le disposizioni degli articoli precedenti, fatta eccezione per quelle concernenti la redazione ed il deposito del piano di rilevazione. Effettuati gli accantonamenti di cui al comma 4, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'àmbito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione ai sensi del comma 12 dell'articolo 89 (201). 6. I debiti transatti ai sensi del comma 3 sono indicati in un apposito elenco allegato al piano di estinzione della massa passiva (202). 7. In caso di eccedenza di disponibilità si provvede alla riduzione dei mutui, con priorità per quello a carico dell'ente locale dissestato. È restituita all'ente locale dissestato la quota di risorse finanziarie liquide dallo stesso messe a disposizione esuberanti rispetto alle necessità della liquidazione dopo il pagamento dei debiti (203) (204)] (205). (200) Comma così modificato dall'art. 9, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (201) Comma così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (202) Comma così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (203) Articolo aggiunto dall'art. 16, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 18 dello stesso decreto. (204) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (205) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 258 dello stesso decreto. Sezione III - Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 91. Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. [1. Il consiglio dell'ente locale presenta al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all'articolo 85, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. 2. L'ipotesi di bilancio realizza il riequilibrio mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. 3. Per l'attivazione delle entrate proprie, l'ente provvede con le modalità di cui all'articolo 84, riorganizzando anche i servizi relativi all'acquisizione delle entrate ed attivando ogni altro cespite. 4. Le province ed i comuni per i quali le risorse di parte corrente, costituite dai trasferimenti in conto al fondo ordinario ed al fondo consolidato e da quella parte di tributi locali calcolata in detrazione ai trasferimenti erariali, sono disponibili in misura inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed a quella media della fascia demografica di appartenenza, come definita con il decreto di cui all'articolo 119, comma 1, richiedono, con la presentazione dell'ipotesi, e compatibilmente con la quantificazione annua dei contributi a ciò destinati, l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta, quale fattore del consolidamento finanziario della gestione (206). 5. Per la riduzione delle spese correnti l'ente locale riorganizza con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando, o quanto meno riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili. L'ente locale emana i provvedimenti necessari per il risanamento economico-finanziario degli enti od organismi dipendenti, nonché delle aziende speciali, nel rispetto della normativa specifica in materia. 6. L'ente locale, ugualmente ai fini della riduzione delle spese, ridetermina la pianta organica dichiarando eccedente il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione di cui all'articolo 119, fermo restando l'obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. La spesa per il personale a tempo determinato deve altresì essere ridotta a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta a tale titolo per l'ultimo triennio antecedente l'anno cui l'ipotesi si riferisce. 7. La rideterminazione della pianta organica è sottoposta all'esame della Commissione centrale per gli organici degli enti locali per l'approvazione. 8. Al personale eccedente si applicano le disposizioni relative alla disponibilità di cui all'articolo 3, commi da 47 a 52, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 . 9. Il mancato rispetto degli adempimenti di cui al comma 6 comporta la denuncia dei fatti alla Procura regionale presso la Corte dei conti da parte del Ministero dell'interno. L'ente locale è autorizzato ad iscrivere nella parte entrata dell'ipotesi di bilancio un importo pari alla quantificazione del danno subito. È consentito all'ente il mantenimento dell'importo tra i residui attivi sino alla conclusione del giudizio di responsabilità. 10. Il Ministero dell'interno assegna all'ente locale per il personale posto in disponibilità un contributo pari alla spesa relativa al trattamento economico con decorrenza dalla data della deliberazione e per tutta la durata della disponibilità. Analogo contributo, per la durata del rapporto di lavoro, è corrisposto all'ente locale presso il quale il personale predetto assume servizio. 11. La Cassa depositi e prestiti e gli altri istituti di credito sono autorizzati, su richiesta dell'ente, a consolidare l'esposizione debitoria dell'ente locale, al 31 dicembre precedente, in un ulteriore mutuo decennale, con esclusione delle rate di ammortamento già scadute. Conservano validità i contributi statali e regionali già concessi in relazione ai mutui preesistenti. 12. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono porre a proprio carico oneri per la copertura di posti negli enti locali dissestati in aggiunta a quelli di cui alla pianta organica rideterminata, ove gli oneri predetti siano previsti per tutti gli enti operanti nell'àmbito della medesima regione o provincia autonoma. 13. Per le province ed i comuni il termine di cui al comma 1 è sospeso a seguito di indizione di elezioni amministrative per l'ente, dalla data di indicazione dei comizi elettorali e sino all'insediamento dell'organo esecutivo (207)] (208). (206) Comma così modificato dall'art. 30, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (207) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (208) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, gli artt. 259 e 260 dello stesso decreto. 92. Istruttoria e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. [1. L'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato è istruita dalla Commissione di ricerca per la finanza locale, che formula eventuali rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente locale fornisce risposta entro sessanta giorni. 2. Entro il termine di quattro mesi la Commissione esprime un parere sulla validità delle misure disposte dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacità delle misure stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente medesimo. La formulazione di rilievi o richieste di cui al comma 1 sospende il decorso del termine. 3. In caso di esito positivo dell'esame la Commissione di ricerca sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell'ente. 4. In caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione di ricerca il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di presentare, previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento di diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le cause che non hanno consentito il parere favorevole. La mancata approvazione della nuova ipotesi di bilancio ha carattere definitivo. 5. Con il decreto di cui al comma 3 è disposto l'eventuale adeguamento dei contributi alla media previsto dall'articolo 91, comma 4 (209)] (210). (209) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (210) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 261 dello stesso decreto. 93. Inosservanza degli obblighi relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. [1. L'inosservanza del termine per la presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta ai rilievi ed alle richieste di cui all'articolo 92 comma 1 o del termine di cui all'articolo 92, comma 4, o l'emanazione del provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno integrano l'ipotesi di cui all'articolo 39, comma 1, lettera a), della legge 8 giugno 1990, n. 142 . 2. Nel caso di emanazione del provvedimento definitivo di diniego di cui all'art. 92, comma 4, sono attribuiti al commissario i poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della gestione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato (211) (212)] (213). (211) Comma così sostituito dall'art. 31, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (212) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (213) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 262 dello stesso decreto. Sezione IV - Prescrizioni e limiti conseguenti al risanamento dell'ente locale 94. Deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato. [1. A seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio l'ente provvede entro 30 giorni alla deliberazione del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce. 2. Con il decreto di cui all'articolo 92, comma 3, è fissato un termine, non superiore a 120 giorni, per la deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall'ente, nonché per la presentazione delle relative certificazioni (214) (215)] (216). (214) Comma così modificato dall'art. 32, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (215) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (216) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 264 dello stesso decreto. 95. Durata della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. [1. Il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Durante tale periodo è garantito il mantenimento dei contributi erariali. 2. Le prescrizioni contenute nel decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio sono eseguite dagli amministratori, ordinari o straordinari, dell'ente locale, con l'obbligo di riferire sullo stato di attuazione in un apposito capitolo della relazione sul rendiconto annuale. 3 ... (217). 4. L'organo della revisione riferisce trimestralmente al consiglio dell'ente ed all'organo regionale di controllo. 5. L'inosservanza delle prescrizioni contenute nel decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 92, comma 3, comporta la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato (218)] (219). (217) Sostituisce la lett. a) del comma 2 dell'art. 45, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Successivamente il presente comma è stato modificato dall'art. 33, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.) e poi abrogato dall'art. 10, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (218) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (219) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 265 dello stesso decreto. 96. Prescrizioni in materia di investimenti. [1. Dall'emanazione del decreto di cui all'articolo 92, comma 3, e per la durata del risanamento come definita dall'articolo 95 gli enti locali dissestati possono procedere all'assunzione di mutui per investimento ed all'emissione di prestiti obbligazionari nelle forme e nei modi consentiti dalla legge (220)] (221). (220) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (221) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 266 dello stesso decreto. 97. Prescrizioni sulla pianta organica. [1. Per la durata del risanamento, come definita dall'articolo 95, la pianta organica rideterminata ai sensi dell'articolo 91 non può essere variata in aumento (222)] (223). (222) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (223) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 267 dello stesso decreto. 98. Ricostituzione di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio. [1. Il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile con i mezzi di cui all'art. 36, o l'insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con le modalità di cui all'art. 37 o il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli articoli 91, 95, 96 e 97, comportano da parte dell'organo regionale di controllo la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi di reato e l'invio degli atti alla Corte dei conti per l'accertamento delle responsabilità sui fatti di gestione che hanno determinato nuovi squilibri (224). 2. Nei casi di cui al comma 1 il Ministro dell'interno con proprio decreto, su proposta della Commissione di ricerca per la finanza locale, stabilisce le misure necessarie per il risanamento, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di collaborazione tra enti locali di cui al capo ottavo della legge 8 giugno 1990, n. 142 (225) (226)] (227). (224) Comma così modificato dall'art. 34, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (225) Comma così modificato dall'art. 34, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (226) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (227) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 268 dello stesso decreto. 99. Modalità applicative della procedura di risanamento. [1. Le modalità applicative della procedura di risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario sono stabilite con regolamento da emanarsi ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. 2. Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378 (228) (229)] (230). (228) Così sostituito dall'art. 35, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (229) La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 269 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma 4; degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11; degli artt. da 77 a 99 (capo VII), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione. (230) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 269 dello stesso decreto. Capo VIII - Revisione economico-finanziaria 100. Organo di revisione economico-finanziaria. [1. I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri. 2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti: a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del collegio; b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti; c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri. 3. Nei comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità montana a maggioranza assoluta dei membri e scelto tra i soggetti di cui al comma 2. 4. Gli enti locali comunicano al Ministero dell'interno ed al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro i nominativi dei soggetti cui è affidato l'incarico entro 20 giorni dall'avvenuta esecutività della delibera di nomina. Le modalità della comunicazione sono stabilite con decreto del Ministro dell'interno. Gli enti locali provvedono, nel medesimo termine, a comunicare i nominativi dei revisori ai propri tesorieri (231) (232)] (233). (231) Periodo aggiunto dall'art. 36, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (232) Con D.M. 1° marzo 1996 è stata istituita la banca dati degli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali. (233) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 234 dello stesso decreto. 101. Durata dell'incarico e cause di cessazione. [1. L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni a decorrere dalla data di esecutività della delibera o dalla data di immediata eseguibilità nell'ipotesi di cui all'articolo 47, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142 , e sono rieleggibili per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a sostituzione di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo revisore è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano le norme relative alla proroga degli organi amministrativi di cui agli articoli 2, 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1 e 6 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444. 2. Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 105, comma 1, lettera d). 3. Il revisore cessa dall'incarico per: a) scadenza del mandato; b) dimissioni volontarie; c) impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente] (234). (234) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 235 dello stesso decreto. 102. Incompatibilità ed ineleggibilità. [1. Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell'articolo 2399 del codice civile, intendendosi per amministratori i componenti dell'organo esecutivo dell'ente locale (235). 2. L'incarico di revisione economico-finanziaria non può essere esercitato dai componenti degli organi dell'ente locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel biennio precedente alla nomina, dai membri dell'organo regionale di controllo, dal segretario e dai dipendenti dell'ente locale presso cui deve essere nominato l'organo di revisione economico-finanziaria e dai dipendenti delle regioni, delle province, delle città metropolitane e delle comunità montane e delle unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza. 3. I componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso l'ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso] (236). (235) Comma così modificato dall'art. 37, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (236) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 236 dello stesso decreto. 103. Funzionamento del collegio dei revisori. [1. Il collegio dei revisori è validamente costituito anche nel caso in cui siano presenti solo due componenti. 2. Il collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni adottate] (237). (237) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 237 dello stesso decreto. 104. Limiti all'affidamento di incarichi. [1. Salvo diversa disposizione del regolamento di contabilità dell'ente locale, ciascun revisore non può assumere complessivamente più di otto incarichi, tra i quali non più di quattro incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non più di tre in comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999 abitanti e non più di uno in comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti. Le province sono equiparate ai comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e le comunità montane ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. 2. L'affidamento dell'incarico di revisione è subordinato alla dichiarazione, resa nelle forme di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15 , con la quale il soggetto attesta il rispetto nei limiti di cui al comma 1] (238). (238) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 238 dello stesso decreto. 105. Funzioni. [1. L'organo di revisione svolge le seguenti funzioni: a) attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento; b) pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio. Nei pareri è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dei pareri espressi dal responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 3, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile (239). Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione (240); c) vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali e alla tenuta della contabilità; l'organo di revisione svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento; d) relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto entro il termine, previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione; e) referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità; f) verifiche di cassa di cui all'articolo 64. 2. Al fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui al precedente comma, l'organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e documenti dell'ente e può partecipare all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto di gestione. Può altresì partecipare alle altre assemblee dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente, alle riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione alle predette assemblee all'organo di revisione sono comunicati i relativi ordini del giorno. Inoltre all'organo di revisione sono trasmessi: a) da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni di annullamento nei confronti delle delibere adottate dagli organi degli enti locali; b) da parte del responsabile del servizio finanziario le attestazioni di assenza di copertura finanziaria in ordine alle delibere di impegni di spesa. 3. L'organo di revisione è dotato, a cura dell'ente locale, dei mezzi necessari per lo svolgimento dei propri compiti, secondo quanto stabilito dallo statuto e dai regolamenti. 4. L'organo della revisione può incaricare della collaborazione nella propria funzione, sotto la propria responsabilità, uno o più soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 100, comma 2. I relativi compensi rimangono a carico dell'organo di revisione. 5. I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali. 6. Lo statuto dell'ente locale può prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori] (241). (239) Periodo così sostituito dall'art. 9, comma 3-bis, L. 15 maggio 1997, n. 127, nel testo integrato dall'art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191. (240) Gli ultimi 4 periodi sono stati aggiunti dall'art. 17, D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342. (241) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 239 dello stesso decreto. 106. Responsabilità. [1. I revisori rispondono alla veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio] (242). (242) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 240 dello stesso decreto. 107. Compenso dei revisori. [1. Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del tesoro vengono fissati i limiti massimi del compenso base spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente. Il compenso base è determinato in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale (243). 2. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale fino al limite massimo del 20 per cento in relazione alle ulteriori funzioni assegnate rispetto a quelle indicate nell'articolo 105. 3. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale quando i revisori esercitano le proprie funzioni anche nei confronti delle istituzioni dell'ente sino al 10 per cento per ogni istituzione e per un massimo complessivo non superiore al 30 per cento. 4. Quando la funzione di revisione economico-finanziaria è esercitata dal collegio dei revisori il compenso determinato ai sensi dei commi 1, 2 e 3 è aumentato per il presidente del collegio stesso del 50 per cento. 5. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante al revisore della comunità montana ed al revisore dell'unione di comuni si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, rispettivamente, al comune totalmente montano più popoloso facente parte della comunità stessa ed al comune più popoloso facente parte dell'unione. 6. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante ai revisori della città metropolitana si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, al comune capoluogo. 7. L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina] (244). (243) Per la determinazione dei limiti massimi del compenso spettante ai revisori dei conti degli enti locali, vedi il D.M. 25 settembre 1997, n. 475. (244) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 241 dello stesso decreto. Capo IX - Disposizioni finali e transitorie Sezione I - Norme di carattere generale 108. Adeguamento dei regolamenti. [1. I regolamenti di contabilità di comuni e province sono approvati nel rispetto delle sottoelencate norme del presente decreto, da considerarsi come princìpi generali con valore di limite inderogabile: a) articoli da 1 a 18; b) articoli 21, 24, comma 4, 25, comma 2, 27 e 29, comma 1; c) articoli da 31 a 34; d) articoli 35, commi da 1 a 4, e da 36 a 39; e) articoli 43, 44, comma 1, 46 e 48; f) articoli da 50 a 54, 58, commi 1 e 2, 62 e 64; g) articoli da 67 a 99; h) articoli 100, 102, 105, 106, 107, 111 e 116 (245). 2. Le rimanenti norme del presente decreto non si applicano qualora il regolamento di contabilità dell'ente rechi una differente disciplina (246)] (247). (245) Lettera così sostituita dall'art. 9, L. 15 maggio 1997, n. 127, come modificata dall'art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191. (246) Articolo così sostituito dall'art. 9, L. 15 maggio 1997, n. 127. (247) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 152, comma 4, dello stesso decreto. 109. Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali. [1. È istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali. 2. L'Osservatorio ha il compito di promuovere la corretta gestione delle risorse finanziarie, strumentali ed umane, la salvaguardia degli equilibri di bilancio, l'applicazione dei princìpi contabili e la congruità degli strumenti applicativi, nonché la sperimentazione di nuovi modelli contabili. L'Osservatorio adotta iniziative di divulgazione e di approfondimento finalizzate ad agevolare l'applicazione ed il recepimento delle norme. 3. L'Osservatorio presenta al Ministro dell'interno almeno una relazione annuale sullo stato di applicazione delle norme, con proposte di integrazione normativa e di princìpi contabili di generale applicazione. 4. Il presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero non superiore a diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno con proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di altre pubbliche amministrazioni, professori e ricercatori universitari ed esperti. L'Unione province d'Italia, l'Associazione nazionale comuni italiani e l'Unione nazionale comuni comunità enti montani designano ciascuna un proprio rappresentante. L'Osservatorio dura in carica cinque anni. 5. Il Ministro dell'interno può assegnare ulteriori funzioni nell'àmbito delle finalità generali del comma 2 ed emanare norme di funzionamento e di organizzazione. 6. L'Osservatorio si avvale delle strutture e dell'organizzazione della Direzione centrale per la finanza locale e per i servizi finanziari dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno. 7. Ai componenti dell'Osservatorio spettano il trattamento economico ed i rimborsi spese previsti per i componenti della commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, con imputazione allo stesso capitolo di spesa (248)] (249). (248) Articolo prima modificato dall'art. 38, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), e poi così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 23 ottobre 1998, n. 410 (Gazz. Uff. 30 novembre 1998, n. 280). (249) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 154 dello stesso decreto. 110. Determinazione delle classi demografiche e della popolazione residente. [1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nel presente decreto valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche: a) comuni con meno di 500 abitanti; b) comuni da 500 a 999 abitanti; c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti; d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti; e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti; f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti; g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti; h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti; i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti; l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti; m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti; n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre. 2. Per le disposizioni del presente decreto legislativo che fanno riferimento alla popolazione degli enti locali va considerata, se non diversamente disciplinato, per i comuni e le province la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente secondo i dati ISTAT, ovvero secondo i dati UNCEM per le comunità montane. 3. Per le comunità montane ed i comuni di nuova istituzione viene utilizzato l'ultimo dato disponibile riferito alla popolazione] (250). (250) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 156 dello stesso decreto. 111. Consolidamento dei conti pubblici. [1. Ai fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti locali rispettano le disposizioni di cui agli articoli 25, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 , e successive modificazioni ed integrazioni] (251). (251) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 157 dello stesso decreto. 112. Obbligo di rendiconto per contributi straordinari. [1. Per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, è dovuta la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del responsabile del servizio finanziario. 2. Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia dell'intervento. 3. Il termine di cui al comma 1 è perentorio. La sua inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario assegnato. 4. Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato in più esercizi finanziari l'ente locale è tenuto al rendiconto per ciascun esercizio] (252). (252) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 158 dello stesso decreto. (giurisprudenza di legittimità) 113. Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali (253). [1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa (254). 2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali di cui all'articolo 1, comma 2, destinate a: a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi; b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso; c) espletamento dei servizi locali indispensabili (255) (256). 3. Per l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità (257) (258) (259). 4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né limitazioni all'attività del tesoriere. 4-bis. I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'art. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'art. 27, comma 1, n. 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria prevista dall'art. 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3 (260) (261)] (262). (253) Rubrica così modificata dall'art. 39, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (254) La Corte costituzionale, con ordinanza 13-25 maggio 1999, n. 194 (Gazz. Uff. 2 giugno 1999, n. 22, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 113, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione. (255) Comma così modificato dall'art. 39, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (256) La Corte costituzionale, con sentenza 12-20 marzo 1998, n. 69 (Gazz. Uff. 25 marzo 1998, n. 12, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 113, commi 2 e 3, come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione. (257) Comma così modificato dall'art. 39, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (258) Con sentenza 12-20 marzo 1998, n. 69 (Gazz. Uff. 25 marzo 1998, n. 12, Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale dell'art. 113, comma 3, nella parte in cui non prevede che l'impignorabilità delle somme destinate ai fini ivi indicati non opera qualora, dopo l'adozione da parte dell'organo esecutivo della delibera semestrale di quantificazione preventiva degli importi delle somme stesse, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente. (259) La Corte costituzionale, con sentenza 12-20 marzo 1998, n. 69 (Gazz. Uff. 25 marzo 1998, n. 12, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 113, commi 2 e 3, come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione. (260) Comma aggiunto dall'art. 39, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (261) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 319 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 81 e 113, come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione. (262) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 159 dello stesso decreto. Sezione II - Norme di contabilità 114. Approvazione di modelli. [1. Con regolamento da emanare, a norma dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , entro due mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono approvati: a) i modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi i quadri riepilogativi; b) il sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili di entrata e di spesa; c) i modelli relativi al bilancio pluriennale (263); d) i modelli relativi al conto del tesoriere; e) i modelli relativi al conto del bilancio ivi incluse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali; f) i modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione; g) i modelli relativi al conto del patrimonio; h) i modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili di cui all'art. 75. 2. Con regolamento da emanare, a norma dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 30 giugno 1996, è approvato lo schema relativo alla relazione previsionale e programmatica previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome (264)] (265). (263) Vedi, anche, l'art. 9, comma 5, L. 15 maggio 1997, n. 127. (264) Così sostituito dall'art. 40, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). Per il regolamento, vedi il D.P.R. 3 agosto 1998, n. 326. (265) Articolo abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l'art. 160 dello stesso decreto. 115. Tempi di applicazione. 1. Le disposizioni relative alla struttura del bilancio di prevenzione contenute nel capo secondo si applicano a partire dall'esercizio finanziario 1996. 2. Le disposizioni di cui all'articolo 71 si applicano, fatta salva la facoltà di anticipazione, con la seguente modalità: a) anno 1996 per i comuni con popolazione da 100.000 abitanti in poi, con esclusione dei comuni capoluogo di provincia compresi nelle aree metropolitane previste dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142 ; b) anno 1997 comuni con popolazione da 40.000 a 99.999 abitanti e comuni capoluogo di provincia esclusi a norma della lettera a); c) anno 1998 comuni con popolazione da 5.000 a 39.999 abitanti; d) anno 1999 comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (266). 3. Ai fini di cui al comma 2 per le città metropolitane vale l'anno fissato per i comuni di pari dimensione demografica, per le province vale l'anno fissato per il comune capoluogo, per le unioni di comuni vale l'anno fissato per il comune di maggiore dimensione partecipante all'unione e per le comunità montane vale l'anno fissato per il comune totalmente montano di maggiore dimensione facente parte della comunità. 3-bis. In deroga all'art. 31, per il primo anno di applicazione dei nuovi modelli e schemi di bilancio, di cui all'art. 114, l'avanzo di amministrazione deve essere prioritariamente utilizzato per la reiscrizione dei residui passivi perenti (267). (266) Vedi, anche, l'art. 3, D.L. 27 ottobre 1995, n. 444. Per la proroga dei termini previsti per l'applicazione della disciplina del conto economico vedi il comma 539 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. (267) Comma aggiunto dall'art. 41, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). 116. Completamento degli inventari e ricostruzione dello stato patrimoniale. 1. Gli enti locali provvedono al completamento degli inventari ed alla ricostruzione degli stati patrimoniali entro il 31 dicembre del 1995, con esclusione dei beni mobili non registrati per i quali il termine è fissato al 31 dicembre 1996 (268). (268) Il termine del 31 dicembre 1995 è stato prorogato al 31 maggio 1996 dall'art. 8, D.L. 27 ottobre 1995, n. 444. 117. Gradualità di ammortamento dei beni (269). 1. L'applicazione delle prescrizioni di cui all'articolo 9 decorre dall'anno 2000. A tal fine gli enti locali iscrivono nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per i beni relativi con la seguente gradualità del valore calcolato con i criteri di cui all'articolo 71: a) per il 2000 il 6 per cento del valore; b) per il 2001 il 12 per cento del valore; c) per il 2002 il 18 per cento del valore; d) per il 2003 il 24 per cento del valore (270). 2. In fase di prima applicazione dell'articolo 116 i beni mobili non registrati acquisiti dall'ente da oltre un quinquennio possono essere considerati, con modalità definite dal regolamento di contabilità, interamente ammortizzati. (269) Rubrica così sostituita dall'art. 42, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (270) Comma prima modificato dall'art. 8, D.L. 27 ottobre 1995, n. 444, e dall'art. 42, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.), poi sostituito dall'art. 1, comma 161, L. 23 dicembre 1996, n. 662, dall'art. 49, comma 4, L. 27 dicembre 1997, n. 449 e dall'art. 31, comma 5, L. 23 dicembre 1998, n. 448. Sezione III - Norme sul servizio di tesoreria 118. Servizi di tesoreria affidati a soggetti non abilitati. 1. I soggetti diversi da quelli abilitati a norma dell'articolo 50 a gestire il servizio di tesoreria conservano l'incarico sino alla prima scadenza dello stesso senza possibilità di rinnovo. Sezione IV - Norme sul risanamento finanziario degli enti locali 119. Determinazione delle medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della consistenza delle piante organiche. 1. Con decreto a cadenza triennale a decorrere dal 1997 il Ministro dell'interno individua le medie nazionali annue, per classe demografica per i comuni ed uniche per le province, delle risorse di parte corrente di cui all'art. 91, comma 4. Per il 1995 e per il 1996 le medie nazionali annue sono individuate con decreto del Ministro dell'interno da emanarsi entro il 31 dicembre 1996 (271). 2. A decorrere dal 1997 e con cadenza triennale il Ministro dell'interno individua con proprio decreto la media nazionale per classe demografica della consistenza delle piante organiche per comuni e province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti in condizione di dissesto. 3. Per il triennio 1994-1996 i rapporti medi, dipendenti-popolazione, validi per gli enti in condizione di dissesto, sono i seguenti: Fascia demograficarapporto medio dipendenti/popolazione fino a999 abitanti1/95 da1.000a2.999 abitanti1/100 da3.000a9.999 abitanti1/105 da10.000a59.999 abitanti1/95 da60.000a249.999 abitanti1/80 oltre 249.999 abitanti1/60 PROVINCE Fascia demograficarapporto medio dipendenti/popolazione fino a299.999 abitanti1/520 da300.000a499.999 abitanti1/650 da500.000a999.999 abitanti1/830 da1.000.000a2.000.000 abitanti1/770 oltre 2.000.000 abitanti1/1000 4. In ogni caso agli enti spetta un numero di dipendenti non inferiore a quello spettante agli enti di maggiore dimensione della fascia demografica precedente. 5. I rapporti medi dipendenti-popolazione di cui al comma 3 si applicano anche agli enti locali che hanno dichiarato in precedenza il dissesto finanziario e non hanno ottenuto alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo l'approvazione da parte del Ministro dell'interno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato (272). (271) Con D.M. 13 agosto 1996 (Gazz. Uff. 21 agosto 1996, n. 195) sono state determinate le medie nazionali pro-capite dei trasferimenti finanziari attribuiti per gli anni 1995 e 1996 alle amministrazioni provinciali e comunali per classi demografiche. Con D.M. 10 dicembre 1997 (Gazz. Uff. 20 gennaio 1998, n. 15), sono state determinate le medie nazionali pro-capite delle risorse di parte corrente delle province e dei comuni per il triennio 1997-1999. Con D.M. 18 aprile 2000 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118) sono state determinate le medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della consistenza delle piante organiche per i triennio 2000-2002. Vedi, ora, l'art. 263, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. (272) Così sostituito dall'art. 43, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). 120. Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378 . 1. Ove nel decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378 , si faccia riferimento all'articolo 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, od all'articolo 21 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, il riferimento deve intendersi al capo settimo del presente testo di legge. 2. Ove nel decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1 si faccia riferimento all'articolo 12-bis del D.L. 12 gennaio 1991, n. 6 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 80, il riferimento deve intendersi all'articolo 37 del presente testo di legge. 3. Al decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378 , sono apportate le seguenti modifiche (273): a) ... (274); b) ... (275); c) ... (276); d) ... (277); e) ... (278); f) ... (279); g) ... (280); h) ... (281); i) ... (282); l) ... (283); m) ... (284); n) ... (285); o) ... (286); p) ... (287); q) ... (288); r) ... (289); s) ... (290). (273) Il presente comma 3 è stato ampiamente modificato dall'art. 44, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). Le modifiche sono state inserite nel testo del D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (274) Abroga il comma 2 dell'art. 2, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (275) Sostituisce il comma 2 dell'art. 4, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (276) Sostituisce il primo periodo del comma 7 dell'art. 4, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (277) Sostituisce con i commi 8, 8-bis, 8-ter e 8-quater, il comma 8 dell'art. 4, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (278) Aggiunge il comma 1-bis all'art. 5, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (279) Sostituisce la lettera g) del comma 2 dell'art. 6, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (280) Aggiunge la lettera e-bis) al comma 3 dell'art. 6, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (281) Sostituisce la lettera e) del comma 5 dell'art. 6, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (282) Abroga il comma 6 dell'art. 6, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (283) Sostituisce il primo periodo del comma 7 dell'art. 6, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (284) Modifica il comma 2 dell'art. 10, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (285) Sostituisce con due periodi l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 11, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (286) Modifica il comma 2 dell'art. 12, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (287) Sostituisce la lettera e) del comma 4 dell'art. 14, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (288) Modifica la lettera e) del comma 4 dell'art. 14, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (289) Abroga la lettera d) del comma 5 dell'art. 14, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. (290) Sostituisce l'art. 15, D.P.R. 24 agosto 1993, n. 378. 121. Procedure di risanamento finanziario in corso. 1. Le disposizioni relative al risanamento degli enti locali dissestati contenute nel presente decreto legislativo si applicano anche agli enti locali che abbiano già dichiarato lo stato di dissesto per i quali, al momento dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, non sia intervenuta l'approvazione dell'ipotesi di bilancio. Per tali enti il consiglio presenta entro tre mesi l'ipotesi di bilancio ai sensi dell'art. 91. Lo stato di dissesto perdura sino al 31 dicembre dell'anno in cui interviene l'approvazione dell'ipotesi di bilancio o sino al termine previsto dall'art. 95, comma 1, se tale periodo di tempo sia maggiore. 2. Le disposizioni relative al risanamento degli enti locali dissestati contenute nel presente decreto legislativo, ad eccezione di quelle di cui alla sezione terza del capo settimo, si applicano anche agli enti locali per i quali al momento dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo sia intervenuta l'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Per tali enti, in deroga a quanto disposto dall'art. 123, continuano ad applicarsi le disposizioni relative all'ipotesi di bilancio recate dall'art. 21 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68. 3. In deroga a quanto disposto dall'art. 123, agli enti locali per i quali al momento dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo sia intervenuta l'approvazione del piano di risanamento, continuano ad applicarsi le disposizioni relative al piano di risanamento recate dall'art. 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144. 4. La disposizione di cui all'art. 95, comma 1, relativa alla durata del risanamento si applica anche agli enti locali di cui ai commi 2 e 3. I medesimi enti sono tenuti, ove non avessero adempiuto, alla presentazione, entro il 30 giugno 1996, delle certificazioni previste dall'art. 44 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, relativamente agli anni 1994 e precedenti. 5. Per tutta la durata del dissesto determinata con i criteri dei commi 1 e 4 permangono gli obblighi relativi all'attivazione delle entrate proprie di cui all'art. 84. 6. Per i soli enti locali che hanno dichiarato il dissesto ai sensi dell'art. 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, e per i quali non sia intervenuta l'approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, il Ministro dell'interno, su parere della Commissione di ricerca per la finanza locale, autorizza misure straordinarie, anche in deroga alle norme vigenti, per il raggiungimento dell'equilibrio, comunque senza oneri a carico dello Stato (291). (291) Così sostituito dall'art. 45, comma 1, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). I commi 2 e 3 dello stesso art. 45 hanno, inoltre, così disposto: «2. Nelle procedure di risanamento in corso conservano validità i piani di estinzione trasmessi al Ministero dell'interno entro la data di entrata in vigore del presente decreto. Agli stessi si applicano, dopo l'approvazione da parte del Ministro dell'interno, le disposizioni in materia di liquidazione e pagamento di cui all'art. 89 del decreto legislativo n. 77 del 1995, come modificato dal presente decreto legislativo. 3. Agli enti locali dissestati compresi nelle fattispecie di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 121 del decreto legislativo n. 77 del 1995, come modificato dal presente decreto legislativo, non si applica la disposizione relativa all'obbligo di avviso dell'avvio della procedura di rilevazione di cui al comma 2 dell'art. 87 del medesimo decreto legislativo ed il termine di cui al comma 1 del medesimo art. 87 è fissato in 150 giorni; i termini la cui decorrenza è stabilita alla data di insediamento dell'organo straordinario di liquidazione iniziano a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo». Sezione V - Norme sulla revisione economico-contabile 122. Prima applicazione delle norme recate dall'articolo 107. 1. Sino alla emanazione del decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 107, comma 1, valgono quali limiti massimi del compenso base quelli fissati dall'articolo 2 del decreto del Ministro dell'interno del 4 ottobre 1991 recante determinazione del trattamento economico massimo attribuibile ai revisori dei conti nominati dai consigli degli enti locali, pubblicato nella G.U. n. 245 del 18 ottobre 1991. Sezione VI - Norme finali 123. Abrogazione di norme. 1. Sono abrogate le seguenti norme: a) gli articoli da 166 a 174 e gli articoli da 179 a 181 del Regolamento approvato con regio decreto 12 febbraio 1911, n. 297 ; b) gli articoli 96 e 147 del Testo Unico della legge comunale e provinciale approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 ; c) l'articolo 1, comma 4, e l'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946 , convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978, n. 43; d) l'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 1978, n. 702 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 1979, n. 3; e) gli articoli 5 e 6 della legge 21 dicembre 1978, n. 843 (292); f) il decreto del Presidente della Repubblica n. 421 del 19 giugno 1979 ; g) l'articolo 15 del decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38 , e l'articolo 5, comma 1, della legge di conversione 23 aprile 1981, n. 153 ; h) l'articolo 1-quater, dal comma 3 al comma 11, l'articolo 3, comma 6, e l'articolo 3-bis del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55 , convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1983, n. 131 (293) (294); i) l'articolo 1-bis del decreto-legge 1° luglio 1986, n. 318 , convertito, con modificazioni dalla legge 9 agosto 1986, n. 488; l) l'articolo 1, comma 1, l'articolo 1-bis e l'articolo 9 del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359 , convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 440; m) l'articolo 4, commi 9 e 10, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65 , convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155; n) l'articolo 22, comma 1, l'articolo 23, l'articolo 25 e l'articolo 27 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144; o) l'articolo 1, comma 2 e l'articolo 13, commi 1, 2 e 2-bis, del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415 , convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38; p) l'articolo 6-quinquies, commi 1, 2, 4, 5 e 6, l'articolo 8-bis, l'articolo 12-bis, commi 4, 5, 6 e 7, e l'articolo 13 del decreto-legge 12 gennaio 1991, n. 6 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 80; q) l'art. 11, commi 1 e 1-bis, limitatamente alle disposizioni concernenti comuni, province e comunità montane, e l'art. 21 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68 (295). 2. Sono da intendersi abrogate tutte le disposizioni non compatibili con i princìpi e le norme contenute nel presente decreto legislativo. (292) Lettera così sostituita dall'art. 46, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). (293) Lettera così corretta con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 8 aprile 1995, n. 83. (294) La Corte costituzionale, con sentenza 25-28 marzo 1996, n. 87 (Gazz. Uff. 3 aprile 1996, n. 14, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16 e 123, primo comma, lettera h), sollevate in riferimento agli artt. 76, 115, 117 e 128 della Costituzione. (295) Lettera così sostituita dall'art. 46, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 (Gazz. Uff. 27 giugno 1996, n. 149, S.O.). 124. Entrata in vigore. 1. Le norme contenute nel presente decreto legislativo entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 20022003 In data 22 gennaio 2004, presso la sede dell’ARAN, ha avuto luogo l’incontro tra: ARAN: nella persona del Presidente Avv. Guido Fantoni Organizzazioni Sindacali Confederazioni Sindacali CGIL FP CGIL CISL FPS CISL UIL FPL UIL COORDINAMENTO SINDACALE CISAL AUTONOMO “Fiadel/Cisal, Fialp/Cisal, Cisas/Fisael, Confail/Unsiau, Confill Enti Locali-Cusal, Usppi-Cuspel-Fasil-Fadel” USAE DICCAP - DIPARTIMENTO ENTI LOCALI CAMERE DI COMMERCIO-POLIZIA MUNICIPALE “Snalcc-Fenal-Sulpm” Al termine della riunione le parti sottoscrivono l'allegato contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto Regioni e Autonomie locali per il quadriennio normativo 2002–2005 e biennio economico 2002-2003 CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO DEL PERSONALE DEL COMPARTO DELLE REGIONI E DELLE AUTONOMIE LOCALI PER QUADRIENNIO NORMATIVO 2002-2005 E IL BIENNIO ECONOMICO 2002-2003 INDICE TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 Campo di applicazione Art. 2 Durata, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto TITOLO II RELAZIONI SINDACALI E PARTECIPAZIONE CAPO I – RELAZIONI SINDACALI Art. 3 Conferma sistema relazioni sindacali Art. 4 Tempi e procedure per la stipulazione dei contratti decentrati integrativi Art. 5 Contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello territoriale Art. 6 Concertazione Art. 7 Relazioni sindacali delle Unioni di Comuni CAPO II – FORME DI PARTECIPAZIONE E RAFFREDDAMENTO DEI CONFLITTI Art. 8 Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing Art. 9 Interpretazione autentica dei contratti collettivi TITOLO III DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO CAPO I – SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE Art. 10 Valorizzazione delle alte professionalità Art. 11 Posizioni organizzative e tempo parziale Art. 12 Commissione paritetica per il sistema di classificazione CAPO II – DISPOSIZIONI PER LE UNIONI DI COMUNI E I SERVIZI IN CONVENZIONE Art. 13 Gestione delle risorse umane Art. 14 Personale distaccato a tempo parziale e servizi in convenzione Art. 15 Posizioni organizzative apicali CAPO III – DISPOSIZIONI PER L’AREA DI VIGILANZA E DELLA POLIZIA LOCALE Premessa Art. 16 Indennità del personale dell’area di vigilanza Art. 17 Prestazioni assistenziali e previdenziali Art. 18 Permessi per l’espletamento di funzioni di pubblico ministero CAPO IV – DISPOSIZIONI SUL RAPPORTO DI LAVORO Art. 19 Partecipazione del personale comandato e distaccato alle progressioni orizzontali e verticali Art. 20 Assenze per l’esercizio delle funzioni di giudice onorario o di vice procuratore onorario Art. 21 Cause di cessazione del rapporto di lavoro TITOLO IV DISPOSIZIONI DISCIPLINARI Art. 22 Clausola generale Art. 23 Modifiche all’art. 23 (Doveri del dipendente) del CCNL 6/7/1995 Art. 24 Modifiche all’art. 24 (Sanzioni e procedure disciplinari) del CCNL del 6/7/1995 Art. 25 Codice disciplinare Art. 26 Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale Art. 27 Sospensione cautelare in caso di procedimento penale Art. 28 Disposizioni transitorie per i procedimenti disciplinari TITOLO V TRATTAMENTO ECONOMICO CAPO I – ISTITUTI DI CARATTERE GENERALE Art. 29 Stipendio tabellare Art. 30 Effetti dei nuovi stipendi Art. 31 Disciplina delle risorse decentrate Art. 32 Incrementi delle risorse decentrate Art. 33 Istituzione e disciplina della indennità di comparto Art. 34 Finanziamento delle progressioni economiche orizzontali Art. 35 Integrazione delle posizioni economiche orizzontali CAPO II – COMPENSI, INDENNITA’ ED ALTRI BENEFICI ECONOMICI Art. 36 Modifiche all’art. 17 del CCNL dell’1/4/1999 Art. 37 Compensi per produttività Art. 38 Personale distaccato alle associazioni degli enti Art. 39 Dipendenti in distacco sindacale Art. 40 Straordinario per calamità naturali Art. 41 Indennità di rischio Art. 42 Benefici economici per gli invalidi per servizio Art. 43 Tredicesima mensilità CAPO III – DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE Art. 44 Disposizioni per il personale dell’Agenzia nazionale per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali Art. 45 Conferma di discipline precedenti gestione dell’Albo dei Segretari comunali e provinciali Art. 46 Personale addetto alle case da gioco Art. 47 Personale dipendente dal comune di Campione d’Italia ALLEGATI: Tabella A Tabella B Tabella C Tabella D NOTA A VERBALE DELL’ARAN Dichiarazione congiunta n. 1 Dichiarazione congiunta n. 2 Dichiarazione congiunta n. 3 Dichiarazione congiunta n. 4 Dichiarazione congiunta n. 5 Dichiarazione congiunta n. 6 Dichiarazione congiunta n. 7 Dichiarazione congiunta n. 8 Dichiarazione congiunta n. 9 Dichiarazione congiunta n. 10 Dichiarazione congiunta n. 11 Dichiarazione congiunta n. 12 Dichiarazione congiunta n. 13 Dichiarazione congiunta n. 14 Dichiarazione congiunta n. 15 Dichiarazione congiunta n. 16 Dichiarazione congiunta n. 17 Dichiarazione congiunta n. 18 Dichiarazione congiunta n. 19 Dichiarazione congiunta n. 20 Dichiarazione congiunta n. 24 Dichiarazione congiunta n. 25 ALLEGATO - Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 Campo di applicazione 1. Il presente contratto collettivo nazionale si applica a tutto il personale - esclusi i dirigenti - con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, dipendente da tutti gli enti del comparto delle regioni e delle autonomie locali indicate dall'art. 10, comma 1, del CCNQ sulla definizione dei comparti di contrattazione collettiva del 18 dicembre 2002, di seguito denominati ”enti”. 2. Al personale delle IPAB, ancorchè interessato da processi di riforma e trasformazione, si applica il CCNL del comparto regioni e autonomie locali sino alla individuazione o definizione, previo confronto con le organizzazioni sindacali nazionali firmatarie del presente contratto, della nuova e specifica disciplina contrattuale nazionale del rapporto di lavoro del personale. 3. Al restante personale del comparto soggetto a processi di mobilità in conseguenza di provvedimenti di soppressione, fusione, scorporo, trasformazione e riordino, ivi compresi i processi di privatizzazione, riguardanti l’ente di appartenenza, si applica il contratto collettivo nazionale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, sino alla individuazione o definizione, previo confronto con le organizzazioni sindacali nazionali firmatarie del presente CCNL, della nuova e specifica disciplina contrattuale del rapporto di lavoro del personale. 4. Il riferimento al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni è riportato nel testo del presente contratto come D.Lgs.n.165 del 2001. Art. 2 Durata, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto 1. Il presente contratto concerne il periodo 1 gennaio 2002 - 31 dicembre 2005 per la parte normativa ed è valido dall'1 gennaio 2002 fino al 31 dicembre 2003 per la parte economica. 2. Gli effetti del presente contratto decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo specifica e diversa prescrizione e decorrenza espressamente prevista dal contratto stesso. 3. Gli istituti a contenuto economico e normativo aventi carattere vincolato ed automatico sono applicati dagli enti destinatari entro 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto di cui al comma 2. 4. Il presente contratto, alla scadenza, si rinnova tacitamente di anno in anno qualora non ne sia data disdetta da una delle parti con lettera raccomandata, almeno tre mesi prima di ogni singola scadenza. In caso di disdetta, le disposizioni contrattuali rimangono integralmente in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto collettivo. 5. Per evitare periodi di vacanza contrattuale, le piattaforme sono presentate tre mesi prima della scadenza del contratto. Durante tale periodo e per il mese successivo alla scadenza del contratto, le parti negoziali non assumono iniziative unilaterali né procedono ad azioni dirette. 6. Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza della parte economica del presente contratto o a tre mesi dalla data di presentazione delle piattaforme, se successiva, ai dipendenti del comparto sarà corrisposta la relativa indennità secondo le scadenze stabilite dall'Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993. Per le modalità di erogazione di detta indennità, l’ARAN stipula apposito accordo ai sensi degli artt. 47 e 48, commi 1, 2, 3, 4 e 5 del D.Lgs.n.165/2001. 7. In sede di rinnovo biennale per la parte economica, ulteriore punto di riferimento del negoziato sarà costituito dalla comparazione tra l'inflazione programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente biennio, secondo quanto previsto dal citato Accordo del 23 luglio 1993. TITOLO II RELAZIONI SINDACALI E PARTECIPAZIONE CAPO I RELAZIONI SINDACALI Art. 3 Conferma sistema relazioni sindacali 1. Si conferma il sistema delle relazioni sindacali previsto dal CCNL dell’1.4.1999 con le modifiche riportate ai seguenti articoli. 2. Gli enti assumono le iniziative ricomprese nella disciplina dell’art. 1, comma 2 e 3, nel rispetto delle previsioni sulle relazioni sindacali del CCNL dell’1.4.1999. Art. 4 Tempi e procedure per la stipulazione dei contratti decentrati integrativi 1. Il testo dell’art. 5 del CCNL dell’1.4.1999 è sostituito dal seguente: “1. I contratti collettivi decentrati integrativi hanno durata quadriennale e si riferiscono a tutti gli istituti contrattuali rimessi a tale livello, da trattarsi in un'unica sessione negoziale. Sono fatte salve le materie previste dal presente CCNL che, per loro natura, richiedano tempi di negoziazione diversi o verifiche periodiche essendo legate a fattori organizzativi contingenti. Le modalità di utilizzo delle risorse, nel rispetto della disciplina del CCNL, sono determinate in sede di contrattazione decentrata integrativa con cadenza annuale. 2. L'ente provvede a costituire la delegazione di parte pubblica abilitata alle trattative di cui al comma 1 entro trenta giorni da quello successivo alla data di stipulazione del presente contratto ed a convocare la delegazione sindacale di cui all' art.10, comma 2, per l'avvio del negoziato, entro trenta giorni dalla presentazione delle piattaforme. 3. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva decentrata integrativa con i vincoli di bilancio e la relativa certificazione degli oneri sono effettuati dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai servizi di controllo interno secondo quanto previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 286. A tal fine, l'ipotesi di contratto collettivo decentrato integrativo definita dalla delegazione trattante è inviata entro 5 giorni a tali organismi, corredata da apposita relazione illustrativa tecnico finanziaria. In caso di rilievi da parte dei predetti organismi, la trattativa deve essere ripresa entro cinque giorni. Trascorsi 15 giorni senza rilievi, l’organo di governo dell’ente autorizza il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscrizione definitiva del contratto. 4. I contratti collettivi decentrati integrativi devono contenere apposite clausole circa tempi, modalità e procedure di verifica della loro attuazione. Essi conservano la loro efficacia fino alla stipulazione, presso ciascun ente, dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi. 5. Gli enti sono tenuti a trasmettere all'ARAN, entro cinque giorni dalla sottoscrizione definitiva, il testo contrattuale con la specificazione delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti annuali e pluriennali di bilancio.” Art. 5 Contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello territoriale 1. Il testo dell’art. 6 del CCNL dell’1.4.1999 è sostituito dal seguente: 1. “Per gli enti, territorialmente contigui, con un numero di dipendenti in servizio non superiore a 30 unità, la contrattazione collettiva decentrata integrativa può svolgersi a livello territoriale sulla base di protocolli di intesa tra gli enti interessati e le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del presente contratto; l’iniziativa può essere assunta dalle associazioni nazionali rappresentative degli enti del comparto o da ciascuno dei soggetti titolari della negoziazione decentrata integrativa. 2. I protocolli devono precisare: a) la composizione della delegazione trattante di parte pubblica; b) la composizione della delegazione sindacale, prevedendo la partecipazione di rappresentanti delle organizzazioni territoriali dei sindacati firmatari del presente CCNL, nonché forme di rappresentanza delle RSU di ciascun ente aderente; c) la procedura per la autorizzazione alla sottoscrizione del contratto decentrato integrativo territoriale, ivi compreso il controllo sulla compatibilità degli oneri con i vincoli di bilancio dei singoli enti, nel rispetto della disciplina generale stabilita dall’art. 5; d) i necessari adattamenti per consentire alle rappresentanze sindacali la corretta fruizione delle tutele e dei permessi. 3. I rappresentanti degli enti che aderiscono ai protocolli definiscono, in una apposita intesa, secondo i rispettivi ordinamenti: a) le modalità di formulazione degli atti di indirizzo; b) le materie, tra quelle di competenza della contrattazione integrativa decentrata, che si intendono affidare alla sede territoriale con la eventuale specificazione degli aspetti di dettaglio, che devono essere riservate alla contrattazione di ente; c) le modalità organizzative necessarie per la contrattazione e il soggetto istituzionale incaricato dei relativi adempimenti; d) le modalità di finanziamento dei relativi oneri da parte di ciascun ente. 4. La disciplina del presente articolo può essere attivata dalle Camere di commercio contigue indipendentemente dal numero dei dipendenti in servizio.” Art. 6 Concertazione 1. Il testo dell’art. 8 del CCNL dell’1.4.1999 è sostituto dal seguente: “1. Ciascuno dei soggetti di cui all’art. 10, comma 2, ricevuta l’informazione, ai sensi dell’art.7, può attivare, entro i successivi 10 giorni, la concertazione mediante richiesta scritta. In caso di urgenza, il termine è fissato in cinque giorni. Decorso il termine stabilito, l’ente si attiva autonomamente nelle materie oggetto di concertazione. La procedura di concertazione, nelle materie ad essa riservate non può essere sostituita da altri modelli di relazioni sindacali. 2. La concertazione si effettua per le materie previste dall’art.16, comma 2, del CCNL del 31.3.1999 e per le seguenti materie: a) articolazione dell’orario di servizio; b) calendari delle attività delle istituzioni scolastiche e degli asili nido; c) criteri per il passaggio dei dipendenti per effetto di trasferimento di attività o di disposizioni legislative comportanti trasferimenti di funzioni e di personale; d) andamento dei processi occupazionali; e) criteri generali per la mobilità interna. 3. La concertazione si svolge in appositi incontri, che iniziano entro il quarto giorno dalla data di ricezione della richiesta; durante la concertazione le parti si adeguano, nei loro comportamenti, ai principi di responsabilità, correttezza e trasparenza. 4. La concertazione si conclude nel termine massimo di trenta giorni dalla data della relativa richiesta. Dell’esito della stessa è redatto specifico verbale dal quale risultino le posizioni delle parti. 5. La parte datoriale è rappresentata al tavolo di concertazione dal soggetto o dai soggetti, espressamente designati dall’organo di governo degli enti, individuati secondo i rispettivi ordinamenti.” Art. 7 Relazioni sindacali delle unioni di comuni 1. Le relazioni sindacali delle unioni di comuni sono disciplinate dal titolo secondo del CCNL dell’1.4.1999 con riferimento a tutti i modelli relazionali indicati nell’art. 3, comma 2, dello stesso CCNL. Sino alla elezione della RSU di ciascuna unione, secondo la vigente disciplina, la delegazione sindacale trattante è composta dai delegati delle RSU degli enti aderenti e dai rappresentanti territoriali delle organizzazioni sindacali firmatarie del presente contratto. CAPO II FORME DI PARTECIPAZIONE E RAFFREDDAMENTO DEI CONFLITTI Art. 8 Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing 1. Le parti prendono atto del fenomeno del mobbing, inteso come forma di violenza morale o psichica in occasione di lavoro - attuato dal datore di lavoro o da altri dipendenti - nei confronti di un lavoratore. Esso è caratterizzato da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro e idonei a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore stesso nell’ambito dell’ufficio di appartenenza o, addirittura, tali da escluderlo dal contesto lavorativo di riferimento. 2. In relazione al comma 1, le parti, anche con riferimento alla risoluzione del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001, riconoscono la necessità di avviare adeguate ed opportune iniziative al fine di contrastare la diffusione di tali situazioni, che assumono rilevanza sociale, nonché di prevenire il verificarsi di possibili conseguenze pericolose per la salute fisica e mentale del lavoratore interessato e, più in generale, migliorare la qualità e la sicurezza dell’ambiente di lavoro. 3. Nell’ambito delle forme di partecipazione previste dall’art. 25 del CCNL dell’1.4.1999 sono, pertanto, istituiti, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente contratto, specifici Comitati Paritetici presso ciascun ente con i seguenti compiti: a) raccolta dei dati relativi all’aspetto quantitativo e qualitativo del fenomeno del mobbing in relazione alle materie di propria competenza; b) individuazione delle possibili cause del fenomeno, con particolare riferimento alla verifica dell’esistenza di condizioni di lavoro o fattori organizzativi e gestionali che possano determinare l’insorgere di situazioni persecutorie o di violenza morale; c) formulazione di proposte di azioni positive in ordine alla prevenzione e alla repressione delle situazioni di criticità, anche al fine di realizzare misure di tutela del dipendente interessato; d) formulazione di proposte per la definizione dei codici di condotta. 4. Le proposte formulate dai Comitati vengono presentate agli enti per i conseguenti adempimenti tra i quali rientrano, in particolare, la costituzione ed il funzionamento di sportelli di ascolto, nell’ambito delle strutture esistenti, l’istituzione della figura del consigliere/consigliera di fiducia nonchè la definizione dei codici, sentite le organizzazioni sindacali firmatarie del presente contratto. 5. In relazione all’attività di prevenzione del fenomeno di cui al comma 3, i Comitati propongono, nell’ambito dei piani generali per la formazione, previsti dall’art. 23 del CCNL del 1° aprile 1999, idonei interventi formativi e di aggiornamento del personale, che possono essere finalizzati, tra l’altro, ai seguenti obiettivi: a) affermare una cultura organizzativa che comporti una maggiore consapevolezza della gravità del fenomeno e delle sue conseguenze individuali e sociali; b) favorire la coesione e la solidarietà dei dipendenti, attraverso una più specifica conoscenza dei ruoli e delle dinamiche interpersonali all’interno degli uffici, anche al fine di incentivare il recupero della motivazione e dell’affezione all’ambiente lavorativo da parte del personale. 6. I Comitati sono costituiti da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali di comparto firmatarie del presente CCNL e da un pari numero di rappresentanti dell’ente. Il Presidente del Comitato viene designato tra i rappresentanti dell’ente ed il vicepresidente dai componenti di parte sindacale. Per ogni componente effettivo è previsto un componente supplente. Ferma rimanendo la composizione paritetica dei Comitati, di essi fa parte anche un rappresentante del Comitato per le pari opportunità, appositamente designato da quest’ultimo, allo scopo di garantire il raccordo tra le attività dei due organismi. Enti, territorialmente contigui, con un numero di dipendenti inferiore a 30, possono concordare la costituzione di un unico Comitato disciplinandone la composizione della parte pubblica e le modalità di funzionamento 7. Gli enti favoriscono l’operatività dei Comitati e garantiscono tutti gli strumenti idonei al loro funzionamento. In particolare valorizzano e pubblicizzano con ogni mezzo, nell’ambito lavorativo, i risultati del lavoro svolto dagli stessi. I Comitati adottano un regolamento per la disciplina dei propri lavori e sono tenuti a svolgere una relazione annuale sull’attività svolta. 8. I Comitati di cui al presente articolo rimangono in carica per la durata di un quadriennio e comunque fino alla costituzione dei nuovi. I componenti dei Comitati possono essere rinnovati nell’incarico; per la loro partecipazione alle riunioni non è previsto alcun compenso. Art. 9 Interpretazione autentica dei contratti collettivi 1. In attuazione dell’art. 49 del D. Lgs. n. 165 del 2001, quando insorgano controversie sulla interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano, entro 30 giorni dalla richiesta di cui al comma 2, per definire consensualmente il significato della clausola controversa. 2. Al fine di cui al comma 1, la parte interessata invia alle altre, richiesta scritta con lettera raccomandata. La richiesta deve contenere una sintetica descrizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si basa; essa deve fare riferimento a problemi interpretativi e applicativi di rilevanza generale. 3. L’ARAN si attiva autonomamente o su richiesta del Comitato di settore. 4. L’eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all’art. 47 del D. Lgs. n. 165 del 2001 sostituisce la clausola controversa sin dall’inizio della vigenza del contratto collettivo nazionale. 5. Con analoghe modalità si procede tra le parti che li hanno sottoscritti, quando insorgano controversie sulla interpretazione dei contratti decentrati integrativi, anche di livello territoriale. L’eventuale accordo stipulato con le procedure di cui agli artt. 5 e 6 del CCNL dell’1.4.1999, sostituisce la clausola controversa sin dall’inizio della vigenza del contratto decentrato. 6. E’ disapplicata la disciplina dell’art. 13 del CCNL del 6.7.1995. TITOLO III DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO CAPO I SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE Art. 10 Valorizzazione delle alte professionalità 1. Gli enti valorizzano le alte professionalità del personale della categoria D mediante il conferimento di incarichi a termine nell’ambito della disciplina dell’art. 8, comma 1, lett. b) e c) del CCNL del 31.3.1999 e nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 9, 10, e 11 del medesimo CCNL. 2. Gli incarichi del comma 1 sono conferiti dai soggetti competenti secondo gli ordinamenti vigenti: a) Ipotesi comma 1, lett. b) dell’art. 8 citato: per valorizzare specialisti portatori di competenze elevate e innovative, acquisite, anche nell’ente, attraverso la maturazione di esperienze di lavoro in enti pubblici e in enti e aziende private, nel mondo della ricerca o universitario rilevabili dal curriculum professionale e con preparazione culturale correlata a titoli accademici (lauree specialistiche, master, dottorati di ricerca, ed altri titoli equivalenti) anche, per alcune delle suddette alte professionalità, da individuare da parte dei singoli enti, con abilitazioni o iscrizioni ad albi; b) Ipotesi comma 1, lett. c) dell’art. 8 citato: per riconoscere e motivare l’assunzione di particolari responsabilità nel campo della ricerca, della analisi e della valutazione propositiva di problematiche complesse di rilevante interesse per il conseguimento del programma di governo dell’ente. 3. Gli enti adottano atti organizzativi di diritto comune, nel rispetto del sistema di relazioni sindacali vigente: a) per la preventiva disciplina dei criteri e delle condizioni per la individuazione delle competenze e responsabilità di cui al precedente comma 2, lett. a) e b) e per il relativo affidamento; b) per la individuazione dei criteri utili per la quantificazione dei valori della retribuzione di posizione e di risultato; c) per la definizione dei criteri e delle procedure destinate alla valutazione dei risultati e degli obiettivi, nell’ambito del vigente sistema di controllo interno. 4. L’importo della retribuzione di posizione relativa agli incarichi di cui ai commi 1 e 2 varia da un minimo di € 5.164,56 ad un massimo di € 16.000; la retribuzione di risultato connessa ai predetti incarichi può variare da un minimo del 10%ad un massimo del 30% della retribuzione di posizione in godimento. La retribuzione di risultato può essere corrisposta previa valutazione dei soggetti competenti sulla base dei risultati certificati dal servizio di controllo interno o dal nucleo di valutazione, secondo l’ordinamento vigente. 5. Le risorse previste dall’art. 32, comma 7, integrano quelle già disponibili negli enti per la retribuzione di posizione e di risultato e sono espressamente destinate alla remunerazione degli incarichi disciplinati dal presente articolo. Art.11 Posizioni organizzative e tempo parziale 1. All’art. 4 del CCNL del 14.9.2000, dopo il comma 2 è inserito il seguente: “2.bis I comuni privi di dirigenza, in relazione alle specifiche esigenze organizzative derivanti dall’ordinamento vigente, individuano, se necessario ed anche in via temporanea, le posizioni organizzative che possono essere conferite anche al personale con rapporto a tempo parziale di durata non inferiore al 50% del rapporto a tempo pieno. Il principio del riproporzionamento del trattamento economico trova applicazione anche con riferimento alla retribuzione di posizione”. Art. 12 Commissione paritetica per il sistema di classificazione 1. Al fine di promuovere, nell’ambito della vigenza del presente accordo contrattuale, un migliore e più efficace riconoscimento della professionalità dei dipendenti volto ad una valorizzazione della risorsa umana intesa come concreto strumento per gestire e sostenere i processi di riforma e di ammodernamento dei sistemi organizzativi degli enti, è istituita, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente CCNL, una Commissione Paritetica ARAN e Confederazioni ed Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente CCNL e con la partecipazione del Presidente del Comitato di Settore, con il compito di acquisire tutti gli elementi di conoscenza idonei al raggiungimento degli obiettivi sopra indicati e di formulare alle parti negoziali proposte per una verifica del sistema di classificazione che, in particolare devono: ricomporre i processi lavorativi attraverso un arricchimento delle attuali declaratorie che consenta di adeguare il sistema di classificazione ai nuovi compiti, funzioni e poteri degli Enti conseguenti ai processi di riforma istituzionali già avvenuti, nonché alle indicazioni di legge per l’istituzione di nuovi profili professionali in relazione ai nuovi titoli di studio richiesti per l’accesso all’impiego; dare attuazione ai contenuti dell’art 24 del CCNL 5/10/2001 per le professioni sanitarie operanti nelle IPAB; per il personale docente delle scuole e delle istituzioni scolastiche e della formazione; per il personale educativo degli asili nido; per gli ufficiali dello stato civile e dell’anagrafe; per gli addetti alla comunicazione ed alla informazione; perfezionare la clausola sulle selezioni verticali tra categorie e chiarire i punti intermedi di accesso sulle posizioni B3 e D3; rivisitare i profili professionali alla luce di nuove competenze e professionalità. Eventuali decisioni della Commissione, per la parte sindacale, sono adottate sulla base della rappresentatività espressa dalle stesse ai sensi delle vigenti disposizioni. CAPO II DISPOSIZIONI PER LE UNIONI DI COMUNI E I SERVIZI IN CONVENZIONE Art. 13 Gestione delle risorse umane 1. Le unioni gestiscono direttamente il rapporto di lavoro del proprio personale assunto, anche per mobilità, con rapporto a tempo indeterminato o determinato (a tempo pieno o parziale) nel rispetto della disciplina del presente contratto nonché di quella definita in sede di contrattazione decentrata integrativa per gli aspetti a quest’ultima demandati. 2. Gli atti di gestione del personale degli enti locali temporaneamente assegnato all’unione, a tempo pieno o a tempo parziale, sono adottati dall’ente titolare del rapporto di lavoro per tutti gli istituti giuridici ed economici, ivi comprese le progressioni economiche orizzontali e le progressioni verticali, previa acquisizione dei necessari elementi di conoscenza forniti dall’unione. Per gli aspetti attinenti alla prestazione di lavoro e alle condizioni per la attribuzione del salario accessorio trova applicazione la medesima disciplina del personale dipendente dall’unione; i relativi atti di gestione sono adottati dall’unione. 3. Per le finalità di gestione indicate nei commi precedenti l’unione costituisce proprie risorse finanziarie destinate a compensare le prestazioni di lavoro straordinario e a sostenere le politiche di sviluppo delle risorse umane e della produttività, secondo la disciplina, rispettivamente, degli artt. 14 e 15 del CCNL dell’1.4.1999 e successive modificazioni e integrazioni e degli artt. 31 e 32 del presente contratto. 4. Le risorse finanziarie di cui al comma 3 vengono costruite secondo le seguenti modalità: a) relativamente al personale assunto direttamente, anche per mobilità, in sede di prima applicazione, sulla base di un valore medio pro capite ricavato dai valori vigenti presso gli enti che hanno costituito l’unione per la quota di risorse aventi carattere di stabilità e di continuità; successivamente le stesse risorse potranno essere implementate secondo la disciplina contrattuale vigente nel tempo per tutti gli enti del comparto; la quota delle eventuali risorse variabili e non stabili viene determinata di volta in volta secondo le regole contrattuali vigenti per tutti gli enti del comparto; b) relativamente al personale temporaneamente messo a disposizione dagli enti aderenti, mediante un trasferimento di risorse (per il finanziamento degli istituti tipici del salario accessorio e con esclusione delle progressioni orizzontali) dagli stessi enti, in rapporto alla classificazione dei lavoratori interessati e alla durata temporale della stessa assegnazione; l’entità delle risorse viene periodicamente aggiornata in relazione alle variazioni intervenute nell’ente di provenienza a seguito dei successivi rinnovi contrattuali. 5. Al fine di favorire la utilizzazione temporanea anche parziale del personale degli enti da parte dell’unione, la contrattazione decentrata della stessa unione può disciplinare, con oneri a carico delle risorse disponibili ai sensi del comma 3: a) la attribuzione di un particolare compenso incentivante, di importo lordo variabile, in base alla categoria di appartenenza e alle mansioni affidate, non superiore a € 25, su base mensile, strettamente correlato alle effettive prestazioni lavorative; b) la corresponsione della indennità per particolari responsabilità di cui all’art. 17, comma 2, lett. f) del CCNL dell’1.4.1999 che si può cumulare con il compenso eventualmente percepito ad analogo titolo presso l’ente di provenienza. 6. Le unioni di comuni possono individuare le posizioni organizzative e conferire i relativi incarichi secondo la disciplina degli artt. 8, 9, 10 e 11 del CCNL del 31.3.1999; al personale incaricato di una posizione organizzativa dell’unione la retribuzione di posizione e di risultato è correlata alla rilevanza delle funzioni attribuite e alla durata della prestazione lavorativa; il relativo valore si cumula con quello eventualmente percepito ad analogo titolo presso l’ente di provenienza, ugualmente rideterminato in base alla intervenuta riduzione della prestazione lavorativa; l’importo complessivo a titolo di retribuzione di posizione, su base annua per tredici mensilità, può variare da un minimo di € 5.164,56 ad un massimo di € 16.000; la complessiva retribuzione di risultato, connessa ai predetti incarichi, può variare da un minimo del 10% ad un massimo del 30% della complessiva retribuzione di posizione attribuita. Per il finanziamento delle eventuali posizioni organizzative delle unioni prive di personale con qualifica dirigenziale trova applicazione la disciplina dell’art. 11 del CCNL del 31.3.1999. 7. La utilizzazione del lavoratore sia da parte dell’ente titolare del rapporto di lavoro sia da parte dell’unione, fermo rimanendo il vincolo complessivo dell’orario di lavoro settimanale, non si configura come un rapporto di lavoro a tempo parziale secondo la disciplina degli articoli 4, 5 e 6 del CCNL del 14.9.2000. Art. 14 Personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione 1. Al fine di soddisfare la migliore realizzazione dei servizi istituzionali e di conseguire una economica gestione delle risorse, gli enti locali possono utilizzare, con il consenso dei lavoratori interessati, personale assegnato da altri enti cui si applica il presente CCNL per periodi predeterminati e per una parte del tempo di lavoro d’obbligo mediante convenzione e previo assenso dell’ente di appartenenza. La convenzione definisce, tra l’altro, il tempo di lavoro in assegnazione, nel rispetto del vincolo dell’orario settimanale d’obbligo, la ripartizione degli oneri finanziari e tutti gli altri aspetti utili per regolare il corretto utilizzo del lavoratore. La utilizzazione parziale, che non si configura come rapporto di lavoro a tempo parziale, è possibile anche per la gestione dei servizi in convenzione. 2. Il rapporto di lavoro del personale utilizzato a tempo parziale, ivi compresa la disciplina sulle progressioni verticali e sulle progressioni economiche orizzontali, è gestito dall’ente di provenienza, titolare del rapporto stesso, previa acquisizione dei necessari elementi di conoscenza da parte dell’ente di utilizzazione. 3. La contrattazione decentrata dell’ente che utilizzatore può prevedere forme di incentivazione economica a favore del personale assegnato a tempo parziale, secondo la disciplina dell’art. 17 del CCNL dell’1.4.1999 ed utilizzando le risorse disponibili secondo l’art. 31. 4. I lavoratori utilizzati a tempo parziale possono essere anche incaricati della responsabilità di una posizione organizzativa nell’ente di utilizzazione o nei servizi convenzionati di cui al comma 7; il relativo importo annuale, indicato nel comma 5, è riproporzionato in base al tempo di lavoro e si cumula con quello eventualmente in godimento per lo stesso titolo presso l’ente di appartenenza che subisce un corrispondente riproporzionamento. 5. Il valore complessivo, su base annua per tredici mensilità, della retribuzione di posizione per gli incarichi di cui al comma 4 può variare da un minimo di € 5.164,56 ad un massimo di € 16.000. Per la eventuale retribuzione di risultato l’importo può variare da un minimo del 10% fino ad un massimo del 30% della retribuzione di posizione in godimento. Per il relativo finanziamento trova applicazione la generale disciplina degli artt. 10 e 11 del CCNL del 31.3.1999. 6. Al personale utilizzato a tempo parziale compete, ove ne ricorrano le condizioni e con oneri a carico dell’ente utilizzatore, il rimborso delle sole spese sostenute nei limiti indicati nei commi 2 e 4 dell’art. 41 del CCNL del 14.9.2000. 7. La disciplina dei commi 3, 4, 5 e 6 trova applicazione anche nei confronti del personale utilizzato a tempo parziale per le funzioni e i servizi in convenzione ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 267 del 2000. I relativi oneri sono a carico delle risorse per la contrattazione decentrata dell’ente di appartenenza, con esclusione di quelli derivanti dalla applicazione del comma 6. Art. 15 Posizioni organizzative apicali 1. Negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, i responsabili delle strutture apicali secondo l’ordinamento organizzativo dell’ente, sono titolari delle posizioni organizzative disciplinate dagli artt. 8 e seguenti del CCNL del 31.3.1999. CAPO III DISPOSIZIONI PER L’AREA DI VIGILANZA E DELLA POLIZIA LOCALE Premessa La modifica degli assetti istituzionali, a partire dalla modifica del Titolo V della Costituzione, e la necessità di costruire politiche integrate per la sicurezza, per corrispondere ai bisogni e alle nuove sollecitazioni dei cittadini, hanno dato vita ad un confronto tra gruppi politici, associazioni del sistema delle autonomie, organizzazioni sindacali, Parlamento e Governo, finalizzato alla rivisitazione e all’aggiornamento della legislazione in materia di polizia locale. Le parti, nel condividere l’urgenza della nuova disciplina legislativa, concordano sulla necessità di riconoscere: • la centralità delle città nello sviluppo delle politiche della sicurezza; • il nuovo potere legislativo affidato alle regioni; • il rispetto dei diversi livelli istituzionali; • iI ruolo specifico della polizia locale, come servizio di polizia dei comuni e delle province, definendone coerentemente compiti e funzioni. Le parti, in attesa del nuovo assetto legislativo, al fine di non disperdere il lavoro e le competenze sin qui svolte dalla polizia locale, richiamano l’esigenza che i modelli organizzativi degli enti siano ispirati al potenziamento e alla valorizzazione del settore, in particolare sui seguenti temi. Autonomia organizzativa dei corpi di polizia locale Le parti concordano, nel rispetto di quanto sancito dalla legge n. 65 del 1986, sulla esigenza di salvaguardare la piena autonomia organizzativa dei corpi di polizia locale, sia con riferimento ai compiti tecnico-operativi che riguardo al loro assetto organizzativo interno, sottolineando la diretta dipendenza funzionale del responsabile del corpo o del servizio dal capo dell’amministrazione. Formazione e sviluppo professionale Le parti concordano nel ritenere che le funzioni della polizia locale richiedono livelli di professionalità sempre più elevata che possono essere prioritariamente acquisiti con significativa esperienza professionale nonchè mediante percorsi di aggiornamento e di qualificazione rivolti alla valorizzazione professionale del personale addetto ai relativi servizi negli enti; pertanto gli enti, in sede di attuazione della disciplina delle progressioni verticali di cui all’art. 4 del CCNL del 31.3.1999, tengono prevalentemente conto dei suddetti percorsi. Copertura assicurativa Le parti, alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 16364 del 20.11.2002, che ha stabilito che l’attività prestata dal “vigile urbano” addetto, a piedi, alla viabilità stradale rientra tra le attività protette, equiparandole a quelle ad alto rischio previste dall’art. 1, comma 3, del D.P.R. n. 1124 del 1965, in virtù del principio generale secondo cui “a parità di rischio infortunistico deve corrispondere parità di tutela”, si impegnano ad attivarsi nei confronti degli organismi competenti al fine di rendere concreto il principio sopra esposto. Art.16 Indennità del personale dell’area di vigilanza 1. L’indennità prevista dall’art. 37, comma 1, lett. b), primo periodo, del CCNL del 6.7.1995 per il personale dell’area di vigilanza, ivi compresi i custodi delle carceri mandamentali, in possesso dei requisiti e per l’esercizio delle funzioni di cui all’art. 5 della legge n. 65/1986, è incrementata di € 25 lordi mensili per 12 mensilità ed è rideteminata in € 1.110,84 annui lordi con decorrenza dall’1.1.2003. 2. L’indennità prevista dall’art. 37, comma 1, lett. b), secondo periodo, del CCNL del 6.7.1995 per il restante personale dell’area di vigilanza non svolgente le funzioni di cui all’art. 5 della citata legge n. 65/1986, è incrementata di € 25 mensili lordi per 12 mensilità ed è rideterminata in € 780,30 annui lordi a decorrere dall’1.1.2003. Art. 17 Prestazioni assistenziali e previdenziali 1. Le risorse destinate a finalità assistenziali e previdenziali dall’art. 208, comma 2, lett. a) e comma 4, del D Lgs. n. 285 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, sono gestite dagli organismi di cui all’art. 55 del CCNL del 14.9.2000 formati da rappresentanti dei dipendenti e costituiti in conformità a quanto previsto dall’art. 11, della legge n. 300 del 1970. Art. 18 Permessi per l’espletamento di funzioni di pubblico ministero 1. Il personale della polizia locale cui siano affidate funzioni di pubblico ministero presso il tribunale ordinario per delega del Procuratore della Repubblica, ai sensi dell’art. 50, comma 1 lett.a) del D. Lgs. n. 274 del 28.8.2000, ha diritto alla fruizione di permessi retribuiti per il tempo necessario all’espletamento dell’ incarico affidato. CAPO IV DISPOSIZIONI SUL RAPPORTO DI LAVORO Art. 19 Partecipazione del personale comandato o distaccato alle progressioni orizzontali e verticali 1. Il personale comandato o distaccato presso enti, amministrazioni, aziende ha diritto di partecipare alle selezioni sia per le progressioni orizzontali che per le progressioni verticali previste per il restante personale dell’ente di effettiva appartenenza. A tal fine l’ente di appartenenza concorda le modalità per acquisire dall’ente di utilizzazione le informazione e le eventuali valutazioni richieste secondo la propria disciplina. 2. Le parti concordano nel ritenere che gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale e accessorio del personale “distaccato” a prestare servizio presso altri enti, amministrazioni o aziende, nell’interesse dell’ente titolare del rapporto di lavoro, restano a carico dell’ente medesimo. Art. 20 Assenze per l’esercizio delle funzioni di giudice onorario o di vice procuratore onorario 1. Il dipendente autorizzato dall’ente di appartenenza a svolgere le funzioni di giudice onorario o di viceprocuratore onorario, ai sensi delle vigenti disposizioni (D.M. 7.7.1999) salvo che non ricorrano particolari e gravi ragioni organizzative, ha diritto di assentarsi dal lavoro per il tempo necessario all’espletamento del suo incarico. 2. I periodi di assenza di cui al comma 1 non sono retribuiti e non sono utili ai fini della maturazione dell’anzianità di servizio e degli altri istituti contrattuali. Gli stessi periodi non sono sottoposti alla disciplina del cumulo di aspettative, di cui all’art. 14 del CCNL del 14.9.2000, e possono essere fruiti anche in via cumulativa con le ferie, con la malattia e con tutte le forme di congedo e di permesso previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Art. 21 Cause di cessazione del rapporto di lavoro 1. All’art. 27 ter, comma 1, del CCNL del 6.7.1995, la lett. a) è sostituita come segue: “a) al raggiungimento del limite massimo di età o al raggiungimento dell’anzianità massima di servizio qualora tale seconda ipotesi sia espressamente prevista, come obbligatoria, da fonti legislative o regolamentari applicabili nell’ente” TITOLO IV DISPOSIZIONI DISCIPLINARI Art. 22 Clausola generale 1. E’ confermata la disciplina contenuta nel capo V del CCNL del 6 luglio 1995, fatte salve le modificazioni di cui ai successivi articoli. Art. 23 Modifiche all’art. 23 (Doveri del dipendente) del CCNL del 6 luglio 1995 1. Al testo dell’art. 23 del CCNL del 6 luglio 1995 sono apportate le seguenti modifiche: a. la rubrica dell’articolo “doveri del dipendente” è modificata in “obblighi del dipendente”; b. al termine del comma 1, dopo il punto, è aggiunta la seguente frase “Il dipendente adegua altresì il proprio comportamento ai principi riguardanti il rapporto di lavoro contenuti nel codice di condotta allegato”; c. al comma 3, lettera d), le parole “della legge 4 gennaio 1968, n.15” vengono sostituite con “al DPR del 28 dicembre 2000 n. 445” (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa); d. al comma 3, lettera r), dopo le parole “interessi finanziari o non finanziari propri” e prima del punto viene aggiunta la frase “o di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi”. Art. 24 Modifiche all’art. 24 (Sanzioni e procedure disciplinari) del CCNL 6 luglio 1995 1. Al testo dell’art. 24 del CCNL del 6 luglio 1995 sono apportate le seguenti modifiche: A) Il comma 1 è sostituito dal seguente comma: “1. Le violazioni, da parte dei lavoratori, degli obblighi disciplinati nell’art. 23 danno luogo, secondo la gravità dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, all’applicazione delle seguenti sanzioni disciplinari: a) rimprovero verbale; b) rimprovero scritto (censura); c) multa di importo fino ad un massimo di 4 ore di retribuzione; d) sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a un massimo di dieci giorni; e) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di sei mesi; f) licenziamento con preavviso; g) licenziamento senza preavviso.” B) Il comma 2 è sostituito dal seguente comma: “2. L’ente, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente, senza previa contestazione scritta dell’addebito e senza averlo sentito a sua difesa con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. La contestazione deve essere effettuata tempestivamente e comunque nel termine di 20 giorni che decorrono: b) dal momento in cui il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora ha avuto conoscenza del fatto; c) dal momento in cui l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, su segnalazione del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, ha avuto conoscenza del fatto comportante la applicazione di sanzioni più gravi del rimprovero verbale e di quello scritto.” C) il comma 4 è sostituito dal seguente comma: “4. Nel caso in cui, ai sensi dell’ art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001 la sanzione da comminare non sia di sua competenza, il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, ai fini del comma 2, segnala entro 10 giorni, all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, ai sensi del comma 4 dell’art. 55 citato, i fatti da contestare al dipendente per l’istruzione del procedimento. In caso di mancata comunicazione nel termine predetto si darà corso all’accertamento della responsabilità del soggetto tenuto alla comunicazione.” D) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente comma 4 bis: “4 bis. Qualora, anche nel corso del procedimento, già avviato con la contestazione, emerga che la sanzione da applicare non sia di spettanza del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, questi, entro 5 giorni, trasmette tutti gli atti all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, dandone contestuale comunicazione all’interessato. Il procedimento prosegue senza soluzione di continuità presso quest’ultimo ufficio, senza ripetere la contestazione scritta dell’addebito.” E) dopo il comma 9 viene aggiunto il comma 9 bis: “9 bis. Con riferimento al presente articolo sono da intendersi perentori il termine iniziale e quello finale del procedimento disciplinare. Nelle fasi intermedie i termini ivi previsti saranno comunque applicati nel rispetto dei principi di tempestività ed immediatezza, che consentano la certezza delle situazioni giuridiche”. Art. 25 Codice disciplinare 1. Il testo dell’art. 25 (codice disciplinare ) del CCNL del 6.7.1995 è sostituito dal seguente: “1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza, e in conformità a quanto previsto dall’art. 55 del D.Lgs.n.165 del 2001 e successive modificazioni ed integrazioni, il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali: a. intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento; b. rilevanza degli obblighi violati; c. responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente; d. grado di danno o di pericolo causato all’ente, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi; e. sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti; f. al concorso nella mancanza di più lavoratori in accordo tra di loro. 2. La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4, 5 e 6, già sanzionate nel biennio di riferimento, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell’ambito dei medesimi commi. 3. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità. 4. La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a 4 ore di retribuzione si applica, graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri del comma 1, per: a) inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di lavoro; b) condotta non conforme ai principi di correttezza verso superiori o altri dipendenti o nei confronti del pubblico; c) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati, nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti a lui affidati o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare attività di custodia o vigilanza; d) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non ne sia derivato danno o disservizio; e) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell’ente, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 6 della legge 20 maggio 1970 n. 300; f) insufficiente rendimento, rispetto ai carichi di lavoro e, comunque, nell’assolvimento dei compiti assegnati. L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio dell’ente e destinato ad attività sociali a favore dei dipendenti. 5. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per: a) recidiva nelle mancanze previste dal comma 4, che abbiano comportato l’applicazione del massimo della multa; b) particolare gravità delle mancanze previste al comma 4; c) assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli obblighi del dipendente, agli eventuali danni causati all’ente, agli utenti o ai terzi; d) ingiustificato ritardo, non superiore a 10 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata dai superiori; e) svolgimento di attività che ritardino il recupero psico-fisico durante lo stato di malattia o di infortunio; f) testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa; g) comportamenti minacciosi,gravemente ingiuriosi calunniosi o diffamatori nei confronti di altri dipendenti o degli utenti o di terzi; h) alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi; i) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’ente, salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art.1 della legge n.300 del 1970; j) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona; k) violazione di obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’ente, agli utenti o ai terzi; j) sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un altro dipendente. 6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di 6 mesi si applica per: a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nel comma precedente quando sia stata comminata la sanzione massima oppure quando le mancanze previste al comma 5 presentino caratteri di particolare gravità; b) assenza ingiustificata ed arbitraria dal servizio per un numero di giorni superiore a quello indicato nella lett. c) del comma 5 e fino ad un massimo di 15; c) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’ente o ad esso affidati; d) persistente insufficiente rendimento o fatti, colposi o dolosi, che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio; e) esercizio, attraverso sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi ostili e denigratori, di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un altro dipendente al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo; f) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, di particolare gravità che siano lesivi della dignità della persona; Nella sospensione dal servizio prevista dal presente comma, il dipendente è privato della retribuzione fino al decimo giorno mentre, a decorrere dall’undicesimo, viene corrisposta allo stesso una indennità pari al 50% della retribuzione indicata all’art. 52, comma 2, lett. b) (retribuzione base mensile) del CCNL del 14.9.2000 nonché gli assegni del nucleo familiare ove spettanti. Il periodo di sospensione non è, in ogni caso, computabile ai fini dell’anzianità di servizio. 7. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso si applica per: a) recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, nelle mancanze previste ai commi 5 e 6, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nei medesimi commi, che abbia comportato l’applicazione della sanzione massima di 6 mesi di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, fatto salvo quanto previsto al successivo comma 8, lett. a); b) recidiva nell’infrazione di cui al comma 6, lettera c); c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’ente per riconosciute e motivate esigenze di servizio nel rispetto delle vigenti procedure, adottate nel rispetto dei modelli di relazioni sindacali previsti, in relazione alla tipologia di mobilità attivata. d) mancata ripresa del servizio nel termine prefissato dall’ente quando l’assenza arbitraria ed ingiustificata si sia protratta per un periodo superiore a quindici giorni. Qualora il dipendente riprenda servizio si applica la sanzione di cui al comma 6; e) continuità, nel biennio, dei comportamenti rilevati attestanti il perdurare di una situazione di insufficiente rendimento o fatti, dolosi o colposi, che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio; f) recidiva nel biennio, anche nei confronti di persona diversa, di sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi ostili e denigratori e di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un collega al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo; g) recidiva nel biennio di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona; h) condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso fuori dal servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità; i) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di gravità tale secondo i criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro; j) reiterati comportamenti ostativi all’attività ordinaria dell’ente di appartenenza e comunque tali da comportare gravi ritardi e inadempienze nella erogazione dei servizi agli utenti. 8. La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso si applica per: a) terza recidiva nel biennio, negli ambienti di lavoro, di vie di fatto contro dipendenti o terzi, anche per motivi non attinenti al servizio; b) accertamento che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque, con mezzi fraudolenti, ovvero che la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro sia avvenuta a seguito di presentazione di documenti falsi; c) condanna passata in giudicato: 1. per i delitti già indicati nell’ art.1, comma 1, lettere a), b) limitatamente all’art. 316 del codice penale, c), ed e) della legge 18 gennaio 1992 n. 16; per il personale degli enti locali il riferimento è ai delitti previsti dagli artt. 58, comma 1, lett. a), b) limitatamente all’art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a) e all’art. 316 del codice penale, lett. b) e c) del D.Lgs.n.267 del 2000. 2. per gravi delitti commessi in servizio; 3. per i delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 27 marzo 2001 n. 97; d) condanna passata in giudicato quando dalla stessa consegua l’interdizione perpetua dai pubblici uffici; e) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità; f) violazioni intenzionali degli obblighi non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, anche nei confronti di terzi, di gravità tale, in relazione ai criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro. 9. Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 8 sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei lavoratori di cui all’art. 23 quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti. 10. Al codice disciplinare di cui al presente articolo, deve essere data la massima pubblicità mediante affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale forma di pubblicità è tassativa e non può essere sostituita con altre. Art. 26 Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale 1. Dopo l’art. 25 del CCNL del 6.7.1995, come sostituito dal precedente articolo, è aggiunto l’art. 25 bis “Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale”: “1. Nel caso di commissione in servizio di gravi fatti illeciti di rilevanza penale l’ente inizia il procedimento disciplinare ed inoltra la denuncia penale. Il procedimento disciplinare rimane tuttavia sospeso fino alla sentenza definitiva. Analoga sospensione è disposta anche nel caso in cui l’obbligo della denuncia penale emerga nel corso del procedimento disciplinare già avviato. 2. Al di fuori dei casi previsti nel comma 1, quando l’ente venga a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a carico del dipendente per i medesimi fatti oggetto di procedimento disciplinare, questo è sospeso fino alla sentenza definitiva. 3. Qualora l’ente sia venuta a conoscenza dei fatti che possono dal luogo a sanzione disciplinare solo a seguito della sentenza definitiva di condanna, il procedimento è avviato nei termini previsti dall’art.24, comma 2. 4. Fatto salvo il disposto dell’art. 5, comma 2, della legge n. 97 del 2001, il procedimento disciplinare sospeso ai sensi del presente articolo è riattivato entro 180 giorni da quando l’ente ha avuto notizia della sentenza definitiva e si conclude entro 120 giorni dalla sua riattivazione. 5. Per i soli casi previsti all’art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001 il procedimento disciplinare precedentemente sospeso è riattivato entro 90 giorni da quando l’ente ha avuto comunicazione della sentenza definitiva e deve concludersi entro i successivi 120 giorni dalla sua riattivazione. 6. L’applicazione della sanzione prevista dall’art. 25 (codice disciplinare), come conseguenza delle condanne penali citate nei commi 7, lett. h) e 8, lett. c) ed e), non ha carattere automatico essendo correlata all’esperimento del procedimento disciplinare, salvo quanto previsto dall’art. 5, comma 2, della legge n. 97 del 2001 e dall’art. 28 del codice penale relativamente alla applicazione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. 7. In caso di sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata con la formula “il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso” si applica quanto previsto dall’art. 653 c.p.p. e l’ente dispone la chiusura del procedimento disciplinare sospeso, dandone comunicazione all’interessato. Ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dipendente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni, il procedimento medesimo riprende per dette infrazioni. 8. In caso di sentenza definitiva di proscioglimento, prima del dibattimento, ai sensi dell’art.129 cpp, pronunciata con la formula il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, si procede analogamente al comma 7. 9. In caso di sentenza irrevocabile di condanna trova applicazione l’art. 653, comma 1 bis del c.p.p. 10. Il dipendente licenziato ai sensi dell’art. 25 (codice disciplinare), comma 7, lett. h) e comma 8, lett. c) ed e), e successivamente assolto a seguito di revisione del processo ha diritto, dalla data della sentenza di assoluzione, alla riammissione in servizio nella medesima sede o in altra su sua richiesta, anche in soprannumero, nella posizione economica acquisita nella categoria di appartenenza all’atto del licenziamento ovvero in quella corrispondente alla qualifica funzionale posseduta alla medesima data secondo il pregresso ordinamento professionale. 11. Dalla data di riammissione di cui al comma 10, il dipendente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione antecedente, escluse le indennità comunque legate alla presenza in servizio, agli incarichi ovvero alla prestazione di lavoro straordinario. In caso di premorienza, gli stessi compensi spettano al coniuge o il convivente superstite e ai figli. “ Art. 27 Sospensione cautelare in caso di procedimento penale 1. Il testo dell’art. 27 (Sospensione cautelare in caso di procedimento penale) del CCNL del 6.7.1995 è sostituito dal seguente: 1. “ Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d’ufficio dal servizio con privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o comunque dello stato restrittivo della libertà. 2. Il dipendente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione anche nel caso in cui venga sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell’art. 25 (codice disciplinare) commi 7 e 8 (licenziamento con e senza preavviso). 3. L’ente, cessato lo stato di restrizione della libertà personale, di cui al comma 1, può prolungare anche successivamente il periodo di sospensione del dipendente, fino alla sentenza definitiva, alle medesime condizioni del comma 2. 4. Resta fermo l’obbligo di sospensione per i delitti già indicati dall’art. 1, comma 1, lett. a), b) limitatamente all’art. 316 del codice penale, lett. c) ed e) della legge n. 16 del 1992; per le medesime finalità, nei confronti del personale degli enti locali trova applicazione la disciplina degli artt.58, comma 1, lett. a), b) limitatamente all’art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a) limitatamente ai delitti già indicati nell’art. 58 comma 1, lett. a) e all’art. 316 del codice penale, lett. b) e c) del D.Lgs.n. 267 del 2000. 5. Nel caso dei delitti previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, trova applicazione la disciplina ivi stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, trova applicazione l’art. 4, comma 1, della citata legge n. 97 del 2001. 6. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica quanto previsto dall’art. 25-bis in tema di rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale. 7. Al dipendente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti un’indennità pari al 50% della retribuzione base mensile di cui all’art. 52, comma 2, lett. b) del CCNL del 14.9.2000, la retribuzione individuale di anzianità ove acquisita e gli assegni del nucleo familiare, con esclusione di ogni compenso accessorio, comunque denominato. 8. Nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o di proscioglimento, ai sensi dell’ art. 25 bis, commi 7 e 8, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare verrà conguagliato con quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o compensi comunque collegati alla presenza in servizio, agli incarichi ovvero a prestazioni di carattere straordinario. Ove il procedimento disciplinare riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell’art. 25 bis, comma 7, secondo periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate. 9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le indennità o compensi comunque collegati alla presenza in servizio, agli incarichi ovvero a prestazioni di carattere straordinario; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato. 10. Quando vi sia stata sospensione cautelare del servizio a causa di procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto e il dipendente riammesso in servizio. Il procedimento disciplinare rimane, comunque, sospeso sino all’esito del procedimento penale. 11. Qualora la sentenza definitiva di condanna preveda anche la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, l’ente sospende il lavoratore per la durata della stessa. Art. 28 Disposizioni transitorie per i procedimenti disciplinari 1. I procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione del presente contratto, sono portati a termine secondo le procedure vigenti alla data del loro avvio con la notifica della contestazione. 2. Alle infrazioni disciplinari accertate ai sensi del comma 1, si applicano – qualora più favorevoli – le sanzioni previste dall’art. 25 (codice disciplinare) del CCNL del 6 luglio 1995, senza le modifiche apportate dal presente contratto. 3. In sede di prima applicazione del presente CCNL, il codice disciplinare di cui all’art. 25 deve essere obbligatoriamente affisso in ogni posto di lavoro in luogo accessibile a tutti i dipendenti, entro 15 giorni dalla data di stipulazione del presente CCNL e si applica dal quindicesimo giorno successivo a quello della affissione. 4. Per le infrazioni disciplinari commesse nel periodo ricompresso tra la data di sottoscrizione del presente CCNL e quella di decorrenza della efficacia del codice disciplinare, trova applicazione quanto previsto dai commi 1 e 2. TITOLO V TRATTAMENTO ECONOMICO CAPO I ISTITUTI DI CARATTERE GENERALE Art.29 Stipendio tabellare 1. Gli stipendi tabellari sono incrementati, tenendo conto dell’inflazione programmata per ciascuno dei due anni costituenti il biennio 2002 – 2003, del recupero dello scarto tra inflazione reale e programmata del biennio precedente nonché delle ulteriori risorse destinate al trattamento fisso derivanti dalle modifiche introdotte dall’art. 33, comma 1, della legge n. 289 del 27.12.2002 (finanziaria 2003) pari allo 0,5%. 2. Ai sensi del comma 1, il trattamento economico tabellare delle posizioni iniziali e di sviluppo delle diverse categorie, come definito dalla tabella A allegata al CCNL del 5.10.2001, è incrementato degli importi mensili lordi, per tredici mensilità, indicati nella tabella A allegata al presente contratto, con le decorrenze ivi previste. 3. A decorrere dal 1 gennaio 2003, l’indennità integrativa speciale (IIS), di cui alla tabella C allegata al CCNL del 14.9.2000, cessa di essere corrisposta come singola voce della retribuzione ed è conglobata nella voce stipendio tabellare; detto conglobamento non ha effetti diretti o indiretti sul trattamento economico complessivo fruito dal personale in servizio all’estero in base alle vigenti disposizioni. 4. I più elevati importi di indennità integrativa speciale attualmente in godimento da parte del personale delle categorie B e D, rispetto all’importo conglobato nello stipendio, sono conservati come assegno personale non riassorbibile ed utile ai fini del trattamento di pensione e di fine servizio. Gli stessi importi sono ricompresi nella nozione del trattamento economico di cui all’art. 52, comma 2, lett. b), del CCNL del 14.9.2000. 5. A seguito della applicazione della disciplina dei commi 2 e 3, gli importi annui del trattamento economico tabellare iniziale e di sviluppo del sistema di classificazione sono rideterminati, a regime, con decorrenza dall’1.1.2003 secondo le indicazioni delle allegate tabelle B e C. 6. Sono confermati: la tredicesima mensilità, secondo la disciplina dell’art. 3 del CCNL del 5.10.2001, la retribuzione individuale di anzianità e gli altri assegni personali a carattere continuativo e non riassorbibile . Art .30 Effetti dei nuovi stipendi 1. Nei confronti del personale cessato o che cesserà dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza del presente contratto di parte economica relativa al biennio 2002-2003, gli incrementi di cui al comma 2 dell’art. 29. hanno effetto integralmente, alle scadenze e negli importi previsti nella tabella A, ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza; agli effetti della indennità premio di fine servizio, dell’indennità sostitutiva del preavviso, nonché di quella prevista dall’art. 2122 del c.c. (indennità in caso di decesso), si considerano solo gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione del rapporto. 2. Salvo diversa espressa previsione del CCNL dell’1.4.1999 e del CCNL del 14.9.2000 gli incrementi dei valori delle posizioni iniziali e di sviluppo del sistema di classificazione previsti dall’art. 29, comma 2, e dalle allegate tabelle B e C, hanno effetto, dalle singole decorrenze, su tutti gli istituti di carattere economico per la cui quantificazione le vigenti disposizioni prevedono un espresso rinvio alle medesime posizioni. 3. Il conglobamento sullo stipendio tabellare dell’indennità integrativa speciale, di cui all’art. 29, comma 3, del presente CCNL, non modifica le modalità di determinazione della base di calcolo in atto del trattamento pensionistico anche con riferimento all’art. 2, comma 10, della legge 8 agosto 1995 n. 335. Art. 31 Disciplina delle “risorse decentrate” 1. Le risorse finanziarie destinate alla incentivazione delle politiche di sviluppo delle risorse umane e della produttività (di seguito citate come: risorse decentrate) vengono determinate annualmente dagli enti, con effetto dal 31.12.2003 ed a valere per l’anno 2004, secondo le modalità definite dal presente articolo. 2. Le risorse aventi carattere di certezza, stabilità e continuità determinate nell’anno 2003 secondo la previgente disciplina contrattuale, e con le integrazioni previste dall’art. 32, commi 1 e 2, vengono definite in un unico importo che resta confermato, con le stesse caratteristiche, anche per gli anni successivi. Le risorse del presente comma sono rappresentate da quelle derivanti dalla applicazione delle seguenti disposizioni: art. 14, comma 4; art. 15, comma 1, lett. a, b, c, f, g, h, i, j, l, comma 5 per gli effetti derivati dall’incremento delle dotazioni organiche, del CCNL dell’1.4.1999; art. 4, commi 1 e 2, del CCNL 5.10.2001. L’importo è suscettibile di incremento ad opera di specifiche disposizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro nonché per effetto di ulteriori applicazioni della disciplina dell’art. 15, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999, limitatamente agli effetti derivanti dall’incremento delle dotazioni organiche. 3. Le risorse di cui al comma 2 sono integrate annualmente con importi aventi caratteristiche di eventualità e di variabilità, derivanti dalla applicazione delle seguenti discipline contrattuali vigenti e nel rispetto dei criteri e delle condizioni ivi prescritte: art. 15, comma 1, lett. d, e, k, m, n, comma 2, comma 4, comma 5, per gli effetti non correlati all’aumento delle dotazioni organiche ivi compresi quelli derivanti dall’ampliamento dei servizi e dalle nuove attività, del CCNL dell’1.4.1999; art. 4, commi 3 e 4, del CCNL del 5.10.2001, art. 54 del CCNL del 14.9.2000 art. 32, comma 6, del presente CCNL. 4. Le risorse decentrate di cui al comma 3 ricomprendono anche le somme destinate alla incentivazione del personale delle case da gioco secondo le previsioni della legislazione vigente e dei relativi decreti ministeriali attuativi. 5. Resta confermata la disciplina dell’art. 17, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999 sulla conservazione e riutilizzazione delle somme non spese nell’esercizio di riferimento. Art. 32 Incrementi delle risorse decentrate 1. Le risorse decentrate previste dall’art 31, comma 2, sono incrementate, dall’anno 2003, di un importo pari allo 0,62% del monte salari, esclusa la dirigenza, riferito all’anno 2001. 2. Gli enti incrementano ulteriormente le risorse decentrate indicate nel comma 1 e con decorrenza dall’anno 2003 con un importo corrispondente allo 0,50% del monte salari dell’anno 2001, esclusa la quota relativa alla dirigenza, nel rispetto della specifica disciplina del presente articolo. 3. Enti locali: l’incremento percentuale dello 0,50% di cui al comma 2 è consentito agli enti la cui spesa del personale risulti inferiore al 39% delle entrate correnti; 4. Camere di Commercio: l’incremento percentuale dello 0,50% di cui al comma 2 è consentito a favore degli enti la cui spesa del personale risulti inferiore al 41% delle entrate correnti. 5. Regioni: l’incremento percentuale dello 0,50% di cui al comma 2 è consentito a favore degli enti la cui spesa del personale risulti inferiore al 35% della spesa corrente depurata della spesa sanitaria. 6. Gli altri enti del comparto, diversi da quelli indicati nei commi precedenti, incrementano le risorse decentrate sino ad un importo massimo corrispondente allo 0,50% su base annua del monte salari riferito all’anno 2001, ove nel bilancio sussista la relativa capacità di spesa. 7. La percentuale di incremento indicata nel comma 2 è integrata, nel rispetto delle medesime condizioni specificate nei commi 3, 4, 5 e 6, di un ulteriore 0,20% del monte salari dell’anno 2001, esclusa la quota relativa alla dirigenza, ed è destinata al finanziamento della disciplina dell’art. 10 (alte professionalità). 8. Gli incrementi indicati nel presente articolo, commi 2 e 7, non trovano applicazione da parte degli enti locali dissestati o strutturalmente deficitari, per i quali non sia intervenuta ai sensi di legge l’approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. 9. E’ confermata per il personale che viene assunto in profili della categoria A o in profili collocati nella categoria B, posizione economica B1, o che vi perviene per effetto della progressione verticale, ivi compreso il personale che ha fruito della progressione economica orizzontale, di cui all’art. 5 del CCNL del 31.3.1999, l’indennità di € 64,56 annue lorde, di cui all’art. 4, comma 3, del CCNL del 16.7.1996. 10. Dalla data di sottoscrizione del presente contratto collettivo, non trova più applicazione la disciplina dell’art. 5 del CCNL del 5.10.2001. Art. 33 Istituzione e disciplina della indennità di comparto 1. Al fine di conseguire un progressivo riallineamento della retribuzione complessiva del personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali con quella del restante personale pubblico, è istituito un compenso denominato: indennità di comparto. 2. L’indennità di comparto ha carattere di generalità e natura fissa e ricorrente. Essa viene corrisposta per dodici mensilità. 3. L’indennità di comparto è ridotta o sospesa negli stessi casi di riduzione o sospensione previsti per il trattamento tabellare. Essa non è utile ai fini della determinazione della base di calcolo dell’indennità di fine servizio. L’istituzione della indennità di comparto non modifica le modalità di determinazione della base di calcolo in atto del trattamento pensionistico anche con riferimento all’art. 2, commi 9 e 10 della legge n. 335 del 1995. 4. L’indennità viene corrisposta come di seguito indicato: a) con decorrenza dell’1.1.2002, nelle misure indicate nella colonna 1 della tabella D allegata al presente CCNL; b) con decorrenza dal 1.1.2003, le misure di cui alla lett. a) sono incrementate degli importi previsti dalla colonna 2 della medesima tabella D; a tal fine vengono prelevate le corrispondenti risorse nell’ambito di quelle previste dall’art. 32 comma 1; c) con decorrenza 31.12.2003, ed a valere per l’anno 2004, l’importo della indennità di comparto è corrisposto nei valori indicati nella colonna 4 della ripetuta tabella D i quali riassorbono anche gli importi determinati ai sensi delle lettere a) e b); a tal fine vengono prelevate le corrispondenti risorse stabili dalle disponibilità dell’art. 31, comma 2. 5. Le quote di indennità di cui alle lettere b) e c) del comma 4, prelevate dalle risorse decentrate, sono riacquisite nella disponibilità delle medesime risorse (art. 31, comma 2) a seguito della cessazione dal servizio, per qualsiasi causa, del personale interessato, per le misure non riutilizzate in conseguenza di nuove assunzioni sui corrispondenti posti. Art. 34 Finanziamento delle progressioni orizzontali 1. Si conferma che gli oneri relativi al pagamento dei maggiori compensi spettanti al personale che ha beneficiato della disciplina sulle progressioni economiche orizzontali, di cui all’art. 5 del CCNL del 31.3.1999, sono interamente a carico delle risorse decentrate previste dall’art. 31, comma 2. 2. Gli oneri di cui al comma 1 sono calcolati su base annua e sono comprensivi anche della quota della tredicesima mensilità. 3. Dalla data di decorrenza dei maggiori compensi di cui al comma 1, le risorse dell’art. 31, comma 2, vengono stabilmente ridotte degli importi annui corrispondenti. 4. Gli importi fruiti per progressione economica orizzontale dal personale cessato dal servizio per qualsiasi causa o che sia stato riclassificato nella categoria superiore per progressione verticale, sono riacquisiti nella disponibilità delle risorse decentrate dalla data di decorrenza delle cessazioni o delle riclassificazioni; la contrattazione decentrata definisce le finalità di utilizzazione delle predette risorse recuperate anche per il finanziamento di ulteriori progressioni orizzontali. 5. E’ disapplicata la disciplina dell’art. 16, comma 2, del CCNL dell’1.4.1999. Art. 35 Integrazione delle posizioni economiche 1. Con decorrenza dal 31.12.2003 ed a valere per l’anno 2004, il numero delle posizioni economiche delle quattro categorie previste dal CCNL del 31.3.1999, è integrato con la previsione delle nuove posizioni di sviluppo: A5, B7, C5 e D6 il cui valore economico è indicato nella tabella C allegata al presente CCNL. 2. I criteri di riferimento da utilizzare per le selezioni sono quelli già indicati nell’art. 5, comma 2, lett. a) per la posizione economica A 5 e nella lett. d) per le posizioni B7, C5 e D6 . 3. Anche per il finanziamento degli oneri conseguenti alle progressioni economiche di nuova istituzione, si conferma il vincolo di utilizzazione delle risorse di cui all’art. 31 comma 2. CAPO II COMPENSI, INDENNITA’ E ALTRI BENEFICI ECONOMICI Art. 36 Modifiche all’art. 17 del CCNL dell’1.4.1999 1. Il compenso per l’esercizio di compiti che comportano specifiche responsabilità di cui all’art. 17, comma 2, lett. f) del CCNL dell’1.4.1999 può essere determinato, in sede di contrattazione decentrata, entro i seguenti valori annui lordi: da un minimo di € 1.000 sino ad un massimo di € 2.000. 2. All’art. 17, comma 2, è aggiunta la seguente lettera: i) Compensare le specifiche responsabilità del personale delle categorie B, C e D attribuite con atto formale degli enti, derivanti dalle qualifiche di Ufficiale di stato civile e anagrafe ed Ufficiale elettorale nonché di responsabile dei tributi stabilite dalle leggi; compensare, altresì, i compiti di responsabilità eventualmente affidati agli archivisti informatici nonché agli addetti agli uffici per le relazioni con il pubblico ed ai formatori professionali; compensare ancora le funzioni di ufficiale giudiziario attribuite ai messi notificatori; compensare, infine, le specifiche responsabilità affidate al personale addetto ai servizi di protezione civile. L’importo massimo del compenso è definito in € 300 annui lordi. Art. 37 Compensi per produttività 1. L’art. 18 del CCNL dell’1.4.1999 è sostituito dal seguente: “1. La attribuzione dei compensi di cui all’art. 17, comma 2, lett. a) ed h) è strettamente correlata ad effettivi incrementi della produttività e di miglioramento quali-quantitativo dei servizi da intendersi, per entrambi gli aspetti, come risultato aggiuntivo apprezzabile rispetto al risultato atteso dalla normale prestazione lavorativa. 2. I compensi destinati a incentivare la produttività e il miglioramento dei servizi devono essere corrisposti ai lavoratori interessati soltanto a conclusione del periodico processo di valutazione delle prestazioni e dei risultati nonché in base al livello di conseguimento degli obiettivi predefiniti nel PEG o negli analoghi strumenti di programmazione degli enti. 3. La valutazione delle prestazioni e dei risultati dei lavoratori spetta ai competenti dirigenti nel rispetto dei criteri e delle prescrizioni definiti dal sistema permanente di valutazione adottato nel rispetto del modello di relazioni sindacali previsto; il livello di conseguimento degli obiettivi è certificato dal servizio di controllo interno. 4. Non è consentita la attribuzione generalizzata dei compensi per produttività sulla base di automatismi comunque denominati. 5. Per le Camere di Commercio le eventuali risorse rese disponibili dagli enti secondo la disciplina dell’art. 15, comma 1, lett. n), del CCNL dell’1.4.1999, devono essere destinate al finanziamento della componente variabile collegata al risultato e alla valutazione della prestazione. Le ulteriori risorse derivanti dalla eventuale applicazione della disciplina dell’art. 15, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999 sono rese disponibili, previa contrattazione decentrata integrativa, per la incentivazione delle prestazioni e dei risultati del personale, previa analisi economico finanziaria delle iniziative di ampliamento o di miglioramento dei servizi che valuti l’incidenza degli oneri del personale connessi a tali iniziative.” Art. 38 Personale distaccato alle associazioni degli enti 1. Al personale distaccato, ai sensi dell’art. 271, comma 2, del D. Lgs. n.267 del 2000 presso gli organismi nazionali e regionali delle autonomie locali, compete il trattamento economico previsto dall’art. 52, comma 2, lett. c) del CCNL del 14.9.2000 ivi compresa la tredicesima mensilità e la indennità di comparto disciplinata dall’art. 33; i relativi oneri sono confermati a carico dell’ente di appartenenza. Art. 39 Dipendenti in distacco sindacale 1. Il comma 1 dell’art. 47 del CCNL del 14.9.2000, relativo alla tutela del trattamento economico del personale in distacco sindacale, è completato, prima del punto, con la seguente disciplina: “ivi comprese le quote della tredicesima mensilità, nonché la indennità di comparto disciplinata dall’art. 33.” 2. Il comma 2 dell’art. 47 del CCNL del 14.9.2000 è integrato come segue: “In sede di contrattazione decentrata integrativa detto personale dovrà essere considerato ai fini dell’art. 17, comma 2, lett. a) del CCNL dell’1.4.1999 e successive modificazioni e integrazioni nonché nella valutazione utile alla progressione economica orizzontale.” Art. 40 Straordinario per calamità naturali 1. Le risorse finanziarie formalmente assegnate agli enti, con i provvedimenti adottati per far fronte elle emergenze derivanti da calamità naturali, per remunerare prestazioni straordinarie del personale, possono essere utilizzate, per le medesime finalità, anche a favore del personale incaricato della responsabilità di uno posizione organizzativa. 2. La disciplina del comma 1 trova applicazione con effetto dal gennaio 2002. Art. 41 Indennità di rischio 1. La misura della indennità di rischio di cui all’art. 37 del CCNL del 14.9.2000 è rideterminata in € 30 mensili lorde, con decorrenza dal 31.12.2003. Art. 42 Benefici economici per gli invalidi per servizio 1. L’art. 50 del CCNL del 14.9.2000 è integrato come segue: “2. La disciplina del presente articolo trova applicazione anche nei confronti del personale che abbia conseguito il riconoscimento della invalidità con provvedimento formale successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. In tal caso la domanda può essere presentata dall’interessato o, eventualmente, dagli eredi, entro i successivi sessanta giorni, e il trattamento economico da prendere a base di calcolo corrisponde a quello dell’ultimo mese di servizio.” Art. 43 Tredicesima mensilità 1. Il comma 5 dell’art. 3, del CCNL del 5.10.2001 è così sostituito: “Nel caso di servizio prestato per un periodo inferiore all’anno o in caso di cessazione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno, la tredicesima mensilità è dovuta in ragione di un dodicesimo per ogni mese di servizio prestato e, per le frazioni di mese, in ragione di un trecentosessantacinquesimo per ogni giorno di servizio prestato nel mese, ed è calcolata con riferimento alla retribuzione individuale mensile di cui al comma 2 spettante al lavoratore nel mese contiguo a servizio intero.” CAPO III DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE Art. 44 Disposizioni per il personale dell’Agenzia nazionale per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali 1. Il personale dell’Agenzia nazionale per la gestione dell’Albo dei Segretari comunali e provinciali, inserito nel comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali per effetto dell’art. 10, comma 1, del CCNQ 18.12.2002, è inquadrato, con decorrenza dall’ 1.1.2002, nelle categorie e nei profili del vigente sistema di classificazione del comparto delle regioni e delle autonomie locali, previsti dall’allegato A del CCNL del 31.3.1999. 2. Le risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività di cui all’art. 31 del presente CCNL, presso l’Agenzia, sono costituite da quelle già destinate nell’anno 2003 alla contrattazione decentrata integrativa secondo la disciplina del CCNL precedentemente applicato e sono integrate con le modalità stabilite dall’art. 32 del presente CCNL, secondo le decorrenze ivi previste. ART. 45 Conferma di discipline precedenti 1. Per quanto non previsto nel presente CCNL, e in attesa della sottoscrizione del testo unificato delle disposizioni contrattuali del comparto, restano confermate, ove non disapplicate, le discipline dei contratti collettivi nazionali di lavoro già stipulati dal 6.7.1995 al 5.10.2001. E’, in via esemplificativa, confermata la disciplina dell’art. 17 del CCNL del 6.7.1995 sull’orario di lavoro e sulla relativa quantificazione in 36 ore settimanali; dell’art. 18 del CCNL del 6.7.1995 e successive modificazioni e integrazioni; tutte le altre disposizioni contrattuali in materia di orario e sue articolazioni e tutele ivi compreso l’art. 22 del CCNL dell’1.4.1999 e gli artt. 22, 23, 24 e 38 del CCNL del 14.9.2000. 2. E’ confermata, anche per il quadriennio 2002-2005, la disciplina dell’art. 23 del CCNL dell’1.4.1999, relativo allo sviluppo delle attività formative, ivi compreso l’impegno degli enti per un finanziamento annuale delle relative attività con risorse finanziarie non inferiori all’1% della spesa del personale. Art. 46 Personale addetto alle case da gioco 1. Al personale dipendente dagli enti locali addetto alle case da gioco si applicano i benefici economici derivanti dal presente contratto. E’, comunque, fatto salvo il trattamento economico nelle componenti e nella dinamica a qualunque titolo vigente, in considerazione della particolare professionalità di tale personale non rientrante nei compiti di istituto propri degli enti. Art. 47 Personale dipendente dal comune di Campione d’Italia 1. I benefici economici previsti dal presente contratto per i dipendenti del comparto Regioni-Autonomie locali di applicano anche ai dipendenti del comune di Campione d’Italia. NOTA A VERBALE DELL’ARAN Con riferimento all’ultimo periodo dell’art. 30, comma 3, si precisa che al personale in servizio all’estero destinatario del presente contratto, cui non spetta l’IIS, verrà applicata una ritenuta sullo stipendio metropolitano corrispondente alla misura della indennità integrativa speciale percepita al 31 dicembre 2002, che continua ad essere considerata per il calcolo delle trattenute previdenziali secondo la normativa vigente. Si conferma, altresì, che per il suddetto personale il conglobamento dell’indennità integrativa speciale sullo stipendio tabellare è utile ai fini della indennità premio di fine servizio. Dichiarazione congiunta n. 1 Le parti concordano nell’affermare che le iniziative selettive degli enti per favorire lo sviluppo professionale del personale attraverso i passaggi interni alla categoria superiore, sono tutte riconducibili alla disciplina dell’art. 4 del CCNL del 31.3.1999. Le diverse espressioni utilizzate come: concorsi interni, selezioni interne, passaggi interni, ecc, sono da ritenere come equivalenti anche quando dovessero riguardare la copertura di posti caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall’interno. La espressione formalmente corretta deve essere individuata in quella utilizzata nella rubrica del citato art. 4: “progressione verticale nel sistema di classificazione”. Le parti concordano anche nel ritenere che la regolazione e la attuazione delle “progressioni verticali” debbano essere ricomprese nella attività di gestione di diritto comune secondo la disciplina dell’art. 5, comma 2, del D.Lgs.n.165 del 2001. Dichiarazione congiunta n. 2 Le parti concordano nell’affermare che tutti gli adempimenti attuativi della disciplina dei contratti collettivi di lavoro sono riconducibili alla più ampia nozione di “attività di gestione delle risorse umane” affidate alla competenza dei dirigenti o dei responsabili dei servizi che vi provvedono mediante adozione di atti di diritto comune, con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, secondo la disciplina dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli previsti dal sistema delle relazioni sindacali. Dichiarazione congiunta n. 3 Le parti assumo l’impegno di avviare, entro 60 giorni dalla data di sottoscrizione del presente CCNL, il confronto per l’esame del testo unificato delle vigenti disposizioni contrattuali predisposto dall’ARAN. Dichiarazione congiunta n. 4 Le parti concordano sull’opportunità di sensibilizzare gli enti del comparto affinché adottino tutte le iniziative, nel rispetto di quanto espressamente previsto dall’art.10, comma 7, del CCNQ del 7.8.1998, affinché i diversi livelli di relazioni sindacali previsti dalla vigente contrattazione collettiva nazionale si svolgano al di fuori dell’orario di lavoro, in modo da assicurare il corretto svolgimento delle relazioni sindacali stesse, evitando ogni possibile ricaduta negativa connessa alla fruibilità delle prerogative sindacali. Dichiarazione congiunta n. 5 Le parti concordano sulla necessità che le unioni di comuni, come entità istituzionali autonome, diano piena attuazione alla disciplina del CCNQ del 7.8.1998 in particolare per gli aspetti relativi alla quantificazione e utilizzazione del monte ore dei permessi sindacali di ente. Dichiarazione congiunta n. 6 Le parti concordano nel ritenere che, con riferimento al personale assunto con rapporto a termine, sulla base di fonti legislative speciali nazionali o regionali, gli oneri relativi ad eventuali prestazioni aggiuntive o alla applicazione di istituti tipici del salario accessorio debbano trovare copertura nelle risorse assegnate dalle predette fonti legislative ovvero attraverso un adeguato finanziamento a carico del bilancio degli enti interessati nel rispetto dei relativi equilibri e a condizione che sussista la necessaria capacità di spesa. Dichiarazione congiunta n. 7 Le parti confermano l’impegno comune ad assumere ogni utile iniziativa per definire consensualmente la disciplina relativa alla istituzione del fondo per la previdenza complementare per il personale dei comparti delle regioni e delle autonomie locali e del servizio sanitario nazionale. Dichiarazione congiunta n. 8 Le parti condividono l’esigenza di garantire parità di equilibrio economico nei confronti dei dipendenti impegnati sulle medesime posizioni di lavoro e con analoghe professionalità. A tal fine assumono l’impegno di valutare la praticabilità di soluzioni perequative del trattamento economico in atto, anche in sede dei prossimi rinnovi contrattuali, perché si pervenga al conseguimento del risultato condiviso, con la necessaria gradualità. Dichiarazione congiunta n. 9 Con riferimento alla disciplina dell’art. 5, le parti concordano nel ritenere che la eventuale iniziativa riconosciuta alle “associazioni nazionali rappresentative degli enti” per la attivazione della contrattazione decentrata territoriale, deve intendersi riconosciuta anche alle articolazioni territoriali delle medesime associazioni nazionali, ove esistenti e operative. Dichiarazione congiunta n. 10 Le parti concordano nell’affermare che la disciplina complessiva dell’art. 14 (personale distaccato a tempo parziale) intende offrire agli enti interessati una regolazione uniforme ed innovativa relativamente alla utilizzazione del personale cosiddetto “a scavalco” che viene praticata da tempo e in via di fatto in modo particolare dagli enti di ridotte dimensioni demografiche. Il predetto articolo prende in considerazione, quindi,disciplinandola compiutamente, la condizione dei lavoratori che, fermo restando la unitarietà e la unicità del rapporto di lavoro, sono legittimati a rendere le proprie prestazioni lavorative, ordinarie e straordinarie, a favore di due datori di lavoro. La disciplina dell’art. 14 non trova applicazione nei casi in cui un dipendente sia autorizzato a svolgere incarichi esterni ai sensi dell’art. 53 del D. Lgs. n. 165 del 2001. Dichiarazione congiunta n. 11 Con riferimento al contenuto dell’art. 14, comma 7, le parti prendono atto che la espressione secondo la quale “i relativi oneri sono a carico delle risorse per la contrattazione decentrata dell’ente di appartenenza”, per gli effetti relativi alla retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative, non ha inteso in alcun modo innovare la attuale disciplina sul finanziamento delle stesse posizioni organizzative che resta confermata secondo le vigenti previsioni dall’art. 11 del CCNL del 31.3.1999 (per gli enti senza dirigenza) e dall’art. 17, comma 2, lett. c) (per gli enti con dirigenza). Dichiarazione congiunta n. 12 Con riferimento al contenuto dell’art. 15, le parti concordano nell’affermare che la disciplina ivi prevista ha come destinatari tutti gli enti del comparto delle regioni e delle autonomie locali che non abbiano personale con qualifica dirigenziale. Dichiarazione congiunta n. 13 Con riferimento alla disciplina dell’art. 19, le parti concordano nell’affermare che gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale e accessorio del “personale comandato” (la cui nozione implica l’utilizzo di un lavoratore nell’interesse dell’ente ricevente) presso altri enti sia totalmente a carico degli enti che utilizzano il lavoratore. Gli oneri possono essere sostenuti direttamente o periodicamente rimborsati all’ente titolare del rapporto, secondo gli accordi di collaborazione intervenuti tra gli enti interessati. Per gli istituti tipici del salario accessorio, trova applicazione la disciplina vigente nell’ente utilizzatore. Dichiarazione congiunta n. 14 Con riferimento alla disciplina dell’art. 29, comma 2, le parti concordano nel ritenere che l’importo dell’incremento stipendiale riconosciuto a favore del personale collocato nelle singole posizioni di sviluppo del sistema di classificazione, per la misura più elevata rispetto all’importo attribuito dal presente CCNL al personale collocato nelle posizioni iniziali (A1, B1, C1, D1) o di accesso dall’esterno (B3, D3), è finanziata con le risorse nazionali del CCNL medesimo e quindi è anch’esso a carico dei bilanci degli enti. Questo incremento specifico deve essere inteso, più chiaramente, come differenza tra l’incremento stipendiale attribuito, ad esempio, al lavoratore in posizione C3, rispetto a quello riconosciuto al lavoratore in C1. Lo stesso differenziale retributivo, (C3 meno C1 corrisponde alla differenza tra € 81,09 mensili ed € 77,11 mensili ed è pari ad € 3,98 mensili e a € 47,76 annui, cui deve sempre aggiungersi la quota di tredicesima mensilità) naturalmente, si traduce, in pratica, in una corrispondente rideterminazione dell’importo già in godimento a titolo di progressione economica; come ulteriore conseguenza questo stesso importo determina anche un altrettanto corrispondente aumento del “fondo per le progressioni economiche orizzontali” di cui all’art. 17 del CCNL dell’1.4.1999. Per le stesse motivazioni anche i valori annui delle posizioni di sviluppo vengono rideterminate con effetto dal gennaio 2003 (comma 5, art. 29) con la conseguenza che il costo complessivo delle eventuali nuove progressioni già effettuate o che saranno effettuate con effetto da data successiva al gennaio 2003 dovrà essere calcolato tenendo presente i nuovi e più elevati valori, (cui deve aggiungersi la tredicesima mensilità) con oneri, naturalmente, a carico delle risorse decentrate stabili che subiranno un corrispondente decremento stabile. Dichiarazione congiunta n. 15 Con riferimento alla disciplina dell’art. 29, comma 4, le parti concordano nel ritenere che il termine “attualmente” debba essere riferito alla data di sottoscrizione definitiva del CCNL. L’assegno ad personam, pertanto, per il differenziale di I.I.S. deve essere riconosciuto a tutto il personale in servizio alla predetta data che avesse comunque acquisito il valore superiore della I.I.S. corrispondente alle posizioni di accesso B3 e D3. Dichiarazione congiunta n. 16 Con riferimento alla disciplina dell’art. 29, comma 4, le parti concordano nel ritenere che l’assegno personale non riassorbibile attribuito al personale della categoria B con posizione iniziale in B3, per la conservazione del differenziale della I.I.S., debba essere correttamente conservato per il solo periodo di permanenza nella medesima categoria B su qualunque posizione di sviluppo economico. L’assegno cessa di essere corrisposto in caso di progressione verticale in categoria C. Dichiarazione congiunta n. 17 Con riferimento alla disciplina dell’art. 31, relativa alla quantificazione delle risorse decentrate, le parti concordano nell’affermare che gli enti che abbiano sottoscritto contratti decentrati integrativi relativi all’anno 2003 prima della sottoscrizione del presente CCNL, per definire i criteri e le condizioni per dare applicazione alla disciplina dell’art. 5 del CCNL del 5.10.2001, debbano correttamente e legittimamente rispettare gli impegni assunti e dare, di conseguenza, piena applicazione agli accordi stipulati. Dichiarazione congiunta n. 18 Con riferimento alla disciplina dell’art. 31, comma 2, le parti concordano nel ritenere che le disposizioni contrattuali citate come fonte di finanziamento delle risorse decentrate stabili conservano la loro efficacia anche per gli anni successivi al 2003 per eventuali ulteriori incrementi delle medesime risorse, nel rispetto delle relative specifiche prescrizioni. Tra queste disposizioni sono ricomprese: l’art. 15, comma 1, lett. i) (economie per riduzione posti di dirigente) e l) (risorse del personale trasferito) del CCNL dell’1.4.1999; art. 4, comma 2, (recupero ria e assegni personali) del CCNL del 5.10.2001. Dichiarazione congiunta n. 19 Con riferimento alla disciplina dell’art. 31, comma 2, le parti concordano nel chiarire che le risorse calcolate con riferimento all’anno 2003 devono intendersi, naturalmente, al netto degli importi già destinati, fino a tutto il 2003 compreso, al finanziamento di altri istituti stabili secondo la vigente disciplina contrattuale. Diversamente si produrrebbe un ingiustificato aumento degli oneri a carico dei bilanci degli enti. Pertanto non entrano nel computo delle predette risorse le somme utilizzate per il pagamento delle seguenti voci retributive: a) progressione economica nella categoria, le cui risorse continuano a far parte dello specifico fondo di cui all’art. 17, comma 2, del CCNL dell’1.4.99; b) retribuzione di posizione e di risultato, limitatamente agli enti con dirigenza, le cui risorse continuano a far parte dello specifico fondo di cui all’art. 17, comma 2, lett. c) del CCNL dell’1.4.99; c) incremento indennità del personale educativo degli asili nido, di cui all’art.31, comma 7, secondo periodo, del CCNL del 14.9.2000 e art. 6 del CCNL del 5.10.2001; d) quota di incremento della indennità di comparto per l’anno 2003, di cui all’art. 33, comma 4, lett. b) del presente CCNL; e) quota degli oneri per la riclassificazione del personale secondo il CCNL del 31.3.1999 (art. 7, comma 7). Dichiarazione congiunta n. 20 Con riferimento alla disciplina per l’incremento delle risorse decentrate di cui all’art. 32, commi 1, 2, 6 e 7, le parti concordano che le somme corrispondenti alle diverse percentuali ipotizzate devono essere calcolate e rese disponibili come valore annuale e quindi con riferimento all’intero anno 2003, ove sussistano le condizioni e i requisiti prescritti. Le predette somme concorrono, nel medesimo anno 2003, alla quantificazione delle altre risorse decentrate disponibili nel medesimo anno secondo la previgente disciplina; di fatto saranno trasferite, come una tantum, sulle risorse dell’anno 2004, stante la impossibilità materiale di utilizzazione nel corso del 2003 e si aggiungeranno (come una tantum) a quelle di identica derivazione pertinenti al medesimo anno; contribuiranno, in via prioritaria, alla copertura degli oneri del 2003 derivanti dal pagamento della seconda quota della indennità di comparto. Dal 2004 troverà anche piena attuazione la disciplina dell’art. 31. Dichiarazione congiunta n. 21 Con riferimento alla disciplina dell’art. 32, le parti concordano nel ritenere che il periodo temporale da considerare per l’accertamento del possesso dei requisiti di bilancio indicati nei commi 3, 4 e 5 debba essere individuato nell’anno 2001, in coerenza con analoghe previsioni contrattuali. Dichiarazione congiunta n. 22 Con riferimento disciplina dell’art. 34, comma 5, le parti concordano nel ritenere che, per gli enti che abbiano sottoscritti accordi decentrati secondo l’art. 5 del CCNL del 5.10.2001, trova applicazione la clausola derogatoria prevista dal comma 8, dello stesso art. 5 a decorrere dall’anno di riferimento dell’accordo. Dichiarazione congiunta n. 23 Le parti concordano nel ritenere che la disciplina contrattuale relativa alla aspettativa non retribuita per dottorato di ricerca, prevista dall’art. 12 del CCNL del 14.9.2000, sia stata integrata, in senso migliorativo, dall’art. 52, comma 57, della legge n. 448/2001 attraverso il riconoscimento di un più ampio diritto alla fruizione anche di una aspettativa retribuita, sempre per dottorato di ricerca e che tale integrazione non è in alcun modo in contrasto con la sempre vigente previsione contrattuale. Gli enti, pertanto, accolgono le istanze dei propri dipendenti ove sia accertata la sussistenza delle condizioni prescritte dal legislatore. Dichiarazione congiunta n. 24 Le parti concordano nel ritenere che per il primo inquadramento del personale trasferito agli enti nel periodo dal gennaio 2002 al dicembre 2003, debbano essere applicati i medesimi criteri previsti dal Titolo II del CCNL del 5.10.2001, con gli adeguamenti resi necessari dalle novità introdotte dal presente CCNL. Devono intendersi, in particolare, confermati i criteri di equiparazione tra le posizioni giuridiche acquisite nell’ente di provenienza e quelle corrispondenti nell’ente ricevente secondo le previsioni dell’art.27, commi 1 e 4, del CCNL 5.10.2001. Sui punti di seguito indicati l’orientamento condiviso delle parti può essere così riassunto: Incrementi contrattuali a) il personale inquadrato dopo il gennaio 2002 conserva il valore dell’incremento stipendiale e della eventuale indennità di amministrazione già acquisiti nell’amministrazione di provenienza; dal gennaio 2003 matura l’incremento stipendiale previsto dal presente CCNL; b) il personale inquadrato dopo il gennaio 2003 conserva gli incrementi contrattuali (per stipendio e per eventuale indennità di amministrazione) già acquisiti nell’amministrazione di provenienza con effetto dell’1.1.2002 e dall’1.1.2003; c) è esclusa, in ogni caso, la duplicazione dei benefici contrattuali. Determinazione del trattamento economico di primo inquadramento a) si sommano tutte le voci già previste dall’art. 28, commi 3 e 4, del CCNL del 5.10.2001 negli importi annui, compresa la tredicesima ove dovuta, acquisiti nell’ente di provenienza al momento della decorrenza dell’inquadramento; b) si sommano tutte le voci retributive previste nell’ente ricevente nei valori annui vigenti alla stessa data del primo inquadramento, compresa la tredicesima ove dovuta; questa somma ricomprende anche i valori annui della nuova indennità di comparto; c) se dalla sottrazione del valore b) al valore a) dovesse risultare un valore differenziale positivo, si riconosce al lavoratore un assegno personale non riassorbibile; se il valore differenziale risultasse negativo, si conferma integralmente il trattamento economico correlato all’inquadramento. Le parti concordano nel ritenere che analoghi criteri possano essere utilizzati dagli enti in sede di inquadramento di personale trasferito, anche volontariamente, da pubbliche amministrazioni anche di diverso comparto. Dichiarazione congiunta n. 25 Le parti concordano che nell’ambito dei lavori della Commissione paritetica per il sistema di classificazione di cui all’art. 12, saranno prese in considerazione anche le conseguenze derivanti da pronunce giurisprudenziali che abbiano inciso sull’inquadramento del personale. DICHIARAZIONE A VERBALE CGIL FP– CISL FPS – UIL FPL Con riferimento alla disciplina dell’art. 32, comma 7, le Organizzazioni sindacali confederali CGIL FP– CISL FPS – UIL FPL, unitariamente concordano nel ritenere che negli enti ove la entità delle risorse disponibili in base alla percentuale dello 0,20% del monte salari del 2001 (nel rispetto delle condizioni prescritte) non ne consenta la utilizzazione per la incentivazione degli incarichi di alta professionalità in quanto inferiori al valore minimo previsto dal CCNL, le medesime risorse, costituendo integrazione di quelle destinate all’incremento del trattamento accessorio del personale, debbano essere inserite tra quelle decentrate stabili (art. 31, comma 2) per essere utilizzate sia per il completamento del finanziamento della indennità di comparto sia per ulteriori finalità di incentivazione secondo la disciplina adottata in sede di contrattazione decentrata integrativa. DICHIARAZIONE A VERBALE CGIL FP– CISL FPS – UIL FPL Le Organizzazioni sindacali confederali CGIL FP– CISL FPS – UIL FPL, alla luce della formulazione letterale del testo contrattuale, unitariamente ribadiscono che la intera disciplina dell’art. 10 sulla valorizzazione delle alte professionalità ha carattere di generalità e trova, quindi, applicazione nei confronti di tutti gli enti del comparto. CGIL FP CISL FPS UIL FPL ALLEGATO Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni Art. 1 Disposizioni di carattere generale 1. I princìpi e i contenuti del presente codice costituiscono specificazioni esemplificative degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità, che qualificano il corretto adempimento della prestazione lavorativa. I dipendenti pubblici - escluso il personale militare, quello della polizia di Stato ed il Corpo di polizia penitenziaria, nonché i componenti delle magistrature e dell'Avvocatura dello Stato - si impegnano ad osservarli all'atto dell'assunzione in servizio. 2. I contratti collettivi provvedono, a norma dell'art. 54, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al coordinamento con le previsioni in materia di responsabilità disciplinare. Restano ferme le disposizioni riguardanti le altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti. 3. Le disposizioni che seguono trovano applicazione in tutti i casi in cui non siano applicabili norme di legge o di regolamento o comunque per i profili non diversamente disciplinati da leggi o regolamenti. Nel rispetto dei princìpi enunciati dall'art. 2, le previsioni degli articoli 3 e seguenti possono essere integrate e specificate dai codici adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'art. 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Art. 2 Principi 1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con disciplina ed onore e di rispettare i princìpi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione. Nell'espletamento dei propri compiti, il dipendente assicura il rispetto della legge e persegue esclusivamente l'interesse pubblico; ispira le proprie decisioni ed i propri comportamenti alla cura dell'interesse pubblico che gli è affidato. 2. Il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi. Egli non svolge alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d'ufficio e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. 3. Nel rispetto dell'orario di lavoro, il dipendente dedica la giusta quantità di tempo e di energie allo svolgimento delle proprie competenze, si impegna ad adempierle nel modo più semplice ed efficiente nell'interesse dei cittadini e assume le responsabilità connesse ai propri compiti. 4. Il dipendente usa e custodisce con cura i beni di cui dispone per ragioni di ufficio e non utilizza a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio. 5. Il comportamento del dipendente deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e l'amministrazione. Nei rapporti con i cittadini, egli dimostra la massima disponibilità e non ne ostacola l'esercizio dei diritti. Favorisce l'accesso degli stessi alle informazioni a cui abbiano titolo e, nei limiti in cui ciò non sia vietato, fornisce tutte le notizie e informazioni necessarie per valutare le decisioni dell'amministrazione e i comportamenti dei dipendenti. 6. Il dipendente limita gli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese a quelli indispensabili e applica ogni possibile misura di semplificazione dell'attività amministrativa, agevolando, comunque, lo svolgimento, da parte dei cittadini, delle attività loro consentite, o comunque non contrarie alle norme giuridiche in vigore. 7. Nello svolgimento dei propri compiti, il dipendente rispetta la distribuzione delle funzioni tra Stato ed enti territoriali. Nei limiti delle proprie competenze, favorisce l'esercizio delle funzioni e dei compiti da parte dell'autorità territorialmente competente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati. Art. 3 Regali e altre utilità 1. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, neanche in occasione di festività, regali o altre utilità salvo quelli d'uso di modico valore, da soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefìci da decisioni o attività inerenti all'ufficio. 2. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, regali o altre utilità da un subordinato o da suoi parenti entro il quarto grado. Il dipendente non offre regali o altre utilità ad un sovraordinato o a suoi parenti entro il quarto grado, o conviventi, salvo quelli d'uso di modico valore. Art. 4 Partecipazione ad associazioni e altre organizzazioni 1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica al dirigente dell'ufficio la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni, anche a carattere non riservato, i cui interessi siano coinvolti dallo svolgimento dell'attività dell'ufficio, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati. 2. Il dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni ed organizzazioni, né li induce a farlo promettendo vantaggi di carriera. Art. 5 Trasparenza negli interessi finanziari. 1. Il dipendente informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti di collaborazione in qualunque modo retribuiti che egli abbia avuto nell'ultimo quinquennio, precisando: a) se egli, o suoi parenti entro il quarto grado o conviventi, abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione; b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate. 2. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Su motivata richiesta del dirigente competente in materia di affari generali e personale, egli fornisce ulteriori informazioni sulla propria situazione patrimoniale e tributaria. Art. 6 Obbligo di astensione 1. Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero: di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi; di individui od organizzazioni con cui egli stesso o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito; di individui od organizzazioni di cui egli sia tutore, curatore, procuratore o agente; di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il dirigente dell'ufficio. Art. 7 Attività collaterali 1. Il dipendente non accetta da soggetti diversi dall'amministrazione retribuzioni o altre utilità per prestazioni alle quali è tenuto per lo svolgimento dei propri compiti d'ufficio. 2. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione con individui od organizzazioni che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico in decisioni o attività inerenti all'ufficio. 3. Il dipendente non sollecita ai propri superiori il conferimento di incarichi remunerati. Art. 8 Imparzialità 1. Il dipendente, nell'adempimento della prestazione lavorativa, assicura la parità di trattamento tra i cittadini che vengono in contatto con l'amministrazione da cui dipende. A tal fine, egli non rifiuta né accorda ad alcuno prestazioni che siano normalmente accordate o rifiutate ad altri. 2. Il dipendente si attiene a corrette modalità di svolgimento dell'attività amministrativa di sua competenza, respingendo in particolare ogni illegittima pressione, ancorché esercitata dai suoi superiori. Art. 9 Comportamento nella vita sociale 1. Il dipendente non sfrutta la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino. Nei rapporti privati, in particolare con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, non menziona né fa altrimenti intendere, di propria iniziativa, tale posizione, qualora ciò possa nuocere all'immagine dell'amministrazione. Art. 10 Comportamento in servizio 1. Il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né affida ad altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza. 2. Nel rispetto delle previsioni contrattuali, il dipendente limita le assenze dal luogo di lavoro a quelle strettamente necessarie. 3. Il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio. Salvo casi d'urgenza, egli non utilizza le linee telefoniche dell'ufficio per esigenze personali. Il dipendente che dispone di mezzi di trasporto dell'amministrazione se ne serve per lo svolgimento dei suoi compiti d'ufficio e non vi trasporta abitualmente persone estranee all'amministrazione. 4. Il dipendente non accetta per uso personale, né detiene o gode a titolo personale, utilità spettanti all'acquirente, in relazione all'acquisto di beni o servizi per ragioni di ufficio. Art. 11 Rapporti con il pubblico 1. Il dipendente in diretto rapporto con il pubblico presta adeguata attenzione alle domande di ciascuno e fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio. Nella trattazione delle pratiche egli rispetta l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto motivando genericamente con la quantità di lavoro da svolgere o la mancanza di tempo a disposizione. Egli rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde sollecitamente ai loro reclami. 2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa. 3. Il dipendente non prende impegni né fa promesse in ordine a decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, se ciò possa generare o confermare sfiducia nell'amministrazione o nella sua indipendenza ed imparzialità. 4. Nella redazione dei testi scritti e in tutte le altre comunicazioni il dipendente adotta un linguaggio chiaro e comprensibile. 5. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in una amministrazione che fornisce servizi al pubblico si preoccupa del rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall'amministrazione nelle apposite carte dei servizi. Egli si preoccupa di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità. Art. 12 Contratti 1. Nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, il dipendente non ricorre a mediazione o ad altra opera di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. 2. Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato nel biennio precedente. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali egli abbia concluso contratti a titolo privato nel biennio precedente, si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto. 3. Il dipendente che stipula contratti a titolo privato con imprese con cui abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio. 4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente competente in materia di affari generali e personale. Art. 13 Obblighi connessi alla valutazione dei risultati 1. Il dirigente ed il dipendente forniscono all'ufficio interno di controllo tutte le informazioni necessarie ad una piena valutazione dei risultati conseguiti dall'ufficio presso il quale prestano servizio. L'informazione è resa con particolare riguardo alle seguenti finalità: modalità di svolgimento dell'attività dell'ufficio; qualità dei servizi prestati; parità di trattamento tra le diverse categorie di cittadini e utenti; agevole accesso agli uffici, specie per gli utenti disabili; semplificazione e celerità delle procedure; osservanza dei termini prescritti per la conclusione delle procedure; sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni. egge 6 dicembre 1971, n. 1044 Piano quinquennale per l'Istituzione di asili-nido comunalicon il concorso dello Stato (1). L (1) Vedi anche la l. 29 novembre 1977, n. 891. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 1. L'assistenza negli asili-nido ai bambini di età fino a tre anni, nel quadro di una politica per la famiglia, costituisce un servizio sociale di interesse pubblico. Gli asili-nido hanno lo scopo di provvedere alla temporanea custodia dei bambini per assicurare una adeguata assistenza alla famiglia e anche per facilitare l'accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di sicurezza sociale. Al fine di realizzare, nel quinquennio 1972-76, la costruzione e la gestione di almeno 3.800 asili-nido, lo Stato assegna alle regioni fondi speciali per la concessione di contributi in denaro ai comuni. (Omissis) (1). Tali contributi possono essere integrati dalle regioni direttamente o attraverso altre forme di finanziamento da esse stabilite. (1) Comma abrogato dall'art. 6, l. 29 novembre 1977, n. 891. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 2. Ai fini di cui alla presente legge è istituito uno speciale fondo per gli asili-nido, iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della sanità. Il fondo viene ripartito dal Ministro per la sanità tra le regioni entro il mese di febbraio di ogni anno, sulla base dei criteri previsti dall'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, relativa ai provvedimenti finanziari per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario. Le somme non impegnate in un esercizio possono esserlo negli anni successivi (1). (1) Vedi il d.m. 27 aprile 1972. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 3. Il Ministero della sanità verifica lo stato di attuazione dei piani annuali degli asili-nido. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 4. Per la costruzione e la gestione di asili-nido i comuni o consorzi di comuni possono richiedere l'erogazione dei contributi di cui alla presente legge inoltrando domanda alla regione entro il 30 aprile di ogni anno, secondo le norme stabilite dalla regione stessa. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 5. Le regioni sulla base delle richieste avanzate dai comuni e dai consorzi di comuni elaborano il piano annuale degli asili-nido fissando la priorità di intervento e le norme e i tempi di attuazione. Il piano regionale è trasmesso al Ministero della sanità entro il 31 ottobre di ogni anno. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 6. La regione, con proprie norme legislative, fissa i criteri generali per la costruzione, la gestione e il controllo degli asili-nido, tenendo presente che essi devono: 1) essere realizzati in modo da rispondere, sia per localizzazione sia per modalità di funzionamento, alle esigenze delle famiglie; 2) essere gestiti con la partecipazione delle famiglie e delle rappresentanze delle formazioni sociali organizzate nel territorio; 3) essere dotati di personale qualificato sufficiente ed idoneo a garantire l'assistenza sanitaria e psico-pedagogica del bambino; 4) possedere requisiti tecnici, edilizi ed organizzativi tali da garantire l'armonico sviluppo del bambino. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 7. La vigilanza igienica e sanitaria è affidata alle unità sanitarie locali ed in via transitoria, fino all'istituzione di queste ultime, all'ufficiale sanitario del comune dove ha sede l'asilo-nido. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 8. [A decorrere dal periodo di paga successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1971 sono elevati dello 0,10 per cento l'aliquota contributiva dovuta dai datori di lavoro al fondo adeguamento pensioni della assicurazione generale obbligatoria invalidità e vecchiaia gestita dall'I.N.P.S. o da altri enti previdenziali, nonché il contributo dovuto dai datori di lavoro ai fondi speciali di previdenza gestiti dall'I.N.P.S. e sostitutivi della predetta assicurazione generale obbligatoria invalidità e vecchiaia. L'Istituto nazionale della previdenza sociale avrà cura di tenere separata contabilità dell'ammontare dei contributi riscossi a norma del comma precedente] (1). (1) Il contributo destinato al finanziamento degli asili-nido, di cui al presente articolo è stato soppresso dall'art. 3, l. 23 dicembre 1998, n. 448. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 9. Lo speciale fondo per gli asili-nido di cui all'articolo 2 viene alimentato per il quinquennio 1972-76: a) dai contributi di cui al precedente articolo 8 che l'I.N.P.S. verserà semestralmente al bilancio dello Stato con imputazione ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata (1); b) da un contributo a carico dello Stato per complessivi 70 miliardi, in ragione di lire 10 miliardi per l'anno 1972, 12 miliardi per l'anno 1973, 14 miliardi per l'anno 1974, 16 miliardi per l'anno 1975 e 18 miliardi per l'anno 1976. (1) Vedi l'art. 2-septies, d.m. 2 marzo 1974, n. 30. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 10. All'onere derivante dall'applicazione della presente legge per l'anno finanziario 1972 si provvede: a) con le somme che affluiscono allo stato di previsione dell'entrata ai sensi della lettera a) del precedente articolo 9; b) quanto a lire 10 miliardi con riduzione per corrispondente importo del fondo di cui al capitolo 3523 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno medesimo. Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Aggiornato alla G.U. del 25/09/1999, n. 226 ISTRUZIONE (ELEMENTARE E MATERNA) Art. 11. (Omissis) (1). (1) Abroga l'art. 11, l. 26 agosto 1950, n. 860. LEGGE REGIONALE 8 GENNAIO 2004, N. 1 Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento. (B.U. 15 gennaio 2004, n. 2) Titolo I. Oggetto della legge e principi generali Art. 1. (Oggetto) 1. La Regione, ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione e nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalla legge 8 novembre 2000 n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), detta norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e per il loro esercizio. 2. Ai sensi della presente legge, per interventi e servizi sociali si intendono tutte le attività individuate dall'articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in materia di conferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali, così come previsti dalla l. 328/2000, ivi comprese le attività di prevenzione, nonché le prestazioni socio-sanitarie di cui all'articolo 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modificazioni. Art. 2. (Principi generali della programmazione e organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) 1. Al fine di favorire il benessere della persona, la prevenzione del disagio e il miglioramento della qualità della vita delle comunità locali, la Regione programma ed organizza il sistema integrato degli interventi e servizi sociali secondo i principi di universalità, solidarietà, sussidiarietà, cooperazione, efficacia ed efficienza, omogeneità ed equità territoriale, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. 2. Nella programmazione ed organizzazione del sistema, la regione riconosce ed agevola il ruolo attivo delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) riordinate secondo la normativa vigente, dei soggetti del terzo settore e dei soggetti privati, promuove la solidarietà sociale mediante la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto, reciprocità e solidarietà organizzata, promuove la partecipazione attiva dei cittadini, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti, secondo quanto previsto all'articolo 14. Art. 3. (Principi e modalità per l'erogazione dei servizi) 1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere di universalità ed è organizzato in modo da garantire a tutti i cittadini pari opportunità di fruizione e completa accessibilità ai servizi secondo i seguenti principi: a) rispetto della dignità della persona, della sua riservatezza e del suo diritto di scelta; b) riconoscimento della centralità della persona quale prima destinataria degli interventi e dei servizi e del ruolo della famiglia quale soggetto primario e ambito di riferimento unitario per gli interventi e i servizi medesimi; c) sussidiarietà verticale ed orizzontale, mirate a riconoscere ed agevolare, nella gestione ed offerta dei servizi, il ruolo dei soggetti di cui all'articolo 11. 2. Le attività dirette al raggiungimento delle finalità di cui alla presente legge sono informate alle seguenti modalità operative: a) differenziazione degli interventi e dei servizi per garantire la pluralità di offerta e il diritto di scelta da parte degli interessati; b) facilitazione della conoscenza da parte dei cittadini dei servizi offerti e del loro accesso ai servizi medesimi; c) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari, dell'istruzione, della giustizia minorile, nonché con le politiche attive della formazione, del lavoro, delle politiche migratorie, della casa, della sicurezza sociale e degli altri servizi sociali del territorio; d) sviluppo della domiciliarità, attraverso interventi e servizi mirati al mantenimento, all'inserimento ed al reinserimento della persona nel contesto familiare, sociale, scolastico e lavorativo per il superamento degli interventi di natura residenziale; e) predisposizione, a seguito dell'analisi e della valutazione del bisogno, di progetti individualizzati, concordati con la persona singola o con la famiglia, che definiscano la natura del bisogno stesso, gli obiettivi e le modalità dell'intervento, il costo, la durata e gli strumenti di verifica; f) concorso degli utenti al costo dei servizi; g) gestione ed erogazione delle prestazioni secondo requisiti di qualità predefiniti, fatta comunque salva la titolarità della presa in carico degli utenti in capo all'ente istituzionale gestore del sistema integrato di interventi e servizi sociali; h) verifica degli interventi attraverso un controllo di gestione atto a valutare l'efficacia e l'efficienza dei servizi erogati; i) adozione di misure atte a favorire la prevenzione delle possibili situazioni di disagio sociale a carico dei singoli e delle famiglie anche attraverso esperienze progettuali innovative. Titolo II. Soggetti degli interventi sociali Capo I. Soggetti istituzionali Art. 4. (Funzioni della regione) 1. Nell'ambito delle proprie funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e verifica sono di competenza della Regione le seguenti funzioni: a) la definizione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi sociali, secondo quanto previsto all'articolo 8; b) la raccolta e l'elaborazione dei dati sui bisogni, sulle risorse e sull'offerta dei servizi sociali, al fine di realizzare il sistema informativo regionale dei servizi sociali, in raccordo con il livello nazionale, provinciale e locale; in particolare la Giunta regionale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, predispone la mappa dei soggetti che nei prossimi cinque anni saranno a rischio sociale per le ragioni più varie, nonché la mappa dei soggetti che, qualora restino soli, nell'ambito del proprio nucleo familiare, necessiteranno di strutture idonee ad una esistenza piena, sotto tutti gli aspetti; c) l'adozione del piano regionale degli interventi e dei servizi sociali al fine di provvedere all'integrazione socio-sanitaria, al riequilibrio territoriale ed al coordinamento con le politiche dell'istruzione, della formazione, del lavoro, della casa, dell'ambiente, del tempo libero, dei trasporti e delle comunicazioni; d) l'adozione di atti di indirizzo e coordinamento in materia di interventi e servizi sociali; e) la promozione di iniziative tese a valorizzare il ruolo del terzo settore nonché l'assunzione di provvedimenti rivolti a sostenerne un qualificato sviluppo anche in raccordo con il sistema della formazione regionale; f) la definizione, sulla base dei requisiti minimi definiti dallo Stato, dei criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi sociali a gestione pubblica o privata; g) la definizione dei requisiti di qualità per i servizi, gli interventi e le prestazioni sociali, l'individuazione dei criteri per l'autorizzazione e l'accreditamento dei soggetti erogatori di servizi ed interventi sociali, con l'istituzione di specifico registro, e l'identificazione dei criteri per la determinazione delle tariffe che i comuni corrispondono ai soggetti accreditati; h) la definizione di strumenti atti a garantire la verifica degli standard minimi e dei programmi di assistenza delle strutture per minori, per anziani e per disabili secondo quanto previsto dalla legislazione vigente; i) la definizione, sulla base delle indicazioni fornite a livello nazionale, dei criteri per la concessione dei titoli per l'acquisto dei servizi sociali e dei criteri per la determinazione del concorso degli utenti al costo delle prestazioni; j) la promozione di forme di assistenza tecnica per gli enti gestori dei servizi sociali, nonché per gli altri soggetti pubblici e privati del sistema integrato, attraverso la predisposizione di strumenti di controllo di gestione atti a valutare l'efficacia e l'efficienza dei servizi; k) la ripartizione, con le modalità dell'articolo 35, del fondo regionale per le politiche sociali e la gestione di finanziamenti previsti da specifiche leggi regionali di promozione in materia di servizi sociali, compresa quella prevista dagli articoli 15, 16 e 17 della legge regionale 9 giugno 1994, n. 18 (Norme di attuazione della legge 8 novembre 1991, n. 381 'Disciplina delle cooperative socialì) e fatta salva quella oggetto di specifico trasferimento; entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale stabilisce forme e modalità di controllo e di verifica della spesa gestita dagli enti di cui all'articolo 9, anche in relazione ai risultati conseguiti; l) la definizione degli standard formativi degli operatori dei servizi sociali, nell'ambito dei requisiti generali e dei profili professionali definiti dallo Stato e la programmazione, l'indirizzo, il coordinamento e la promozione delle attività formative per il personale dei servizi sociali, nonché la vigilanza e il controllo sullo svolgimento di tali attività; m) la realizzazione di iniziative di interesse regionale, la promozione e il concorso alla realizzazione di iniziative, anche sperimentali e innovative, promosse dagli enti territoriali e da altri soggetti, la realizzazione e il coordinamento di iniziative a livello europeo e internazionale; n) la concessione, in regime di convenzione con l'Istituto nazionale previdenza sociale (INPS), ai sensi dell'articolo 80, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2001) dei nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili di cui all'articolo 130, comma 2, del d.lgs. 112/1998 e la relativa legittimazione passiva nei procedimenti giurisdizionali ed esecutivi, nonché la determinazione e la concessione di eventuali benefici aggiuntivi, rispetto a quelli determinati con legge dello Stato, a favore degli invalidi civili; o) l'esercizio, nell'ambito delle previsioni della legislazione nazionale, dei poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto a quanto stabilito dall'articolo 6, comma 2, lettere a), c), e), f); p) l'individuazione, in accordo con altre amministrazioni regionali, dei criteri per le variazioni anagrafiche interregionali delle persone assistite; q) la tenuta e la pubblicazione del registro regionale delle organizzazioni di volontariato, quale ambito unitario delle sezioni provinciali dello stesso, e degli organismi di collegamento e coordinamento formati da organizzazioni a carattere regionale, interregionale o interprovinciale, nonché dell'albo regionale delle cooperative sociali, quale ambito unitario delle sezioni provinciali dello stesso; r) l'istituzione dell'Agenzia pubblica regionale per le adozioni internazionali; s) l'istituzione di osservatori regionali nelle materie oggetto della presente legge; t) le funzioni di competenza regionale in materia di trasformazione delle IPAB in aziende pubbliche di servizi alla persona o in persone giuridiche di diritto privato, ivi compresa l'approvazione delle modificazioni istituzionali e statutarie e la dichiarazione di estinzione delle persone giuridiche di diritto privato che hanno ottenuto il riconoscimento in seguito alla trasformazione delle IPAB o delle aziende pubbliche di servizi alla persona. 2. La Regione attua l'integrazione socio-sanitaria e ne determina gli obiettivi, le funzioni, i criteri e le modalità di erogazione dei servizi, compresi quelli di finanziamento, nell'ambito della normativa nazionale vigente e di quanto previsto dal Piano Socio Sanitario Regionale (PSSR). Art. 5. (Funzioni delle province) 1. Nell'ambito delle previsioni della legislazione nazionale e regionale nonché degli atti di programmazione, indirizzo e coordinamento regionali, le province concorrono alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali quali enti intermedi e soggetti di programmazione decentrata delle politiche regionali e di coordinamento del territorio. 2. Sono attribuite alle province le seguenti funzioni: a) partecipazione all'elaborazione degli strumenti della programmazione previsti al titolo III, con le modalità ivi indicate; b) raccolta ed elaborazione dei dati sui bisogni, sulle risorse pubbliche e private e sull'offerta di servizi del territorio di competenza; c) coordinamento degli interventi territoriali su richiesta degli enti locali interessati; d) promozione di forme di coordinamento fra enti gestori istituzionali e soggetti del terzo settore; e) diffusione, di concerto con gli enti gestori istituzionali, dell'informazione in materia di servizi sociali sul territorio di competenza; f) competenze in materia di cooperative sociali ed organizzazioni di volontariato, compresa l'erogazione dei relativi contributi; g) formazione di base, riqualificazione e formazione permanente degli operatori dei servizi sociali di cui all'articolo 6, comma 2, lettera d), sulla base dei bisogni rilevati tramite gli enti gestori istituzionali e anche in raccordo con l'università, compresa l'erogazione dei relativi finanziamenti; h) competenze in materia di asili nido comunali ed erogazione dei relativi contributi; i) realizzazione di altri interventi per la promozione e l'integrazione dei servizi sociali locali; j) istituzione, con le modalità e secondo i criteri stabiliti dalla Giunta regionale, informata la competente commissione consiliare, dell'ufficio provinciale di pubblica tutela, con compiti di supporto a favore dei soggetti ai quali è conferito dall'autorità giudiziaria l'esercizio delle funzioni di tutore; j) competenze, attribuite dalla legge o dagli statuti, in materia di aziende pubbliche di servizi alla persona e nomina dei membri dei consigli di amministrazione quando questa sia attribuita dagli statuti alla regione; k) controllo pubblico, ai sensi degli articoli 23 e 25 del codice civile, sulla amministrazione delle persone giuridiche di diritto privato che hanno ottenuto il riconoscimento in seguito alla trasformazione delle IPAB o delle aziende pubbliche di servizi alla persona, compresi lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e la nomina del commissario straordinario. 3. Sono delegate alle province, fino alla trasformazione delle IPAB in aziende pubbliche di servizi alla persona o in persone giuridiche di diritto privato, le seguenti funzioni: a) vigilanza sugli organi e sull'attività amministrativa delle IPAB, esclusi la sospensione e lo scioglimento del consiglio di amministrazione e la nomina del commissario straordinario; b) nomina dei membri del consiglio di amministrazione delle IPAB quando questa sia di competenza regionale e dichiarazione di decadenza dei membri del consiglio di amministrazione delle IPAB nei casi previsti dalla legge. 4. Entro i termini e sulla base di indicazioni individuati dalla Giunta regionale di concerto con le province e gli enti gestori istituzionali, le province trasferiscono agli enti gestori istituzionali del proprio territorio la gestione delle funzioni di cui all'articolo 5 della legge 18 marzo 1993, n. 67 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale) relative ai non vedenti, agli audiolesi, ai figli minori riconosciuti dalla sola madre, ai minori esposti all'abbandono, ai figli minori non riconosciuti ed alle gestanti e madri in difficoltà, mettendo a disposizione di tali enti le risorse umane, patrimoniali e finanziarie utilizzate alla data di entrata in vigore della legge nazionale. 5. Per le finalità di cui al comma 4 le province esercitano le seguenti funzioni: a) attivazione delle procedure per la mobilità del personale in servizio a tale data, con le garanzie previste dalle norme contrattuali vigenti, o per il trasferimento dell'equivalente in denaro; b) trasferimento della proprietà o degli altri diritti in base ai quali le province dispongono dei beni mobili e immobili utilizzati a tale data, ovvero dell'equivalente in denaro; c) trasferimento annuale, per il tramite della Regione, delle risorse finanziarie equivalenti a quelle utilizzate per l'esercizio 2000 al netto degli importi erogati da altri enti; 6. Le risorse provenienti dalle singole province sono utilizzate nell'ambito del territorio della provincia dalla quale le risorse medesime sono trasferite. Art. 6. (Funzioni dei comuni) 1. I comuni sono titolari delle funzioni concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale, anche mediante l'elaborazione di proposte per la definizione del piano regionale degli interventi e dei servizi sociali. 2. Per le finalitàdi cui al comma 1 i comuni rivestono le seguenti competenze: a) programmano e realizzano il sistema locale degli interventi sociali a rete, stabilendone le forme di organizzazione e di coordinamento, i criteri gestionali e le modalità operative ed erogano i relativi servizi secondo i principi individuati dalla presente legge al fine di realizzare un sistema di interventi omogeneamente distribuiti sul territorio; b) il Sindaco è il titolare delle funzioni di tutela socio sanitaria e del diritto alla salute per i suoi cittadini in applicazione di quanto disposto dal d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni; c) esercitano le funzioni in materia di servizi sociali già di competenza delle province, ai sensi dell'articolo 8, comma 5, della l. 328/2000 e secondo quanto previsto all'articolo 5; d) sono titolari delle funzioni amministrative relative all'organizzazione e gestione delle attività formative di base, riqualificazione e formazione permanente per gli operatori dei servizi sociali, individuate nei piani di zona di cui all'articolo 17; e) sono titolari delle funzioni amministrative relative all'autorizzazione, alla vigilanza e all'accreditamento dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale o semiresidenziale; f) elaborano ed adottano, mediante un accordo di programma, i piani di zona relativi agli ambiti territoriali di competenza, garantendo, nella realizzazione del sistema dei servizi sociali, l'integrazione e la collaborazione di tutti i soggetti, pubblici e privati, che concorrono alla programmazione, alla gestione e allo sviluppo dei servizi; g) promuovono lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e favoriscono la reciprocità tra i cittadini nell'ambito della vita comunitaria; h) coordinano programmi, attività e progetti dei vari soggetti che operano nell'ambito territoriale di competenza per la realizzazione di interventi sociali integrati; i) adottano la carta dei servizi di cui all'articolo 24; j) garantiscono ai cittadini l'informazione sui servizi attivati, l'accesso ai medesimi e il diritto di partecipare alla verifica della qualità dei servizi erogati. Art. 7. (Funzioni delle Aziende sanitarie locali) 1. Le Aziende sanitarie locali (ASL) assicurano, secondo la normativa vigente e secondo le modalità individuate nei piani attuativi aziendali, nei programmi delle attività territoriali e nei piani di zona, le attività sanitarie a rilievo sociale e le prestazioni ad elevata integrazione sanitaria garantendone l'integrazione, su base distrettuale, con le attività sociali a rilievo sanitario di competenza dei comuni, e mettono a disposizione le professionalità sanitarie per l'espletamento delle funzioni di vigilanza di cui all'articolo 26. 2. È trasferita alle ASL, ai sensi della legge 4 marzo 1987, n. 88 (Provvedimenti a favore dei tubercolotici), l'assegnazione delle indennità spettanti ai cittadini affetti da tubercolosi non assistiti dall'Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS). Capo II. Ambiti territoriali e forme gestionali dei servizi sociali Art. 8. (Ambiti territoriali ottimali) 1. Al fine di assicurare la migliore integrazione con i servizi sanitari, la Regione individua gli ambiti territoriali dei distretti sanitari o di multipli degli stessi quale ambito ottimale per la gestione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. 2. Gli ambiti territoriali per la gestione dei servizi sono definiti tramite forme di concertazione tra la Regione e gli enti locali con le medesime modalità previste per la predisposizione del piano regionale di cui all'articolo 16 ed in raccordo con le ASL. 3. Gli ambiti territoriali ottimali sono definiti sulla base delle caratteristiche geomorfologiche e socioeconomiche delle singole zone e delle peculiarità dei bisogni delle zone medesime, fermo restando il principio generale della coincidenza con gli ambiti territoriali sottesi ai distretti sanitari esistenti. Art. 9. (Forme gestionali) 1. La Regione individua nella gestione associata, ed in particolare in quella consortile, la forma idonea a garantire l'efficacia e l'efficienza degli interventi e dei servizi sociali di competenza dei comuni e prevede incentivi finanziari a favore dell'esercizio associato delle funzioni e della erogazione della totalità delle prestazioni essenziali entro gli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 8. 2. La gestione in forma singola dei comuni capoluogo di provincia è idonea a garantire l'efficacia e l'efficienza degli interventi e dei servizi sociali. 3. Per la gestione associata delle funzioni, i comuni adottano le forme associative previste dalla legislazione vigente che ritengono più idonee ad assicurare una ottimale realizzazione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali, compresa la gestione associata tramite delega all'ASL, le cui modalità gestionali vengono definite con l'atto di delega. 4. Gli enti gestori istituzionali che esercitano le attività secondo le forme associative di cui al comma 3 applicano, qualora previsto dai rispettivi statuti, le norme relative all'ordinamento finanziario e contabile di cui alla parte II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nonché, in quanto applicabili, le norme di cui al titolo IV del medesimo d.lgs. in riferimento al personale dipendente. 5. Le attività sociali a rilievo sanitario per la tutela materno-infantile e dell'età evolutiva nonché per adulti ed anziani con limitazione dell'autonomia, le attività di formazione professionale del personale dei servizi sociali e quelle relative all'autorizzazione, accreditamento e vigilanza sui servizi e sulle strutture sono obbligatoriamente gestite in forma associata ai sensi dei commi 1, 2 e 3, o dai comuni capoluoghi di provincia o dalle ASL delegate. I soggetti gestori assicurano le attività sociali a rilievo sanitario garantendone l'integrazione, su base distrettuale, con le attività sanitarie a rilievo sociale e con le prestazioni ad elevata integrazione sanitaria di competenza delle ASL. Capo III. Altri soggetti pubblici e privati Art. 10. (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) 1. Le IPAB partecipano, quali soggetti di diritto pubblico, alla programmazione e alla gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 2. Al riordino delle IPAB si provvede con specifica legge regionale secondo i principi di cui all'articolo 10 della l. 328/2000 e del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 (Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza, a norma dell'articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328). Art. 11. (Terzo settore e altri soggetti privati) 1. Sono soggetti attivi della rete integrata degli interventi e servizi sociali, per il proprio ambito di competenza e nell'ambito della programmazione regionale e locale, le seguenti organizzazioni afferenti al terzo settore: a) le organizzazioni di volontariato; b) le cooperative sociali; c) gli organismi non lucrativi di utilità sociale; d) le associazioni e gli enti di promozione sociale; e) gli organismi della cooperazione; f) le società di mutuo soccorso; g) le fondazioni; h) gli enti di patronato; i) altri soggetti privati non aventi scopo di lucro. 2. La Regione e gli enti locali, secondo quanto previsto dalla specifica normativa vigente nelle singole materie, riconoscono ed agevolano il ruolo di tali organizzazioni, nonché quello degli enti religiosi riconosciuti dallo Stato, nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 3. Il sistema nel suo complesso promuove e valorizza inoltre la partecipazione dei cittadini che in forme individuali, familiari o associative realizzano iniziative di solidarietà sociale senza scopo di lucro. Art. 12. (Servizio civile dei giovani) 1. La Regione, nell'ambito delle finalità della legge 6 marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale) e al fine di favorire le pari opportunità, incentiva le attività di servizio civile volontario femminile e maschile in campo sociale. 2. La Regione, secondo modalità definite dalla Giunta regionale, informata la competente Commissione consiliare permanente, promuove, anche attraverso incentivazioni economiche, iniziative sperimentali in ambito regionale e internazionale e favorisce il riconoscimento di crediti formativi individuali anche attraverso appositi accordi con le università nonché con le istituzioni scolastiche e professionali. 3. La Regione adotta forme di collaborazione con l'Ufficio nazionale per il servizio civile di cui alla legge 8 luglio 1998, n. 230 (Nuove norme in materia di obiezione di coscienza), secondo modalità definite dalla Giunta regionale. Art. 13. (Servizio civico volontario delle persone anziane) 1. La Regione, riconoscendo il ruolo e la funzione che le persone anziane svolgono nella società, promuove il servizio civico volontario delle persone anziane, al fine di favorire la loro autonomia progettuale, la loro partecipazione alla vita sociale, civile e culturale della comunità nella quale vivono, nonché la tutela della collaborazione per la garanzia di un mutuo aiuto ed una migliore qualità della vita nella comunità medesima. 2. Ai fini di cui al comma 1, per persone anziane si intendono le persone che abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età o percepiscano, comunque, un trattamento pensionistico in regime di quiescenza. 3. I comuni singoli o associati, le comunità montane e le comunità collinari istituiscono, avvalendosi anche della collaborazione di altri soggetti pubblici o privati, senza finalità di lucro operanti sul territorio, un servizio civico volontario delle persone anziane, integrato con la rete dei servizi sociali locali. 4. Il servizio civico delle persone anziane è aperto a tutte le persone anziane che spontaneamente intendono svolgere un'attività volontaria in favore di singole persone e della comunità locale e che abbiano le professionalità e i requisiti attitudinali necessari. 5. Per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale individua le attività del servizio civico, le modalità generali per il loro svolgimento nonché i criteri per l'assegnazione di contributi ai soggetti che istituiscono il servizio medesimo. 6. I soggetti di cui al comma 3 che istituiscono il servizio civico assicurano lo svolgimento, da parte degli uffici competenti, dei compiti di coordinamento e di direzione delle attività, nonché la partecipazione delle persone anziane volontarie alla predisposizione e verifica delle attività medesime. 7. Sulla base del tempo offerto alla comunità, le persone anziane che partecipano alle attività del servizio civico possono essere destinatarie di opportunità culturali, formative, ricreative fornite anche gratuitamente o a costi ridotti, dai soggetti interessati al servizio civico, ovvero da privati convenzionati. 8. I soggetti che istituiscono il servizio civico garantiscono la partecipazione ad esso da parte di singole persone anziane e predispongono, a tal fine, l'organizzazione necessaria per rendere effettiva tale partecipazione. Titolo III. Metodi e strumenti della programmazione Art. 14. (I metodi della programmazione) 1. I metodi dell'attività programmatoria degli enti titolari delle funzioni amministrative in materia di interventi e servizi sociali sono basati sull'analisi e sulla valutazione dei bisogni sociali del territorio di competenza e sulla concertazione con tutte le risorse espresse dal territorio medesimo. 2. La Regione, le province e i comuni adottano come metodo della programmazione i seguenti criteri operativi: a) la concertazione e la cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, nonché tra questi ed i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4, della l. 328/2000, le aziende pubbliche di servizi alla persona che concorrono con proprie risorse umane, finanziarie o patrimoniali alla realizzazione della rete dei servizi e le organizzazioni sindacali confederali e di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale; b) a concertazione con le ASL per la programmazione dei processi di tutela della salute e, nell'ambito di questi, per le prestazioni socio-sanitarie integrate, specialmente quelle ad alta integrazione; c) il coordinamento e l'integrazione delle politiche sociali, con gli interventi sanitari e dell'istruzione nonché con le politiche attive della formazione, del lavoro, della casa, della sicurezza sociale, comunque rivolte alla prevenzione e alla riduzione ed eliminazione delle condizioni di bisogno e disagio; d) l'applicazione del principio della condivisione delle procedure tra pubbliche amministrazioni, al fine di perseguire obiettivi di semplificazione, integrazione, efficacia ed efficienza e di facilitare l'accesso dei cittadini ai servizi; e) la promozione di azioni per favorire la pluralità di offerta di servizi, al fine di garantire il diritto di scelta da parte degli utenti e per consentire, in via sperimentale, su richiesta degli interessati, l'eventuale scelta di servizi sociali in alternativa alle prestazioni economiche, ad esclusione di quelle di cui all'articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della l. 328/2000, nonché delle pensioni sociali di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale) e degli assegni erogati ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare). Art. 15. (Sistema informativo dei servizi sociali) 1. Il Sistema informativo dei servizi sociali (SISS) risponde alle esigenze della programmazione, della gestione, della verifica e della valutazione delle politiche sociali ed è strumento di conoscenza a disposizione di tutti i soggetti degli interventi sociali di cui al titolo II. 2. La Giunta regionale, al fine di realizzare la rete unica per le pubbliche amministrazioni, individua linee guida e modelli organizzativi del SISS attraverso l'identificazione dei seguenti criteri: a) raccordo e integrazione delle informazioni relative ai servizi sociali con quelle di altri settori regionali e di altri settori di servizi; b) adeguamento del sistema informativo socio-assistenziale regionale e compatibilità con i sistemi informativi di altri enti locali; c) raccordo con il livello nazionale e con altre regioni; d) coordinamento, a livello regionale, dei dati raccolti dalle province e delle relative elaborazioni, secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, lettera b); e) definizione di protocolli per il raccordo e lo scambio di dati tra i diversi soggetti che realizzano il sistema integrato di interventi e servizi sociali. 3. Con il medesimo provvedimento sono individuate le modalità di concessione di contributi agli enti di cui al comma 2 per la realizzazione del sistema informativo. Art. 16. (Il piano regionale degli interventi e dei servizi sociali) 1. In relazione alle indicazioni del piano nazionale, il Consiglio regionale approva, su proposta della Giunta regionale, il piano regionale triennale degli interventi e dei servizi sociali. 2. Il piano regionale, integrato con il piano socio-sanitario regionale, ai fini di un'interazione effettiva delle funzioni socio-sanitarie rivolte ai cittadini, e con il piano regionale di sviluppo, è predisposto utilizzando i metodi della programmazione di cui all'articolo 14, con il concorso dei comuni e delle province, anche mediante l'elaborazione di proposte coordinate a livello provinciale ai sensi dell'articolo 20 del d.lgs. 267/2000 e garantisce il raccordo tra i piani di zona, con l'obiettivo di assicurare omogeneità di integrazione socio-sanitaria e l'accesso dei cittadini alle prestazioni erogate. 3. Al fine di realizzare una rete integrata di interventi sociali, il piano regionale indica le aree e le azioni prioritarie d'intervento, i criteri per la loro verifica e valutazione, nonché gli indirizzi ed i criteri per la destinazione ed il riparto del fondo regionale per la gestione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali di cui all'articolo 35, e per la destinazione delle risorse finanziarie per gli investimenti di cui all'articolo 37. Art. 17. (Piano di zona) 1. I comuni singoli od associati, a tutela dei diritti della popolazione, d'intesa con le ASL nelle forme previste dall'articolo 3 quater, comma 3, lettera c), del d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni per quanto attiene alle attività di integrazione socio-sanitaria, provvedono a definire il piano di zona ai sensi dell'articolo 19 della l. 328/2000 che rappresenta lo strumento fondamentale e obbligatorio per la definizione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali del territorio di competenza. 2. Il piano di zona, definito secondo le indicazioni del piano regionale di cui all'articolo 16 e con la partecipazione di tutti i soggetti attivi nella programmazione, è approvato tramite accordo di programma promosso e approvato dal legale rappresentante dell'ente gestore al quale il piano di zona afferisce. 3. La Giunta regionale individua le linee guida di carattere procedurale per la predisposizione del piano di zona. 4. Il piano di zona rappresenta lo strumento primario di attuazione della rete dei servizi sociali e, anche attraverso l'integrazione socio-sanitaria, persegue l'obiettivo del benessere della persona, del miglioramento continuo della qualità dei servizi nonché della promozione sociale, anche attraverso la messa in opera di strumenti per l'osservazione del disagio emergente dalle varie fasce della popolazione interessata. 5. Il piano di zona dei servizi sociali è integrato nel più generale quadro delle politiche della sanità, dell'ambiente, dell'istruzione, della formazione, del lavoro, della casa, dei servizi, del tempo libero, dei trasporti e delle comunicazioni. 6. La parte dei piani di zona relativa alle attività di integrazione socio sanitaria trova obbligatoria corrispondenza nella parte dei programmi di attività distrettuale contenuta nei piani attuativi aziendali per garantire la preventiva convergenza di orientamenti dei due comparti interessati, l'omogeneità di contenuti, tempi e procedure. 7. Il piano di zona, predisposto previa concertazione con i soggetti del terzo settore e con quelli di cui all'articolo 1, comma 6, della l. 328/2000, comprende i seguenti contenuti: a) la conoscenza e l'analisi dei bisogni della popolazione, nonché le forme di rilevazione dei dati nell'ambito del sistema informativo; b) l'individuazione, la qualificazione e la quantificazione delle risorse pubbliche del terzo settore e private, disponibili ed attivabili; c) la definizione degli obiettivi strategici e delle priorità cui finalizzare le risorse disponibili; d) la strutturazione dei servizi e la tipologia delle prestazioni; d) le modalità di concertazione e di raccordo per la programmazione e l'erogazione dei servizi e delle prestazioni fra tutti i soggetti coinvolti; e) i rapporti organizzativi ed economico-finanziari fra i diversi soggetti quali accordi, deleghe, convenzioni e protocolli d'intesa per i servizi; f) l'attività di formazione di base, la riqualificazione e la formazione permanente per gli operatori dei servizi sociali; g) la collocazione fisica dei servizi, la composizione e le funzioni delle equipes pluriprofessionali relative ai singoli progetti-obiettivo; h) i criteri di qualità delle prestazioni, le modalità di approvazione congiunta dei progetti individualizzati, le facilitazioni all'accesso da parte dei cittadini e ogni altro elemento ritenuto necessario ad elevare la qualità dei servizi e delle prestazioni erogate; i) la definizione del sistema di monitoraggio e verifica. 8. Gli enti gestori istituzionali si avvalgono di forme di consultazione con tutti gli enti erogatori delle prestazioni sociali, al fine di stabilire le modalità operative attraverso le quali realizzare il sistema e la rete dei servizi sociali. 9. All'accordo di programma stipulato per assicurare l'adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1, le aziende pubbliche di servizi alla persona, i soggetti del terzo settore che concorrono investendo direttamente proprie risorse umane, finanziarie o patrimoniali nella realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, nonché la provincia, per i servizi di supporto e di area vasta svolti dalla medesima. 10. Gli enti e le amministrazioni pubbliche che stipulano l'accordo di programma hanno l'obbligo di rispettarlo in ogni sua parte e non possono compiere validamente atti successivi che violino ed ostacolino l'accordo o che contrastino con esso; gli enti e le amministrazioni medesime sono tenuti a compiere gli atti applicativi ed attuativi dell'accordo stesso, stante l'efficacia contrattuale del medesimo. 11. Nella definizione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali a livello locale è favorita la partecipazione attiva dei cittadini tramite forme che garantiscano l'effettiva espressione dei bisogni. Titolo IV. Le prestazioni e i livelli essenziali e omogenei Art. 18. (Le prestazioni essenziali) 1. Il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali fornisce risposte omogenee sul territorio finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi: a) superamento delle carenze del reddito familiare e contrasto della povertà; b) mantenimento a domicilio delle persone e sviluppo della loro autonomia; c) soddisfacimento delle esigenze di tutela residenziale e semiresidenziale delle persone non autonome e non autosufficienti; d) sostegno e promozione dell'infanzia, della adolescenza e delle responsabilità familiari; e) tutela dei diritti del minore e della donna in difficoltà; f) piena integrazione dei soggetti disabili; g) superamento, per quanto di competenza, degli stati di disagio sociale derivanti da forme di dipendenza; h) informazione e consulenza corrette e complete alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi; i) garanzia di ogni altro intervento qualificato quale prestazione sociale a rilevanza sanitaria ed inserito tra i livelli di assistenza, secondo la legislazione vigente. 2. Le prestazioni e i servizi essenziali per assicurare risposte adeguate alle finalità di cui al comma 1 sono identificabili, tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, nelle seguenti tipologie: a) servizio sociale professionale e segretariato sociale; b) servizio di assistenza domiciliare territoriale e di inserimento sociale; c) servizio di assistenza economica; d) servizi residenziali e semiresidenziali; e) servizi per l'affidamento e le adozioni; f) pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari. Art. 19. (Livelli essenziali e omogenei delle prestazioni) 1. La Giunta regionale, sulla base di quanto previsto dalla normativa nazionale in materia, sentita la competente commissione consiliare, recepisce con apposito provvedimento, previa concertazione con i comuni e con gli altri soggetti interessati di cui all'articolo 14, comma 2, lettera a), i livelli essenziali e omogenei delle prestazioni di cui all'articolo 18 sulla base dei seguenti criteri: a) peculiarità dei bisogni della popolazione interessata; b) necessità di una distribuzione omogenea sul territorio in relazione alle sue caratteristiche socioeconomiche; c) analisi degli indicatori di risultato e di benessere sociale individuati dal piano regionale; d) utilizzo di tutte le risorse presenti e attivabili sul territorio. 2. I livelli essenziali di cui al comma 1 costituiscono la risposta minima ed omogenea che i comuni tramite gli enti gestori istituzionali sono tenuti a garantire su tutto il territorio piemontese. Art. 20. (Integrazione sociosanitaria) 1. In attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3- septies, commi 6 e 8 del d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni, ed al fine di rispondere ai bisogni che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, il benessere delle persone, la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, di concerto con la Conferenza regionale permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria di cui all'articolo 108 della l.r. 44/2000, inserito dall'articolo 10 della l.r. 5/2001, con propria deliberazione, sulla base di quanto disposto dalla normativa nazionale in materia, fornisce indicazioni relative alle prestazioni essenziali ad integrazione socio-sanitaria, determinandone gli obiettivi, le funzioni, i criteri di erogazione, di funzionamento e di finanziamento. 2. L'accordo di programma di cui all'articolo 17 regola le attività socio-sanitarie integrate, realizzate a livello distrettuale e con modalità concordate fra la componente sanitaria e quella sociale. 3. Le attività sono realizzate con modalità operative condivise dai settori sanitario e sociale e, al fine di garantire l'attuazione e l'efficacia degli interventi, viene nominato il responsabile del procedimento. 4. L'erogazione delle prestazioni e dei servizi è organizzata mediante la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione del piano di lavoro integrato e individualizzato, il monitoraggio costante, la verifica periodica e la valutazione finale dei risultati, sulla base di indirizzi e protocolli emanati dalla Giunta regionale al fine di rendere omogenei sul territorio i criteri di valutazione. Art. 21. (Qualità' dei servizi) 1. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, al fine di assicurare che gli interventi e servizi sociali siano orientati alla qualità, in termini di adeguatezza delle risposte ai bisogni, all'efficacia ed efficienza dei metodi e degli interventi ai fini dell'accreditamento di cui all'articolo 29, adotta specifici standard ed indicatori di qualità utili a verificare e valutare i seguenti parametri: a) qualità dei servizi e delle prestazioni erogate; b) congruità dei risultati raggiunti con i bisogni espressi; c) fficace utilizzo delle risorse finanziarie impiegate; d) flessibilità organizzativa adottata; e) ottimale utilizzo di tutte le risorse del territorio; f) differenziazione degli interventi e dei servizi sulla base della domanda espressa dagli utenti. Titolo V. I destinatari degli interventi e i loro diritti Art. 22. (Destinatari degli interventi) 1. La Regione identifica nel bisogno il criterio di accesso al sistema integrato di interventi e servizi sociali e riconosce a ciascun cittadino il diritto di esigere, secondo le modalità previste dall'ente gestore istituzionale, le prestazioni sociali di livello essenziale di cui all'articolo 18, previa valutazione dell'ente medesimo e secondo i criteri di priorità di cui al comma 3. Contro l'eventuale motivato diniego è esperibile il ricorso per opposizione allo stesso ente competente per l'erogazione della prestazione negata. 2. Hanno diritto di fruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali i cittadini residenti nel territorio della Regione Piemonte, i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea ed i loro familiari, gli stranieri individuati ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), i minori stranieri non accompagnati, gli stranieri con permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, i rifugiati e richiedenti asilo e gli apolidi. 3. I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, i minori, specie se in condizioni di disagio familiare, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali. Art. 23. (Accesso ai servizi) 1. L'accesso ai servizi è organizzato in modo da garantire agli utenti tutela, pari opportunità di fruizione dei servizi e diritto di scelta. 2. L'accesso ai servizi è garantito attraverso le seguenti azioni: a) uniformità di procedure per l'accesso ai servizi in ogni ambito territoriale; b) informazione sistematica ed efficace sull'offerta dei servizi e sui relativi costi; c) orientamento e accompagnamento, in particolare in favore di persone e famiglie in condizioni di fragilità, di non autosufficienza o di dipendenza, all'accesso ai servizi; d) trasparenza nella gestione dei tempi di attesa; e) osservazione e monitoraggio dei bisogni, delle risorse e degli interventi realizzati. 3. L'accesso ai servizi sociali e socio-sanitari è realizzato attraverso una valutazione del bisogno che garantisca interventi e servizi appropriati e personalizzati. 4. La valutazione del bisogno è condizione necessaria per accedere ai servizi a titolo gratuito o con concorso parziale alla spesa da parte dell'utenza, nonché per fruire del titolo per l'acquisto dei servizi. 5. La valutazione del bisogno si conclude con la predisposizione di un progetto personalizzato, concordato con la persona e la sua famiglia, finalizzato ad indicare la natura del bisogno, la complessità e l'intensità dell'intervento, la sua durata e i relativi costi. 6. La Regione sviluppa specifiche azioni mirate a facilitare l'accesso ai servizi e alle prestazioni sociali, con particolare attenzione ai residenti in zone svantaggiate, nelle aree montane, collinari e rurali, nei piccoli centri e nelle periferie urbane. Art. 24. (La carta dei servizi e i diritti degli utenti) 1. La Regione riconosce a tutti i cittadini il diritto ad avere informazioni sui servizi, sui livelli essenziali di prestazioni sociali erogabili, sulle modalità di accesso e sulle tariffe praticate nonché a partecipare a forme di consultazione e di valutazione dei servizi sociali. 2. I singoli utenti e le loro famiglie hanno inoltre diritto a partecipare alla definizione del progetto personalizzato ed al relativo contratto informato. 3. I soggetti gestori di strutture e servizi assicurano forme di partecipazione degli utenti o loro rappresentanti al controllo della qualità delle prestazioni con la costituzione di comitati misti di partecipazione. 4. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con la partecipazione delle associazioni degli utenti, è adottata in ogni ambito territoriale di riferimento la carta dei servizi, in conformità agli schemi generali di cui all'articolo 13 della l. 328/2000. 5. La carta dei servizi è finalizzata ai seguenti obiettivi: a) stipulazione da parte dei comuni singoli o associati di un patto sociale per il benessere della cittadinanza, attraverso l'assunzione degli impegni generali sui servizi da attivare sul territorio; b) individuazione, da parte dei soggetti gestori istituzionali, dei criteri e delle mappe di accesso ai servizi, delle modalità di erogazione e di finanziamento dei servizi e delle prestazioni, dell'elenco dei soggetti autorizzati o accreditati, dei livelli di assistenza erogati, degli standard di qualità dei servizi, delle modalità di partecipazione dei cittadini al costo dei servizi, delle forme di tutela dei diritti degli utenti, delle regole da applicare in caso di mancato rispetto delle garanzie previste dalla carta, nonché delle modalità di ricorso da parte degli utenti, anche attraverso gli istituti di patronato. 6. La carta dei servizi costituisce requisito necessario per l'accreditamento dei soggetti erogatori di prestazioni sociali. Art. 25. (Comunicazione sociale) 1. Al fine di qualificare il rapporto tra cittadino e istituzioni, i comuni singoli e associati predispongono, quale parte integrante del piano di zona, la redazione di un piano di comunicazione sociale che individui, oltre la carta dei servizi, ulteriori strumenti comunicativi al fine di favorire la conoscenza delle attività, delle iniziative e dei servizi a disposizione dei cittadini. 2. La redazione, da parte degli enti gestori istituzionali, del bilancio sociale, predisposto secondo modalità individuate dalla Giunta regionale e presentato unitamente alla relazione consuntiva, costituisce strumento qualificante della comunicazione sociale interna ed esterna. Titolo VI. Vigilanza, autorizzazione ed accreditamento Art. 26. (Vigilanza) 1. La funzione di vigilanza consiste nella verifica e nel controllo della rispondenza alla normativa vigente dei requisiti strutturali, gestionali e organizzativi dei servizi e delle strutture socio-assistenziali, socio-educative e socio-sanitarie pubbliche e private a ciclo residenziale e semiresidenziale e, in particolare, nella verifica della qualità e dell'appropriatezza dei servizi e delle prestazioni erogate, al fine di promuovere la qualità della vita e il benessere fisico e psichico delle persone che usufruiscono dei servizi o sono ospitate nelle strutture. 2. La funzione di vigilanza è svolta dai soggetti di cui all'articolo 9, comma 5, avvalendosi delle professionalità sanitarie di cui all'articolo 7, comma 1. 3. La funzione di vigilanza comprende le seguenti attività tecnico-amministrative: a) il rilascio, la modifica, la sospensione e la revoca del titolo autorizzativo all'esercizio dei servizi e delle strutture di cui al comma 1; b) la verifica ed il controllo dei requisiti strutturali, tecnici e gestionali, previsti per la tipologia di appartenenza dei servizi e delle strutture, dalle norme nazionali e regionali; c) il controllo e la verifica della qualità dell'assistenza erogata nei confronti della generalità degli assistiti mediante indicazioni tecniche ed operative che consentano la revisione della qualità delle prestazioni e dei servizi per il miglioramento continuo degli stessi; d) la verifica della conformità dei presidi e dei servizi offerti agli obiettivi della programmazione regionale e locale; e) la promozione della riconversione dei presidi ove ne ricorrano i presupposti. 4. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, definisce i criteri e le procedure per l'esercizio delle funzioni di vigilanza, le tipologie dei servizi e delle strutture oggetto della vigilanza, i requisiti gestionali e organizzativi dei servizi di cui al comma 1, nonché le modalità per la promozione dello svolgimento delle funzioni medesime ed i termini per la regolarizzazione delle irregolarità relative all'esercizio di attività socio-assistenziali e sociosanitarie non autorizzate. 5. Annualmente la Giunta regionale presenta una relazione al Consiglio regionale in merito alle attività di vigilanza svolte sul territorio. Art. 27. (Autorizzazione) 1. Il diritto all'esercizio dei servizi e delle attività delle strutture di cui all'articolo 26, comma 1, è conferito al soggetto che ne fa richiesta mediante un provvedimento amministrativo di autorizzazione. 2. L'autorizzazione è concessa, entro novanta giorni dalla presentazione dell'istanza, previa verifica del possesso dei requisiti organizzativi e strutturali previsti dalle disposizioni statali e regionali per l'esercizio dei servizi e dell'attività delle strutture, alla persona fisica qualificata come titolare dell'attività che intende esercitare o al legale rappresentante della persona giuridica o della società. 3. Il titolare o il legale rappresentante sono responsabili, ai fini autorizzativi, del corretto funzionamento dei servizi e delle attività autorizzate. 4. La responsabilità ai fini amministrativi in capo al titolare dell'autorizzazione permane anche nel caso di affidamento a terzi della gestione, in tutto o in parte, dei servizi erogabili; l'affidatario della gestione dell'attività è comunque soggetto alla verifica del rispetto della normativa vigente sulla regolarità di funzionamento del servizio. 5. L'autorizzazione ha carattere personale e non è, in ogni caso, rilasciata ai soggetti che abbiano riportato condanna per un reato che incida sulla loro moralità professionale, salva riabilitazione o che siano stati dichiarati falliti, salva riabilitazione. 6. La cessione, a qualsiasi titolo, dell'attività, la cessione della società, nonché la semplice modifica della rappresentanza legale della stessa determinano la modificazione del titolo autorizzativo. 7. Il soggetto subentrante presenta all'ente competente istanza per l'adeguamento della titolarità dell'autorizzazione, previo accertamento dei previsti requisiti soggettivi. 8. Nel caso in cui s'intendano apportare variazioni gestionali e strutturali di servizi e strutture, il titolare dell'autorizzazione presenta istanza al competente ente della funzione amministrativa per ottenere la modificazione dell'autorizzazione. 9. La cessazione dell'attività svolta è comunicata almeno centoventi giorni prima all'ente titolare della funzione autorizzativa e determina la decadenza dell'autorizzazione. Art. 28. (Violazioni e provvedimenti conseguenti) 1. Qualora il soggetto titolare della funzione di vigilanza accerti la violazione delle disposizioni nazionali e regionali che disciplinano l'esercizio delle attività e dell'erogazione dei servizi, impartisce alla persona fisica titolare dell'autorizzazione o al legale rappresentante della persona giuridica le prescrizioni necessarie, assegnando un termine per ottemperarvi. 2. L'accertamento dell'inosservanza reiterata delle prescrizioni impartite, la violazione, anche senza preventiva irrogazione di prescrizioni, di norme in materia di sanità, di igiene e di sicurezza che siano di grave pregiudizio per la sicurezza e la salute delle persone assistite e degli operatori della struttura, provoca la revoca del titolo autorizzativo. 3. Si procede alla revoca immediata del titolo autorizzativo nel caso di emanazione, a carico del titolare dell'autorizzazione, di sentenza passata in giudicato per i reati di cui all'articolo 27, comma 5, e nei suoi confronti non può essere rilasciata autorizzazione alcuna prima di cinque anni dal provvedimento di revoca del precedente titolo autorizzativo. 4. In caso di esercizio di attività socio-assistenziali e socio-sanitarie non autorizzate, il soggetto titolare della funzione di vigilanza, esperiti gli opportuni accertamenti, fermi restando i presupposti e i requisiti previsti, promuove la regolarizzazione dell'attività impartendo le prescrizioni necessarie e assegnando un termine per ottemperarvi, da definirsi con l'atto amministrativo di cui all'articolo 26, comma 4, fatta comunque salva la irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 30. 5. In caso di impossibilità di adeguamento ai requisiti stabiliti per ottenere l'autorizzazione o di inottemperanza alle prescrizioni irrogate, il soggetto titolare delle funzioni di vigilanza attiva immediatamente le procedure per far cessare l'attività, verificando che siano messe in atto le opportune iniziative per l'assistenza e la tutela delle persone interessate. 6. Il soggetto titolare della funzione di vigilanza, nei casi in cui tale titolarità non sia attribuita al comune interessato, trasmette immediatamente copia degli atti al Sindaco del comune o dei comuni dove sono operativi il servizio o la struttura nei cui confronti è stato revocato il titolo autorizzativo o dove opera un servizio o una struttura non autorizzati e nei cui confronti sia stata disposta la cessazione dell'attività. 7. Il Sindaco provvede all'emanazione dell'ordinanza di cessazione dei servizi e delle attività e alla chiusura della struttura interessata. 8. Con il provvedimento regionale di cui all'articolo 26, comma 4, vengono indicate le ulteriori fattispecie di violazione che possono provocare la revoca del titolo autorizzativo. Art. 29. (Accreditamento) 1. L'accreditamento dei servizi e delle strutture costituisce titolo necessario per l'instaurazione di accordi contrattuali con il sistema pubblico e presuppone il possesso di ulteriori specifici requisiti di qualità rispetto a quelli previsti per l'autorizzazione. 2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, definisce le procedure del processo di accreditamento, che viene coordinato con i meccanismi previsti per l'accreditamento delle strutture sanitarie, nonché gli ulteriori requisiti di cui al comma 1, sulla base dei seguenti criteri: a) adozione della carta dei servizi e di strumenti di comunicazione e trasparenza; b) localizzazione idonea ad assicurare l'integrazione e la fruizione degli altri servizi del territorio; c) eliminazione di barriere architettoniche; c) qualificazione del personale; d) coordinamento con i servizi sanitari e con gli altri servizi sociali del territorio; e) adozione di programmi e di progetti assistenziali individualizzati, calibrati sulle necessità delle singole persone; f) adozione di strumenti di valutazione e di verifica dei servizi erogati. 3. Le strutture autorizzate ed accreditate sono convenzionabili con il sistema pubblico senza impegno di utilizzo e di remunerazione dei posti letto convenzionati, ma solo di quelli utilizzati dai cittadini assistibili nei limiti previsti dal piano socio-sanitario regionale e in base alle spese programmate dalla ASL di competenza, in attuazione e nel pieno rispetto dei principi dettati dall'articolo 3, comma 2, lettera a), per quanto attiene, in special modo, il diritto di scelta da parte degli utenti. Art. 30. (Sanzioni) 1. L'esercizio dei servizi e delle strutture socio-assistenziali pubbliche e private a ciclo residenziale e semiresidenziale senza la prescritta autorizzazione o con eccedenza di ospiti rispetto ai posti autorizzati, l'inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 27, commi 5 e 6, nonché la reiterata inadempienza alle singole prescrizioni impartite dal titolare delle funzioni di vigilanza, costituiscono illecito amministrativo. 2. La misura delle sanzioni per gli illeciti di cui al comma 1 è individuata con atto deliberativo dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, fatto salvo il principio di specialità di cui all'articolo 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). 3. Qualora sia accertato l'esercizio di servizi e di strutture non coerente con la specialità del titolo autorizzativo, alle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 si accompagna un'ordinanza che ingiunga a provvedere entro un congruo termine, comunque non superiore a trenta giorni, al ripristino ad operare nel pieno rispetto di quanto autorizzato, fatti salvi gli adeguamenti immediatamente applicabili nonché le disposizioni che prevedono la revoca del titolo autorizzativo. 4. L'applicazione delle sanzioni è esercitata dai soggetti titolari delle funzioni di vigilanza. 5. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie sono introitati dai soggetti titolari delle funzioni di autorizzazione e vigilanza in appositi capitoli di bilancio. Art. 31. (Modalità di affidamento dei servizi alla persona) 1. Negli affidamenti relativi ai servizi alla persona, gli enti pubblici procedono all'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. È esclusa l'aggiudicazione basata esclusivamente sul criterio del prezzo più basso. 2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, sulla base dell'atto di indirizzo e coordinamento del Governo di cui all'articolo 5, commi 3 e 4, della l. 328/2000, adotta specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona ed alle modalità per valorizzare l'apporto del volontariato nell'erogazione dei servizi. 3. Il provvedimento di cui al comma 2 individua il ruolo da riconoscersi a ciascuna delle varie componenti del terzo settore nel rispetto della loro natura originaria come definita per legge e le conseguenti modalità di coinvolgimento negli ambiti della programmazione, organizzazione e gestione, le azioni da prevedere e finanziare nei piani regionali e di zona per il sostegno e la qualificazione dei soggetti del terzo settore, nonché gli orientamenti e le indicazioni per la scelta, fra i vari sistemi previsti dalla normativa vigente, delle modalità di gestione dei servizi sociali e di coinvolgimento di privati nella stessa, individuando per ciascuno di questi l'ambito ottimale di applicazione. 4. I criteri da utilizzare nelle procedure per l'affidamento a terzi di servizi sociali garantiscono la piena espressione della progettualità da parte del soggetto gestore, l'esclusione del ricorso a forme di intermediazione di manodopera, la considerazione, nella determinazione del prezzo base, del costo del lavoro di cui ai contratti collettivi nazionali, la valutazione degli aspetti qualitativi del servizio nella fase di affidamento, nonché il controllo del mantenimento degli stessi nella fase dell'esecuzione del contratto. Titolo VII. Le risorse umane Art. 32. (Personale dei servizi sociali) 1. La Regione individua le seguenti figure professionali dei servizi sociali: a) gli assistenti sociali; b) gli educatori professionali; c) gli operatori socio-sanitari e gli assistenti domiciliari e dei servizi tutelari; d) gli animatori professionali socio-educativi. 2. Per l'esercizio della professione di educatore professionale è richiesto, alternativamente, il possesso dei seguenti titoli: a) diploma o attestato di qualifica di educatore professionale o di educatore specializzato o altro titolo equipollente conseguito in esito a corsi biennali o triennali post-secondari, riconosciuti dalla Regione o rilasciati dall'università; b) laurea in scienze dell'educazione-indirizzo educatore professionale extrascolastico, indirizzo e curriculum educatore professionale; c) laurea di educatore professionale conseguita ai sensi del decreto ministeriale 8 ottobre 1998, n. 520 (Regolamento recante norme per l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'educatore professionale, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). 3. Per lo svolgimento delle funzioni proprie dell'assistente domiciliare e dei servizi tutelari è richiesto, alternativamente, il possesso dei seguenti titoli: a) attestato di qualifica di assistente domiciliare e dei servizi tutelari o altra qualifica equivalente, conseguito in esito a corsi specifici riconosciuti dalla Regione; b) attestato di qualifica di operatore socio-sanitario. 4. Per lo svolgimento delle funzioni proprie dell'animatore professionale socio educativo è richiesto, alternativamente, il possesso dei seguenti titoli: a) attestato di qualifica di animatore professionale di cui alla normativa regionale vigente; b) laurea in scienze dell'educazione, curriculum animatore professionale socio-educativo o lauree con contenuti formativi analoghi. 5. La figura professionale di assistente domiciliare e dei servizi tutelari è considerata ad esaurimento in seguito all'istituzione della figura dell'operatore socio-sanitario. 6. Partecipano alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali coloro che sono in possesso degli attestati di frequenza a corsi di elementi di collaborazione familiare e di tecniche di sostegno alla persona. 7. Gli operatori di cui al comma 1, lettere b) e c), in servizio da almeno due anni alla data di entrata in vigore della presente legge, privi dei requisiti professionali suddetti, accedono ai corsi di riqualificazione secondo le modalità indicate da provvedimenti attuativi; gli operatori privi dei requisiti professionali che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano in servizio da meno di due anni accedono ai corsi di prima formazione. 8. È comunque fatto salvo il rispetto delle norme contrattuali vigenti e di quanto previsto dalla contrattazione nazionale e decentrata. Art. 33. (Direttore dei servizi sociali) 1. Costituiscono requisiti per la nomina a direttore dei servizi sociali degli enti gestori istituzionali il possesso del diploma di laurea o dell'iscrizione alla sezione A dell'albo professionale dell'ordine degli assistenti sociali, nonché lo svolgimento, per almeno cinque anni, di attività di direzione in enti o strutture pubbliche ovvero in strutture private di medie o grandi dimensioni. 2. Possono essere nominati direttori dei servizi sociali anche coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano ricoperto o ricoprano il ruolo di responsabile o coordinatore dei servizi socioassistenziali da almeno cinque anni. Art. 34. (Le attività formative) 1. La formazione degli operatori costituisce strumento per la promozione della qualità e dell'efficacia del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 2. La Regione promuove la formazione degli operatori sociali e degli operatori dell'area socio-sanitaria, tenendo in considerazione le esigenze di raccordo dei percorsi formativi e di integrazione delle diverse professionalità. 3. La Regione, le province e gli enti gestori istituzionali promuovono iniziative formative a sostegno della qualificazione delle attività dei soggetti del terzo settore. 4. La programmazione regionale delle attività formative degli operatori sociali è predisposta dalla Regione, dalle province e dagli enti gestori istituzionali di cui all'articolo 9, comma 4, ciascuno per quanto di competenza, e con il concorso dell'università e degli altri enti e soggetti accreditati titolari di funzioni formative. 5. I soggetti pubblici e privati, erogatori degli interventi sociali, promuovono e agevolano la partecipazione degli operatori ad iniziative di formazione, qualificazione e aggiornamento. Titolo VIII. Le risorse finanziarie e i beni patrimoniali Art. 35. (Le risorse finanziarie di parte corrente) 1. Fatti salvi i finanziamenti provenienti dallo Stato vincolati a specifiche finalità, il sistema integrato degli interventi e servizi sociali è finanziato dai comuni, con il concorso della Regione e degli utenti, nonché dal fondo sanitario regionale per le attività integrate socio-sanitarie. 2. I comuni, quali titolari delle funzioni amministrative relative alla realizzazione delle attività e degli interventi sociali, garantiscono risorse finanziarie che, affiancandosi alle risorse messe a disposizione dallo Stato, dalla Regione e dagli utenti, assicurino il raggiungimento di livelli di assistenza adeguati ai bisogni espressi dal proprio territorio. La Giunta regionale, di concerto con i comuni singoli o associati, individua una quota capitaria sociale necessaria per assicurare i livelli essenziali e omogenei delle prestazioni di cui all'articolo 19. 3. I comuni che partecipano alla gestione associata dei servizi sono tenuti ad iscrivere nel proprio bilancio le quote di finanziamento stabilite dall'organo associativo competente e ad operare i relativi trasferimenti in termini di cassa alle scadenze previste dagli enti gestori istituzionali. 4. La Regione concorre al finanziamento del sistema integrato di interventi e servizi sociali attraverso proprie specifiche risorse. 5. L'intervento finanziario regionale, con carattere contributivo rispetto all'intervento primario comunale, è finalizzato a sostenere lo sviluppo ed il consolidamento su tutto il territorio regionale di una rete di servizi sociali qualitativamente omogenei e rispondenti alle effettive esigenze delle comunità locali. 6. Le risorse annuali regionali di cui al comma 4 sono almeno pari a quelle dell'anno precedente, incrementate del tasso di inflazione programmato. 7. È istituito il fondo regionale per la gestione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali nel quale confluiscono le risorse proprie della Regione di cui al comma 4, le risorse indistinte trasferite dallo Stato, le risorse trasferite dalle province di cui all'articolo 5, comma 4, nonché le risorse provenienti da soggetti pubblici e privati. 8. Il fondo regionale di cui al comma 7 è annualmente ripartito tra i comuni singoli o associati secondo criteri individuati dalla Giunta regionale, informata la commissione consiliare competente, sulla base delle indicazioni contenute nel piano regionale di cui all'articolo 16; parte dello stesso fondo può essere ripartito tra le province per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti svolti dalle stesse a supporto degli enti locali interessati e per il funzionamento dell'ufficio provinciale di pubblica tutela, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 5. 9. In coerenza con la funzione programmatoria ed organizzativa attribuita alla Regione, le risorse del fondo di cui al comma 7 sono prioritariamente destinate alla contribuzione finanziaria delle gestioni locali conformi, sul piano progettuale, organizzativo ed operativo, alle indicazioni e agli obiettivi fissati dalla Regione. 10. I criteri per il riparto del fondo regionale sono finalizzati a privilegiare gli enti gestori istituiti entro gli ambiti territoriali ottimali individuati dalla Regione, ai sensi dell'articolo 8, prevedendo anche eventuali disincentivi per la gestione in ambiti territoriali diversi, nonché i seguenti enti gestori: a) enti che assumono la gestione complessiva degli interventi e servizi sociali di livello essenziale; b) enti che assicurano i livelli essenziali e uniformi delle prestazioni spostando l'attenzione dalla domanda espressa ai bisogni rilevati; c) enti che favoriscono la diversificazione e la personalizzazione degli interventi; d) enti che promuovono la partecipazione effettiva di tutti i soggetti pubblici e privati e delle famiglie nella progettazione e nella realizzazione del sistema; e) enti che assicurano, in via prioritaria, la risposta alle esigenze di persone portatrici di bisogni gravi; f) enti che realizzano la massima integrazione tra sanità e assistenza, nonché il coordinamento delle politiche dei servizi sociali con le politiche della casa, dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro; g) enti che garantiscono, attraverso l'attuazione di forme di controllo direzionale e di analisi costante delle attività in corso di gestione, la corrispondenza dei risultati effettivamente conseguiti con gli obiettivi prefissati nella fase programmatoria, in termini di efficacia ed efficienza dei servizi e delle prestazioni ed assicurano un impegno finanziario dei comuni adeguato a sostenere le spese necessarie per fornire idonee risposte ai bisogni del territorio. Art. 36. (Controlli di gestione) 1. Gli enti gestori istituzionali dei servizi sociali, al fine di rilevare i dati relativi al rapporto tra risorse impiegate e prestazioni erogate, adottano idonei sistemi di controllo di gestione. 2. La Giunta regionale individua metodi e strumenti e fornisce indirizzi per una realizzazione omogenea del controllo di gestione da parte degli enti gestori istituzionali, che consenta analisi comparative di efficacia e di efficienza e costituisca fonte informativa per la programmazione regionale. Art. 37. (Le risorse finanziarie per investimenti) 1. La Regione promuove la realizzazione della rete delle strutture sociali, socio-assistenziali e socio-sanitarie a ciclo residenziale e semiresidenziale con l'obiettivo del riequilibrio territoriale, dell'adeguamento agli standard definiti dalla normativa vigente e della realizzazione di servizi innovativi. 2. La Giunta regionale provvede a classificare le strutture residenziali e semiresidenziali, a individuare i relativi requisiti strutturali, gestionali e organizzativi e a definire i tempi per l'adeguamento delle strutture esistenti, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. 3. È attribuita alla Giunta regionale la facoltà di individuare uno specifico regime in ordine ai tempi e alle modalità di adeguamento di strutture esistenti gestite da soggetti senza fini di lucro caratterizzate da una dimensione rilevante, da modalità organizzative adeguate ad una ottimale risposta ai bisogni di particolari tipologie di utenza e comprovate dal ruolo storico che tali soggetti hanno svolto nel tempo. 4. Per i fini di cui al comma 1, la Giunta regionale, mediante l'utilizzo di risorse proprie e di eventuali risorse messe a disposizione da parte di altri soggetti pubblici e privati, definisce i programmi per la promozione degli interventi di realizzazione di nuove strutture, di acquisto, di trasformazione, di ristrutturazione, di ampliamento e straordinaria manutenzione di strutture esistenti, di acquisto di attrezzature e arredi. 5. Nella definizione dei programmi di cui al comma 4 la Giunta regionale si ispira ai seguenti criteri: a) analisi dei fabbisogni del territorio, al fine di procedere al riequilibrio e all'attivazione di strutture nelle aree carenti; b) individuazione delle soluzioni strutturali che prevedono risposte composite di assistenza sia residenziale che semiresidenziale, differenziate in funzione del diverso grado di autonomia degli ospiti, in modo da garantirne la permanenza in caso di variazioni; c) promozione degli interventi che si caratterizzano per la realizzazione di forme effettive di integrazione socio-sanitaria; d) realizzazione di interventi innovativi di residenzialità temporanea, diurna, notturna e stagionale di sostegno alle famiglie, al fine di evitare la collocazione definitiva delle persone in stato di bisogno nelle strutture residenziali. 6. Le risorse finanziarie di cui al comma 4 sono concesse a soggetti pubblici e privati sulla base delle seguenti condizioni: a) la realizzazione degli interventi consenta la totale agibilità e il regolare funzionamento delle strutture; b) siano raggiunti gli standard di qualità minimi individuati dalla normativa regionale; c) gli interventi risultino congrui rispetto alle indicazioni della programmazione regionale; d) le strutture immobiliari oggetto di contributo, ad eccezione di quelle per le quali il contributo è concesso ai fini di risanamento conservativo e di straordinaria manutenzione, siano vincolate alla destinazione d'uso, secondo i tempi e le modalità individuati dalla Giunta regionale. 7. La Giunta regionale, in base alla disponibilità delle risorse finanziarie di cui al comma 4, definisce i programmi attuativi degli interventi, mediante appositi bandi, indicando le finalità, i destinatari e le modalità di finanziamento degli interventi programmati, le tipologie degli interventi e i requisiti delle strutture realizzabili, l'entità delle risorse disponibili e dei contributi concedibili, le modalità e i tempi di presentazione delle domande e della documentazione tecnico-amministrativa di corredo, i criteri di valutazione degli interventi, i tipi e i livelli di progettazione richiesti, le modalità di erogazione e le garanzie richieste ai beneficiari delle risorse, le modalità, i tempi e le procedure per l'approvazione e la realizzazione degli interventi, il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 6. 8. La Regione opera, altresì, perché si creino le condizioni necessarie per la realizzazione di strutture residenziali e semiresidenziali con l'apporto di capitali privati. Art. 38. (Beni patrimoniali vincolati) 1. La Regione promuove il migliore utilizzo del patrimonio dei comuni vincolato a finalità socio-assistenziali e sociali, nel rispetto dell'autonomia dei singoli enti, anche mediante proposte e incentivi alla riconversione del patrimonio non idoneo allo svolgimento di attività socio-assistenziali in servizi finalizzati alle stesse attività. Titolo IX. Gli oneri dei servizi e delle prestazioni Art. 39. (Titolarità degli oneri degli interventi e dei servizi sociali) 1. Gravano sui comuni, secondo le modalità di gestione di cui all'articolo 9, gli oneri relativi agli interventi socio-assistenziali da erogarsi agli aventi diritto anagraficamente residenti presso i comuni medesimi. 2. L'organizzazione e l'erogazione degli interventi socio-assistenziali non differibili caratterizzati da motivi di urgenza sono effettuati dal comune nel cui territorio il destinatario degli interventi stessi dimora; gli oneri relativi gravano sul comune di residenza. 3. Qualora per l'avente diritto si renda necessaria o sia disposta la collocazione in affidamento familiare o in comunità di tipo familiare o in strutture residenziali situate nel territorio di un altro comune, gli eventuali oneri finanziari relativi continuano a gravare sul comune sede della residenza al momento di tale collocazione, anche in caso di successive variazioni anagrafiche. Nel caso di minori, la titolarità degli oneri è in capo al comune nel quale, al momento della collocazione, risiedeva il genitore che esercitava la potestà genitoriale. 4. Qualora l'iniziativa del ricovero e i relativi oneri siano assunti dall'utente o dai suoi congiunti, gli obblighi connessi ad una successiva richiesta di integrazione economica della retta gravano sul comune presso il quale l'utente stesso era anagraficamente residente prima di tale ricovero. Art. 40. (Compartecipazione degli utenti al costo dei servizi) 1. La compartecipazione degli utenti ai costi si applica ai servizi ed alle prestazioni sociali richieste prevedendo la valutazione della situazione economica del richiedente, con riferimento al suo nucleo familiare, attraverso il calcolo degli indicatori della situazione economica equivalente o attraverso altri strumenti individuati dalla Regione. 2. La domanda per ottenere le prestazioni sociali agevolate è presentata direttamente all'ente erogatore, anche per il tramite degli istituti di patronato. La dichiarazione finalizzata alla determinazione degli indicatori della situazione economica equivalente è effettuata presso lo stesso ente erogatore, oppure presso i comuni, i centri di assistenza fiscale (CAF) e l'INPS presenti sul territorio che la certificano mediante attestazione. 3. Gli enti gestori istituzionali, con riferimento alla valutazione della situazione economica del beneficiario del servizio, determinano l'entità della compartecipazione ai costi sulla base dei criteri di valutazione determinati dalla Giunta regionale con proprio provvedimento e aggiornano annualmente le capacità di compartecipazione dell'utente ai costi di cui al comma 1. 4. Gli enti gestori istituzionali controllano la veridicità della situazione familiare dichiarata e confrontano i dati reddituali e patrimoniali dichiarati dai soggetti ammessi alle prestazioni con i dati in possesso del sistema informativo del Ministero competente. 5. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, adotta linee guida atte ad assicurare una omogenea applicazione nel territorio regionale degli indicatori di cui al comma 1, anche in considerazione di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 (Definizione di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), così come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130. Titolo I. Politiche di promozione regionale Capo I. Politiche per le famiglie Art. 41. (Attività di promozione regionale) 1. La Regione riconosce e sostiene la famiglia quale soggetto fondamentale per la formazione e la cura delle persone e quale ambito di riferimento unitario per ogni intervento riguardante la salute, l'educazione, lo sviluppo culturale e la sicurezza sociale di ciascuno dei suoi componenti. 2. I principi per lo svolgimento delle attività di promozione regionale delle politiche familiari sono i seguenti: a) predisposizione di una politica organica ed integrata volta a promuovere la famiglia nello svolgimento delle sue funzioni sociali; b) programmazione dei servizi e valorizzazione delle risorse di solidarietà della famiglia, della rete parentale e delle solidarietà sociali; c) sostegno alla formazione ed allo sviluppo di nuove famiglie, alla cura ed educazione dei figli, al reperimento del lavoro e di abitazioni adeguate con idonee politiche lavorative e abitative, anche attraverso un apposito fondo sociale per gli affitti; d) promozione e sostegno dell'armonioso sviluppo delle relazioni familiari, delle funzioni educative, della corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura e di educazione dei figli nonché dei rapporti di solidarietà tra generazioni della famiglia. Art. 42. (Centri per le famiglie) 1. Al fine di sostenere gli impegni e le reciproche responsabilità dei componenti della famiglia, la Regione promuove e incentiva l'istituzione, da parte dei comuni, in raccordo con i consultori familiari, di centri per le famiglie, aventi lo scopo di fornire informazioni e favorire iniziative sociali di mutuo aiuto, inseriti o collegati nell'ambito dei servizi istituzionali pubblici dei soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali. Art. 43. (Tempi di cura, tempi di lavoro e tempi delle città) 1. La Regione, in coerenza con gli obiettivi della programmazione, promuove e incentiva le iniziative di riorganizzazione dei servizi pubblici e privati convenzionati, tese a una crescente flessibilità delle prestazioni, al coordinamento degli orari e al risparmio di tempo per le attività familiari. 2. La Regione promuove altresì iniziative sperimentali per favorire la stipulazione di accordi tra le organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali che consentano forme di articolazione dell'attività lavorativa volte a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, promuove e incentiva la costituzione di banche del tempo, come definite dall'articolo 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) e di ogni iniziativa volta ad armonizzare i tempi delle città con i tempi di cura della famiglia. Capo II. Politiche per la tutela materno-infantile Art. 44. (Attività di promozione regionale) 1. La Regione, in attuazione della legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989), promuove il diritto di cittadinanza e la qualità della vita ad ogni persona minore di età, privilegiando la famiglia quale ambito prioritario di crescita, mediante un sistema di sicurezza e di protezione sociale attivo, caratterizzato dall'integrazione degli interventi e dei servizi sociali. 2. La Regione programma le politiche per l'infanzia e la genitorialità sulla base dei seguenti criteri: a) promozione dello sviluppo e della salute psicofisica di ogni persona minore di età; b) riduzione e rimozione delle condizioni di disagio individuale, familiare e sociale; c) realizzazione dei servizi socio-educativi, anche sperimentali e innovativi, per l'infanzia e l'adolescenza, secondo quanto previsto dalla specifica normativa vigente in materia; d) sostegno alla formazione, quale garanzia di sviluppo e di crescita; e) valorizzazione delle funzioni genitoriali e parentali e della solidarietà tra i componenti della famiglia; f) sviluppo delle reti di solidarietà di auto-aiuto e mutuo-aiuto fra le famiglie; g) incentivo alle iniziative per la prevenzione e il contrasto del fenomeno dell'abuso e del maltrattamento a danno dei minori e delle donne; h) sostegno all'affidamento e all'adozione in attuazione della legislazione nazionale e regionale vigente; i) individuazione delle misure di coordinamento degli interventi locali di raccolta ed elaborazione dati, al fine di monitorare i flussi informativi sulle condizioni e i servizi a favore dei minori. Art. 45. (Servizi e prestazioni per i minori) 1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 44, i piani di zona prevedono la realizzazione dei seguenti servizi: a) attività di sostegno alla famiglia e alla genitorialità; b) servizi socio-educativi per l'infanzia e l'adolescenza; c) servizi di animazione per l'infanzia e per l'adolescenza; d) centri di ascolto per adolescenti; e) servizi di intervento educativo-terapeutico per i minori e per le famiglie; f) servizi per l'affidamento familiare e per l'adozione; g) servizi di assistenza educativa territoriale; h) servizi finalizzati all'accoglienza di bassa soglia per minori stranieri non accompagnati. 2. I piani di zona possono altresì prevedere l'istituzione di comunità familiari e comunità educative, anche mediante riqualificazione delle strutture assistenziali esistenti per minori, nonché la promozione di azioni progettuali sperimentali mirate. Capo III. Politiche per le persone disabili Art. 46. (Attività di promozione regionale) 1. La Regione riconosce il diritto al benessere psico-fisico della persona disabile e ne favorisce la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società. 2. I principi per lo svolgimento delle attività di promozione regionale delle politiche per le persone disabili sono i seguenti: a) sostegno alle responsabilità familiari lungo tutto il ciclo di vita della persona con disabilità; b) sviluppo delle autonomie e delle abilità possibili, in particolare dei disabili gravi; c) promozione degli interventi atti ad assicurare la vita indipendente; d) potenziamento e diffusione omogenea sul territorio dei servizi di assistenza domiciliare, assistenza domiciliare integrata e di assistenza socio-educativa territoriale; e) realizzazione di progetti individualizzati per l'integrazione scolastica e universitaria nonché di formazione e di accompagnamento al lavoro della persona disabile; f) incremento della rete dei centri diurni, dei Centri addestramento per disabili (CAD) nonché l'estensione della loro fascia oraria; g) individuazione di nuove tipologie di risposte residenziali che assicurino una vita di relazione simile al nucleo familiare; h) rimozione degli ostacoli che aggravano la condizione di disabilità; i) promozione dell'acquisto di strumenti tecnologici innovativi atti a facilitare la vita indipendente e il reinserimento sociale e professionale; j) sviluppo di iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione per la prevenzione e per la cura della disabilità, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito. 3. Il riconoscimento di persona in situazione di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), costituisce condizione di priorità nell'accesso ai programmi ed ai servizi territoriali. Art. 47. (Servizi e prestazioni per le persone disabili) 1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 46 i piani di zona prevedono le forme di intervento attraverso la realizzazione dei seguenti servizi: a) aiuto alla persona; b) assistenza domiciliare, assistenza domiciliare integrata e assistenza socio-educativa territoriale; c) centri diurni; d) integrazione scolastica e lavorativa; e) sostegno e sostituzione temporanea della famiglia; f) accoglienza residenziale; g) famiglie-comunità sostitutive della famiglia di origine. 2. Il piano di zona può inoltre individuare altri servizi tesi a favorire la piena integrazione sociale della persona disabile nonché la fruizione dei beni culturali, ambientali, la pratica sportiva ed il turismo. Art. 48. (Partecipazione di enti ed associazioni di categoria) 1. La Regione riconosce la funzione sociale di enti e associazioni che abbiano finalità di integrazione sociale e di promozione di diritti di cittadini disabili e può assegnare contributi per la loro attività, secondo quanto previsto dalla specifica normativa regionale in materia. Capo IV. Politiche per le persone anziane Art. 49. (Attività di promozione regionale) 1. La Regione promuove la qualificazione e l'articolazione della rete dei servizi sociali per le persone anziane nella logica della domiciliarità e del sostegno alla vita di relazione nella comunità locale, valorizzando le risorse positive delle persone anziane e il loro apporto alla vita familiare e sociale. 2. I principi per lo svolgimento delle attività di promozione regionale delle politiche per le persone anziane sono i seguenti: a) realizzazione, anche attraverso specifiche provvidenze, di interventi diretti a mantenere l'autonomia della persona anziana, prioritariamente in un contesto familiare, ad evitare i rischi della non autosufficienza e a favorire un passaggio graduale dalla autonomia alla non autonomia prevedendo il più ampio coinvolgimento di tutti gli attori del percorso di presa in carico; b) diffusione omogenea dell'assistenza a domicilio su tutto il territorio; c) potenziamento dei servizi di supporto alla famiglia, compresi contribuiti economici e assegni di cura per quelle famiglie che si fanno carico di garantire l'assistenza di un proprio componente anziano non autosufficiente; d) realizzazione di servizi e strutture di sollievo per sostenere e integrare l'attività della famiglia nel lavoro di cura; e) diffusione e utilizzo di strumentazioni tecnologiche per il collegamento, anche a fini di monitoraggio e di tutela, della persona anziana che vive nella propria casa con centri di pronto intervento, nonché informazione sulle nuove tecnologie che facilitino il mantenimento della qualità della vita all'interno della propria casa sia all'anziano con limitata autonomia sia ai familiari e agli operatori coinvolti nel percorso di cura; f) affidamento di anziani a famiglie selezionate al fine di favorire l'anziano nel mantenimento delle proprie abitudini di vita e del proprio contesto territoriale; g) realizzazione di forme di accoglienza familiare notturna; h) apertura delle strutture residenziali e diurne alla comunità locale per la promozione dell'incontro intergenerazionale e per favorire le relazioni sociali delle persone anziane; i) istituzione di soggiorni marini e montani, con la possibilità di scambi di periodi di residenzialità per le persone autosufficienti tra strutture di regioni diverse; i) istituzione di servizi civici e di centri di aggregazione e di informazione a cui partecipano le persone anziane attive per valorizzarne le esperienze e competenze; j) sostegno dell'attività di volontariato e di utilità sociale, per lo sviluppo di esperienze di auto-aiuto e mutuo-aiuto al fine di migliorare la qualità della vita quotidiana; k) incentivi per la permanenza dei cittadini anziani nelle abitazioni di proprietà attraverso il recupero del patrimonio residenziale esistente ed il frazionamento delle unità abitative eccedenti le ordinarie necessità degli anziani che le abitano; l) adozione di misure di umanizzazione delle condizioni, anche ambientali, di soggiorno nelle strutture residenziali e semiresidenziali. Art. 50. (Servizi e prestazioni per le persone anziane) 1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 49 i piani di zona prevedono le forme di intervento attraverso la realizzazione dei seguenti servizi: a) attività di prevenzione per il mantenimento dell'autonomia e per ridurre i rischi di non autosufficienza; b) assistenza domiciliare e assistenza domiciliare integrata; c) contributi economici; d) servizi di accoglienza residenziale e semiresidenziale anche temporanea; e) servizi di sollievo alla famiglia e di affidamento familiare; f) centri diurni di aggregazione sociale e di socializzazione. Capo V. Politiche per altri soggetti deboli Art. 51. (Attività di promozione regionale per persone detenute ed ex detenute) 1. La Regione, in accordo con il Ministero della Giustizia nelle sue diverse articolazioni, con gli enti locali e con tutti i soggetti interessati alla promozione di iniziative a favore della popolazione adulta detenuta ed ex detenuta, programma le politiche di sostegno alle persone detenute ed ex detenute sulla base dei seguenti criteri: a) realizzazione di politiche tese al reinserimento sociale e lavorativo di detenuti o di ex detenuti; b) sostegno al miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti nelle carceri mediante attività di preparazione professionale, sportive, culturali e ricreative e progetti di attività lavorative intramurarie; c) promozione dell'attività di formazione congiunta tra operatori penitenziari e operatori dei servizi sul territorio; d) ealizzazione di politiche tese a ridurre la conflittualità sociale e a favorire l'elaborazione, a livello locale, di progetti tesi a creare una nuova cultura sui problemi della devianza e della sicurezza; e) promozione dei progetti presentati da comuni o da altri soggetti ai fini della realizzazione di strutture di accoglienza per detenuti semiliberi, ammessi al lavoro all'esterno, affidati in prova al servizio sociale e per ex detenuti; f) promozione di progetti di sostegno alle famiglie e di mediazione fra vittime e autori di reati; g) promozione di progetti mirati a rispondere a bisogni specifici di particolari tipologie di persone detenute, quali popolazione femminile, donne con figli, immigrati extracomunitari, persone con problemi di dipendenza, detenuti che necessitano di un particolare trattamento rieducativo in relazione al tipo di reato commesso. Art. 52. (Attività di promozione regionale per persone senza fissa dimora) 1. La Regione promuove azioni congiunte tra i soggetti pubblici e quelli del privato sociale per la presa in carico delle persone senza fissa dimora, tramite l'elaborazione di progetti individuali di accompagnamento sociale, finalizzati al recupero delle funzioni personali e sociali di base. 2. I principi per lo svolgimento delle attività di promozione regionale delle politiche per le persone senza fissa dimora sono i seguenti: a) sensibilizzazione culturale della società verso le persone senza fissa dimora; b) promozione di processi integrati per lo sviluppo di percorsi di aiuto, sostegno e di accompagnamento sociale all'autonomia; c) attivazione di unità mobili di approccio che favoriscano l'incontro e la conoscenza delle persone; d) attivazione di centri di accoglienza aperti ventiquattro ore al giorno, per la predisposizione e realizzazione di progetti individuali sui singoli casi; e) attivazione di micro strutture residenziali, anche temporanee, protette e di gruppi famiglia e comunità in grado di avviare le persone ad una graduale riabilitazione sociale; f) attivazione di dormitori e di strutture notturne di accoglienza. Art. 53. (Attività di promozione regionale per le persone con problemi di dipendenza) 1. La Regione promuove azioni di sostegno per le persone che presentano rischio, uso o dipendenza da sostanze psicoattive ed azioni finalizzate alla prevenzione di fattori di rischio, mirate al coinvolgimento e alla responsabilizzazione del contesto familiare, educativo e formativo in cui la persona è inserita e svolte in stretta collaborazione con tutti i soggetti istituzionali e del privato sociale. 2. Gli interventi sociali destinati alle persone con problemi di dipendenza si esplicano attraverso: a) gli interventi domiciliari di sostegno alla persona e alla famiglia; b) li interventi di inserimento o reinserimento lavorativo, formativo e sociale; c) la realizzazione di progetti integrati tra scuola, enti locali, servizi sociali e servizi sanitari, finalizzati al coinvolgimento e al reinserimento sociale delle persone con problemi di dipendenza. 3. Gli interventi di cui alle lettere b) e c) del comma 2 sono riservati ai soggetti che hanno positivamente superato la fase di dipendenza. Titolo I. Norme transitorie e finali Art. 54. (Disposizioni transitorie in materia di vigilanza) 1. In via transitoria, fino all'entrata in vigore del provvedimento della Giunta regionale di cui all'articolo 26, comma 4, le funzioni amministrative di vigilanza, comprese quelle relative alle RSA, sono esercitate dalle ASL e dal Comune di Torino per i servizi e le strutture operanti sul proprio territorio, secondo le modalità e gli indirizzi indicati dagli atti amministrativi regionali di riferimento. 2. Le funzioni amministrative di vigilanza relative alle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) gestite direttamente dalle ASL, sono esercitate dalla Regione, secondo le modalità e gli indirizzi indicati dagli atti amministrativi regionali di riferimento. Art. 55. (Soppressione del controllo di legittimità sugli atti delle IPAB) 1. A far data dall'entrata in vigore della presente legge, è soppresso il controllo preventivo di legittimità sugli atti delle IPAB, di cui all'articolo 27 della legge regionale 22 settembre 1994, n. 40 (Nuove norme per il funzionamento del CORECO). Art. 56. (Disposizioni transitorie in materia di interventi strutturali) 1. Le disposizioni di cui alle l.r. 14/1986, 22/1990, 40/1995, 10/1996, 59/1996, 73/1996, 16/1997 e 43/1997 e rispettive deliberazioni attuative, riguardanti il finanziamento e la realizzazione di presidi socio-assistenziali, continuano ad applicarsi per tutte le richieste di contributo presentate in seguito a bandi approvati dalla Giunta regionale alla data di entrata in vigore della presente legge. 2. I contributi regionali in conto capitale, concessi ai sensi delle l.r. 22/1990, 40/1995, 10/1996, e 59/1996 per l'acquisto, la ristrutturazione, la riconversione e la nuova costruzione di presidi socio-assistenziali possono essere introitati dai soggetti beneficiari, in via definitiva e senza obbligo di restituzione alla Regione, nella misura e secondo le quantità erogate dagli uffici regionali, nel caso di interventi che risultino parzialmente eseguiti ed i cui termini temporali di realizzazione siano decorsi alla data di entrata in vigore della presente legge. 3. La Giunta regionale definisce i criteri, le procedure e gli strumenti occorrenti per dare attuazione alla disposizione di cui al comma 2. Art. 57. (Disposizioni transitorie in materia di amministrazione delle IPAB) 1. Fino all'entrata in vigore della legge regionale di riordino delle IPAB si provvede all'amministrazione ordinaria e straordinaria delle stesse, già amministrate dagli Enti Comunali di Assistenza (ECA) attraverso un Collegio commissariale composto di cinque membri, nominati dal comune in cui l'Ente ha sede legale. 2. In seno al predetto Collegio è garantita la rappresentanza della minoranza consiliare nonché eventuali componenti di diritto, qualora previsti nello Statuto dell'Ente. 3. Il Presidente del Collegio è eletto dal Collegio stesso fra i propri componenti. 4. Il Collegio commissariale dura in carica quanto gli organi di governo del comune che lo ha nominato. Art. 58. (Norma finale) 1. Ai fini dell'attuazione delle politiche settoriali di cui alla parte II, titolo I, capi I, II, III, IV e V, la Giunta regionale, informata la commissione consiliare competente, individua le attività di promozione regionale nell'ambito della programmazione socio-sanitaria triennale regionale e dello svolgimento della funzione di cui all'articolo 4, comma 1, lettera m). 2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, adotta, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, linee guida per gli enti gestori istituzionali per l'esercizio delle competenze relative agli interventi socio-assistenziali nei confronti delle gestanti e delle madri in condizione di disagio individuale, familiare e sociale, compresi quelli volti a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i figli, e gli interventi a favore dei neonati nei primi sessanta giorni di vita, di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 6. Titolo II. Modificazioni, integrazioni e abrogazioni di leggi regionali Art. 59. (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 21 maggio 1975, n. 31 "Norme per la concessione di contributi agli istituti di patronato e di assistenza sociale") 1. L'articolo 1 della l.r. 31/1975 è sostituito dal seguente: "Art. 1. 1. La Regione promuove la tutela dei diritti dei cittadini nei settori della previdenza e della sicurezza sociale. 2. La Regione riconosce il ruolo degli istituti di patronato e di assistenza sociale nel sistema integrato di interventi e servizi sociali quali persone giuridiche private che svolgono un servizio di pubblica utilità, anche con lo svolgimento delle attività previste all'articolo 10 della legge 30 marzo 2001, n. 152 (Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale) che sono regolate da apposite convenzioni. 3. La Regione sostiene l'attività degli istituti nei campi dell'informazione, dell'assistenza, della tutela; in particolare promuove l'espletamento di funzioni di segretariato sociale previste all'articolo 22, comma 4, lettera a) della legge 8 novembre 2000 n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali). 4. A tali fini sono concessi contributi annui a favore degli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti giuridicamente ai sensi della l. 152/2001, che operano nel territorio della Regione Piemonte." 2. La lettera b) del primo comma dell'articolo 2 della l.r. 31/1975 è così sostituita: "b) alle iniziative di promozione, di informazione e di prevenzione, di formazione nei settori dell'assistenza e della sicurezza sociale, nonché di consulenza, per attività finalizzate all'espletamento di pratiche a favore di soggetti e nei settori di intervento previsti dalla l. 152/2001". 3. Il primo comma dell'articolo 3 della l.r. 31/1975, è così sostituito: "1. I contributi di cui all'articolo 2 lettera a) sono ripartiti a favore di ciascuna sede provinciale degli istituti di patronato e di assistenza sociale in misura direttamente proporzionale al punteggio assegnato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.". 4. Dopo la lettera c) del primo comma dell'articolo 4 della l.r. 31/1975, è aggiunta la seguente: "c bis.) svolgere le proprie attività istituzionali operando direttamente presso strutture sanitarie, socioassistenziali, assistenziali o comunque rivolte alle fasce deboli della popolazione". 5. Il primo comma dell'articolo 6 della l.r. 31/1975, è così sostituito: "1. Ai fini della concessione di contributi, i responsabili provinciali degli istituti di patronato e di assistenza sociale trasmettono, entro il 31 ottobre di ogni anno, domanda al Presidente della Giunta corredata da una relazione sull'attività svolta e dalla copia, vistata per conformità dagli ispettori provinciali del lavoro di tutti i dati trasmessi, a chiusura dell'attività dell'anno precedente, agli ispettorati medesimi.". Art. 60. (Modifiche alla legge regionale 31 agosto 1989, n. 55 "Costituzione del Consiglio regionale sui problemi dei minori e sostegno di iniziative per la tutela dei minori") 1. La lettera b) del comma 1 2. L'articolo 5 della l.r. 55/1989 è abrogato. dell'articolo 4 della l.r. 55/1989 è abrogata. Art. 61. (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 giugno 1994, n. 18 "Norme di attuazione della legge 381/1991 'Disciplina delle cooperative socialì") 1. La rubrica dell'articolo 2 della l.r. 18/1994, è modificata dalla seguente: "Art. 2. (Albo regionale e sezioni provinciali)" 2. Il comma 1 dell'articolo 2 della l.r. 18/1994 è sostituito dal seguente: "1. Ai fini di cui all'articolo 1, è istituito l'albo regionale delle cooperative sociali quale ambito unitario delle sezioni provinciali istituite dall'articolo 115 della l.r. 44/2000, inserito dall'articolo 10 della l.r. 5/2001.". 3. Il comma 5 dell'articolo 2 della l.r. 18/1994 è sostituito dal seguente: "5. Non sono iscrivibili le cooperative ed i consorzi che abbiano, come esclusivo scopo statutario, lo svolgimento di attività di formazione professionale, di cui alla legge 21 dicembre 1978, n. 845, attuata con legge regionale 25 febbraio 1980, n. 8, nonché le società cooperative ed i loro consorzi, che organizzino attività di istruzione di qualsiasi ordine e grado.". 4. La rubrica dell'articolo 3 della l.r. 18/1994 è modificata dalla seguente: "Art. 3. (Iscrizione alle sezioni provinciali)". 5. Il comma 2 dell'articolo 3 della l.r. 18/1994 è abrogato. 6. Il comma 3 dell'articolo 3 della l.r. 18/1994 èsostituito dal seguente: "3. Il provvedimento di iscrizione è notificato al richedente, al comune ove ha sede legale la cooperativa, all'ASL di competenza, alla prefettura, all'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, agli enti previdenziali ed assistenziali ed è pubblicato gratuitamente per estratto sul bollettino ufficiale della Regione.". 7. Al comma 1 dell'articolo 4 della l.r. 18/1994 la parola: "Regione" è sostituita dalla parola: "provincia". 8. Al comma 2 dell'articolo 4 della l.r. 18/1994 la parola "Regione " è sostituita dalla parola: "provincia". 9. Il primo capoverso del comma 1 dell'articolo 5 della l.r. 18/1994 è sostituito dal seguente: "La cancellazione è disposta dalla provincia con provvedimento motivato". 10. Il comma 3 dell'articolo 5 della l.r. 18/1994 è sostituito dal seguente: "3. Il provvedimento di cancellazione è comunicato, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, alla cooperativa o consorzio nonché agli altri enti individuati al comma 3 dell'articolo 3 della legge ed è pubblicato gratuitamente per estratto sul bollettino ufficiale della Regione.". 11. Al comma 1 dell'articolo 8 della l.r. 18/1994 le parole: "La Regione prevede" sono sostituite dalle parole: "la Regione e le province prevedono". 12. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 8 della l.r. 18/1994 è così sostituita: "a) la realizzazione di uno stretto raccordo tra le strutture del sistema formativo regionale e le cooperative sociali, concernente la formazione di base, la riqualificazione e l'aggiornamento degli operatori anche con riferimento alle professionalità impegnate nell'ambito delle attività di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati.". 13. Alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 8 della l.r. 18/1994 dopo la parola: "Regione" sono aggiunte le parole: "e dalle province". 14. Il comma 1 dell'articolo 14 della l.r. 18/1994 è sostituito dal seguente: "1. Le province concedono contributi per la realizzazione di progetti di sviluppo ed attività alle cooperative iscritte alla sezione B dell'albo regionale.". 15. La lettera a) del comma 2 dell'articolo 14 della l.r. 18/1994 è sostituita dalla seguente: "a) gli obiettivi sociali, produttivi e occupazionali, che non possono essere inferiori all'assunzione o all'ammissione a socio lavoratore a tempo indeterminato di almeno una persona svantaggiata, così come definita dall'articolo 4 della l. 381/1991.". 16. Al comma 3 dell'articolo 14 della l.r. 18/1994 le parole: "la Regione" sono sostituite dalle parole: "le province". 17. Il comma 2 dell'articolo 15 della l.r. 18/1994 è abrogato. 18. L'articolo 18 della l.r. 18/1994 è abrogato. 19. Il comma 1 dell'articolo 19 della l.r. 18/1994 è sostituito dal seguente: "1. Al fine di favorire la continuità lavorativa dei cittadini cui sia venuta meno la situazione di svantaggio, riconosciuta ai sensi della l. 381/1991, le province intervengono, per un massimo di due anni, con un contributo, corrispondente al 50 per cento degli oneri previdenziali e assistenziali versati per detti lavoratori, da erogarsi alle cooperative o datori di lavoro pubblici o privati che li abbiano assunti o li assumano con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.". Art. 62. (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 29 agosto 1994, n. 38 "Valorizzazione e promozione del volontariato") 1. L'articolo 3 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "Art. 3. (Registri delle organizzazioni di volontariato) 1. Ai sensi dell'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266 è istituito il registro regionale delle organizzazioni di volontariato quale ambito unitario delle sezioni provinciali istituite dall'articolo 115 della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44, inserito dall'articolo 10 della l.r. 5/2001. 2. L'iscrizione nei registri è aperta alle organizzazioni di volontariato che, perseguendo le finalità di natura civile, sociale e culturale di cui all'articolo 1 della legge, operano in aree di intervento cui corrispondono le seguenti sezioni: a) socio-assistenziale; b) sanitaria; c) impegno civile, tutela e promozione dei diritti; d) protezione civile; e) tutela e valorizzazione dell'ambiente; f) promozione della cultura, istruzione, educazione permanente; g) tutela e valorizzazione del patrimonio storico ed artistico; h) educazione motoria, promozione delle attività sportive e tempo libero. 3. Gli organismi di collegamento e di coordinamento sono iscritti in apposita sezione. Gli organismi con sede legale in una determinata provincia e formati in modo prevalente da organizzazioni di volontariato della medesima provincia sono iscritti nelle relative sezioni provinciali. Gli organismi di collegamento e di coordinamento formati da organizzazioni a carattere regionale, interregionale o interprovinciale sono iscritti nella apposita sezione del registro regionale. 4. La Giunta regionale può individuare ulteriori aree di operatività delle organizzazioni di volontariato. 5. L'iscrizione al registro del volontariato è incompatibile con l'iscrizione al registro delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale).". 2. Il comma 1 dell'articolo 4 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "1. Sono iscritte nel registro regionale e nelle sezioni provinciali le organizzazioni costituite ai sensi dell'articolo 3 della l. 266/1991, aventi sede legale o articolazioni locali autonome nella Regione Piemonte, qualunque sia la forma giuridica da esse assunta, purché compatibile con il fine solidaristico.". 3. Il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 4 della l.r. 38/1994 è abrogato. 4. Il comma 3 dell'articolo 4 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "3. L'iscrizione è disposta entro novanta giorni dalla data di ricevimento dell'istanza.". 5. Il comma 4 dell'articolo 4 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "4. Il decreto di iscrizione, o di diniego di iscrizione, è pubblicato gratuitamente per estratto sul bollettino ufficiale della Regione.". 6. Il comma 1 dell'articolo 5 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "1. Le amministrazioni provinciali e regionale provvedono alla revisione annuale del registro al fine di verificare il permanere dei requisiti che hanno dato luogo all'iscrizione. Le organizzazioni iscritte nel registro sono pertanto tenute a trasmettere, entro il 31 luglio di ogni anno, una relazione dettagliata che illustri l'attività svolta, nonché copia del bilancio.". 7. Il comma 2 dell'articolo 5 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "2. Le amministrazioni provinciali e regionale possono richiedere sia al comune nel cui territorio le organizzazioni di volontariato hanno sede o svolgono la loro attività, sia ad altre pubbliche amministrazioni un parere circa il permanere delle condizioni alle quali è subordinata l'iscrizione.". 8. Il comma 3 dell'articolo 5 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "3. Il venir meno dei requisiti di cui al comma 1 dell'articolo 5 e dell'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato comporta la cancellazione dell'organizzazione dal registro.". 9. Il comma 6 dell'articolo 5 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "6. Le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro devono comunicare le variazioni dello statuto, dell'atto costitutivo o dell'accordo degli aderenti entro sessanta giorni dal prodursi dell'evento.". 10. Il comma 2 dell'articolo 11 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "2. Con deliberazione della Giunta regionale, acquisito il parere della competente commissione consiliare, vengono definite la composizione e le modalità di funzionamento del Consiglio regionale di cui al comma 1.". 11. I commi 1 e 2 dell'articolo 13 della l.r. 38/1994, sono sostituiti dai seguenti: "1. I centri di servizio di cui all'articolo 15 della l. 266/1991, nella programmazione e gestione della propria attività di sostegno alle organizzazioni di volontariato, si uniformano agli indirizzi emergenti dal piano regionale di sviluppo e dai singoli piani di settore. 2. Con deliberazione della Giunta regionale, sentito il comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato, sono stabiliti ulteriori criteri rispetto a quelli previsti dalla normativa statale per l'utilizzo dei fondi dei centri di servizio secondo principi di progettualità integrata con la Regione, gli enti locali, le fondazioni e le realtà associative del territorio, prevedendo in particolare la possibilità di finanziamento diretto di progetti alle organizzazioni di volontariato e di interventi a favore delle sedi.". 12. L'articolo 14 della l.r. 38/1994 è sostituito dal seguente: "Art. 14 (Contributi) 1. Le province concedono alle organizzazioni di volontariato, iscritte nei registri, contributi a titolo di sostegno di specifici e documentati progetti e attività. 2. Le province, al fine di concorrere al superamento delle situazioni di difficoltà delle organizzazioni di volontariato derivanti dalla carenza di sedi idonee allo svolgimento delle attività, concedono contributi in conto capitale a comuni singoli o associati, comunità montane, comunità collinari, IPAB o aziende pubbliche di servizi alla persona per interventi edilizi di ristrutturazione di immobili di proprietà, o in disponibilità almeno decennale, da concedere in uso gratuito a organizzazioni di volontariato iscritte nei registri. 3. Il contributo in conto capitale non può essere superiore al 25 per cento dell'importo complessivo dei lavori e per un massimo di euro 5.000. 4. I contributi sono concessi a condizione che gli interventi realizzati consentano l'agibilità dell'immobile e che lo stesso sia vincolato all'uso di cui al comma 2 per la durata di dieci anni; eventuali deroghe al suddetto vincolo possono essere concesse dalla Giunta provinciale con provvedimento motivato. 5. Le province, al fine di concorrere al superamento delle situazioni di difficoltà e disagio sociale nell'ambito della comunità regionale e di promuovere le condizioni atte a sostenere e ad agevolare lo sviluppo delle loro attività, erogano contributi costanti nel pagamento degli interessi dei mutui contratti dalle organizzazioni di volontariato operanti nel territorio provinciale iscritte da almeno due anni nei registri. 6. Il contributo, in conto interessi o in conto canoni, rispettivamente su accensione di mutui o stipulazione di contratti di leasing, è concesso per spese di investimento o per progetti rientranti nell'attività statutaria degli enti interessati ed è pari in percentuale al tasso ufficiale di riferimento. 7. La durata del contributo è pari a quella dell'operazione finanziaria posta in essere e comunque non può essere superiore a cinque esercizi finanziari.". Art. 63. (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23 marzo 1995, n. 45 "Impiego di detenuti in semilibertà o ammessi al lavoro esterno per lavori socialmente utili a protezione dell'ambiente") 1. Il titolo della l.r. 45/1995 è modificato dal seguente: "Impiego di detenuti in semilibertà, ammessi al lavoro all'esterno, affidati in prova al servizio sociale o in detenzione domiciliare per lavori socialmente utili". 2. Il comma 1 dell'articolo 1 della l.r. 45/1995 è sostituito dal seguente: "1. La Regione nell'ambito della propria attività a favore dell'inserimento sociale e del recupero dei detenuti attua, d'intesa con i competenti organi del Ministero di giustizia interventi per l'impiego di detenuti in semilibertà, ammessi al lavoro all'esterno, affidati in prova al servizio sociale o in detenzione domiciliare in opere e servizi socialmente utili, promossi d'intesa con gli enti locali e da questi gestiti avvalendosi, di norma, dei cantieri di lavoro.". 3. Il comma 1 dell'articolo 2 della l.r. 45/1995 è sostituito dal seguente: "1. Per la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 1, i comuni, le comunità montane e le province interessati ad attuare gli interventi presentano alla Giunta regionale progetti che prevedano l'impiego di detenuti in semilibertà, ammessi al lavoro esterno, affidati in prova al servizio sociale o in detenzione domiciliare in opere e servizi di interesse locale socialmente utili, favorendo in tal modo anche il loro reinserimento sociale e lavorativo.". 4. Il comma 2 dell'articolo 2 della l.r. 45/1995 è sostituito dal seguente: "2. La Giunta regionale, d'intesa con l'amministrazione penitenziaria e con quella giudiziaria, determina annualmente i progetti da attuare dando priorità a quelli presentati dai comuni, dalle comunità montane e dalle province sedi di istituto penitenziario, avvalendosi del parere espresso dall'apposito comitato nominato con le modalità previste dall'articolo 7.". 5. Il comma 1 dell'articolo 4 della l.r. 45/1995 è sostituito dal seguente: "1. Con apposite determinazioni dirigenziali vengono annualmente approvati i progetti di attività presentati dagli enti locali.". 6. L'articolo 7 della l.r. 45/1995 è sostituito dal seguente: "Art. 7. (Norme attuative) 1. La Giunta regionale approva, con propria deliberazione, le norme attuative della presente legge, sentiti il Tribunale di sorveglianza, il Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria e le associazioni degli enti locali. 2. Nella deliberazione di cui al comma 1 sono stabilite le procedure e i tempi secondo i quali dar corso ogni anno alle attività preparatorie, contestuali e successive agli interventi previsti dalla legge, nonchè la composizione e le modalità di nomina di un apposito comitato che esprime parere sulla proposta dei progetti da finanziare annualmente.". Art. 64. (Modifiche alla legge regionale 15 gennaio 1973, n. 3 "Criteri generali per la costruzione, l'impianto, la gestione ed il controllo degli asilinido comunali costruiti e gestiti con il concorso dello Stato di cui alla legge 6 dicembre 1971, n. 1044 e con quello della Regione") 1. L'articolo 1, comma 1, della l.r. 3/1973 è sostituito dal seguente: "1. I comuni, singoli od associati nelle forme previste dalla legge, e le comunità montane o collinari possono usufruire dei contributi dello Stato, ai sensi della normativa vigente, e di quelli della Regione, a norma della presente legge, sia per la costruzione e l'impianto, sia per la gestione degli asili-nido.". Art. 65. (Abrogazione di leggi regionali) 1. Sono abrogate le seguenti leggi regionali: a) legge regionale 13 agosto 1973, n. 18 (Assegno integrativo di natalità alle coltivatrici dirette, in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico); b) legge regionale 13 agosto 1973, n. 19 (Assegno integrativo di natalità alle artigiane, in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico); c) legge regionale 13 agosto 1973, n. 20 (Assegno integrativo di natalità alle esercenti attività commerciali, in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico); d) legge regionale 11 marzo 1975, n. 13 (Intervento straordinario, a favore del comune di Torino, per provvedere alla contingente sistemazione alloggiativa di nuclei familiari); e) legge regionale 3 giugno 1975, n. 37 (Concessione di contributo alle sezioni della Unione Italiana Ciechi in Piemonte); f) legge regionale 12 marzo 1976, n. 11 (Mantenimento di Marzia Sanfratello, figlia di Antonino, vittima della rapina avvenuta il 15 dicembre 1975); g) legge regionale 26 marzo 1976, n. 15 (Norme per l'esercizio delle funzioni trasferite dal DPR 15-11972, n. 9, in materia di nomina dei Consigli di Amministrazione delle IPAB); h) lgge regionale 7 luglio 1976, n. 37 (Delega al comune di Tortona della gestione della comunità protetta per Profughi); i) legge regionale 25 gennaio 1977, n. 10 (Modificazioni della legge regionale 4 maggio 1976, n. 19 ed integrazione di spesa per la formazione professionale); j) legge regionale 20 aprile 1977, n. 28 (Mantenimento di Nunzia Ciotta, figlia di Giuseppe, vittima dell'attentato avvenuto il 12 marzo 1977); k) legge regionale 6 gennaio 1978, n. 2 (Norme sullo scioglimento degli EECCAA, sul passaggio delle attribuzioni del personale e dei rapporti patrimoniali ai Comuni ai sensi dell'articolo 25 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616); l) legge regionale 16 agosto 1979, n. 43 (Modificazione delle modalità di erogazione del contributo straordinario "una tantum", di cui alla legge regionale 22 gennaio 1976, n. 5. Sostituzione dell'articolo 3 della legge stessa); m) legge regionale 5 dicembre 1979, n. 67 (Interventi straordinari a favore di cittadini con redditi insufficienti per sostenere prioritariamente il rincaro del costo di riscaldamento per l'inverno 19791980); n) legge regionale 23 ottobre 1981, n. 43 (Interventi straordinari a favore dei comuni per attività socioassistenziali); o) legge regionale 8 agosto 1984, n. 37 (Mantenimento di Katia Airaudi, figlia di Eugenio, vigile del fuoco volontario, morto nello spegnimento di un incendio boschivo il 5 dicembre 1981); p) legge regionale 25 novembre 1985, n. 63 (Norme integrative per la presentazione delle domande di registrazione di presidi socio-assistenziali); q) legge regionale 24 marzo 1986, n. 15 (Proroga termini di trasferimento dell'esercizio delle funzioni socio-assistenziali alle UUSSSSLL sub-comunali di Torino); r) legge regionale 23 gennaio 1987, n. 7 (Norme urgenti concernenti la proroga dei termini previsti dagli artt. 36 della l.r. 23 agosto 1982, n. 20 ed 8 della l.r. 11 febbraio 1985, n. 9, il regime transitorio per la riconversione delle IIPPAB infermerie e la nuova numerazione delle Unità SocioSanitarie Locali subcomunali di Torino); s) legge regionale 4 giugno 1987, n. 31 (Modifica della l.r. 23 gennaio 1987, n. 7 'Norme urgenti concernenti la proroga dei termini previsti dagli artt. 36 della l.r. 23 agosto 1982, n. 20 ed 8 della l.r. 11 febbraio 1985, n. 9, il regime transitorio per la riconversione delle IIPPAB infermerie e la nuova numerazione delle Unità Socio-Sanitarie Locali subcomunali di Torinò); t) legge regionale 7 marzo 1988, n. 12 (Integrazioni e modifiche della l.r. 23 agosto 1982, n. 20 'Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte '); u) legge regionale 7 marzo 1988, n. 13 (Abrogazione dell'articolo 9 della legge approvata dal Consiglio regionale in data 27 gennaio 1988 'Integrazioni e modifiche della l.r. 23 agosto 1982, n. 20'); v) legge regionale 6 luglio 1988, n. 31 (Ulteriori integrazioni della l.r. 23 agosto 1982, n. 20 'Indirizzi e normative per il riordino dei Servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte '); w) legge regionale 22 novembre 1989, n. 69 (Proroga del termine di cui all'articolo 36, 10 comma, della l.r. 23 agosto 1982, n. 20 e successive modifiche ed integrazioni 'Indirizzi e normative per il riordino dei Servizi Socio Assistenziali della Regione Piemonte '); x) legge regionale 2 aprile 1990, n. 22 (Finanziamento presidi socio-assistenziali); y) legge regionale 17 aprile 1990, n. 34 (Interpretazione autentica dell'articolo 31 quater, commi 3 e 8 della l.r. 23 agosto 1982, n. 20 e successive modifiche ed integrazioni); z) legge regionale 18 febbraio 1991, n. 6 (Proroga termini articolo 31 quater, comma 6, articolo 36, comma 1 e articolo 37, comma 1, della legge regionale 23 agosto 1982, n. 20 'Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte ' e successive modificazioni ed integrazioni); aa) legge regionale 27 dicembre 1991, n. 67 (Modifica dell'articolo 2 della l.r. 3 settembre 1991, n. 44 'Norme transitorie in materia socio-assistenziale ); bb) legge regionale 23 aprile 1992, n. 24 (Norme relative al trasferimento delle funzioni socio assistenziali già esercitate dalle Province); cc) legge regionale 4 novembre 1992, n. 47 (Modifica dell'articolo 7, 10 comma, della l.r. 23 aprile 1992, n. 24 'Norme relative al trasferimento delle funzioni socio-assistenziali già esercitate dalle province '); dd) legge regionale 23 febbraio 1995, n. 19 (Prime norme di attuazione dell'articolo 5 della legge 18 marzo 1993, n. 67, recante disposizioni in materia sanitaria e socio-assistenziale - Restituzione alle province competenze relative alla tutela della maternità ed infanzia ed assistenza ai ciechi e sordomuti); ee) legge regionale 13 aprile 1995, n. 62 (Norme per l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali); ff) legge regionale 22 dicembre 1995, n. 94 (Modifiche alla legge regionale 13 aprile 1995, n. 62 'Norme per l'esercizio delle funzioni socio-assistenzialì ed alla legge regionale 18 gennaio 1995, n. 8 'Finanziamento, gestione patrimoniale ed economico-finanziaria delle Unità sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere '); gg) legge regionale 23 gennaio 1996, n. 4 (Spese riscaldamento stagione invernale 1995/96 - Interventi straordinari a favore dei singoli e dei nuclei familiari economicamente e socialmente più deboli); hh) legge regionale 3 gennaio 1997, n. 5 (Modificazioni alla legge regionale 13 aprile 1995, n. 62 'Norme per l'esercizio delle funzioni socio-assistenzialì); ii) legge regionale 4 agosto 1997, n. 43 (Promozione della rete di strutture socio-assistenziali destinate a persone disabili). 2. Gli articoli 114, 115, 116 e 117 della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44, come inseriti dall'articolo 10 della l.r. 5/2001 sono abrogati. Titolo III. Norme finanziarie Art. 66. (Disposizione finanziaria) 1. Alla copertura degli oneri derivanti dalla presente legge si fa fronte con risorse finanziarie individuate con le modalità previste dall'articolo 8 della legge regionale 11 aprile 2001, n. 7 (Ordinamento contabile della Regione Piemonte) e dall'articolo 30 della legge regionale 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l'anno 2003). Legge regionale 15 gennaio 1973, n. 3. Criteri generali per la costruzione, l'impianto, la gestione ed il controllo degli asili-nido comunali costruiti e gestiti con il concorso dello Stato di cui alla Legge 6 dicembre 1971, n. 1044 e con quello della Regione. (B.U. 23 gennaio 1973, n. 3) Capo I. NORME DI CARATTERE GENERALE Art. 1. I Comuni ed i Consorzi di Comuni possono usufruire dei contributi dello Stato, ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e di quelli della Regione a norma della presente legge, sia per la costruzione e l'impianto, sia per la gestione degli asili-nido, a condizione che provvedano direttamente all'impianto od alla gestione degli stessi. Gli scopi degli Asili-Nido sono quelli fissati dal comma 2 dell'art. 1 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044. La domanda di contributo deve essere presentata al Presidente della Giunta Regionale entro il 30 aprile di ogni anno, corredata dalla deliberazione del Comune o del consorzio di Comuni interessato e da una relazione che motivi l'esigenza del servizio, in base ai criteri di priorita' stabiliti dal seguente articolo 3, ed indichi la spesa occorrente. Art. 2. La Regione integra il fondo per gli asili-nido, di cui alla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, nella seguente misura: lire un miliardo per l'anno 1972; lire un miliardo per l'anno 1973; per gli anni successivi la Regione definira' i fondi di integrazione sulla base di piani pluriennali, riferiti ai periodi di tempo propri del piano di sviluppo regionale. Il piano pluriennale degli asili-nido costituira' specificazione settoriale del piano di sviluppo regionale e delle sue articolazioni in piani comprensoriali. L'ammontare dei contributi a carico della Regione, non cumulabili con quelli dello Stato, viene determinato per ciascun asilo-nido con deliberazione della Giunta Regionale in misura non superiore ai limiti stabiliti dall'art. 1 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, tenendo conto della spesa effettiva per la costruzione e gestione dell'asilo-nido. A carico dei fondi regionali possono anche essere concessi contributi per l'impianto e la gestione dei micro asili-nido di cui al successivo articolo 5. Art. 3. Nell'elaborazione e nella definizione del piano annuale di cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, la Giunta regionale deve tener conto della necessita' di diffondere nel territorio l'istituzione degli asili-nido; nonche' dei seguenti criteri di prorita', riferiti ai Comuni ed ai Consorzi di Comuni richiedenti il contributo: - popolazione fino a tre anni di eta'; livello di occupazione femminile; - incremento della popolazione infantile nell'ultimo quinquennio. Capo II. NORME PER LA COSTRUZIONE E PER L'IMPIANTO Art. 4. Gli asili-nido devono sorgere preferibilmente su aree attigue alle strutture residenziali e facilmente accessibili alla popolazione interessata al servizio. L'ubicazione deve essere possibilmente riferita agli altri servizi sociali e di istruzione all'infanzia pre-scolare. Le caratteristiche geo-morfologiche dell'area devono assicurare un uso dell'asilo nido adeguatamente confortevole in ogni stagione dell'anno. Art. 5. La struttura degli asili-nido deve consentire, di norma, la frequenza durante le ore diurne, da un minimo di 25 ad un massimo di 75 bambini fino ai tre anni di eta'. I bambini sono divisi in lattanti e divezzi. L'attivita' psico-pedagogica e' organizzata sulla base di piccoli gruppi. La progettazione degli asili-nido deve prevedere reparti per lattanti e per divezzi, utilizzabili in funzione delle presumibili variazioni di frequenza tra i due gruppi. In localita' a scarsa densita' demografica i Comuni possono istituire micro asili-nido, per un numero di bambini inferiore ai 25, aventi, per quanto possibile, caratteristiche analoghe a quelle degli asili-nido. Art. 6. La superficie totale dell'area per la costruzione di un asilo nido deve essere pari ad almeno 40 mq. per bambino con un minimo di 1500 mq. complessivi. Rispetto all'area netta totale, la parte coperta da edifici non deve superare il 30 %. Tali edifici devono, di norma, essere costruiti ad un solo piano fuori terra. La dimensione dei reparti deve essere di almeno mq. 4,50 per ogni lattante, di mq. 8 per ogni divezzo dei quali mq. 1,50 per le occupazioni libere ed organizzate dei lattanti e di metri quadrati 3,70 per quelle dei divezzi. Art. 7. La struttura edilizia dell'asilo-nido deve corrispondere all'organizzazione prevista dal precedente articolo 5. Gli spazi da prevedersi sono quelli per il soggiorno, per l'alimentazione, per il riposo, per le attivita' di sviluppo del linguaggio, dell'imitazione, di conoscenza della natura e per altre occupazioni libere ed organizzate nonche' adeguati servizi igienici. Gli spazi devono formare un insieme di ambienti direttamente comunicanti fra loro, per favorire l'inserimento graduale del bambino nella totalita' dei rapporti con le persone e le attivita' dell'asilo e rispondere alle sue esigenze di sviluppo psicopedagogico. I servizi generali, quali: ambulatorio medico con saletta di isolamento, direzione e segreteria, locale di riunione, cucina, lavanderia, ripostiglio e servizio per il personale sono previsti in comune a tutto l'asilo-nido. Qualora vi sia contiguita' nell'asilo nido con altre strutture di servizi sociali o scolastiche, alcuni servizi possono essere in comune. Art. 8. L'impianto degli asili-nido e dei micro asili-nido puo' anche avvenire in locali di: a) Stabili gia' esistenti b) Nuovi edifici residenziali c) Edifici attigui od annessi ad altre strutture di servizi sociali o scolastiche. Per l'impianto degli asilinido, in stabili gia' esistenti, in nuovi edifici residenziali e per quelli da costruirsi nelle zone di tipo A e B di cui al Decreto Interministeriale 2 aprile 1968- ove sia dimostrata l'impossibilita' di adeguarsi allo standard previsto, nel rispetto delle indicazioni di strumenti urbanistici, approvati ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 - nonche' per i micro asili-nido, possono ammettersi deroghe alle prescrizioni di cui al primo e secondo comma dell'art. 6. Deve comunque essere assicurata un'area esterna di esclusiva pertinenza dell'asilo-nido; l'area deve risultare, anche solo parzialmente, soleggiata e dotata di alberature ed attrezzature per la permanenza ed il gioco dei bambini. Art. 9. I progetti per la costruzione e per l'impianto degli asili-nido, di cui ai precedenti articoli, redatti conformemente ai suddetti criteri generali, sono approvati dagli Uffici provinciali del Genio Civile, sentito il parere del Medico Provinciale. Art. 10. Sugli edifici costruiti, acquistati o riattati con i contributi previsti dalla presente legge e' costituito vincolo ventennale di destinazione. L'eventuale svincolo dell'immobile puo' essere consentito dalla Giunta Regionale su motivata richiesta del Consiglio Comunale o dell'Assemblea consortile interessati. Capo III. NORME PER LA GESTIONE ED IL CONTROLLO Art. 11. I Comuni ed i Consorzi di Comuni gestiscono gli asili nido costruiti ai sensi della presente legge, avvalendosi della partecipazione delle famiglie e delle rappresentanze delle formazioni sociali organizzate nel territorio. A tal fine, presso ciascun asilo-nido e' costituita una Commissione composta da un minimo di 9 ad un massimo di 12 membri. Le modalita' di composizione e di elezione, nonche' la durata in carica della Commissione suddetta, sono fissate con apposito Regolamento Comunale o consortile. Il Presidente della Commissione e' eletto nel suo seno nella prima riunione; funge da segretario il responsabile della direzione dell'asilo-nido. La Commissione deve riunirsi periodicamente secondo le norme del Regolamento suddetto su convocazione del Presidente od a richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti. Art. 12. La Commissione di cui al precedente articolo ha i seguenti compiti: 1) predisporre il regolamento interno e le sue eventuali modifiche, che devono essere approvati dal competente Consiglio Comunale o dall'Assemblea consortile, sentita l'unita' sanitaria locale del Comune ove ha sede l'asilo-nido ed, in via transitoria, fino all'istituzione di questa, l'Ufficiale Sanitario del Comune. 2) Vigilare e controllare l'applicazione delle norme stabilite nel regolamento interno e sul funzionamento dell'asilo-nido. 3) Esaminare le domande di ammissione all'asilo-nido, disponendone l'accettazione in base al regolamento interno. 4) Eseguire tutti gli incarichi che il Consiglio o la Giunta Comunale e l'Assemblea consortile ritengono opportuno affidarle. 5) Art. 13. Il regolamento, di cui al precedente articolo 12, deve prevedere: a) norme e criteri di priorita' per l'accettazione delle domande di iscrizione; tali norme devono tendere ad evitare che minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali siano elementi di esclusione; b) orario e calendario, che devono essere fissati in rapporto alle effettive esigenze degli utenti; c) vigilanza medica ed interventi psico-pedagogici per assicurare l'armonico sviluppo psico-fisico dei bambini; d) orme relative alle attivita' ludiche per i divezzi, indispensabili per stimolare lo sviluppo psico-motorio; e) norme per gli incontri periodici dei vari operatori con i genitori dei bambini e per assicurare l'effettiva partecipazione delle famiglie; f) norme per la istituzione e la tenuta delle cartelle sanitarie. Art. 14. Le tabelle dietetiche concernenti i pasti dei bambini e del personale sono fissate dall'Unita' Sanitaria locale e, fino all'istituzione di quest'ultima, in via transitoria, dall'Ufficiale Sanitario del Comune. Capo IV. PERSONALE Art. 15. Il personale degli asili-nido e' dipendente dei Comuni o dei Consorzi di Comuni. A ciascun asilo-nido devono essere assegnati un responsabile della direzione, puericultrici - in numero di almeno una ogni dieci bambini - e personale ausiliario, di cui almeno uno addetto alla cucina. Il responsabile della direzione deve essere in possesso del diploma di vigilatrice, le puericultrici devono essere in possesso della licenza di puericultrice, ottenuti a norma della legislazione vigente. Presso ogni asilo-nido deve inoltre essere prevista la consulenza di un medico possibilmente pediatra, nonche' di un pedagogista o di uno psicologo. Art. 16. Il personale degli asili-nido deve essere assunto mediante pubblico concorso. Nell'espletamento del concorso deve essere adeguatamente valutata la partecipazione del candidato a specifici corsi di preparazione ed aggiornamento tenuti da Enti statali e locali o comunque da Enti giuridicamente riconosciuti. Per il personale gia' in servizio alla data dell'entrata in vigore della presente legge presso asili-nido comunali e per quello gia' in servizio presso Enti ai quali subentrino nella gestione Comuni o Consorzi di Comuni, e' ammessa, in fase di prima applicazione della presente legge, la deroga dal limite di eta', dal titolo di studio richiesto e dalla assunzione mediante pubblico concorso. Art. 17. In via transitoria e per la durata di un triennio dall'entrata in vigore della presente legge, i Comuni o i Consorzi di Comuni, in mancanza di personale fornito di diploma di vigilatrice d'infanzia possono ammettere ai concorsi, per il responsabile della direzione, insegnanti di scuola materna o assistenti sanitarie; sempre in via transitoria possono ammettere ai concorsi, per le puericultrici, ostetriche diplomate, infermiere professionali o altro personale in possesso comunque di diploma di scuola media inferiore. Allo scopo di favorire la formazione e la qualificazione professionale degli operatori degli asili-nido, la Regione promuovera' corsi di formazione professionale specifica. Capo V. ONERI FINANZIARI Art. 18. All'onere di lire un miliardo per l'anno 1972 si provvede mediante la riduzione, per pari ammontare, dello stanziamento di cui al capitolo 1404 del bilancio di previsione per l'anno 1972 e la contestuale istituzione, in tale bilancio, del capitolo 523, per i contributi di gestione, funzionamento e manutenzione, e del capitolo 1171 per i contributi di costruzione, impianto ed arredamento degli asili-nido. All'onere di lire un miliardo per l'anno 1973 si provvede istituendo due analoghi capitoli di spesa nel relativo bilancio. Il Presidente della Giunta Regionale e' autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione della presente legge. Le somme stanziate per la costruzione e la gestione degli asili-nido, non impegnate in ciascun anno finanziario, possono esserlo nell'anno successivo. D.Lgs. 25-7-1998 n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 1998, n. 191, S.O. Epigrafe Premessa TITOLO I Princìpi generali 1. Àmbito di applicazione. 2. Diritti e doveri dello straniero. 2-bis. Comitato per il coordinamento e il monitoraggio. 3. Politiche migratorie. TITOLO II Disposizioni sull'ingresso, il soggiorno e l'allontanamento dal territorio dello Stato Capo I - Disposizioni sull'ingresso e il soggiorno 4. Ingresso nel territorio dello Stato. 5. Permesso di soggiorno. 5-bis. Contratto di soggiorno per lavoro subordinato. 6. Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno. 7. Obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro. 8. Disposizioni particolari. 9. Carta di soggiorno. Capo II - Controllo delle frontiere, respingimento ed espulsione 10. Respingimento. 11. Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera. 12. Disposizioni contro le immigrazioni clandestine. 13. Espulsione amministrativa. 13-bis. Partecipazione dell'amministrazione nei procedimenti in camera di consiglio. 14. Esecuzione dell'espulsione. 15. Espulsione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l'esecuzione dell'espulsione. 16. Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione. 17. Diritto di difesa. Capo III - Disposizioni di carattere umanitario 18. Soggiorno per motivi di protezione sociale. 19. Divieti di espulsione e di respingimento. 20. Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali. TITOLO III Disciplina del lavoro 21. Determinazione dei flussi di ingresso. 22. Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato. 23. Titoli di prelazione. 24. Lavoro stagionale. 25. Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali. 26. Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo. 27. Ingresso per lavoro in casi particolari. TITOLO IV Diritto all'unità familiare e tutela dei minori 28. Diritto all'unità familiare. 29. Ricongiungimento familiare. 30. Permesso di soggiorno per motivi familiari. 31. Disposizioni a favore dei minori. 32. Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età. 33. Comitato per i minori stranieri. TITOLO V Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale Capo I - Disposizioni in materia sanitaria 34. Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale. 35. Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale. 36. Ingresso e soggiorno per cure mediche. Capo II - Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione 37. Attività professionali. 38. Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale. 39. Accesso ai corsi delle università. Capo III - Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale 40. Centri di accoglienza. Accesso all'abitazione. 41. Assistenza sociale. Capo IV - Disposizioni sull'integrazione sociale, sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie 42. Misure di integrazione sociale. 43. Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. 44. Azione civile contro la discriminazione. 45. Fondo nazionale per le politiche migratorie. 46. Commissione per le politiche di integrazione. TITOLO VI Norme finali 47. Abrogazioni. 48. Copertura finanziaria. 49. Disposizioni finali e transitorie. D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (1). (giurisprudenza di legittimità) Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (2) (3). (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 1998, n. 191, S.O. (2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni: - I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 dicembre 1998, n. 258; Circ. 26 marzo 1999, n. 67; Circ. 3 giugno 1999, n. 123; Circ. 20 febbraio 2001, n. 44; Circ. 27 marzo 2001, n. 75; Circ. 22 marzo 2002, n. 56; Circ. 9 giugno 2003, n. 99; Circ. 8 luglio 2003, n. 122; Msg. 19 febbraio 2004, n. 4674; - Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 24 marzo 1999, n. 23/99; Circ. 30 marzo 1999, n. 27/99; Circ. 12 aprile 1999, n. 31/99; Circ. 30 luglio 1999, n. 63/99; Circ. 13 settembre 1999, n. 69/99; Circ. 2 dicembre 1999, n. 81/99; Circ. 17 febbraio 2000, n. 11/2000; Circ. 5 giugno 2000, n. 34/2000; Circ. 12 luglio 2000, n. 47/2000; Circ. 21 luglio 2000, n. 54/2000; Circ. 27 luglio 2000, n. 3562; Circ. 28 luglio 2000, n. 55/2000; Circ. 29 settembre 2000, n. 67/2000; Lett.Circ. 2 ottobre 2000, n. 4851; Circ. 23 novembre 2000, n. 82/2000; Circ. 22 gennaio 2001, n. 13/2001; Nota 30 gennaio 2001, n. VII/A3-1/210; Circ. 5 febbraio 2001, n. 20/2001; Circ. 23 febbraio 2001, n. 25/2001; Lett.Circ. 23 febbraio 2001, n. VII/3/I/381; Circ. 28 febbraio 2001, n. 26/2001; Circ. 8 marzo 2001, n. 30/2001; - Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Lett.Circ. 2 luglio 2001, n. VII/3.1/1234; Circ. 12 luglio 2001, n. 69/2001; Circ. 6 agosto 2001, n. 78/2001; Circ. 30 ottobre 2001, n. 84/2001; Circ. 14 gennaio 2002, n. 2/2002; Circ. 21 gennaio 2002, n. 4/2002; Circ. 13 marzo 2002, n. 15/2002; Circ. 8 ottobre 2002, n. 51/2002; - Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 4 aprile 2000, n. 3484/C; - Ministero dell'interno: Circ. 27 maggio 1999, n. 300/C/227729/12/207; Circ. 27 maggio 1999, n. 3123/50; Circ. 22 marzo 2000, n. 300/C/2000; Nota 31 ottobre 2002; Circ. 7 novembre 2000, n. 300/C/2000/5464/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 settembre 2000, n. 300/C/2000/4761/A/12.214.19/1DIV; Circ. 24 agosto 2000, n. 300/C/2000/4742/A/12.229.52/1DIV; Circ. 2 agosto 2000, n. 300C/2000/4038/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 aprile 2001, n. 1650/50; Circ. 4 dicembre 2002, n. 48145/30-I.A.; Circ. 19 giugno 2003, n. 14/2003; Circ. 28 aprile 2004, n. 400/C/2004/500/P/10.2.45.1; - Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 13 novembre 2002, n. 9551; Nota 3 aprile 2003, n. 1576; Nota 16 dicembre 2003, n. 3969; - Ministero della sanità: Circ. 31 marzo 1999, n. 400.3/114.9/1290; Circ. 24 marzo 2000, n. 5; Circ. 14 aprile 2000, n. DPS/III/L.40/00-1259; - Ministero della università e della ricerca scientifica e tecnologica: Circ. 3 agosto 1999, n. 1315/22-SP; - Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 13 febbraio 2003. (3) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 140 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l'articolo 87 della Costituzione; Visto l'articolo 47, comma 1, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l'emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni concernenti gli stranieri, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro e con le norme della citata legge 6 marzo 1998, n. 40, con le modifiche a tal fine necessarie, le disposizioni vigenti in materia di stranieri contenute nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, non compatibili con le disposizioni della predetta legge n. 40 del 1998, le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e quelle dell'articolo 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335, compatibili con le disposizioni della medesima legge n. 40; Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1998; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 15 giugno 1998; Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati; Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 22 luglio 1998 e del 24 luglio 1998; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la solidarietà sociale, del Ministro degli affari esteri, del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro della sanità, con il Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali; Emana il seguente decreto: TITOLO I Princìpi generali 1. Àmbito di applicazione. (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 1) 1. Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri. 2. Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e salvo il disposto dell'articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40. 3. Quando altre disposizioni di legge fanno riferimento a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana ovvero ad apolidi, il riferimento deve intendersi agli istituti previsti dal presente testo unico. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato. 4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni del presente testo unico costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, esse hanno il valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica. 5. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato di guerra. 6. Il regolamento di attuazione del presente testo unico, di seguito denominato regolamento di attuazione, è emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40 (4). 7. Prima dell'emanazione, lo schema di regolamento di cui al comma 6 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere. (4) Il regolamento di attuazione di cui al presente comma è stato emanato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394. (giurisprudenza di legittimità) 2. Diritti e doveri dello straniero. (legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 2; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1) 1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. 2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione. 3. La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell'OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. 4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale. 5. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge. 6. Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall'interessato. 7. La protezione diplomatica si esercita nei limiti e nelle forme previsti dalle norme di diritto internazionale. Salvo che vi ostino motivate e gravi ragioni attinenti alla amministrazione della giustizia e alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale, ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento. L'autorità giudiziaria, l'autorità di pubblica sicurezza e ogni altro pubblico ufficiale hanno l'obbligo di informare, nei modi e nei termini previsti dal regolamento di attuazione, la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del Paese a cui appartiene lo straniero in ogni caso in cui esse abbiano proceduto ad adottare nei confronti di costui provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal territorio dello Stato, di tutela dei minori, di status personale ovvero in caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente e hanno altresì l'obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi previsti dalla legge. Non si fa luogo alla predetta informazione quando si tratta di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari. 8. Gli accordi internazionali stipulati per le finalità di cui all'articolo 11, comma 4, possono stabilire situazioni giuridiche più favorevoli per i cittadini degli Stati interessati a speciali programmi di cooperazione per prevenire o limitare le immigrazioni clandestine. 9. Lo straniero presente nel territorio italiano è comunque tenuto all'osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente. 2-bis. Comitato per il coordinamento e il monitoraggio. 1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato «Comitato». 2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. 3. Per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell'interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l'innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, delle attività produttive, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell'economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rappresentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all'attuazione delle disposizioni del presente testo unico, nonché degli enti e delle associazioni nazionali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1. 4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri (5) (6). (5) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 100. (6) Articolo aggiunto dall'art. 2, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. 3. Politiche migratorie. Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 3) 1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, predispone ogni tre anni salva la necessità di un termine più breve il documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal ricevimento del documento programmatico. Il documento programmatico è emanato, tenendo conto dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Ministro dell'Interno presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico (7). 2. Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli Stati membri dell'Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi con i Paesi di origine. Esso indica altresì le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato, nelle materie che non debbono essere disciplinate con legge. 3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l'inserimento sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché non confliggenti con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine. 4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Comitato di cui all'articolo 2-bis, comma 2, la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le competenti Commissioni parlamentari, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 20. Qualora se ne ravvisi l'opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l'anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente (8). 5. Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelle inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana. 6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell'interno, si provvede all'istituzione di Consigli territoriali per l'immigrazione, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale. 6-bis. Fermi restando i trattamenti dei dati previsti per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, il Ministero dell'interno espleta, nell'ambito del Sistema statistico nazionale e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, le attività di raccolta di dati a fini statistici sul fenomeno dell'immigrazione extracomunitaria per tutte le pubbliche amministrazioni interessate alle politiche migratorie (9). 7. Nella prima applicazione delle disposizioni del presente articolo, il documento programmatico di cui al comma 1 è predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. Lo stesso documento indica la data entro cui sono adottati i decreti di cui al comma 4. 8. Lo schema del documento programmatico di cui al comma 7 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere. (7) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189. (8) Comma così sostituito dal comma 2 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l'anno 2003, il D.P.C.M. 20 dicembre 2002 e il D.P.C.M. 6 giugno 2003; per l'anno 2004, il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori stagionali e il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori non stagionali; per l'anno 2005, il D.P.C.M. 17 dicembre 2004 per i lavoratori stagionali e non stagionali. Vedi, inoltre, per i lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri dell'Unione europea, il D.P.C.M. 20 aprile 2004 e il D.P.C.M. 8 ottobre 2004, per l'anno 2004, e il D.P.C.M. 17 dicembre 2004, per l'anno 2005. Vedi, anche, l'art. 1-ter, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. (9) Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). TITOLO II Disposizioni sull'ingresso, il soggiorno e l'allontanamento dal territorio dello Stato Capo I - Disposizioni sull'ingresso e il soggiorno (giurisprudenza di legittimità) 4. Ingresso nel territorio dello Stato. (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4) 1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti. 2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo, che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l'autorità diplomatica o consolare comunica il diniego allo straniero in lingua a lui comprensibile, o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. In deroga a quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39. La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della domanda. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorità di frontiera (10). 3. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4, l'Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l'adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'articolo 3, comma 1. Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite (11) (12) (13). 4. L'ingresso in Italia può essere consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni e per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi, saranno considerati validi anche i motivi esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia ovvero a norme comunitarie. 5. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni opportuno provvedimento di revisione o modifica dell'elenco dei Paesi i cui cittadini siano soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi derivanti da accordi internazionali in vigore. 6. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso, gli stranieri che debbono essere espulsi e quelli segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali. 7. L'ingresso è comunque subordinato al rispetto degli adempimenti e delle formalità prescritti con il regolamento di attuazione. (10) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189. (11) Periodo così sostituito dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189. (12) In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi la Dir.Min. 1° marzo 2000. (13) La Corte costituzionale, con ordinanza 11-14 gennaio 2005, n. 9 (Gazz. Uff. 19 gennaio 2005, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, come sostituito dall'art. 4, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 13, 16, e 29 e seguenti della Costituzione. (giurisprudenza di legittimità) 5. Permesso di soggiorno. (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 5) 1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati, e in corso di validità, a norma del presente testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi (14). 2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d'ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può provvedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze. 2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (15). 3. La durata del permesso di soggiorno non rilasciato per motivi di lavoro è quella prevista dal visto d'ingresso, nei limiti stabiliti dal presente testo unico o in attuazione degli accordi e delle convenzioni internazionali in vigore. La durata non può comunque essere (16): a) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo; b) [superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, o nove mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione] (17); c) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali; d) [superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari] (18); e) superiore alle necessità specificatamente documentate, negli altri casi consentiti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione. 3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all'articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare: a) in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi; b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno; c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni (19). 3-ter. Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell'ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno. Il permesso è revocato immediatamente nel caso in cui lo straniero violi le disposizioni del presente testo unico (20). 3-quater. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26 del presente testo unico. Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni (21). 3-quinquies. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visto di ingresso per motivi di lavoro, ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 4, ovvero il visto di ingresso per lavoro autonomo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 26, ne dà comunicazione anche in via telematica al Ministero dell'interno e all'INPS nonché all'INAIL per l'inserimento nell'archivio previsto dal comma 9 dell'articolo 22 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione. Uguale comunicazione è data al Ministero dell'interno per i visti di ingresso per ricongiungimento familiare di cui all'articolo 29 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione (22). 3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni (23). 4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale (24). 4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (25). 5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. 6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. 7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall'autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, valido per il soggiorno in Italia sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore con le modalità e nei termini di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire 600 mila. Qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall'ingresso nel territorio dello Stato può essere disposta l'espulsione amministrativa. 8. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all'articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai modelli da approvare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, in attuazione del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, riguardante l'adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno rilasciati in conformità ai predetti modelli recano inoltre i dati personali previsti, per la carta di identità e gli altri documenti elettronici, dall'articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (26). 8-bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale (27). 9. Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico (28). (14) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (15) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 2, comma 3, D.L. 9 settembre 2002, n. 195. (16) Alinea così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (17) Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (18) Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (19) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (20) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (21) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (22) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 10 dell'art. 80, L. 27 dicembre 2002, n. 289. Vedi, anche, l'art. 38 della suddetta legge n. 189 del 2002. (23) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (24) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (25) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. (26) Comma così sostituito prima dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi dall'art. 11, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, l'art. 38 della legge n. 189/2002. (27) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. V