Modernità Postmodernità Globalizzazione Bauman

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Modernità
L’utilizzo della parola “moderno è del tutto atemporale. Con moderno si definisce un modo di
porsi rispetto al mondo, in particolare rispetto al mondo che cambia e per riconoscere la
modernità di un atteggiamento rispetto a un altro dobbiamo servirci di due importanti concetti
che sono il concetto di CRISI e il concetto di VALORE NUOVO.
La migliore definizione di modernità è riconosciuta al sociologo francese Jean Baudrillard, il quale
sostiene che “modernità è ciò che trasforma la crisi in valore”. Per comprendere meglio questo
concetto facciamo un esempio: la rivoluzione industriale con le sue innumerevoli scoperte
modificò in modo sostanziale il modo di vita delle persone. Fondamentalmente vi è un concetto
storico di “modernità”, che coincide con la ”età moderna” (1492-1815), e vi è un concetto
sociologico di “modernità”: è "la società che si è lasciata alle spalle le strutture arcaiche,
tradizionali L'era moderna inizia nel 1492 con la scoperta dell'America. La modernità inizia in
quegli stessi anni con l’antropocentrismo rinascimentale. La ragione e la scienza rubarono
gradualmente il posto alla teologia e alla filosofia. Ma è soprattutto la voglia di libertà che si fece
strada. Il fenomeno si sviluppò cominciando dagli strati alti della società. Re e nobili si
emanciparono dalla religione. Lutero si emancipò dal papa. Con la rivoluzione francese la voglia di
libertà civile passò agli strati bassi, ma fu la borghesia che ne monopolizzò i vantaggi.
Con il 1848 la voglia di libertà è tornata a mettersi in moto. I capipopolo hanno votato contro gli
assolutismi della Santa Alleanza, contro la censura della stampa, contro il divieto di associazioni
politiche e sindacali e a favore delle forme democratiche di governo
Le rivoluzioni che trasformano alcuni paesi del mondo occidentale
1. la rivoluzione scientifica (fine del 1500)
2. la rivoluzione industriale (metà del 1700)
3. le rivoluzioni politiche negli Stati Uniti (1755-1783) e in Francia (1789-1795)
1.La rivoluzione scientifica
Tra Cinquecento e Seicento si assiste in Europa a un rapido progresso delle scienze,che investe
non soltanto l’acqisizione di singole conoscenze,ma soprattutto il metodo scientifico adottato Il
suo inizio si può far risalire però al 1543 con la pubblicazione del De revolutionibus orbium
coelestium di Copernico; la conclusione si può collocare nella prima metà del Settecento, quando
la cultura scientifica ormai affermata divenne uno dei fattori che contribuirono all'affermarsi della
rivoluzione industriale Con la rivoluzione scientifica si diffonde un nuovo tipo di sapere, chiamato
Scienza e che si caratterizza per alcuni punti coincidenti con quelli della la scienza moderna:
o la riduzione della natura ad oggetto di ricerca da parte dell'uomo, svincolandola del tutto
da ipoteche di carattere metafisico
o l'uso di nuovi strumenti d'indagine come il telescopio o il microscopio
o l'impiego del calcolo matematico per una più precisa misurazione dei fenomeni naturali
o la diffusione di una mentalità sperimentale basata sull'osservazione sistematica dei
fenomeni e sul controllo dei risultati
2.La rivoluzione industriale
La rivoluzione industriale è possibile per via di alcuni importanti innovazioni tecnologiche,
specialmente riconducibili a tre grandi aree
o il vapore, e in seguito altre forme di energia, presero il posto della fatica dell’uomo e degli
animali
o i mezzi meccanici sostituiscono l’abilità umana
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o ci fu un netto miglioramento nei processi di estrazione e di lavorazione delle materie prime
Questi cambiamenti nelle attrezzature ebbero conseguenze sui processi produttivi al punto che si
realizzarono nuove forme di organizzazione industriale.
La fabbrica, all’interno della quale si concentrano i mezzi per la produzione, divenne un’unità di
produzione molto grande, prendendo il posto delle botteghe e delle abitazioni. Essa divenne, più
che un’unità di produzione, un universo sociale che si reggeva su due nuovi protagonisti del
sistema produttivo: l’imprenditore e l’operaio, legati da una relazione economica e da un rapporto
di sorveglianza e di disciplina.
La disciplina, benché non fosse una novità, si trasformò all’interno delle fabbriche nella dura e
inesorabile pressione del tempo di produzione, e perciò stesso creò una nuova forma di processo
produttivo attraverso il controllo completo del ciclo lavorativo per mezzo della sua
razionalizzazione e un nuovo tipo di operaio sottoposto al rigido controllo del tempo.
A partire dalla fine del ’700, l’organizzazione delle fabbriche si estende anche alla società,dando
vita a quelle architetture delle istituzioni disciplinari della modernità (la prigione, la fabbrica, la
scuola, la caserma, l’ospedale, ecc. ecc.).
Al processo di industrializzazione si accompagna un processo più complesso che va sotto il nome di
modernizzazione e viene analizzato da più punti di vista:
o versione sociologica
Si tratta di un processo che coinvolge mutamento economico, politico, sociale e culturale che può
essere studiato enfatizzando il ruolo che i fattori di ordine sociale e istituzionale giocano nel
processo di mutamento
o versione psicologica
enfatizza il ruolo giocato dai fattori interni e dai motivi psicologici
o versione economica
prova a individuare gli stadi di crescita
Fra la metà del 1700 e l’inizio del 1800 la modernizzazione comprende
• una netta caduta del tasso di mortalità
• la costituzione di una forte e centralizzata burocrazia
• la creazione di un sistema scolastico ad ampia diffusione
Accanto al concetto di modernizzazione compare spesso quello correlato di modernità Quando si
parla di modernità si intende la società occidentale, quasi esclusivamente europea ,scientifica e
industriale la cui forma politica era lo stato nazione che attribuiva una straordinaria importanza
all’economia e alla crescita economica le cui concezioni fondamentali erano date dal razionalismo,
dall’utilitarismo e dall’individualismo
Caratteristiche della modernità:
la trasformazione della struttura delle classi e dei ceti con conseguente aumento della mobilità
sociale, caratterizzata dal declino dei contadini, dallo spopolamento delle campagne a favore delle
città, dalla crescita della borghesia urbana e della classe operaia, dall’espansione e dalla
diversificazione dei ceti medi
la differenziazione strutturale delle diverse sfere della vita sociale, con particolar riferimento alla
divisione del lavoro tra le classi, alla separazione fra sfera privata e sfera pubblica
Inoltre aspetti dello sviluppo politico e sociale
o l’affermazione degli apparati tipici degli stati-nazione – amministrazione pubblica,
monopolio della violenza, coscrizione obbligatoria
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o un progressivo riconoscimento dei diritti politici in seguito all’aumento della mobilitazione
politica in movimenti, partiti e associazioni che rappresentano interessi reali presenti
all’interno della società e che lottano per affermarli
o privatizzazione della vita familiare, vale a dire il suo isolamento dal controllo sociale della
comunità così come la drastica separazione fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza
o processi di secolarizzazione, vale a dire di processi di progressivo affrancamento ed
emancipazione della società civile, della società politica e della conoscenza scientifica dal
controllo religioso
o l’idea di un processo senza fine volto all’innovazione permanente, alla incessante creazione
del nuovo, al futuro
o processi di trasformazione della fede religiosa in un fatto privato
Questi elementi della modernità sostituiscono altri modi di vivere, un nuovo ritmo e un nuovo
tempo della vita si sostituisce a quello precedente Essi rappresentano una vera e propria
destrutturazione delle precedenti forme di vita associata con riferimento alle quali diventa
urgente la necessità di riorganizzare, accanto al nuovo ordine produttivo e al nuovo ordine
politico, anche i fondamenti stessi di un nuovo ordine sociale. ’ in questo contesto che nasce
l’esigenza di una scienza della società; e la sfida è data dalle molteplici sfaccettature della crisi che
attraversa tutte le società europee “modernizzate” alle quali occorre provare a dare una risposta
3. le rivoluzioni in America e in Francia
Intorno al 1756 c'è la guerra di sette anni in Europa tra Austria, Francia e Russia versus Inghilterra
e Prussia. Questa guerra si faceva non solo su territorio europeo ma anche in Asia, America e
Africa.
La rivoluzione americana è l'insieme di eventi compresi nell'arco di tempo che va dal 1763 al 1787
e che ha avuto come conseguenza la nascita degli Stati Uniti D'America.In Francia nel 1789 ebbe
luogo la rivoluzione. Tra il 1789 e il 1791 avviene il passaggio dalla monarchia assoluta alla
monarchia costituzionale, nel settembre del 1791 entrò in vigore la prima Costituzione.
Tutti questi avvenimenti portarono a crisi
La crisi politica.
Le rivoluzioni in America e in Francia avevano definitivamente spezzato l’illusione che lo “Stato”
potesse rimanere al riparo dalle effervescenze sociali. Soprattutto in Francia, le istituzioni vennero
travolte, la monarchia fu sostituita dalla repubblica e il tema all’ordine del giorno riguardava la
riflessione sulle nuove forme e sui nuovi modi della rappresentanza politica, della partecipazione
politica e della rappresentanza degli interessi.
La crisi religiosa
E’ una derivazione della crisi politica.
Lo stato assoluto,infatti, era tale in virtù di una investitura divina. Con quel sistema di potere,
entrava così in crisi anche l’istituzione ecclesiastica che perdeva sia il proprio potere temporale
che i propri beni.
La crisi delle istituzioni religiose innescò un processo di separazione dei destini umani dalla
“Provvidenza”, comportando l’isolamento degli individui di fronte alla insondabilità del divenire
storico.
La crisi sociale
La rivoluzione industriale, che aveva innescato processi di deruralizzazione e di urbanizzazione,
aveva altresì innescato processi di progressivo impoverimento di quella parte di popolazione che si
era spostata dalle campagne alle città, creando fratture nel tessuto sociale e nell’ordine sociale.
l’attacco alle tradizionali forme di aggregazione quali le corporazioni, volto alla liberalizzazione del
mercato del lavoro, mentre spezzava legami sociali consolidati non ne proponeva di altri, lasciando
gli individui isolati gli uni dagli altri.
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La questione sociale, oltre ad essere fortemente segnata dalla nascita della città industriale e dal
sorgere del sistema delle fabbriche, si caratterizzava altresì per ulteriori due aspetti: la condizione
dei lavoratori e la trasformazione della proprietà
L’industrialismo aveva portato con sé l’emergere di una forza lavoro formalmente libera, ma priva
di garanzie. Solo in seguito, a partire dalla metà del 1800, sarebbero sorte le prime organizzazioni
di lavoratori che avrebbero spinto alla negoziazione delle prestazioni e della retribuzione
attraverso la formalizzazione di un contratto di lavoro
La mancanza di garanzie accentuava l’aspetto traumatico del nuovo ordine sociale, sradicando il
lavoro sia da quei contesti che in passato avevano svolto una funzione protettiva – la
corporazione, la famiglia estesa, il villaggio – sia dalle specifiche competenze individuali
La confisca dei beni ecclesiastici e della nobiltà iniziata con la rivoluzione francese, aveva prodotto
un indebolimento delle basi istituzionali della proprietà e aperto un conflitto molto aspro fra
coloro che consideravano la proprietà come la base indispensabile della famiglia, della chiesa,
dello stato e di tutti i principali gruppi sociali e coloro che invece lottavano per la sua abolizione
Jean Francois Lyotard e la postmodernità
La riflessione sulle caratteristiche fondamentali del mondo contemporaneo, sugli aspetti storici
della realtà a noi più prossimi (talmente prossimi da essere vissuti in questo momento da ciascuno
di noi) è stata inaugurata dal filosofo francese Jean Francois Lyotard (1925-1998), celebre
nell'ambiente filosofico mondiale per aver esposto, in un suo studio (La condizione postmoderna,
1979) le linee guida dell'epoca attuale. L'epoca attuale, che Lyotard chiama postmoderna, è
caratterizzata dal venire meno della pretesa propria dell'epoca moderna di fondare un unico senso
del mondo partendo da principi metafisici, ideologici o religiosi e dalla conseguente apertura verso
la precarietà di ogni senso. La post-modernità si caratterizza per quel passaggio da una rivoluzione
industriale, a cui abbiamo saputo dare senso ed in cui ci siamo saputi orientare, anche se con
riferimenti opposti, ad una rivoluzione che non sembra sedimentare, nelle sue continue
innovazioni, un presente che ci consenta di riflettere ed accostumarci. Il futuro diventa
immediatamente passato, e da qui deriva uno spaesamento che determina appunto l’angoscia ed
il disagio Il tempo del progresso si trova ad essere demistificato nei suoi significati forti ed
ineludibili e si trasforma in un accadere (secondo Vattimo). Le tradizioni non ci parlano più, anche
se una loro rilettura critica ci può aiutare a costruire interpretazioni inedite dell’attualità. Resta la
scienza, ad avere una radicalità nel reale, che però risulta difficile da cogliere (data la sua estrema
specializzazione e la continua accelerazione della produzione di conoscenza). Non è un caso che
sia così, visto che siamo chiamati a misurarci col virtuale e l’immateriale, anche sottoforma di beni
di consumo. In tale contesto è necessaria una grande mobilità di relazione e una profonda
trasformazione delle coscienze: le responsabilità delle scelte sono scaricate sui singoli individui,
con la conseguenza di una de-sincronizzazione generalizzata, che rende impossibili previsioni sul
futuro.Dopo aver accennato alla solitudine dell’individuo, ci risulta più chiaro capirne l’angoscia: la
scienza e la tecnologia che avevano promesso benessere e delineato un percorso lineare verso un
futuro migliore La tecnica non riesce a soddisfare il “bisogno fondamentale” di sicurezza
dell’essere umano
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Globalizzazione
L'OCSE definisce la globalizzazione come “un processo attraverso il quale mercati e produzione nei
diversi paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del
movimento di capitale e tecnologia”. La globalizzazione si riferisce perciò principalmente ai
mercati - più quelli finanziari che quelli economici - ma in realtà comprende ogni aspetto dalla vita
moderna. Sebbene il processo sia iniziato secoli fa è a partire dagli anni '70 che ha subito una
grande accelerazione. La globalizzazione è stata spesso presentata come la panacea a tutti i mali
del mondo - sopratutto per la lotta alla povertà - dalle grandi organizzazioni internazionali di
matrice neoliberista. E' invece criticata e contrastata dalle organizzazioni della società civile perché
accusata di delegare alle grandi multinazionali le sorti del mondo e relegare il ruolo degli stati a
semplici esecutori dei voleri del mercato. E' ormai fuori dubbio che la globalizzazione abbia
portato benefici alquanto limitati alle popolazioni più povere dei Sud del mondo, mentre non ha
favorito la internazionalizzazione dei diritti umani. Le recenti crisi economiche e finanziarie stanno
sollevando nuovi interrogativi sulle politiche finora adottate in nome della globalizzazione. C'è chi
è sostiene che la data di inizio del fenomeno globalizzazione coincida con la scoperta dell'America
nel 1492, altri con la rivoluzione industriale di fine '700, altri ancora col periodo che precedette la
prima prima guerra mondiale. Una data di nascita vera e propria è difficile da stabilire, quello che è
certo è che a partire dagli anni '70 del secolo scorso ha subito un'accelerazione senza confronti col
passato. I fatti più rilevanti sono stati: la dichiarazione sulla liberalizzazione dei movimenti di
capitale, fatta dal presidente americano Richard Nixon nel 1971, insieme alla non convertibilità del
dollaro, la politica Reagan - Thatcher degli anni '80, e ancora di più con la caduta del muro di
Berlino del 1989, che ha aperto i mercati dell'Est al libero mercato. Si parla spesso di
globalizzazione come seconda rivoluzione capitalista, ma forse si tratta dell'evoluzione dello stesso
processo. Complice di questa evoluzione/accelerazione, anche la rivoluzione informatica e la
conseguente espansione delle comunicazioni. L'espressione “villaggio globale” è stata coniata
proprio per indicare un mondo unico, senza frontiere, dove tutto e tutti sono sempre raggiungibili,
dove è possibile effettuare delle transazioni finanziarie da una parte all'altra del mondo senza
nessun impedimento. Il fenomeno va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali,
tecnologici e politici, e delle complesse interazioni su scala mondiale, fenomeno che molti cercano
di contrastare e che ha dato vita a tanti movimenti di protesta che propongono uno sviluppo
alternativo e sostenibile. L'intento principale della globalizzazione è quello di creare un unico
sistema economico privo di barriere, ma nella realtà è un processo molto più complesso che
invade numerose altre sfere. Garantire ai capitali l'accesso aperto e non regolamentato ai mercati
mondiali lasciando che il libero mercato si regoli da sé consente alle multinazionali di scegliere in
quale posto del mondo sia più conveniente produrre, in quale sia più conveniente vendere, e in
quale sia più conveniente reinvestire i profitti e/o dove tenerli nascosti al fisco. Il risultato è
l'eliminazione dei piccoli produttori, distributori e venditori, che non riescono più ad essere
competitivi ma anche la mancanza di capitali da utilizzare per lo sviluppo che vengono invece
accumulati da poche persone. Tutto questo ha quindi dei costi sociali e ambientali molto alti.
Perdita di lavoro nei paesi occidentali dovuti alla delocalizzazione del lavoro da parte della aziende
che preferiscono spostarsi in zone dei Sud del mondo, dove i salari sono molto bassi e dove le
legislazioni locali a tutela dei lavoratori e dell'ambiente non sono avanzate come le nostre. In una
società globalizzata il capitale, il lavoro, le materie prima non sono più di per se stessi dei fattori
economici determinanti, quello che conta è la loro relazione ottimale, e per stabilirla non si tiene
più conto né delle frontiere, né delle regole, ma soltanto di uno sfruttamento dell'informazione,
dell'organizzazione del lavoro e della gestione delle imprese. La competizione è la forza motrice
della globalizzazione
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ZYGMUNT BAUMAN E LA GLOBALIZZAZIONE
Acuto e impegnato analista della società, al centro del suo lavoro vi è sempre la dimensione etica
e la dignità della persona umana .
In particolar modo, egli concentra la sua riflessione sul tema della globalizzazione: scrive di un
mondo divenuto oramai irrimediabilmente “liquido”ma che significa questo?Significa che, mentre
nell’età moderna tutto era dato come una solida costruzione, ai nostri giorni, invece ogni aspetto
della vita può venir rimodellato artificialmente.Dunque nulla ha contorni nitidi, definiti e fissati
una volta per tutte. Ciò non può che influire sulle relazioni umane, divenute ormai precarie in
quanto non ci si vuole sentire ingabbiati; le influenze non mancano anche nel mondo
politico:difatti ora non si cerca più di costruire il “mondo perfetto”, seguendo un rigido e
predeterminato sistema politico, forte di una consolidata ideologia, come era nel passato…
Modernità liquida
Bauman rifiuta il termine “postmoderno” a favore di “modernità liquida”, proprio per indicare la
labilità di qualsiasi costruzione in questa nostra epoca individualizzazione che si ricollega al
processo di globalizzazioneAlla prima fase della modernità, vale a dire quella solida”, apparteneva
il tentativo di circoscrivere la posizione dell’individuo all’interno di leggi definenti la razionalità
umana e inglobarle conseguentemente nel corpo dello Stato Si assiste ad una progressiva crescita
del processo di individualizzazione (punto cardine della fase “liquida”) che si pone in un rapporto
dialettico con le strutture e la visione del mondo caratteristiche della fase “solida”…
Il concetto di globalizzazione
Da un punto di vista antropologico L'Essere globali, o il dover essere globali si contrappone
all'essere locali, Nel processo in atto, infatti, se l'economia, la finanza, il commercio e
l'informazione per un verso uniformano il globo, per un altro verso promuovono parallelamente
un altro processo, il globalismo nel momento stesso in cui unisce, omogeneizza, segnala nuove
libertà, divide, discrimina, localizza, segrega, annulla le possibilità di azione di larghi strati sociali Il
binomio globalizzazione/localizzazione è l'idea forza , la categoria più utile a rintracciare gli effetti
più significativi che il fenomeno produce nella vita delle persone, condizionandone le scelte e
modificando radicalmente i valori di riferimento.Il globalismo ha determinato nella percezione del
tempo e dello spazio da parte della società, della storicità della nostra esistenza e della nostra
collocazione geografica e fisica le tradizionali contrapposizioni ricchi/poveri, stanziali/nomadi,
normali/anormali vengono integrate nella contrapposizione più generale globale/locale,
centro/periferia
Turisti e vagabondi
Turisti e vagabondi sono le due tipologie in cui sono divisi gli abitanti della terra. Alcuni (pochi, in
verità) possono fare i turisti mentre per tutti gli altri la sorte è quella del vagabondo Il punto di
partenza è la cosiddetta società dei consumi. Riflessioni ovvie: la nostra società non è più la società
dei produttori (con al centro l’etica del lavoro e del sacrificio) ma la società dei consumi dove ciò
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che conta è produrre desideri, sedurre. mentre tutti possono voler essere consumatori non tutti
possono esserlo davvero. La stratificazione della società postmoderna è data dal grado di mobilità,
ovvero dalla libertà di scegliere dove collocarsi. E qui entrano in scena i turisti ed i vagabondi.Nel
nostro mondo il semaforo segna verde per i turisti ma rosso per i vagabondi. I turisti possono
muoversi ovunque, nessun controllo li ferma, essi non sono legati allo spazio. Al contrario i
vagabondi non possono muoversi, sono legati al loro spazio ed al loro tempo. vagabondi sono alla
deriva: sanno che non staranno troppo a lungo in un luogo, per quanto possa loro piacere, perché
non saranno bene accolti. I turisti si muovono perché trovano che il mondo alla loro portata
(globale) è irresistibilmente attraente, i vagabondi si muovono perché trovano che il mondo alla
loro portata (locale) è inospitale fino ai limiti della insopportazione. I turisti si muovono perché lo
vogliono, i vagabondi perché non hanno altra scelta sopportabile. la figura del “vagabondo” non
ha radici e stabilità, esattamente come si presenta il mondo in cui ora si trova a vivere.
"La società dell’incertezza “
Il disagio della postmodernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna
uno spazio troppo limitato alla sicurezza individuale”…. DISAGIO Che richiama la dialettica
“principio di piacere-principio di realtà” già enunciata da Freud nella sua opera “Il disagio della
civiltà”. DISAGIO è dato dal problema dell’identità Il pellegrino, è figura simbolo dell’età
moderna, è il ritratto dell’uomo che sta costruendo la sua vita, il suo futuro, la sua identità,
conscio e sicuro che domani ci sarà un futuro un uomo che agisce per il domani, sicuro che ci sarà
un domani….Tuttavia ora non c’è più posto per il pellegrino:troppo flessibile è divenuta la realtà
perché si possa costruire un qualcosa di stabile e duraturo nel tempo Il “giocatore”:votato
perennemente ed incessantemente al gioco, per lui il tempo altro non è se non una successione di
partite
Paura
‘Paura’ è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla nostra ignoranza della minaccia, o di ciò che
c’è da fare." la paura postmoderna senso di insicurezza (il mondo è pieno di pericoli che possono
colpire in qualsiasi momento senza preavviso, o quasi) e di vulnerabilità I pericoli che si temono (e
le paure derivate che suscitano) possono essere di tre tipi.
Alcuni minacciano il corpo e gli averi.
Altri sono di natura più generale, e minacciano la stabilità e l’affidabilità dell’ordine sociale da cui
dipendono la sicurezza del proprio sostentamento (reddito, lavoro) o la propria sopravvivenza in
caso di invalidità o di vecchiaia.Esistono poi pericoli che insidiano la propria collocazione nel
mondo: la posizione nella gerarchia sociale, l’identità (di classe, genere, etnia o religione) e, più in
generale, espongono alla possibilità di essere umiliati ed esclusi a livello sociale.
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