XI CONSIGLIO PRESBITERALE VERBALE DELLA XXI SESSIONE 6 MAGGIO 2015 Si è riunita in data odierna, presso L’Abbazia Olivetana di Rodengo Saiano, la XXI sessione dell’XI Consiglio Presbiterale, convocato in seduta ordinaria da Mons. Vescovo, che presiede. Si inizia con la recita della preghiera dell’Ora Media, durante la quale si fa memoria dei sacerdoti defunti dall’ultima sessione del Consiglio (4 marzo 2015): don Pietro Chitò, don Amilcare Gatelli, mons. Ruggero Borboni. Assenti: Orsatti mons. Mauro, Chiari mons. Gian Mario, Bosetti don Marco, Bompiani don Marco, Manenti don Giovanni, Capoferri don Mauro, Iacomino don Marco, Tartari don Carlo. Assenti giustificati: Polvara mons. Cesare, Gorni mons. Italo, Morandini mons. Gian Mario, Domenighini don Roberto, Verzeletti mons. Rosario, Clementi mons. Tino, Pasini don Gualtiero, Picozzi don Valentino, Canobbio mons. Giacomo. Il Segretario chiede e ottiene l’approvazione del verbale della sessione precedente. Fa inoltre presente che la scelta di tenere l’ultima sessione del Consiglio Presbiterale, giunto al termine del suo mandato quinquennale, è dettata da due motivi: - un’Abbazia per altro l’unica in Diocesi, sembra la “cornice” più adatta per trattare il tema della Vita consacrata nell’anno ad essa dedicato; - i monaci olivetani di Rodengo vorrebbero promuovere un rilancio dell’Abbazia in Diocesi, tenendo conto che siamo nell’anno montiniano e che fu proprio Papa Paolo VI nel 1969 a volere il ritorno dei monaci a Rodengo. Viene dato il benvenuto a don Umberto Dell’Aversana, vicario della zona Brescia nord, in sostituzione di don Luciano Bianchi. Si passa quindi al 1° punto all’odg: Presentazione del documento dei Vescovi lombardi: “Ministero episcopale e carisma della Vita consacrata in dialogo nelle Chiese di Lombardia”. Interviene al riguardo Padre Gildo Bandolini, pavoniano, segretario diocesano della CISM. (cfr. Allegato) Terminato l’intervento di padre Bandolini, si passa al dibattito in assemblea. Cinghia don Alberto: Nel documento presentato la parrocchia sembra piuttosto assente. Tononi mons. Renato: sui princìpi si è tutti d’accordo, mentre nell’operatività quotidiana sorgono problemi. Forse occorrerebbe qualche indicazione concreta più precisa, ad es. nell’Unità pastorale del centro storico dove si registrano problemi di collaborazione con i religiosi. Zupelli don Guido: nella zona di Brescia sud sono presenti quattro comunità religiose e anche qui sorge il problema del loro coinvolgimento nell’UP. Ferrari padre Franco: nel piano di studi del nostro seminario non c’è più il corso sulla vita consacrata. Filippini mons. Gabriele: in seminario abbiamo in programma per il prossimo autunno una giornata di approfondimento sulla vita consacrata. Nel piano di studi il tema dovrebbe essere trattato trasversalmente da alcune materie: es. storia della Chiesa, diritto canonico. Gorlani don Ettore: la chiusura delle case religiose femminili è un fenomeno sempre più diffuso. Non va poi trascurato il tema del ruolo della donna nella Chiesa, tema che senz’altro ha i suoi riflessi nel discorso della vita consacrata. Giraldi padre Franco: la collaborazione tra religiosi e clero diocesano vede spesso inserirsi una componente soggettiva, legata alle singole persone. Grassi padre Claudio: vi sono ordini religiosi che hanno una loro presenza ecclesiale legata al “carisma” e questo a prescindere dallo svolgimento di attività e di opere. Leoni don Erino: più che su proposte e iniziative, in tema di rapporti religiosi-Chiesa locale, occorre puntare soprattutto sulle relazioni personali. Al riguardo, va segnalata come esperienza positiva di inserimento nella pastorale diocesana della diocesi di Brescia il servizio che da anni i seminaristi salesiani di Nave esercitano nelle parrocchie della zona. Delaidelli mons. Aldo: parlando di vita religiosa, occorre fare attenzione allo specifico della vita religiosa femminile. Al riguardo, si nota una seria difficoltà da parte di noi preti, specialmente tra i preti giovani, a collaborare con le religiose. C’è poi da chiedersi fino a che punto siamo aperti e coraggiosi nel proporre alle ragazze l’esperienza della vita religiosa. Dovremmo osare di più. Toninelli don Massimo: non va trascurata la presenza preziosa di alcune famiglie religiose negli ospedali e nelle case di cura (Ancelle della Carità, Fatebenefratelli, ecc.). Boldini don Claudio: se con l’andare del tempo i religiosi esistessero solo per il fatto di vivere l’esperienza dei voti di povertà, castità e obbedienza sarebbero ancora significativi? La domanda è certo retorica e dice il valore della vita religiosa al di là delle attività e dei carismi. Leoni don Erino: la collaborazione per la pastorale vocazionale andrebbe intensificata. Cinghia don Alberto: va recuperata la dimensione ecclesiale di fondo, che va al di là dello specifico delle esperienze della vita religiosa o di altre forme di vita ecclesiale come ad es. i movimenti. Carminati don G. Luigi: la vita religiosa è una ricchezza più che una risorsa, per cui non tutto può avere ricadute operative e pastorali. Mons. Vescovo: la vita consacrata e l’esperienza ecclesiale della vita diocesana, aspetti presi in esame dal documento della CEL, sono realtà in sé complesse. Anzitutto non va dimenticato che la vita religiosa nasce come esperienza essenzialmente monastica; le opere, i carismi, le famiglie religiose sono venute in seguito. A questo punto il criterio che determina l’esperienza della vite religiosa è il servizio, cioè la risposta ad alcuni bisogni, legati soprattutto alle opere di misericordia. C’è poi il problema del ministero all’interno della Chiesa particolare. I religiosi hanno poi la regola e, in alcuni casi, hanno anche impegni pastorali diretti. Tutto questo per dire che armonizzare tutte queste componenti non è cosa facile. Va inoltre notato che l’esperienza ecclesiale e le strutture che noi abbiamo non sempre coincidono: ad es. la famiglia può essere un luogo di vita ecclesiale di valore come una parrocchia o un istituto religioso. Questo per dire che andiamo verso una pastorale sempre più flessibile e meno controllata, pronta ad adeguarsi alle situazioni. Discorso ampio è anche quello del ruolo della donna nella Chiesa, che, come avviene nella nostra società, assume sempre di più un ruolo di protagonista. Terminato l’intervento di mons. Vescovo, i lavori vengono sospesi per una breve pausa e riprendono alle ore 11.30 per affrontare il 2° punto all’odg: Presentazione del bilancio economico consuntivo della diocesi per l’anno 2014. Interviene al riguardo il diac. Mauro Salvatore, economo diocesano. Dopo che l’economo ha esposto il bilancio e ha risposto ad alcune richieste di chiarimenti, si passa al 3° punto dell’odg: Presentazione delle future attività dell’abbazia di Rodengo. Interviene al riguardo padre Benedetto Maria Toglia, superiore della comunità di Rodengo, il quale presenta una breve descrizione dell’attuale situazione dell’abbazia e illustra alcuni progetti per un suo futuro rilancio. Il tutto seguendo l’ispirazione originaria del ritorno dei monaci Olivetani a Rodengo nel 1969 per volontà di Papa Paolo VI. Si passa quindi al 4° punto dell’odg: Varie ed eventuali. Interviene il Segretario del Consiglio, don Antonio Lanzoni, il quale richiama alcuni punti. 1. Rinnovo degli organismi di comunione: il 19 aprile scorso si sono svolte le elezioni dei CPP ed ora si sta procedendo alla loro costituzione. Accanto a questi si stanno costituendo anche i CPAE. La prossima scadenza saranno le elezioni dei Vicari Zonali, fissate per il 10-11 giugno. Una verifica sul rinnovo dei CPP e dei CPAE verrà fatta nell’incontro dei Vicari Zonali il 17 giugno prossimo. 2. Anno Montiniano: due appuntamenti particolari: la presentazione del Pensiero alla morte di Paolo VI nella forma della rappresentazione teatrale dell’attore Luciano Bertoli in sei punti della diocesi; un corso di esercizi spirituali per sacerdoti all’eremo di Bienno tenuti da mons. Adriano Caprioli, vescovo emerito di Reggio Emilia sul tema Alla scuola di Paolo VI, maestro spirituale. Al corso parteciperà anche il Vescovo mons. Monari. 3. Per quanto riguarda il Giubileo, si sta mettendo in programma un apposito itinerario e si daranno indicazioni alla Tre Giorni dei Vicari in settembre. 4. Così pure è al lavoro un apposito comitato per quanto riguarda il prossimo Convegno ecclesiale di Firenze. Prende infine la parola don Roberto Sottini, direttore dell’ufficio liturgico e dell’ufficio catechistico, per ricordare che la restituzione della verifica sull’ICFR avrà i seguenti passaggi: in giugno al Consiglio episcopale, in settembre al clero durante il convegno del clero, sempre in settembre ai catechisti durante il loro convegno e sempre in settembre-ottobre nelle macrozone a tutti gli operatori pastorali. Terminato l’intervento di don Sottini, prende la parola Mons. Vescovo per ringraziare il Consiglio che con questa sessione termina il suo mandato quinquennale, auspicando che anche in futuro si abbia sempre un clima di lavoro e di comunione costruttivo come quello dell’attuale Consiglio. Con il canto del Regina Coeli alle ore 12.45 i lavori hanno termine. Allegato “Ministero episcopale e carisma della vita consacrata in dialogo nelle Chiese di Lombardia” Premesse - Il tema del rapporto Vescovi-Religiosi, meglio Chiesa particolare-Vita Consacrata, merita indubbia attenzione. Annunciando l’Anno della Vita Consacrata il cardinale João Braz de Aviz prevedeva come prossima la pubblicazione di un documento destinato ad “aggiornare” Mutuae Relationes (1978), ad oggi il riferimento principe sull’argomento, insieme ai Documenti conciliari. Non si è visto ancora nulla, ma nell’imminenza di questo Anno il card. Scola ha firmato e reso ufficiale un documento che, a livello di regione ecclesiastica lombarda, era pronto da tempo con l’intento di delineare alcune “linee guida per una fattiva comunione e collaborazione ecclesiale”. - Non ha pretese di completezza, ma si pone come “proposta di dialogo” – è questo alla fine che importa! – su “alcuni aspetti concreti della collaborazione nella Chiesa locale, nello spirito di una effettiva comunione ecclesiale.”. - Se la sorte dei Documenti è quella di lasciare il tempo che trovano… è la realtà, però, che ci chiede di tornare su questi argomenti. Il camaldolese Gianni Dal Piaz, incaricato di una ricerca sul tema proprio dalla “Commissione mista vescovi, religiosi, istituti secolari” della Lombardia, scrive: La vita consacrata è spesso nella chiesa locale una presenza evanescente o forse, più semplicemente, una presenza assente, quasi il suo esserci o non-esserci fosse ininfluente o marginale ai fini della pastorale. […] [Dalle ricerca effettuata] emerge nitida la sfasatura fra criteri di comunionalità, ampiamente asseriti e condivisi, e relazionalità quotidiana molto meno comunionale e assai più problematica. Da parte delle diocesi si evidenzia come i consacrati tendano ad essere mondi a sé, pur essendo a pieno titolo presenti nell’azione pastorale delle parrocchie e riconoscendone il grande contributo in termini di testimonianza e servizio evangelico. Simmetricamente i consacrati ripropongono, per l’ennesima volta, l’immagine di un clero che nel mentre apprezza il loro servizio poi ne ignora o trascura o sottovaluta le motivazioni spirituali e carismatiche. Ciò è per la gran parte imputato alla scarsa conoscenza che il clero ha/avrebbe della vita consacrata dal che verrebbe una spiacevole “ignoranza” circa il significato ecclesiologico della consacrazione di vita. Ne viene l’auspicio che durante gli studi seminaristici venga offerta un’adeguata conoscenza dell’identità della vita consacrata (almeno un corso, o seminario, durante la formazione teologica). (cf G. DAL PIAZ, La presenza ecclesiale della Vita Consacrata in Lombardia, 2010). - Le conclusioni a cui Dal Piaz arriva, mi sembrano delineare una urgenza, sufficiente a spiegare la necessità della riflessione a cui questo documento ci chiama: Nei prossimi 20-30 anni la Chiesa italiana (Istituti di vita consacrata inclusi, ma non solo loro) dovrà fare i conti con un ripensamento dei modi e delle forme della propria presenza pastorale e questo per la semplice ragione che già da ora non vi sono le risorse umane (leggi: vocazioni) per garantire continuità a quanto oggi si fa. Sarà inevitabile aprirsi ad un maggior coinvolgimento dei laici, ma anche qui non è che le risorse siano infinite. Nello stesso tempo dovremmo fare i conti con una società che dal punto di vista religioso pur mantenendo nella sua maggioranza un riferimento al messaggio cristiano (e cattolico) risulterà sempre più visibilmente multi-religiosa. Sono sfide che ci pongono davanti a problemi mai prima d’ora affrontati e sarebbe illusorio presumere di riuscire a trovare linee di riposta che non passino attraverso una comune e condivisa analisi della realtà e ad una coordinata azione pastorale. I tempi dell’ognun per se e Dio per tutti, sono tramontati perché nessuno ha la forza di poter impostare un’azione efficace ignorando quanto fa il suo vicino. Uno dei frutti di questi anni difficili sta proprio nella accresciuta consapevolezza di essere veramente in una stessa “barca” e che non esistono uscite di sicurezza, percorsi riservati per aggirare i problemi che ci stanno davanti. Storia del Documento L’origine risale al 2010. - Dall’1 al 3 marzo 2010, organizzato dalla Commissione Mista, Vescovi, Religiosi/e e Istituti Secolari, si era svolto a Roma un Seminario di studio a livello nazionale sul tema: “La Vita Consacrata nella Chiesa particolare – Risorsa preziosa per un’ecclesiologia di comunione”. - Frutto del Seminario l’idea, nata all’interno della Commissione regionale per la vita consacrata (sotto la presidenza di mons. Oscar Cantoni, vescovo di Crema, riunisce i Vicari o Delegati episcopali delle 10 diocesi lombarde ed i Presidenti e Segretari regionali CISM, USMI, CIIS), di un Documento che a livello regionale mettesse per iscritto le reciproche attese tra Consacrati/e e Chiesa particolare. Una sottocommissione fu incaricata della stesura di una bozza. - Questa fu esaminata durante l’annuale Convegno che alla metà settembre riunisce a Triuggio l’Assemblea della Vita Consacrata lombarda. Quell’anno, infatti, il Convegno, che si tenne il 17-18 settembre, venne dedicato a “riflettere sul valore comunionale della Vita Consacrata nella Chiesa particolare”. Si voleva, cioè, calare la riflessione generale di Roma nella realtà della Regione ecclesiastica lombarda. - La bozza di Documento ricevette qui diversi suggerimenti e passò poi attraverso varie revisioni e riscritture, finché nel febbraio 2011 il testo fu presentato alla Conferenza Episcopale Lombarda. - Per diverso tempo tutto tace, causa anche l’avvicendamento di persone ed il rinnovo degli organismi di rappresentanza, finché nella primavera del 2014 il Documento viene approvato e pubblicato su “Vita Consacrata in Lombardia”, notiziario ufficiale di CISM-USMI-CIIS. - Nel Convegno di settembre 2014 il testo è stato presentato e i presenti invitati a farlo conoscere nelle rispettive Diocesi. Struttura del Documento Dopo la prefazione di p. Luca Zanchi, dei Sacramentini, vice-presedente della CISM lombarda, e la presentazione del card. Angelo Scola, il Documento è suddiviso fondamentalmente in due parti: una di “premesse ecclesiologiche” (p.8) e una che potremmo chiamare di “conseguenze pratiche” (p. 12), con l’indicazione di impegni precisi in 4 ambiti: reciproca conoscenza, collaborazione, vitalità e qualità della presenza, pastorale vocazionale, e una appendice che affronta due problemi particolari. Premesse ecclesiologiche La prima parte richiama, con ampie citazioni prese soprattutto dai Documenti conciliari, dall’Esortazione postsinodale Vita Consecrata (1996) e dal Documento della Congregazione vaticana per la Vita Consacrata Vita fraterna in comunità (1994), il quadro di riferimento entro cui situare il tema. a. Principio e fondamento: la Chiesa è costituita dallo Spirito come “comunione” di “doni gerarchici e carismatici”. I diversi carismi della Vita Consacrata sono un dono che arricchisce la Chiesa particolare, mentre la Chiesa particolare è l’ambito vitale in cui i carismi si inseriscono. (Nella “comunione” si scioglie ogni opposizione tra “carisma e “istituzione”). b. Dimensione ecclesiale della Vita Consacrata: “Ogni carisma nasce nella Chiesa e per il mondo” (Vita fraterna in comunità 60). Principio richiamato con forza dalla Evangelii Gaudium di papa Francesco: Lo Spirito Santo arricchisce tutta la Chiesa che evangelizza anche con diversi carismi. Essi sono doni per rinnovare ed edificare la Chiesa. Non sono un patrimonio chiuso, consegnato ad un gruppo perché lo custodisca; piuttosto si tratta di regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale, attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta evangelizzatrice. Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita del Popolo santo di Dio per il bene di tutti. […] È nella comunione, anche se costa fatica, che un carisma si rivela autenticamente e misteriosamente fecondo. Se vive questa sfida, la Chiesa può essere un modello per la pace nel mondo. (EG 130). Il nostro Documento ripropone citazioni di LG e Vita Consacrata a sostegno soprattutto della partecipazione della VC alla missione evangelizzatrice della Chiesa, ma il principio scava molto più in profondità. Una citazione, poi, del CIC (713 §1) ricorda la partecipazione dei membri degli Istituti secolari alla funzione evangelizzatrice della Chiesa. c. Nella chiesa particolare: il principio della ecclesialità della VC si realizza in modo visibile e concreto dentro una chiesa particolare. Ancora con citazioni da Vita fraterna in comunità si configura una relazione dove “Carisma e Chiesa particolare non sono fatti per confrontarsi, ma per sorreggersi e completarsi” (n.60); viene quindi richiamato il valore di segno e di testimonianza evangelica del semplice esserci della VC e, sul versante dell’azione pastorale, l’esigenza di un autentico riconoscimento reciproco e di una cordiale e intensa collaborazione. In questo ambito, e ancora attraverso citazioni del CIC (713 §2 e 604), si accenna ai membri degli Istituti secolari e all’Ordo Virginum, soprattutto per ricordare che non possono essere ricondotti ad un unico modello di attuazione. Indicazioni di percorso Ne sono presentate 4 che, per la loro struttura, potremmo raggruppare due a due. Sotto il titolo “Reciproca conoscenza” e “Collaborazione” vengono elencati, infatti, una serie di impegni che fanno capo distintamente alla Vita consacrata, alla Chiesa diocesana, alla CEL (Conferenza Episcopale Lombarda): sono semplici indicazioni che insistono sul riconoscimento della specificità carismatica, ma anche sulla apertura e disponibilità all’azione comune: con doni diversi, da non “omologare”, si contribuisce a costruire l’unica Chiesa. Una sottolineatura mi sembra meriti particolare attenzione: l’impegno della Chiesa diocesana a curare, insieme con i responsabili della Vita consacrata, la formazione di “guide spirituali” per il discernimento e l’accompagnamento vocazionale. A proposito di “Vitalità e qualità della presenza” e “Pastorale vocazionale”, non si distingue più tra quanto compete ai diversi soggetti, ma gli impegni elencati sono attribuiti alla “Vita consacrata insieme con la Chiesa diocesana”. Si tratta, in sostanza, non solo di fare ciascuno la propria parte nel rispetto reciproco, ma di “lavorare insieme”, che è una sfida, e non da poco, a tutti i livelli. Il n.3 aggancia tutta la problematica non facile che negli Istituti religiosi va sotto il nome di “ridimensionamento”. Si tratta di quel processo di discernimento che inevitabilmente porterà a: - ridisegnare la presenza sul territorio – ed ecco l’invito a riflettere insieme con la Chiesa locale per individuare le situazioni più povere e problematiche dove assicurare una significativa presenza ecclesiale (con il linguaggio di papa Francesco, le chiameremmo le “periferie” anche esistenziali); - attuare cambiamenti nella gestione o arrivare a chiusure, anche dolorose (problema delle scuole cattoliche e delle strutture educative in genere…) – e qui l’invito è quello di valutare possibili soluzioni alternative, di non mettere la Chiesa locale di fronte al fatto compiuto… (vero!: il pericolo dell’autoreferenzialità esiste... ma quanto una parrocchia, una diocesi considera “patrimonio ecclesiale” da non perdere una scuola, una attività educativa, la presenza di una comunità religiosa?). L’osservanza delle norme del CIC in merito alle alienazioni di beni è un richiamo sempre utile, vista oltre tutto l’attenzione con cui, specie in questo campo, gli organi di informazione ci riservano. Il n.4 si concentra sulla pastorale vocazionale, richiamando innanzitutto a non dimenticare mai, anche nella pastorale giovanile in genere, la dimensione vocazionale della vita e l’intera gamma delle “vocazioni di speciale consacrazione”, dalla “chiamata al ministero ordinato, alla vita consacrata contemplativa o attiva, alla consacrazione nella secolarità” (e ci sta senza dubbio anche quella al matrimonio cristiano, culla delle vocazioni). In una specie di “appendice” – Problemi particolari – si tratta del caso di incardinazione di religiosi presbiteri che lasciano il proprio Istituto (si chiede il rispetto della normativa canonica e il dialogo franco tra Superiore maggiore e Vescovo) e dell’accoglienza da parte del Vescovo diocesano di un Istituto religioso, soprattutto femminile, proveniente da paesi extra-europei (si invita all’attenzione, al dialogo e alla formazione in vista di una piena integrazione nella concreta realtà ecclesiale). Probabilmente sono sottese esperienze dolorose di prassi un po’ troppo “disinvolte”, che poi hanno richiesto interventi risanatori, non sempre facili. In conclusione: «La comunità religiosa è una comunità della Chiesa particolare, è un dono per la Chiesa particolare, ma soprattutto quest’ultima è un dono per la comunità religiosa» (J.C.R. GARCÍA PAREDES, Teologia della vita religiosa, Cinisello Balsamo, Milano 2004, p. 292). «Ovunque vi troviate nel mondo, voi siete, con la vostra vocazione, “per la Chiesa universale” attraverso la vostra missione “in una determinata Chiesa locale. Quindi, la vostra vocazione per la Chiesa universale si realizza entro le strutture della Chiesa locale. Bisogna far di tutto, affinché la vita consacrata si sviluppi nelle singole Chiese locali, affinché contribuisca all’edificazione spirituale di esse, affinché costituisca la loro particolare forza. L’unità con la Chiesa universale, attraverso la Chiesa locale: ecco la vostra via» (Ai Superiori Generali, 24 novembre 1978, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I [1978], Città del Vaticano 1979, p. 204). Padre Gildo Bandolini, pavoniano