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Il Signore risorto vive nel nostro cuore
Omelia nella celebrazione della domenica di Resurrezione nella cattedrale di Monreale
l’11 aprile 2004
«Questo è il giorno che il Signore ha fatto: rallegriamoci ed esultiamo» abbiamo
cantato insieme nel ritornello del salmo responsoriale. Abbiamo da rallegrarci e gioire
in questo giorno perché è il giorno in cui Gesù di Nazaret, il Figlio eterno fattosi uomo
per noi, è passato da questo mondo al Padre, è entrato con la sua umanità nel mondo di
Dio, siede alla destra del Padre. Ha inaugurato il giorno nuovo che non conosce
tramonto, ci ha dischiuso le porte della nuova creazione, ha aperto i cieli per noi.
Sì, perché con Gesù anche noi siamo passati al Padre, anche noi siamo nel giorno
che non conosce tramonto, anche per noi si è aperta l’eternità. Ce l’ha ricordato il brano
della lettera dell’apostolo Paolo ai Colossesi che abbiamo appena ascoltato prima del
vangelo: se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso
alla destra di Dio, pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Egli col battessimo ci ha fatto una sola cosa con lui. Per questo dov’è lui siamo
anche noi. Ma si può dire anche che dove siamo noi è lui. Non c’è bisogno di andare
lassù, basta pensare – come ci ha detto san Paolo – alle cose di lassù, basta ricordare il
Signore per avere comunione con lui. Non c’è un cielo dove Dio abita. Il cielo è Dio
stesso. Il cielo è il Cristo risorto perché egli siede ora alla destra del Padre. E il cielo di
Dio siamo ora noi, è il nostro cuore.
Nei discorsi dell’ultima cena, riferiti dal vangelo di Giovanni, Gesù promette di
venire ad abitare, dopo la sua resurrezione, nel cuore del credente: «noi verremo in lui e
porremo la nostra dimora presso di lui».
Sì, il primo frutto della risurrezione di Cristo è che egli vive nei nostri cuori, non è
più al di fuori di noi. Prima della sua morte e risurrezione anch’egli era condizionato dal
tempo e dallo spazio: se era in un posto non era in un altro e aveva un rapporto con le
persone come quello che abbiamo noi: se parlava o mangiava con Zaccheo in un
villaggio della Galilea non era con Lazzaro e le sue sorelle in Giudea. Ora no: dopo la
risurrezione, egli non è più limitato dal tempo e dallo spazio, egli si rende presente in
ogni tempo e in luogo. E non ci sta davanti, non ha una presenza di contiguità con noi,
ma abita nel nostro cuore, vive una presenza interiore. Siamo ora noi il cielo di Dio
dove abita il Cristo risorto.
Per questo basta pensare a lui per incontrarlo, basta accorgersi di lui. La prima
cosa che vorrei dirvi in questa Pasqua è: accorgiamoci del Signore. Non abbiamo da
cercarlo. Come ama dire un autore vivente di spiritualità che stimo moltissimo e
conosco personalmente, don Dio Barsotti: se cerchiamo il Signore, l’abbiamo perduto.
Il Signore è sempre con noi: basta riconoscere la sua presenza. Maria di Magdala va di
buon mattino al sepolcro per cercare il Signore. C’è una bellissima predica del grande
Lacordaire nel duomo di Parigi, a Notre Dame, nella prima metà dell’Ottocento, in cui
rimproverava Maria di Magdala di andare a cercare il Signore: non hai da cercarlo, è
con te, non angustiarti, non correre, apri solo gli occhi della fede. Appunto perché è il
Risorto.
Maria di Magdala è tutti noi. È davvero singolare ed estremamente significativo
che il Signore risorto, secondo i vangeli, si manifesta innanzitutto a lei. Nella tradizione
della Chiesa orientale per questo motivo è detta uguale agli apostoli. Nell’abside di
questa nostra basilica cattedrale, sotto il Cristo pantocratore, nella fascia degli apostoli
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ella è infatti raffigurata assieme agli altri apostoli. Anzi vi è detta l’apostola degli
apostoli, perché ha portato loro il lieto annuncio della risurrezione. Ma io penso che si
possa dire di più: ella è la Chiesa, ella è tutti noi, è la sposa del Cristo. Gli apostoli sono
ministri, sono servitori, la Sposa è la signora.
E il Cristo appare a lei perché è la donna peccatrice. È l’umanità redenta e
perdonata. Redenta e perdonata appunto dall’incontro col Risorto, il nuovo Adamo. Un
giardino, quello della sepoltura di Gesù. Un uomo e una donna: Gesù e Maria di
Magdala. È questa la scena raccontata dal vangelo di Giovanni per descrivere
l’apparizione del Risorto a Maria di Magdala. Una scena che richiama subito il giardino
dell’Eden e un’altra coppia: Adamo ed Eva, la coppia della prima creazione e del
peccato, dell’allontanamento da Dio. Ora, in un altro giardino, una nuova coppia: il
Cristo risorto e Maria di Magdala. È la coppia della nuova creazione, della redenzione.
Stanno di fronte lo sposo redentore e la sposa redenta e perdonata. Per questo il Cristo
risorto appare proprio a Maria di Magdala e non a sua Maria di Nazareth, cioè a sua
madre, sposa sì anch’essa e modello della Chiesa, ma sposa immacolata, sposa redenta
anch’essa, ma senza peccato e perciò senza bisogno di perdono. In Maria di Magadala,
la peccatrice redenta, ci ritroviamo a maggior ragione, con più verità, che in Maria di
Nazareth, la donna senza peccato alcuno. Per questo le parole di Lacordaire a Maria di
Magdala: non cercare Gesù, ce l’hai già, accorgiti di lui, valgono per noi tutti. Il
paradiso non è più santo del nostro cuore, perché il nostro cuore può essere la dimora di
Dio, perché è la casa del Cristo risorto. Possiamo vivere sempre con lui. È tutto per noi,
per ciascuno di noi. «Rimanete in me ed io in voi»: Gesù vuole rimanere sempre con
noi, fare di noi la sua stabile dimora.
Prima di tutto il ricordo del Signore
Questo è dunque il primo frutto della risurrezione: siamo il luogo di Dio. Vorrei
che ce lo ricordassimo sempre, che non vivessimo che di questo ricordo, come di un
sottofondo musicale che percorre tutta la nostra esistenza. Prima di tutto questo ricordo
del Signore che ci abita. Prima di tutto l’amicizia con lui. Prima di tutto farci presenti a
lui che è presente per noi. Vorrei raccomandarvi fortemente questo ricordo del Signore.
Nel brano del vangelo che è stato appena cantato ci è stato raccontato, verso la fine
dello stesso brano, che i discepoli cominciano a credere, riacquistano la fede in Gesù,
prima ancora che il Signore risorto si manifesti loro, allorché vedendo il sepolcro vuoto
e le bende ben ordinate raccolte a parte cominciano a ricordare le parole di Gesù che
aveva loro spiegato le Scritture. Cominciano a ricordare e inizia il processo della fede.
Lo dicevo anche stanotte, nella celebrazione della veglia pasquale e poi della messa
della notte: la fede cristiana è essenzialmente esercizio di ricordo, la vita cristiana
consiste nel ricordarci del Signore. Per vivere da cristiani basta non dimenticarsi del
Signore. Per vivere la comunione col Cristo risorto basta ricordare le sue parole: quelle
del Vangelo, ed anche quelle che sappiamo egli ci ha rivolto personalmente e che hanno
segnato la nostra esistenza, ed ancora quelle che ci vengono rivolte continuamente, solo
che stiamo un po’ attenti, nella vita di ogni giorno dalle persone che incontriamo e dagli
avvenimenti che viviamo. Sì, mi permetto di non chiedervi altro in questo giorno di
Pasqua che di impegnarvi ad alimentare costantemente il ricordo del Signore, anche
nelle difficoltà, anche quando vi può sembrare che il Signore non si ricordi di voi.
Pace a voi
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Stanotte ho richiamato alla mente dei fedeli presenti che quando sono stato
consacrato vescovo di Monreale in questa stessa basilica, ho detto che intendevo il mio
ministero episcopale essenzialmente come l’esercizio di un compito di risveglio di quel
ricordo del Signore che tutti noi battezzati abbiamo nel nostro cuore ed anche di quella
memoria cristiana che vive e si tramanda nelle nostre comunità cittadine e paesane. Ed
anche questa mattina mi permetto ripetere a tutti: coltiviamo il ricordo di Dio, non
dimentichiamo le parole del vangelo e la memoria della tradizione cristiana, che, sola,
può dare una prospettiva di autentica civiltà e di vera solidarietà e di concordia non
formale e non superficiale alle nostre comunità. E solo in forza di questo ricordo
potremo dare un nostro contributo, magari piccolo ma vero, a quella pace duratura e
profonda cui il mondo intero sembra anelare invano.
Sì, miei cari fratelli e sorelle, viviamo la gioia della certezza della presenza del
Signore nella nostra vita e nella storia degli uomini, certezza che ci viene oggi
dall’annuncio della risurrezione. Viviamo la consolante certezza che il Signore risorto è
vincitore della morte e del peccato, anche se sembra che il male continua a dominare il
mondo, anche se persiste l’odio tra gli uomini, anche se la guerra resta una triste realtà,
anche se il peccato allontana il cuore di tanti uomini e di tante donne da Dio. Viviamo
questa certezza e preghiamo perché gli uomini possano aprire tutti il loro cuore a questa
stessa certezza, possano accorgersi dell’amore che Dio ha manifestato nel suo Figlio
fattosi uomo e rispondere ad esso superando gli odi e accettando la pace che viene dal
Risorto. Voi lo sapete e lo ricordate: agli apostoli raccolti nel cenacolo, il Signore
risorto si presenta con l’augurio: pace a voi. Nel linguaggio biblico la pace sono tutti i
beni. È il dono di Dio prima ancora che l’accordo tra gli uomini. Ė l’amicizia con lui
come base dell’amicizia tra gli uomini. È questo l’augurio che il Signore oggi ci fa a
tutti, fa a tutti coloro che lo vogliono accogliere. Siamo noi, almeno noi che siamo
venuti a celebrare la Pasqua con la partecipazione all’eucaristia, tra coloro che
accolgono con gioia grata e fedele impegno l’augurio del Signore risorto.
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