Indovinello veronese (Tra VII e IX sec.) Indovinello veronese Uno dei più antichi documenti che testimoniano, in ambito italiano, l’evoluzione linguistica in atto dal latino al volgare. Si tratta di tre righi di testo, scoperti nel 1924 in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona. I primi due riportano una sorta di indovinello che assimila il lavoro dell’amanuense a quello del seminatore nei campi: Se pareba boves, alba pratalia araba, albo versorio teneba, et negro semen seminaba : “Spingeva i buoi (le dita), arava il campo bianco (la pagina), teneva il bianco aratro (la penna d’oca), e seminava il nero seme (l’inchiostro)”. Interessante dal punto di vista linguistico è la forma, che pur conservando una struttura latina, già reca alcuni elementi del volgare: - caduta della desinenza –t per la terza persona singolare del verbo (pareba e non parebat); - esito della desinenza –um dell’accusativo in –o (albo versorio, negro invece di album versorium, negrum). - Inoltre l’uso lessicale di pareba inteso come “spingere avanti” è tipico dell’area veneta (parar). Il terzo rigo è un’espressione di ringraziamento che, grazie alla sua fissità formulare, ha mantenuto l’ aspetto fonetico e grammaticale latino: Gratias tibi agimus omnipotens sempiterne deus: “Ti rendiamo grazie, o Dio nei secoli onnipotente”. Glossa a margine di un amanuense, con intenti propiziatori, l’indovinello veronese è databile, secondo criteri codicologici e paleografici, tra il VII e il IX secolo. Microsoft ® Encarta ® 2006. © 1993-2005 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.