1 Far vivere l’eredità fenomenologica nella post-modernità L'opera filosofica di Angela Ales Bello DANIELA VERDUCCI 1. Innestare su un pensiero vivo la tradizione filosofica Nel corso della sua ricognizione sul pensiero post-metafisico, J. Habermas ha confessato di aver guardato con un certo sospetto «il fatto che i fenomenologi non siano ancora giunti al loro ‘postismo’», a differenza dei postanalitici, dei poststrutturalisti o dei postmarxisti.1 Egli si attendeva infatti, pure per la fenomenologia, che da tempo aveva trovato i suoi storici, le sue rappresentazionistandard, i suoi documenti fondativi, il destino di una hegeliana «figura dello spirito» (Gestalt des Geistes),2 la quale «non appena viene riconosciuta nella sua inconfondibilità e le viene attribuito un appellativo, in quello stesso momento è già posta a distanza e condannata al declino». 3 Invece, nonostante che in un primo momento gli fosse sembrato di scorgere che la fenomenologia stessa, dopo l’ultima spinta produttiva datale in Francia da Sartre e Merleau-Ponty, si stesse avviando «in un certo qual modo» a dileguarsi, sfilacciandosi tra un’antropologizzazione di superficie e un’ontologizzazione di profondità, Habermas si è trovato a dover constatare che la fenomenologia non si è affatto ridotta alla mera «storia dei suoi effetti» (Wirkungsgeschichte), anzi, mostra tuttora, «una certa attualità esistenzialistica».4 Infatti, osserva Habermas, mentre da un lato, l’orientamento ontologico della fenomenologia scopre che «la coscienza trascendentale deve concretizzarsi nella prassi del mondo della vita, ottenendo linfa vitale dalla sua stessa incarnazione storica», dall’altro lato, l’ indirizzo antropologico di essa acquisisce, «come ulteriori mezzi verso la sua concretizzazione, […] il corpo-vissuto (Leib), l’azione e il linguaggio», avendo ormai acquisito l’evidenza del fatto che «le nostre attività cognitive sono radicate nella prassi delle relazioni prescientifiche con cose e persone».5 E’ certo davvero singolare che sia proprio Habermas ad indicarci la «viva vita» (Erlebnis) come cifra della teoresi fenomenologica e motivo della sua sopravvivenza post-metafisica! Egli procede infatti da quegli stessi circoli di pensiero critico della società che, negli anni Cinquanta del Novecento, con György Lukacs, avevano stigmatizzato l’irrazionalità della fenomenologia 1 2 3 4 5 J. Habermas, Il pensiero post-metafisico, tr. it. di M. Calloni, Laterza, Roma-Bari 1991, p. 7. Tit. orig.: Nachmetaphysisches Denken. Philosophische Aufsätze, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1988. Cfr.: G. F. W. Hegel, Fenomenologia dllo spirito, tr. it. di V. Cicero, Collana testo a fronte, Rusconi, Milano 1995, pp. 1059-1061:«A ogni momento astratto della scienza corrisponde una figura dello Spirito fenomenico in gnerale». Habermas, Il pensiero post-metafisico, cit., p. 8. Ivi, pp. 9-10. Ivi, pp. 11-12. 2 husserliana, proprio quale occulta filosofia della vita.6 Il suo percorso di pensiero l'ha invece poi condotto ad assumere la critica post-moderna al logocentrismo nella prospettiva positiva della individuazione e valorizzazione di presupposti universali della comunicazione e dell’argomentazione, che siano effettivi e permettano il conseguimento reale del consenso fra soggetti, capaci di parlare e di agire, in forza del darsi previo, di un vivo Verständigungshandeln o «agire d’intesa»,7 con funzione di “quasi-trascendentale”.8 In tale impostazione di pragmatica universale che, connettendo linguaggio e socializzazione, riporta l’autoreferenzialità teoretica del logos ad una base performativa, Habermas si è imbattuto nel «mondo della vita» (Lebenswelt), quale indispensabile «potenziale semantico» o «orizzonte di senso», per la costituzione e il costruttivo interscambio di società, cultura e personalità.9 Anzi, ora sono proprio le biografie individuali e le forme di vita intersoggettivamente condivise a rappresentare, per Habermas, quella «fonte naturale» di problematizzazione globale dello «sfondo di mondo a noi più familiare», alla quale «le domande filosofiche fondamentali devono il loro riferimento all’intero e il loro carattere integrativo e conclusivo».10 Nel mondo della vivente e vissuta vita umana, individuale e condivisa, dunque, si radica, infine, per Habermas, la possibilità che il filosofare stesso mantenga, nell’età post-metafisica, la titolarità della sua funzione teoretica di «mediazione interpretativa fra il sapere degli esperti e la prassi quotidiana bisognosa di orientamento» ovvero di «promozione illuminante dei processi di autocomprensione globale di un mondo della vita che deve essere, nel contempo, preservato dalla estraniazione causata dalla penetrazione di elementi oggettivanti, moralizzanti e estetizzanti, propri delle culture degli esperti».11 Per questo la modalità fenomenologica di filosofare, che sorge dalla dimensione del “vissuto” (Erlebnis), o meglio di «“ciò che si vive”», 12 e se ne alimenta, per la sua intrinseca 6 7 8 9 10 11 12 Cfr.: G. Lukács, Die Zörsterung der Vernunft, Aufbau Verlag, Berlin 1953; tr. it. di E. Arnaud, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino 1974. Husserl è preso di mira da Lukács solo indirettamente, in quanto «le tendenze irrazionalistiche presenti fin da principio nel suo metodo filosofico, diventano realmente esplicite solo per opera di Scheler e particolarmente di Heidegger», ivi, p. 12. Accanto alla consueta resa di Verständigungshandeln con «agire orientato all’intesa», modulata sulla mera analogia con Zwecktätigkeit come «attività orientata allo scopo», abbiamo voluto introdurre la traduzione di Verständigungshandeln con «agire d'intesa», per evidenziare che il Verständigungshandeln/agire d’intesa, a differenza della Zwecktätigkeit/attività orientata allo scopo, si qualifica per il suo immediato radicarsi nella prorazionalità del mondo della vita interumana e perciò rappresenta l'imprescindibile condizione reale di possibilità di ogni altra forma di agire strategico, strumentale, o comunque calcolato, volto a conseguire il consenso. Questo ci pare di poter evincere da Habermas, Il pensiero post-metafisico, cit., cap. 4, § 1: «Parlare versus agire», pp. 60-65 e § 2:«Agire comunicativo versus agire strategico», pp. 65- 69. Con questo attributo, Habermas qualifica l'argomentazione giustificativa del suo principio d' universalizzazione in Etica del discorso, tr. it. a cura di E. Agazzi, Laterza, Bari-Roma, 1985, p. 103. Cfr.: M. Calloni, Introduzione all’edizione italiana di: Habermas, Il pensiero post-metafisico, cit., p. vii. Habermas, Il pensiero post-metafisico, cit., pp. 20-21. Ivi, p. 22. A. Ales Bello fa osservare che il termine Erlebnis, che «traduciamo ormai convenzionalmente con “vissuto” – ma sarebbe meglio usare l’espressione “ciò che si vive”», ha in Husserl un significato specifico e del tutto diverso da quello che assume p. es. in Dilthey. Per quest’ultimo infatti «l’erleben è da intendersi come la vita», dell’io psichico-corporeo, che è capace perciò anche di nacherleben/rivivere; mentre per Husserl gli Erlebnisse sono «gli 3 valenza intersoggettiva e universalistica, sa ancora sprigionare, anche agli occhi di Habermas, quella vitalità teoretica, a base esistenziale piuttosto che puramente speculativa, che contraddistingueva i circoli fenomenologici della prima e seconda cerchia husserliana rispettivamente di Gottinga e di Friburgo,13 a loro volta articolantesi in relazioni più strette, come quella che legò Husserl a E. Fink o la Stein a H. Conrad-Martius14 e a R. Ingarden. Del resto, l’impiantarsi della fenomenologia su un humus di comunanza e intesa teoretica vive, era intrinseco alla condotta filosofica di Husserl e alla sua profonda convinzione della «limitatezza dell'essere umano», la cui «ricerca, qualsiasi tipo di ricerca, non può dare frutti se condotta in soltudine». 15 Infatti, «questo pensatore che sembrerebbe, e per certi versi è, un solitario, in realtà è ben presto circondato da un folto gruppo di discepoli ai quali comunica la passione per la ricerca e la via metodologica per raggiungerla, desiderando anzi con-dividere, nel senso di ripartire fra loro il vasto campo del sapere per poi ricostruire l’unità attraverso i risultati raggiunti».16 La stessa Edith Stein, da Breslavia, dove frequentava i corsi di psicologia sperimentale dei professori W. Stern e R. Hönigswald, dopo che quest’ultimo le aveva messo in mano il secondo volume delle Ricerche logiche, si era trasferita a Gottinga nel 1913 , con l’unico scopo di poter seguire le lezioni di Husserl e praticare sotto la sua guida diretta il suo nuovo metodo, che considerava finalmente autenticamente filosofico.17 Di una simile modalità filosofica, basata sullo scambio teoretico non meramente speculativo, ma “vissuto”, cioè intersoggettivamente ricco e volto alla continua rivitalizzazione del piano delle idee, in virtù del sempre rinnovato innesto di esso su un pensiero attuale e vivo, Angela Ales Bello è 13 14 15 16 17 atti caratteristici dell’interiorità dell’essere umano», gli «elementi strutturali e costitutivi della coscienza». Essi comprendono non solo la dimensione corporea e psichica, ma anche quella spirituale, con cui «si apre una diversa configurazione dell’attività culturale umana, quella che d’altra parte anche Dilthey stava cercando», senza riuscire a trovarla. Cfr.: A. Ales Bello, Culture e religioni. Una lettura fenomenologica, Città Nuova, Roma 1997, pp. 23-24. A. Ales Bello, L’universo nella coscienza. Introduzione alla fenomenologia di Edmund Husserl, Edith Stein, Hedwig Conrad-Martius, ETS, Pisa 2003, pp. 28-30. H. Conrad Martius fu legata ad Edith Stein da un legame di grande amicizia: ebbe un ruolo nella conversione della Stein, sia per la sua personale testimonianza di fede sia perchè fu proprio nella biblioteca della sua casa che la Stein lesse la vita di Santa Teresa D'Avila, da cui le derivò «la spinta decisiva per la conversione al cattolicesimo» (cfr.: A. Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verità, Edizioni Messaggero, Padova 1998, p. 18). Anche dal punto di vista dell'esito metafisico della ricerca della Stein, si può notare l'influenza della Conrad-Martius, del resto «esplicitamente dichiarata nella Prefazione di Essere finito e Essere Eterno da E. Stein» (cfr.: A. Ales Bello, Edith Stein. Patrona d'Europa, Piemme, Casale Monferrato, 2000, p. 45). Ales Bello, L’universo nella coscienza, cit., p. 9. Ivi, p. 14. Come documentato da madre Teresia Renata de Spiritu Sancto in: Edith Stein. Lebensbild einer Philosophin und Karmelin, Glock und Lutz, Nurnberg 1952, p. 24. Cfr. inoltre: E. Stein, Aus dem Leben einer jüdischen Familie und weitere autobiographische Beiträge, in: Gesamtausgabe 1, Herder, Freiburg 2002; tr. it. di B. Venturi, F. Jodice, M. D’Ambra, Dalla vita di una famiglia ebrea, ODC-Città Nuova, Roma 2007. Id., Was ist Phänomenologie?, in «Wissenschaft/Volksbildung Wissenschaftliche Beilage zur Neuen Pfälzischen Landes Zeitung», 5, 15 maggio 1924, ripubblicato in «Theologie und Philosophie», 66 (1991), pp. 570-573; tr. it. a cura di A. Ales Bello, Che cos’è la Fenomenologia, in: E. Stein, La ricerca della verità dalla fenomenologia alla filosofia cristiana, a cura di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1993, p. 57. 4 maestra, anche nell’approccio alla storia della filosofia.18 Infatti, nella “scuola” fenomenologica romana ovvero nella «comunità umana e intellettuale», «che si è formata nel corso del tempo intorno alla figura di Edith Stein», movendo dagli anni in cui Angela Ales Bello ha cominciato ad interessarsi al suo pensiero e a svilupparne un «itinerario di approfondimento»,19 non soltanto si segue il «programma husserliano di una comunità di ricercatori coordinata e accordata», quello che il maestro riuscì a realizzare nella prima fase del suo insegnamento, ma lo si applica anche in senso trans-storico e trans-culturale, promuovendo il vivo commercio con le idee, che in ogni tempo e in ogni luogo gli esseri umani hanno formulato, nell’ambito di quella incessante ricerca di senso che li accomuna. Già la fenomenologia classica husserliana, del resto, aveva affrontato il tema delle “visioni del mondo” e delle differenze culturali, mostrandosi capace non solo di descrivere tali fenomeni nelle loro manifestazioni esteriori, ma soprattutto di risalire all’essere umano quale depositario delle loro fonti generative, che, infatti, «genialmente Husserl aveva individuato nei “vissuti”, cioè nei modi in cui si configurano interiormente le esperienze». 20 Fin dal 1905, inoltre, Husserl, volendo render ragione «del fatto che ogni essere umano, nella sua concretezza è in relazione con gli altri esseri umani», aveva colto «fra gli atti vissuti, accanto a quelli della percezione, del ricordo, dell'immaginazione e così via, un atto peculiare, che aveva denominato con il temine Einfühlung [entropatia/empatia]». Per mezzo di tale vissuto, che è esperienza di una coscienza estranea dentro la coscienza propria ovvero entropatizzata, Husserl scopre che «Tutto l'essere fenomenologico si riduce allora a un (al mio) io fenomenologico, che è contrassegnato come percipiente e ricordante e entropatizzante e perciò come fenomenologicamente riducente, e agli altri, posti nell'entropatia, e posti come io intuenti, ricordanti ed eventualmente entropatizzanti».21 Dunque, «il nuovo territorio individuato (“tutto l'essere fenomenologico”), quello dei vissuti, presenti strutturalmente in ogni essere umano, è in comune come territorio specificamente umano».22 Nella consapevolezza di una tale relazione intersoggettiva alla base della produzione teoretica stessa, Angela Ales Bello presta la sua opera filosofica che fa vivere nell'attualità presente quell’ideale di comune ricerca della verità che Husserl aveva, invece, ritenuto definitivamente sfumato per la «diaspora» delle prime generazioni di allievi e per i «tradimenti» - perché come tali 18 19 20 21 22 Significativa in proposito, la dedica ad A. Ales Bello del volume, Il percorso intellettuale di Edith Stein, Edizioni Giuseppe Laterza, Bari 2009, da parte dei curatori, M. Shahid e F. Alfieri, che si dichiarano: «riconoscenti per esserci formati alla sua scuola». Così si esprime la stessa A. Ales Bello nell'Introduzione al volume, Il percorso intellettuale di E. Stein, cit., p. 23. Ales Bello, Culture e religioni, cit., p. 10. Cfr.: E. Husserl, Zum Phänomenologie der Intersubjektivität, I, in: Husserliana XIII, a cura di I. Kern, Martinus Nijhoff, The Hague 1973, p. 190. Tr. it. in: Ales Bello, Edmund Husserl. Pensare Dio. Credere in Dio, cit., p. 50. A. Ales Bello, Edmund Husserl. Pensare Dio. Credere in Dio, Edizioni Messaggero, Padova 2005, p. 50. 5 furono da lui vissuti – di personalità della sua cerchia, quali M. Scheler e M. Heidegger. 23 In effetti, era stata piuttosto Edith Stein a mantenere costantemente il senso vivo della continuità del telos teoretico husserliano, ribadendo con la sua pratica filosofica, pur talora in contrasto con il maestro, che l’incremento veritativo della «fenomeno-logia», ovvero del “senso della realtà, che ci viene incontro”, non si produce affatto in una sequela materiale pedissequa o meramente speculativa, quanto piuttosto in una fedeltà spirituale ampia e umile, che si appoggia sull' empatia con le idee: ella aveva potuto dare personale seguito al progetto husserliano nella distanza da Husserl, addirittura nell’ “isolamento” del monastero, perchè non aveva mai cessato di “andare alla scuola” di Husserl, Tommaso, Agostino, Teresa d’Avila, Scheler e Dilthey , 24 ovvero di “togliere” la distanza storica, supportando con il proprio vissuto i loro vissuti filosofici, o per meglio dire, facendo “rivivere” (nacherleben) le loro intenzioni teoretiche, entropatizzandole, come intenzioni proprie da cui prendere le mosse. 2. La vita delle idee secondo Edith Stein Alla Stein, infatti, l' Einfühlung - ovvero l'atto a-razionale che mette in contatto i vissuti interpersonali - che aveva rappresentato per Husserl «un enigma […] oscuro e addirittura tormentoso»,25 nonostante le diffuse analisi ad esso dedicate - sono circa duemila pagine solo i testi non destinati alle stampe!26 -, era sembrato, più semplicemente, «un problema»27 che il metodo fenomenologico consentiva di affrontare e sciogliere e al quale, anzi, bisognava applicarsi in via preliminare, se si intendeva procedere «alla ricerca di ciò che, in ogni essere umano, fonda l'unità di sensibilità, emozioni, conoscenza, volontà, slancio verso l'assoluto», 28 posto che l'empatia si manifesta alla base della comunicazione intersoggettiva e tra i viventi in generale.29 Come la Stein stessa racconta: «Nel suo seminario sulla natura e lo spirito, [Gottinga, semestre estivo 1913] Husserl aveva parlato del fatto che un mondo esterno oggettivo poteva essere conosciuto solo in modo intersoggettivo, cioè da una maggioranza di individui conoscenti che si trovino tra loro in uno scambio conoscitivo reciproco. Di conseguenza, è premessa una esperienza di altri individui. Collegandosi alle opere di Theodor Lipps, Husserl chiamava Einfühlung questa esperienza, ma non dichiarava in che cosa consistesse. C’era perciò una lacuna che andava colmata: 23 24 25 26 27 28 29 Ales Bello, L’universo nella coscienza, cit., p. 239. Ales Bello, L’universo nella coscienza, cit., p. 239. E. Husserl, Logica formale e trascendentale, tr. it. di G. D. Neri, Laterza, Bari 1966, p. 295. Cfr.: A. Ales Bello, Empatia e amore nella prospettiva fenomenologica, in: F. Brezzi (a cura di), Amore e empatia. Ricerche in corso, Angeli, Milano 2003, p. 32. Così L. Boella, Sentire l'altro. Conoscere e praticare l'empatia, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005, p. 6. Ivi, p. 7. Ales Bello, Empatia e amore, cit., p. 33. 6 io volevo ricercare che cosa fosse l’intuizione empatica. Ciò non dispiacque al maestro». 30 Il risultato di tale procedere, equilibrato perchè commisurato a quanto consentito dalla operatività della riduzione eidetica31 ma anche «audace»,32 perchè secondo Husserl mancava ancora adeguata fondazione, fu sorprendente: la Stein viene in chiaro del fenomeno dell'empatia e può perciò metterla a frutto nel suo stesso entrare in rapporto con le idee di pensatori del passato - oltre che contemporanei, Dilthey e Husserl compresi - idee che è così in grado di far “germinare”33 a nuova vita, non solo in senso metaforico, sviluppandoli speculativamente, ma anche in senso effettivo, entropatizzandoli e innestandoli perciò nella evoluzione vitale della sua stessa mente pensante. La Stein documenta descrittivamente, infatti, che quando si empatizza, si attiva una dinamica interiore spontanea in forza della quale accade che: «nella mia esperienza vissuta non originaria, io mi sento accompagnata da un'esperienza vissuta originaria, la quale non è stata vissuta da me, eppure si annunzia in me, manifestandosi nella mia esperienza vissuta non originaria […] In tal modo noi perveniamo, per mezzo dell'empatia, ad una specie di atti esperienziali sui generis», tramite i quali rendiamo presente in noi il vissuto di un altro, in quanto è dell'altro;34 e ciò vale non solo a livello di individualità psico-fisiche, ma anche come comprensione tra persone spirituali.35 La Stein ci tiene a puntualizzare che ha svolto«questa indagine nella generalità più pura»: ha trattato «soltanto dell'Io puro, del Soggetto dell'esperienza vissuta, interpretandolo ora dalla parte del Soggetto ora dalla parte dell'Oggetto», e nient'altro è entrato nella sua indagine. Per questo ciò che si è reso evidente è «l'esperienza che un Io in genere può cogliere di un altro Io in genere» e inoltre, che «è in questo modo che l'uomo coglie la vita [...] dell'altro» - compresi «in qualità di credente, l'amore, l'ira e i comandamenti del suo Dio», il quale, «non diversamente […] può cogliere la vita dell'uomo» - :36 presentificandola dentro di sé in quanto tale, per “entro-patia”, secondo la felice traduzione del termine tedesco Einfühlung da parte di E. Filippini.37 30 31 32 33 34 35 36 37 E. Stein, Aus dem Leben einer jüdischen Familie – Das Leben Edith Steins: die Kindheit und Jugend, in: Werke VII, Freiburg i. B. 1985, p. 246. Tr. it. di B. Venturi, Storia di una famiglia ebrea – Lineamenti autobiografici: l'infanzia e gli anni giovanili, Città Nuova, Roma 19993, p. 126. Cfr.: E. Stein, Zum Problem der Einfühlung, Buchdruckerei des Weisenhauses, Halle 1917. Reprint, Kaffke, München 1980. Tr. it. di E. e E. Costantini, Il problema dell'empatia, Studium, Roma 19982, pp. 67-71. Ales Bello, L'universo nella coscienza, cit., p. 35. Per il valore teoretico post-metafisico della “disseminazione”, cfr.: D. Verducci, Disseminazione e innovazioni teoretiche, in: D. Verducci (a cura di), Disseminazioni fenomenologiche. A partire dalla fenomenologia della vita, EUM, Macerata 2007, pp. 11-27. Cfr. anche: Habermas, Il pensiero post-metafisico, cit., p. 9, dove a proposito i strutturalismo e marxismo si dice che «entrambi i movimenti si aprono il cammino attraverso le scienze sociali, prima che la semente delle concezioni speculative possa germogliare nell'aiuola della teoria della società». Stein, Il problema dell'empatia, cit., p. 79. La Stein dedica la Terza e la Quarta Parte della sua tesi proprio a «risolvere il quesito sul come si costituiscano coscienzialmente le oggettualità di cui si parla nelle tradizionali teorie dell'empatia: individuo psico-fisico, personalità e simili», ivi, p. 120. Ivi, pp. 79-80. Cfr.: la traduzione italiana di Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, di G. Alliney, integrata da E. Filippini, Einaudi, Torino 1976. L'osservazione di apprezzamento è in: Ales Bello, L'universo nella coscienza, cit., p. 75. 7 Nel campo delle Geisteswissenschaften la capacità empatica esplica una funzione basilare: su di essa, infatti, si appoggia il Nacherleben ovvero la «comprensione post-vissuta»,38 per la quale le opere dello spirito possono essere riattualizzate nelle loro intenzioni originarie, incluse quelle rimaste storicamente latenti. E' così che ha luogo l'innesto organico dello spirito altrui nel proprio e del passato nel presente, e l'empatia si qualifica anche come quel vettore potente di progresso culturale, che ci fa essere «nani sulle spalle di giganti».39 La stessa filogenesi umana resterebbe enigmatica, come ben documentano le indagini dello psicologo dello sviluppo, M. Tomasello, se non si potesse far intervenire “l'ultrasocialità” 40 ovvero la capacità progressivamente emersa 200.000 anni fa, in una popolazione africana del genere Homo di «imparare non solo dagli altri (from the other) ma anche attraverso gli altri (through the other)»;41 in ciò si manifestava all'opera una specialissima forma di cognizione sociale che consente agli individui umani «di comprendere i conspecifici come esseri simili a loro stessi, con vite intenzionali e mentali simili alla propria» e perciò «di mettersi nei “panni mentali” degli altri», 42 dando luogo ad una evoluzione culturale cumulativa tramite processi di socio-genesi, che in un tempo brevissimo, impraticabile non solo per l'evoluzione biologica ma anche per la trasmissione culturale non umana, ha fatto passare gli uomini dalla produzione di strumenti di pietra alla creazione di processi produttivi computerizzati, dall'uso di simboli per comunicare e strutturare la vita sociale alla creazione del linguaggio scritto, del denaro, della notazione matematica, dell'arte, dallo sviluppo di pratiche e di organizzazioni sociali alla creazione di istituzioni formalizzate di tipo religioso, amministrativo, educativo e commerciale.43 L'evoluzione culturale cumulativa umana rappresenta, infatti, un potente dispositivo di invenzione collaborativa o sociogenesi, che agisce non solo nel caso di collaborazione diretta e simultanea fra due o più individui, ma anche a distanza, nel caso p. es. in cui un individuo abbia di fronte un artefatto o una pratica culturale che ha ereditato e nello stesso tempo sperimenti una situazione per la quale l'artefatto o l'idea non appaia del tutto appropriata. L'individuo in questione, osserva Tomasello, valuterà «allora il modo in cui l'artefatto dovrebbe funzionare (l'intenzionalità dell'inventore), lo confront[erà] con la situazione corrente e poi modific[herà] l'artefatto»,44 facendolo evolvere secondo la nuova intenzionalità, in una 38 39 40 41 42 43 44 Stein, Il problema dell'empatia, cit., p. 197. Si tratta di un'immagine che Bernardo di Chartres amava utilizzare ed è riferita da Giovanni di Salisbury, nel Metalogicon: «nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possimus plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea» (III, 4; ed. Webb, Oxford 1929, p. 136, 23-27). L'espressione è di L. Anolli nella «Presentazione» al volume di M. Tomasello, Le origini culturali della cognizione umana, tr. it. di M. Ricucci, Il Mulino, Bologna 2005, p. 13. Tit. orig.: The cultural origins of human cognition, Harvard University Press, Cambridge Mass. 1999 Tomasello, Le origini culturali della cognizione umana, cit., p. 24. Ingl., p. 5. Ivi, pp. 23-24. Ivi, pp. 20-21. Ivi, p. 60. 8 collaborazione non «attuale» (actual), ma «virtuale» (virtual), a partire da un empatizzazione a distanza.45 Di tutto ciò che Edith Stein andava praticando e teorizzando, fin dalla stesura della sua tesi di laurea, in una «sorprendente fedeltà nei confronti del maestro»,46 come solo l'esercizio di una corretta pratica empatica di immedesimazione intenzionale rivolta alle idee, poteva consentire, Husserl venne in chiaro più tardi, passando per la radicalizzazione dell'analisi trascendentale della soggettività, fino a toccare, a seguito e nel corso della cosiddetta “svolta idealistica”, il limite dell'autoreferenzialità (Selbstbezogenheit) o circolarità solipsistica della fenomenologia. Tuttavia, il passaggio tormentoso attraverso il dubbio solipsistico condusse Husserl alla convinzione consolante «di scoprire in se stesso la presenza degli altri – si pensi alla Quinta delle sue Meditazioni cartesiane – altri che sono indispensabili ai fini della ricerca», 47 fino a raggiungere il riconoscimento pieno ed esplicito della dinamica intersoggettiva di trasmissione filosofica vivente, nel cosiddetto «testamento filosofico»,48 dove egli delinea il significato fenomenologico della filosofia, quale infinito «movimento teleologico verso la ragione», 49 che si realizza per mezzo dell’opera cooperativa di quanti svolgono il mestiere o la professione (Beruf) di filosofo. Anche la filosofia, al pari degli altri mestieri e professioni, si è infatti manifestata, allo sguardo retrospettivo di Husserl, come consistente «nell’idea unitaria di un compito, il quale si tramanda intersoggettivamente nel corso della storia». In particolare, l’idea del compito “filosofia” «ha fatto la sua irruzione nella storia europea, mediante una ‘fondazione originaria’ da parte dei primi filosofi, gli uomini che per primi hanno concepito l’intento (Vorhabe) completamente nuovo della ‘filosofia’ e della cui realizzazione hanno fatto la propria missione (Lebensberuf)», determinandone la “riproduzione” (Fortpflanzung) nella comunità sociale attraverso il succedersi delle generazioni.50 3. L’opera filosofica di Angela Ales Bello 45 46 47 48 49 50 Ivi, pp. 60-61. Ingl.: p. 41. Ales Bello, L'universo nella coscienza, cit., p. 118. Ales Bello, L'universo nella coscienza, cit., p. 9. Il dattiloscritto Teleologie in der Philosophiegeschichte, in tre capitoli, datati fine giugno/luglio 1937 i primi due e fine agosto 1936 l’ultimo, appartiene al plico K III 29 e alle pagine 5 e 9 del plico K III 28 ed è ora confluito nel volume XXIX dell’Husserliana, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie. Ergänzungsband. Texte aus dem Nachlass 1934-1937, a cura di R. N. Smid, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht/Boston/London 1993, n. 32, pp. 362-420. Nelle Anmerkungen des Herausgebers, è R. N. Smid a definire il testo in questione «il testamento filosofico di Husserl» (p. 362). Cfr.: N. Ghigi, Introduzione a «La teleologia nella storia della filosofia», in E. Husserl, La storia della filosofia e la sua finalità, tr. it. di N. Ghigi, Città Nuova, Roma 2004, pp. 11-55. P. Volontè, Husserl e la filosofia come professione. Note sul volume integrativo della Crisi delle scienze europee, in: «Rivista di filosofia neoscolastica», 89 (1997), p. 143. Husserl , La storia della filosofia e la sua finalità, cit., p. 60. Ted., p. 363. 9 E’ dunque, piuttosto, la familiarità con la flessione steiniana del metodo fenomenologico, introdotto da Husserl, a rendere l’opera teoretica di Angela Ales Bello così capace di “far vivere” le idee in cui si imbatte, a partire da quelle di Husserl stesso: di lui, seguendo «pazientemente i rivoli della sua ricerca», è riuscita infatti a «rendere comprensibili» le analisi e i percorsi, compiendo, sulla scia della Stein, uno «sforzo di mediazione», da cui è giunto a luce piena pure quel risvolto “teologico” che Husserl «forse, non avrebbe mai voluto che […] diventasse oggetto di una ricerca specifica», ma che invece risulta di «notevole spessore teoretico» per chiarire l'esistenza umana come la radice unica tanto del pensare quanto del credere.51 Anche i pensieri di H. Conrad-Martius e di Gerda Walter hanno assunto inedito e forse insperato risalto, nell'ambito di tale dinamica storico-filosofica di rivitalizzazione!52 Nei confronti della Stein, del resto, Angela Ales Bello non si è limitata, a curare la pubblicazione della traduzione italiana dell’Opera Omnia, presso l’editrice Città Nuova, fornendola di illuminanti introduzioni; le è riuscito di svolgere con successo il compito più difficile, quello di introdurre la riflessione fenomenologica della Stein con i numerosi e tangibili risultati teoretici conseguiti, nel vivo del contesto filosofico attuale, trasformando in risorse, cui è tuttora possibile attingere e dalle quali si può muovere oltre, guadagni di pensiero troppo sbrigativamente archiviati, vuoi perchè attinenti a problematiche ritenute ormai datate, quali p. es. quelle relative al dibattito sulla filosofia cristiana o al confronto della fenomenologia con il tomismo, vuoi perchè considerate irrimediabilmente “contaminate” dalla dimensione della fede, fino al punto da risultare inutilizzabili nella presente temperie filosofica post-moderna, che aborrisce ogni ripresa metafisica e considera “scandalose” investigazioni sul tema del tempo, p. es., se orientate in senso post- e ultra- heideggeriano o sulla questione femminile, se impostate da un punto di vista comprensivo anche di quella concezione cattolica, che a lungo è stata bersaglio fisso della rivendicazione femminista. Con un agile quanto sorprendente volumetto, uscito nel 1992 per i tipi di Città Nuova ed intitolato Fenomenologia dell’essere umano. Lineamenti di una filosofia al femminile,53 Angela 51 52 53 Ales Bello, Edmund Husserl. Pensare Dio. Credere in Dio, cit., pp. 5-8. Il testo è uscito anche in lingua inglese, nella traduzione di A. Calcagno, con il titolo: The Divine in Husserl and other explorations, in: «Analecta Husserliana», XCVIII (2009), pp. xi-xiv; 1-170. In precedenza, pagine husserliane di argomento teologico erano state raccolte nel volume: A. Ales Bello, Husserl. Sul problema di Dio, Studium, Roma 1985. Cfr.: A. Ales Bello (ed.), Phenomenology Ontology Sciences in Hedwig Conrad-Martius, in: « Axiomathes», 18/4 (2008), pp. 395-546. Inoltre: Id., Hedwig Conrad-Martius. Ontologia e vita, in: A. Ales Bello, F. Brezzi, Il filo(sofare) di Arianna. Percorsi del pensiero femminile del Novecento, Mimesis, Milano 2001, pp. 19-29. Id., Il tema della vita nelle analisi fenomenologiche di E. Stein e H. Conrad-Martius, in: M. Sànchez-Sorondo (a cura di), La vita. Storia e Teoresi, Pontificia Università Lateranense-Mursia, Milano 1998. Id., Unterwegs zu einer weiblichen Philosophie. Hedwig Conrad Martius, Edith Stein, Gerda Walter, in: «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», II, Würzburg 1996, pp. 165-174. Id., Fenomenologia dell'essere umano. Lineamenti di una filosofia al femminile, Città Nuova, Roma 1992. A corredo del volume vanno aggiunte numerose altre pubblicazioni sul “femminile” di A. Ales Bello, che si snodano in un arco di tempo che va dal 1973 al 2002. Cfr.: M. D'Ambra (a cura di), A. Ales Bello, Sul femminile. Scritti di antropologia e religione, Città Aperta Edizioni, Troina (Enna) 2004, pp. 163-166. 1 0 Ales Bello fa, invece, entrare a pieno titolo, nel dibattito degli Women Studies, tanto la novità di metodo e di approccio filosofico rappresentata dalla fenomenologia al femminile sviluppatasi nel circolo husserliano, quanto la riflessione di Edith Stein sulla donna, immettendo, anzi, in quegli studi tendenzialmente autoreferenziali una potente istanza integrativa, volta non solo ad istituire un’antropologia armonicamente duale, ma soprattutto ad avviare una teoresi più ricca di quella monoliticamente maschile espressasi nei secoli. Ugualmente, con il volume Culture e religioni. Una lettura fenomenologica (Città Nuova, Roma 1993), complice la Stein del saggio Il significato della fenomenologia come visione del mondo,54 Angela Ales Bello introduce la fenomenologia nell’ambito degli studi antropologico-culturali. Che dire poi della naturalezza con cui, in modo innovativo, perchè scevro da polemiche sterili e astratte e mirato sulla “cosa stessa”, fenomenologicamente ri-guadagnata, sa calare il contributo steiniano di fenomenologia politica, Una ricerca sullo stato, nel dibattito, certamente non fenomenologico, intessuto di motivi quali il contrattualismo, il diritto naturale e positivo, lo stato etico e la filosofia idealistica della storia, la solidarietà, la responsabilità e l'organizzazione statale, tradizionalmente connessi con il tema dello Stato? A tale proposito, la stessa Ales Bello osserva nella Presentazione che «molte sottili analisi contenute nelle pagine di E. Stein possono costituire risposte non effimere poniamo quotidianamente relative al significato degli a domande che ci avvenimenti del nostro tempo e delle nostre incertezze politiche etiche ed esistenziali»,55 ribadendo implicitamente che la fenomenologia sa attingere ad una fonte di vitalità che le consente di rapportarsi in modo vivo al passato, in nachlebenden Verstehen/nella comprensione post-vissuta ovvero in quanto essa è in grado di attingere «il soggetto estraneo» anche se non si presenta davanti a me “in carne ed ossa”, «ma emerge dal passato attraverso alcuni prodotti della sua attività spirituale e la sua esperienza “rivive” nella mia presentificazione»,56 che la re-immette nel flusso vitale presente e già proteso verso il futuro. Qualunque sia il problema affrontato, insomma, in Angela Ales Bello e nella scuola che a lei fa riferimento, si afferma un approccio fenomenologicamente specifico, che segue ed esalta quello già assunto dalla Stein, nel rapporto con Husserl e con gli altri pensatori con cui è venuta in contatto. Si tratta di un approccio che pratica la virtù dello «scavo», secondo una archeologia fenomenologica, che entra «negli elementi costitutivi di ciò che è costruito per mezzo delle operazioni di senso appercettive, che ci si offrono già pronte e formano il mondo dell'esperienza 54 55 56 Cfr.: E. Stein, Il significato della fenomenologia come visione del mondo, tr. it. di A. M. Pezzella, in: Ales Bello (a cura di), La ricerca della verità, cit., pp. 91-107. Cfr.: A. Ales Bello, Presentazione a: E. Stein, Una ricerca sullo stato, tr. it. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1993, p. 13. Così P. Zordan, E. Stein interprete dello Pseudo-Dionigi Areopagita, in: Shahid e Alfieri (a cura di), Il percorso intellettuale di Edith Stein, cit., p. 143, in riferimento ad espressioni della Stein, nel testo Il problema dell'empatia, cit., p. 197. 1 1 […] fino a ricondurle alle ultime fonti, alle matrici, alle Archai e da queste risalire alle unità di senso ovvie che fondano le validità d'essere del nostro mondo». 57 In virtù di tale «hyletica fenomenologica»58 ha luogo la riseminazione intuitiva del vissuto anche delle idee, perchè nella profondità dell'esperienza propria e altrui, a mano a mano che si procede, si colgono virtualità ancora da attuare, linee di fuga che portano oltre l'orizzonte fin lì delineato e che sfuggono sia ad uno sguardo “positivistico” asetticamente oggettivante, il quale non le avverte affatto, sia a chi privilegia metodi di “rimozione” speculativa, come Martin Heidegger allorchè richiese p. es. la distruzione della storia dell'ontologia.59 La specificità dell' opera filosofica di Angela Ales Bello, nell'approccio fenomenologico agli autori della storia della filosofia sta, dunque, in una originale valorizzazione del tema della soggettività che, pur nell’indubbia continuità con l’intento husserliano di «cogliere della soggettività e della persona tutti gli aspetti, non solo quelli conoscitivi, ma anche quelli etici, affettivi» e spirituali in genere,60 tuttavia intercetta la soggettività privilegiando, steinianamente, il momento vivo in cui, nel rapporto con il mondo e con i suoi simili, il concreto individuo umano attua quella sua storica, e non solo speculativa, mediazione personale, tramite la quale in nachlebenden Verstehen/nella comprensione post-vissuta, avviene il “prodigio”, Zauber per usare un'espressione hegeliana,61 dello sviluppo teoretico delle idee. 57 58 59 60 61 Il riferimento è qui a E. Husserl, Ms. trans. C 16 IV, Phänomenologische Archäologie, maggio 1932. Cfr.: Ales Bello, Culture e religioni, cit., p. 10. Ivi, pp. 11-12. M. Heidegger, Essere e tempo, tr. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, § 6 , pp. 43-53. A. Ales Bello, Il percorso umano e intellettuale di Edith Stein, in: Shahid e Alfieri (a cura di), Il percorso intellettuale di Edith Stein, cit., p. 20. Cfr. Hegel, Fenomenologia dllo spirito, cit., pp. 86-87, dove si parla del «potere magico» (Zauberkraft) dello Spirito che, in quanto soggetto, converte il negativo nell'essere