ARCIDIOCESI DI MONREALE
VEGLIA DI PREGHIERA IN SUFFRAGIO
DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II
Canto di inizio
Saluto del Presidente e introduzione alla veglia
Salmo 129 : a cori alterni
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia preghiera.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi potrà sussistere?
Ma presso di te è il perdono:
e avremo il tuo timore.
Io spero nel Signore,
l’anima mia spera nella sua parola.
L’anima mia attende il Signore
più che le sentinelle l’aurora.
Israele attenda il Signore,
perché presso il Signore è la misericordia
e grande presso di lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
 I MOMENTO: LA SOFFERENZA COME STRUMENTO DI REDENZIONE
Dalla lettera di S. Paolo Apostolo ai Romani (8, 18-39).
Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere
rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa
alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure
liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che
tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le
primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella
speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come
potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo
anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare,
ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i
desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio. Del resto, noi sappiamo che tutto
concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da
sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il
primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche
giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà
contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa
insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è
risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione,
l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi
a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù
di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire,
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né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro
Signore.
Canto: Chi ci separerà (Frisina)
DALLA LETTERA AGLI ANZIANI DI GIOVANNI PAOLO II (N. 14)
“ Mi indicherai il sentiero della vita
gioia piena nella tua presenza ” (Sal 16 [15], 11)
È naturale che, con il passare degli anni, diventi familiare il pensiero del “ tramonto ”. Se non altro, ce lo ricorda il fatto
stesso che le file dei nostri parenti, amici e conoscenti vanno assottigliandosi: ce ne rendiamo conto in varie circostanze,
ad esempio quando ci ritroviamo per riunioni di famiglia, per incontri con i nostri compagni d'infanzia, di scuola, di
università, di servizio militare, con i nostri colleghi di seminario... Il confine tra la vita e la morte attraversa le nostre
comunità e si avvicina a ciascuno di noi inesorabilmente. Se la vita è un pellegrinaggio verso la patria celeste, la
vecchiaia è il tempo in cui più naturalmente si guarda alla soglia dell'eternità. E tuttavia anche noi anziani facciamo fatica
a rassegnarci alla prospettiva di questo passaggio. Esso infatti presenta, nella condizione umana segnata dal peccato,
una dimensione di oscurità che necessariamente ci intristisce e ci mette paura. E come potrebbe essere diversamente?
L'uomo è stato fatto per la vita, mentre la morte — come la Scrittura ci spiega fin dalle prime pagine (cfr Gn 2-3) — non
era nel progetto originario di Dio, ma è subentrata in seguito al peccato, frutto dell'“ invidia del diavolo ” (Sap 2, 24). Si
comprende dunque perché, di fronte a questa realtà tenebrosa, l'uomo reagisca e si ribelli. È significativo a tal proposito
che Gesù stesso, “ provato in ogni cosa come noi escluso il peccato ” (Eb 4, 15), abbia avuto paura di fronte alla morte: “
Padre, se possibile, passi da me questo calice ” (Mt 26, 39). E come dimenticare le sue lacrime davanti alla tomba
dell'amico Lazzaro, nonostante che egli si accingesse a risuscitarlo (cfr Gv 11, 35)? Per quanto la morte sia
razionalmente comprensibile sotto il profilo biologico, non è possibile viverla con “ naturalezza ”. Essa contrasta con
l'istinto più profondo dell'uomo. Ha detto in proposito il Concilio: “ In faccia alla morte l'enigma della condizione umana
diventa sommo. Non solo si affligge, l'uomo, al pensiero dell'avvicinarsi del dolore e della dissoluzione del corpo, ma
anche, ed anzi più ancora, per il timore che tutto finisca per sempre ”.(20) Certo, il dolore resterebbe inconsolabile, se la
morte fosse la distruzione totale, la fine di tutto. La morte costringe perciò l'uomo a porsi le domande radicali sul senso
stesso della vita: che c'è oltre il muro d'ombra della morte? Costituisce essa il termine definitivo della vita o esiste
qualcosa che l'oltrepassa?
 IL MISTERO DI MORTE E RISURREZIONE
Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi (15, 12-34)
Fratelli, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei
morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la
nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo
testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i
morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei
vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto
in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro
che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti;
e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è
la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre,
dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto
tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi
piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso
ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso
ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se
davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo al pericolo
continuamente? Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro
Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti
non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Non lasciatevi ingannare: “Le cattive compagnie
corrompono i buoni costumi”. Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere
Dio; ve lo dico a vostra vergogna.
Canto
2
Dalla lettera agli anziani di Giovanni Paolo II (n. 15)
Non mancano, nella cultura dell'umanità, dai tempi più antichi ai nostri giorni, risposte riduttive, che limitano la vita a
quella che viviamo su questa terra. Nello stesso Antico Testamento, alcune annotazioni nel Libro di Qoelet fanno
pensare alla vecchiaia come ad un edificio in demolizione ed alla morte come alla sua totale e definitiva distruzione (cfr
12, 1-7). Ma, proprio alla luce di queste risposte pessimistiche, acquista maggior rilievo la prospettiva piena di speranza,
che emana dall'insieme della Rivelazione, e specialmente dal Vangelo: “ Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi ” (Lc 20,
38). Attesta l'apostolo Paolo che il Dio che dà vita ai morti (cfr Rm 4, 17) darà la vita anche ai nostri corpi mortali (cfr
ibid., 8, 11). E Gesù afferma di se stesso: “ Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno ” (Gv 11, 25-26). Cristo, avendo varcato i confini della morte, ha
rivelato la vita che sta oltre questo limite in quel “ territorio ” inesplorato dall'uomo che è l'eternità. Egli è il primo
Testimone della vita immortale; in Lui la speranza umana si rivela piena di immortalità. “ Se ci rattrista la certezza di
dover morire, ci consoli la promessa dell'immortalità futura ”.(21) A queste parole, che la Liturgia offre ai credenti come
conforto nell'ora del commiato da una persona cara, segue un annuncio di speranza: “ Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita
non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna
nel cielo ”.(22) In Cristo la morte, realtà drammatica e sconvolgente, viene riscattata e trasformata, fino a manifestare il
volto di una “ sorella ” che ci conduce tra le braccia del Padre.(23) La fede illumina così il mistero della morte e infonde
serenità alla vecchiaia, non più considerata e vissuta come attesa passiva di un evento distruttivo, ma come promettente
approccio al traguardo della maturità piena. Sono anni da vivere con un senso di fiducioso abbandono nelle mani di Dio,
Padre provvidente e misericordioso; un periodo da utilizzare in modo creativo in vista di un approfondimento della vita
spirituale, mediante l'intensificazione della preghiera e l'impegno di dedizione ai fratelli nella carità.
 LA PREGHIERA PER L’UNITÀ DELLA CHIESA
Dal Vangelo secondo Giovanni (17)
Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio
glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai
dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho
glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella
gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal
mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai
dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente
che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro
che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io
non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che
mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai
dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura.
Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della
mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del
mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non
sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho
mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per
questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre,
sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu
hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti
nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che anche quelli che
mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato
prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che
tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato
sia in essi e io in loro”.
Canto
Dall’omelia di S.S. Giovanni Paolo II in occasione del XXV° di Pontificato (16.10.2003)
"Misericordias Domini in aeternum cantabo – Canterò senza fine le misericordie del Signore..." (cfr Sal 88, 2).
Venticinque anni fa ho sperimentato in modo particolare la divina misericordia. Nel Conclave, attraverso il Collegio
Cardinalizio, Cristo ha detto anche a me, come un tempo a Pietro sul Lago di Genezaret: "Pasci le mie pecorelle" (Gv
21,16). Sentivo nella mia anima l’eco della domanda rivolta allora a Pietro: "Mi ami tu? Mi ami più di costoro...?" (cfr Gv
21,15-16). Come potevo, umanamente parlando, non trepidare? Come poteva non pesarmi una responsabilità così
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grande? E’ stato necessario ricorrere alla divina misericordia perché alla domanda: "Accetti?" potessi rispondere con
fiducia: "Nell’obbedienza della fede, davanti a Cristo mio Signore, affidandomi alla Madre di Cristo e della Chiesa,
consapevole delle grandi difficoltà, accetto". Oggi, cari Fratelli e Sorelle, mi è gradito condividere con voi un’esperienza
che si prolunga ormai da un quarto di secolo. Ogni giorno si svolge all’interno del mio cuore lo stesso dialogo tra Gesù e
Pietro. Nello spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi
incoraggia a rispondere con fiducia come Pietro: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" (Gv 21,17). E poi mi invita ad
assumere le responsabilità che Lui stesso mi ha affidato.
2. "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Gv 10,11). Mentre Gesù pronunciava queste parole, gli Apostoli non
sapevano che parlava di se stesso. Non lo sapeva nemmeno Giovanni, l’apostolo prediletto. Lo comprese sul Calvario,
ai piedi della Croce, vedendolo offrire silenziosamente la vita per "le sue pecore". Quando venne per lui e per gli altri
Apostoli il tempo di assumere questa stessa missione, allora si ricordarono delle sue parole. Si resero conto che,
soltanto perché aveva assicurato che sarebbe stato Lui stesso ad operare per mezzo loro, essi sarebbero stati in grado
di portare a compimento la missione. Ne fu ben consapevole in particolare Pietro, "testimone delle sofferenze di Cristo"
(1 Pt 5,1), che ammoniva gli anziani della Chiesa: "Pascete il gregge di Dio che vi è affidato" (1 Pt 5, 2). Nel corso dei
secoli i successori degli Apostoli, guidati dallo Spirito Santo, hanno continuato a radunare il gregge di Cristo e a guidarlo
verso il Regno dei cieli, consapevoli di poter assumere una così grande responsabilità soltanto "per Cristo, con Cristo e
in Cristo". Questa medesima consapevolezza ho avuto io quando il Signore mi chiamò a svolgere la missione di Pietro in
questa amata città di Roma e al servizio del mondo intero. Sin dall’inizio del pontificato, i miei pensieri, le mie preghiere
e le mie azioni sono state animate da un unico desiderio: testimoniare che Cristo, il Buon Pastore, è presente e opera
nella sua Chiesa. Egli è in continua ricerca di ogni pecora smarrita, la riconduce all’ovile, ne fascia le ferite; cura la
pecora debole e malata e protegge quella forte. Ecco perché, sin dal primo giorno, non ho mai cessato di esortare: "Non
abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà!". Ripeto oggi con forza: "Aprite, anzi, spalancate le porte
a Cristo!" Lasciatevi guidare da Lui! Fidatevi del suo amore!
 Riflessione del Presidente
 PREGHIERE DI INTERCESSIONE
P:
Fratelli e sorelle, nella comunione di speranza e di carità che neppure la morte può spezzare, celebriamo il
ricordo del nostro papa Giovanni Paolo, e innalziamo a Dio, con umiltà e fiducia, le nostre suppliche perchè Egli lo
accolga nella sua misericordia.
Preghiamo dicendo: Ascoltaci Signore.
- Per il Papa Giovanni Paolo II, che nella sua vita ha testimoniato con le parole e le opere il vangelo della
salvezza, perchè Cristo redentore dell’uomo lo presenti al Padre ricco di misericordia e gli conceda il premio
eterno per il suo servizio generoso e fedele alla Chiesa e al mondo, preghiamo.
- Per la Chiesa raccolta e radunata su tutta la terra, perchè cresca nell’unità e nella carità, in comunione con
coloro che Cristo sceglie come guide e maestri nella fede, preghiamo.
- Perchè il Signore della vita e della storia doni a tutti noi che siamo nel lutto e nella sofferenza, la consolazione
mediante le parole della fede che illuminano il mistero della vita e della morte, preghiamo.
- intenzioni spontane.
P:
In comunione con tutta la Chiesa preghiamo il Padre come il Signore Gesù ci ha insegnato: Padre nostro...
P:
Preghiamo
O Dio, che nel disegno della tua provvidenza hai chiamato alla guida della Chiesa il tuo servo e nostro papa Giovanni
Paolo II, donagli di partecipare in cielo alla gloria eterna del tuo Figlio, che egli ha servito come vicario sulla terra. Per il
nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei
secoli. Amen.
Benedizione e congedo.
Canto finale.
A cura dell’Ufficio Liturgico diocesano
Il sussidio può essere scaricato dal sito www.monreale.chiesacattolica.it – dai documenti dell’ULD
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