VISIONE E MISSIONE
‘L’episcopato italiano ha indicato, nei suoi recenti documenti, la necessità di una conversione di mentalità e
di stile pastorale; Se questa mentalità e questo stile non vengono recepiti saranno inutili gli spazi di
rinnovamento catechistico e di formazione dei catechisti. Concretamente siamo invitati ad operare una vera
conversione pastorale, assumendo una chiara connotazione missionaria, considerando compito assolutamente
primario per la chiesa la comunicazione della fede’
(N. 2 La formazione dei catechisti nella comunità cristiana)
TRE SVOLTE DECISIVE
1. Azione comunitaria rispettosa della grazia e della libertà
2. Volto missionario. Trasloco dei munera (evangelizzare, santificare, guidare) nella vita delle persone
e negli snodi fondamentali dell’esperienza
3. Riferimento principale: gli adulti
COSA COMPORTANO PER IL CATECHISTA
1. Il catechista deve assumere prima in se stesso la visione teologica che costituisce l’asse portante del
discorso. Quale immagine di chiesa? Quale volto di Dio? Quale antropologia spirituale?
2. Si preoccupa quindi di curare l’ascolto, le relazioni di base. Si rende disponibile più che a definire i
processi, ad accompagnarli. Tutto questo come profondo conoscitore e partecipe della vita
comunitaria (primo formatore la comunità; primo riferimento comunitario la diocesi) in cui
riconosce i cammini dell’iniziazione alla vita cristiana.
3. Nell’evangelizzazione è ministro della Parola. Comprende che una catechesi senza la ricchezza della
Scrittura, è una catechesi che non parla di Cristo, non comunica Cristo. Soprattutto non genera echi e
nostalgie fondamentali.
4. Utilizza la dimensione liturgico sacramentale come elemento paradigmatico della propria
comunicazione. Non prepara ai sacramenti, bensì con i sacramenti.
5. E’ paziente, benevolo, costituisce un riferimento di aggregazione, è uomo-donna di comunione. Sa
essere persona che genera una speranza affidabile. E’ in grado di formare un cerchio caldo di
relazioni e un clima familiare.
DI CONSEGUENZA COME FORMARSI?
1. Il catechista è qualcuno che impara ad imparare. Per questo può insegnare e comunicare qualcosa.
2. Cominciamo a pensare a cosa è più urgente per costruire una mentalità di fede e preoccupiamoci
meno di quello che pensiamo di dover fare, per abitudine.
3. L’osservazione che apre al tentativo di intercettare le richieste del nostro tempo presenti nelle
persone, non costituisce una perdita di tempo, ma una risorsa importantissima. Da dove si parte?
Cosa abbiamo osservato? Cosa significa? Come accogliere e provocare al meglio questa realtà
osservata?
4. Il catechista si lascia formare nel proprio consiglio pastorale
5. Lavorare insieme, valorizzare il gruppo catechisti come primo riferimento laboratoriale ci fa scoprire
una grande risorsa.
6. Dobbiamo lasciarci costruire (interiormente) ed interrogare dalla Parola. L’alternativa è l’aridità.
7. E’ importante che ‘usiamo’ la comunità come primo riferimento di testimonianza e confronto. Le
dinamiche che non si rivolgono a vissuti autentici sono false e disorientano. Meglio, orientano a ciò
che non esiste. Impariamo a valorizzare l’esistente.
8. Il catechista nasce e vive dall’Eucarestia. Impara nell’Eucarestia la forza trasformante propria dello
stile di Gesù che nella notte del tradimento, abbraccia il dolore e lo trasforma in dono.
9. Il catechista si interroga sulla memoria condivisa per capire se oggi la promessa che vi è nascosta
possa forse essere disattesa.
10. Il catechista impara a dare senso al tempo, nella relazione con la persona di Gesù: anno liturgico
11. Si esercita nella tecnica laboratoriale per la realizzazione di un tirocinio di iniziazione cristiana, in
vista di un eventuale compito da tutor per i giovani che nel discernimento comunitario vengono
individuati quali futuri catechisti.
Ravenna –Cervia 25 ottobre 2011
Incontro con i catechisti sul tema della formazione