Simposio

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IL Cedomei riflette sul problema del male
Dopo l’introduzione di mons. Giusti al tema generale del Simposio ‘Le religioni e il problema del
male’, don Gino Battaglia, Direttore dell’Ufficio ecumenico della CEI interviene sul Myisterium
iniquitatis , partendo dalla domanda di Ionas se sia possibile, dopo Auschwitz, credere ancora in un
Dio onnipotente e buono.
Un mondo abbandonato a se stesso torna a sconfessare il mondo ordinato della Teodicea.
L’esposizione del relatore evidenzia proprio nell’ obiezione sulla possibilità della Fede oggi un
profondo atteggiamento religioso che può aprire alla trascendenza di Dio, sconfiggendo i nostri
tentativi di spiegare quanto supera le nostre stesse possibilità comprensione.
Solo nell’amore –prosegue don Germano Marani, professore di Patristica all’Orientale di Roma, nel
suo intervento su Inferi e Inferno nella tradizione delle Chiese Orientali- è possibile capire gli Inferi,
anche quelli dell’oggi, della nostra vita quotidiana e lottare per sfuggire alla presa del male.
Del resto il male si può subire, ma ad esso ci si può anche ribellare, interrogandoci sul perché della
sua presenza. Il rischio di oggi –è il contributo di Adriano Fabris, ordinario di Filosofia presso
l’Università di Pisa, ad evidenziarlo- è di porsi male la domanda. Le due scuole, dell’ambito
filosofico e dell’ambito religioso, si pongono sul livello della domanda di senso, piuttosto che nella
ricerca di spiegazioni. Da qui la possibilità di distinguere il male sofferenza da quello che si chiama
male morale, il peccato. La domanda più appropriata è da dove proviene il male che facciamo. Se
Dio lo permette è per dare spazio all’uomo, suo partner, che Egli non lascia di accompagnare anche
nella traversata del male. E’ così che i cristiani pensano a un Dio che si incarna e fa l’esperienza
della croce per risorgere.
Tra Torah, intesa come progetto di Dio, sede celeste del Signore, e Teshuwà, possibilità di
riconciliazione con la comunità, si apre all’uomo la possibilità di rialzarsi e di ricominciare.
Nell’interpretazione ebraica, il maestro Chaim della Comunità ebraica di Livorno, ci propone
l’albero della vita, che è la Torah, come il Principio di costruzione del mondo, nella convinzione
che all’uomo, che è l’intera umanità, sia stato dato un solo comando e la tentazione è quella che
l’uomo possa farsi Dio sostituendosi a Lui. Abramo è colui che riconoscendo in modo giusto Dio,
risponde a Lui nella maniera giusta. Giobbe, nella lettura del testo biblico offertaci da mons.
Mansueto Bianchi, Presidente della Commissione CEI per l’Ecumenismo, è colui che, lasciandosi
abbracciare dal Mistero luminoso e sovrarazionale, cui approda prendendo sul serio la propria
umanità, vive la consegna del sofferente, che è ciascuno di noi, capace di diventare credente.
Una buona lettura della Bibbia può portare a un modello di responsabilizzazione – afferma il prof.
Hanz Gutierrez, della Facoltà teologica avventista di Firenze, nella sua analisi del male tra
antropologia e cosmologia-.
Infine, incentrando la sua riflessione sulla Schoà, il pastore prof. Ricca, della Facoltà teologica
valdese di Roma, presenta il male come seduzione. Il male può infatti travestirsi da bene ed è cosa
spaventosa. La possibilità di trovarsi al confronto con lo stesso Satana è testimoniata da padre
Damioli, barnabita parroco della parrocchia di S.Sebastiano in Livorno, nella sua breve esposizione
sui tormenti che il demonio non risparmia alle sue vittime. Ma credere vuol dire proprio vincere il
male con il bene, individuandolo, resistendogli e combattendolo.
Il Simposio si conclude con gli interventi dei proff. Antonio Cuciniello e Silvio Calzolari,
rispettivamente sul male nell’Islam e nel Buddismo e con la testimonianza del monaco buddista
Raffaello Longo. Per quanto riguarda l’Islam le tre fonti sul male sono il Corano, la Sunna e il Libro
della Scala. In quest’ultimo si narra di Mohammed portato dall’arcangelo Gabriele a compiere un
viaggio in Cielo e nell’Inferno (considerato da alcuni studiosi come il testo alla base della Divina
Commedia). Si parla anche di Satana, il tentatore, che tenta Gesù come nel Vangelo. Le tradizioni
buddiste sono varie, anche se tutte riportano all’Illuminato, per il quale l’anima, insostanziale e
impermanente, è legata alla nostra fisicità. Anche qui si parla di tentazioni simili a quelle di Gesù
nel Vangelo e di tanti Inferni. Ma nel Buddismo tutto parte dalla mente con conseguenze positive e
negative, le quali ultime devono essere contrastate e superate con l’amore.
A cura del Segretariato Attività Ecumeniche
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