Ethan Frome - laral

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Telèma, 1999, 5, 28-30
Se il laboratorio e' nel computer le scienze hanno un'arma in piu'
Domenico Parisi
Istituto di Psicologia
Consiglio Nazionale delle Ricerche
[email protected]
Le simulazioni sono teorie interpretative dei fenomeni della realta’ formulate come un programma che gira in un
computer. Le teorie della scienza mirano a identificare i meccanismi, i processi, i fattori che stanno dietro ai fenomeni e
che spiegano i fenomeni, ce li fanno capire. Adottare il metodo della simulazione significa tradurre una teoria in un
programma di computer, far girare il programma nel computer e verificare se il programma, cioe’ la simulazione,
riproduce i fenomeni che la teoria intende spiegare. Le simulazioni sono il terzo strumento della scienza, uno strumento
che si e’ aggiunto abbastanza di recente, cioe’ da quando computer veloci e potenti sono divenuti accessibili a
qualunque scienzato, ai due strumenti di ricerca tradizionali: le teorie e gli esperimenti di laboratorio. In che senso le
simulazioni sono un nuovo strumento della ricerca scientifica?
Nelle scienze piu’ mature e consolidate, cioe’ nelle scienze della natura (fisica, chimica e biologia), teorie e dati
sperimentali interagiscono costantemente e in modo ravvicinato. Lo scienziato formula la sua teoria, deriva dalla teoria
determinate predizioni empiriche e verifica in laboratorio se queste predizioni empiriche sono corrette oppure no. Se
non lo sono, modifica la teoria. La verifica mediante gli esperimenti di laboratorio e’ in genere piu’ robusta e dettagliata
di quella offerta dall’osservazione dei fenomeni cosi’ come si verificano spontaneamente nella realta’. Intanto i
fenomeni osservati in laboratorio dallo scienziato avvengono in condizioni che sono sotto il controllo dello scienziato, e
questo permette allo scienziato di escludere tutta una serie di fattori come cause dei fenomeni. In secondo luogo, in
laboratorio lo scienziato manipola, modifica alcuni aspetti dei fenomeni (le variabili indipendenti), e poi osserva le
conseguenze di queste sue manipolazioni su altri aspetti dei fenomeni (le variabili dipendenti). In questo modo puo’
giungere a conclusioni piu’ stringenti su quali sono i meccanismi, i processi e i fattori responsabili del verificarsi dei
fenomeni.
Le simulazioni sono uno strumento nuovo di indagine scientifica perche’ hanno alcune delle caratteristiche delle teorie,
alcune caratteristiche degli esperimenti, e alcune caratteristiche completamente nuove. Le teorie come sono formulate
tradizionalmente nella scienza stanno dentro la testa dello scienziato, oppure nei suoi discorsi (ai convegni scientifici) o
nei suoi libri. I dati empirici stanno nella realta’, dentro o fuori il laboratorio. Con le simulazioni sia le teorie che i dati
empirici stanno dentro al computer. Le teorie sono incorporate nel programma del computer e i dati empirici emergono
quando il programma gira nel computer. Una simulazione funziona come un laboratorio sperimentale virtuale, nel quale
lo scienziato, come nel laboratorio reale, osserva i fenomeni (simulati) in condizioni controllate, manipola le variabili e
osserva gli effetti delle sue manipolazioni.
Ovviamente, la verifica ultima di una simulazione e’ che i dati empirici cosi’ come emergono nella simulazione
corrispondono ai dati empirici cosi’ come si osservano nella realta’. Ma intanto le simulazioni offrono una serie di
vantaggi, e sono questi vantaggi che spiegano perche’ le simulazioni stanno diventando uno strumento di ricerca sempre
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piu’ usato in tutte le discipline scientifiche, dalle scienze naturali alle scienze cognitive, dalle scienze sociali a quelle
storiche.
Quali sono questi vantaggi?
Il primo vantaggio e’ che esprimere una teoria come un programma di computer costringe a formulare la teoria in modi
necessariamente chiari, espliciti, univoci, senza “buchi” e contraddizioni nascoste. La ragione e’ che se non e’ formulata
in questo modo, una teoria non puo’ essere tradotta in un programma di computer oppure il programma non gira nel
computer.
Questo e’ un vantaggio specialmente importante per quelle discipline, come le scienze dell’uomo (le scienze cognitive,
sociali e storiche), che spesso non riescono a formulare le loro teorie in modo chiaro, esplicito e univoco. I concetti
teorici delle scienze dell’uomo non sono in genere concetti quantitativi, matematici, i quali sono per definizione chiari,
espliciti e univoci, e inoltre non si connettono in modo diretto con la realta’ osservabile con i sensi. Quando uno storico
dell’antichita’ parla di “citta’” o di “stato”, non esprime qualcosa di quantitativo e neppure qualcosa che sia
direttamente osservabile nei “documenti” empirici, cioe’ nei resti archeologici o nei testi scritti. Il risultato e’ che i
concetti teorici delle scienze dell’uomo spesso significano cose diverse per scienziati diversi e tendono al nominalismo
e all’essenzialismo, cioe’ trasformano le discussioni scientifiche in discussioni sulle parole piuttosto che sui fenomeni
della realta’ e assumono implicitamente ma erroneamente che, come le parole, anche i fenomeni della realta’ abbiano
confini ben definiti, siano uniformi e immutabili.
Le simulazioni cambiano tutto cio’. Se una teoria interpretativa si presenta come una simulazione, i suoi concetti non
possono non essere chiari, espliciti e univoci. Il significato dei concetti e’ tradotto interamente nei termini operativi
della simulazione. Non c’e’ una “citta’”, ma un insediamento di determinate dimensioni, con determinate caratteristiche
costruttive, che funziona in un determinato modo, situato in una certa zona geografica, e cosi’ via. Quello che uno
scienziato intende veramente con il concetto di “citta’” viene fuori esplicitamente e chiaramente dalla simulazione e il
rischio che scienziati diversi usino le stesse parole con significati diversi diminuisce. Quando si discute, si discute non
del concetto di “citta’” ma di quali siano le cause e gli effetti delle dimensioni dell’insediamento, delle sue
caratteristiche costruttive, del suo modo di funzionare, dell’essere situato in una certa zona geografica invece che in
un’altra. Non esiste piu’ una essenza platonica chiamata “citta’”, ma esistono vari insediamenti in varie zone del
mondo, ciascuno diverso dagli altri, ciascuno che cambia continuamente nel tempo.
Il secondo vantaggio delle simulazioni e’ che esse permettono un tipo di verifica completamente nuovo delle teorie.
Con gli strumenti tradizionali della scienza, una teoria puo’ essere verificata, come abbiamo visto, traendo da essa delle
predizioni empiriche e verificando queste predizioni. Le simulazioni si inseriscono a mezza strada tra teorie e dati
empirici della realta’. Una simulazione permette di verificare se le predizioni che lo scienziato trae dalla sua teoria
discendono effettivamente dalla teoria oppure no. Una teoria, per lo scienziato che la formula, pretende di spiegare certi
fatti. Le simulazioni permettono di verificare prima di tutto se effettivamente la teoria spiega tali fatti. Poniamo che con
la sua teoria uno scienziato pretenda di spiegare perche’ e in quali condizioni emergono insediamenti umani con certe
caratteristiche (quelli che, volendo, possiamo chiamare “citta’”). Lo scienziato identifica meccanismi, processi e fattori
che a suo avviso portano (a parita’ di altre condizioni) all’emergere delle “citta’”. Se la teoria rimane, come avviene
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tradizionalmente, una fomulazione puramente verbale, non c’e’ molto modo di verificare se effettivamente i
meccanismi, processi e fattori indicati dallo scienzato portino alla comparsa delle “citta’”. In genere i dati empirici sono
insufficienti a stabilire questo in modo sufficientemente sicuro. Ma poniamo che la teoria dello scienziato sia formulata
come una simulazione. I meccanismi, processi e fattori postulati dallo scienziato sono incorporati nel programma della
simulazione. Facendo girare la simulazione, si puo’ verificare se effettivamente, sotto l’azione di quei meccanismi,
processi e fattori (che peraltro nella simulazione dovranno essere definiti in modo piu’ chiaro, esplicito e univoco di
quanto normalmente non accada nella formulazione verbale della teoria), emergono le “citta’”.
Il terzo vantaggio delle simulazioni e’ che, come abbiamo gia’ detto, le simulazioni sono laboratori sperimentali. Se una
teoria, espressa come una simulazione, non produce i risultati aspettati, e’ possibile variare i valori delle variabili
oppure cambiare le stesse variabili scelte e cercare di ottenere cosi’ i risultati desiderati cambiando la teoria. Si realizza
cosi’ quello stesso scambio e “circolo virtuoso” tra teoria e dati empirici che, come abbiamo visto, e’ alla base delle
scienze mature e consolidate. Anzi i “gradi di liberta’” dello scienziato nella manipolazione delle variabili tendono ad
essere molto maggiori in una simulazione che nel laboratorio reale. Inoltre le simulazioni possono mettere lo scienziato
di fronte a fatti empirici (simulati) non previsti, cosi’ come fanno gli esperimenti di laboratorio. Una verifica attraverso
una simulazione non ci permette soltanto di scoprire se certe conseguenze previste effettivamente conseguono dalle
nostre teorie, ma anche di scoprire conseguenze delle nostre teorie che non avevamo previsto.
Il quarto e ultimo vantaggio delle simulazioni e’ che esser permettono di simulare tutto, mentre in laboratorio si possono
studiare solo alcuni fenomeni, e in condizioni cosi’ artificiali che, per certe discipline, l’utilita’ degli esperimenti di
laboratorio e’ inevitabilmente limitata. In effetti, l’impossibilita’ per le scienze dell’uomo di usare il laboratorio
sperimentale cosi’ come fanno le scienze della natura e’ l’altra causa della loro debolezza e della loro immaturita’
rispetto alle scienze della natura, accanto al carattere poco chiaro, preciso e univoco dei loro concetti teorici che
abbiamo gia’ sottolineato piu’ sopra. Ma anche nelle scienze della natura il laboratorio sperimentale ha dei limiti di
utilita’. In genere si possono studiare in laboratorio i fenomeni che costituiscono “sistemi semplici”, cioe’ effetti lineari
di poche variabili, ma non i fenomeni che costituiscono “sistemi complessi”, cioe’ effetti altamente nonlineari di
moltissime variabili. In laboratorio si manipola una variabile, si fa una predizione sugli effetti di tale manipolazione e si
verifica la predizione. Questo funziona per i “sistemi semplici”, che sono prevedibili e che cambiano in modo
prevedibile, molto meno per i “sistemi complessi”, che hanno caratteristiche difficilmente prevedibili sulla base di una
conoscenza dei loro elementi e dei fattori che agiscono su di loro. Se per studiare i “sistemi semplici” il laboratorio
sperimentale appare lo strumento ideale, per studiare i “sistemi complessi” lo strumento appropriato sono le
simulazioni. In una simulazione si possono simulare moltissime entita’, ciascuna con le sue caratteristiche, stabilire le
“regole di interazione” locali tra entita’, e osservare (senza essere in grado di prevedere) gli effetti globali di queste
interazioni.
“Sistemi complessi” sono quasi tutti i fenomeni di cui si occupano le scienze dell’uomo – e questa e’ un’altra ragione
per pensare che le simulazioni faranno una grande differenza soprattutto per queste scienze – ma anche le scienze della
natura stanno accorgendosi che molti dei fenomeni a cui esse sono interessate sono “sistemi complessi”. In effetti le
scienze della natura riescono (molto bene) a studiare in laboratorio i processi elementari che sono alla base di molti
fenomeni naturali ma per studiare questi fenomeni naturali cosi’ come realmente avvengono (il funzionamento e la
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storia del cosmo, il funzionamento degli oceani, il tempo meteorologico, il risultato dell’azione di 100 miliardi di
neuroni in un sistema nervoso umano) il laboratorio e’ scarsamente utile. Servono le simulazioni.
Ma le simulazioni possono essere usate per studiare molti fenomeni che non possono essere studiati nel laboratorio
sperimentale anche per ragioni piu’ ovvie. In un laboratorio, ma anche con metodi di osservazione sul campo, non
possono essere studiati fenomeni e entita’ troppo grandi o che durano troppo nel tempo o che sono successi in passato e
ora non sono piu’ (come tutti gli eventi e le entita’ storiche) o che non si possono manipolare a piacere per ragioni
etiche. Tutti questi fenomeni invece possono essere simulati.
Le simulazioni quindi offrono molti vantaggi alla ricerca scientifica, specie a quella delle scienze dell’uomo. Prima di
concludere discutiamo due altri aspetti di questo nuovo metodo della ricerca.
Le simulazioni tendono ad avere una verifica a due livelli. Il primo livello e’ quello in cui si verifica se la teoria
incorporata nella simulazione effettivamente produce i risultati previsti. In questa prima verifica si assumono certi dati
empirici, considerati pero’ in modo un po’ globale e gia’ noti, e si verifica se la simulazione li riproduce. Ma in realta’
quello che si verifica in questo primo livello e’ la coerenze interna della teoria, la chiarezza, esplicitezza, e univocita’
dei suoi concetti, la sua completezza e capacita’ di riprodurre effettivamente determinate predizioni empiriche. Il
secondo livello di verifica di una simulazione e’ quello della verifica empirica reale. Ora bisogna accertare se i risultati
della simulazione corrispondono con i fatti della realta’, cioe’ se la simulazione riesce a riprodurre nel dettaglio i dati
empirici e se riesce a fare predizioni su fatti empirici ancora non noti.
Spesso nelle scienze dell’uomo, in particolare nel campo oggi molto attivo della simulazione di fenomeni sociali e
economici, le simulazioni si fermano al primo tipo di verifica. Le simulazioni hanno come oggetto “organismi
artificiali”, “ecologie artificiali”, “societa’ artificiali”, “mercati artificiali”, tutti molto idealizzati, astratti, astorici.
Questo tipo di simulazioni hanno una loro utilita’ come strumenti di verifica interna delle teorie e della sufficienza dei
concetti messi in campo per dar conto di certi fenomeni. Tuttavia la ricerca non puo’ fermarsi a questo tipo di
simulazioni. E’ necessario procedere a fare anche le simulazioni che si confrontano in modo piu’ puntuale con i dettagli
dei fenomeni empirici e storici e cosi’ facendo individuano nuove domande a cui la ricerca empirica, non simulativa,
deve cercare di rispondere. E’ in questo modo che le simulazioni potranno integrarsi meglio con la ricerca tradizionale
della scienza.
Il problema, come si e’ detto, esiste soprattutto nel campo delle scienze dell’uomo (ma anche nel nuovo campo di studi
chiamato Vita Artificiale), per la semplice ragione che nelle scienze dell’uomo, rispetto alle scienze della natura, i dati
empirici sono di meno facile identificazione, sono meno quantitativi, e “parlano” meno direttamente alle teorie. Ma c’e’
il rischio che limitandosi a simulazioni la cui verifica e’ soprattutto interna e che servono soprattutto a mostrare che
certi fenomeni ben noti si possono riprodurre, le scienze dell’uomo continuino a somigliare troppo alla filosofia, dalla
quale sono riuscite fino ad oggi ad autonomizzarsi meno delle scienze della natura. La filosofia e’ soprattutto analisi
concettuale, esame interno dei nostri concetti e dei nostri modelli mentali della realta’, mentre la scienza ha in piu’,
rispetto alla filosofia, l’interesse per la realta’ empirica, per i dati e i fatti della realta’ da studiare in tutto il loro
dettaglio, e con cui confrontare i nostri “pensieri” (teorie) sbattendo eventualmente la faccia contro di essi. Galileo, a
cui le scienze della natura debbono in buona parte il fatto di essere diventate autonome dalla filosofia, diceva di stimare
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di piu’ “il trovare un vero, benche’ di cosa leggiera, ch’il disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir
verita’ nissuna”. Se le scienze dell’uomo debbono affrancarsi dalla filosofia come hanno fatto le scienze della natura e
se questa e’ una condizione, probabilmente necessaria, perche’ essi diventino scienze mature e consolidate come le
scienze della natura, le simulazioni potranno esprimere tutti i loro grandi potenziali vantaggi per queste discipline
soltanto se esse saranno non soltanto un nuovo strumento di lavoro intellettuale per lo scienziato ma anche uno
strumento di interazione stretta tra teorie e dati della realta’.
L’ultimo aspetto che vogliamo discutere delle simulazioni come nuovo strumento di ricerca e’ una questione
apparentemente piu’ strettamente tecnica. Esistono due tipi di simulazioni che si distinguono in funzione del modo
scelto per presentare al ricercatore i risultati della simulazione. Il primo tipo di simulazione presenta i risultati al
ricercatore sotto la forma di formule, grafici, tabelli. Questa forma e’ simbolica e riassuntiva, e corrisponde ai modi
tradizionale di presentare le analisi e i risultati nella ricerca scientifica, specie nelle scienze della natura. Il secondo tipo
di simulazione e’ piu’ innovativo. Per capire bene questo secondo tipo di simulazioni bisogna riflettere sul computer
come strumento per fare le simulazioni.
Il computer non e’ solo uno strumento che puo’ incorporare una teoria scientifica nel programma che gira dentro di
esso, e in questo modo simulare la teoria, cioe’ riprodurre i meccanismi, processi e fattori postulati dalla teoria per dar
conto di certi fenomeni empirici. E’ anche uno strumento capace di simulare, cioe’ di riprodurre i fenomeni empirici
spiegati dalla teoria. Il metodo della simulazione dispiega tutte le sue grandi potenzialita’ quando riproduce i fenomeni
non riassumendoli nella forma simbolica di formule, grafici e tabelle, ma facendo vedere, alla lettera, i fenomeni
risultanti dalla simulazione. Questo puo’ sembrare ovvio quando i fenomeni in questione sono gia’ di per se’ qualcosa
di visibile nella realta’: un oggetto, un organismo, un artefatto tecnologico, un’area geografica di piccole dimensioni.
Ma le tecniche di visualizzazione oggi in pieno sviluppo (tecniche sia in senso informatico sia in senso cognitivo e
comunicativo) permettono e sempre piu’ permetteranno in futuro di rendere visibile anche quello che nella realta’ non
lo e’: entita’ troppo grandi e processi che durano troppo a lungo per essere percepibili da un essere umano, fenomeni
troppo complicati e anche fenomeni astratti.
Questo apre nuove interessanti prospettive per la ricerca scientifica perche’ lo scienziato non e’ piu’ costretto a
interagire con un set limitato di fenomeni empirici direttamente percepibili e poi con una grande quantita’ di espressioni
simboliche che riassumono i dati empirici ma sono solo arbitrariamente connesse con la realta’ empirica: parole,
simboli matematici, formule, grafici, tabelle. Con le visualizzazioni che sono spesso associate alle simulazioni lo
scienziato puo’ “vedere” molto di piu’ della realta’ di quanto non possa fare con la realta’ “reale” e puo’ sviluppare una
comprensione intuitiva, perche’ senso-motoria e non simbolica, della realta’ che finora gli era preclusa.
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