medicina interna 28/5/03 - Digilander

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MEDICINA INTERNA
GERIATRIA
28/5/03
PROF. UCCIOLI
Un’altra delle “i “ importante è l’instabilità .L’instabilità è un problema,perché è una
delle cause che porta a rischio di caduta e la caduta è una delle condizioni + gravi nel
pz anziano sia per quello che presenta come sequela di eventi nel momento in cui c’è
la caduta stessa sia per quello che può rappresentare dal punto di vista dell’aspetto
psicologico della persona anziana che non si sente più in grado di mantenere la
posizione eretta ed ha difficoltà a gestire la sua vita.
Definizione : l’instabilità si configura in geriatria come una vera e propria sindrome
che ha come elemento cardine la precarietà dell’equilibrio durante la funzione della
marcia. Nell’anziano può essere causa di cadute, di fratture e conseguente morbilità,
disabilità e morte.
Per comprendere bene il problema della caduta e spt il perché gli anziani vanno
incontro a queste cadute , dobbiamo considerare che esistono ,nella gestione della
stazione eretta, una serie di input che vengono dalla periferia verso il centro, cioè
delle vie afferenti . Poi il SNC serve per integrare il messaggio che viene dalla
periferia e poi le vie effettrici che sono quelle che di fatto, gestendo le fibre motorie,
sono poi responsabili dell’atteggiamento posturale del soggetto.
Le vie afferenti non sono solo rappresentate dalle vie propriocettive, ma anche dal
sistema visivo e uditivo.Voi sapete che la stabilità viene mantenuta anche attraverso
l’aiuto della vista : infatti, quando noi facciamo normalmente una manovra
semeiologica, per vedere se il soggetto mantiene la stazione eretta , facciamo il
Romberg ( posizioniamo il pz in piedi e poi vediamo come mantiene l’equilibrio e
poi chiediamo al pz di chiudere gli occhi e vediamo praticamente l’oscillazione in
presenza o assenza degli input visivo, proprio perché tale input può essere in grado di
sostituire in maniera significativa un input sensitivo deficitario).
Ovviamente il SNC integra le informazioni e poi il sistema muscolo-scheletrico
funziona come output.
Dal punto di vista biomeccanico noi ,quando abbiamo la stazione eretta, abbiamo un
riposizionamento continuo della massa corporea, cioè abbiamo il nostro centro di
massa corporea (CMC) che, quando siamo in posizione eretta, viene proiettato al
livello di una superficie compresa fra i piedi ( l’area che sta fra i piedi rappresenta la
base di appoggio su cui si proietta CMC) e gestisce una condizione di equilibrio nella
stazione eretta. Quando il soggetto deambula , proietta in avanti il CMC che tende ad
uscire da questa base e quindi spinge il soggetto in avanti : se noi ,ovviamente,
proiettassimo il CMC oltre la base di impedimento, la risposta sarebbe quella della
caduta. Possiamo quindi definire queste due situazioni : 1) una situazione di
equilibrio, quando stiamo in una situazione di stabilità ; 2) e questa instabilità
temporanea che è quella che si viene a delineare solo per avere la possibilità della
deambulazione.E’ ovvio che esistono tutta una serie di meccanismi che sono legati
sia all’arrivo delle sensazioni , sia alla risposta motoria che possono essere alterate in
un soggetto anziano e che quindi , in relazione a questa alterazione, possono essere
responsabili di una condizione di instabilità .Quindi importante sono : ) arrivo di
sensazioni ; ) centri nervosi di integrazione e ) sistema muscolo-scheletrico.
Qualsiasi tipo di riduzione della sensibilità può essere responsabile di una alterazione
della stabilità:andiamo a vedere,x es,soggetti ipovedenti o soggetti che vivono in
ambienti bui,in cui si ha una riduzione dell’input visivo o soggetti che hanno
problemi alla funzione vestibolare(possono avere anche gli otoliti a livello dei canali
semicircolari);si possono avere problemi di riduzione della sensibilità xchè c’è una
neuropatia(x es in un soggetto diabetico);poi problema dell’integrazione a livello del
SNC,in cui si ha una ridotta attivazione e una riduzione del relè(?)di
trasmissione,quindi quello che è l’input e quello che è la risposta della contrazione
dei muscoli della gamba e della coscia in risposta a sollecitazioni esterne.Quindi
molte delle risposte posturali volontarie avvengono più lentamente,proprio xchè è
tutto il sistema che viene ad essere rallentato nel soggetto anziano.
Esistono poi altre condizioni che contribuiscono al rischio di caduta,in relazione a
quello che è l’atteggiamento che il soggetto viene ad avere:può avere
un’accentuazione della cifosi dorsale,per cui il CMC viene naturalmente spostato in
avanti,proprio x la presenza della cifosi;una riduzione di forza dei gruppi muscolari
antigravitari(quadricipite ed estensori dell’anca);poi una ridotta elasticità e flessibilità
delle articolazioni,cioè un tipo di riduzione x cui il soggetto è meno pronto,ma
spt,meno adattabile a delle situazioni di ostacolo improvviso.
L’instabilità,quindi,ha il suo equivalente clinico come rischio di caduta.
Le cadute sono questa incapacità a mantenere la stazione eretta ed hanno una
elevatissima incidenza annua:1/3 dei soggetti residenti a domicilio,più del 50% dei
soggetti istituzionalizzati.Fino a 75 anni i maschi cadono di più delle femmine e il
rischio di caduta è tanto più elevato quanto più il soggetto ha più patologie
insieme(polipatologie) e quanto più prende,x es,farmaci(politerapia).
Il rischio di caduta può essere inquadrabile in relazione a 3 fattori fondamentali:
1. l’invecchiamento
2. la presenza di malattie intercorrenti,che si associano
3. e spt dobbiamo considerare il ruolo dell’ambiente:è ovvio che le barriere
architettoniche fungono da ulteriore rischio.
1)L’invecchiamento.
L’apparato visivo può essere alterato:presbiopia,riduzione dell’acuità visiva
notturna,riduzione della capacità di accomodazione e diminuzione della percezione
del senso della profondità,cioè tutte quelle alterazioni in cui l’input visivo è ridotto.
L’apparato uditivo:presbiacusia,diminuzione della percezione degli stimolo
ambientali.
L’apparato locomotore:abbiamo detto che c’è la sarcopenia,quindi riduzione della
massa muscolare,riduzione della funzione articolare quindi,davanti ad un ostacolo,il
soggetto può non avere la valutazione adeguata a superarlo.
SNC:allungamento dei tempi di reazione,diminuzione della capacità discriminativa
cinestesica(il soggetto non sa bene la sua posizione nello spazio),riduzione dei riflessi
di raddrizzamento,riduzione della lunghezza del passo e dei movimenti pendolari
delle braccia,allargamento della base di appoggio,maggiore pressione dell’anca e del
ginocchio,quindi c’è una proiezione anteriore del CMC,maggiore rigidità,difficoltà ad
iniziare la marcia.
Dovete immaginare l’anziano come una persona molto rigida nei
movimenti,proiettata in avanti anche x colpa dell’invecchiamento e in una condizione
di instabilità.Il meccanismo di mantenimento dell’equilibrio passa attraverso
l’articolazione coxo-femorale che nel soggetto normale è un meccanismo di
compenso;il soggetto anziano,che ha già fisiologicamente un atteggiamento posturale
“di compenso”,quando esiste la possibilità di adattarsi ad una situazione
improvvisa,non ha un ulteriore meccanismo di adattamento.
2)Malattie.(quali sono i fattori che possono aumentare il rischio di caduta?).
SNC: TIA, ictus,delirio,demenza, che configurano delle condizioni ben definite.
Sistema cardio-vascolare: ipotensione ortostatica,sincope,aritmie,scompenso
cardiaco.
Molto spesso,invece,sono proprio le condizioni inaspettate che creano problemi ,x es
l’ipotensione ortostatica.Il soggetto,già in relazione alla condizione di senilità,ha una
ridotta capacità di adattamento del sistema baro-recettoriale,x cui nel passaggio dal
clino all’ortostatismo si registra una certa riduzione della pressione.Se a questa
incapacità di adattamento andiamo ad aggiungere l’effetto negativo di una eventuale
terapia ipotensiva, possiamo avere il rischio di caduta,xchè la pressione,nel passaggio
dal clino all’ortostatismo,non si è adattata.
Immaginate un soggetto che ha una fibrillazione atriale,comincia la fibrillazione e, se
ha un problema di pompa, cade a terra;oppure un soggetto che ha una malattia del
nodo del seno,che succede?Lo stimolo non si ha in maniera regolare e si possono
avere delle pause.In relazione alla pausa si ha una mancata sistole e si può avere
un’ipotensione che fa cascare il pz.Quindi la caduta va sempre indagata,mai
banalizzata,xchè può essere un segno di un problema(in questo esempio un problema
del cuore).
Poi ci sono tutta una serie di altre condizioni internistiche che si associano alla
caduta:x es un’anemia importante,un’ipoglicemia acuta,dei disturbi idroelettrolitici(ipopotassiemia),un’incontinenza urinaria,deformità scheletriche,malattie
psichiatriche,farmaci ototossici(x es. gli aminoglicosidici) o ipotensivi.Infatti una
delle problematiche della caduta è legata all’uso di farmaci ipnoinducenti o
sedativi:se da una parte abbiamo un effetto positivo xchè il pz ha l’ansia,dall’altra
possiamo avere un rischio di caduta.
3)Fattore ambiente. Cosa succede quando un soggetto cade? Ci sono delle
conseguenze che possono essere:
) immediate:decesso,traumi,fratture(la più comune è quella di femore),lesioni agli
organi interni e tessuti molli.
)tardive:il soggetto sviluppa una sorta di depressione reattiva alla disabilità,perdita
dell’autostima,timori di nuovi episodi di caduta,conseguente riduzione degli
spostamenti,isolamento sociale e declino psico-fisico.
Anche la stessa modalità di gestione del passo del soggetto anziano,viene ad essere
una modalità tesa a ridurre il rischio:passi più piccoli,più modesti che condizionano
poi la vita.E’ molto importante quello che vive il soggetto stando a terra e che non è
in grado di rialzarsi.Immaginate l’anziano che vive solo e durante la notte si alza e
casca,rimanendo a terra x chissà quanto.Questo è stato dimostrato ed è un’esperienza
devastante,tanto che è stato messo in relazione il tempo di persistenza a terra con la
ripresa:tanto maggiore è la persistenza a terra, tanto meno questo pz si riprende dopo
la caduta.Ecco xchè diventano molto importanti gli strumenti x monitorizzare
l’attività,xchè esistono degli strumenti con una centrale operativa che possono
registrare i movimenti del soggetto.
Una delle condizioni più gravi è la rottura di femore ed è la condizione più frequente
xchè rappresenta una sede elettiva sia x la qualità di caduta,sia x il livello di
calcificazione che ha il femore in funzione dell’osteoporosi senile e in funzione della
perdita di funzione di ammortizzamento che viene dal tessuto muscolare e dai tessuti
molli.L’incidenza di rottura di femore sale vertiginosamente dopo i 75 anni,ma anche
qui si deve registrare un nuovo capitolo della medicina.Fino a pochi anni fa la rottura
di femore rappresentava la morte del soggetto xchè si trattava con l’allettamento,il
soggetto veniva a perdere la sua condizione temporo-spaziale e cadeva in una
condizione che culminava con l’exitus.Oggi l’orientamento è quello di dare ai
soggetti la possibilità di riprendersi subito,tanto che il trattamento elettivo è
l’intervento chirurgico che viene fatto entro 24-48 h dalla caduta stessa con
riabilitazione immediata del soggetto,anche xchè il soggetto anziano deve stare il
meno possibile in ospedale, xchè perde i suoi punti di riferimento e si crea una
condizione di confusione che poi è difficile da superare.
Il collo del femore è la sede più frequente e si ha il ricordo di un orientamento che
viene ad avere la caduta stessa:in genere può accadere la caduta sul fianco o
all’indietro x cui l’area scheletrica di impatto è quella peritrocanterica,dove è minore
è la resistenza alle forze dell’impatto.Perchè si ha la rottura di femore?Perchè
aumenta l’incidenza delle cadute in un soggetto anziano,xchè ha una riduzione della
massa ossea.Poi abbiamo un effetto favorente dal fatto che esiste una riduzione della
capacità di risposta protettiva dell’apparato muscolare,una diminuzione dei modi x
assorbire un urto quindi dei meccanismi di difesa.
Quindi:cadutaorientamento della caduta,quindi impatto diretto sull’area
peritrocanterica riduzione delle risposte protettiveriduzione dei fattori locali di
assorbimento del traumadiminuzione della resistenza dell’ossofrattura.
La caduta è aumentata,la contrazione reattiva è di meno,i tessuti molli sono
diminuiti,la capacità dell’osso(dal p.d.v. della struttura)è ridotta e quindi frattura.
La frattura di femore è una condizione che, in alcune situazioni,può essere rischio di
morte:si è visto che c’è una relazione con l’età,quindi un 5% dei soggetti con
frattura di femore prima dei 65 anni va incontro alla morte,10% tra i 65-79 anni e
20% nei soggetti ultra 80.Per quanto riguarda il sesso,le donne hanno una frequenza
doppia rispetto a quella degli uomini,ma spt il problema è il rischio legato alla
comorbidità:più il soggetto ha malattie,più un evento può essere impegnativo.Poi
quello che è importante considerare è che l’allettamento secondario alla frattura può
determinare un deterioramento cognitivo e,c’è deterioramento cognitivo il rischio di
mortalità è particolarmente alto,come importante è anche il sito della frattura(quelle
extracapsulari si verificano nei pz più anziani).
La caduta deve essere prevenuta e la prevenzione si fa attraverso: 
)l’esercizio fisico
)attraverso il mantenimento di una lucidità intellettuale
)una ottimizzazione del trattamento farmacologico x evitare quelle condizioni di
rischio che possono portare il soggetto alla caduta,x cui se non c’è una necessità
stretta oppure cercare di ridurre il più possibile gli ansiolitici oppure obbligare il
soggetto a mantenere una lucidità mentale…infatti esistono degli ambulatori della
memoria!!
Abbiamo la quarta “ i “ che è l’incontinenza urinaria .E’ una perdita involontaria di
urine in quantità o frequenza tali da costituire un problema sia x il pz ma anche
socialmente.La condizione,la cui frequenza aumenta con l’età,interessa soggetti di
sesso femminile e rappresenta un problema assistenziale spt nelle residenze degli
anziani e infatti il numero delle persone affette è estremamente alto.
C’è una certa tendenza da parte sia delle persone anziane sia da parte di quelli che
assistono a minimizzare il problema,ma in realtà il problema dell’incontinenza
urinaria deve essere affrontato,xchè esistono delle condizioni che possono essere
rimosse e quindi il soggetto può riprendere un normale controllo della minzione
anche xchè dal p.d.v. dell’aspetto psicologico la perdita di fiducia in sé è enorme e
quindi è ovvio che se noi abbiamo una incontinenza transitoria legata ad una
situazione intercorrente che possiamo tranquillamente rimuovere,noi lo dobbiamo
fare.Quali sono anatomicamente le strutture che dobbiamo prendere in
considerazione?La vescica che in condizioni normali ha una pressione bassa e
accumula 800 ml di urina prima che compaia lo stimolo alla minzione e poi l’uretra
che è dotata di sfinteri,uno interno ed uno esterno,e quello esterno ha solamente il
compito di interrompere la minzione,ma non ha nessun ruolo nella regolazione della
minzione stessa.Esistono tutta una serie di circuiti che stanno alla base del controllo
della minzione e ovviamente xchè abbiamo una serie di input che derivano dalla
vescica stessa,una coordinazione a livello del SNC e poi un output a livello del
detrusore e dello sfintere uretrale.
Allora abbiamo un 1° circuito che controlla volontariamente l’inizio della minzione
in relazione alle circostanze ambientali:è quello che agisce direttamente sul detrusore;
un 2° circuito che coordina l’azione sinergica del detrusore e dello sfintere uretrale
esterno durante la minzione; un 3° circuito che serve a mantenere il tono dello
sfintere uretrale quando il detrusore è inattivo e promuove il suo rilasciamento
all’inizio della minzione e serve come meccanismo di controllo finale del rilascio di
urina;e poi un 4° circuito che presiede al controllo volontario dello sfintere uretrale
esterno.A livello del SNC ci sono varie aree interessate al controllo:abbiamo spt vie
sensitive del detrusore,poi una integrazione del SNC,poi le radici motorie che vanno
dal nucleo motorio spinale al detrusore della vescica e poi le efferenze sensitive della
parete vescicale che vanno al nucleo pudendo spinale.Qua(si riferisce ad un lucido)ci
sono le efferenze sensitive che vanno al cervelletto e le efferenze motrici al nucleo
pudendo spinale.Cmq le efferenze motorie sono spt parasimpatiche-colinergiche e
simpatiche-adrenergiche e sono l’uno in opposizione all’altro,xchè le parasimpatichecolinergiche hanno un’azione sulla emissione di urina ed infatti controllano la
contrazione del detrusore e il rilascio dello sfintere uretrale interno,invece le
simpatiche-adrenergiche servono a controllare il riempimento vescicale ed infatti le
fibre attraverso i recettori b agiscono sul rilasciamento del detrusore ed invece
attraverso il recettore a adrenergico agiscono sullo sfintere liscio.
Quindi x la minzione la fase iniziale è il riempimento vescicale fino ad un livello di
circa 300 mlparte l’aumento della pressione vescicaleattivazione del nucleo
motorecontrazione della vescica e rilasciamento degli sfintericon l’addizione
della muscolatura addominale e pelvicaaumento della pressione endoaddominalee fuoriuscita della minzione.
Quali possono essere le condizioni in grado di influenzare la continenza urinaria?
 La sufficiente autonomia nella deambulazione
 Idonea abilità manuale
 Integrità delle funzioni cognitive
 Adeguata motivazione
 Normale funzionalità dell’apparato urinario
 Assenza di barriere architettoniche
Vi potrà sembrare strano il discorso della motivazione,cioè il soggetto deve poter
mantenere il suo desiderio di controllare,ma questo potrebbe non esserci se c’è una
demenza,se c’è una depressione grave quindi non solo esistono situazioni anatomiche
ma anche psicologiche in grado di influenzare la continenza urinaria.
E’ importante nelle donne,x il mantenimento della continenza,l’angolo tra vescica e
l’uretra tanto che nelle condizioni di prolasso uterino,che va a modificare
l’angolo,aumenta il rischio di perdita di continenza.
Anche qui, x quanto riguarda la continenza, poi aumenta il rischio xchè ci sono certe
cose tipiche dell’età senile che si modificano,quindi sono condizioni che fanno
realmente aumentare il rischio di incontinenza urinaria:
la vescica è meno elastica e può non contenere 300 cc di urina che sono quelli che
normalmente può contenere(quindi diminuita capacità vescicale)
 aumenta la contrattilità vescicale e aumentano le contrazioni vescicali
involontarie(esiste una condizione clinica in cui c’è la necessità di andare ad urinare e
in cui ci sono delle contrazioni abnormi della vescica:vescica instabile)
 può aumentare il volume residuo post-minzionale e questo nei soggetti maschi
anziani che hanno ipertrofia prostatica e quindi in relazione alla persistenza dello
stimolo minzionale si possono creare delle condizioni organiche che favoriscono la
perdita della continenza
riduzione dell’abilità di trattenere l’urina in rapporto alla lassità delle strutture
pelviche
 aumento del volume della prostata
 aumento di produzione di urina spt nelle ore notturne in relazione al clinostatismo
e poi possiamo aggiungere l’uso di diuretici.
Esistono
delle
conseguenze(ripercussioni
dell’incontinenza):dal
p.d.v.
psicologico,nel momento in cui si perde la continenza,si va dall’isolamento alla
depressione e poi si possono avere eruzioni cutanee perineali da decubito,infezioni
delle vie urinarie,sepsi e poi il rischio di caduta e di frattura dovuta al fatto che il pz
ha un’urgenza che non riesce a controllare.L’incontinenza è una condizione comune
nel soggetto anziano,però non deve essere mai considerata irreversibile e infatti
esistono tutta una serie di condizioni di incontinenza assolutamente transitoria.E
questa condizione transitoria può essere poi legata ad una situazione di
multifattorialità:esistono dei fattori intrinseci ed estrinseci.
Si distinguono delle incontinenze transitorie e persistenti .
Cosa intendiamo x incontinenza transitoria,denominata anche acuta?Insorge
all’improvviso e scompare con la rimozione della causa. E’ presente in circa 1/3 degli
anziani che risiedono a domicilio e nel 50% di quelli ospedalizzati. Va gestita con
interventi esclusivamente di tipo assistenziale ed ambientale ed è necessario evitare
l’uso del catetere vescicale .Certo può essere anche l’inizio di una incontinenza
stabilizzata,però, prima di considerarla già come tale,dobbiamo andare a vedere le
cause che l’hanno determinata. La causa più comune di incontinenza sono le infezioni
urinarie, scompenso cardiaco,contenzione fisica, diabete scompensato,farmaci e
tossici:diuretici,anticolonergici(possono avere effetto sui recettori a),Caantagonisti,alcaloidi.
Diversa è la situazione in cui abbiamo una incontinenza persistente:
1. da sforzo
2. con urgenza
3. disturbo della fase di svuotamento o da rigurgito(iscuria paradossa, quando la
vescica è troppo piena)
4. funzionale
-Incontinenza da sforzo: perdita involontaria di urina di solito di entità modesta e si
verifica in corrispondenza di un aumento di pressione endo-addominale,quindi con
un colpo di tosse ecc, è tipica delle donne anziane ed è una delle forme più frequenti
moto spesso legata alla lassità dei muscoli del pavimento pelvico.Si determina senza
che il pz avverta lo stimolo ed è da ricondurre ad alterazioni locali:riduzione del tono
degli sfinteri,rilassamento della muscolatura pelvica.Invece nell’uomo può essere
secondaria ad interventi che si sono avuti sulla prostata.
-Incontinenza con urgenza: è legata ad una instabilità del detrusore , con una
instabilità della vescica che và a determinare una contrazione e quindi una fuoriuscita
di urina anche indipendentemente dalla quantità.Infatti è una improvvisa ed intensa
situazione di urgenza minzionale che il pz non è in grado di controllare.C’è una
iperattività del detrusore vescicale ed è legata molto spesso a fattori locali: ostruzione
delle vie urinarie, neoplasie, coaguli, calcoli vescicali, addirittura patologie del SNC
che compromettono i circuiti di inibizione della contrazione vescicale.Quindi non
solo con i meccanismi di stimolo locale, che determinano questa contrazione, ma
anche meccanismi di perdita delle inibizioni da parte del SNC. Dal p.d.v. clinico si
presenta come una improvvisa ed impellente comparsa dello stimolo minzionale ed
impossibilità ad arrestarlo, quindi in questo caso la perdita delle urine è indipendente
dalla pressione endo-addominale .
-Disturbo dello svuotamento - da rigurgito: è una condizione in cui paradossalmente
si viene ad avere la perdita di urina quando si ha incapacità di svuotare la vescica
stessa, cioè i soggetti che vengono ad avere una vescica repleta, perchè hanno
un’ipertrofia prostatica, possono arrivare in un punto in cui l’urina, al di là dei
meccanismi di controllo, comincia ad uscire proprio perché supera, con la pressione
che si è determinata all’interno della vescica stessa, il livello di occlusione da parte
degli sfinteri e quindi riesce ad espellerla con una piccola quantità, ma costante, sia
di giorno che di notte. Ovviamente in questo caso la diagnosi sarà presto fatta perché
se andiamo a visitare il pz, vedremo un globo vescicale e in questo caso il
posizionamento del catetere fa vedere che esiste una quantità notevole di residuo
minzionale.Quali sono le condizioni che possono determinare questo mancato
svuotamento vescicale?Problemi neurologici, traumi al midollo spinale, meccanici:
ipertrofia prostatica e neoplasie,funzionali come per esempio ipotonia del detrusore,
prolasso nelle donne o un processo di intervento per sospensione del collo vescicale.
-Incontinenza funzionale:è una situazione in cui funziona tutto bene,ma il
soggetto,in relazione alle condizioni esterne,non è in grado di controllare la
minzione:soggetti dementi,soggetti con ictus,con stati depressivi,soggetti disabili,in
corso di infezioni delle vie urinarie,oppure soggetti che vivono in ambienti con
importanti barriere architettoniche. Funziona tutto alla perfezione ma il soggetto o per
sua incapacità o per mancanza di volontà non controlla la minzione.
E’ estremamente importante classificare il disturbo,quindi è necessario fare una
idonea valutazione:anamnesi,esame obiettivo adeguato,indagini di laboratorio,sapere
direttamente dal diario giornaliero la frequenza degli episodi di
incontinenza,valutazione della continenza urinaria ma spt non escludere mai la
possibilità che l’incontinenza sia di tipo transitorio.
Ovviamente le modalità di gestione sono diverse a seconda delle cose.Dobbiamo
considerare ogni elemento che noi utilizziamo e che può dare dei problemi:i
pannolini possono dare eruzioni cutanee oppure i dispositivi esterni di raccolta
possono dare un aumento di rischio di infezione urinaria o lesioni da decubito
peniene e il catetere vescicale aumenta il rischio di infezione ma spt può determinare
la perdita del meccanismo di controllo dell’urina. Per es la cosa che si fa spesso nei
soggetti dopo che è stato messo il catetere,ma si può anche rimuovere,è la ginnastica
vescicale:quando noi abbiamo un catetere,questo viene collegato ad una busta di
raccolta x cui il soggetto non ha più lo stimolo xchè quello che si raccoglie nella
vescica va direttamente nella busta e quindi tanto più dura questa fase di
cateterizzazione,tanto meno il pz sarà abituato a rispondere allo
stimolo.Viceversa,quando decidiamo di togliere il catetere,lasciamo il catetere,però lo
tappiamo:il soggetto ricomincerà ad avere il riempimento della vescica e riprenderà
ad avere lo stimolo urinario e quando ha lo stimolo ad urinare si stappa il catetere e si
fa urinare il soggetto.Una volta che abbiamo ripristinato questo stimolo proviamo a
togliere il catetere,xchè se noi togliamo direttamente il catetere,c’è il rischio che il pz
vada in anuria xchè non c’è la ripresa dello stimolo e spt la coordinazione tra il
detrusore e lo sfintere interno.
Esistono tutta una serie di farmaci che sono utilizzati: spt con la forma con urgenza si
usano gli anticolinergici(diminuiscono le contrazioni vescicali involontarie) e gli
antispastici;nell’incontinenza da sforzo in genere si può dare la pseudoefedrina e poi
si arriva al trattamento con gli a bloccanti o gli inibitori dell’a- reduttasi che
agiscono sia sul tono che sul volume della prostata e quindi il trattamento si fa sia sul
meccanismo di controllo della fuoriuscita di urina sia sul volume della prostata.
Tutto questo x dire che non bisogna accettare l’incontinenza urinaria così come è,ma
fare un’attenta valutazione!!
Come agiscono i farmaci? Gli anticolinergici aumentano la capacità vescicale e
riducono la contrazione vescicale involontaria(spt nelle forme con urgenza); gli a
agonisti servono x le forme da sforzo,aumentano la contrazione della muscolatura
liscia,quindi aumentano il controllo; gli estroprogestinici aumentano la resistenza dei
tessuti periuretrali spt come trattamento nelle donne in età post-menopausale; i
colinomimetici servono x aumentare la contrazione vescicale; gli a bloccanti servono
x rilassare la muscolatura liscia uretrale spt quando abbiamo l’iscuria paradossa nei
soggetti che hanno ipertrofia prostatica; gli inibitori della 5 a- reduttasi sono
farmaci che servono x ridurre il volume della prostata.
Rivediamo:l’incontinenza da sforzo legata molto spesso ad una interferenza
periferica; l’incontinenza con urgenza  legata ad una instabilità o iper-riflessia del
detrusore,infezione delle vie urinarie e deficit neurologici; l’incontinenza con
disturbo della fase di svuotamento o da rigurgito  ipertrofia prostatica,stasi fecale(ndr- poi il prof dice altre due cose,ma sono incomprensibili…sorry!!); l’incontinenza
funzionale  legata spt a fattori ambientali o a malattie. Dal p.d.v. clinico
nell’incontinenza da sforzo la perdita di urine è modesta per aumento della pressione
endo-addominale;nell’incontinenza con urgenza si ha sempre una perdita moderata di
urina in relazione a queste contrazioni che scompaiono in poche ore;invece
nell’incontinenza con disturbo della fase di svuotamento c’è distensione vescicale
con presentazione di globo; nell’incontinenza funzionale c’è perdita di grande
quantità di urina però non viene assolutamente messo in essere(?) alcun meccanismo
di controllo(-ndr- penso volesse dire che tutti i meccanismi funzionano bene).
Per quanto riguarda la terapia,nell’incontinenza da sforzo può essere utile una terapia
ormonale sostitutiva x l’invecchiamento delle donne in età post-menopausale,può
essere utile un successivo rinforzo della muscolatura pelvica e poi a mali estremi una
forma chirurgica;nelle forme con urgenza vanno trattate le infezioni urinarie e si
possono utilizzare gli anticolinergici x le contrazioni;nelle forme della fase di
svuotamento è necessario rimuovere la causa sottostante,come l’ipertrofia prostatica
ecc.;e nelle forme funzionali bisogna agire sull’ambiente circostante.
Una condizione che è estremamente frequente in età geriatria e che condiziona una
situazione di incontinenza è l’ipertrofia prostatica :una iperplasia della componente
parenchimale e stromale della ghiandola prostatica e da qui anche il nome di
adenoma prostatico. E’ interessante xchè l’ipertrofia si sviluppa in una zona ben
precisa a contatto con la metà prossimale dell’uretra prostatica ed ha il nome di zona
centrale o delle ghiandole periuretrali:l’ipertrofia si sviluppa sempre a livello del lobo
mediano della prostata e quindi,quando noi facciamo un esame obiettivo della
prostata e andiamo a sentire lo spianamento del solco mediano,diciamo che c’è una
condizione di ipertrofia che è facilmente distinguibile dal carcinoma della prostata
che invece ha uno sviluppo sui lobi della prostata e spt non modifica questo aspetto
della ghiandola,anzi c’è magari una prevalenza di un lobo rispetto all’altro e la
consistenza non sarà elastica(come nel caso dell’ipertrofia) ma sarà duro-lignea,per
cui molto spesso la diagnosi differenziale tra l’ipertrofia prostatica ed un carcinoma
della prostata può essere fatta già alla semplice visita con la palpazione. Abbiamo dei
noduli microscopici costituiti da masse parenchimali e stromali e questo aumento di
dimensioni e di volume determinano spt una distruzione dell’uretra prostatica e
fungono da ostacolo alla fuoriuscita di urina. Dal p.d.v. ormonale,quello che si
richiama è in genere uno squilibrio ormonale spt in funzione di ipertrofie prostatiche
da un aumento della sensibilità al testosterone. Infatti spesso ci si chiede come mai
una patologia che è legata al livello di testosterone si manifesta nella fase
“climaterica” del soggetto,cioè quando abbiamo una riduzione dei livelli di
testosterone. Ciò accade xchè è vero che si riducono i livelli medi di testosterone
circolante ma è anche vero che si ha un aumento della sensibilità dei recettori del
testosterone,per cui l’esito finale è quello di uno stimolo sulla proliferazione
cellulare. Quindi alterazione dell’interazione epitelio-stroma e alterazione delle
cellule germinali(-ndr- non sono sicura del “germinali”)prostatiche. Poi dal p.d.v.
terapeutico si usa un inibitore della 5 a- reduttasi xchè il meccanismo è legato ad
una aumentata sensibilità all’enzima. Quindi questa riduzione dei livelli di
testosterone(della produzione) ,dall’altra parte,questa aumentata sensibilità fanno
capire xchè anche nel soggetto anziano si manifesta:c’è un meccanismo di perpetuo
aumento di volume dello stroma della prostata. Quindi si pensa che l’iperplasia sia
mantenuta da una riduzione della mortalità cellulare e che l’ipertrofia prostatica
benigna si abbia xchè si ha uno squilibrio fra le cellule che si formano e quelle che
muoiono. Dal p.d.v. della sintomatologia,abbiamo 2 tipi di sintomi:uno legato al
volume della prostata,quindi una componente statica(la massa prostatica), e
dall’altra parte una componente dinamica che è rappresentata dal tono della
muscolatura liscia,dal tono della vescica, della prostata e della sua capsula.
Troveremo 2 categorie di sintomi:sintomi di tipo ostruttivo e sintomi di tipo
irritativo .
-Sintomi di tipo ostruttivo :l’ipertrofia prostatica si sviluppa all’interno del lobo
medio,distorcono l’uretra e quindi determinano la resistenza al passaggio di urina. Si
ha una situazioni in cui c’è difficoltà ad iniziare la minzione ed è necessario avere
una pressione maggiore x superare le resistenze determinate dall’ipertrofia stessa.
Ovviamente questo può comportare un mitto intermittente xchè se non viene
mantenuta una contrazione adeguata si ha una interruzione del mitto stesso,uno
sgocciolamento terminale e spt si ha una sensazione di svuotamento incompleto che
d'altronde è così:si sa che in relazione all’aumento del volume della prostata aumenta
anche il volume residuo di urina all’interno della vescica.
-Sintomi di tipo irritativo: possono essere legati ad una irritazione del detrusore o dei
muscoli dell’uretra x cui abbiamo nicturia e pollachiuria legata a questa aumentata
frequenza di emissione di urina,proprio xchè non si ha la capacità di svuotare
completamente la vescica e spt si continua ad avere un residuo post-minzionale.
Si può avere anche urgenza minzionale,bruciore minzionale ed ematuria in funzione
al grado di infezione delle vie urinarie e spt le infezioni delle vie urinarie possono
interessare questo tratto di prostata. Si può avere ematuria anche in relazione
all’interessamento dei vasi prostatici.
Quali sono le complicanze dell’ipertrofia prostatica?
reflusso vescica-ureterale,x cui si può determinare un’infezione delle vie urinarie
idroureteronefrosi
infezioni,quindi pielonefriti
 la comparsa di calcoli
si può avere una iscuria paradossa xchè la vescica è troppo piena
e quando la persistenza di urina è elevata tanto da coinvolgere la funzione
renale,si arriva anche all’insufficienza renale.
Si possono avere delle condizioni acute di ritenzione di urina in relazione spt al fatto
che si possono determinare aumenti immediati di volume della prostata,riduzione di
aree di infarto della prostata,infezioni che aumentano l’edema,oppure il pz tarda a
mingere e non ce la fa più a controllare il detrusore,oppure farmaci che in qualche
maniera ostacolano l’emissione di urina.
Come si fa la diagnosi?
esplorazione rettale
ecografia
quando temiamo che l’ipertrofia prostatica ha determinato delle conseguenze si
fa l’urografia
cistoscopia e
l’urocultura
Dicevamo l’esplorazione rettale:superficie liscia,consistenza parenchimatosa,solco
mediano appianato. L’esame delle urine mette in evidenza una neutropiuria se c’è
infezione. L’eocografia transrettale ci permette di quantizzare il diametro della
ghiandola spt vedete dove c’è e se c’è questo lobo mediano aggettante all’interno
della vescica. L’urografia ci può far vedere(a parte il fatto che x es noi possiamo già
mettere in evidenza con la cistoscopia la presenza di una vescica a colonne-segno
dell’iper-reattività della vescica nella fuoriuscita dell’urina-)una idroureteronefrosi,un
ispessimento della parete vescicale , un innalzamento della base della vescica x
innalzamento della prostata e ci può far valutare(ma questo lo valutiamo spt
attraverso l’ecografia) il residuo post-minzionale.
La diagnosi differenziale è tra situazioni neurologiche della vescica e riduzioni
anatomiche del collo vescicale. In genere si possono avere dei disturbi della minzione
x es in un soggetto diabetico in cui una neuropatia diabetica avanzata può
determinare disturbi del detrusore;si possono avere delle condizioni di vescica
neurologica e quindi un grosso residuo all’interno della vescica oppure la stessa cosa
in soggetti che hanno lesioni del midollo o del plesso pelvico. In genere la diagnosi
differenziale è così fatta,gli esami neurologici,si fa un’anestesia perianale e
rilassamento dello sfintere anale e spt i test uro-dinamici fanno vedere che non è
possibile determinare un aumento della pressione intravescicale. Invece le altre
situazioni sono legate ad una stenosi dell’uretra o una contrattura del collo vescicale
che sono sempre legati o al dato sul foglio anamnestico o di traumi o di interventi
chirurgici,quindi la diagnosi differenziale è abbastanza facile. Immaginate un
soggetto con una ritenzione e a questo punto la ritenzione deve avere una
spiegazione:la prima cosa che faccio è pensare alla prostata che può essere ingrossata
e vado a fare una valutazione,un esame obiettivo ed una ecografia. Se queste cose
non ci sono,le possibilità sono :un ostacolo che potrebbe ostacolare il collo
vescicale,l’uretra(un intervento chirurgico,un trauma) oppure può essere qualcosa che
agisce a monte sulla contrazione della vescica e quindi una vescica neurologica.
Dobbiamo considerare altre situazioni a livello di ostacolo meccanico xchè ci può
essere un carcinoma della prostata,una prostatite acuta(c’è dolore e febbre) e un
calcolo vescicale(è abbastanza raro).
Il carcinoma prostatico:ha una consistenza duro-lignea,è una ipertrofia della zona
periferica della ghiandola e quello che è importante è il livello di PSA. E’ considerato
uno dei parametri che ci permettono di fare una diagnosi di carcinoma della prostata e
si è dell’idea che, esattamente come nella donna dopo i 40 anni si consiglia di fare la
mammografia, nell’uomo si dovrebbe fare il PSA anche xchè x la sua collocazione,in
genere sui lobi,la sintomatologia è tardiva e si determina solo quando il
coinvolgimento è esteso.(PSA valore normale fino a 4 ng / ml).
Nell’ipertrofia prostatica si usa l’inibitore della 5 a- reduttasi oppure può essere utile
in una situazione più avanzata una resezione transrettale della prostata.
P.S.: scusate x il ritardo…buono studio!!
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PAOLA
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