TIPOLOGIA ISCRIZIONI GRECHE Decreto di fondazione per Brea L

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TIPOLOGIA ISCRIZIONI GRECHE
Decreto di fondazione per Brea
L'epigrafia è comunemente definita come la scienza che studia le iscrizioni e le iscrizioni per
eccellenza sono normalmente quelle incise su pietra. In effetti la scrittura su pietra rappresenta la
maggior parte della documentazione epigrafica antica soprattutto per la facilità, rispetto ad altri
materiali, con cui è arrivata fino a noi. Il tipo di monumento che più frequentemente troviamo
collegato al concetto di epigrafe è la stele, cioè un blocco parallelepipedo, spesso di pietra pregiata,
come il marmo, predisposto per ospitare un testo anche molto lungo. Nel mondo greco non sempre
il suo scopo era quello di 'farsi leggere': a volte era semplicemente quello di esistere, cioè di
testimoniare che un provvedimento, un decreto o una legge era stato emanato. Come si può vedere
da questa immagine di un famoso decreto ateniese con il quale veniva decisa la fondazione di una
colonia a Brea (IG I3 46, ca. 446/45 a.C.) la scrittura poteva inoltre essere disposta in modo da
apparire inserita in un reticolato sì che le lettere sono allineate anche in senso verticale. Questo
modo di incidere le epigrafi, diffuso soprattutto ad Atene e in altre località, come Lesbo o Samo, tra
il V e il IV secolo a.C. è definito stoichedon, cioè 'in fila' e, come si vede, non rendeva certo la
lettura agevole poiché esaltava al massimo grado la caratteristica della scrittura antica, cioè la
scriptio continua in cui non c'è alcuna soluzione di continuità, né tra le parole, né tra le frasi. Per
contro le iscrizioni stoichediche sono relativamente più facili da integrare, qualora non siano
conservate completamente, perché avendo anche una sola linea completa è possibile sapere quante
lettere mancano da qualunque altra, dato che il loro numero, a differenza delle altre iscrizioni, è
sempre uguale.
Base da Corinto
L'uso delle pietre rappresentava il più comune 'investimento' per garantire un futuro ai messaggi
ritenuti degni di una durata eterna. Ma questo materiale e la sua lavorazione, costava talora anche
molto denaro pertanto già nell'antichità le pietre lavorate venivano riutilizzate sia come blocchi di
costruzione sia per ospitare testi differenti.
È il caso di questa base, visibile nell'agorà di Corinto, sulla quale sono ancora ben leggibili due
grandi lettere y e b e una hedera distinguens, un segno d'interpunzione comune in età romana, ma
che presenta i segni dell'accurata erasione di quanto era stato inciso in precedenza. La base dunque
aveva ospitato il testo di uno yhvfisma boulh'", psephisma boules, cioè di una delibera del consiglio
cittadino, che, forse ormai privo di attualità o perché superato da un altro decreto era stato
cancellato; la pietra che ne aveva reso pubblico il testo venne però preparata di nuovo per uno scopo
analogo, senza poi venire più usata.
Iscrizioni murali a Delfi
L'impulso a lasciare memoria scritta di un atto o di una decisione nasceva spesso dalla pratica
religiosa e difatti i luoghi di culto e specialmente i grandi santuari hanno restituito un'
impressionante quantità di epigrafi incise su oggetti votivi, di grandi proporzioni come statue,
colonne o monumenti architettonicamente complessi, ma anche di modesto valore; in alcuni casi poi
le epigrafi sono state tracciate sulle pareti degli edifici di culto o, come nell'esempio che si può
vedere, degli edifici che custodivano le offerte votive di una comunità: qui si tratta del Tesoro degli
Ateniesi a Delfi, costruito per commemorare la vittoria di Maratona (Paus., X, 11,5), e sulle cui
pareti vennero lasciate memorie delle celebrazioni in onore di Apollo Pizio (si veda qui sul blocco
inferiore una parte dell’iscrizione (FD III, 2, 12) relativa alla Pythaide del 128 a.C., mentre sul
blocco superiore, in lettere più piccole e meno curate, FD III, 2, 28 relativa alla Pythaide del 106
a.C.).
Epigrafe sepolcrale da Demetrias
Le epigrafi greche ci appaiono per lo più come solcature sulla pietra spesso di difficile decifrazione
per le piccole dimensioni delle lettere e per lo scarso contrasto che i tratti incisi su pietre molto
scabrose o molto bianche riescono a dare alla scrittura. In antico però queste difficoltà non erano
così condizionanti perché di solito le iscrizioni venivano colorate, in rosso o in nero, in modo da
far risaltare la scrittura attraverso un'operazione che è definita 'rubricatura'. Inoltre spesso le epigrafi
erano accompagnate da raffigurazioni o decorazioni dipinte sulla pietra, oggi quasi sempre
scomparse per la fragilità dei colori antichi, sottoposti all'usura delle condizioni climatiche e in
genere di cattiva conservazione.
Un'eccezione particolarmente fortunata, perché appartenente alla Grecia continentale, è
rappresentata dal nucleo di 349 epigrafi sepolcrali rinvenute a Demetrias, in Tessaglia, dove erano
state usate in antico come riempimento nella fondazione delle torri di una cinta fortificata: le stele
sepolcrali, ora conservate nel museo di Volos, presentano infatti ancora la coloratura delle lettere,
che le rende perfettamente leggibili sul fondo chiaro della pietra, e inoltre sono ancora decorate
dalle scene di vita quotidiana o di devozione funeraria che vi furono dipinte in origine. Ne è un
esempio questa stele di Demetrios figlio di Olympos (Olynpos, secondo la grafia del momumento),
che come le altre può inoltre essere datata tra due termini cronologici certi: il 293 a.C., anno della
fondazione di Demetrias da parte di Demetrio Poliorcete, e il 168 a.C., anno dell'edificazione delle
mura difensive da parte di Perseo.
Ostraka dall'agorà di Atene
Esempi di ostraka (frammenti ceramici) trovati ad Atene che documentano quella particolare
istituzione anti-tirannica chiamata appunto ostracismo. I cocci iscritti si presentano infatti graffiti
spesso sulla vernice di frammenti, come nelle immagini che mostrano ostraka di Temistocle,
Cimone, Pericle, ( pericle in alto a sinistra, Temistocle in alto a destra, Cimone in basso) conservati
nel museo dell'Agora ateniese. L'epoca in cui l'istituzione fu utilizzata, il V secolo a.C., spiega
l'alfabeto arcaico impiegato per incidere i nomi e patronimici o demotici (come nel caso di
Temistocle) di coloro per cui si votava l'esilio.
Decreto ateniese su rame
IG3 I, 48 bis: decreto probabilmente degli anni 440-430 a.C., sicuramente molto lacunoso trovato
sull'Acropoli e redatto su rame; vi è nominato Menites, figlio di Cimone che compare come
proponente.
Maledizioni
Tra le epigrafi legate al mondo della religiosità popolare figurano le maledizioni, preferibilmente
incise su lamine di piombo, arrotolate o piegate, e fissate da un chiodo (da cui la denominazione
latina di tabella defixionis) oppure come nel caso della maledizione esposta al British Museum,
racchiuse una contro l'altra, come un dittico. La maledizione si accompagnava talvolta ad altri
strumenti che ne rafforzavano il potere (l'immagine dell'avversario colpita da chiodi, come
nell'esempio qui riportato) e per lo più veniva sepolta nel terreno, a diretto contatto con le potenze
ctonie. Come per le altre iscrizioni magiche la loro funzione non prevedeva tanto il fatto di essere
lette da qualcuno, quanto di essere uno strumento di comunicazione con le potenze divine, evocate e
scatenate su nemici, rivali, fedifraghi ecc. A questa particolare ritualità apparteneva la scelta del
materiale, più comunemente il piombo, ma anche l'oro o l'argento, tutti facilmente lavorabili e più
resistenti del bronzo o del ferro agli agenti esterni.
Bolli di anfore
La terracotta si prestava anche ad essere iscritta tramite la bollatura con un timbro prima della
cottura. Questa tecnica fu usata dai greci soprattutto per marcare oggetti prodotti in serie, come le
tegole o le anfore. In queste la bollatura era apposta per lo più sulle anse, raramente sul collo ed era
costituita da almeno un marchio che comprendeva spesso un'iscrizione contenente solitamente
l'indicazione della magistratura eponima e spesso anche da un secondo bollo con l'indicazione del
nome del fabbricante delle anfore. La maggior parte dei bolli di anfora greci è attribuibile al
commercio di vino da parte di Rodi, ma sono ben conosciute anche le bollature di Cos, Cnido e
Taso; il loro numero approssimativamente supera i centomila esemplari. Qui è riprodotto un bollo
rodio della collezione dell'Università Cattolica di Milano con il nome del sacerdote di Halios,
eponimo di Rodi, Pausanias, vd. L. Criscuolo, Bolli greci e romani, Bologna 1982, n. 63.
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