Diritto privato della Comunità europea Giannantonio Pennacchio 2

Diritto privato della Comunità europea
Giannantonio Pennacchio
2 cos’è il diritto privato comunitario
L’attività fondamentale e basilare di adeguamento degli ordinamenti degli Stati membri alle direttive
comunitarie, sono l’unificazione, l’uniformazione e l’armonizzazione del diritto.
-Unificazione:si ha in virtù di un unico organino legislativo (Parlamento e consiglio UE) unita
all’attività giurisdizionale, per garantire univocità del diritto.
-Uniformazione: si ha l’emanazione legislativa da un solo organo comunitario, ma l’interpretazione
si lascia comunque agli organi giurisdizionali di ciascun Paese.
-Armonizzazione:Tutte le volte in cui si stabilisce che le regole giuridiche i ciascun Stato siano solo
tendenzialmente uniformi, e si lascia che ciascuno possa apportare delle varianti più o meno ampie, ma mai
tali da stravolgere il modello di base-> armonia con diritto interno
3 L’unificazione e l’uniformazione delle regole
Tra gli esempi più eclatanti ci sono concetti elaborati già nei trattati di Roma.
Abbiamo al formazione di Consiglio e Commissione che elaborano concetti nuovi, ed un organo
giurisdizionale che garantisce la nomofilachia.
Per essere uniforme, un documento non deve essere solo approvato dalle rappresentanze nazionali, ma deve
esservi uniformità di interpretativa.
4 armonizzazione delle regole
Avviene attraverso 2 fasi principali:
-si revisionano le regole già presenti nei diversi ordinamenti, “limandole” ed adattandole ai
diversi contesti comunitari.
-Proponendo un nuovo modello base unitario
L’attività di armonizzazione del diritto può definirsi:
-Frammentaria: prende in oggetto le singole fattispecie
-Incompleta: spesso lascia “inalterate” questioni profondamente legate ai temi dell’armonizz.
-Parziale: Perché la nuova regolamentazione non sempre si sostituisce a quella vecchia
5 I risultati e gli effetti sui diritti nazionali. Effetti diretti ed indiretti
L’attività degli organi comunitari, ha effetti diretti ed indiretti.
-Indiretti: nascono dall’unione del vecchio e nuovo diritto, tuttavia non costituendo un
obbiettivo del legislatore.
-Diretti: diretta conseguenza di un obbligo dato da un precetto comunitario; ovvero dopo
un’importante decisione della corte di giustizia, lo stato uniforma il suo diritto.
6 Comunitarizzazione dei diritti nazionali
Espressione che indica fenomeni diversi, accomunati dall’impronta comunitaria.
(diritto agrario,del lavoro ecc…) e non solo il Diritto Privato.
Intesa nell’ambito del diritto privato internazionale, lascia intendere quel complesso di regolamenti
finalizzati alla risoluzione di conflitti tra stati membri (in ambito Dir. Privato).
Molta della produzione giurisprudenziale”autoctona”, è frutto di interpretazione/riproduzione di testi
comunitari (Vedi legge antitrust italiana, che riproduce fedelmente il modello UE).
Il Legislatore UE impone i criteri per interpretazione nazionale.
7 le aree giuridiche interessate
L’obiettivo primario della comunità, è la realizzazione di un mercato comune con le 4 liberta
(circolazione di beni, servizi, persone, capitali).
Le aree interessate all’armonizzazione sono:
A) Il diritto alla concorrenza: attività esclusiva della commissione, tramite l’uso delle decisioni.
(La CDG come organo di ricorso).
B)il diritto delle società: comprende un grande numero di istituti, regolato da direttive e regolamenti.
C)Il diritto di contratti: le direttive sulle clausole abusive, stipulati fuori dei locali comm.li, sull’acquisto
di immobili e multiproprietà
D) la responsabilità civile: responsabilità del produttore derivanti da prodotto difettoso
E)Diritto di proprietà industriale:diritto di brevetto e tutela del software/diritto d’autore
8 l’uso del metodo comparatistico nell’elaborazione del nuovo diritto
La comparazione tra ordinamenti è fondamentale per valutare la presenza di principi comuni, nei
differenti oridnmanenti.-> attività comparativa inizia con l’armonizzazione del diritto.
L’armonizzazione necessita la conoscenza della diversità.
Il Diritto comunitario è frutto di mediazione e comparazione tra modelli dei vari stati membri.
CAPITOLO 2 – LA TRASPOSIZIONE DEI CONCETTI
1. Il problema della lingua
Linguaggio:usato x scambiare idee, messaggi, concetti.
Ogni ordinamento è munito di un suo bagaglio di termini giuridici, che talvolta possono essere recepiti in
modo scorretto.
L’errato apprendimento può essere dato da errori di traduzione, oppure dall’assenza di un determinato
termine, in un determinato ordinamento.
Risulta quindi più facile assimilare un concetto nuovo (vedi antitrust) che tradurre un concetto già
esistente (non si può tradurre l’essenza di una norma, se non si conosce il contesto giuridico).
2 Termini vecchi per concetti nuovi
Da finire
3 Concetti nuovi
Concetti nuovi sviluppati dalal comunità, non rimangono confinati nella dottrina giurisprudenziale, bensì
possono tramutarsi in un elemento sussidiario per la risoluzione di conflitti interni.
Alla luce della supremazia della norma comunitaria, il legislatore dovrà conoscere ed utilizzare la vasta
dottrina Comunitaria(dottrina della CDG e decisioni della commissione).per la risoluzione di
controversie legate al diritto privato.
La comunità elabora dottrina giurisprudenziale, mirando agli obbiettivi del trattato, e fungendo da
propulsore per la circolazione di modelli.
CAPITOLO 3 – LE FONTI
1 premessa
Il diritto comunitario è in continuo mutamento;se manca la consapevolezza dell’origine comunitaria
della norma interna, difficilmente si potrà avere un’interpretazione conforme.
2 il principio di sussidiarietà
Gli obiettivi principali dei trattati di roma del 57, erano le 4 libertà, successivamente con altri trattati
(principalmente con Maastricht del 92), si arrivò ad un alto livello integrativo tra stati, non soltanto
limitato al marcato, ma anche a ricerca,sviluppo,tutela contrattuale ecc…).
La corte di Lussemburgo sancisce la supremazia della norma comunitaria, su quella nazionale,
imponendo alla giurisdizione interna, di disapplicare le leggi nazionali, in caso di incompatibilità.
L’intervento comunitario deve essere limitato soltanto agli obbiettivi da raggiungere, senza spingersi
oltre le prerogative statali.
Esistono tuttavia competenze esclusive(dell’CE)e e concorrenti (azione CE e nazionale).
Il principio di sussidiarietà agisce pertanto solo nell’ambito delle competenze concorrenti; la CE si
sostituisce allo stato membro, quando quest’ultimo non sia capace (o riesca in modo poco efficace) a
raggiungere obiettivi prestabilito.
3 Efficacia dei regolamenti
Oltre al trattato di Roma, gli altri strumenti istituzionali sono:
Regolamenti:Diretta applicabilità & portata generale (per stati e cittadini)
La legge nazionale in contrasto con la normativa CE (cfr. art 10 cost) sarà da considerare
incostituzionale, e quindi dovrà essere disapplicata.
4 la diretta applicabilità delle norme del trattato
Il trattato ha valore precettivo e attribuisce ai singoli dei diritti, che gli stessi giudici nazionali, sono
tenuti a tutelare in qualunque giudizio.
Ogni giudice nazionale ha il dovere di applicare le norme del Trattato CE, possiede precetti
immediatamente eseguibili.
5 La supremazia delle norme del trattato sul diritto interno
I trattati di roma, non avevano dato motivazioni giuridiche per la supremazia sul diritto nazionale.
Nel caso una norma comunitaria venga emanata successivamente ad una nazionale, si applica il principio
che “una nuova regola, abrogherà necessariamente quella precedente”
Nel caso di una norma interna successiva a quella comunitaria, vi è copertura costituzionale (art. 10),che
rende incostituzionale tutte le norme in conflitto, ed anche dal trattato CE.
6 La diretta applicabilità dei regolamenti
Principio: nessuna norma statale può ostacolare la norma comunitaria
7 La supremazia dei regolamenti sul diritto interno
PrincipioIl diritto comunitario è gerarchicamente superiore
8 Le direttive
Fissano un termina entro il quale lo Stato una volta scaduto il termine entro il quale lo Stato ha l’obbligo
di conformarsi, non esiste un rimedio all’inadempimento dello Stato.
Finché non vengano attuati provvedimenti legislativi di attuazione, le direttive non sono attive.
Non esiste uno strumento coercitivo CE (in caso di inadempienza).
Per ovviare al problema, la giurisprudenza CE, obbliga lo Stato in caso di inadempienza, al risarcimento
danni, dovuto dalla non applicazione della normativa.
9 Le decisione della commissione
Anche le decisioni hanno carattere vincolante (ma portata individuale e non generale).
Si indirizzano a più soggetti (Persone fisiche,Enti, società, Stati Membri);servono a dare concreta
attuazione delle norme comunitarie.
10 sentenze della corte di giustizia
Corte di giustizia e tribunale di I grado sono organi giurisdizionali.
Vigilano sul rispetto della norma CE in ambito nazionale;devono essere visti come parte integrante del
sistema giurisdizionale italiano.
CAPITOLO 4: L’ADEGUAMENTO DEL IRITTO INTERNO AL DIRITTO COMUNITARIO
1 La legge comunitaria
Costituisce diritto interno degli stati membri, tramite 2 strumenti:
Regolamenti e norme del trattato CE: immediatamente attuati nella normativa nazionale (Self executing)
Direttive: devono essere attuate dal legislatore nazionale.
Prima del 1989, L’Italia era una delle ultime ad attuare le direttive comunitarie, e per questo venne emanata
la legge “la pergola” (poi Legge buttiglione)
Tale legge prevedeva questo modo
Il ministro per le politiche comunitarie, dopo aver verificato la compatibilità diritto interno/normativa CE
sottoponeva al Consiglio dei ministri, un disegno di legge recante l’indicazioni di tutte le direttive per le
quali è scaduto, o sta per scadere il termine.
La legge Comunitaria, ha 4 ordini di provvedimenti:
1)disposizioni che modificano direttamente le norme interne
2)disposizioni che costituiscono attuazione immediata delle direttive
3)disposizioni che concedono al governo di attuare mediante decreti legislativi alcune direttive
4)disposizioni che autorizzano al governo di attuare in via regolamentare altre direttive
L’approvazione con cadenza annuale è molto importante per il nostro ordinamento, poiché molte direttive
riguardano materie come il diritto privato.
2 I rimei alla mancata attuazione delle direttive
Da finire
3 I soggetti tenuti ad applicare le direttive non attuate
Attualmente il numero di soggetti tenuti ad applicare la normativa CE è molto vasto:
Enti territoriale, uffici comunali, PA in generale: sono tenuti a disapplicare tutte le norme contrastanti con la
normativa Comunitaria.
4 L’efficacia verticale e orizzontale delle direttive non attuate
Da finire
5 L’interpretazione conforme
L'obbligo di interpretazione conforme consiste nell'obbligo gravante sul giudice nazionale (e su ciascun
interprete del diritto nazionale) di prendere in considerazione tutte le norme del diritto interno ed utilizzare
tutti i metodi di interpretazione ad esso riconosciuti per addivenire ad un risultato conforme a quello voluto
dall'ordinamento comunitario;[1] esso discende dal principio di leale collaborazione tra gli organi e gli stati
della Comunità Europea.Consiste, in estrema sintesi, nell'interpretare il diritto interno nazionale
conformemente a quello comunitario e assicura il continuo adeguamento del primo al contenuto ed agli
obiettivi dell’ordinamento comunitario.
È attraverso questo obbligo che gli atti privi di efficacia diretta possono assumere rilevanza all'interno dei
singoli ordinamenti nazionali, in quanto possono "suggerire" al giudice una interpretazione conforme al loro
disposto.
Secondo una tesi, esso sarebbe uno degli elementi dell'acquis comunitario.
Nella nota sentenza del 16 giugno 2005, relativa al procedimento C-105/03,[2] l'obbligo sussiste anche per le
decisioni quadro nell'ambito del terzo pilastro dell'Unione europea (Giustizia e Affari Interni).
Il giudice è dispensato da tale obbligo solo se non ha alcun margine di discrezionalità nell'interpretare la
norma nazionale, in caso contrario deve preferire quella più vicina a quella comunitaria.
Se l'atto è una direttiva l'obbligo scatta solo dopo la scadenza del termine di attuazione.Inoltre se da tale
interpretazione può scaturire un aggravamento della responsabilità penale dell'individuo questa è vietata tout
court (costituirebbe una violazione del principio generale del favor rei).
6 Il risarcimento del danno per mancata attuazione
Il cittadino che abbia subito danni dalla mancata attuazione di una direttiva CE, può essere risarcito con una
somma di denaro, pari al danno che ha subito dall mancata attuazione;tutta la dirett.. deve avere 3 elementi:
1)Implichi diritti a favore di singoli 2)contenuto preciso e determinato 3)nesso di violazione con lo stato
Il singolo cittadino europeo, può chiedere i danni al giudice nazionale, che dovrà condannare lo stato a
pagare i danni.
CAPITOLO 5 – LA CIRCOLAZIONE DELLE REGOLE E MODELLI
1 premessa
Questo fenomeno implica lo spostamento di un modello giuridico da uno stato all’altro (questo x molteplici
fattori).
In primis vi è un naturale travaso di regole da un Paese all’altro, che si somma alla circolazione messa in atto
dalla CE, che scelgono il modello giuridico di imporre. (solitamente viene imposto il modello dello stato più
influente nella comunità).
In secondo luogo dalla combinazione del lavoro nazionale e comunitario.
La circolazione dei modelli, cessa di essere tale, per trasformarsi invece in uno strumento mirato alla
creazione di un nuovo diritto europeo, distinto ed autonomo da quello interno dei vari Paesi membri.
2 Creazione e circolazione di principi generali
Tutti i principi giuridici, sono dotati di principi generali (formalmente scritti o di carattere consuetudinario).
La Corte di giustizia individua questi caratteri, per formulare sempre più principi caratterizzanti del diritto
Europeo
3 La circolazione di modelli intracomunitari
Le norme emanate da una direttiva, sono quasi sempre frutto di dottrina giurisprudenziale di un paese
Membro.
Quindi possiamo asserire, che la comunità “non crei” mai nulla di nuovo, bensì attinge da vari ordinamenti
interni, con leggi già vigenti.
4 la ricezione di modelli Extracomunitari
Talvolta gli organo comunitari, possono attingere norme, anche da altri ordinamenti extracomunitari.
I modelli extracomunitari adottati, sono sempre di origine nordamericana.
5 corte di giustizia, corti nazionale e circolazioni di modelli
Dopo la scelta del modello, da parte della CID, il modello “ridiscende” nella normativa nazionale, grazie alle
corti nazionali, questo fenomeno è manifestazione di armonizzazione,ancora più importante dell’attuazione
delle direttivi.
Segno della formazione di una coscienza europea, attorno ad un nucleo comune.
6 I modelli di compromesso
Un “nazionalismo”giuridico(cultura e tradizione giuridica) talvolta, porta ad osteggiare modelli esterni,
spesso questa resistenza viene effettuata da paesi più influenti.
7 la competizione tra modelli
La circolazione tra modelli, è uno strumento utile ed affidabile.
La Gerarchia europea di fonti, ormai è stata ampiamente assimilata da tutti gli stati; se vi sono “resistenze”
alla direttiva, sono quasi sicuramente di natura economica, essendo la politica CE, costantemente alle prese
con il problema del mercato unico.
CAPITOLO 6 – LA RINASCITA DEL DIRITTO COMUNE EUROPEO
1 Diritto comunitario, diritto comparato e diritto europeo
Il processo di armonizzazione legislativa, porta ad una omogeneizzazione culturale e di mentalità.
Le diverse tradizioni giuridiche (vedi civil law e common law), possono portare a contrasti, per questo si è
cominciato a parlare di diritto privato europeo,con un comune quadro di riferimento., con lo scopo di
eliminare eventuali ostacoli per le 4 libertà.
Ci si trova tuttavia, di fronte a 2 fenomeni giuridici distinti, uno settoriale (aspetti precisi del diritto privato
comunitarizzato) e dall’altro, il diritto Europeo, che vorrebbe toccare più aspetti giuridici.
2 ritorno allo jus comune
Un eventuale diritto privato europeo, può facilmente rievocare il periodo giustinianeo, con tutto ciò che
comportò (glossatori e rielaborazione secolare di questo testo).
3 Lex mercatoria e le altre prassi Unificanti
La Lex mercatoria è un sistema di norme e regole di tipo consuetudinario, nate in forma spontanea tra gli
appartenenti a determinati settori commerciali (ad esempio nel settore del credito, dei trasporti di merci o
persone, delle assicurazioni ecc., e più recentemente nelle transazioni informatiche), finalizzato alla
regolamentazione di rapporti contrattuali ed extracontrattuali aventi elementi di internazionalità. (possiamo
parlare di diritto comm.le internazionale).
Si tratta di un diritto spontaneo nato tra i soggetti operanti in specifici settori economici ed avente per scopo
la fissazione di regole certe al fine di evitare controversie legali, o, comunque, favorirne la risoluzione una
volta che siano insorte, in ambiti caratterizzati da un alto tasso di internazionalità (per esempio i trasporti
aerei, o marittimi internazionali), in maniera tale da evitare la regolamentazione esclusiva tramite la
normativa di diritto internazionale privato propria degli Stati interessati, o tramite quella convenzionale, le
quali potrebbero portare a gravi problemi di coordinamento in sede applicativa davanti all'organo giudicante
investito della cognizione (sia esso giudice o arbitro).Può essere considerato come un ordinamento giuridico
relativo a specifiche categorie di operatori che si fonda sulla sua effettività sostanziale.
4 Le Iniziative per l’unificazione: codice, restatement o raccolta di principi
Il diritto dei contratti (vedi lex marcatoria) appare maggiormente suscettibile ad essere unificato,trascinando
tradizioni storiche e culturali. contract law
Vari tentativi di unificazione del diritto contrattuale:
-il gruppo pavese
Primo tentativo di unificazione a livello europeo, venne effettuato presso l’università di Pavia dopo un
incontro di studio in materia, finalizzato a creare un codice contrattuale europeo.
Il testo di base era il codice civile italiano (via di mezzo tra modello tedesco e francese).
-progetto Mc gregor
La divisione tra civil e common law, di 2 modelli di base da adottare congiuntamente, Codice Civile
Italiano(libro IV), e l’opera “contract code” del giurista inglese mc gregor, che mediò tra modello inglese e
scozzese.
5 Prospettive del diritto privato europeo: una unificazione difficile
La diversità di ordinamenti, porta a settorizzare le competenze CE, solo in alcuni ambiti del diritto privato.
CAPITOLO 8 – LA TUTELA DEL CONSUMATORE E IL DIRITTO DEI CONTRATTI
1 la tutela del consumatore tra politica economica e politica sociale
Il consumerism indica il movimento sociale e politico volto a rivendicare il ruolo centrale del cittadino e la
sua protezione nello stato moderno.
In Italia la tutela del consumatore, vede il suo ingresso con le prime direttive europee in materia.
Il Libro verde è una comunicazione con la quale la Commissione Europea illustra lo stato di un determinato
settore da disciplinare e chiarisce il suo punto di vista in ordine a certi problemi; fa parte dei c.d. atti "atipici"
previsti ma non disciplinati dal Trattato CEE, questo tipo di comunicazioni possono avere carattere
informativo, decisorio, dichiarativo o interpretativo, ed è sottoposta al regime di pubblicità.
Secondo la definizione ufficiale riportata sul portale dell'Unione Europea[1]
« i Libri verdi sono documenti di riflessione su un tema politico specifico pubblicati dalla Commissione.
Sono prima di tutto documenti destinati a tutti coloro - sia organismi che privati - che partecipano al
processo di consultazione e di dibattito »
Inoltre questi documenti sono pubblicati anche dalle amministrazioni regionali[2] e dal governo italiano.[3]
Inizialmente il colore prescelto fu il bianco: tant'è vero che che la prima pubblicazione assimilabile
all'attuale libro verde viene pubblicata nel maggio del 1984 ed è intitolata Televisione senza frontiere: libro
bianco sull'istituzione del mercato comune delle trasmissioni radiotelevisive, specialmente via satellite e via
cavo. Successivamente per libro bianco si intese un documento contenente proposte di azione.
3 Le aree giuridiche interessate
Consumatore è un’espressione usata con diversi significati nelle varie direttive, a seconda dell’opera che si
vuole disciplinare.
Corte costituzionale e di giustizia, danno una restrittiva interpretazione di consumatore, considerando solo la
persona fisica.
Gli interventi europei per tutelare il consumatore, si concretizzano in 2 tipologie, tutele di salute, ed
economiche(figure contrattuali ed assicurative).
5 La nuova divisione
La dottrina vede generalmente il consumatore come la “parte debole”, messo in condizione di “prendere
lasciare”, per questo l’intervento correttivo CE, è stato visto più volte come fattore di disturbo.
6 Ragioni e limiti della tutela
La tutela del consumatore è di ordine giuridico ed economico.
Anche il legislatore italiano considera il consumatore contraente debole, tenendo presente però, che spesso
l’imprenditore può per necessità essere contraente debole.
Il contraente debole, può tutelarsi con questi strumenti: A)azione di rescissione B) ANNULLAMENTO
7 Modalità di intervento e nuove tecniche di tutela.Le norme rilevanti
Il legislatore può effettuare 2 tipi di intervento:
Verticale:o settoriale, quando riguarda un particolare contratto o operazione economica (vedi direttive sui
viaggi tutto compreso).
Orizzontale:quando regola alcune caratteristiche generali della contrattazione, indipendentemente dal tipo di
operazione economica (vedi direttiva sulle clausole abusive).
Tutti gli interventi verticali delle direttive, si sono concretizzati con le seguenti tutele:
diritto di recesso: di “ripensamento”, che sospende temporaneamente i suoi effetti”
diritto di informazione:trasparenza
Diritti specifici: del contraente
Elementi essenziali del contratto: correttezza contrattuale
8 Le clausole Vessatorie
Sono clausole che comportino un disequilibrio tra le parti.
Quasi sempre queste clausole sono contenute in moduli prestampati; il consumatore non può discutere il
contratto, ma solo accettarlo o rifiutarlo; l’uso è sempre più frequente
La direttiva n.93/13 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, prevede quello
che riguarda la sua tutela.
La normativa si applica solo ai contratti stipulati tra un consumatore e un professionista.
Il concetto di “clausola abusiva” è una novità nel nostro ordinamento, ed è da considerarsi tale, in caso di
squilibrio tra le parti; altro principio introdotto, è quello della trasparenza.
La sanzione da applicare in caso di clausole abusive, è lasciata alla discrezionalità dello stato membro.
Naturalmente sarà il giudice nazionale dovrà giudicare l’eventuale vessatorierà di una clausola.
La normativa italiana in merito, si limita a considerare inefficaci i contratti contenenti queste clausole,dopo
la valutazione del giudice.
9 contratti stipulati fuori dei locali di commercio
Introdotta nel 92, si rivelò una vera innovazione,nel campo giuridico nazionale.
L’oggetto della disciplina, sono tutti quei contratti, predisposti da un imprenditore, contenuti in moduli o
formulari, che vengono sottoposti alla firma di un contraente colto di sorpresa, spesso sulla porta di casa e
quindi impretapato; spesso i contraente viene “vinto” dalla capacità persuasiva del venditore, firma il contr.
LA direttiva introduce: 1)Diritto di recesso:Entro 7 giorni il contraente può recedere dal medesimo
2)Diritto d’informazione:trasparenza;se non effettuata diritto di recesso fino a 60 giorni
Con il recesso, deve essere restituita la merce.
10 I contratti di viaggio
Una direttiva introdotta nel 95, regolamenta i pacchetti di viaggio “tutto compreso” (almeno trasporto+hotel).
Deve essere redatto in forma scritta, ed in termini chiari e precisi.
La revisione contrattuale è prevista in caso di variazioni di costo tasporto, carburante ecc. (e deve essere
prevista la revisione).
Risarcimento danni In caso di danni materiali e morali,dovuti all’inadempimento.
11 l’acquisto in multiproprietà
Tutela dell’acquirente per un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili.
Deve essere riportata nel contratto (in modo chiaro-> trasparenza)
A) elementi costitutivi del contratto B)modalità di recesso
Questi 2 elementi, si dovranno inserire nei singolio contesti dello stato membro che dovrà adottarla.
I 3 elementi costitutivi della normativa sono:
A)Fornire informazioni dettagliate all’acquirente in sede di trattative
B)Regole sul recesso
C)Divieto di versare acconti prima del decorso del termine utile del diritto di recesso.
La direttiva sembra preoccuparsi sulla tutela di “trattativa” e non sulla sicurezza.
12 I contratti negoziati a distanza
La direttiva del 98 fissava questi obiettivi:
-consolidare il mercato interno
-armonizzazare le discipline tra differenti ordinamenti
-tutela da vendita aggressiva
-concorrenza
Si considerano contrattazioni a distanza:( telefono,fax,internet, radio ecc…).
Le tutele sono le stesse sulla tutela contrattuale,trasparenza e diritto di recesso affrontate in precedenza.
Il venditore deve fornire alcuni dati essenziali, comemodalita di pagamento, descrizione prodotto,consegna
ecc…
13 I contratti a istanza in materia di servizi finanziari
Saltato
14 La garanzia dei prodotti venduti
La direttiva concernente la garanzia che deve il venditore nella vendita di beni di consumo risale al 99, ed
attuata nel 2002.
La stessa tutela giuridica, viene assicurata in tutti i paesi membri
Viene fatta una distinzione tra garanzia legale e commerciale
Legale:quella prevista dalla legge stessa, in relazione ai difetti della merce acquistata.
Commerciale.ha origine nella volontà del venditore che si fa carico di una espressa responsabilità nei
confronti dell’acquirente con la descrizione precisa dell’oggetto della garanzia nonché degli elementi
essenziali per farla valere.
Oggetto della garanzia legale, sono tutti gli oggetti mobili di consumo, ad eccezione di alcuni (acqua ,energia
elettrica, e beni venduti con procedimento forzato, dall’autorità giudiziaria).
15 il commercio elettronico
L’articolo 15 direttiva 2000/31 dice espressamente che “per assicurare uno
sviluppo senza ostacoli del commercio elettronico, il quadro giuridico deve essere chiaro e semplice,
prevedibile e coerente con le regole vigenti a livello internazionale, in modo da non pregiudicare la
competitività dell’industria europea e da non ostacolare l’innovazione nel settore
La direttiva vuole facilitare la contrattazione elettronica nei vari stai membri (mediante
informazione,trasparenza, recesso ecc), tuttavia sono esclusi dalla tutela della direttiva, tutti gli atti che
necessitino di dell’intervento di un notaio.
16 La firma elettronica
La firma digitale è basata sulla tecnologia della crittografia a chiave pubblica o PKI. Dal punto di vista
informatico essa rappresenta un sistema di autenticazione di documenti digitali tale da garantire non ripudio.
La nozione di firma digitale ha in Italia anche un'accezione giuridica, in quanto individua quel tipo di firma
che può essere apposta ai documenti informatici alla stessa stregua di come la firma autografa viene apposta
ai documenti tradizionali.
La firma elettronica è disciplinata nella direttiva 99/93.
17 La direttiva sull’azione inibitoria e nuovi sistemi di tutela.
La direttiva 98/27 mira ad armonizzare le norme nazionali in materia di esercizio di azioni inibitorie di
pratiche e comportamenti che siano in contrasto con il diritto comunitario.
Il campo d’azione della direttiva, che potrà legittimare l’esercizio dell’inibitoria, è costituito dalla
pubblicità ingannevole.
La direttiva sulle azioni inibitorie è stata attuata in Italia dalla legge intitolata “disciplina dei
diritti dei consumatori e degli utenti”. Nella stessa si indicano i requisiti e le modalità per l’iscrizione delle
associazioni dei consumatori in un apposito registro legittimandole a proporre le azioni.
CAPITOLO 9 – LA RESPONSABILITA’ DEL PRODUTTORE
1 La responsabilità del produttore nei paesi membri prima della direttiva 374 del 1985.
In Italia la giurisprudenza di è destregiatatra responsabilità per colpa e responsablilità oggettiva del
produttore:la responsabilità per colpa oggettiva contiene il limite di dover provare, oltre al danno, la colpa
del produttore, cosa non sempre facile, per cui si è andata affermando una presunzione di colpa non più da
dimostrare da parte del danneggiato, presunzione di colpa legata alla pericolosità intrinseca dle prodotto: se
una cosa è fonte di danno è di per se stessa pericolosa e quindi non c’è l’onere del danneggiato di dover
dimostrare la colpa del produttore,c he è implicita.
Evidentemente questa è una forzatura giuridica, per cui si è cercato di usare un altro gruppo di norme:
1)responsabilità oggettiva, senza possibilità da parte dle produttore di fornire liberatorie
2)responsabilità indiretta o per fatto altrui:è ammesso in questo caso la liberatoriaquando si dimostri che si
sono messi in atto misure ad evitare i danni.
In Francia inizialmente la responsabilità era a cascata all’indietro, per cui il cliente si poteva rivalere
all’indietro sul venditore, che a sua volta si rivaleva sul distributore il quale a sua volta si rivaleva sul
produttore.
Ora nel caso provato che nessuno di questa catena commerciale poteva essere a conoscenza del prodotto il
consumatore si rivale direttamente sul produttore.
In Germania la giurisprudenza garantisce in assoluto il consumatore invertendo l’onere della prova, (il
produttore deve provare di non avere colpa).
In Common Law il consumatore danneggiato ha solo l’obbligo di dimostrareil nesso di causalità tra prodotto
e dann, tuttavia è ammessa la prova del produttore che dimostri la sua non negligenza nella fabbricazione del
prodotto (situazione prima della direttiva 374 el 1985).
2 Gli obiettivi della direttiva 374 del 1985
Il modello comunitario dopo la direttiva 374 è di compromesso, ma comunque tende a limitare la
responsabilità del produttore, fino in alcuni casi ad escluderla
3 aratteristiche della 374 del 1985
A) ambito di applicazione: il produttore responsabile del danno causato da un difetto del prodotto.
la nozione di produttore comprende il produttore id materia prima, il fabbricante del prodotto (e dei vari
componenti), colui che appone il marchio, l’importatore nella UE il fornitore del prodotto quando non è
possibile identificar eil fabbricante.
Per quanto riguarda il difetto la normativa UE definisce difettoso un prodotto che non offre la sicurezza che
ci si deve attendere ragionevolmente da quel prodotto.).
B) Il danno risarcibile:si intende il danno alle persone o alle cose ad esclusione del prodotto difettoso
stesso.
La direttiva non Entra nel merito del danno morale, lasciando la cosa alle regole esistenti nei singoli stati.
C)Onere della prova: per le direttive 374/85 il danneggiato deve solo provare il danno, il difetto ed il nesso di
causalità.
Quindi il consumatore non deve fornire altra prova che il nesso di casualità:
questa è una sorta di inversione della prova,perché il prouttore può solo cercare di dimostrare le circostanze
esimenti al suo obbligo di risarcimento.
D)Cause di esclusione della responsabilità:quando manca il nesso di causalità tra prodotto e difetto, in questo
caso il danneggiato ad avere l’onere della prova.
In ogni caso se il prodotto, anche se risulta difettoso risulta conforme alle regole di costruzione emanate
all’autorità, il prouttore non ha responsabilità.
Conclusioni:
Il modello comunitario tende ad escludere la responsabilità oggettiva, ed è inclinata verso la responsabilità
per colpa.
4 La legge italiana dell’attuazioen della direttiva 371
La direttiva comunitaria, ammette la dottrina nazionale in caso di disciplina interna più favorevole al
danneggiato:questa norma è stata ripresa nel decreto di attuazione italiano,creando però incertezze
interpretative.
Nel 2002 la corte di giustizia ha risolto questa incertezza stabilendo che i diritti del consumatore danneggiato
possono essere limitati nella legge nazionale di recipimento della direttiva
5 l’attuazione della direttiva nei paesi membri
La direttiva sulla responsabilità del produttore è un evidente esempio di difficoltà nell’armonizzare la
legislazione comunitaria.
In effetti nelle singole leggi di attuazione ogni paese ha intepretato ed attuato al direttiva secondo le proprie
tradizioni e cultura, con differenze enormi tra i vari stati.
Così nella stessa definizione di difetto (articolo 6) alcuni paesi hanno formulato un modello di responsabilità
oggettiva, alcuni paesi un modello fonato sul modello di presunzione di colpa.
- per esempio la legge francese afferma che c’è difetto quando il prodotto non offre quella sicurezza
che ci si può attendere
- nella legislazione tedesca il senso del comportamento del produttore è totalmente assente.
- Nella legislazione inglese, oltre al concetto di difetto, si prende inc considerazione l’aspettativa dle
consumatore in riferimento al comportamento dle produttore (istruzioni avvertenze ecc…)
In italia si riproduce la direttiva con aggiunta di circostanze quali “istruzioni alle avvertenze fornite”
valutando il comportamento del produttore. (“il prodotto è difettoso se non offre la sicurezza offerta
normalmente da prodotti simili”)
In conclusione ogni stato è propenso ad introdurre solo regole della sua tradizione giuridica.
L’art 7 della direttiva, consente di escludere dalla responsabilità nel caso la conoscenza tecnica scientifica
non permetta i scoprire un difetto (così detto rischio dello sviluppo).
In definitiva la direttiva non Ha modificato la situazione, per cui ogni stato interpreta secondo le sue
tradizioni, per questo al commissione ha presentato nel 1999 un libro verde sulla responsabilità civile per
danno da prodotti difettosi, per verificare lo stato di attuazione della direttiva nei singoli stati.
In Italia sono poche le sentenze che seguono la direttiva, perché il nostro CC da maggiori opportunità al
danneggiato.
-
6La direttiva sulla sicurezza dei prodotti
La direttiva impone prodotti sicuri a prescindere della tecnica di vneidta, compresa quindi la vendita a
distanza e il commercio elettronico.
-er prodotto sicuro ,’indende quello senza rishci o con rischi minimi compatibili con l’impiego dle prodotto.
-per produttore di intende tutta la catena commerciale/di produzione
Il produttore che violi obblighi di sicurezza è passibile di sanzione sia amministrative che penali.
Per una efficace controllo della sicurezza, si è introdotto un sistema di sorveglianza denominato RAPEX che
coordina l’intervento delle autorità nazionali di controllo, che sono quelle che vigilano sulla sicurezza dei
prodotti e sanzionano comportamenti scorretti.
7 proposta di direttive sulla responsabilità del prestatore di servizi
In un primo momento la proposta(1990) sulla responsabilità sul prestatore di servizio era basata sulla colpa
con l’inversione dlel’onere della prova : il prestatore di servizi doveva dimostrare l’assenza id colpa.
Le soluzioni adottate dai singoli stati hanno avuto una così tale disparità che la comunità ha approvato,
ritirata la proposta del 90, una “risoluzione” sulla sicurezza dei servizidestinati ai consumatori:in questa si
pone l’accento sulla sicurezza dei servizi, ma resta defilato il problema della responsabilità degli operatori.
CAPITOLO 12- LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA
1 origini e ragioni dell’antitrust
È evidente in ambito comunitariol’importanza dle principio dele 4 libertà, principio che ha permesso la
caduta delle dogane.
Ci sono tuttavia correttivi e limitazioni che rendono la concorrenza effettiva:
il contrasto tra libera iniziativa economica e limitazione della libera concorrenza è per questo apparente,
come insegnano gli Usa (fine 800’)con le normative antitrust, regole usate per reprimere atti contrari alla
libera concorrenza.
Sulla base dell’esperienza usatutte gli stati industriali, compresi quelli della comunità, si sono dati regole per
garantire una corretta ocncorrenza, senza però uniformità di programmazione, per cui l’atitrust europeo ha
viaggiato su 2 binari
-Comunitario:con regole varie a certi livelli e dimensioni comunitarie:
-Nazionale:non armonizzato con le regole centrali, ed applicato solo a livello interno.
Solo ultimamemtne, con la globalizzazione delle economie e delle finanze vi è stata via via una tendenza
sempre maggiore all’armonizzazione delle regole nazionali con quelle comunitarie.
2 Le fonti comunitarie per la regolamentazione della concorrenza
Il trattato di roma, da gli strumenti per la corretta e libera concorrenza; Fonti:
A)trattato CEE che riguarda gli accordi tra imprese, lo sfruttamento di una posizione dominanzte, gli aiuti
dlelo stato alle sue imprese
B)Regolamenti del consiglio:il più importante è quello sulla concentrazione delle imprese
C)Regolamenti della commissione:Tra questi si segnala in francesing, contratti di distrizione, e trasferimenti
di tecnologia.
D)Provvedimenti e prassi della commissione:che emana decisioni individuali, ove ci siano irregolarità per
singole imprese (decisioni) ma anche comunicazioni che espimono parere ed orientamento generale (prassi)
E) sentenze della corte di giustizia e tribunale di primo grado
LA corte di giustizia interpreta le norme CEE indicando ai singoli stati le linee guida.
Queste diverse fonti formano il sistema ed il modello di tutela delal concorrenza nella comunità.
Si prevedono 2 modelli possibili:
-controllo: ogni comportamento è ammesso se non è espessamente vietato
-divietoogni comportamento è comunque vietato se contro la libera concorrenza (antitrust)
Il settore della concorrenza usa lo strumento del “regolamento” e non della “direttiva” per una più certa
unificazione del diritto.
3 Lecompetenze della commissione
LA commissione vera protagonista dell’anti trust previene le violazioni, le accerta, e le fa cessare.
Nel caso i accertamentola commissione ammonisce l’azienda interessata, e se questa non ottempera alla
raccomandazione interviene il singolo stat.
Se neanche questo interviene, la commissione adisce la corte di giustizia mediante la procedura d’infrazione
che con sanzioni che saranno:
-Nullita degli accordi
-obbligo di cessazione dell’attività illecita
-ammenda da 1000 ad un milione 50 a 100€ di mora per ogni girono di ritardo.
4 gli accordi tra le imprese
Sono incompatibili con il mercato comune, gli accordi tra imprese che possono pregiudicare il commercio tra
stati membri o falsare il gioco della libera ocncorrenza, sono vietati tutti gli accordi che prefigurano la
creazione di un cartello, ma solo nel caso di connessione con il mercato comune: non si fa riferimento al
mercato nazionale, che lasciato alle singole regolamentazioni, purché i comportamenti in ambito nazionale,
non comportino effetti sul mercato comune.
5 le esenzioni articolo 81
Un comportamento di per se lesivo delle regole della libera concorrenza, ma tuttavia vantaggioso al mercato
ed ai consumatori, può godere di “dispensa” dal divieto.
Il comportamento del 62 prevedeva che la commissione desse deroghe o dispense su richiesta, con il
regolamento del 2003 si è snellita la procedura dando mandato alle autorità nazionali
6 Le attestazioni negative
Su richiesta delle parti, la commissione dichiara inapplicabile,l’articolo 81 per cui ad un accordo
commerciale viene preventivamente data la patente di compatibilità con il mercato DA VEDERE SUL
LIBRO
7 Abuso di posizione dominante (art 82)
È incompatibile:
-lo sfruttamento i una posizione dominante sul mercato comune o su parte sostanziale di questo.
Un’impresa in posizione dominante quando può agire in misura rilevante senza tener conto della
concorrenza.
Perché ci sia posizione dominante non è sufficiente avere predominanza nel mercato, ma tutto dipende dalla
struttura dle mercato stesso, per cui l’abuso di posizione dominante è da analizzare caso per caso.
Nozione di abuso:
-Imposizione di acquisto e di vendita
-limitazione della produzione, a danno del consumatore
CAPITOLO 12 – LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA
8 La fattispecie: gli aiuti degli Stati alle imprese
Sono aiuti concessi dagli Stati alle imprese in modo che “favoriscano talune imprese o talune
produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza” (art. 87 Trattato CE).
Questi aiuti si concretizzano in agevolazioni fiscali,diminuzione imposte,aiuto esportazione, campagne
pubblicitarie per determinate produzioni ecc.
Questi interventi possono alleviare gli oneri che normalmente gravano sul bilancio d’impresa.
Procedimento:
- uno Stato che vuole erogare aiuti alle proprie imprese deve notificare il provvedimento alla
Commissione per ottenere l’autorizzazione;
- se risultano aiuti incompatibili, la Commissione invita lo Stato a non adottare il provvedimento
o a revocarlo se già adottato.
Gli aiuti sono incompatibili quando possano falsare, o minacciare di falsare la libera concorrenza.
Sono sempre compatibili, gli aiuti con finalità sociali, e aiuti per calamità naturali
9 Le fattispecie: Le concentrazioni
Si intende per concentrazione l’operazione di fusione tra due o più imprese oppure l’acquisizione da
parte di una impresa del controllo di un’altra o di altre imprese.
Fino al 1989 le concentrazioni non erano regolamentate, tuttavia con il regolamento antitrust, questo settore
fece la sua comparsa nell’ordinamento Europeo.
Le concentrazioni non devono mai essere incompatibili con la libera concorrenza.
11 la legge antitrust italiana
La legge italiana sulla concorrenza, si basa sulla normativa europea sulla concorrenza, poiché prima questa
normativa era estranea nel nostro ordinamento. (recepimento fedele della normativa).
LA normativa disciplina e sanziona i comportamenti anti-concorrenziali.
12 Rapporto tra regole comunitarie e regole nazionali in tema di concorrenza
Talvolta possono verificarsi problemi in merito alle competenze tra Commissione (che sanziona con
eventuali decisioni), ed autorità nazionale
X esempio un’impresa dominante nel mercato europeo, condannata dall’autorità nazionale(garanti), e
considerata “legittimata” a continuare nella sua attività, dalla corte di giustizia europea.
Questo ha portato alla creazione di 2 correnti giurisprudenziali:
A)Teoria Della Barriera unica:Il diritto Comunitario è sempre prevalente
B)Ordinamenti reciprocamente indipendenti e complementari.
Tuttavia la normativa del 1990 accoglie la teoria della barriera unica(supremazia diritto comunitario).
CAPITOLO 13- LA TUTELA DELLA PRORPIETA’ INDUSTRIALE E INTELLETTUALE
1 I diritti di proprietà industriale e intellettuale nel mercato unico
All’espressione diritti di proprietà industriale ed intellettuale si ricollegano:
- brevetto _ invenzione o modello di utilità
- registrazione _ disegno o modello
- marchio
- diritto d’autore (copyright)
Tali diritti attribuiscono il c.d. diritto di esclusiva, che attribuisce al titolare la possibilità di
sfruttamento economico esclusivo dell’invenzione o della creazione. Tuttavia può capitare che il
titolare del diritto conceda ad altri la sua esclusiva, allo scopo di ampliare il mercato di sbocco del
prodotto oggetto del diritto e incrementarne i profitti.
Dunque i diritti di proprietà industriale consentono al contempo di favorire la libera circolazione ma
anche di porre limitazioni allo sfruttamento del prodotto. In virtù di questa capacità limitativa della
circolazione, i diritti di proprietà industriale assumono anche la dicitura di diritti di privativa.
A livello comunitario, già col Trattato di Roma viene posta attenzione alle tematiche della proprietà
industriale e della libera circolazione di beni tra gli Stati membri _ art. 30 = le restrizioni alla
circolazione dei prodotti sono ritenute lecite si giustificate dalla volontà di tutela della proprietà
industriale e commerciale, a meno che le suddette restrizioni non siano fonte di discriminazione
arbitraria o di restrizione dissimulata tra gli Stati membri.
2 Il Brevetto Europeo e Comunitario
Istituito con la Convenzione di Monaco sul brevetto europeo del 1973, riprendendo le indicazioni della
Convenzione di Strasburgo del 1963.Sebbene si parli di brevetto europeo come se fosse un titolo unitario, in
effetti non è così: sia la domanda che l'esame sono infatti univoci, ma il titolo, una volta rilasciato, diventa
una collezione di brevetti nazionali e conferisce al titolare gli stessi diritti che gli verrebbero conferiti dai vari
brevetti nazionali degli stati designati.I brevetti europei sono concessi dopo un'accurata ricerca dello stato
della tecnica ed un esame di merito che ne verifica i requisiti di brevettabilità.
I requisiti principali di brevettabilità nel Diritto Brevettuale Europeo sono: la novità, l'attività inventiva (non
ovvietà) e l'applicabilità industriale. Inoltre le rivendicazioni devono essere chiare e la descrizione deve
permettere la riproducibilità dell'invenzione.Il Brevetto Comunitario Europeo (C.B.C.) è un titolo brevettuale
unitario valevole per l'intero territorio della Comunità Europea. Questo brevetto è stato istituito con la
Convenzione di Lussemburgo, sottoscritta il 15 dicembre 1975 (da tutti quelli che allora erano gli stati
membri C.E.). Non è però mai entrata in vigore, per le resistenze di determinati Paesi (Danimarca ed Irlanda
su tutti) manifestate dopo la sottoscrizione. Nel corso degli anni numerosi sono stati tentativi di superare la
situazione di stallo, legata soprattutto all'attribuzione esclusiva al giudice comunitario della competenza di
decidere sulla nullità del brevetto. Questo problema è stato superato il 15 dicembre 1988 con la
sottoscrizione di un nuovo testo modificato, ma anche in questo caso la convenzione non è stata ratificata a
causa di problemi di prestigio nazionale legati alla lingua cui dovrebbe essere redatta la domanda di brevetto.
Oggi è stata messa in dubbio anche la necessità di un titolo brevettuale unitario, da valutare in relazione ai
costi e alla flessiblilità del già collaudato Brevetto Europeo.
3 Il marchio comunitario regolamento istituisce un sistema che consente all'Ufficio di armonizzazione del
mercato interno (UAMI) di rilasciare i marchi comunitari. Grazie ad una domanda unica di registrazione
presentata all'UAMI il marchio comunitario acquista carattere unitario, nel senso che produce gli stessi effetti
in tutta la Comunità europea.Qualsiasi segno che può essere rappresentato graficamente (in particolare le
parole, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o della sua confezione) può costituire un marchio
comunitario purché questi segni consentano di distinguere i prodotti o servizi di un'impresa rispetto a quelli
di un'altra. pssono essere titolari dei marchi comunitari le persone fisiche e giuridiche, inclusi gli organismi
di diritto pubblico, e segnatamente:




cittadini degli Stati membri;
cittadini di altri Stati che fanno parte della convenzione di Parigi per la tutela della proprietà
intellettuale (EN), (ES), (FR);
cittadini di Stati che non fanno parte della convenzione di Parigi ma che risiedono o hanno la loro
sede nel territorio della Comunità o di uno Stato che fa parte della convenzione;
cittadini di qualsiasi altro Stato che garantisca ai cittadini degli Stati membri la stessa protezione
garantita ai propri cittadini nazionali.
Sono esclusi, in particolare, dalla registrazione:





i segni che non sono atti a costituire marchi comunitari;
i marchi privi di carattere distintivo;
i marchi composti da segni o da indicazioni divenuti comuni nel linguaggio corrente o nelle pratiche
commerciali;
i marchi incompatibili con l'ordine pubblico o il buoncostume;
i marchi che possono ingannare il pubblico, ad esempio sulla natura, la qualità o la provenienza
geografica del prodotto o del servizio.
Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare
l'impiego a fini commerciali:
5 La disciplina del diritto d’autore
La corte di giustizia ha risolto il problema del diritto d’autore, estendendo il potere normativo antitrust,così
da favorire la libera circolazione delel opere coperte da suddetto diritto.
La commissione ha portato avanti una serie di direttive, volte ad armonizzare in tema di diritti d’autore.
6 La denominazione d’origine Denominazione di origine protetta, meglio nota con l'acronimo DOP, è un
marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito - solitamente per legge - a quegli
alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio
in cui sono prodotti.
L'ambiente geografico comprende sia fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali), sia fattori umani
(tecniche di produzione tramandate nel tempo, artigianalità, savoir-faire) che, combinati insieme, consentono
di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di una determinata zona produttiva.
Affinché un prodotto sia DOP, le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in
un'area geografica delimitata. Chi fa prodotti DOP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel
disciplinare di produzione, e il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo.
Per distinguere anche visivamente i prodotti DOP da quelli IGP, i colori del relativo marchio sono stati
cambiati da giallo-blu a giallo-rosso, suscitando non poche perplessita' tra quanti avrebbero ritenuto più
opportuno che a cambiare fossero i colori del marchio IGP