Diritto privato della Comunità europea Giannantonio Pennacchio 2 cos’è il diritto privato comunitario L’attività fondamentale e basilare di adeguamento degli ordinamenti degli Stati membri alle direttive comunitarie, sono l’unificazione, l’uniformazione e l’armonizzazione del diritto. -Unificazione:si ha in virtù di un unico organino legislativo (Parlamento e consiglio UE) unita all’attività giurisdizionale, per garantire univocità del diritto. -Uniformazione: si ha l’emanazione legislativa da un solo organo comunitario, ma l’interpretazione si lascia comunque agli organi giurisdizionali di ciascun Paese. -Armonizzazione:Tutte le volte in cui si stabilisce che le regole giuridiche i ciascun Stato siano solo tendenzialmente uniformi, e si lascia che ciascuno possa apportare delle varianti più o meno ampie, ma mai tali da stravolgere il modello di base-> armonia con diritto interno 3 L’unificazione e l’uniformazione delle regole Tra gli esempi più eclatanti ci sono concetti elaborati già nei trattati di Roma. Abbiamo al formazione di Consiglio e Commissione che elaborano concetti nuovi, ed un organo giurisdizionale che garantisce la nomofilachia. Per essere uniforme, un documento non deve essere solo approvato dalle rappresentanze nazionali, ma deve esservi uniformità di interpretativa. 4 armonizzazione delle regole Avviene attraverso 2 fasi principali: -si revisionano le regole già presenti nei diversi ordinamenti, “limandole” ed adattandole ai diversi contesti comunitari. -Proponendo un nuovo modello base unitario L’attività di armonizzazione del diritto può definirsi: -Frammentaria: prende in oggetto le singole fattispecie -Incompleta: spesso lascia “inalterate” questioni profondamente legate ai temi dell’armonizz. -Parziale: Perché la nuova regolamentazione non sempre si sostituisce a quella vecchia 5 I risultati e gli effetti sui diritti nazionali. Effetti diretti ed indiretti L’attività degli organi comunitari, ha effetti diretti ed indiretti. -Indiretti: nascono dall’unione del vecchio e nuovo diritto, tuttavia non costituendo un obbiettivo del legislatore. -Diretti: diretta conseguenza di un obbligo dato da un precetto comunitario; ovvero dopo un’importante decisione della corte di giustizia, lo stato uniforma il suo diritto. 6 Comunitarizzazione dei diritti nazionali Espressione che indica fenomeni diversi, accomunati dall’impronta comunitaria. (diritto agrario,del lavoro ecc…) e non solo il Diritto Privato. Intesa nell’ambito del diritto privato internazionale, lascia intendere quel complesso di regolamenti finalizzati alla risoluzione di conflitti tra stati membri (in ambito Dir. Privato). Molta della produzione giurisprudenziale”autoctona”, è frutto di interpretazione/riproduzione di testi comunitari (Vedi legge antitrust italiana, che riproduce fedelmente il modello UE). Il Legislatore UE impone i criteri per interpretazione nazionale. 7 le aree giuridiche interessate L’obiettivo primario della comunità, è la realizzazione di un mercato comune con le 4 liberta (circolazione di beni, servizi, persone, capitali). Le aree interessate all’armonizzazione sono: A) Il diritto alla concorrenza: attività esclusiva della commissione, tramite l’uso delle decisioni. (La CDG come organo di ricorso). B)il diritto delle società: comprende un grande numero di istituti, regolato da direttive e regolamenti. C)Il diritto di contratti: le direttive sulle clausole abusive, stipulati fuori dei locali comm.li, sull’acquisto di immobili e multiproprietà D) la responsabilità civile: responsabilità del produttore derivanti da prodotto difettoso E)Diritto di proprietà industriale:diritto di brevetto e tutela del software/diritto d’autore 8 l’uso del metodo comparatistico nell’elaborazione del nuovo diritto La comparazione tra ordinamenti è fondamentale per valutare la presenza di principi comuni, nei differenti oridnmanenti.-> attività comparativa inizia con l’armonizzazione del diritto. L’armonizzazione necessita la conoscenza della diversità. Il Diritto comunitario è frutto di mediazione e comparazione tra modelli dei vari stati membri. CAPITOLO 2 – LA TRASPOSIZIONE DEI CONCETTI 1. Il problema della lingua Linguaggio:usato x scambiare idee, messaggi, concetti. Ogni ordinamento è munito di un suo bagaglio di termini giuridici, che talvolta possono essere recepiti in modo scorretto. L’errato apprendimento può essere dato da errori di traduzione, oppure dall’assenza di un determinato termine, in un determinato ordinamento. Risulta quindi più facile assimilare un concetto nuovo (vedi antitrust) che tradurre un concetto già esistente (non si può tradurre l’essenza di una norma, se non si conosce il contesto giuridico). 2 Termini vecchi per concetti nuovi Da finire 3 Concetti nuovi Concetti nuovi sviluppati dalal comunità, non rimangono confinati nella dottrina giurisprudenziale, bensì possono tramutarsi in un elemento sussidiario per la risoluzione di conflitti interni. Alla luce della supremazia della norma comunitaria, il legislatore dovrà conoscere ed utilizzare la vasta dottrina Comunitaria(dottrina della CDG e decisioni della commissione).per la risoluzione di controversie legate al diritto privato. La comunità elabora dottrina giurisprudenziale, mirando agli obbiettivi del trattato, e fungendo da propulsore per la circolazione di modelli. CAPITOLO 3 – LE FONTI 1 premessa Il diritto comunitario è in continuo mutamento;se manca la consapevolezza dell’origine comunitaria della norma interna, difficilmente si potrà avere un’interpretazione conforme. 2 il principio di sussidiarietà Gli obiettivi principali dei trattati di roma del 57, erano le 4 libertà, successivamente con altri trattati (principalmente con Maastricht del 92), si arrivò ad un alto livello integrativo tra stati, non soltanto limitato al marcato, ma anche a ricerca,sviluppo,tutela contrattuale ecc…). La corte di Lussemburgo sancisce la supremazia della norma comunitaria, su quella nazionale, imponendo alla giurisdizione interna, di disapplicare le leggi nazionali, in caso di incompatibilità. L’intervento comunitario deve essere limitato soltanto agli obbiettivi da raggiungere, senza spingersi oltre le prerogative statali. Esistono tuttavia competenze esclusive(dell’CE)e e concorrenti (azione CE e nazionale). Il principio di sussidiarietà agisce pertanto solo nell’ambito delle competenze concorrenti; la CE si sostituisce allo stato membro, quando quest’ultimo non sia capace (o riesca in modo poco efficace) a raggiungere obiettivi prestabilito. 3 Efficacia dei regolamenti Oltre al trattato di Roma, gli altri strumenti istituzionali sono: Regolamenti:Diretta applicabilità & portata generale (per stati e cittadini) La legge nazionale in contrasto con la normativa CE (cfr. art 10 cost) sarà da considerare incostituzionale, e quindi dovrà essere disapplicata. 4 la diretta applicabilità delle norme del trattato Il trattato ha valore precettivo e attribuisce ai singoli dei diritti, che gli stessi giudici nazionali, sono tenuti a tutelare in qualunque giudizio. Ogni giudice nazionale ha il dovere di applicare le norme del Trattato CE, possiede precetti immediatamente eseguibili. 5 La supremazia delle norme del trattato sul diritto interno I trattati di roma, non avevano dato motivazioni giuridiche per la supremazia sul diritto nazionale. Nel caso una norma comunitaria venga emanata successivamente ad una nazionale, si applica il principio che “una nuova regola, abrogherà necessariamente quella precedente” Nel caso di una norma interna successiva a quella comunitaria, vi è copertura costituzionale (art. 10),che rende incostituzionale tutte le norme in conflitto, ed anche dal trattato CE. 6 La diretta applicabilità dei regolamenti Principio: nessuna norma statale può ostacolare la norma comunitaria 7 La supremazia dei regolamenti sul diritto interno PrincipioIl diritto comunitario è gerarchicamente superiore 8 Le direttive Fissano un termina entro il quale lo Stato una volta scaduto il termine entro il quale lo Stato ha l’obbligo di conformarsi, non esiste un rimedio all’inadempimento dello Stato. Finché non vengano attuati provvedimenti legislativi di attuazione, le direttive non sono attive. Non esiste uno strumento coercitivo CE (in caso di inadempienza). Per ovviare al problema, la giurisprudenza CE, obbliga lo Stato in caso di inadempienza, al risarcimento danni, dovuto dalla non applicazione della normativa. 9 Le decisione della commissione Anche le decisioni hanno carattere vincolante (ma portata individuale e non generale). Si indirizzano a più soggetti (Persone fisiche,Enti, società, Stati Membri);servono a dare concreta attuazione delle norme comunitarie. 10 sentenze della corte di giustizia Corte di giustizia e tribunale di I grado sono organi giurisdizionali. Vigilano sul rispetto della norma CE in ambito nazionale;devono essere visti come parte integrante del sistema giurisdizionale italiano. CAPITOLO 4: L’ADEGUAMENTO DEL IRITTO INTERNO AL DIRITTO COMUNITARIO 1 La legge comunitaria Costituisce diritto interno degli stati membri, tramite 2 strumenti: Regolamenti e norme del trattato CE: immediatamente attuati nella normativa nazionale (Self executing) Direttive: devono essere attuate dal legislatore nazionale. Prima del 1989, L’Italia era una delle ultime ad attuare le direttive comunitarie, e per questo venne emanata la legge “la pergola” (poi Legge buttiglione) Tale legge prevedeva questo modo Il ministro per le politiche comunitarie, dopo aver verificato la compatibilità diritto interno/normativa CE sottoponeva al Consiglio dei ministri, un disegno di legge recante l’indicazioni di tutte le direttive per le quali è scaduto, o sta per scadere il termine. La legge Comunitaria, ha 4 ordini di provvedimenti: 1)disposizioni che modificano direttamente le norme interne 2)disposizioni che costituiscono attuazione immediata delle direttive 3)disposizioni che concedono al governo di attuare mediante decreti legislativi alcune direttive 4)disposizioni che autorizzano al governo di attuare in via regolamentare altre direttive L’approvazione con cadenza annuale è molto importante per il nostro ordinamento, poiché molte direttive riguardano materie come il diritto privato. 2 I rimei alla mancata attuazione delle direttive Da finire 3 I soggetti tenuti ad applicare le direttive non attuate Attualmente il numero di soggetti tenuti ad applicare la normativa CE è molto vasto: Enti territoriale, uffici comunali, PA in generale: sono tenuti a disapplicare tutte le norme contrastanti con la normativa Comunitaria. 4 L’efficacia verticale e orizzontale delle direttive non attuate Da finire 5 L’interpretazione conforme L'obbligo di interpretazione conforme consiste nell'obbligo gravante sul giudice nazionale (e su ciascun interprete del diritto nazionale) di prendere in considerazione tutte le norme del diritto interno ed utilizzare tutti i metodi di interpretazione ad esso riconosciuti per addivenire ad un risultato conforme a quello voluto dall'ordinamento comunitario;[1] esso discende dal principio di leale collaborazione tra gli organi e gli stati della Comunità Europea.Consiste, in estrema sintesi, nell'interpretare il diritto interno nazionale conformemente a quello comunitario e assicura il continuo adeguamento del primo al contenuto ed agli obiettivi dell’ordinamento comunitario. È attraverso questo obbligo che gli atti privi di efficacia diretta possono assumere rilevanza all'interno dei singoli ordinamenti nazionali, in quanto possono "suggerire" al giudice una interpretazione conforme al loro disposto. Secondo una tesi, esso sarebbe uno degli elementi dell'acquis comunitario. Nella nota sentenza del 16 giugno 2005, relativa al procedimento C-105/03,[2] l'obbligo sussiste anche per le decisioni quadro nell'ambito del terzo pilastro dell'Unione europea (Giustizia e Affari Interni). Il giudice è dispensato da tale obbligo solo se non ha alcun margine di discrezionalità nell'interpretare la norma nazionale, in caso contrario deve preferire quella più vicina a quella comunitaria. Se l'atto è una direttiva l'obbligo scatta solo dopo la scadenza del termine di attuazione.Inoltre se da tale interpretazione può scaturire un aggravamento della responsabilità penale dell'individuo questa è vietata tout court (costituirebbe una violazione del principio generale del favor rei). 6 Il risarcimento del danno per mancata attuazione Il cittadino che abbia subito danni dalla mancata attuazione di una direttiva CE, può essere risarcito con una somma di denaro, pari al danno che ha subito dall mancata attuazione;tutta la dirett.. deve avere 3 elementi: 1)Implichi diritti a favore di singoli 2)contenuto preciso e determinato 3)nesso di violazione con lo stato Il singolo cittadino europeo, può chiedere i danni al giudice nazionale, che dovrà condannare lo stato a pagare i danni. CAPITOLO 5 – LA CIRCOLAZIONE DELLE REGOLE E MODELLI 1 premessa Questo fenomeno implica lo spostamento di un modello giuridico da uno stato all’altro (questo x molteplici fattori). In primis vi è un naturale travaso di regole da un Paese all’altro, che si somma alla circolazione messa in atto dalla CE, che scelgono il modello giuridico di imporre. (solitamente viene imposto il modello dello stato più influente nella comunità). In secondo luogo dalla combinazione del lavoro nazionale e comunitario. La circolazione dei modelli, cessa di essere tale, per trasformarsi invece in uno strumento mirato alla creazione di un nuovo diritto europeo, distinto ed autonomo da quello interno dei vari Paesi membri. 2 Creazione e circolazione di principi generali Tutti i principi giuridici, sono dotati di principi generali (formalmente scritti o di carattere consuetudinario). La Corte di giustizia individua questi caratteri, per formulare sempre più principi caratterizzanti del diritto Europeo 3 La circolazione di modelli intracomunitari Le norme emanate da una direttiva, sono quasi sempre frutto di dottrina giurisprudenziale di un paese Membro. Quindi possiamo asserire, che la comunità “non crei” mai nulla di nuovo, bensì attinge da vari ordinamenti interni, con leggi già vigenti. 4 la ricezione di modelli Extracomunitari Talvolta gli organo comunitari, possono attingere norme, anche da altri ordinamenti extracomunitari. I modelli extracomunitari adottati, sono sempre di origine nordamericana. 5 corte di giustizia, corti nazionale e circolazioni di modelli Dopo la scelta del modello, da parte della CID, il modello “ridiscende” nella normativa nazionale, grazie alle corti nazionali, questo fenomeno è manifestazione di armonizzazione,ancora più importante dell’attuazione delle direttivi. Segno della formazione di una coscienza europea, attorno ad un nucleo comune. 6 I modelli di compromesso Un “nazionalismo”giuridico(cultura e tradizione giuridica) talvolta, porta ad osteggiare modelli esterni, spesso questa resistenza viene effettuata da paesi più influenti. 7 la competizione tra modelli La circolazione tra modelli, è uno strumento utile ed affidabile. La Gerarchia europea di fonti, ormai è stata ampiamente assimilata da tutti gli stati; se vi sono “resistenze” alla direttiva, sono quasi sicuramente di natura economica, essendo la politica CE, costantemente alle prese con il problema del mercato unico. CAPITOLO 6 – LA RINASCITA DEL DIRITTO COMUNE EUROPEO 1 Diritto comunitario, diritto comparato e diritto europeo Il processo di armonizzazione legislativa, porta ad una omogeneizzazione culturale e di mentalità. Le diverse tradizioni giuridiche (vedi civil law e common law), possono portare a contrasti, per questo si è cominciato a parlare di diritto privato europeo,con un comune quadro di riferimento., con lo scopo di eliminare eventuali ostacoli per le 4 libertà. Ci si trova tuttavia, di fronte a 2 fenomeni giuridici distinti, uno settoriale (aspetti precisi del diritto privato comunitarizzato) e dall’altro, il diritto Europeo, che vorrebbe toccare più aspetti giuridici. 2 ritorno allo jus comune Un eventuale diritto privato europeo, può facilmente rievocare il periodo giustinianeo, con tutto ciò che comportò (glossatori e rielaborazione secolare di questo testo). 3 Lex mercatoria e le altre prassi Unificanti La Lex mercatoria è un sistema di norme e regole di tipo consuetudinario, nate in forma spontanea tra gli appartenenti a determinati settori commerciali (ad esempio nel settore del credito, dei trasporti di merci o persone, delle assicurazioni ecc., e più recentemente nelle transazioni informatiche), finalizzato alla regolamentazione di rapporti contrattuali ed extracontrattuali aventi elementi di internazionalità. (possiamo parlare di diritto comm.le internazionale). Si tratta di un diritto spontaneo nato tra i soggetti operanti in specifici settori economici ed avente per scopo la fissazione di regole certe al fine di evitare controversie legali, o, comunque, favorirne la risoluzione una volta che siano insorte, in ambiti caratterizzati da un alto tasso di internazionalità (per esempio i trasporti aerei, o marittimi internazionali), in maniera tale da evitare la regolamentazione esclusiva tramite la normativa di diritto internazionale privato propria degli Stati interessati, o tramite quella convenzionale, le quali potrebbero portare a gravi problemi di coordinamento in sede applicativa davanti all'organo giudicante investito della cognizione (sia esso giudice o arbitro).Può essere considerato come un ordinamento giuridico relativo a specifiche categorie di operatori che si fonda sulla sua effettività sostanziale. 4 Le Iniziative per l’unificazione: codice, restatement o raccolta di principi Il diritto dei contratti (vedi lex marcatoria) appare maggiormente suscettibile ad essere unificato,trascinando tradizioni storiche e culturali. contract law Vari tentativi di unificazione del diritto contrattuale: -il gruppo pavese Primo tentativo di unificazione a livello europeo, venne effettuato presso l’università di Pavia dopo un incontro di studio in materia, finalizzato a creare un codice contrattuale europeo. Il testo di base era il codice civile italiano (via di mezzo tra modello tedesco e francese). -progetto Mc gregor La divisione tra civil e common law, di 2 modelli di base da adottare congiuntamente, Codice Civile Italiano(libro IV), e l’opera “contract code” del giurista inglese mc gregor, che mediò tra modello inglese e scozzese. 5 Prospettive del diritto privato europeo: una unificazione difficile La diversità di ordinamenti, porta a settorizzare le competenze CE, solo in alcuni ambiti del diritto privato. CAPITOLO 8 – LA TUTELA DEL CONSUMATORE E IL DIRITTO DEI CONTRATTI 1 la tutela del consumatore tra politica economica e politica sociale Il consumerism indica il movimento sociale e politico volto a rivendicare il ruolo centrale del cittadino e la sua protezione nello stato moderno. In Italia la tutela del consumatore, vede il suo ingresso con le prime direttive europee in materia. Il Libro verde è una comunicazione con la quale la Commissione Europea illustra lo stato di un determinato settore da disciplinare e chiarisce il suo punto di vista in ordine a certi problemi; fa parte dei c.d. atti "atipici" previsti ma non disciplinati dal Trattato CEE, questo tipo di comunicazioni possono avere carattere informativo, decisorio, dichiarativo o interpretativo, ed è sottoposta al regime di pubblicità. Secondo la definizione ufficiale riportata sul portale dell'Unione Europea[1] « i Libri verdi sono documenti di riflessione su un tema politico specifico pubblicati dalla Commissione. Sono prima di tutto documenti destinati a tutti coloro - sia organismi che privati - che partecipano al processo di consultazione e di dibattito » Inoltre questi documenti sono pubblicati anche dalle amministrazioni regionali[2] e dal governo italiano.[3] Inizialmente il colore prescelto fu il bianco: tant'è vero che che la prima pubblicazione assimilabile all'attuale libro verde viene pubblicata nel maggio del 1984 ed è intitolata Televisione senza frontiere: libro bianco sull'istituzione del mercato comune delle trasmissioni radiotelevisive, specialmente via satellite e via cavo. Successivamente per libro bianco si intese un documento contenente proposte di azione. 3 Le aree giuridiche interessate Consumatore è un’espressione usata con diversi significati nelle varie direttive, a seconda dell’opera che si vuole disciplinare. Corte costituzionale e di giustizia, danno una restrittiva interpretazione di consumatore, considerando solo la persona fisica. Gli interventi europei per tutelare il consumatore, si concretizzano in 2 tipologie, tutele di salute, ed economiche(figure contrattuali ed assicurative). 5 La nuova divisione La dottrina vede generalmente il consumatore come la “parte debole”, messo in condizione di “prendere lasciare”, per questo l’intervento correttivo CE, è stato visto più volte come fattore di disturbo. 6 Ragioni e limiti della tutela La tutela del consumatore è di ordine giuridico ed economico. Anche il legislatore italiano considera il consumatore contraente debole, tenendo presente però, che spesso l’imprenditore può per necessità essere contraente debole. Il contraente debole, può tutelarsi con questi strumenti: A)azione di rescissione B) ANNULLAMENTO 7 Modalità di intervento e nuove tecniche di tutela.Le norme rilevanti Il legislatore può effettuare 2 tipi di intervento: Verticale:o settoriale, quando riguarda un particolare contratto o operazione economica (vedi direttive sui viaggi tutto compreso). Orizzontale:quando regola alcune caratteristiche generali della contrattazione, indipendentemente dal tipo di operazione economica (vedi direttiva sulle clausole abusive). Tutti gli interventi verticali delle direttive, si sono concretizzati con le seguenti tutele: diritto di recesso: di “ripensamento”, che sospende temporaneamente i suoi effetti” diritto di informazione:trasparenza Diritti specifici: del contraente Elementi essenziali del contratto: correttezza contrattuale 8 Le clausole Vessatorie Sono clausole che comportino un disequilibrio tra le parti. Quasi sempre queste clausole sono contenute in moduli prestampati; il consumatore non può discutere il contratto, ma solo accettarlo o rifiutarlo; l’uso è sempre più frequente La direttiva n.93/13 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, prevede quello che riguarda la sua tutela. La normativa si applica solo ai contratti stipulati tra un consumatore e un professionista. Il concetto di “clausola abusiva” è una novità nel nostro ordinamento, ed è da considerarsi tale, in caso di squilibrio tra le parti; altro principio introdotto, è quello della trasparenza. La sanzione da applicare in caso di clausole abusive, è lasciata alla discrezionalità dello stato membro. Naturalmente sarà il giudice nazionale dovrà giudicare l’eventuale vessatorierà di una clausola. La normativa italiana in merito, si limita a considerare inefficaci i contratti contenenti queste clausole,dopo la valutazione del giudice. 9 contratti stipulati fuori dei locali di commercio Introdotta nel 92, si rivelò una vera innovazione,nel campo giuridico nazionale. L’oggetto della disciplina, sono tutti quei contratti, predisposti da un imprenditore, contenuti in moduli o formulari, che vengono sottoposti alla firma di un contraente colto di sorpresa, spesso sulla porta di casa e quindi impretapato; spesso i contraente viene “vinto” dalla capacità persuasiva del venditore, firma il contr. LA direttiva introduce: 1)Diritto di recesso:Entro 7 giorni il contraente può recedere dal medesimo 2)Diritto d’informazione:trasparenza;se non effettuata diritto di recesso fino a 60 giorni Con il recesso, deve essere restituita la merce. 10 I contratti di viaggio Una direttiva introdotta nel 95, regolamenta i pacchetti di viaggio “tutto compreso” (almeno trasporto+hotel). Deve essere redatto in forma scritta, ed in termini chiari e precisi. La revisione contrattuale è prevista in caso di variazioni di costo tasporto, carburante ecc. (e deve essere prevista la revisione). Risarcimento danni In caso di danni materiali e morali,dovuti all’inadempimento. 11 l’acquisto in multiproprietà Tutela dell’acquirente per un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili. Deve essere riportata nel contratto (in modo chiaro-> trasparenza) A) elementi costitutivi del contratto B)modalità di recesso Questi 2 elementi, si dovranno inserire nei singolio contesti dello stato membro che dovrà adottarla. I 3 elementi costitutivi della normativa sono: A)Fornire informazioni dettagliate all’acquirente in sede di trattative B)Regole sul recesso C)Divieto di versare acconti prima del decorso del termine utile del diritto di recesso. La direttiva sembra preoccuparsi sulla tutela di “trattativa” e non sulla sicurezza. 12 I contratti negoziati a distanza La direttiva del 98 fissava questi obiettivi: -consolidare il mercato interno -armonizzazare le discipline tra differenti ordinamenti -tutela da vendita aggressiva -concorrenza Si considerano contrattazioni a distanza:( telefono,fax,internet, radio ecc…). Le tutele sono le stesse sulla tutela contrattuale,trasparenza e diritto di recesso affrontate in precedenza. Il venditore deve fornire alcuni dati essenziali, comemodalita di pagamento, descrizione prodotto,consegna ecc… 13 I contratti a istanza in materia di servizi finanziari Saltato 14 La garanzia dei prodotti venduti La direttiva concernente la garanzia che deve il venditore nella vendita di beni di consumo risale al 99, ed attuata nel 2002. La stessa tutela giuridica, viene assicurata in tutti i paesi membri Viene fatta una distinzione tra garanzia legale e commerciale Legale:quella prevista dalla legge stessa, in relazione ai difetti della merce acquistata. Commerciale.ha origine nella volontà del venditore che si fa carico di una espressa responsabilità nei confronti dell’acquirente con la descrizione precisa dell’oggetto della garanzia nonché degli elementi essenziali per farla valere. Oggetto della garanzia legale, sono tutti gli oggetti mobili di consumo, ad eccezione di alcuni (acqua ,energia elettrica, e beni venduti con procedimento forzato, dall’autorità giudiziaria). 15 il commercio elettronico L’articolo 15 direttiva 2000/31 dice espressamente che “per assicurare uno sviluppo senza ostacoli del commercio elettronico, il quadro giuridico deve essere chiaro e semplice, prevedibile e coerente con le regole vigenti a livello internazionale, in modo da non pregiudicare la competitività dell’industria europea e da non ostacolare l’innovazione nel settore La direttiva vuole facilitare la contrattazione elettronica nei vari stai membri (mediante informazione,trasparenza, recesso ecc), tuttavia sono esclusi dalla tutela della direttiva, tutti gli atti che necessitino di dell’intervento di un notaio. 16 La firma elettronica La firma digitale è basata sulla tecnologia della crittografia a chiave pubblica o PKI. Dal punto di vista informatico essa rappresenta un sistema di autenticazione di documenti digitali tale da garantire non ripudio. La nozione di firma digitale ha in Italia anche un'accezione giuridica, in quanto individua quel tipo di firma che può essere apposta ai documenti informatici alla stessa stregua di come la firma autografa viene apposta ai documenti tradizionali. La firma elettronica è disciplinata nella direttiva 99/93. 17 La direttiva sull’azione inibitoria e nuovi sistemi di tutela. La direttiva 98/27 mira ad armonizzare le norme nazionali in materia di esercizio di azioni inibitorie di pratiche e comportamenti che siano in contrasto con il diritto comunitario. Il campo d’azione della direttiva, che potrà legittimare l’esercizio dell’inibitoria, è costituito dalla pubblicità ingannevole. La direttiva sulle azioni inibitorie è stata attuata in Italia dalla legge intitolata “disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti”. Nella stessa si indicano i requisiti e le modalità per l’iscrizione delle associazioni dei consumatori in un apposito registro legittimandole a proporre le azioni. CAPITOLO 9 – LA RESPONSABILITA’ DEL PRODUTTORE 1 La responsabilità del produttore nei paesi membri prima della direttiva 374 del 1985. In Italia la giurisprudenza di è destregiatatra responsabilità per colpa e responsablilità oggettiva del produttore:la responsabilità per colpa oggettiva contiene il limite di dover provare, oltre al danno, la colpa del produttore, cosa non sempre facile, per cui si è andata affermando una presunzione di colpa non più da dimostrare da parte del danneggiato, presunzione di colpa legata alla pericolosità intrinseca dle prodotto: se una cosa è fonte di danno è di per se stessa pericolosa e quindi non c’è l’onere del danneggiato di dover dimostrare la colpa del produttore,c he è implicita. Evidentemente questa è una forzatura giuridica, per cui si è cercato di usare un altro gruppo di norme: 1)responsabilità oggettiva, senza possibilità da parte dle produttore di fornire liberatorie 2)responsabilità indiretta o per fatto altrui:è ammesso in questo caso la liberatoriaquando si dimostri che si sono messi in atto misure ad evitare i danni. In Francia inizialmente la responsabilità era a cascata all’indietro, per cui il cliente si poteva rivalere all’indietro sul venditore, che a sua volta si rivaleva sul distributore il quale a sua volta si rivaleva sul produttore. Ora nel caso provato che nessuno di questa catena commerciale poteva essere a conoscenza del prodotto il consumatore si rivale direttamente sul produttore. In Germania la giurisprudenza garantisce in assoluto il consumatore invertendo l’onere della prova, (il produttore deve provare di non avere colpa). In Common Law il consumatore danneggiato ha solo l’obbligo di dimostrareil nesso di causalità tra prodotto e dann, tuttavia è ammessa la prova del produttore che dimostri la sua non negligenza nella fabbricazione del prodotto (situazione prima della direttiva 374 el 1985). 2 Gli obiettivi della direttiva 374 del 1985 Il modello comunitario dopo la direttiva 374 è di compromesso, ma comunque tende a limitare la responsabilità del produttore, fino in alcuni casi ad escluderla 3 aratteristiche della 374 del 1985 A) ambito di applicazione: il produttore responsabile del danno causato da un difetto del prodotto. la nozione di produttore comprende il produttore id materia prima, il fabbricante del prodotto (e dei vari componenti), colui che appone il marchio, l’importatore nella UE il fornitore del prodotto quando non è possibile identificar eil fabbricante. Per quanto riguarda il difetto la normativa UE definisce difettoso un prodotto che non offre la sicurezza che ci si deve attendere ragionevolmente da quel prodotto.). B) Il danno risarcibile:si intende il danno alle persone o alle cose ad esclusione del prodotto difettoso stesso. La direttiva non Entra nel merito del danno morale, lasciando la cosa alle regole esistenti nei singoli stati. C)Onere della prova: per le direttive 374/85 il danneggiato deve solo provare il danno, il difetto ed il nesso di causalità. Quindi il consumatore non deve fornire altra prova che il nesso di casualità: questa è una sorta di inversione della prova,perché il prouttore può solo cercare di dimostrare le circostanze esimenti al suo obbligo di risarcimento. D)Cause di esclusione della responsabilità:quando manca il nesso di causalità tra prodotto e difetto, in questo caso il danneggiato ad avere l’onere della prova. In ogni caso se il prodotto, anche se risulta difettoso risulta conforme alle regole di costruzione emanate all’autorità, il prouttore non ha responsabilità. Conclusioni: Il modello comunitario tende ad escludere la responsabilità oggettiva, ed è inclinata verso la responsabilità per colpa. 4 La legge italiana dell’attuazioen della direttiva 371 La direttiva comunitaria, ammette la dottrina nazionale in caso di disciplina interna più favorevole al danneggiato:questa norma è stata ripresa nel decreto di attuazione italiano,creando però incertezze interpretative. Nel 2002 la corte di giustizia ha risolto questa incertezza stabilendo che i diritti del consumatore danneggiato possono essere limitati nella legge nazionale di recipimento della direttiva 5 l’attuazione della direttiva nei paesi membri La direttiva sulla responsabilità del produttore è un evidente esempio di difficoltà nell’armonizzare la legislazione comunitaria. In effetti nelle singole leggi di attuazione ogni paese ha intepretato ed attuato al direttiva secondo le proprie tradizioni e cultura, con differenze enormi tra i vari stati. Così nella stessa definizione di difetto (articolo 6) alcuni paesi hanno formulato un modello di responsabilità oggettiva, alcuni paesi un modello fonato sul modello di presunzione di colpa. - per esempio la legge francese afferma che c’è difetto quando il prodotto non offre quella sicurezza che ci si può attendere - nella legislazione tedesca il senso del comportamento del produttore è totalmente assente. - Nella legislazione inglese, oltre al concetto di difetto, si prende inc considerazione l’aspettativa dle consumatore in riferimento al comportamento dle produttore (istruzioni avvertenze ecc…) In italia si riproduce la direttiva con aggiunta di circostanze quali “istruzioni alle avvertenze fornite” valutando il comportamento del produttore. (“il prodotto è difettoso se non offre la sicurezza offerta normalmente da prodotti simili”) In conclusione ogni stato è propenso ad introdurre solo regole della sua tradizione giuridica. L’art 7 della direttiva, consente di escludere dalla responsabilità nel caso la conoscenza tecnica scientifica non permetta i scoprire un difetto (così detto rischio dello sviluppo). In definitiva la direttiva non Ha modificato la situazione, per cui ogni stato interpreta secondo le sue tradizioni, per questo al commissione ha presentato nel 1999 un libro verde sulla responsabilità civile per danno da prodotti difettosi, per verificare lo stato di attuazione della direttiva nei singoli stati. In Italia sono poche le sentenze che seguono la direttiva, perché il nostro CC da maggiori opportunità al danneggiato. - 6La direttiva sulla sicurezza dei prodotti La direttiva impone prodotti sicuri a prescindere della tecnica di vneidta, compresa quindi la vendita a distanza e il commercio elettronico. -er prodotto sicuro ,’indende quello senza rishci o con rischi minimi compatibili con l’impiego dle prodotto. -per produttore di intende tutta la catena commerciale/di produzione Il produttore che violi obblighi di sicurezza è passibile di sanzione sia amministrative che penali. Per una efficace controllo della sicurezza, si è introdotto un sistema di sorveglianza denominato RAPEX che coordina l’intervento delle autorità nazionali di controllo, che sono quelle che vigilano sulla sicurezza dei prodotti e sanzionano comportamenti scorretti. 7 proposta di direttive sulla responsabilità del prestatore di servizi In un primo momento la proposta(1990) sulla responsabilità sul prestatore di servizio era basata sulla colpa con l’inversione dlel’onere della prova : il prestatore di servizi doveva dimostrare l’assenza id colpa. Le soluzioni adottate dai singoli stati hanno avuto una così tale disparità che la comunità ha approvato, ritirata la proposta del 90, una “risoluzione” sulla sicurezza dei servizidestinati ai consumatori:in questa si pone l’accento sulla sicurezza dei servizi, ma resta defilato il problema della responsabilità degli operatori. CAPITOLO 12- LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA 1 origini e ragioni dell’antitrust È evidente in ambito comunitariol’importanza dle principio dele 4 libertà, principio che ha permesso la caduta delle dogane. Ci sono tuttavia correttivi e limitazioni che rendono la concorrenza effettiva: il contrasto tra libera iniziativa economica e limitazione della libera concorrenza è per questo apparente, come insegnano gli Usa (fine 800’)con le normative antitrust, regole usate per reprimere atti contrari alla libera concorrenza. Sulla base dell’esperienza usatutte gli stati industriali, compresi quelli della comunità, si sono dati regole per garantire una corretta ocncorrenza, senza però uniformità di programmazione, per cui l’atitrust europeo ha viaggiato su 2 binari -Comunitario:con regole varie a certi livelli e dimensioni comunitarie: -Nazionale:non armonizzato con le regole centrali, ed applicato solo a livello interno. Solo ultimamemtne, con la globalizzazione delle economie e delle finanze vi è stata via via una tendenza sempre maggiore all’armonizzazione delle regole nazionali con quelle comunitarie. 2 Le fonti comunitarie per la regolamentazione della concorrenza Il trattato di roma, da gli strumenti per la corretta e libera concorrenza; Fonti: A)trattato CEE che riguarda gli accordi tra imprese, lo sfruttamento di una posizione dominanzte, gli aiuti dlelo stato alle sue imprese B)Regolamenti del consiglio:il più importante è quello sulla concentrazione delle imprese C)Regolamenti della commissione:Tra questi si segnala in francesing, contratti di distrizione, e trasferimenti di tecnologia. D)Provvedimenti e prassi della commissione:che emana decisioni individuali, ove ci siano irregolarità per singole imprese (decisioni) ma anche comunicazioni che espimono parere ed orientamento generale (prassi) E) sentenze della corte di giustizia e tribunale di primo grado LA corte di giustizia interpreta le norme CEE indicando ai singoli stati le linee guida. Queste diverse fonti formano il sistema ed il modello di tutela delal concorrenza nella comunità. Si prevedono 2 modelli possibili: -controllo: ogni comportamento è ammesso se non è espessamente vietato -divietoogni comportamento è comunque vietato se contro la libera concorrenza (antitrust) Il settore della concorrenza usa lo strumento del “regolamento” e non della “direttiva” per una più certa unificazione del diritto. 3 Lecompetenze della commissione LA commissione vera protagonista dell’anti trust previene le violazioni, le accerta, e le fa cessare. Nel caso i accertamentola commissione ammonisce l’azienda interessata, e se questa non ottempera alla raccomandazione interviene il singolo stat. Se neanche questo interviene, la commissione adisce la corte di giustizia mediante la procedura d’infrazione che con sanzioni che saranno: -Nullita degli accordi -obbligo di cessazione dell’attività illecita -ammenda da 1000 ad un milione 50 a 100€ di mora per ogni girono di ritardo. 4 gli accordi tra le imprese Sono incompatibili con il mercato comune, gli accordi tra imprese che possono pregiudicare il commercio tra stati membri o falsare il gioco della libera ocncorrenza, sono vietati tutti gli accordi che prefigurano la creazione di un cartello, ma solo nel caso di connessione con il mercato comune: non si fa riferimento al mercato nazionale, che lasciato alle singole regolamentazioni, purché i comportamenti in ambito nazionale, non comportino effetti sul mercato comune. 5 le esenzioni articolo 81 Un comportamento di per se lesivo delle regole della libera concorrenza, ma tuttavia vantaggioso al mercato ed ai consumatori, può godere di “dispensa” dal divieto. Il comportamento del 62 prevedeva che la commissione desse deroghe o dispense su richiesta, con il regolamento del 2003 si è snellita la procedura dando mandato alle autorità nazionali 6 Le attestazioni negative Su richiesta delle parti, la commissione dichiara inapplicabile,l’articolo 81 per cui ad un accordo commerciale viene preventivamente data la patente di compatibilità con il mercato DA VEDERE SUL LIBRO 7 Abuso di posizione dominante (art 82) È incompatibile: -lo sfruttamento i una posizione dominante sul mercato comune o su parte sostanziale di questo. Un’impresa in posizione dominante quando può agire in misura rilevante senza tener conto della concorrenza. Perché ci sia posizione dominante non è sufficiente avere predominanza nel mercato, ma tutto dipende dalla struttura dle mercato stesso, per cui l’abuso di posizione dominante è da analizzare caso per caso. Nozione di abuso: -Imposizione di acquisto e di vendita -limitazione della produzione, a danno del consumatore CAPITOLO 12 – LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA 8 La fattispecie: gli aiuti degli Stati alle imprese Sono aiuti concessi dagli Stati alle imprese in modo che “favoriscano talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza” (art. 87 Trattato CE). Questi aiuti si concretizzano in agevolazioni fiscali,diminuzione imposte,aiuto esportazione, campagne pubblicitarie per determinate produzioni ecc. Questi interventi possono alleviare gli oneri che normalmente gravano sul bilancio d’impresa. Procedimento: - uno Stato che vuole erogare aiuti alle proprie imprese deve notificare il provvedimento alla Commissione per ottenere l’autorizzazione; - se risultano aiuti incompatibili, la Commissione invita lo Stato a non adottare il provvedimento o a revocarlo se già adottato. Gli aiuti sono incompatibili quando possano falsare, o minacciare di falsare la libera concorrenza. Sono sempre compatibili, gli aiuti con finalità sociali, e aiuti per calamità naturali 9 Le fattispecie: Le concentrazioni Si intende per concentrazione l’operazione di fusione tra due o più imprese oppure l’acquisizione da parte di una impresa del controllo di un’altra o di altre imprese. Fino al 1989 le concentrazioni non erano regolamentate, tuttavia con il regolamento antitrust, questo settore fece la sua comparsa nell’ordinamento Europeo. Le concentrazioni non devono mai essere incompatibili con la libera concorrenza. 11 la legge antitrust italiana La legge italiana sulla concorrenza, si basa sulla normativa europea sulla concorrenza, poiché prima questa normativa era estranea nel nostro ordinamento. (recepimento fedele della normativa). LA normativa disciplina e sanziona i comportamenti anti-concorrenziali. 12 Rapporto tra regole comunitarie e regole nazionali in tema di concorrenza Talvolta possono verificarsi problemi in merito alle competenze tra Commissione (che sanziona con eventuali decisioni), ed autorità nazionale X esempio un’impresa dominante nel mercato europeo, condannata dall’autorità nazionale(garanti), e considerata “legittimata” a continuare nella sua attività, dalla corte di giustizia europea. Questo ha portato alla creazione di 2 correnti giurisprudenziali: A)Teoria Della Barriera unica:Il diritto Comunitario è sempre prevalente B)Ordinamenti reciprocamente indipendenti e complementari. Tuttavia la normativa del 1990 accoglie la teoria della barriera unica(supremazia diritto comunitario). CAPITOLO 13- LA TUTELA DELLA PRORPIETA’ INDUSTRIALE E INTELLETTUALE 1 I diritti di proprietà industriale e intellettuale nel mercato unico All’espressione diritti di proprietà industriale ed intellettuale si ricollegano: - brevetto _ invenzione o modello di utilità - registrazione _ disegno o modello - marchio - diritto d’autore (copyright) Tali diritti attribuiscono il c.d. diritto di esclusiva, che attribuisce al titolare la possibilità di sfruttamento economico esclusivo dell’invenzione o della creazione. Tuttavia può capitare che il titolare del diritto conceda ad altri la sua esclusiva, allo scopo di ampliare il mercato di sbocco del prodotto oggetto del diritto e incrementarne i profitti. Dunque i diritti di proprietà industriale consentono al contempo di favorire la libera circolazione ma anche di porre limitazioni allo sfruttamento del prodotto. In virtù di questa capacità limitativa della circolazione, i diritti di proprietà industriale assumono anche la dicitura di diritti di privativa. A livello comunitario, già col Trattato di Roma viene posta attenzione alle tematiche della proprietà industriale e della libera circolazione di beni tra gli Stati membri _ art. 30 = le restrizioni alla circolazione dei prodotti sono ritenute lecite si giustificate dalla volontà di tutela della proprietà industriale e commerciale, a meno che le suddette restrizioni non siano fonte di discriminazione arbitraria o di restrizione dissimulata tra gli Stati membri. 2 Il Brevetto Europeo e Comunitario Istituito con la Convenzione di Monaco sul brevetto europeo del 1973, riprendendo le indicazioni della Convenzione di Strasburgo del 1963.Sebbene si parli di brevetto europeo come se fosse un titolo unitario, in effetti non è così: sia la domanda che l'esame sono infatti univoci, ma il titolo, una volta rilasciato, diventa una collezione di brevetti nazionali e conferisce al titolare gli stessi diritti che gli verrebbero conferiti dai vari brevetti nazionali degli stati designati.I brevetti europei sono concessi dopo un'accurata ricerca dello stato della tecnica ed un esame di merito che ne verifica i requisiti di brevettabilità. I requisiti principali di brevettabilità nel Diritto Brevettuale Europeo sono: la novità, l'attività inventiva (non ovvietà) e l'applicabilità industriale. Inoltre le rivendicazioni devono essere chiare e la descrizione deve permettere la riproducibilità dell'invenzione.Il Brevetto Comunitario Europeo (C.B.C.) è un titolo brevettuale unitario valevole per l'intero territorio della Comunità Europea. Questo brevetto è stato istituito con la Convenzione di Lussemburgo, sottoscritta il 15 dicembre 1975 (da tutti quelli che allora erano gli stati membri C.E.). Non è però mai entrata in vigore, per le resistenze di determinati Paesi (Danimarca ed Irlanda su tutti) manifestate dopo la sottoscrizione. Nel corso degli anni numerosi sono stati tentativi di superare la situazione di stallo, legata soprattutto all'attribuzione esclusiva al giudice comunitario della competenza di decidere sulla nullità del brevetto. Questo problema è stato superato il 15 dicembre 1988 con la sottoscrizione di un nuovo testo modificato, ma anche in questo caso la convenzione non è stata ratificata a causa di problemi di prestigio nazionale legati alla lingua cui dovrebbe essere redatta la domanda di brevetto. Oggi è stata messa in dubbio anche la necessità di un titolo brevettuale unitario, da valutare in relazione ai costi e alla flessiblilità del già collaudato Brevetto Europeo. 3 Il marchio comunitario regolamento istituisce un sistema che consente all'Ufficio di armonizzazione del mercato interno (UAMI) di rilasciare i marchi comunitari. Grazie ad una domanda unica di registrazione presentata all'UAMI il marchio comunitario acquista carattere unitario, nel senso che produce gli stessi effetti in tutta la Comunità europea.Qualsiasi segno che può essere rappresentato graficamente (in particolare le parole, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o della sua confezione) può costituire un marchio comunitario purché questi segni consentano di distinguere i prodotti o servizi di un'impresa rispetto a quelli di un'altra. pssono essere titolari dei marchi comunitari le persone fisiche e giuridiche, inclusi gli organismi di diritto pubblico, e segnatamente: cittadini degli Stati membri; cittadini di altri Stati che fanno parte della convenzione di Parigi per la tutela della proprietà intellettuale (EN), (ES), (FR); cittadini di Stati che non fanno parte della convenzione di Parigi ma che risiedono o hanno la loro sede nel territorio della Comunità o di uno Stato che fa parte della convenzione; cittadini di qualsiasi altro Stato che garantisca ai cittadini degli Stati membri la stessa protezione garantita ai propri cittadini nazionali. Sono esclusi, in particolare, dalla registrazione: i segni che non sono atti a costituire marchi comunitari; i marchi privi di carattere distintivo; i marchi composti da segni o da indicazioni divenuti comuni nel linguaggio corrente o nelle pratiche commerciali; i marchi incompatibili con l'ordine pubblico o il buoncostume; i marchi che possono ingannare il pubblico, ad esempio sulla natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio. Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare l'impiego a fini commerciali: 5 La disciplina del diritto d’autore La corte di giustizia ha risolto il problema del diritto d’autore, estendendo il potere normativo antitrust,così da favorire la libera circolazione delel opere coperte da suddetto diritto. La commissione ha portato avanti una serie di direttive, volte ad armonizzare in tema di diritti d’autore. 6 La denominazione d’origine Denominazione di origine protetta, meglio nota con l'acronimo DOP, è un marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito - solitamente per legge - a quegli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono prodotti. L'ambiente geografico comprende sia fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali), sia fattori umani (tecniche di produzione tramandate nel tempo, artigianalità, savoir-faire) che, combinati insieme, consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di una determinata zona produttiva. Affinché un prodotto sia DOP, le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un'area geografica delimitata. Chi fa prodotti DOP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione, e il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo. Per distinguere anche visivamente i prodotti DOP da quelli IGP, i colori del relativo marchio sono stati cambiati da giallo-blu a giallo-rosso, suscitando non poche perplessita' tra quanti avrebbero ritenuto più opportuno che a cambiare fossero i colori del marchio IGP