L’apice della fisica classica: Le equazioni di Maxwell Maxwell scopre l’interazione tra campo magnetico e campo elettrico, che diventano parti di un’unica entità. Nasce la teoria del campo elettromagnetico. Attraverso le sue 4 equazioni, propone una sintesi matematica ai concetti che Faraday aveva introdotto a livello intuitivo (poiché era un’autodidatta e non aveva le basi matematiche): le linee di forza e il campo. Circuitazione in un circuito RC: lungo una linea chiusa sulla Corrente concatenata: che taglia qualsiasi superficie di una delle lastre del condensatore; non tutte e due le superficie che abbia per contorno la linea facce sono concatenate, perché all’interno del condensatore non c’è chiusa a cui si applica la circuitazione. passaggio di corrente. Tuttavia, c’è un campo elettrico che varia con la variazione di carica. ΔQ → ΔE = ς/ε0 (proporzionalità carica-campo elettrico) Alla variazione ΔE si può associare una corrente fittizia di spostamento (come se il circuito fosse chiuso): Φ(E) = E*ΔS=Q/ε0 → ΔΦ(E) = ΔQ/ε0 → ΔΦ(E)*ε0 = ΔQ → ΔQ/Δt = ΔΦ(E)*ε0 / Δt = I o Si risentono gli effetti di una corrente anche se non è elettronica ma dovuta alla variazione del campo elettrico. Si ha quindi un campo magnetico interno al condensatore, la cui linee di forza sono perpendicolari a quelle del campo elettrico. Correzione del teorema della circuitazione, in presenza di campi elettrici variabili: C(B) = µ0 * ( I +ε 0 * ΔΦ(E)/Δt) (se non ci sono correnti concatenate rimane il secondo termine) Maxwell ipotizzò poi che la forza elettromotrice indotta (legge di Faraday-Newmann-Lenz: F.e.i.= - ΔΦ(B)/Δt) fosse uguale alla circuitazione del campo elettrico, dato che entrambe si misurano in volt e con lo stesso procedimento. Infatti, nel caso di una forza non costante: L = Σ[1,n] fi * Δxi → L/q = ΔV = Σ[1,n] fi/q * Δxi = Σ[1,n] E * Δxi : forza elettromotrice indotta e circuitazione del campo elettrico. o Tuttavia, si nota allora che ci troviamo di fronte ad un particolare campo elettrico non conservativo, poiché la circuitazione non è nulla. Mentre Faraday aveva trovato che un campo magnetico variabile genera una corrente in un conduttore, Maxwell trova che un campo magnetico variabile genera un campo elettrico non conservativo. La spira non serve più, si può togliere: serviva solo per individuare il campo elettrico, che si manifesta in una circuitazione (linea chiusa) o su cariche in moto. Ricapitolando, le equazioni di Maxwell sono: 1) Φ(E) = Q / ε 0 È il teorema di gauss nel campo elettrostatico, da cui derivano le proprietà del campo elettrico: linee di forza aperte; il flusso non dipende dalla superficie ma dalla quantità di carica. 2) Φ(B)=0 È il teorema di gauss nel campo magnetico, da cui derivano le proprietà del campo: linee di forza chiuse e non esistono cariche magnetiche isolate 3) C(E) = - ΔΦ(B)/Δt È la legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-Newmann-Lenz, da cui deriva che un campo magnetico variabile (quindi flusso che varia nel tempo) genera un campo elettrico variabile, le cui linee di forza sono chiuse e concatenate al campo magnetico. 4) C(B) = µ0 * ( I +ε 0 * ΔΦ(E)/Δt) È la generalizzazione della legge di Ampere sulla circuitazione, da cui deriva che un campo elettrico variabile genera un campo magnetico variabile concatenato con il campo elettrico. Queste equazioni costituiscono la teoria dei campi: infatti non è presente la forza in nessuna di esse. Un campo magnetico variabile ha la circuitazione che si lega alla variazione di flusso di un campo elettrico generato, che a sua volta ha la circuitazione che si lega ad un altro campo magnetico: un campo magnetico variabile genera un campo elettrico variabile che genera un campo magnetico variabile che genera…: serie di campo elettrici e magnetici concatenati tra loro. L’onda elettromagnetica può essere quella di un campo elettrico sinusoidale, che ne genera uno elettrico sinusoidale, e cosí via. Maxwell predisse, a ragione, che un campo elettrico può essere spostato, e cercò di calcolarne la velocità: Vonde elettromagnetiche = 1 / √(ε0*µ0) = 3 * 108 m/s = velocità della luce (c) !!! Quindi la luce è un’onda elettromagnetica e non meccanica: non ha bisogno di un mezzo. Con questa scoperta la fisica classica giunge a compimento. Storia cha ha portato alla nascita del concetto di campo: Newton: termologia (con l’aiuto della statistica), meccanica, energia, moti, onde. Inizia la polemica sulla natura della luce: corpuscolo o onda? E se onda, attraverso quale mezzo? L’etere? No! Il vuoto! Perché? È un’onda elettromagnetica e non meccanica. Lorentz: anello di congiunzione tra la meccanica e il campo elettromagnetico (nella sua legge è presente sia la forza che il campo. Faraday è il primo che parla di campi e non di forze.A liideve, inoltre, l’ipotizzazione del primo legame tra la luce e le onde elettromagnetiche: scoprì infatti il fenomeno della polarizzazione dei raggi luminosi, per cui quando passano attraverso un cristalle vengono “pettinati” in una direzione diversa. La polarizzazione è un fenomeno tipico delle onde trasversali (è infatti sconosciuta in acustica) e per comprendere gli stati di polarizzazione della luce può aiutare l'esempio della corda. Se su una corda orizzontale fissata a un estremo ad una parete si cerca di generare delle onde sinusoidali tramite un movimento periodico e regolare della mano applicato all'altro estremo, sono vari i modi in cui si può agire.. La corda può essere messa in vibrazione trasversale scuotendo l'estremo libero in alto e in basso, oppure verso destra e verso sinistra, Se la corda vibrante fosse costretta a passare, per esempio attraverso una palizzata, oscillerebbe solo in verticale. Analogamente la polarizzazione della luce riguarda la direzione di vibrazione del vettore campo elettrico e consiste nella predominanza di una particolare direzione di vibrazione tra tutte quelle possibili Maxwell. La crisi della fisica classica Con Maxwell la fisica classica giunge a compimento. Il problema nasce quando Maxwell trova che la velocità delle onde elettromagnetiche, e quindi della luce, è una costante che non dipende dalla lunghezza d’onda, quindi dal sistema di riferimento (e dalla velocità della sorgente), ma solo dal mezzo. La velocità della luce appare come una costante in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Nonostante i problemi che sorgono, la teoria di Maxwell ha una portata enorme: abbraccia una così grande varietà di onde, prodotte in modo diverso ma che si propagano tutte in accordo con la sua legge: sono tutte propagazioni rettilinee ma, a causa del carattere ondulatorio, possono girare intorno a oggetti di piccole dimensioni rispetto alla loro lunghezza d’onda. Alla questione della costanza della velocità della luce si cerca di rispondere in due modi: 1) la maggior parte dei fisici, che non erano pronti ad accettare l’inadeguatezza della fisica classica, sostenevano che le equazioni di Maxwell erano incomplete, poiché quella costante non era assoluta, bensì relativa ad un sistema di riferimento solidale con l’Etere, mezzo fisico attraverso cui si supponeva viaggiasse la luce. Questa ipotesi fu avanzata perchè fino a quel momento le sole onde che si conoscevano erano di carattere meccanico, e quindi avevano bisogno di un mezzo; anche se la luce ha una natura diversa, inizialmente fu resa necessaria la presenza di un mezzo. Ma quali dovrebbero essere le caratteristiche dell’etere? dovrebbe essere leggero, imponderabile (altrimenti farebbe attrito), rigido (perchè le onde di luce sono trasversali, e le onde trasversali sono proprie dei mezzi rigidi; e perchè le particelle dovrebbero essere legate tra loro per permettere la propagazione dell’onda). 2) Tuttavia, questo creava comunque un grande problema alla fisica galileiana, che aveva sempre negato la possibilità che esistesse un sistema di riferimento privilegiato, assoluto attraverso cui studiare i fenomeni. Se l’Etere venisse identificato con il vuoto, saremmo sempre in grado di stabilire se un sistema di riferimento e fermo o si muove di moto rettilineo uniforme rispetto all’Etere. Però, si risolverebbe il problema della velocità della luce: allora potrebbe essere considerata una costante universale. Albert Einstein, con la sua Teoria della Relatività Ristretta del 1905, risolve il problema dell’Etere affermando che, se anche esistesse, non saremmo mai in grado di individuarlo; quindi è più comodo cancellarlo. Tuttavia la fisica classica va rivista. Vi erano però ancora molti fisici che, non volendo rinunciare alla fisica classica, tentavano inutilmente di dimostrare che la velocità della luce non è indipendente dal sistema di riferimento: l’esperimento fallimentare più famoso, di Michelson e Moreley, sull’interferenza di due raggi luminosi (grazie ad uno strumento chiamato Interferometro), aveva lo scopo di verificare il moto della terra. Introduzione: esperimento di fisica classica. Prendiamo in considerazione due biglie A e B che partono dal centro di un tavolo quadrato di lato 2L, muovendoi in direzioni tra loro perpendicolari, con uguale velocità in modulo Vr. [sia A quella che si muove da sinistra verso destra] Se il tavolo è fermo rispetto alla terra, le due biglie si muoveranno di moto uniforme, urteranno elasticamente con il bordo e ritorneranno nel centro nello stesso istante, dopo un tempo T = 2L/Vr. Se il tavolo si trova su un treno in moto rettilineo uniforme da sinistra verso destra: a) Rispetto a O’ solidale con il treno: Secondo la relatività galileiana, l’osservatore non nota alcuna differenza. b) Rispetto a O solidale con la terra: Biglia A: ANDATA: - Va = Vr + Vt - Sa = Va*Δt = Sr + St = L + Vt*Δt → Δt = L/Vr RITORNO: - Va = Vr + (-Vt) - Sa = Va*Δt = Sr + (-St) = Vr*Δt - Vt*Δt = L - Vt*Δt → Δt = L/Vr TEMPO TOTALE = 2L/Vr Biglia B : traiettoria diagonale: stesso percorso di andata e ritorno → Vr² *Δt² + Vt² *Δt² = L² + Vt² *Δt² TEMPO TOTALE = 2L/Vr = biglia A Comportamento dei raggi luminosi Numerosi esperimenti, che precedettero il più importante, dimostrarono che la velocità della luce è la stessa in tutte le direzioni, indipendentemente dallo stato di moto dell’osservatore, supposto solo che questo sia inerziale (la relatività generale allargò questa scoperta anche ai sistemi di riferimento non inerziali). La luce viaggia con velocità C rispetto all’etere, quindi lo spostamento assoluto sarà sempre Sa = c * Δt. Tuttavia, poiché il treno è in moto, tale velocità si deve comporre di spostamento relativo e di trascinamento. a) Rispetto a O solidale con la terra: Raggio A: ANDATA: Sa = c * Δt = Vr*Δt RITORNO: c + Vt*Δt = L + Vt*Δt → * Δt = Vr*Δt + Vt*Δt → TEMPO TOTALE = Raggio B: → (c * Δt)² = L² + (Vt*Δt)² → TEMPO TOTALE = b) Rispetto a O’ solidale con il treno: poiché, secondo la fisica classica, il tempo è assoluto, se il riferimento in cui è O’ si muove rispetto all’etere (perché, per ipotesi, la velocità della luce è C solo rispetto all’etere), anch’egli misurerà due tempi diversi per i due raggi; se invece il suo riferimento è fermo rispetto all’etere, i raggi torneranno insieme. CONCLUSIONE: è possibile, attraverso un esperimento di elettromagnetismo eseguito all’interno di un riferimento inerziale, decidere se tale riferimento è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme rispetto all’etere: conseguenza assurda!. Alla luce delle scoperte di Maxwell sulla velocità della luce, Michelson e Moreley ripeterono l’esperimento con due segnali luminosi : Se quindi i loro esperimenti avessero provato il moto di rotazione della terra, avrebbero confermato l’esistenza dell’Etere (riferimento privilegiato), quindi da un lato riconosciuto una mancanza, anche se non globale, della fisica galileiana; dall’altro si sarebbero dovute ritenere le equazioni di Maxwell non del tutto corrette, ma valide solo nel riferimento dell’Etere stesso. Si sarebbe dovuto, a quel punto, separare nettamente l’Elettromagnetismo dalla Meccanica: il primo non rispettante le leggi galileiane, la seconda sì. Tuttavia, i loro esperimenti non ottennero mai il risultato sperato: non riuscirono, cioè, a dimostrare il moto della terra restando sulla terra. Fu allora avanzata l’ipotesi che la terra, nel suo moto, trascinava l’etere con se, ma anche questa fu scartata per due motivi: - quando la luna passa tra una stella e noi, a parte quando la oscura, non vi sono perturbazioni nella direzione in cui si propaga la luce; - dovrebbe esservi un vento d’etere quando un corpo si muove: la luce dovrebbe essere frenata in una direzione e agevolata nell’altra. La fisica moderna: La teoria della Relatività ristretta Una delle più famose espressioni di Albert Einstein è: “Se ho visto più in là di altri, è perchè stavo sulle spalle dei giganti”. All’inizio la Teoria della relatività destò molto stupore, ma oggi possiamo riconoscere che le nozioni che hanno subito enormi cambiamenti sono le meno significative, mentre i concetti basilari sono stati interamente conservati. Il sogni di Einstein era l’unità della fisica: trovare l’equazione del mondo, che fosse in grado di spiegare tutti i fenomeni fisici, senza distinguere la meccanica dall’elettromagnetismo e, all’interno della meccanica, i sistemi inerziali da quelli non inerziali. I due postulati della Relatività Ristretta sono: 1) La costanza della velocità della luce; 2) L’Estensione del principio di relatività anche ai fenomeni elettromagnetici (non solo meccanici): le leggi fisiche sono valide in tutti i sistemi di riferimento, supposto che essi siano inerziali. Cosa affermava il principio di relatività newtoniano? Un moto uniforme non perturba i processi dinamici: tutti gli osservatori inerziali sono dinamicamente equivalenti, nel senso che se uno di essi compie un esperimento sugli oggetti che gli stanno attorno otterrà esattamente lo stesso risultato di qualsiasi altro osservatore inerziale. La velocità non ha importanza, solo l’accelerazione importa. Tuttavia, non si può fare il paragone con le onde sonore (o luminose), perchè sono un fenomeno che riguarda il moto dell’aria (effetto doppler). Quali sono i limiti della fisica classica? È cambiato l’ordine di grandezza delle velocità: le equazioni della meccanica Newtoniana andavano bene per velocità limitate, non elevate come quelle della luce; la legge della fisica classica, nata per spiegare alcuni fenomeni, veniva ora estrapolata al di là dei limiti per cui era stata costruita. Einstein tuttavia non inizia a lavorare con l’intenzione di trovare una nuova teoria, ma cerca di risalire ai difetti di quella newtoniana, definendo quello che, secondo lui, era il suo punto debole: la velocità era, per definizione, il rapporto spazio-tempo: forse erano proprio questi due concetti, considerati assoluti come postulato, che andavano rivisti: non si è mai verificato cosa succede se si cambia riferimento, si è sempre dato per scontato. Il tempo era sempre stato utilizzato per esprimere le distanze, e soprattutto era inserito nella misura delle distanze astronomiche (l’anno-luce). In realtà, è solo per le misure locali che non abbiamo bisogno di un campione di lunghezza, ma solo di uno di tempo: la lunghezza di un corpo, infatti, dipende dal periodo di oscillazione degli atomi, la cui distanza gli uni dagli altri è ben definita; sappiamo poi anche che le righe attraverso cui effettuiamo le misurazioni sono formate da atomi la cui struttura è determinata da forze elettriche. L’altro postulato matematico che Einstein nega è lo spazio definito con la geometria euclidea. Trasformazioni galileiane: Sa = Sr + St → (divisione per Δt) Sa / Δt = Sr/Δt + St/Δt → Va = Vr + Vt E se il tempo non fosse invariante? Critica del concetto di simultaneità, che diventa un concetto relativo al riferimento. Entra il crisi anche il concetto classico di misura del tempo: la “sincronizzazione degli orologi” sfrutta il concetto di simultaneità. Il nuovo concetto di tempo è mutato rispetto al senso comune, che non si accordava con la costanza della velocità della luce: il tempo diventa qualcosa di privato, è dipendente dal percorso. Queste nuove scoperte intervengono però a velocità prossime a quelle della luce. Legge della dilatazione del tempo O L Sorgente raggio di luce a) Rispetto a O: Δt0 = 2L /c : andata e ritorno avvengono nello stesso tempo. o Tempo proprio: tempo misurato dall’osservatore sempre dallo stesso punto; non servono misure spaziali. Es. orologio. b) Rispetto ad un osservatore O’ fuori da O, supponendo che O si muova di moto rettilineo uniforme. Serve una sincronizzazione fra due persone. c² * Δt² = L² + V² * Δt² → c*Δt : spostamento assoluto L: spostamento relativo V*Δt: spostamento di trascinamento Δt tot. = 2 Δt = 2L/c * γ o Tempo improprio: per misurarlo servono misure spaziali e la sincronizzazione di due orologi. γ è una formula ricorrente nelle formule relativistiche, pari a: 1 / √(1 - V²/c²). Poiché la velocità della luce è la velocità limite, il rapporto V²/c² è sempre minore di 1 (e maggiore di 0); la redice è quindi una quantità compresa fra 0 e 1, e γ è una quantità sempre maggiore di 1. Il Tempo Proprio è sempre Minore di quello Improprio: Δt > Δt0. Se V<<c → si torna alla fisica classica: Δt0 ≈ Δt. Anche gli orologi biologici seguono tale legge di contrazione e dilatazione dei tempi: forse, se un astronauta facesse un viaggio spaziale lungo, invecchierebbe più lentamente di chi rimane sulla terra. Questa legge è stata dimostrata: vi sono dei particolari raggi cosmici che decadono in poche frazioni di secondo. Ci aspettiamo che, attraversata l’atmosfera, decadano prima di toccare terra, e quindi non ne avremo traccia. In realtà, a causa dell’alta velocità, i tempi si dilatano e questi Muoni decadono in più tempo. Il Paradosso dei Gemelli: Se, di due gemelli, uno fa un viaggio spaziale e l’altro rimane a terra, poiché il moto è relativo, quale dei due gemelli invecchia più velocemente? A si muove rispetto a e B rispetto a A. Risoluzione: i due percorsi sono simmetrici solo fino al momento in cui il gemello che ha fatto il viaggio si ferma per tornare indietro; decelera e riaccelera, quindi non si trova più in un riferimento inerziale. La relatività ristretta confronta solo sistemi di riferimento tra oro inerziali. In seguito, la relatività generale dimostrerà che chi invecchia è il gemello che rimane a terra. La simultaneità è relativa: si può parlare di simultaneità solo se due eventi avvengono nello stesso luogo; per un osservatore in moto, gli eventi verso cui si dirige prima di quelli da cui si allontana. Può apparire modificato anche l’ordine di più eventi, ma non se questi sono legati da causa-effetto. Legge di contrazione delle lunghezze Se è relativa la simultaneità è relativa la lunghezza: Δt >Δt0 → v * Δt > v * Δt0 o V * Δt : lunghezza propria: misurata da osservatori fermi rispetto al segmento, utilizzando il tempo improprio. Es. nell’astronave i due devono sincronizzarsi con gli orologi. o V * Δt0 : lunghezza impropria: misurata dalla persona che sta fuori La lunghezza propria è sempre maggiore di quella impropria (il contrario del tempo): L0 > L Se L = Δt0 * v = Δt * γ * v → L = L0 /γ Trasformazioni Galileiane : x ’ = x – vt (tre variabili spaziali in una) t ’ = t : principio di invariabilità del tempo Trasformazioni di Lorentz: x ’ = γ (x – vt) : spazio relativo t ’ = γ (t – v/c² * x) Se v << c → γ = 1 Λ v/c² = 0 : trasformazioni galileiane Ogni distanza tra due eventi ha una componente spaziale e una temporale, che dipendono dal sistema di riferimento, mentre risulta uguale la differenza dei loro quadrati: Δx ’ = γ (x – vt) → (Δx ’)² = γ² (x – vt)² c *Δt ’ = γ*c (t – v/c² * x) → (c *Δt ’)² = γ² *c² (t – v/c² * x)² → (Δx ’)² - (c *Δt ’)² = (Δx ’)² - (c *Δt ’)² = ΔS² = c*t: identità : invariante. Il continuo spazio-temporale che si viene a creare, poi definito da Mikowsky non è uno spazio euclideo, perché al quadrato dell’ipotenusa del triangolo corrisponde la differenza dei quadrati dei cateti e non la somma. Nel grafico tridimensionale realizzato da Minkowski lo spazio-tempo appare suddiviso in due regioni (il passato e il futuro), separate da due linee corrispondenti agli aventi che viaggiano alla velocità della luce; le due linee si incontrano nel punto 0 (il presente). Ogni punto rappresenta un possibile evento, che si può collegare al presente tramite una retta: allora il punto e l’evento 0 possono essere legati da causa effetto; i punti che si trovano fuori dal cono di luce non possono essere legati da causa-effetto con l’evento 0, ma con un altro evento se si cambia riferimento. La velocità della luce come limite e la conservazione della massa/energia Composizione relativistica di due velocità: Le trasformazioni galileiane non spiegano perchè la velocità della luce sia una velocità limite, che non si può superare nè raggiungere. Dalle trasformazioni di Lorentz si può invece dedurre una nuova formula per la composizione di due velocità: u + v = (u+v) / (1+ u*v/c²) Se v=c → u + v = u + c = .......... = c : la velocità della luce è dunque la velocità limite; non si può accelerare una particella per più di c. Esperimenti dimostrano che la velocità di particelle accelerate (a cui viene data sempre più energia) si avvicina asintoticamente a c. Per la legge di dilatazione del tempo, la luce non invecchia. Tuttavia, poichè è la velocità limite, non si può pensare di fermare il tempo o di andare indietro nel passato. Questo significa che, se si accelera una particella, la massima energia cinetica è ½ * m * c². Ma allora che fine fa l’energia data ad un sistema oltre quella limite? L’energia cinetica dipende anche dalla massa: quindi, quando aumenta, aumenta anche la massa; non come materia ma come inerzia: diventa sempre più difficile accelerare un corpo quando la sua velocità si avvicina a quella della luce, perchè oppone resistenza. Negli acceleratori di particelle bisogna tener conto, all’aumentare della velocità, anche dell’aumento relativistico della massa. La massa è quindi una forma di energia, pari a m = m0 / √(1 - v²/c²). [dove m0 è la massa a riposo] La conservazione dell’energia e della massa, che nella fisica classica consistevano in due principi separati, vengono ora uniti nella legge di conservazione della massa/energia, pari a E = m * c². Questo è importante per spiegare che, nelle trasformazioni termo-nucleari che avvengono nelle stelle (trasformazione dell’idrogeno in Elio), la massa di quattro nuclei di idrogeno non è uguale a quella di un nucleo di elio che si forma, ma maggiore: una parte della massa si trasforma in energia. L’effetto Doppler per i raggi luminosi. Se consideriamo l’effetto doppler acustico, troviamo due equazioni differenti per la frequenza del suono percepito o emesso, a seconda che siano la sorgente o l’osservatore a muoversi rispetto all’aria. Nell’effetto Doppler ottico non ha senso parlare di movimento rispetto ad un mezzo, perchè l’etere non esiste. Le equazioni sono le stesse, ma la frequenza subisce le dilatazioni inverse rispetto a quelle subite dal tempo (periodo). I° caso: sorgente S in moto rispetto all’osservatore O fermo F1 = f * V/(V + V0/V) = f * 1/(1± Vs/V) = f * 1/(1± Vs/c) Il tempo misurato dall’osservatore è improprio, quindi appare moltiplicato per un fattore γ; di conseguenza la frequenza, inverso del periodo, apparirà diminuita di un fattore 1/ γ: F1 = f * 1/(1± Vs/c) * √(1 - v²/c²) = f * √(1+Vs/c / 1-Vs/c) II° caso: osservatore O in moto rispetto alla sorgente S ferma F1 = f ( 1 + V0/V) = f ( 1 + V0/c) Il tempo misurato dall’osservatore è proprio, quindi appare diminuito di un fattore frequenza, inverso del periodo, apparirà aumentata di un fattore 1/ γ: γ; di conseguenza la F1 = f ( 1 + V0/c) / √(1 - v²/c²) = f * √(1+V0/c / 1-V0/c) Le due relazioni hanno la stessa forma, perchè, indipendentemente da chi è fermo e chi in moto, la frequenza viene percepita così: Ciò è utile per determinare la velocità di una sorgente luminosa quando si conosce la frequenza della luce che emette. Nel caso delle stelle che si allontanano dalla nostra galassia, per esempio, si verifica nello spettro di emissione uno spostamento delle righe spettrali verso frequenze più basse, e quindi verso il rosso: redshift. Inoltre, grazie a questo metodo possiamo, a seconda che la luce che arriva a noi dalle stelle sia violetta o rossa, capire se le stelle si stanno allontanando o avvicinando da noi. La relatività generale e lo spazio curvo Einstein, tuttavia, non era soddisfatto dei suoi risultati: era convinto che, se il moto uniforme era relativo, lo dovesse essere anche quello accelerato. Questo avrebbe significato che, nella teoria dell’universo, avremmo potuto prendere come riferimento la terra e farvi ruotare tutto attorno; tuttavia il rigonfiamento equatoriale dovuto alla forza centrifuga di rotazione aveva fatto pensare che fosse la terra a ruotare. Nel 1916, 11 anni dopo la pubblicazione della teoria della relatività ristretta, Einstein pubblica la teoria della relatività generale, all’interno della quale sembra definirsi il quadro della fisica: la meccanica newtoniana è un caso particolare della relatività ristretta, che a sua volta è un caso particolare della relatività generale.Il più importante principio della relatività generale è: Tutte le leggi fisiche si possono formulare in modo da essere valide in tutti i sistemi di riferimento, qualunque sia il loro moto. Un altro postulato è il principio di equivalenza, che sconvolse i fisici dell’epoca: in un laboratorio chiuso non si può eseguire alcun esperimento che permetta di distinguere gli effetti di un campo gravitazionale da quelli dovuti a un’accelerazione (campo d’inerzia). Massa inerziale e gravitazionale diventano due grandezze che indicano la stessa cosa: la differenza sta solo nel sistema di riferimento. Deduzioni dalla legge di dilatazione del tempo e di contrazione delle lunghezze: nel riferimento accelerato, non ci sono variazioni nel ritmo degli orologi o nella lunghezza di un metro, quindi si può utilizzare la geometria solida, ma si sente una forza simile a quella di gravitazione; se da un riferimento inerziale guardiamo orologi e metri di quello accelerato, le loro misurazioni subiscono contrazioni e dilatazioni, ma non sentiamo nessuna forza. Questo permette ad Einstein di concludere che lo spazio di un campo gravitazionale è curvo e che la gravità non esiste, ma i suoi effetti sono dovuti alla natura non euclidea della geometria dell’universo. La forza di gravità, misteriosa e inspiegabile, si è dovuta inventare perchè non si riuscivano a spiegare i fenomeni fisici utilizzando la geometria euclidea piana. Lo spazio euclideo si può utilizzare a livello locale, ma non su distanze molto grandi percorribili in tempi lunghissimi (anno-luce). Lo spazio-tempo relativistico, dunque non è euclideo, ma la sua curvatura è nulla e si può approssimare ad uno spazio piano (piatto); in presenza di un moto accelerato, invece, lo spazio si incurva. Esempi di spazio curvo, dove la somma degli angoli interni di un triangolo non è 180°: La massa incurva e distorce lo spazio, e questa distorsione si manifesta con effetti analoghi a quelli di una forza gravitazionale. La distribuzione della materia nell’universo determina la struttura geometrica dello spaziotempo e quindi il moto della materia (geodetiche). Le verifiche sperimentali della teoria: La precessione del perielio di Mercurio: l’orbita di mercurio si presenta come un’ellisse aperta, che si sposta in avanti. La spiegazione a ciò si è cercata per anni in un ipotetico pianeta ancora sconosciuto, ma i dati si sono trovati poi in accordo con la teoria dello spazio curvo. La legge di Newton può funzionare solo per basse velocità. La deflessione della luce: la luce, poiché è una radiazione elettromagnetica, trasporta energia sotto forma di fotoni; anche se non hanno massa, vale la relazione U =mc², quindi si comportano come dei corpi qualsiasi. Quando viaggiano in prossimità di corpi grandi, deflettono: la differenza con altri corpi è che la deflessione dipende dal tempo che impiegano a percorrere quel tratto, ed essendo questa molto alta, la deflessione è piccola. La deflessione della luce proveniente da una stella è stata osservata confrontando le posizioni apparenti di una stella vicino al sole (durante le eclissi) con quelle reali sei mesi dopo (quando il sole si trova da un’altra parte). Questo effetto è stato verificato anche con le radioonde provenienti dai Quasar: quando uno di essi è dietro il solo possiamo osservare che le onde che emettono sono deflesse. Cos’è un buco nero? Il buco nero si forma dall’esplosione di una supernova (stella di grandissime dimensioni al termine della sua esistenza) e dal successivo collasso del materiale prodotto: collasso che non si ferma, e il corpo diventa sempre più piccolo. La deformazione dello spazio-tempo è tale (massa enorme concentrata in un volume ridottissimo) che il buco nero inghiottisce tutto. La velocità di fuga è addirittura maggiore di quella della luce, cosicché neanche essa riesce ad uscire, e lo vediamo nero.