Secondo incontro (24 novembre 2010)

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Modulo Formativo Fisica del Volo
Resoconto II incontro
Mercoledì 30 novembre 14:30-17:30
Sede: Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni
Docenti presenti: T. López-Arias, E. Ossanna, P. Caresia
Inizia l’incontro con una breve descrizione da parte di Paolo Caresia sulla struttura
del sito web dedicato al nuovo Piano Lauree Scientifiche e, in particolare, alla Fisica
del Volo e al Modulo Formativo. Gli utenti possono lasciare commenti nel blog
mentre l’eventuale materiale da caricare e condividere con altri deve essere spedito
a Paolo ([email protected]) per la sua inserzione nel sito. Si raccomanda di
mantenere segreta la password necessaria per accedere al materiale bibliografico
per evitare problemi di copyright.
Prima di iniziare con la seconda parte del modulo si fa un breve ripasso degli
argomenti presentati la volta precedente.
Parte II Modulo Formativo
Una questione viscosa
La seconda parte del modulo è dedicata a capire il secondo dei meccanismi fisici alla
base dell’interazione tra un fluido e un solido, ovvero, lo sforzo di taglio generato
dalla viscosità del fluido. L’obiettivo di questo incontro è introdurre tre concetti
fondamentali:
(a) la condizione di non-slittamento (no-slip condition), ovvero, la perfetta adesione
di un fluido reale (e quindi viscoso) alle pareti di un solido quando il fluido scorre
su quest’ultimo. In altre parole, la velocità relativa tra il fluido a contatto diretto con
la superficie solida e la superficie stessa è nulla. Questa condizione è un ipotesi
valida per tutto il dominio della fluidodinamica classica e si verifica
sperimentalmente.
(b) lo strato limite (boundary-layer)
La conseguenza immediata della condizione di non slittamento è la formazione di
uno strato di fluido sulla superficie del solido, denominato strato limite, nel quale gli
effetti della viscosità del fluido si manifestano in maniera accentuata, generando
un gradiente di velocità (nella direzione trasversale alla corrente esterna allo strato)
che genera sforzi di taglio considerevoli, che possono modificare notevolmente
l’andamento della corrente esterna.
(c) Concetto di stallo, ovvero, di separazione dello strato limite dalla superficie
sopra la quale scorre il fluido. Un fluido che incontra una superficie solida è
soggetto a dei campi di pressione che cambiano velocemente in un intervallo
spaziale più o meno grande a seconda delle dimensioni dell’oggetto solido. Questi
campi di pressione determinano il comportamento dello strato limite che, a sua
volta, se si separa dalla superficie, li modifica “insinuandosi” nel flusso esterno.
La comprensione del funzionamento dello strato limite permette di capire il
fenomeno dello stallo (perdita di portanza) di un ala. Con l’aumentare dell’angolo
di attacco (angolo formato dalla corda dell’ala e la direzione del vento) non solo si
assiste alla perdita di portanza (forza verso l’alto, essenzialmente perpendicolare
alla direzione del flusso d’aria) dovuta al distacco dello strato limite ma, nello stesso
tempo, ad un aumento considerevole della resistenza (forza che agisce nella
direzione del flusso d’aria).
Si mette in evidenza, usando filmati e visualizzazioni di diversi flussi, come uno
strato limite laminare (nel quale le particelle di fluido scorrono tra di loro parallele e
senza rimescolamento) si distacca dalla superficie del solido più facilmente di uno
strato limite turbolento (nel quale le particelle di fluido subiscono forti movimenti
di rotazione che provocano il loro rimescolamento). Questo effetto si spiega in
termini di scambio di quantità di moto tra le particelle di fluido più lente
(corrispondenti a quelle vicine alla superficie che rallentano per la condizione di non
slittamento e la conseguente adesione dello strato alla superficie) e quelle esterne
più veloci (corrispondenti al flusso al di fuori dello strato limite) che vengono
coinvolte dalle turbolenze e forniscono energia cinetica alle particelle più lente. In
questo modo lo strato limite, che altrimenti si distaccherebbe dalla superficie, è in
grado di viaggiare sulla superficie fino al bordo di uscita dell’ala senza distaccarsi,
pur trovando un campo di pressione avverso nella direzione del movimento.
La transizione da uno strato limite laminare ad uno turbolento è naturale nei
regimi dinamici ai quali siamo interessati per il volo (regimi poco viscosi o ad alto
numero di Reynolds1). Quindi, la naturale turbolenza dello strato limite sull’ala di un
1
Il numero di Reynolds sarà introdotto nel quarto incontro. Nel secondo incontro si è solo accennato al fatto che
questo parametro adimensionale esprime il rapporto tra le forze inerziali e le forze viscose che dominano un dato
aeroplano aiuta all’adesione dello strato limite. Anche le palline da golf (con le loro
piccole infossature), le palle da baseball (con le cuciture sulla pelle) o le tute da
nuoto “a pelle di squalo” (ruvide) sono progettate per indurre turbolenza nello
strato limite, e ritardare la sua separazione dalla superficie così riducendo
notevolmente la cosiddetta resistenza di pressione o di forma (pressure or form
drag), pur aumentando la resistenza di superficie (skin drag) legata all’attrito
viscoso del fluido sulla superficie. La resistenza di pressione o di forma è legata alla
forma dell’oggetto, ovvero, al maggiore o minore affusolamento dell’oggetto solido
sul quale scorre il fluido. Un disco ha una maggiore resistenza di forma (o di
pressione) di una sfera dello stesso diametro e questa presenta una resistenza di
forma maggiore di un “dirigibile” dello stesso diametro che ha un bordo di uscita
appuntito. Il “dirigibile”, a sua volta, offre una resistenza maggiore di un profilo
alare, altri parametri (velocità, densità, viscosità) restando uguali2. L’affusolamento
degli oggetti solidi riduce quindi la resistenza di pressione e una superficie ruvida,
pur aumentando la resistenza di superficie, contribuisce pure a diminuire la
resistenza di forma o pressione.
Una volta capito l’origine e le caratteristiche dinamiche dello strato limite, si
riprende a discutere sul tubo di Pitot per chiarire come questo strumento,
nonostante la presenza dello strato limite sulla sua superficie, possa comunque
fornire un valore accurato della velocità del flusso a monte dello strumento, dai
valori di pressione totale (o di stagnazione) e statica. La forma affusolata dello
strumento, la proprietà dello strato limite di presentare in tutto il suo spessore,
punto per punto, un gradiente di pressione trasverso nullo (nella direzione
perpendicolare al flusso esterno), e le dimensioni ridotte della presa laterale (che
evitano moti vorticosi che perturbino la corrente esterna) permette di dimostrare
che la pressione misurata nella presa laterale corrisponde con buona
approssimazione al valore della pressione nel flusso a monte. Quindi, applicando
l’equazione di Bernoulli (sfruttando che il flusso esterno si comporta, nei regimi di
interesse, come un flusso non viscoso e stazionario), ricavare infine la velocità del
flusso. Questo parametro dipende dalla velocità del flusso, dalla densità e viscosità del fluido, e dalla dimensione
caratteristica dell’oggetto solido che interagisce con il flusso. Un elevato numero di Reynolds (Re ~ 105-106) significa
che dominano gli effetti inerziali e di conseguenza il flusso può essere considerato inviscido. Questo è il caso del volo
di un aeroplano.
2
Questi aspetti saranno studiati con la galleria del vento nel IV incontro.
flusso a monte dai valori di pressione statica (laterale) e totale (di stagnazione)
misurate dal tubo di Pitot.
Nelle discussioni informali avute con alcuni dei partecipanti, sono emerse alcune
difficoltà o necessità di approfondimento che riguardano:
(a) l’origine del campo di pressioni attorno all’ala e che determina l’andamento dello
strato limite, ovvero, “il serpente che si morde la coda”: è il campo di pressione che
fa accelerare il fluido, o è l’aumento di velocità del fluido che determina la
pressione?
(b) possibilità di usare il P. di Bernoulli per discutere la portanza senza sfruttare il
principio di azione-reazione e senza approfondire il perché dell’accelerazione del
fluido: è fattibile?
(c) quanto dei contenuti finora apportati durante il modulo è trasferibile in classe e
con quale mezzi?
Tutte queste questioni, in particolare la (c), saranno affrontate nel terzo incontro.
Ritengo opportuno anticipare un piccolo schema del percorso didattico attuabile in
classe per condividere quali siano le idee principali che questa attività di laboratorio
vuole trasferire agli studenti, quali i nuovi concetti di fluidodinamica da introdurre e
quali le modalità migliori e i tempi più adeguati per proporre i contenuti del
laboratorio agli studenti.
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