Breve storia geologica dell’Orrido di Inverigo. A cura del Dr Geol Nicolodi Francesco La Brianza è stata parte di un vasto mare, la Tetide, tra i 250 ed i 50 milioni di anni fa (Triassico - Paleocene), con tante belle isolette tropicali, ricche di palme e di dinosauri. Questo mare, a seguito dei movimenti di riavvicinamento tra il margine paleo- europeo e il margine paleoafricano si è venuto a riempire e chiudere, dando poi vita all'attuale Mar Mediterraneo. La fase finale della chiusura è rappresentata dallo scontro tra la placca africana (a cui l’Italia appartiene) e quella europea, con la creazione della catena alpina. Le colline brianzole sono la conseguenza finale di questo processo. Circa 1 milione di anni fa questi rilievi erano ancora abbozzati, ed una vasta pianura ricopriva le attuali località di Inverigo, Besana Brianza, Carate Brianza, etc. Il paleo-Lambro (molto diverso da quello attuale) ed altri fiumi venivano a deporre ingenti quantità di ghiaia e sabbia all’interno di canali e meandri fluviali, molto simili a quelli che si osservano oggi lungo il corso del Po. Successivamente il processo geologico della diagenesi veniva a cementare questi depositi formando così il Ceppo. II Ceppo della valle del Lambro può essere correlato al Ceppo dell'Adda, che presenta la stessa origine. All’interno di questa formazione rocciosa possiamo distinguere i clasti, che costituiscono come l'ossatura della roccia, e la matrice, che fa da legante tra i vari elementi litoidi. Osservando i primi, possiamo notare che i ciottoli sono formati da diverse rocce, la cui origine testimonia un passato alquanto turbolento; vi sono calcari, arenarie e dolomie, che provengono dall’erosione dei rilievi prealpini (come, per esempio, le Grigne o il Resegone), anche graniti, tonaliti, dioriti, gneiss, originatisi nelle Alpi (come in Val Masino, Valtellina, etc.) e trasportati in questa zona dai corsi d’acqua e, quasi certamente, da antiche glaciazioni, precedenti a quelle che noi conosciamo. Gli elementi hanno dimensioni massimo di 10-15 cm, grado di arrotondamento elevato e sfericità media-bassa. La matrice, che costituisce l’impasto legante di questi ciottoli, è data da sabbie e limi, sempre di origine fluviale. Il tutto è cementato da carbonato di calcio, proveniente dalla dissoluzione chimica delle rocce calcaree presenti in zona. Purtroppo tale cemento è molto debole, tanto da rendere la roccia poco adatta per l’impiego in usi nobili, quali rivestimenti edili. Gia il Breislak nel 1822, all’interno della sua “Descrizione geologica della Provincia di Milano” indica il Ceppo, presso Inverigo, come materiale usato per produrre macine da mulino e rivestimenti per le facciate delle ville dei notabili locali. “....Ma l’abbondanza delle parti calcarie, il cemento tenero e di poca consistenza, e la quantità di sabbia che vi è unita rendono tali macine molto difettose, e la farina che si ottiene da esse non è esente da parti terrose......”. Proprio per questo si è preferito realizzare le stesse con la famosa (e più resistente) Molera, composta dalla Formazione della Gonfolite (Oligocene - 30 Milioni di Anni fa). Tutte queste macine difettose ora sono visibili ad Inverigo, come elemento decorativo lungo i muri a secco che attorniano Villa Crivelli. Nonostante questi aspetti di scarsa qualità, il Ceppo è sempre stato ampiamente utilizzato nella zona lombarda, data la sua buona reperibilità a costi molto bassi e competitivi rispetto ad altri materiali lapidei, la sua facile lavorabilità, la sua bassa durezza; non a caso, lungo il corso del Lambro furono sfruttate numerose cave di questo materiale, come ad Inverigo (cava detta 'Cepera'), sfruttata dall’Architetto Cagnola, per la Rotonda. I Ceppo presenta diversi “sgrottamenti” dovuti all’azione fluviale, molto famosi per la frescura e l’amenità dei luoghi: l’Orrido di Inverigo e le Grotte di Realdino (a Carate Brianza). La loro fama era nota fin dal 1700-1800, tanto che lo stesso Breislak, nell’opera precedentemente citata, ne fa cenno, passandoci sopra velocemente, con lo sdegno di uno scienziato che non capisce come mai una formazione geologica (per lui) poco importante sia citata ampiamente su tutte le guide turistiche dell’epoca: “...... della quale parlano tutte le Guide di Milano....”. Nel Comune di Inverigo il ceppo costituisce il substrato di buona parte del territorio, sul quale anzi poggiano lo stesso colle di Inverigo e le frazioni di Romanò e Villa Romanò. Questo conglomerato affiora in più punti, ma l'affioramento più spettacolare è quello che si incontra nei pressi della cascina Duno, dove la roccia forma pareti alte circa dieci metri, animate da fresche sorgenti che scaturiscono dalle argille sottostanti il ceppo. Il luogo, ameno e fresco anche nella stagione più calda, venne attrezzato per accogliere i visitatori, che cominciarono ad essere numerosi fin dalla fine del secolo scorso; Inverigo e il suo Orrido divennero anzi la meta privilegiata di molti monzesi e milanesi, che potevano raggiungere in treno la località briantea per godersi la frescura dell'Orrido, per abbeverarsi alle sue sorgenti e per passeggiare tra i bei boschi che lo circondavano. Da tempo, purtroppo, l'intera area vive una fase di abbandono ed è perfino preclusa ai visitatori, essendo inserita in una vasta proprietà privata, completamente recintata, che ancora attende di avere una pianificazione territoriale. Una piccola nota geologico-tettonica va infine indicata, relativamente al motivo per cui il Ceppo (e l’Orrido) si trovano in una posizione così alta rispetto al Fiume Lambro, mente le equivalenti Grotte di Realdino sono praticamente lambite dall’acqua dello stesso. In linguaggio geologico si può parlare di Tettonica ad Horst (pilastri) e Graben (fosse). Ciò è stato provocato dalla "Tettonica gravitativa", cioè uno scorrimento verso sud dei gruppi montuosi delle Grigne e del Resegone, dovuto al loro innalzamento (correlato con quello delle Alpi) e conseguente azione della gravità terrestre. Come enormi "zattere" queste gruppi montuosi sono "scivolati" per il loro stesso peso su orizzonti argillosi, premendo a loro volta i massicci rocciosi che hanno dato vita alle colline brianzole. Queste spinte hanno inizialmente determinato le deformazioni presenti nel substrato e successivamente ne hanno causato la frammentazione in più blocchi minori. Praticamente si può paragonare questa zona della Brianza ad un’immensa “torta”, che “lievitando” ed “asciugando” si è alzata ed ha creato diverse “rughe”. Le Pieghe sono dovute al comportamento “plastico” che le rocce, con il tempo, la pressione ed il calore, tendono a deformarsi senza rompersi. Prendiamo, per esempio, un libro: esso è fatto da innumerevoli fogli; se lo pieghiamo, questi fogli non si rompono, ma si deformano. Lo stesso dicasi delle rocce (libro), i cui strati (fogli) si modificano durante i milioni d’anni. La pressione è stata, però, molto forte in alcuni punti, causando così la rottura del “libro” lungo piani di movimento, detti “faglie”. L' intero substrato roccioso appare quindi rialzato e suddiviso in più blocchi (horst-pilastri), tra cui vi è quello di Inverigo, mentre la Valle del Lambro può essere vista come un Graben (fossa). Bibliografia utile AA. VV., 1992, Guide Geologiche Regionali - Alpi e Prealpi Lombarde. Ed. BE-MA AA. VV., 1998, “Il Parco Regionale della Valle del Lambro”. Ed Bellavite, Missaglia. AA. VV., 2003, “Bevere un Patrimonio da Salvare” Ed. Comitato Bevere - Bellavite Breislak S., 1822, “Descrizione geologica della provincia di Milano” Ed. Provincia di Milano. Casati P., 1982, “L’acqua nel Territorio di Monza. Passato, Presente, Futuro” Ed. Comune di Monza. Orombelli G., 1979, “ Il Ceppo d’Adda: revisione stratigrafica”. Riv. It. Pal. Strat., 85. Riva A., 1949, ”Saggio di rilevamento del morenico e dei terreni Quaternari in genere tra il Canturino e la Brianza Occidentale”. Atti dell’Istituto Geologico della Università di Pavia- Volume III Riva A., 1966, “Idrografia Fluviale Milanese. Inquinamenti e depurazione delle acque pubbliche”. Pubblic. U.P.E.I. Taramelli T., 1876, “Alcune osservazioni sul ferretto della Brianza” Imp. Reg. Stamp., Milano. Ugolini F. e Orombelli G., 1968, “Notizie preliminari sulle caratteristiche pedologiche dei depositi glaciali e fluvioglaciali fra l’Adda e l’Olona in Lombardia”. Istituto Lombardo (Rend. Sc.), serie A, 102, 767 - 799.