Messa di ringraziamento
per la Beatificazione di Madre Teresa di Calcutta
Cattedrale, 26 ottobre 2003
A
distanza
di
otto
giorni
dalla
cerimonia
di
Beatificazione di Piazza S. Pietro, siamo qui riuniti per
ringraziare Dio della luce che attraverso Madre Teresa, è
giunta a ciascuno di noi e al mondo intero.
Questa grande donna del nostro tempo, questa
coraggiosa messaggera del Vangelo, la cui vita è stata così
profondamente segnata dall’amore, è venerata ora tra i Beati
della Chiesa.
Rendiamo lode a questa “piccola donna” innamorata di
Dio, umile messaggera del Vangelo e infaticabile benefattrice
dell’umanità. Onoriamo in lei una delle personalità più
rilevanti della nostra epoca e perciò guardiamo a lei come
esempio e fonte di ispirazione.
Madre Teresa era una missionaria portatrice dell’amore
di Dio e ambasciatrice della sua pace. Diceva infatti:
“Il frutto del silenzio è la preghiera,
il frutto della preghiera è la fede,
il frutto della fede è l’amore,
il frutto dell’amore è il servizio,
il frutto del servizio è la pace”.
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La novella Beata ha fondato la sua esistenza sulle
beatitudini evangeliche. Queste rappresentavano il suo
modello di vita. Madre Teresa spese tutte le sue energie nel
servizio ai poveri e ai bisognosi.
Affermava infatti: “Dobbiamo pensare ek ek (cioè una
cosa alla volta) Così si comincia”. E’ da questa umile e
semplicissima affermazione di Madre Teresa che sono sorte,
durante gli oltre cinquant’anni di vita della Società Missionaria
della Carità, quasi un migliaio di strutture in tutto il mondo;
anche nella nostra città ce ne sono due : in Via Tribunali,
nell’ex Seminario minore, e al Frullone in un immobile messo
a disposizione dal Comune. In queste case sparse per il mondo
sono state assistite milioni di persone cui vanno aggiunti i
sofferenti
aiutati
nelle
circostanze
più
improvvise
e
drammatiche, come l’esplosione di Bhopal (India) nel
dicembre del 1984, o i terremoti in Guatemala nel febbraio del
1976 e in Armenia nel dicembre 1988, oppure il ciclone del
maggio 1991 in Bangladesch, tanto per citare soltanto
qualcuno degli esempi più eclatanti.
Ma, alla radice di tutto, per Madre Teresa c’è stato
sempre il singolo uomo e la singola donna, da accogliere e da
amare. Alle consorelle e a qualsiasi autorità politica ripeteva
senza tregua: “Non sono d’accordo con il fare le cose in
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grande. Per noi ciò che importa è l’individuo. Per poter amare
una persona, dobbiamo entrare in stretto contatto con essa. Se
aspettassimo
di
raggiungere
molta
gente,
non
ci
raccapezzeremmo più e non saremmo mai in grado di
manifestare amore e rispetto per la singola persona. Possiamo
amare soltanto una persona alla volta, servire soltanto una
persona alla volta. Credo nel rapporto a tu per tu: per me
ognuno rappresenta Cristo e, poiché c’è un solo Gesù, quella
persona in quel momento è l’unica al mondo”
Nessun cedimento neanche quando qualche forzata
polemica cercava di coinvolgerla in giudizi sui destini più
complessivi della società e sulle strategie da adottare per
risolvere i drammi dell’umanità. A chi la stuzzicava con
l’affermazione che il lavoro delle Missionarie era soltanto una
goccia nell’oceano, rispondeva con impeto: “Noi stesse ce ne
rendiamo conto. Però è anche vero che, nel caso contrario,
all’oceano mancherebbe questa goccia perduta”.
Altri invece le chiedevano perché non desse alla gente
una lenza per pescare, piuttosto che direttamente il pesce,
Madre Teresa replicava con un sorriso: “Quelli che io servo
non hanno nemmeno l’energia per alzarsi in piedi. Né sono
capaci di reggere la canna da pesca. Dandogli il pesce da
mangiare li rendo più forti, in modo che in seguito voi potete
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fornire la lenza e gli insegnerete a pescare rendendoli
autosufficienti”.
La sua era una consapevolezza nata nei primissimi tempi
dell’apostolato per le strade di Calcutta, quando ogni giorno le
accadeva di imbattersi in sofferenti, affamati, moribondi e nel
cercare di fare qualcosa per loro: ripeteva a se stessa e alle
compagne: “Il nostro lavoro è per oggi, perché ieri è trascorso,
domani non è ancora venuto. Abbiamo soltanto oggi per far
conoscere Gesù, per amarlo, servirlo, nutrirlo, vestirlo, dargli
un riparo”.
Nella
scelta
delle
attività
non
c’era
alcuna
pianificazione: ogni opera veniva intrapresa nel momento in
cui se ne presentava la necessità, quasi come se fosse Dio a
indicare, di volta in volta, che cosa fare.
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8):
Questa era una delle frasi di Cristo preferite da Madre Teresa.
Non si stancava mai di ripetere che “un cuore puro può vedere
Dio”. Si riferiva alla penetrante visione di fede, che proviene
dall’essere orientati unicamente verso Dio e che consente di
percepirne in ogni circostanza e situazione la mano, sempre
all’opera nella vita dell’uomo. La fede di Madre Teresa era
così grande che portava a riconoscere Dio anche negli
avvenimenti più dolorosi e tragici della vita.
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“Il mio sorriso è un grande mantello che copre una
moltitudine di dolori”, scrisse Madre Teresa in una lettera del
luglio 1958. Che cosa intendesse dire con queste drammatiche
parole appare chiaro unicamente oggi: “Tutto il tempo a
sorridere, osservano a mio riguardo le suore e la gente. Loro
pensano che la mia fede, la mia speranza, il mio amore mi
stiano colmando in profondità e che l’intimità con Dio e
l’unione con la sua volontà impegnino il mio cuore. Se
soltanto potessero sapere…”.
Ciò che le suore e la gente non conoscevano fa parte del
segreto di Madre Teresa, conservato gelosamente fino ad oggi
e che riguarda i suoi dialoghi con Cristo e le visioni che aveva
di lui.
Il Papa Giovanni Paolo II nel documento Novo millennio
ineunte, scritto al termine del Giubileo del 2000 afferma: “I
santi ci offrono indicazioni preziose che consentono di
accogliere più facilmente l’intuizione della fede, e ciò in forza
delle particolari luci che alcuni di essi hanno ricevuto dallo
Spirito Santo, o persino attraverso l’esperienza che essi stessi
hanno fatto di quegli stati terribili di prova che la tradizione
mistica descrive come “notte oscura” Non rare volte i santi
hanno vissuto qualcosa di simile all’esperienza di Gesù sulla
croce, nel paradossale intreccio di beatitudine e di dolore”.
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Una precisa esemplificazione di queste parole del Papa
la ricostruiamo da uno scritto di Madre Teresa del 1959: “I
dannati
dell’inferno
soffrono
le
pene
eterne
perché
sperimentano la perdita di Dio. Nella mia anima, io provo il
terribile dolore di questa perdita, sento che Dio non mi vuole,
che Dio non è Dio, che Dio non esiste veramente. Gesù, ti
prego di perdonare la blasfemia, ma mi è stato ordinato di
scrivere tutto ciò che vivo, di descrivere l’oscurità che mi
circonda da ogni parte. Io non posso elevare la mia anima
verso Dio. Nessuna luce, nessuna ispirazione penetra nella mia
anima”. Ed è proprio all’interno di questa terribile esperienza
che prorompe l’eroicità della fede vissuta da questa grande
religiosa. Ha affermato il postulatore della causa di
Beatificazione : “Pur oppressa da questa ferita interiore, Madre
Teresa continuò a sorridere, a lavorare, a mostrarsi gioiosa. E
questo testimonia con chiarezza come fosse veramente
convinta che Dio aveva un preciso piano sulla sua vita, cui ella
desiderava dare compimento”.
La stessa Beata spiegando alle proprie discepole le
Costituzioni della Congregazione, scriveva: “La mia anima
può essere nell’oscurità, ma io so che oscurità, difficoltà e
sofferenza sono il test più oscuro della mia totale resa a
Cristo”.
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Possiamo veramente dire che Madre Teresa è stato un
dono di Dio al modo moderno che ha fame di verità e di amore
gratuito e senza riserve. Consumata completamente dall’amore
di Dio e dedita senza limiti all’annuncio del Vangelo, con i
fatti innanzitutto, molti hanno visto in lei un esempio di vita
autenticamente cristiana: erano attratti dal volto di Cristo che
traspariva in lei nel suo servizio ai poveri.
Dove ha trovato, Madre Teresa, la forza di porsi
completamente al servizio degli altri? L’ha trovata nella
preghiera e nella contemplazione silenziosa di Gesù Cristo, del
Suo Santo Volto, del Suo Sacro Cuore.
Missionaria della Carità, missionaria della vita. Madre
Teresa era tutto ciò. La sua intera esistenza è stata un inno alla
vita. I suoi incontri quotidiani con la morte, la lebbra, l’AIDS e
ogni genere di sofferenza umana l’hanno resa valida testimone
del Vangelo della vita.
La Beata, pur non ricercando mai la fama, ha esercitato
un grande fascino che non si può spiegare con le categorie di
questo mondo, ma solo se visto nel suo orizzonte
soprannaturale, quello di cui i Santi si sono nutriti. E’ stata
l’attrattiva della sua santità a portare innumerevoli frutti di
bene. La Beata Teresa di Calcutta rimane mirabile esempio e
segno pieno di fascino per il nostro tempo di come una vita
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costruita sulle Beatitudini evangeliche possa essere colma di
amore e donare luce al mondo, quella luce che è Cristo.
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