GESÙ, L’OGGI DI DIO Omelia nel primo anniversario della morte di Mons. Guerrino Orlandini Ritornare a fare memoria di Mons. Orlandini qui, in questa chiesa di S. Pio X, che ha condiviso gli ultimi giorni (prima del ricovero a Montecchio) della sua lunga e feconda esistenza terrena, cristiana e sacerdotale, mi è molto caro. Ma farei un torto a Mons. Orlandini se oggi, giorno in cui si celebra la vittoria di Cristo sulla morte, mi lasciassi catturare da pensieri umani — pur doverosi — sulla figura di Mons. Orlandini, prima che lasciarci tutti noi invadere il cuore e la mente dalla Parola di Dio. Che cosa ci ha detto il Vangelo (Lc 4,21-30)? Ritorno a Gesù “In quel tempo Gesù prese a dire nella sinagoga: OGGI si è compiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi. Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: Non è il figlio di Giuseppe?…”. C’era la tendenza — già tra i compaesani di Gesù —a ridurre la figura di Gesù a qualcosa di già noto: “non è costui il figlio di Giuseppe?”, si domandavano, ma nello stesso tempo già davano la risposta i contemporanei di Gesù. Nessuna meraviglia constatare anche oggi la tendenza di molti nostri contemporanei a ridurre la figura di Gesù a qualcosa di già noto. E così, un Gesù che insegni delle verità, di cui siamo già convinti per conto nostro, è anche accettabile. Un Gesù profeta, il quale anticipi i progetti di trasformazione sociale che noi stessi proponiamo, ci è anche simpatico. Mi ricordo, quand’ero assistente Scout, che questa sottolineatura della figura di Gesù, piaceva molto ai giovani di allora. Ma un Gesù che pretenda di mettersi un gradino più alto, o addirittura di costituirsi “Signore” e “Re” nei confronti di altri uomini, rischia di risultare incompreso, magari rifiutato come dai suoi stessi contemporanei. “Udite queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò”. Colpisce questo Gesù rifiutato dalla gente religiosa del suo tempo. Introducendo la riunione di noi Vescovi dell’Emilia-Romagna con la Congregazione per la Dottrina della Fede, durante la nostra visita “ad limina” a Roma la settimana scorsa, il vescovo Luciano Monari puntualizzava le difficoltà della catechesi oggi proprio a partire da questa tendenza verso una immagine riduttiva di Gesù Cristo. Con molta frequenza, infatti, si sente dire che tutte le religioni sono uguali e che tutte hanno del buono; fra tutte, ciascuno può scegliere liberamente, così come può scegliersi la squadra di calcio! È sintomatico il fatto che, anche tra coloro che affermano di credere in Gesù Cristo e negli insegnamenti della Chiesa, quasi una persona su tre metta le religioni sullo stesso piano o non sappia come rispondere. Dobbiamo ringraziare Giovanni Paolo II e, prima ancora, Paolo VI, che ci hanno aiutato a riscoprire l’unicità di Gesù Cristo, la singolarità della sua figura, irriducibile a un qualsiasi fondatore di religione. Aspettiamo con viva speranza la prossima pubblicazione di Papa Benedetto XVI sulla figura di Gesù di Nazareth. Tutto questo, però, andrà ripreso senza stanchezza nella catechesi, nella liturgia, nella spiritualità e nella cultura. Attitudine cristologica e orante Amo pensare che, a questo ritorno alla figura di Gesù, ci possa accompagnare la testimonianza stessa di Mons. Guerrino Orlandini. Chi lo ha conosciuto da vicino, come don Eleuterio Agostini, ha parlato di lui come di un maestro che nella sua molteplice attività e fioritura di studi si è sempre confrontato con il Cristo. Intervenendo su La Libertà al compiersi dei 90 anni di Mons. Orlandini e riferendosi al suo ultimo scritto, un commento al libro del Qoèlet dal titolo Non c’è niente di nuovo sotto il sole, così affermava don Agostini: “Davvero splendido; viene confermata l’attitudine cristologica ed orante di tutti gli scritti di Mons. Orlandini”. Sì, Mons. Orlandini poteva leggere da cristiano un libro come il Qoèlet — che non sembra avere un rapporto con il mistero di Cristo — e dire con l’Autore biblico: “Non c’è niente di nuovo sotto il sole”, proprio perché mosso da una grande fede in Gesù di Nazareth, il vero sole capace di illuminare ogni uomo che viene a questo mondo (cf. il Prologo del Vangelo di Giovanni). E così il Vescovo Monari, che ha fatto la presentazione di Non c’è niente di nuovo sotto il sole, può dire: “L’intento di queste pagine è espresso chiaramente nel sottotitolo: Dal vuoto del Qoèlet alla pienezza di Gesù Cristo”. A partire da questa luce di sole che è Gesù di Nazareth, si può dire che Mons. Orlandini abbia guardato a tutto, a tutta la vita della Chiesa. Alla liturgia innanzitutto, che, come insegna il Vaticano II (SC 41), è una “speciale manifestazione della Chiesa”: non solo una delle tante cose da fare, ma il cuore della vita stessa della Chiesa. Alla luce del sole di giustizia che è Cristo è da ricondurre tutta la vita di carità della Chiesa, che, come dice l’apostolo Paolo nella odierna prima lettera ai Corinti (cap. 13), di tutte le virtù evangeliche è la più grande. Non possiamo dimenticare la cura che Mons. Orlandini ebbe per la promozione, formazione e opera di sostegno per i ministri straordinari della Comunione presso gli ammalati, percorrendo e ripercorrendo in lungo e in largo il territorio della Diocesi per incontri. Un vero educatore alla figura di Gesù “Buon Samaritano”. Pure nel suo ministero di esorcista, ha saputo testimoniare la fede nella potenza del Vangelo di Gesù, medico non solo dei corpi ma anche delle anime, che lottano contro gli spiriti del male, come ci richiamava proprio il Vangelo domenicale del giorno della sua morte (Mc 1,21-28). Anche di questo ministero pesante, con ripercussioni su di lui, ed esercitato fino all’ultimo, dobbiamo essergli grati. Nessuna meraviglia che Mons. Orlandini abbia guardato alla sua stessa morte alla luce del sole che non tramonta, Gesù Risorto. Ha voluto lui stesso, per così dire, preparare la liturgia di commiato per il suo funerale. “La liturgia esequiale… desidero che sia celebrata nella luminosa Basilica della Ghiara, davanti all’immagine della Vergine Maria in adorazione del Figlio, davanti alla quale tante volte ho sostato in preghiera e meditazione. E che sia una Liturgia decisamente pasquale, che canti la vittoria di Cristo sulla morte e quella viva speranza a cui Cristo risorgendo ci ha rigenerati”. Così scrisse nel suo testamento. Grazie, Mons. Guerrino, per averci aperto la via della luce, che è Cristo Risorto, nel nostro comune pellegrinaggio alle sorgenti della nostra fede. Il Signore Gesù ti ricompensi, lui che ti ha concesso di servire la nostra Chiesa fino all’ultimo, secondo le parole del Salmo: “Nella vecchiaia darà ancora frutto, sarà vegeto e rigoglioso, per annunziare quanto è retto il Signore, mia roccia” (Sal 92,15). + Adriano VESCOVO Reggio Emilia – Chiesa di San Pio X, 28 gennaio 2007 Omelia nel primo anniversario della morte di Mons. GUERRINO ORLANDINI