La sera del 23 aprile, al teatro Cantero di Chiavari, la compagnia teatrale amatoriale “Il portico di Salomone” ha rappresentato “Barabba”, il dramma in due atti di Par Lagerkvist, davanti al vescovo della diocesi Alberto Tanasini e ad un pubblico di circa 700 spettatori. Quando il 29 ottobre scorso abbiamo iniziato a leggere la sceneggiatura del romanzo, non avevamo minimamente idea di tutto il rumore che si sarebbe prodotto attorno a Barabba: articoli, riedizione del testo, fiction Rai. Siamo partiti in tempi non sospetti. E solo per il ricordo che conservavo di una lettura fatta tanti anni prima; per l’intuizione che l’umanità inquieta, selvaggia e fallimentare di Barabba avesse qualcosa da riproporre all’uomo di oggi: la segreta speranza che le cose abbiano un senso. Ed è all’uomo, ad ogni uomo, non ad una particolare categoria, che ci siamo rivolti. Abbiamo iniziato un’avventura che neppure la più sfrenata immaginazione avrebbe potuto concepire. Un’avventura col testo di Lagerkvist, prima il romanzo, e poi la sceneggiatura teatrale, di “origine controllata”, da mettere in scena in poco meno di sei mesi, per di più sfidati dallo stesso Lagervist che non credeva che il suo dramma potesse fare una buona riuscita sulla scena, “a meno che non fosse recitato molto semplicemente,con biblica semplicità, come una leggenda”. Appunto quello che potevamo fare noi. Così abbiamo iniziato con l’incoscienza tipica dei giovani, quella che, a sessant’ anni ( si dice), uno dovrebbe aver superato. Io: regista; i ragazzi: attori; gli adulti:“tuttofare”. Dilettanti? Certo, ma ancor meglio “amatoriali”, perché ci piace proprio fare quello che facciamo. In questi mesi siamo diventati “Barabba”. Lentamente, per osmosi, i passaggi del romanzo, le battute della sceneggiatura, accuratamente rispettate secondo gli intendimenti dell’autore, hanno modellato la nostra fisionomia, il nostro pensiero, i modi stessi della nostra compagnia, le mail, i post e la pagina facebook. In diversi avevano scommesso al buio sul buon esito della rappresentazione teatrale di Barabba: innanzi tutto il Vescovo che ha promosso questa iniziativa, inserendola fra le attività diocesane per l’anno della fede. E poi i 24 giovani attori rapallesi che hanno aderito alla proposta, all’inizio in modo leggero e approssimativo, non conoscendo a fondo la densità del testo, ma cogliendone ben presto il fascino e la corrispondenza. Nessuno aveva previsto, però, quello che poi è successo oltre la più rosea immaginazione: un folto pubblico, in silenzio per due ore, teso ad ascoltare e guardare un dramma esistenziale di 2000 anni fa, così simile a quello che ancora oggi tanti uomini vivono nei confronti della figura di Gesù Cristo. Tutti noi. “Barabba” è stato proprio un avvenimento, nel senso più pratico del termine. E’ successo qualcosa lì, su quel palco. Qualcosa di diverso dalla stessa cosa fatta il giorno prima, una settimana prima, mesi prima. Diversa non nel senso di migliore, ma nel senso etimologico: qualcosa che “si gira da un’altra parte”, rispetto alle nostre previsioni, all’immaginazione, perfino rispetto alle nostre aspettative. Di più. Era lì sotto gli occhi di tutti. Proprio come avevamo pensato il nome della nostra compagnia, “Il portico di Salomone”, il luogo dove i primi cristiani si radunavano e tutti potevano vederli. Ci siamo fatti sfidare da Lagerkvist e abbiamo sfidato la fiction RAI. Certo l’autore svedese sarà lieto di aver visto dal Paradiso la sua opera rappresentata “con biblica semplicità”. Per la Compagnia teatrale “Il portico di Salomone” la regista Marina Maffei