XXVII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI MARKETING TERRITORIALE E AGENZIE DI SVILUPPO: UN’ANALISI COMPARATA Elena GAZZOLA Laboratorio di Economia Locale - Università Cattolica del Sacro Cuore, Via Emilia Parmense, 84 29100 Piacenza SOMMARIO Il forte dinamismo e la crescente apertura dei mercati globali hanno modificato il concetto di competitività. Accanto alla tradizionale competizione tra Paesi e imprese si va sempre più affermando una competizione tra sistemi territoriali e si assiste all’imporsi di nuovi fattori competitivi (Ciciotti, Rizzi, 2005). In questo contesto assume un ruolo fondamentale il marketing territoriale quale insieme di azioni finalizzate sia ad attrarre investimenti e/o turisti dall’esterno sia a promuovere il territorio nei confronti di imprese e cittadini. In considerazione del moltiplicarsi dei livelli di governo (sovranazionale, nazionale, regionale e sub-regionale) e della complessità degli interventi sembra emergere la necessità di una maggior specializzazione nei ruoli dei diversi attori impegnati nella definizione delle politiche di sviluppo locale e di marketing territoriale. Questo lavoro intende analizzare il ruolo delle agenzie di sviluppo nell’implementazione di attività di marketing territoriale in connessione con i processi di sviluppo locale, attraverso lo studio di alcuni casi (Alessandria, Cremona, Ferrara, Pavia, Piacenza, Polesine, Novara). 1. LO SVILUPPO LOCALE: UN NUOVO PARADIGMA L’affermarsi di modelli di sviluppo di tipo bottom-up, in cui governance multilivello e partership sembrano essere i concetti chiave, ha accresciuto l’importanza del ruolo delle agenzie di sviluppo, intese come soggetto intermedio tra ente pubblico e mercato. Il concetto di multigovernance (Perulli, 2000) trova espressione nel fatto che i soggetti operanti in un dato contesto territoriale possono avere competenze sovrapposte o sovrapponibili nelle politiche di sviluppo locale. Si tratta di individuare tali competenze, la loro possibile sovrapposizione e definire correttamente gli incentivi dei diversi attori per il raggiungimento di risultati efficienti. Queste nuove forme di governance territoriale reticolare sono espressamente richiamate e incentivate dalla nuova politica economica dell’Unione Europea (Agenda 2000, Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006, Regolamento dei fondi strutturali e nuova Costituzione Europea). In essa, accanto alla promozione dell’espansione economica sostenibile e al riequilibrio tra i sistemi economici e territoriali dell’Unione, trovano ampio spazio il tema del sostegno allo sviluppo locale e della partnership concertata. Le stesse politiche economiche più tradizionali e settoriali (infrastrutture, recupero urbano e tutela dell’ambiente) pur avendo un evidente valore in sé, devono essere rivolte al più generale obiettivo dello sviluppo, tenendo conto delle implicazioni di trasformazione del territorio su cui agiscono (Ciciotti, Rizzi, 2005). Anche il concetto di territorio/spazio si evolve. La letteratura ha sottolineato l’inadeguatezza di una definizione “tradizionale” di territorio (Boudeville, 1966; Meyer, 1963). Sempre meno esprimibile soltanto in termini fisici o di dotazione di infrastrutture e di fattori, il territorio si va configurando come un “prodotto” composito, un “luogo” nel quale componenti fisiche, strutturali e transitorie, coesistono inscindibilmente con elementi sociali (valori, cultura condivisa, identità locale, senso di appartenenza e via dicendo), elementi economici, elementi tecnici, scientifici e tecnologici (competenze diffuse, centri di ricerca, ecc.), elementi istituzionali e di governo. E’ un “luogo” di relazioni, interdipendenze e interazioni fra i diversi individui, imprese, enti in continua evoluzione in cui gli attori sono chiamati a riflettere e ad agire concretamente per creare e ricreare continuamente le condizioni di competitività del territorio stesso (Rizzi, Scaccheri, 2006). Le policies per lo sviluppo locale devono quindi orientarsi a promuovere la crescita o, più in generale, la competitività dinamica del territorio stesso, attraverso il potenziamento delle reti di relazione tra gli attori dello sviluppo economico. Negli ultimi decenni si è delineata un’evoluzione della concorrenza dalle singole imprese ai sistemi economici e territoriali. Accanto alla tradizionale competizione tra Paesi e imprese si va sempre più affermando una competizione tra sistemi territoriali e si assiste all’imporsi di nuovi fattori competitivi (Ciciotti, Rizzi, 2005). La competitività delle imprese dipende in misura crescente dalla più generale competitività dei sistemi - sociali e territoriali- nei quali esse sono inserite. Se da un lato le performance competitive delle aziende sono sempre più interconnesse e dipendenti dalle risorse specifiche dei territori in cui operano; dall’altro il contemporaneo incremento di concorrenzialità tra i territori impone l’adozione di logiche e di strumenti competitivi. La nuova fonte del vantaggio competitivo delle imprese, così come dei sistemi economici, sociali e territoriali, si sta manifestando e consolidando nella capacità, sia individuale che organizzativa, di accesso, utilizzo e sviluppo di conoscenza (Valdani, Ancarani, 2000). La globalizzazione delle economie ha determinato un progressivo annullamento delle distanze e intensificato i processi competitivi tra i territori per l’ottenimento delle migliori risorse disponibili. Si assiste a un impegno sempre maggiore, da parte di ciascuna area, di attrarre, all’interno del proprio ambito territoriale, investimenti, insediamenti produttivi, imprese di servizi, capitale umano qualificato, turisti, etc... I cambiamenti verificatesi nei servizi, nelle comunicazioni, nei trasporti e nei sistemi informativi hanno aumentato in modo esponenziale la mobilità dei beni, dei fattori produttivi, dei servizi, delle tecnologie, dei capitali e delle persone attraverso i confini territoriali. Nel nuovo paradigma di sviluppo economico che si va delineando, si assiste a un vero e proprio abbattimento della barriere alla mobilità sia delle imprese sia delle persone. Le prime alla ricerca di aree caratterizzate sia da risorse umane di alto livello, sia da bassi costi e economie esterne di vario tipo, nelle quali poter produrre beni/servizi o svolgere singole fasi del processo di produzione nel modo più efficiente possibile. Le seconde, in particolare i profili professionali di maggior livello, alle ricerca delle aree più attrattive e/o in grado di valorizzare maggiormente le proprie capacità lavorative, individuali e finanziarie. Il “nomadismo economico” innescato dal processo di globalizzazione ha portato a una destrutturazione dell’economia e delle forme organizzative collaudate dalle grandi imprese che se prima erano “…piramidi costruite per durare nei secoli. Oggi assomigliano piuttosto a tende da piantare, elevare in fretta, ma facilmente abbattibili” (Drucker, 1998, p.176). i cambiamenti di scenario indotti dalla competizione globale, i processi di ristrutturazione delle imprese, gli sviluppi dell’information tecnology hanno modificato i fattori determinanti le scelte localizzative che appaiono sempre meno determinate dagli spazi o dai tradizionali fattori di carattere logistico e più dipendenti da condizioni complessive di contesto favorevoli a fasi o processi produttivi spesso in ottiche temporalmente limitate. Accanto alla dimensione globale si assiste, negli ultimi anni, a una nuova attenzione al ruolo del locale nelle analisi e nelle policy di sviluppo economico e sociale (D’Andrea, Quaranta, Quinti, 2000; Magnaghi, 2000). In questo contesto caratterizzato da un’elevata mobilità di fattori (imprese, persone, capitali,…), abbattimento dei confini territoriali, incremento della competizione internazione scarsità di risorse, multigovernance, le agenzie di sviluppo hanno assunto una crescente importanza nel panorama degli strumenti necessari ad accompagnare i fenomeni di sviluppo locale. 2. COMPETITIVITA’ DEI TERRITORI E MARKETING TERRITORIALE L’evoluzione dei fattori di competitività di un territorio, tra i quali stanno acquistando sempre maggiore rilevanza le strategie degli stakeholders locali, ha assegnato un ruolo decisivo al marketing territoriale nella duplice funzione di promozione del territorio, sia verso l’interno (imprese e cittadini presenti) sia verso l’esterno (potenziali investitori), e di attrazione di investimenti e turismo. A livello teorico e scientifico si contano ormai numerosi studi in materia di marketing territoriale (Kotler, 1993; Ancarani, 1999; Camagni, 1999; Caroli, 1999; Paoli,1999; Rizzi, 1999; Rizzi, Lucarno, Timpano, 2002; Bellini, 2000). Tuttavia spesso il termine è oggetto di una lettura semplificata che non rispecchia i diversi approcci disciplinari proposti dalla teoria e le diverse sfumature assunte nelle applicazioni pratiche. Si rende necessario definire i contenuti e le specificità del marketing territoriale che spesso vengono confusi con pure attività promozionali, svolte senza un preciso disegno strategico. Prima negli Stati Uniti e nel Nord Europa e solo recentemente in Italia, i concetti, le metodologie e le tecniche del marketing aziendale sono stati applicati al contesto territoriale e ai suoi attori. In questo caso ci troviamo ad operare da un lato con il “bene” territorio, ovvero con un “prodotto” composito, caratterizzato dalla coesistenza di componenti fisiche - parte hard - , componenti immateriali e relazioni tra attori - parte soft - (Ashworth, Voogd, 1990; Casella, 1997) che rappresenta l’offerta. Dall’altro con residenti e imprese locali (marketing interno), investitori esteri e nazionali, turisti, potenziali nuovi residenti (marketing esterno) che rappresentano la domanda. E’ possibile parlare di non profit marketing (Kotler, 1993) perché gli attori coinvolti (città, governo locale, soggetti economici e sociali del territorio) perseguono obiettivi che non tendono a massimizzare il profitto o il potere di mercato, ma ad assicurare e accrescere il benessere collettivo, attenuando i potenziali conflitti. E’ cruciale sviluppare relazioni ottimali e durature tra il soggetto che gestisce l’offerta e l’acquirente. Il marketing relazionale (Caroli, 1999) si connota per la necessità di creare e consolidare un networking relazionale peraltro di tipo anche cooperativo in cui si presuppone un certo grado di coerenza tra gli obiettivi dei potenziali investitori in un’area e quelli degli stakeholder dell’area stessa. In letteratura, il termine marketing territoriale viene usato con accezioni che presentano sfumature diverse, non per questo tra loro contrastanti. Una prima accezione fa riferimento al marketing come insieme di azioni collettive volte all’organizzazione dell’offerta di dotazioni infrastrutturali, di incentivi economici, di servizi pubblici con lo scopo di attrarre in una specifica area o contesto territoriale nuove attività economiche e produttive e promuovere l’economica locale. Un secondo approccio considera il marketing territoriale come processo volto alla creazione di valore per gli attori presenti in un dato territorio. Partendo dall’analisi della domanda e dei bisogni degli stakeholder locali si costruiscono e rafforzano i rapporti di scambio vantaggiosi sia con gli attori interni (imprese locali e residenti) sia con quelli esterni (potenziali investitori, potenziali residenti e turisti) al territorio. Per poter attrarre risorse (umane, produttive, finanziarie) dall’esterno occorre in primis migliorare il livello di soddisfazione e il grado di dinamismo della popolazione e del sistema imprenditoriale locale. La pluralità di approcci porta a segmentare le azioni di marketing, in particolare si parla di marketing d’area, marketing locale, marketing urbano e marketing turistico. Attraverso l’attività di marketing si persegue l’obiettivo di potenziare le condizioni che favoriscono la competitività delle imprese locali e la crescita equilibrata della struttura produttiva esistente nonché di consolidare o creare le condizioni che rendono il territorio attrattivo per le scelte localizzative dei potenziali investitori (Mediacamere, 2005). Il marketing territoriale contribuisce alla competitività del territorio in quanto cerca di favorire le condizioni che consentono al territorio stesso di stabilire delle relazioni con soggetti esterni e trarre da essi le risorse, le energie e i capitali più indicati per il proprio processo di sviluppo interno. Quanto sopra enunciato non deve creare confusione tra marketing territoriale e politiche di sviluppo locale. I due concetti, soprattutto se consideriamo il marketing territoriale nell’accezione più ampia di adeguamento dell’offerta alla domanda possono presentare delle connessioni. Tuttavia, mentre il marketing territoriale non agisce, se non parzialmente e in specifiche circostanze, sulle caratteristiche strutturali di un’area modificandole in modo sostanziale, le politiche territoriali presentano uno spettro molto ampio di settori di intervento (Caroli, 1999). Inoltre mentre queste ultime sono più orientate all’offerta del “prodotto” territorio, il marketing territoriale si focalizza maggiormente sulla domanda. 3. UN QUADRO DI RIFERIMENTO PER LE AGENZIE DI SVILUPPO IN EUROPA E IN ITALIA 3.1 Le agenzie di sviluppo regionali L’elevata diffusione e varietà delle agenzie di sviluppo regionale o Regional Development Agencies e le analisi, in gran parte di tipo descrittivo, fatte sinora hanno consentito di individuare solo alcune tipologie prevalenti di RDA. Conoscerne le principali caratteristiche è di grande utilità per una maggior comprensione del fenomeno e del ruolo che le agenzie posso avere nell’influenzare il livello di competitività di un territorio in un programma di sviluppo locale. Le agenzie di sviluppo possono nascere da un problema di market failure, ovvero dall’incapacità del mercato di produrre spontaneamente processi virtuosi di crescita, o da un problema di State failure, ovvero da un inefficiente funzionamento della struttura pubblica. Nel primo caso l’agenzia si trova a dover fronteggiare una carenza di imprenditorialità e/o di risorse finanziarie private, nel secondo a sostituirsi al gestore pubblico nel coordinamento di programmi di sviluppo locale. Le agenzie di sviluppo possono avere una mission focalizzata su un obiettivo di attrazione di investimenti e supporto alla nuova imprenditorialità o una mission basata su un mix di obiettivi quali lo sviluppo sostenibile, il supporto alle iniziative imprenditoriali interne e altre attività oltre a quella tradizionale di attrazione. Possono assumere la connotazione di un’agenzia multifunzione, impegnata nell’offerta di business services a un insieme di imprese (società di gestione di patti territoriali) o un carattere di facilitatore di funzioni altrui (sportello unico) o entrambe (Halkier, Danson, 1997; Roberts, 1999). Sempre più rilevanza sta assumendo il ruolo di “mediatori” nel matching tra domanda e offerta territoriale di servizi e di competenze che vede le agenzie passare da una configurazione tipica del centro servizi a quella di un “intermediario” dell’informazione. Il processo di globalizzazione sta orientando le RDA da una strategia di marketing territoriale centrata sull’offerta a una strategia di marketing territoriale centrata sulla domanda (Sansoucy, 2002). Il primo approccio parte da un’attenta e scrupolosa analisi del territorio per individuare i fattori che possono promuovere lo sviluppo locale e attirare nuovi investitori. Partendo da un’approfondita conoscenza del proprio contesto locale non solo in termini sociali, produttivi, infrastrutturali, ma anche in termini di dotazione di risorse (economiche, finanziarie, umane, ambientali..) e di bisogni espressi degli attori locali in relazione al tipo di sviluppo desiderato, le RDA possono puntare sui fattori di vantaggio competitivo delle regioni o creare le condizioni per favorire gli investimenti. Nel secondo approccio il focus è posto sulla necessità di stimolare i processi di sviluppo attraverso un’attrazione selettiva di imprese capaci di assicurare un investimento stabile e duraturo nel territorio (Timpano, in Ciciotti, Rizzi, 2005). 3.2 Le caratteristiche di base delle agenzie di sviluppo Partendo dalla consapevolezza che non esiste un unico modello di sviluppo, che ogni territorio ha le proprie caratteristiche storiche, politiche, economiche e sociale e che quindi non è possibile identificare un modello strutturale di agenzia meccanicamente replicabile, è possibile identificare alcuni fattori di differenziazione nelle tipologie di agenzie di sviluppo: in particolare, l’assetto istituzionale e giuridico, l’ambito territoriale di riferimento e il grado di autonomia. Da questi elementi è possibile trarre interessanti indicazioni in merito ai rapporti delle agenzie con i livelli di governo regionali o centrali, i rapporti tra più agenzie che operano contestualmente sullo stesso territorio, nonché i rapporti tra le agenzie e il sistema locale in cui agiscono. Le agenzie di sviluppo, in genere, sono strutture dotate di autonomia giuridica e funzionale, legalmente riconosciute nell’ambito del diritto privato e dotate di una forma giuridica che consente la partecipazione degli attori locali. Le agenzie possono essere di natura pubblica, di natura privata o a partecipazione mista pubblico-privata. Mentre per quanto riguarda l’assetto giuridico è possibile distinguere tra forme consortili (con carattere profit o nonprofit) e forme societarie (in prevalenza società di capitali). Le agenzie pubbliche, in genere, sono una diretta emanazione dei livelli di governo superiori (regionali o nazionali) i quali, nel caso di società di capitali, assumono il controllo di maggioranza. Rispetto alle agenzie private, quelle pubbliche presentano un minor livello di autonomia, essendo la loro funzione quella di attuare gli obiettivi di sviluppo e di sostegno all’economia locale decisi in ambito regionale o nazionale. La natura autonoma (Halkier, Danson, 1997) permette all’agenzia di qualificarsi allo stesso tempo come soggetto istituzionale, assumendo un ruolo nel panorama politico locale e/o nazionale, soggetto contrattuale, autonomo nella gestione delle fonti di finanziamento e dei contratti, soggetto amministrativo, dotato di specifiche competenze per l’elaborazione dei progetti e l’erogazione di servizi (AA.VV, 2000). Le agenzie di sviluppo sono strutture “territoriali” in cui ambito di intervento coincide con una suddivisione amministrativa precisa. Possiamo distinguere agenzie di sviluppo nazionali, regionali e locali. Le agenzie nazionali operano sull’intero sistema paese, con indubbi vantaggi in termini di economie di scala legati alla possibilità di accede a consistenti finanziamenti, di gestire in modo integrato pacchetti di promozione territoriale, di ridurre gli ostacoli tecnici e amministrativi nel processo insediativo di potenziali investitori, e coordinare interventi orientati alla correzione degli squilibri territoriali tra aree diverse del paese. Gli elementi di maggior criticità riguardano l’effettiva conoscenza delle specifiche esigenze locali e l’attiva partecipazione degli stakeholder. Le agenzie regionali o locali, invece, presentano una cognizione specifica e dettagliata delle realtà locali e possono rappresentare strumenti operativi più efficaci per agire su aree territoriali particolari, svolgendo un’importante funzione di intermediario tra sistemi locali e le autorità amministrative. Tuttavia, in molti casi, la dimensione ridotta, l’accesso a risorse limitate e il carattere fortemente localistico rappresentano dei limiti allo svolgimento della loro attività. Considerando simultaneamente gli aspetti relativi all’autonomia e all’ambito di operatività, è possibile ricavare una matrice delle possibili configurazioni delle agenzie di sviluppo (Arnone, Bellavite Pellegrini e Timpano in Ciciotti, Spaziante, 2000) Figura 1 La agenzie di sviluppo: possibili configurazioni AREA GEOGRAFICA DI RIFERIMENTO Nazionale Regionale o Locale AGENZIA OMBRELLO AGENZIA INTEGRATA AGENZIA REGIONALE AGENZIA AUTONOMA Limitato Elevato GRADO DI AUTONOMIA Fonte: M. Arnone, C. Bellavite Pellegrini e F. Timpano, Modelli di Agenzie di sviluppo regionale: analisi teorica e evidenza empirica in Ciciotti e Spaziante (a cura di) Economia, territorio e istituzioni, Franco Angeli 2000. In riferimento agli elementi sopra considerati possiamo distinguere quattro modelli di agenzie di sviluppo: 1. Le agenzie autonome (o locali): agenzie dotate di un elevato grado di indipendenza che operano a livello locale. In genere operano in contesti territoriali particolari per i quali sono richieste specifiche competenze tecniche. Tali agenzie, se di piccole dimensioni, agiscono per obiettivi territoriali ben definiti come nel caso delle agenzie locali italiane. 2. Le agenzie integrate nazionali: agenzie con elevata autonomia che operano su scala nazionale e promuovono l’intero sistema paese a cui appartengono con la finalità di attrarre investimenti dall’estero. Tali agenzie sono solitamente emanazioni dei governi nazionali e presentano una struttura a rete con rappresentanze nei principali paesi del mondo (alcuni esempi a livello internazionale: l’agenzia coreana KOTRA e la polacca PAIZ). 3. Le agenzie ombrello: agenzie con limitata autonomia e dimensione territoriale nazionale. Nella maggior parte dei casi operano attraverso una rete di sotto-agenzie che, a loro volta, svolgono la loro mansione a livello regionale. Oltre a promuovere il paese all’estero e attrarre capitali, le agenzie ombrello svolgono anche una funzione di coordinamento dell’attività delle sub agenzie regionali. Queste ultime, pur cooperando tra loro attraverso l’agenzia ombrello, operano in condizioni di concorrenza nell’attrazione di capitali dall’estero (esempi: la francese DATAR, l’olandese NFIA e la svedese ISA). 4. Le agenzie regionali: agenzie di carattere regionale o locale con limitata autonomia derivante dal controllo esercitato dalle amministrazioni regionali che, in genere, assumono una posizione di maggioranza sulla compagine societaria delle strutture. In questa categoria rientra la gran parte delle agenzie di sviluppo italiane (Sviluppo Lazio, 2004). 3.3 L’esperienza europea Le esperienze di marketing territoriale avviate in Italia sono state influenzate dal riferimento alle attività svolte dalle agenzie di sviluppo europee, pur essendosi sviluppate in ambito regionale e locale, per iniziativa di soggetti diversi, pubblici e privati, non essendo stata istituita un’agenzia nazionale italiana e mancando di un quadro chiaro e completo a livello normativo. Le prime agenzie di sviluppo economico locale sono nate in Europa alla fine degli anni cinquanta e hanno rappresentato un punto di riferimento importante per un nuovo tipo di governance del territorio. In molte realtà hanno contribuito a riattivare le economie locali e in altre a mobilitare le risorse per creare nuove opportunità di sviluppo in risposta a situazioni di crisi economica e occupazionale. Tra i vari casi, si ricorda quello di Shannon, in Irlanda. L’economia locale, fondata sullo scalo degli aerei che si rifornivano prima di affrontare l’oceano, negli anni sessanta conobbe una grave crisi legata all’invenzione del motore aereo a getto. Il Governo, nel tentativo di creare nuove opportunità di sviluppo e riutilizzare in modo efficace gli spazi del vecchio aeroporto, fondò un’agenzia, la Shannon Economic Agency che oggi è una delle istituzioni irlandesi di maggior rilievo. Grazie all’operato dell’agenzia, l’area di Shannon ha conosciuto una nuova crescita e oggi presenta un sistema produttivo con alcune aziende di punta e numerose piccole imprese. Nelle regioni europee più svantaggiate le agenzie si sono concentrate soprattutto sul problema occupazionale, creando piccole imprese, realizzando progetti di valorizzazione del territorio, organizzando corsi di formazione professionale e imprenditoriale ed elaborando piani di investimento per operatori esteri (Saublens, 2000). Nell’esperienza europea le agenzie di sviluppo regionali (RDA) conoscono nel tempo importanti cambiamenti sia nella mission sia nella struttura organizzativa. Infatti, le Regional Development Agencies sono passate gradualmente da un obiettivo di attrazione di imprese di grandi dimensioni, con un ruolo forte del driver pubblico, a un modello bottom-up che mira alla crescita bilanciata, alla valorizzazione della comunità, all’innovazione e alla creazione di reti (Timpano, in Ciciotti e Rizzi 2005). Questo mutamento è sicuramente connesso con le indicazioni della nuova politica europea relativamente allo sviluppo locale, in cui si pone l’accento sul modello di sviluppo endogeno e su un approccio di tipo reticolare-interattivo. Nella Costituzione europea (2004) si ribadisce che “l’Unione […] promuove la coesione economica, sociale e territoriale” (art.3), assegnando un ruolo di primo piano allo sviluppo locale e al networking tra gli attori territoriali. L’importanza della costruzione di reti emerge anche nel modus operandi delle agenzie. In Europa, infatti, da circa una quindicina d’anni 150 RDA di 25 paesi europei si sono organizzate in un’associazione, EURADA, che mira a promuovere lo sviluppo economico regionale attraverso il dialogo, lo scambio di buone pratiche fra i membri, la cooperazione sopranazionale e l’internazionalizzazione. All’interno del contesto europeo, ma a livello di singole nazioni, lo sviluppo delle reti di cooperazione è ancora scarso, tuttavia ci sono esperienze significative di particolare interesse, Per esempio, in Francia sin dal 1952 è operativo il Conseil National Des Economies Regionales - C.N.E.R., una federazione nazionale delle agenzie di sviluppo e dei comités d'expansion économique, che rappresenta uno spazio di confronto e di relazione interistituzionale finalizzato alla formulazione di proposte in tema di politiche economiche e territoriali. Anche in Italia, il confronto tra gli addetti ai lavori ha fatto emergere con prepotenza l'esigenza di costruire iniziative analoghe di coordinamento che consentano, da un lato, di incidere sulla riorganizzazione delle modalità di intervento a sostegno dello sviluppo, e dall'altro, di supportare le agenzie costituite e quelle in fase di costituzione attivando nuovi rapporti di collaborazione tra gli operatori attivi sul territorio. A tale scopo nel 2003 è nata AIDA, l’associazione delle agenzie di sviluppo locale e marketing territoriale italiane (Terragni, 2004). 3.4 L’esperienza italiana La nascita delle agenzie di sviluppo locali, in Italia, è avvenuta in tempi relativamente più recenti. Infatti, l’età media delle agenzie, tranne qualche eccezione, è piuttosto bassa poiché è solo nel quinquennio 1994-1999 che il fenomeno ha subito un forte sviluppo (Formez, 2004). Tra gli anni sessanta e la metà degli anni settanta nasceva in media meno di un’Agenzia all’anno. Tra la seconda metà degli anni settanta e l’inizio anni novanta la natalità si è ridotta ulteriormente. Solo successivamente si assiste ad un cambiamento di tendenza. Nel periodo 1990-1995, nascono circa 8 Agenzie l'anno con un picco nell'ultimo quinquennio, in cui il valore medio per anno oltrepassa le 20 unità. Dal 2001 si assiste, invece, a un ridimensionamento del fenomeno. Le Agenzie di sviluppo sono state create soprattutto in seguito a situazioni di crisi o difficoltà a livello locale o in stretta relazione con scelte di programmazione negoziata (es. patti e contratti), progettazione integrata, pianificazione strategica, in larga misura stimolate dalle politiche dell’Unione Europea. La stretta relazione tra evoluzione delle policies per lo sviluppo locale e il proliferare delle Agenzie di sviluppo è stata oggetto di approfonditi studi (si veda, a tale proposito, Bolocan Goldestein, 2000 e Formez, 2004). Inizialmente, le RDA si sono affermate come dirette emanazioni di enti pubblici con specifiche mission e un ruolo definito del policy maker. A seconda dei contesti territoriali e istituzionali, le agenzie nella loro attività di intermediazione si sono trovate ad assumere vari ruoli e funzioni. Possiamo considerare tre tipologie: 1. agenzie deputate alla gestione, monitoraggio e intermediazione delle risorse per lo sviluppo (modello delle finanziarie regionali). Tale tipologia si diffonde soprattutto negli anni ottanta e si connota per funzioni di carattere tecnico (finanza di progetto, le attività a sostegno delle Amministrazioni locali per lo screening dei progetti e la stesura di adeguati piani di fattibilità tecnicofinanziaria) tra cui spicca l’attività di mediazione tra il sistema di incentivi erogati e il sistema di regole fissato in concerto dal governo centrale e dalle regioni nel quadro della normativa europea. Diverse le esperienze italiane in tal senso; 2. agenzie preposte alla realizzazione di un progetto di sviluppo industriale a livello regionale con l’obiettivo di incentivare la natalità imprenditoriale locale creando nuove aree industriali o recuperando aree industriali dismesse attraverso l’assegnazione di terreni a condizioni particolarmente vantaggiose. Si trattava di progetti volti a potenziare il sistema imprenditoriale del territorio senza per questo essere inseriti in un percorso di pianificazione strategica; 3. agenzie nate in contesti in cui i processi si sviluppo sono guidati da piani strategici. In questo caso l’agenzia si fa promotrice di un sistema di concertazione tra gli enti locali, le parti sociali, e altri soggetti pubblici e privati relativo all’attuazione di un programma di interventi caratterizzati da specifici obiettivi di sviluppo locale condivisi da tutti gli stakeholder del territorio. In questo quadro si iscrivono le prime esperienze italiane di marketing strategico. Tra i casi di maggior successo l’Agenzia MilanoMetropoli e ITP. Il primo (MilanoMetropoli) è considerato come una delle esperienze più significative nella definizione di una strategia per ridisegnare lo sviluppo locale. Trovandosi a dover gestire la riconversione di tre milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse a fronte della grave crisi che aveva interessato i settori elettromeccanico e siderurgico, portando alla chiusura delle grandi aziende presenti (Falck, Marelli, Breda, e altre), le istituzioni locali, attraverso la pianificazione strategica hanno saputo stimolare l’agenzia a orientare il processo di sviluppo (Bolocan Goldestein, Monaci, 2002). Nel secondo (ITP), la definizione e l’implementazione delle politiche di marketing territoriale sono avvenute all’interno di una programmazione concertata di sviluppo economico e sociale perseguendo un modello di forte coesione istituzionale. La realizzazione di una governance territoriale, la capacità di fare sistema tra i diversi attori locali (enti pubblici, università, associazioni di categoria, sindacati) e la formazione di una rete di competenze e rappresentanze del territorio vengono considerati elementi essenziali nell’elaborare una politica di marketing efficace in grado di portare ad una rivitalizzazione del tessuto socioeconomico locale. ITP (Morris, 2004), oltre all’attività tipica di attrazione di investimenti, ha assunto un ruolo sempre più importante nel processo di adattamento dell’offerta. Il quadro iniziale si è arricchito con l’orientamento graduale delle RDA verso la fornitura di servizi alle imprese nel tentativo di stimolare i processi innovativi. Rientrano in questa tipologia i centri servizi alle imprese dell’Emilia-Romagna (Bellini, Giornadani, Pasquini, 1990) e i BIC. I cambiamenti verificatesi nell’ultimo decennio nei modelli decisionali, in particolare il ricorso alla programmazione negoziata e alla pianificazione strategica, nonché il nuovo approccio dell’Unione Europea allo sviluppo locale, hanno portato a un ulteriore evoluzione nelle RDA. Da agenzie fortemente orientate allo sviluppo industriale, al supporto individuale alle imprese e alla valorizzazione della parte hard dell’offerta si passa ad agenzie volte a promuovere uno sviluppo sostenibile attraverso il potenziamento degli intangible assets del territorio, il sostegno ai processi innovativi e la facilitazione di accesso alla conoscenza. Da agenzie “generaliste” che si occupano stabilmente di accompagnare processi di sviluppo e di fare marketing territoriale si passa ad agenzie con profili di maggior specializzazione e con un raggio di azione più esteso di quello locale, agenzie di “connessione” e integrazione tra saperi, pratiche, servizi (Formez, 2004). Il fenomeno delle agenzie di sviluppo in Italia sembra essere legato a un profilo medio di agenzie che nascono nel contesto delle nuove politiche strutturali (programmazione negoziata, pianificazione strategica) e operano soprattutto a livello subregionale. Si tratta di agenzie con una struttura organizzativa leggera che comporta un’elevata flessibilità ma anche una certa debolezza che viene sottolineata anche dal carattere eccessivamente localistico spesso posseduto dalle agenzie stesse. Questi fattori ostacolano il raggiungimento di una dimensione media accettabile (le agenzie regionali in Italia sono pochissime) con evidenti limiti in termini di operatività. La permanenza di un’agenzia sul mercato è legata sia alla mission di partenza e alla sua capacità di evolvere nel tempo per coprire nuove aree di business sia alla tipologia di struttura che tanto più è esile tanto più è a rischio di declino. Negli ultimi anni, all’interno di un contesto di profondi cambiamenti connessi anche all’avvio di un nuovo ciclo di politiche per lo sviluppo locale, in ambito nazionale e internazionale, si è assistito a una notevole crescita delle agenzie di sviluppo in Italia tanto da indurre il FORMEZ ad istituire un vero e proprio Osservatorio che, nella sua attività di accompagnamento e di supporto alle Pubbliche Amministrazioni regionali e locali per il rafforzamento del ruolo competitivo e innovativo delle agenzie di sviluppo, fornisce un punto di informazione privilegiato sulla diffusione in Italia delle agenzie e sulle loro connotazioni, con particolare attenzione a quelle di piccole dimensioni presenti soprattutto nel Centro-Sud. Nell’analisi svolta dal FORMEZ si fa riferimento a un concetto di agenzia quale “strutturaorganizzazione che contribuisce ad abbassare permanentemente le barriere allo sviluppo locale, sotto forma di potenziamento del capitale sociale locale, di riduzione dei costi di transazione per le imprese, di miglioramento della qualità sociale, ovvero aumentando lo stock locale di beni pubblici” (Formez, 2004). Sulla base di tale definizione sono stati individuati tre gruppi di agenzie di sviluppo locale: a. le agenzie “formali”: derivanti dall’applicazione della normativa nazionale e comunitaria e deputate a gestire progetti di sviluppo che fanno riferimento a legislazione e finanziamenti nazionali (società di gestione di Patti territoriali, di Contratti d’area) e comunitari (GalGruppi di Azione Locale); b. le agenzie “territoriali”: esternalizzazioni della Pubblica Amministrazione locale di funzioni attinenti allo sviluppo economico territoriale, sono strutture dedicate alla promozione e alla gestione di progetti di sviluppo locale generate da Comuni, Comunità Montane, Province; c. le agenzie “informali”: nate per l’iniziativa “dal basso” di soggetti istituzionali e sociali e finalizzate alla promozione/gestione di processi di crescita di “economie minori” o di funzioni di supporto per lo sviluppo locale. In termini operativi, il lavoro condotto dal FORMEZ si è focalizzato su strutture che: - operano in un dimensione sub-regionale; - nascono nell’ambito delle nuove politiche strutturali, della programmazione negoziata, del partenariato sociale; - promuovono lo sviluppo locale in termini imprenditoriali, occupazionali, ambientali e culturali. Il rapporto dell’Osservatorio, pur presentando alcune distorsioni connesse al campione delle agenzie analizzate ha prodotto interessanti risultati, relativamente all’esperienza italiana, che è possibile trovare in Verro (2002). In particolare sono stati oggetto di studio l’evoluzione temporale delle agenzie, la struttura organizzativa (dimensione, forma giuridica,…), i soggetti coinvolti e il tipo di attività/servizi offerti. In riferimento al primo elemento, come si è già avuto modo di evidenziare, la maggior parte delle agenzie si è costituita nel periodo 1994-1999, ovvero negli anni dei patti territoriali e della crescente attenzione ai progetti di sviluppo locale. Le agenzie sorte prima degli anni novanta, si connotano per il carattere monosettoriale, la prevalenza di compiti circostanziati e, spesso, un’origine legata a occasioni contingenti. Più recente, in corrispondenza della diffusione della programmazione nazionale e comunitaria, è l’avvento di agenzie di sviluppo locale plurisettoriali, meno focalizzare e aperte alla partecipazione di diversi soggetti istituzionali locali. Per quanto attiene alla struttura organizzativa, vi è una certa varietà. Tra le forme giuridiche adottate, le società consortili a responsabilità limitata e le cooperative sono quelle più diffuse. Negli ultimi tempi si assiste a una buona diffusione anche delle società per azioni. Ci sono inoltre le agenzie che fanno capo a Enti pubblici, tra cui Aziende speciali, Enti regionali e Enti strumentali. La maggior parte delle agenzie ha una struttura leggera, flessibile caratterizzata da un elevato ricorso a collaborazioni esterne che vedono il coinvolgimento di figure qualificate (spesso ricercatori, professori universitari, tecnici) con i maggiori skills progettuali. In riferimento ai soggetti maggiormente coinvolti nella compagine sociale delle agenzie appaiono due elementi ricorrenti: da un lato gli enti locali (Comuni, Province, Regioni) rappresentano la tipologia di socio più frequente a livello complessivo, dall’altro è abbastanza diffusa la presenza delle banche soprattutto quelle maggiormente coinvolte nell’economia locale. Mentre è ancora piuttosto debole la presenza di capitale industriale privato. In riferimento alla prima tipologia di socio, si rileva un forte coinvolgimento delle amministrazioni comunali, spesso presenti nella compagine sociale delle agenzie anche in forma associata. Un ruolo prioritario è anche svolto dalle Province e in alcuni casi dalle aziende speciali delle Camere di Commercio, molto attive sul versante dello sviluppo locale. Infine, le associazioni (imprenditoriali e di categoria, culturali, turistiche, religiose e ambientaliste) e i consorzi fanno registrare un elevato numero di presenze all’interno delle agenzie di sviluppo. L’elevato numero di soggetti coinvolti ed interessati alla creazione di un’agenzia di sviluppo e la loro diversa connotazione pubblico-privato dimostrano, come a livello locale, si vadano sempre più affermando nuove forme di governance multilivello di cui si è accennato in precedenza. In termini operativi, la tendenza delle agenzie è quella di agire prioritariamente sui mercati locali, provinciali e regionali e, in parte minoritaria, su quelli nazionali ed esteri. Si rileva, inoltre, come le agenzie siano focalizzate su servizi di carattere prevalentemente istituzionale (analisi economiche territoriali, progettazione, supporto alle istituzioni locali, programmazione negoziata) e su servizi informativo-promozionali (marketing territoriale e servizi informativi per il territorio). Nello svolgimento della propria attività emerge un rapporto di collaborazione sempre più stretto con gli enti locali. Le agenzie infatti svolgono spesso un’attività di assistenza tecnica agli enti locali in particolare nell’affrontare problemi di programmazione dello sviluppo in condizioni di risorse scarse. Maggiori difficoltà (sono poche le agenzie che offrono tali servizi) si incontrano nell’erogazione di servizi più “complessi” quali il trasferimento tecnologico, la formazione su tecnologie e innovazione, la consulenza finanziaria, il supporto all’internazionalizzazione, e così via. 4. IL RUOLO DELLE AGENZIE NEI PROCESSI DI SVILUPPO LOCALE: UN’ANALISI COMPARATA 4.1 La metodologia di analisi Le agenzie di sviluppo, nella loro attività di intermediazione rivestono ruoli e funzioni spesso differenti a seconda del contesti territoriali e istituzionali. Il panorama appare piuttosto articolato e a fronte di esperienze eccellenti e consolidate ve ne sono altre più fragili, il cui radicamento potrebbe essere accompagnato da azioni di supporto e valorizzazione, nel quadro di una strategia di sostegno coerente con le nuove condizioni. Si è cercato di esaminare il rapporto esistente tra il ruolo svolto dalle agenzie di sviluppo locale, il marketing territoriale e il processo di sviluppo dell’area in cui le stesse operano. Sono stati considerati sia casi in cui emergono elementi di successo sia casi in cui al contrario le modalità di implementazione delle politiche di marketing e di concretizzazione di tali politiche in azioni e in risultati presentano difficoltà e ambiti di miglioramento. Il presente lavoro si inserisce all’interno di un attività di ricerca di medio-lungo periodo intrapreso nel territorio pavese congiuntamente alla Camera di Commercio di Pavia e a Formaper, agenzia speciale della Camera di Commercio di Milano. Nella consapevolezza che l’incisività delle azioni di promozione di un territorio è basata su un’autodiagnosi, finalizzata a fotografare lo stato socioeconomico del territorio e a metterne in luce le principali caratteristiche, si è intrapreso un percorso di studio piuttosto articolato. Nella fase iniziale si è analizzato il territorio pavese con la prospettiva di delineare le principali caratteristiche di “spendibilità” e attrattività dello stesso, limitando il campo di indagine allo studio della provincia e alla sua configurazione attuale. Attraverso l’analisi SWOT della provincia, la mappatura delle aree attrezzate, interviste e focus group ai principali referenti economici territoriali, si è entrati in possesso di una base di dati caratterizzanti la provincia sotto il profilo socio economico e istituzionale. In seguito, si è andati oltre alla prospettiva “locale” contingente sviluppando un’analisi comparata di medio periodo con territori aventi caratteristiche analoghe, al fine di costruire una base conoscitiva ampia per definire, in modo razionale e realistico, gli obiettivi strategici e operativi da raggiungere nel medio periodo. Attraverso un’analisi di benchmarking si è cercato di mettere a fuoco i vantaggi e gli svantaggi competitivi delle diverse esperienze territoriali. Le realtà selezionate riguardano contesti territoriali abbastanza omogenei per caratteristiche socio-economiche, concentrate in prevalenza nell’Italia centro-settentrionale. La scelta delle aree è stata influenzata dall’ambito di svolgimento della ricerca, incentrata sulla realtà pavese. Pertanto sono stati selezionati casi che o si connotavano per la presenza di caratteristiche simili (dimensione demografica-economica e/o per struttura settoriale) alla provincia di Pavia o che si distinguevano per l’esistenza di processi di marketing territoriale e soggetti attuatori (agenzie o uffici tecnici) definibili come soluzioni di successo da cui poter tratte preziose indicazioni per la formulazione futura di azioni di marketing. In particolare, sono state individuate le seguenti aree: Alessandria, Cremona, Ferrara, Pavia, Piacenza, Polesine, Novara. E in misura meno approfondita, sono stati considerati anche i casi di Torino, Modena, Treviso, Catania, MilanoMetropoli, North East (UK) e Galles (UK). Il metodo utilizzato prevede sia un’analisi desk delle aree comparate che, attraverso l’elaborazione di informazioni quantitative, consenta di delineare un breve quadro socioeconomico dei singoli territori e di definire gli strumenti operativi attivati (agenzie, uffici, siti,..) sia interviste dirette ad interlocutori privilegiati. Si tratta di valutazioni prevalentemente di carattere qualitativo in grado di cogliere elementi fondamentali per le finalità del presente lavoro che sfuggono ad un’analisi condotta unicamente sull’elaborazione di dati statistici. Lo studio degli strumenti operativi attivati è stato ulteriormente approfondito con l’utilizzo della metodologia del mistery client. A partire dagli elementi emersi sia nell’analisi desk sia durante le interviste dirette è possibile procedere alla realizzazione di mappe di posizionamento dei diversi casi. 4.2 I casi analizzati Non potendo in tale sede presentare dettagliatamente i risultati dell’analisi condotta si riportano di seguito brevi descrizioni di ciascun caso (sia in termini strutturali sia in relazione alle attività di marketing intraprese e ai soggetti a queste preposte) che consentano di fornire un quadro di sintesi funzionale agli scopi del presente lavoro. Territorialmente suddivisa in sette sub-aree con caratteristiche molto dissimili tra loro, la provincia di Alessandria ricopre una superficie complessiva di circa 3.500 chilometri quadrati, ripartita in 190 comuni. Il tessuto imprenditoriale si compone di circa 44.000 (2005) imprese, con una rilevante presenza di quelle agricole, prevalentemente concentrate nell’area del capoluogo. La quota del settore primario sul pil complessivo provinciale non supera tuttavia il 2,5%. Il tasso di apertura verso i mercati esteri si attesta su livelli superiori rispetto alla media italiana, con un apporto decisivo all’export da parte dell’oreficeria, dei prodotti chimici e di altri prodotti dell'industria meccanica. Il territorio alessandrino è stato individuato come competitor della provincia di Pavia sia in relazione alla prossimità geografica, sia perché percepito come tale dagli operatori istituzionali del territorio pavese, anche in considerazione di caratteristiche strutturali ed economiche simili. Le interviste svolte e il materiale esaminato (relativo a progetti ed iniziative realizzate o in corso), rivelano una frammentarietà degli interventi in tema di marketing territoriale e una non ancora chiara definizione di un percorso articolato di sviluppo locale comune e condiviso dall’intera Provincia. Tale situazione di criticità e di scarsa attenzione al tema è evidente anche nella mancanza di un soggetto dedicato al marketing territoriale nonostante esistano ben due aziende di promozione presso la Camera di Commercio (Alexala e Asperia). La provincia di Cremona presenta una spiccata eterogeneità insediativa: circa un terzo della popolazione risiede nei due principali comuni (Cremona e Crema). In media, quello cremonese può considerarsi un territorio ricco, in linea con il panorama regionale lombardo. Circa la metà delle 28.000 imprese registrate presso la Camera di Commercio locale (2005) concernono i settori dell’agricoltura e del commercio. In particolare, si rilevano alti tassi di specializzazione per il settore primario, che contribuisce per il 7,5% al pil provinciale. Tra le imprese attive, sono le micro-imprese a rappresentarne la quasi totalità. Il territorio da circa 10 anni può contare sull’attività di Reindustria Cre.Svi, che nata originariamente come agenzia d’area finalizzata esclusivamente al recupero della zona ex Olivetti di Crema, è andata via via evolvendo fino ad assumere la veste attuale di agenzia di sviluppo per l’intera provincia di Cremona. Pertanto, accanto all’attività di recupero delle aree dismesse, di creazione di nuove aree produttive, di supporto degli Enti pubblici sono stati intrapresi progetti speciali (es. Polo Tecnologico della Cosmesi) volti sia a valorizzare il sistema produttivo esistente puntando su elementi fortemente innovativi sia ad attrarre nuove realtà imprenditoriali dall’esterno. L’attività di marketing territoriale svolta dall’Agenzia negli ultimi 5 anni ha determinato 4 progetti di insediamento nell’area cremasca con il coinvolgimento complessivo di 30 imprese e di 100 occupati. Il territorio ferrarese presenta un tessuto imprenditoriale, che vede tra i settori predominanti dell'economia locale l’agricoltura e il commercio. Per quanto concerne la manifattura, oltre al comparto legato al settore primario, si registra un’alta incidenza delle imprese meccaniche e dell’industria chimico-farmaceutica. Il tasso di natalità imprenditoriale non spicca per livelli particolarmente alti e anche altri indicatori come il livello di apertura del mercato e quello di ricchezza pro-capite collocano la provincia in posizione intermedia rispetto al contesto regionale di appartenenza. Nella provincia di Ferrara l’attività di marketing territoriale è demandata all’Agenzia Provinciale per lo Sviluppo S.I.PRO., che attiva dal 1975, si propone di promuovere lo sviluppo economico di Ferrara e della sua provincia attraverso la messa a disposizione di professionalità, competenze e capacità di progettazione, per gli enti locali e le aziende. L’attenzione dell’agenzia verso i temi dello sviluppo locale e del marketing locale traspare dagli innumerevoli progetti: il piano integrato di marketing territoriale per la provincia di Ferrara (2003), “INVESTINFERRARA” (per cui ha conseguito il premio per il miglior progetto di marketing territoriale nel 2005) e diverse azioni di cooperazione nazionale ed internazionale. La provincia di Pavia ha conosciuto negli ultimi anni un processo di trasformazione del proprio modello di sviluppo, che da un lato conosce la crisi di settori di attività tradizionali (quale il calzaturiero ed il meccano-calzaturiero che ha colpito l’area di Vigevano e comuni limitrofi) e dall’altro l’affermazione di comparti economici prima meno rilevanti nel contesto provinciale. Accanto all’evidente aumento del livello di terziarizzazione, sia in termini di ricchezza prodotta, sia in termini occupazionali, che ha interessato il territorio provinciale nell’ultimo decennio si assiste ad un ridimensionamento del comparto agricolo (-9,8% tra il 1995 e il 2004) e delle attività industriali. In tale contesto la Camera di Commercio ha intrapreso un percorso di marketing territoriale che consentisse l’emersione delle vocazioni e specificità locali e offrisse le opportunità per sfruttarle e potenziarle, attraendo nuove risorse e investimenti. Tra le attività poste in essere: la realizzazione, al proprio interno, di una funzione operativa, stabile volta a promuovere la conoscenza e lo sviluppo economico del territorio provinciale in un’ottica futura di “investment attraction” e “investment service”, la creazione di una banca dati on-line sulle opportunità localizzative provinciali e l’attivazione di un percorso formativo volto a creare una base omogenea di conoscenze e competenze in marketing territoriale. Particolare è l’esperienza piacentina. Infatti da un lato la provincia di Piacenza esprime un’ibrida sintesi di quelle che sono le caratteristiche socio-economiche lombarde ed emiliane con un tessuto imprenditoriale di piccole e medie imprese, una specializzazione nei settori dell’agroalimentare, della meccatronica e della logista e un tessuto sociale capillare con ottime prestazioni rispetto agli indicatori di qualità della vita, cultura e tempo libero. Dall’altro ha sperimentato una nuova soluzione nelle modalità attuative delle politiche di marketing territoriale. Infatti, recentemente, a fronte delle nuove esigenze del territorio e della complessità dell’attività, è stata creata un’Agenzia “virtuale” di marketing (di cui fanno parte anche la Provincia e la CCIAA) alla quale è stato affidato il compito di definire, coordinare e attuare le politiche di marketing a livello locale, con particolare riferimento alla programmazione e promozione territoriale. L’idea era stata prospettata nel Piano di Marketing Territoriale di Piacenza ne quale venivano individuati i settori obiettivo del marketing territoriale di Piacenza (meccanica avanzata, agroalimentare, biotecnologie, logistica a valore aggiunto e turismo), le strategie di marketing territoriale per Piacenza; gli strumenti operativi nonché alcuni progetti e le ipotesi di sviluppo. La provincia di Rovigo si connota per un tessuto imprenditoriale prevalentemente legato al settore primario (6,2% del pil provinciale) con una certa rilevanza anche per il comparto artigiano. A differenza degli altri territori esaminati, ancora elevato risulta essere il tasso di disoccupazione (6,3%) ed ancora piuttosto contenuto il valore aggiunto pro-capite. In un contesto mediamente poco aperto verso i mercati internazionali, sono soprattutto i comparti industriali delle macchine per l'agricoltura e degli articoli in materie plastiche a contribuire all’export provinciale. Nelle politiche di marketing territoriale del territorio di Rovigo un ruolo di spicco spetta al Consorzio per lo Sviluppo del Polesine, che nato nel 1963 si è dimostrato un interlocutore autorevole nella programmazione economica territoriale della provincia di Rovigo. Attualmente, il Consorzio agisce come Agenzia per lo Sviluppo del territorio della provincia di Rovigo e svolge il ruolo di ente territoriale di programmazione, coordinamento ed animatore dello sviluppo economico e sociale con la finalità di operare per diffondere e far conoscere le opportunità che il territorio della provincia di Rovigo offre ai suoi abitanti, ai suoi imprenditori, a chiunque desideri realizzare il proprio progetto imprenditoriale. Infine, il territorio provinciale novarese si caratterizza per la presenza di oltre 28.000 imprese appartenenti prevalentemente ai settori del commercio, della manifattura e delle costruzioni. La quota di imprese di servizi è superiore al valore medio nazionale, abbastanza elevato il peso delle società di capitali (13,6%) mentre più contenuto, rispetto alle altre aree esaminate, la quota di micro-imprese (inferiori ai 9 addetti). Il territorio di Novara ha iniziato ad avvertire la necessità di sviluppare una politica di marketing territoriale più strutturata e condivisa solo negli ultimi anni quando, a fronte dei cambiamenti intervenuti nel panorama economico, si è affermata con forza l’esigenza di operare per la realizzazione di uno sviluppo organico e sostenibile del novarese. Al momento infatti non si è in grado di identificare all’interno della provincia un soggetto referente per quanto riguarda il marketing territoriale. Sicuramente svolge un ruolo di grande rilevanza Novara Sviluppo, una fondazione di diritto privato costituita della Provincia di Novara nel 2001 con l’obiettivo sia di attrarre nuove imprese e favorirne l’insediamento sia di incentivare la crescita e l’internazionalizzazione di quelle già presenti sul territorio. In connessione con Novara Sviluppo opera Innova Cht srl, una società nata dall’apporto di alcune Industrie e Centri di Ricerca leader del territorio novarese, con la mission di “favorire il trasferimento tecnologico dell’innovazione dal mondo della ricerca, privata e universitaria, alle piccole medie industrie, in un’ottica di sviluppo sostenibile”. 4.3 I risultati dell’analisi Il territorio, come si è già avuto modo di osservare, assume una duplice caratterizzazione: le infrastrutture e le attività presenti in una data località rappresentano la parte hard dell’offerta, mentre l’immagine, l’accesso all’informazione, i servizi offerti all’imprenditorialità, il know how costituiscono la parte soft dell’offerta (Ashworth, Voogd, 1990; Casella, 1997). Si evidenzi anche come la componente soft o immateriale sia la fonte principale della differenziazione dell’offerta e dell’ottenimento di vantaggi competitivi territoriali (Rizzi, Scacchieri 2006). In diversi casi si è osservato che la concentrazione geografica di molte imprese in un territorio è un fenomeno che tende ad autoalimentarsi (Krugman, 1995) ed è legato ai vantaggi comparati, ai fattori di localizzazione nonché agli aspetti promossi e comunicati dal contesto territoriale (Viviani, 2003,2004). Ne consegue un quadro in cui sembra auspicabile la presenza di “strutture” che incentivino tali fenomeni sostenendo il rafforzamento delle specializzazioni produttive “migliori” e agendo da “facilitatori” di processi innovativi. Pertanto le agenzie di sistemi locali eterogenei concorrono al fine di attrarre imprese di specifici settori identificati come obiettivo, facendo leva in particolare su quelle che sono le componenti immateriali del territorio. L’analisi dei casi ha messo in evidenza questo spaccato, con un’ulteriore specifica suddivisione tra territori, che per scelta esogena, evoluzione storica o vincoli di finanziamento, sono fortemente specializzati nell’offerta di servizi più operativi, quali la gestione delle aree, il sostegno all’imprenditorialità, il supporto all’internazionalizzazione, ecc. ed altri, che per la fase del proprio processo di marketing o per razionale scelta strategica, hanno una precisa focalizzazione sulle azioni di comunicazione. Altra variabile di diversificazione è la capacità dei diversi soggetti esaminati di attivare azioni di marketing territoriale in grado di esprimere scelte concertate, condivise, espressione di una valutazione sinergica tra enti ed istituzioni, pubblico e privato. In questo senso, si sottolinei come la questione della concertazione (o, ancor meglio, della partecipazione) nel sistema attuale diviene una componente fondamentale del processo di marketing. Molte delle realtà analizzate hanno avviato soprattutto nella fase iniziale della loro attività un’azione di marketing interno (Caroli 1999; Ciciotti, Rizzi, 2002), quale condizione essenziale per promuovere strategie di sviluppo territoriale condivise ed efficaci. Prima di sviluppare strategie ed azioni di attrazione di investimenti o promuovere i territori sui mercati internazionali, emerge la necessità di indagare e valorizzare le connotazioni essenziali di un sistema locale e ciò che esso esprime in termini di potenziale di sviluppo incorporato. E’ importante comprendere in quale misura una realtà territoriale si riconosca in fattori di identità e sia in grado di esprimere un’immagine collettiva condivisa sia in termini di strategie sia di progetti prioritari. Facendo riferimento al livello di concertazione espresso dalle realtà analizzare e alla focalizzazione strategica, è stata elaborata una matrice di posizionamento nel tentativo di evidenziare come le sette differenti province analizzate abbiano implementato strategie di marketing territoriale estremamente diversificate, pur avendo caratteriste strutturali dell’offerta molto simili. Prescindendo dall’efficacia che tali strategie hanno avuto sui territori oggetto d’indagine, appare chiaro come, per esempio, le province di Ferrara o Piacenza abbiano ricercato (seppur con strumenti dissimili1) livelli di coordinamento delle decisioni reticolari ed interattivi. In generale, un approccio di tipo bottom-up è stato vincente, nonostante abbia reso necessari un maggiore dispendio di energie e risorse e tempi più lunghi rispetto ad un approccio di tipo tradizionale. Anche Cremona ha cercato di sviluppare un percorso partecipativo di condivisione del processo di sviluppo intrapreso concentrandosi su azioni e progetti volti al consolidamento del tessuto economico locale (si ricordi che l’azione dell’agenzia di sviluppo cremonese ha avuto inizio in un contesto di deindustrializzazione in cui era impellente una riconversione 1 Si pensi alle numerose realtà pubbliche e private coinvolte nel Piano Strategico di Piacenza (Patto per Piacenza -2000-, Vision 2020 -2006-) e nel “Patto territoriale per Ferrara (1998-2006) o nel progetto di marketing territoriale “Investinferrara” (2001-2007). produttiva dell’economia locale), alla promozione dell’imprenditorialità, alla diffusione dell’innovazione tecnologica attraverso attività di intermediazione tra imprese, università e centri di ricerca locali, all’attrazione di potenziali investitori. Meno positive le situazioni di Alessandria e di Novara. Nel primo caso non esiste un’agenzia o un ente specificamente deputato al marketing territoriale, attività considerata almeno in parte una funzione della Camera di Commercio. La mancanza di un soggetto coordinatore ha “impoverito” il territorio che sembra incapace di esprimere un’azione concertata e unitaria di marketing territoriale, avendo posto in essere unicamente qualche progetto “spot” di analisi e comunicazione della propria realtà a prescindere da una visione strategica di sviluppo condiviso. Nel secondo caso, grazie alla presenza di alcuni soggetti (Novara Sviluppo e Innova Cht srl) l’azione di marketing intrapresa appare maggiormente strutturata e condivisa. Tuttavia, trattandosi di strutture sorte in tempi recenti, al momento prevale una forte focalizzazione sull’attività comunicazionale piuttosto che sull’offerta di servizi operativi. Pavia presenta un livello medio per il processo di concertazione ed una strategie di marketing focalizzata in prevalenza su azioni di comunicazione territoriale, piuttosto che di servizio operativo alle imprese. Anche in tale contesto non vi è il supporto metodologico e operativo di un’agenzia di sviluppo ma l’ente camerale ha intrapreso un percorso di marketing piuttosto articolato, in cui si è creato un tessuto integrato di interlocutori (Rizzi, Scaccheri, 2006), con il prevalente obiettivo di comunicare il territorio all’esterno (sito web sul marketing territoriale, convegno di presentazione dell’iniziativa, brochure informativa, banca dati sulle opportunità organizzative, rapporti di ricerca sull’area di Pavia, il Vigevanese e le subaree pavesi). Ovviamente, le aree che da più tempo e con più risorse hanno intrapreso il processo di marketing territoriale sono anche quelle che hanno raggiunto i migliori feedback. Le realtà che si sono affacciate più recentemente a questa esperienza si trovano o nella fase di analisi del territorio, attraverso la quale non solo far emergere le peculiarità del territorio da valorizzare in un’azione promozionale verso l’esterno ma anche far acquisire agli stakeholder del territorio la consapevolezza dei vantaggi competitivi e delle criticità dell’area in cui operano, o nella fase progettuale, in cui, preso atto della propria connotazione in termini di “risorse economiche, sociali, ambientali e culturali, si passa alla vera e propria progettualità, spesso individuando un target di riferimento specifico secondo una logica che tenda a definire obiettivi specifici in presenza di risorse scarse. Le aree in cui è operativa un’agenzia di sviluppo si collocano o nella fase attuativa, in cui vengono concretamente realizzati i progetti elaborati, o in quella del marketing operativo con un chiaro riferimento alle leve del marketing mix: prodotto, prezzo, promozione e distribuzione. E’ questa la fase in cui si realizzano i maggiori benefici per il territorio, in considerazione anche del fatto che le azioni di marketing, per definizione, esplicitano i loro risultati nel medio-lungo periodo. Divengono importanti l’elaborazione di un piano operativo di marketing (con discussione partecipata delle diverse componenti interessate) e la sua implementazione attraverso l’inizio dell’attività di promozione verso gli utenti target, gli strumenti operativi (incentivi, …) e le partnership pubblico-private (è importante che il sistema locale sia incentivato a riconoscere nelle azioni di marketing territoriale una priorità). Il piano dovrà essere coerente con quella che è la strategia condivisa. Per esempio, territori come Milano e Modena, impegnati da anni in percorsi di incentivazione ed accompagnamento alla creatività (in prevalenza Milano) o all’innovazione (in prevalenza Modena) si identificano con una strategia innovativa e di nicchia. Torino e molte agenzie regionali europee hanno come mission prevalente l’attrazione di investimenti esteri; Ferrara, Cremona ed il Polesine lo sviluppo del tessuto imprenditoriale interno; Alessandria e Novara si collocano ancora in una fase start-up. Pavia, si focalizza sul miglioramento della brand image del proprio territorio. Se la stessa volontà sarà perseguita anche in un piano operativo futuro, la stessa strategia dovrà essere affinata, plasmando un’immagine di territorio (attraverso lo studio anche dei canali di comunicazione -il sito potrebbe essere un ottimo punto da cui partire- e degli strumenti più idonei) verosimile, ma soprattutto coerente con i target identificati. La scelta di ricorrere a un’agenzia di sviluppo, alla luce non solo delle esperienze analizzate ma anche di numerosi altri casi studiati, sembra essere la soluzione di maggior successo. Tuttavia per un territorio che non ha ancora fatto una chiara scelta in termini di definizione e implementazione di politiche di marketing territoriale si possono ipotizzare tre scenari: - la costituzione di un’agenzia ad hoc per le attività di marketing operativo (con una particolare focalizzazione sui servizi operativi alle imprese), di un soggetto con competenze di ampio spettro, in grado di “stimolare gli investimenti e la nascita di nuove imprese (esterne e indigene)”, favorire la localizzazione e la direzione strategica dei processi di sviluppo, “promuovere partenariato locale coordinandosi con altri soggetti che operano nella pianificazione regionale, stabilire dei meccanismi di controllo delle politiche ed esprimere un approccio sostenibile di sviluppo economico…” (Roberts, 1999). Questo consentirebbe di attivare un processo pro-attivo ed efficiente di gestione delle aree (attrazione di investimenti greenfield e brownfield) e reperimento di fondi (Unione Europea, finanziamenti statali, …) in grado nel tempo di autofinanziarsi e reperire capitale integrativo per le azioni di mera comunicazione. La stessa risorsa dovrà naturalmente essere coerentemente coordinata con le attività del suap e dei diversi servizi già presenti sul territorio. In questo senso, un esempio di agenzia “service-oriented”, tra i casi analizzati, potrebbe essere quello di Si.Pro. (Ferrara). ITP rappresenta invece un caso di eccellenza con una forte caratterizzazione verso l’attrazione di investimenti esteri. In generale, molte delle esperienze di successo hanno evidenziato la presenza di un’agenzia o comunque di un organo indipendente nella gestione operativa. - La parziale trasformazione di una struttura esistente, come la Camera di Commercio, ma in chiave fortemente rinnovata, in cui sia possibile sfruttare le risorse e le competenze acquisite nello svolgimento della propria attività istituzionale attivando contemporaneamente alcune funzioni di raccordo tra le imprese ed i servizi territoriali ad esse preposti. Tale struttura dovrebbe porsi non solo come soggetto facilitatore, ma anche come agente che, attraverso un piano di marketing e comunicazione (definito e condiviso), esprima all’esterno il territorio con un certo appeal per i target identificati, ma allo stesso tempo, con eguale dispendio di risorse ed efficacia, sappia offrire alcuni servizi concreti alle imprese che si vogliano insediare. Rispetto alla definizione delle imprese-obiettivo, si dica come, dallo studio dei diversi casi, siano emersi eterogenei approcci di marketing del territorio. In questo senso, la letteratura (Caroli, 1999; Varaldo, 2000) identifica come le funzioni del marketing territoriale siano diverse e si possano riassumere nel mantenere e consolidare ciò che già esiste marketing territoriale di radicamento dell’esistente -, svolgere azioni di animazione e di promozione per far nascere in loco nuove iniziative e nuove imprese - marketing territoriale di promozione del nuovo -, sfruttare le nuove modalità con cui si determina il “technolgy transfer” dalla ricerca alla produzione - marketing territoriale per l’innovazione -, attivare i meccanismi istituzionali e gli strumenti di intervento utili a recuperare una diversa e migliore capacità propositiva e competitiva nell’attrarre investimenti esogeni, in specie dall’estero (marketing territoriale di attrazione) (Varaldo, 2000). Territori come il ferrarese o il Polesine hanno scelto di avere come priorità il rafforzamento del tessuto economico esistente e la creazione di nuova imprenditorialità, altri come quello piemontese (ITP) hanno invece optato per una chiara azione di attrazione dall’esterno (in questo caso, estero) di investimenti in determinati settori definiti “strategici” per lo sviluppo futuro. - Infine, il terzo scenario ipotizzato potrebbe essere quello di una ente istituzionale (Provincia e/o Camera di Commercio), già fortemente radicato nel territorio e avente a disposizione un background conoscitivo delle stesso molto ampio, in grado di catalizzare e mettere in relazione le diverse risorse locali, godendo tuttavia di una necessaria autonomia gestionale ed organizzativa. Si tratta della soluzione meno auspicabile, in quanto pur non rappresentando un cambiamento d’urto all’interno del territorio sia in termini di approccio che di risorse, è quello che nel lungo periodo porta a risultati molto contenuti. Infatti, numerose evidenze hanno ormai ampiamente dimostrato che le strutture più esili e flessibili sono anche quelle che presentano maggiori difficoltà a imporsi e permanere sul mercato con evidenti limiti nel conseguimento di risultati apprezzabili. La valorizzazione delle potenzialità del sistema locale, la forte spinta all’innovazione, la capacità di porsi come soggetto mediatore tra mondo della ricerca e mondo imprenditoriale, un approccio all’attrazione di investimenti di tipo pro-attivo sono solo alcuni dei fattori che hanno determinato il successo, in termini di risultati conseguiti, in molti dei casi analizzati in cui il ruolo dell’agenzia nel percorso di sviluppo locale è stato determinante. 5. Bibliografia A.A.V.V. 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