Storia del teatro: il Novecento Introduzione Negli anni che segnano

Storia del teatro: il Novecento
Introduzione
Negli anni che segnano il passaggio tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nuovo secolo, la vita teatrale
europea fu caratterizzata da una grande ricchezza di iniziative e da una notevole vivacità intellettuale che
produsse come risultato profondi mutamenti nel mondo della scena.
Nei testi teatrali scritti in questo periodo, l’elemento comune più evidente è la violenta reazione al
Naturalismo che contesta i modelli sociali e morali espressi dalla società della Belle Époque con il rifiuto della
società borghese.
Il primo Novecento
Il Novecento si apre con la rivoluzione copernicana della centralità dell’attore e dell’importanza del regista.
Fino al XX secolo il teatro era stato il campo degli autori, mentre l’attore agiva, di volta in volta, secondo la
soggettività dell’interprete.
Poiché le capacità interpretative dell’attore vengono esaltate, ne nasce una figura che ne fa da contrappeso:
quella del regista.
I teorici russi
Il teatro della parola si trasforma in teatro dell’azione fisica, del gesto, dell’emozione interpretativa dell’attore
con il lavoro teorico di Konstantin Sergeevič Stanislavskij (1863 - 1938) e dei suoi allievi, tra cui Vsevolod
Ėmil'evič Mejerchol’d (1874 - 1940).
Con l’inizio del secolo si aprono vere e proprie scuole di teatro che vedono l’importante contributo di
Adolphe Appia, Gordon Craig e Erwin Piscator.
I grandi registi
Il Novecento aprì anche una nuova fase che portò al centro dell’attenzione una nuova figura teatrale, quella
del regista che affiancò le classiche componenti di autore e attore.
Fra i grandi registi di questo periodo vanno citati l’austriaco Max Reinhardt (1873 - 1943), il francese
Jacques Copeau (1879 - 1949) e l’italiano Anton Giulio Bragaglia (1890 - 1960).
Panoramica del primo Novecento
Nacquero nuove forme di teatro come
• il teatro della crudeltà di Antonin Artaud ,
• la drammaturgia epica, politica e didattica di Erwin Piscator e Bertolt Brecht,
• il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett, Eugene Ionesco, Arthur Adamov e Georges
Schehadé
che nella seconda metà del secolo modificarono radicalmente l’approccio alla messa in scena.
Gli autori precedenti determinano una nuova via al teatro, una strada che era stata aperta anche con il
contributo di autori del calibro di Jean Cocteau (1889 - 1963), Robert Musil (1880 - 1942), Maurice
Materlinck (1862 – 1949), Jean Tardieu (1903 – 1995), Hugo von Hofmannsthal (1874 - 1929), e gli
scandinavi August Strindberg (1849 - 1912) e Henrik Ibsen (1828 - 1906).
Tuttavia coloro che spiccarono tra gli altri, per la loro originalità furono Frank Wedekind (1864 –1918) con
la sua Lulù e Alfred Jarry (1873 - 1907), l’inventore del personaggio di Ubu Roi.
Frank Wedekind
Il drammaturgo tedesco Frank Wedekind (1864 - 1918) spesso interpretò e curò la regia delle proprie opere.
Il suo primo lavoro teatrale fu il dramma Risveglio di primavera (1891). Seguì poi il dittico Lo spirito della
terra (1895) e Il vaso di Pandora (1904), chiamata “Lulu”
Opera minore, ma interessante è l’atto unico Il cantante da camera (1897).
Tra le altre opere si ricordano Il marchese di Keith (1901), Re Nicolò ovvero Così è la vita (1902), Danza
macabra (1906), nota anche con il titolo Morte e diavolo (1909), e Franziska (1912).
Alfred Jarry
Alfred Jarry (1873 – 1907) è stato uno scrittore e drammaturgo francese, la cui commedia più famosa è
l’Ubu Re (1896), considerata caposaldo e vera e propria pietra miliare del Teatro dell’assurdo.
I testi di Jarry sono considerati tra i primi sul tema dell’assurdità dell’esistenza ed hanno a che fare con il
grottesco e il fraintendimento.
Ricordiamo I minuti di sabbia. Memoriale (1894), Cesare anticristo (1899), L’amore assoluto (1899),
Messalina (1901), Il supermaschio (1902) Gesta e opinioni del dottor Faustroll patafisico, uscito postumo
nel 1911.
Antonin Artaud
Antonin Artaud (1896 - 1948) teorizzò quello che definì il “Teatro della Crudeltà”.
Per crudeltà Artaud non intendeva sadismo, o il causare dolore, ma piuttosto una violenta e fisica
determinazione di scuotere la falsa realtà.
Artaud riteneva che il testo avesse finito con l'esercitare una tirannia sullo spettacolo e spingeva per un teatro
integrale, che comprendesse e mettesse sullo stesso piano tutte le forme di linguaggio, fondendo gesto,
movimento, luce e parola.
Tentativo di realizzare il suo ideale nel teatro fu il testo I Cenci. L’opera è una tragedia in prosa, divisa in
quattro atti, e venne allestita per la prima volta nel 1935.
Erwin Piscator
Nel teatro tedesco della prima metà del Novecento il regista diventa l’elemento più importante di uno
spettacolo. Questa teoria è stata portata avanti dal grande regista tedesco Erwin Piscator (1893 - 1966).
Sensibile alle avanguardie dei primi anni del Novecento, aderì al movimento contestatore dadaista. A Berlino,
nel 1920 fondò il Proletarisches Theater (Teatro Proletario), poi nel 1922, prese, in gestione il Central
Theater (Teatro Centrale) di Berlino, città nella quale infine lavorò anche per il teatro Volksbühne (Teatro del
Popolo).
Il teatro di Piscator, propagandistico ed 'educativo', aveva l'intenzione di risvegliare la coscienza politica
dello spettatore.
Bertolt Brecht
Bertolt Brecht (1898 - 1956) è considerato il più influente drammaturgo, poeta e regista teatrale tedesco del
XX secolo.
Le sue opinioni politiche lo portarono a sviluppare la teoria di un “teatro epico-didascalico”, in cui lo
spettacolo era messo al servizio dello spettatore che non doveva immedesimarsi nella rappresentazione, ma
veniva stimolato a tenere una distanza critica per riflettere su quello che si vedeva in scena.
Le opere di Bertolt Brecht
Tra le opere più note di Brecht citiamo:
• Tamburi nella notte (1922),
• Nella giungla delle città (1923),
• L’opera da tre soldi (1928),
• Ascesa e caduta della città di Mahagonny (1929),
• Terrore e miseria del Terzo Reich (1935-38)
• Madre Coraggio e i suoi figli (1939),
• L'anima buona di Sezuan (1938-40),
• Vita di Galileo (1938-43),
• La resistibile ascesa di Arturo Ui (1941),
• Il cerchio di gesso del Caucaso (1944-45)
L’ opera da tre soldi
In particolare L’opera da tre soldi, commedia musicale scritta insieme al musicista tedesco Kurt Weill,
riprende un precedente dramma inglese del Settecento e si svolge nell'ambiente della malavita londinese e dei
mendicanti, ma mette in scena, in realtà, il cinismo del mondo aristocratico con i suoi affari, i suoi interessi, i
suoi intrighi.
Macheath (Mackie Messer, o Mack the Knife) sposa Polly Peachum. Il padre di
Polly, che controlla tutti i mendicanti di Londra, è sgradevolmente sorpreso
dall'avvenimento e tenta di far arrestare e impiccare Macheath. I suoi maneggi sono
però complicati dal fatto che il capo della polizia, Tiger Brown, è un amico di
gioventù di Macheath. Alla fine Peachum riesce a farlo condannare
all'impiccagione, ma poco prima dell'esecuzione, appare un messaggero a cavallo
da parte della "Regina" che grazia Macheath e gli conferisce il titolo di baronetto,
nella parodia di un lieto fine.
Madre Coraggio e i suoi figli
Scritto proprio alla vigilia della seconda guerra mondiale, il testo risulta essere una denuncia di tutte le guerre
e degli orrori che esse producono. Sull'intento politico-ideologico prevale qui l'intento realistico di Brecht,
che rappresenta la mentalità degli oppressi e le sue terribili contraddizioni.
L'opera è ambientata in Polonia, Svezia e Germania tra il 1624 e il 1636 durante la
guerra dei trent'anni. Racconta le disavventure di una vivandiera, Anna Fierling,
che cerca di guadagnarsi da vivere vendendo mercanzie nei territori combattuti. La
guerra le porta buoni affari visto che i soldati sono le uniche persone che hanno i
soldi necessari per comprare le sue cose. Quindi lei si limita a seguire l'esercito
cattolico o protestante. La guerra, sfortunatamente le porterà via i suoi tre figli,
lasciandola sola con i suoi affari.
Samuel Beckett
L’opera di Samuel Beckett (1906 - 1989) è caratterizzata da un immagine profondamente pessimistica della
condizione dell’uomo nell’odierna civiltà e il suo stile è essenziale e attraversato da lampi di tragico
umorismo.
Aspettando Godot (1953) è senza dubbio la più celebre opera teatrale di Samuel Beckett nonché uno dei testi
più noti del teatro del Novecento.
Altri suoi testi sono Desideri umani (1937), Eleutheria (1947), Finale di partita (1957), L’ultimo nastro di
Krapp (1958), Giorni felici (1961), Commedia (1963), Passi (1975).
Nel 1969 ha vinto il premio Nobel per la letteratura.
Aspettando Godot
Aspettando Godot è la più famosa opera teatrale di Samuel Beckett; appartiene al genere del teatro
dell'assurdo, un genere di teatro dominato dalla credenza che la vita dell'uomo sia senza senso e senza scopo, e
dove l'incomunicabilità e la crisi di identità si rivelano nelle relazioni fra gli esseri umani.
Due uomini sotto un albero stanno aspettando questo signor Godot, di cui non
conoscono neppure l’aspetto, ma per ben due volte un messo va ad avvertirli che il
signor Godot si sarebbe fatto vivo l’indomani. I due uomini, vestiti quasi da barboni,
si lamentano continuamente del freddo, della fame e del dolore; litigano e pensano
di separarsi, ed addirittura al suicidio, ma alla fine restano sempre dipendenti l'uno
dall'altro e non fanno mai niente. Il sipario si chiude la seconda sera quando, dopo
la ripetuta notizia del messo, i due personaggi, Estragone e Vladimiro, decidono di
non suicidarsi e di aspettare l’indomani.
Eugène Ionesco
Attraverso il teatro dell’assurdo Eugène Ionesco (1909 - 1994), scrittore e drammaturgo francese di origini
rumene, si interroga sulla vita e sulla morte ed esplora il reale.
Nelle sue commedie Ionesco mostra la società umana come priva di realtà e ne rappresenta i vari aspetti solo
per mostrare il nulla che sta sotto di essa.
I capolavori di Eugène Ionesco
Eugène Ionesco debutta con La cantatrice calva (1950), commedia in un atto e 11 scene, definita dallo stesso
autore “anticommedia”.
In Il rinoceronte (1959), la sua commedia forse di maggior successo, il messaggio è esplicito, ma perde il
fascino dell'ambiguità e la forza rappresentativa.
La commedia Il re muore, rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1962, secondo il critico e studioso
inglese Martin Esslin, non è un'allegoria, ma è un'immagine poetica della condizione umana.
Il re muore
Nell’opera è evidente la sottile critica alla visione scientifica del mondo, personificata dal medico di corte e
dalla regina Marguerite. La scienza, secondo Ionesco, è in grado di diagnosticare e prevedere la morte del re,
ma ha perso la dimensione della speranza, meravigliosamente personificata dalla femminilità di Marie.
Bérenger, sovrano dell'Universo, ha una malattia incurabile ma non sa ancora che
dovrà morire; le due regine, la dolce Marie e la saccente Marguerite, venute a
conoscenza della sua malattia grazie al medico, chirurgo e batteriologo di corte
discutono a lungo se sia il caso di rivelare la nefasta notizia al loro marito e
sovrano. Alla fine la notizia viene rivelata a Bérenger che, incredulo, non vuole
convincersi della sua imminente morte; il sovrano si crede ancora in possesso del
potere sugli elementi della natura e sulle persone ma, inesorabilmente, scopre che la
sua malattia non gli ha lasciato nessuna forza e, invano, ordina alla natura e agli
uomini che nemmeno gli rispondono.
Arthur Adamov
Drammaturgo francese di origini russo-armene, Arthur Adamov si riannoda alla corrente del teatro
dell'assurdo.
La sua opera è spesso onirica; subendo in seguito l'influenza di Brecht, essa si orientò verso opere molto più
politicizzate. Le sue storie sono spesso ispirate alle sue vicende personali.
L’opera di Adamov è una delle espressioni più forti ed autentiche, disperatamente crudeli del teatro
contemporaneo.
Affascinante è il percorso evolutivo delle sue opere: attraverso La Parodie (1950), Il Ping-Pong (1953) e
Primavera ’71 (1963) Adamov passa dal surrealismo-espressionismo al realismo oggettivo definito su un
piano storico.
Georges Schehadé
Georges Schehadé (1910 – 1989), autore libanese di lingua francese è noto soprattutto per duelavori
teatrali La soirée des proverbes (1954), che segnò un revival del surrealismo, e l'antimilitarista Histoire de
Vasco (1956). Tra gli altri testi che egli scrisse per il teatro si ricordano Monsieur Bob'le (1951), Le
voyage (1961) e la pantomima L'habit fait le prince (1973).
Jean Tardieu
Il poeta francese Jean Tardieu (1903 – 1995) per il teatro ha realizzato brevi atti unici che svolgono con
leggerezza i temi dell'assurdo in voga negli anni '50. Sono da ricordare Un gesto per un altro (1951), Lo
sportello (1955), La serratura (1955).
Jean Cocteau e Robert Musil
Jean Cocteau (1889 - 1963) è stato un poeta, romanziere e drammaturgo francese. Fu anche designer, regista,
sceneggiatore e attore.
La sua versatilità, la sua originalità e la sua enorme capacità espressiva gli portarono il plauso internazionale.
Tra le sue opere teatrali ricordiamo quelle dedicate al teatro classico: Antigone (1922), Roméo et Juliette
(1924), Orphée (1926), ma anche I parenti terribili (1938).
Robert Musil (1880 - 1942), scrittore austriaco noto soprattutto per i suoi romanzi, con le sue commedie I
fanatici (1921) e Vinzenz e l’amica degli uomini importanti (1923) s'inserì, al di là dell'espressionismo,
nel teatro dell'assurdo.
Jules Romains, Marcel Achard e Jean Giraudoux
Jules Romains (1885 – 1972) è da ricordare per la commedia Knock, ovvero il trionfo della medicina (1923).
Marcel Achard (1899 – 1974) scrisse i suoi più grandi successi in patria nel periodo tra le due guerre
mondiali: tra essi Voulez-vous jouer avec moâ? (1923) e Jean de la Lune (1929), mentre raggiunge il successo
internazionale con Patate (1957) e L'idiote (1961).
Jean Giraudoux (1882 – 1944) divenne il più squisito rappresentante, sulle scene, di un'intelligenza lucida e
ironica, manifestatosi attraverso opere come Intermezzo (1933), La guerra di Troia non si farà (1935), Ondine
(1939) e il postumo La pazza di Chaillot (1945).
Maurice Maeterlinck
Maurice Materlinck (1862 – 1949), poeta, commediografo e saggista belga, nel 1890 divenne
improvvisamente famoso dopo aver scritto il suo primo dramma, La princesse Maleine. Negli anni seguenti,
scrisse una serie di spettacoli simbolisti caratterizzati da fatalismo e misticismo, i più importanti tra i quali
furono L'Intruse (1890), Les Aveugles (1891), Pelléas et Mélisande (1892), Le Trésor des humbles (1896). La
sua opera più nota è certamente L’uccellino azzurro (1908).
È il viaggio di due bambini alla ricerca della felicità, di cui l’Uccellino Azzurro è il
simbolo. L’avventura si trasforma strada facendo in un viaggio di conoscenza alla
scoperta dei Misteri della Morte, della Notte, dell’Avvenire, ma soprattutto di come
fare a trovare e riconoscere la bellezza delle cose.
Albert Camus
Nella vasta attività teatrale di Albert Camus (1913 – 1960), solo quattro sono le opere originali dello
scrittore. La scrittura drammatica di Camus si configura come ricerca continua e si alimenta dei modelli più
diversi: la tragedia classica per Il malinteso (1944), l'assurdo per Caligola (1944), la pura sperimentazione per
Lo stato d'assedio (1948), il rispetto della tradizione e della verità per I giusti (1950). Eppure in ogni
protagonista di queste opere è sottinteso lo stesso dramma: quello dell'individuo che sceglie la difficile strada
della rivolta senza per questo attingere alla privilegiata soglia della libertà.
Jean-Paul Sartre
Nell’opera teatrale di Jean-Paul Sartre (1905 – 1980) vi è come la presenza di tracce che negano la forma
canonica del teatro borghese. Il teatro di Sartre non è un teatro pedagogico, ma un modo di rappresentazione
che sembra richiedere, quale spettatore modello, un pubblico irrequieto.
Durante l'occupazione tedesca aveva scritto Le mosche (1943) e Porte chiuse (1944). Nel 1946,
pubblica Morti senza sepoltura; nel 1948 Le mani sporche. La sua concezione del teatro lo induce a rifiutare
sia il teatro psicologico e realistico, fondato su personaggi e caratteri, sia il teatro d'intrattenimento.
Hugo von Hofmannsthal
Hugo von Hofmannsthal (1874 - 1929) dal 1901 si dedicò al teatro, rielaborando in chiave moderna le
tragedie greche Elettra (1904) e Edipo e la Sfinge (1906).
In Ognuno, il dramma della morte del ricco (1911) vi è l’influenza dei misteri medievali e del teatro barocco;
Il cavaliere della rosa (1911) e Arianna a Nasso (1912), invece, sono drammi musicali in cui il testo letterario
ha una sua autonoma validità poetica.
Del 1921 è L’uomo difficile, in cui un aristocratico vede il proprio destino legato a quello della monarchia
asburgica ormai alla fine, mentre il problema della responsabilità sociale del singolo è affrontato ne Il gran
teatro salisburghese del mondo (1922) e La torre (1925), ispirati al teatro di Calderón de la Barca.
George Bernard Shaw
Scrittore e drammaturgo irlandese (1856 - 1950), di famiglia protestante di origine inglese, George Bernard
Shaw esordì in teatro nel 1892, ma il successo arrivò soltanto una quindicina di anni dopo. Le opere di questo
caratteristico esponente della borghesia intellettuale antiborghese rispecchiano il pensiero scientifico della
seconda metà dell'Ottocento. Tra le opere più note annoveriamo La professione della signora Warren (1894),
Le armi e l'uomo ( 1894) Uomo e superuomo (1903), Pigmalione (1913).
Molnár, Witkiewicz, Gombrowicz
L’ungherese Ferenc Molnár (1878 – 1952) è considerato l’erede della commedia brillante francese con Il
lupo (1912), Carnevale (1917), Il cigno (1920) e La pantofola di vetro (1925).
In Polonia, invece, operano Stanislaw Ignacy Witkiewicz, che scrive La gallinella acquatica (1922), Il pazzo
(1922), La monaca (1922) e Commedia ripugnante di una madre (1924), e Witold Gombrowicz con le
commedie grottesche Ivona, principessa di Borgogna (1938), Il matrimonio (1946) e Operetta (1967).
August Strindberg
Per la vastità e la rilevanza della produzione lo svedese August Strindberg (1849 - 1912) è all’apice della
tradizione letteraria scandinava e raggiunge per riconoscimento unanime un seggio tra i massimi artisti
letterati del mondo.
Dopo aver esordito come poeta e romanziere, si dedicò al teatro con la pièce Il padre (1887) e altri drammi
critici delle realtà sociali come Camerati (1888), La signorina Julie (1888), Creditori (1889), Verso Damasco
(1898-1901), Delitto e delitto (1899) Danza di morte (1901), Il sogno (1902) e L’isola dei morti (1907).
La signorina Julie
Ambientata in una notte d'estate di fine Ottocento in una cittadina svedese, l'opera affronta la tematiche
dell'interazione tra classi sociali differenti e tra il genere maschile e quello femminile.
Julie, ragazza venticinquenne figlia di un conte, passa la serata di San Giovanni
alla festa della servitù, mentre il padre è assente. Cerca di sedurre il giovane
cameriere Jean, il quale si dichiara innamorato di lei. Visti dai servitori decidono
di scappare per l'imminente caduta della reputazione della ragazza, ma scoperti
dalla cuoca Kristin non riescono nell'intento. Tornato il conte, il giovane Jean si
sente colpevole e, dichiarando che il rispetto e la soggezione che prova nei
confronti di lui gli impediscono di contrariarlo, suggerisce alla ragazza il suicidio
porgendole un rasoio affilato col quale raggiungere lo scopo.
Henrik Ibsen: i primi drammi
Henrik Ibsen (1828 - 1906), scrittore e drammaturgo norvegese, è considerato il padre della drammaturgia
moderna, per aver portato nel teatro la dimensione più intima della borghesia ottocentesca, mettendone a
nudo le contraddizioni e il profondo maschilismo.
Ibsen debutta con drammi storici, Catilina (1850) e Il Tumulo del guerriero (1854).
Seguono La Signora Inger di Østråat (1855), La festa a Solhaug (1856), Olaf Liliekrans (1856), I guerrieri a
Helgeland (1858), drammi ispirati alle vecchie saghe nazionali, La commedia dell’amore (1862) e I
pretendenti al trono (1863).
Henrik Ibsen: la fase romantica
Dopo un viaggio a Roma Ibsen scrisse il dramma Brand (1866). L'anno seguente, dopo un viaggio
tra Ischia e Sorrento compose il Peer Gynt (1867), opera surreale, resa famosa dalla musica del
compositore Edvard Grieg.
La fase romantica ibseniana si conclude con la commedia brillante La lega dei giovani (1869) e con il
dramma Cesare e il Galileo (1873).
Henrik Ibsen: il teatro sociale
La fase del teatro sociale di Ibsen iniziò con i drammi I pilastri della società (1877) e il suo capolavoro Casa
di bambola (1879).
Gli altri lavori di Ibsen in questo periodo sono: Spettri (1881), Un nemico del popolo (1882), L’anitra
selvatica (1884), Villa Rosmer (1886), La donna del mare (1888), Hedda Gabler (1890).
In questo periodo si inseriscono anche il dramma Il costruttore Solness (1892) e Il piccolo Eyolf (1894).
Segnano la fine dell’attività ibseniana i drammi John Gabriel Borkmann (1896) e Quando noi morti ci
destiamo (1899).
Casa di bambola
La donna riveste una posizione centrale nel dramma Casa di bambola (1879) dove la protagonista non esita a
lasciare la famiglia per riacquistare una propria identità.
Sin dalle prime battute Nora, la protagonista del dramma di Ibsen ci appare come
una donna che si comporta da bambina viziata e capricciosa: il mutamento e la
presa di coscienza di Nora avvengono, però, all'improvviso, quando capisce che
suo marito non era in realtà quella nobile creatura che lei credeva che fosse e
comprende che il suo ruolo in quel matrimonio durato 8 anni non è stato altro che
quello di una bella marionetta costretta a vivere in una casa di bambola. In seguito
a una profonda delusione Nora decide di abbandonare suo marito in cerca della
sua vera identità.
Spettri
La vedova Helene Halving, la protagonista del dramma, fa costruire un asilo in
memoria del marito, che aveva sposato senza amore e di cui aveva tenuto nascosto
agli altri la corruzione e l'infedeltà. Arriva così il giorno della sua inaugurazione,
alla quale devono intervenire Osvald, figlio di Elena e proveniente da Parigi, e
Manders, pastore protestante, probabilmente legato affettivamente, se non
addirittura sentimentalmente, alla donna. La donna attende il ritorno del figlio,
per il quale spera in una vita nuova, lontana dalla lunga ombra paterna, senza
sapere che il destino del giovane è ormai segnato.
Hedda Gabler
Hedda Gabler è lo studio di una donna ossessionata dal successo e profondamente: nel tentativo di acquisire
libertà e indipendenza, la protagonista si chiude in una spirale di egoismo, odio e gelosia.
Sposata per ragioni puramente economiche con il più scialbo dei suoi ammiratori,
di ritorno dal viaggio di nozze Hedda torna a incontrare quello che era stato
l’uomo dei suoi sogni. Ma Løvborg è molto cambiato. Alcolista e frequentatore di
bordelli, Løvborg ha ora ambizioni borghesi e si compiace di comunicare a Hedda
di aver finalmente scritto, grazie alla collaborazione di Thea Elvsted, l’opera che
gli permetterà di diventare professore all`università, al posto di suo marito. Delusa
e gelosa, Hedda entra casualmente in possesso del manoscritto che Løvborg,
ubriaco, ha una sera perduto e, invece di restituirlo al suo autore, vi costruisce
intorno un intrigo romanzesco che inesorabilmente le sfugge di mano. in un finale
che ormai non può essere altro che tragico.
I drammaturghi russi del Primo Novecento
I drammaturghi russi occupano un posto particolare nella produzione teatrale tra Ottocento e Novecento.
Tra tutti occorre ricordare: Maksim Gor'kij (1868 - 1936), autore dei drammi Bassifondi (1902), I
villeggianti (1904) e I figli del sole (1905); e uno dei più singolari drammaturghi di area simbolista, Leonid
Andreev (1871 - 1919), che scrisse opere tra cui ricordiamo Vita dell’uomo (1907), Ekaterina Ivanovna
(1912) e L’uomo che prende gli schiaffi (1915).
Ma le personalità più importanti di questo periodo sono certamente Vladimir Majakovskij e Anton Čechov.
Vladimir Majakovskij
Vladimir Majakovskij (1893 – 1930) fu un grande innovatore ed esercitò enorme influenza sui movimenti
artistici russi d'avanguardia. Militante nel partito bolscevico, fu inizialmente pittore e fece parte del gruppo dei
cubofuturisti. Tra le opere citiamo le commedie Mistero buffo (1917), sulle vicende della Rivoluzione russa,
La cimice (1928), Il bagno a vapore (1929).
Anton Čechov
Anton Čechov (1860 – 1904) non è legato a nessuna scuola o movimento e sfugge a qualsiasi etichetta. La
sua produzione novellistica e teatrale, che si dispiega lungo tutta la sua non lunghissima esistenza, è densa e
ininterrotta, nonostante Čechov sia minato dalla tubercolosi.
Scrittore introverso, Čechov interpreta e denuncia, in uno stile sobrio e semplice, la società del suo tempo, in
cui anche la vita intellettuale e letteraria vivono una fase di ristagno. Le sue opere sono modellate sul tragico
quotidiano, sulle “minute” pene dell’esistenza umana.
Tra le numerose opere di Čechov ricordiamo in particolare:
•
Ivanov (1887)
•
Il gabbiano (1895)
•
Zio Vanja (1897)
•
Tre sorelle (1900)
•
Il giardino dei ciliegi (1903)
Il gabbiano
Il gabbiano è uno dei testi teatrali più noti di Čechov e uno dei più rappresentati in assoluto. Questo dramma
ha una forte relazione con l'Amleto di Shakespeare.
Protagonista della vicenda è Kostja Trepliòv, aspirante drammaturgo affascinato
dalla madre Irina Arkàdina, grande attrice di teatro, innamorato della giovane
Nina, aspirante attrice e malato di vendetta nei confronti di Trigorin, usurpatore di
affetti nonché di fama letteraria.
È un dramma d’amore, con vari tipi e livelli d’amore: dalla gelosia di Polina per
Dorn, all’amore frustrato di Mascia che, respinta da Kostja, sposa Medvedenko,
per disprezzo della propria vita e per tiranneggiarlo. Gli innamorati si danno la
caccia: Mascia insegue Kostja, l’Arkadina sfoggia Trigorin come un trofeo che
accresce il suo prestigio, Nina corre dietro a Trigorin, anche se alla fine sarà
proprio lui ad “uccidere” il gabbiano che vive in lei.
Zio Vanja
È un tipico esempio di teatro čechoviano, fatto di drammi inesplosi, di ambizioni frustrate, di accorati
rimpianti per ciò che sarebbe potuto essere, di disperata rassegnazione.
Nel dramma è ritratta una famiglia impegnata a mantenere in vita una malandata
proprietà terriera e un’esistenza fatta di una quiete apparente. In questo piccolo
mondo ovattato si trascinano Vanja, uomo di rara bontà, affiancato dalla nipote, la
dolce Sonia. L’arrivo di due estranei - l’anziano cognato e la bella moglie –
sconvolge la vita di tutti: rompe gli equilibri, esalta le contraddizioni personali, le
differenze caratteriali e culturali, lasciando spazio ad insulti e recriminazioni. Fino
al manifestarsi di una violenza che da verbale si fa tangibile: due colpi di pistola a
vuoto e i due intrusi vengono spazzati via. Tutto ripiomba nel tedio e affiorano il
rimpianto per un’impossibile felicità e l’angoscia per una condizione senza via
d’uscita.
Il giardino dei ciliegi
È l'ultimo lavoro teatrale di Čechov, rappresentato per la prima volta nel 1904 al Teatro d'Arte di Mosca sotto
la direzione di Stanislavskij e di Dancenko.
Il giardino dei ciliegi, è una proprietà della signora Ljubov Andreevna Ranevskaja,
detta Ljuba, che al suo ritorno da Parigi dopo cinque anni a causa di enormi debiti
si trova a decidere se lottizzare il suo immenso giardino e la sua tanto amata casa,
come le consiglia Lopachin, un commerciante, o se mandarlo all'asta. Infine opta
per la lottizzazione e la grande casa e il mitico giardino dei ciliegi - sempre
evocato ma mai mostrato al pubblico - viene acquistato all’asta dall’amico
Lopachin, orgoglioso di poter riscattare la sua storia di figlio di contadini. Ljuba a
malincuore lascia il suo giardino dei ciliegi. Lopachin grazie al lavoro è diventato
ricco e possiede la tenuta in cui suo padre era servitore, mentre la vecchia
aristocrazia, pigra e sprecona, rimane letteralmente in mutande.
Il primo Novecento in Italia
Contemporaneamente il teatro italiano fu dominato, per un lungo periodo, dalle commedie di Luigi
Pirandello (1867 - 1936), dove l’interpretazione introspettiva dei personaggi dava una nota in più al dramma
borghese che divenne dramma psicologico.
Mentre per Gabriele D’Annunzio (1863 - 1938) il teatro fu una delle tante forme espressive del suo
decadentismo e il linguaggio aulico delle sue tragedie va dietro al gusto liberty imperante.
Una figura fuori dalle righe fu quella di Achille Campanile (1899 - 1977) il cui teatro anticipò di molti
decenni la nascita del teatro dell’assurdo.
Luigi Pirandello
Luigi Pirandello (1867 - 1936), insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1934, divenne famoso
proprio grazie al teatro che chiama teatro dello specchio, perché in esso viene raffigurata la vita vera, quella
nuda, amara, senza la maschera dell’ipocrisia e delle convenienze sociali, di modo che lo spettatore si guardi
come in uno specchio così come realmente è e diventi migliore.
Dalla critica viene definito come uno dei grandi drammaturghi del XX secolo.
Scriverà moltissime opere, divise in base alla fase di maturazione dell’autore:
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Prima fase - Il teatro siciliano
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Seconda fase - Il teatro umoristico
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Terza fase - Il teatro nel teatro (metateatro)
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Il teatro dei miti
I capolavori di Pirandello
Indubbiamente le opere principali di Luigi Pirandello sono state:
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Pensaci, Giacomino (1916),
Liolà (1916),
Così è (se vi pare) (1916),
Il berretto a sonagli (1917),
La giara (1917),
La patente (1918),
L’uomo, la bestia e la virtù (1919),
Sei personaggi in cerca d’autore (1920),
Enrico IV (1922),
Vestire gli ignudi (1922),
L’uomo dal fiore in bocca (1923),
Questa sera si recita a soggetto (1930);
I giganti della montagna (1932).
Tra esse merita una menzione speciale Sei personaggi in cerca d’autore, probabilmente il dramma più famoso
di Pirandello, rappresentato per la prima volta il 9 maggio 1921 al Teatro Valle di Roma, ma con un esito
tempestoso, perché molti spettatori contestarono la rappresentazione al grido di “Manicomio! Manicomio!”; fu
importante, per il successivo successo di questo dramma, la terza edizione, del 1925, in cui l’autore aggiunse
una prefazione nella quale chiariva la genesi, gli intenti e le tematiche fondamentali del dramma.
Pirandello e il teatro siciliano
Nella fase del Teatro Siciliano Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da imparare.
Anch’essa come le altre presenta varie caratteristiche di rilievo e in questo caso abbiamo il fatto che esso è
scritto tutto, interamente in dialetto siciliano perché considerato dall’autore più vivo dell’italiano ed esprime
di più l’aderenza alla realtà.
Appartengono a questo periodo le seguenti opere:
Lumìe di Sicilia (1910), Il dovere del medico (1913), Se non è così (1915), Cecè, (1915), Pensaci, Giacomino
(1916) e Liolà (1916).
Pirandello e il teatro umoristico
In questa seconda fase Pirandello presenta personaggi che spezzano le certezze del mondo borghese
introducendo la versione relativistica della realtà in cui lui vorrebbe trovare la dimensione autentica della vita
al di là della maschera.
Egli definirà il suo teatro “Teatro dello specchio”, perché rappresenta la vita nuda con le sue realtà, dove si ci
riflette con una maschera che nasconde l’ipocrisia e tutti gli aspetti delle persone, maschera che il
drammaturgo deve denudare.
Tra le opere di questo periodo sono ricordiamo Così è (se vi pare) (1916), Il berretto a sonagli (1917), La
giara (1917), Il piacere dell’onestà (1917), La patente (1918), Ma non è una cosa seria (1918), Il giuoco delle
parti (1918), L’innesto (1919), L’uomo, la bestia e la virtù (1919), Tutto per bene (1920), Come prima,
meglio di prima (1920) e La signora Morli, una e due (1920).
Così è (se vi pare)
Si tratta di un dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1917. È uno dei testi più tipicamente
pirandelliani, al cui centro è posto esplicitamente il tema della sostanziale inconoscibilità del reale.
Dopo un terremoto catastrofico, la signora Frola e suo genero, il signor Ponza, si
stabiliscono in una città diversa dalla loro, e lì diventano un enigma per i loro
nuovi concittadini: l'uno presenta la suocera come una pazza che non vuole
rassegnarsi alla perdita d'ella figlia, l'altra presenta il genero come un violento
stravolto dalla gelosia, che tiene la moglie segregata in casa. Tutti i tentativi di
trovare riscontri oggettivi alle affermazioni dell'una o dell'altro, ricorrendo alla
moglie di Ponza, non hanno esito, in quanto la donna si rifiuta di risolvere
l'enigma della sua identità, dando ragione allo scetticismo di uno dei personaggi,
Laudisi.
Il berretto a sonagli
In questa commedia emerge un tema di primo piano: l'individuo è costretto a difendere il suo prestigio sociale,
il pupo, quel pupazzo con cui nascondiamo la meschina realtà di ognuno di noi, anche a costo di pagare un
prezzo altissimo del reale.
Protagonista della commedia è un modesto impiegato, Ciampa, che viene tradito
dalla moglie, ma non reagisce fino a quando la moglie dell'amante di lei, gelosa,
non provoca uno scandalo: Ciampa allora vede distrutta l'immagine di
rispettabilità che ha costruito di sé (ciò che lui chiama il proprio «pupo») e
sarebbe costretto a reagire rovinosamente, se non riuscisse a risolvere la
situazione facendo apparire l'accusatrice come pazza.
La giara
La giara è una commedia in un atto unico scritta nel 1917 ripresa da una novella composta nel 1906 .
La storia rappresentata ripercorre con umorismo molti dei temi cari allo scrittore agrigentino, tra cui la
molteplicità dei punti di vista, l'ambiente siciliano e i conflitti interpersonali.
L'azione si svolge nella Sicilia rurale: il ricco don Lolò chiede a zi' Dima di
riparare col suo mastice una sua grande giara di terracotta. Dato che don Lolò
non vuole che vengano usati anche dei punti per rinforzare l'incollatura, zi' Dima
è costretto a fare il lavoro entrando all'interno del recipiente; ma poi, una volta
riparatolo si accorge di non poterne uscire. Si accende allora una disputa fra lui
e il padrone su chi debba addossarsi l'onere del danno che l'inevitabile nuova
rottura della giara, necessaria per liberare zi' Dima, comporterà. La situazione si
scioglie quando don Lolò, in preda all'ira, con un calcio provocherà la rottura
della giara.
La patente
Questa breve commedia tratta alcuni temi cari a Pirandello come gli intrecci relazionali fra gli individui,
alterati dai pregiudizi e dai preconcetti sui soggetti in base alle apparenze, alle esteriorità, ai giudizi
superficiali e di convenienza.
Rosario Chiàrchiaro, ritenuto da tutti uno jettatore, intende ottenere una sanzione
ufficiale di tale sua qualità mediante una condanna in tribunale, per poterla poi
sfruttare economicamente a suo vantaggio, approfittando del timore superstizioso
che la sua persona suscita.
Pirandello e il teatro nel teatro
Nella fase del teatro nel teatro le cose cambiano radicalmente, per Pirandello il teatro deve parlare anche agli
occhi e non solo alle orecchie; a tal scopo ripristinerà una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico
multiplo, in cui vi può per esempio essere una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte in varie stanze
contemporaneamente; inoltre il teatro nel teatro fa sì che si assista al mondo che si trasforma sul
palcoscenico.
Pirandello abolisce anche il concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente che sta tra attori e
pubblico: in questa fase, infatti, Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma che
rispecchia la propria vita in quella agita degli attori sulla scena.
Le opere della fase del teatro nel teatro
In questa fase Pirandello scrive le seguenti opere: Sei personaggi in cerca d’autore (1920), Enrico IV (1922),
All’uscita (1922), L’imbecille (1922), Vestire gli ignudi (1922), L’uomo dal fiore in bocca (1923), La vita che
ti diedi (1923), L’altro figlio (1923), Ciascuno a suo modo (1924), Sagra del signore della nave (1925),
Diana e la tuda (1927), L’amica delle mogli (1927), Bellavita (1927), O di uno o di nessuno (1929),Come tu
mi vuoi (1930), Questa sera si recita a soggetto (1930); Sogno, ma forse no (1931), Trovarsi (1932), Quando
si è qualcuno (1933), La favola del figlio cambiato (1934), Non si sa come (1935).
Sei personaggi in cerca d'autore
È forse l'opera più famosa di Pirandello, tradotta e rappresentata nei teatri di tutto il mondo. Insieme a
Ciascuno a suo modo e a Questa sera si recita a soggetto, questo dramma travalica il palcoscenico e
coinvolge l'intero teatro, compresa la platea, ma anche perché rappresenta tutti i conflitti che possono sorgere
tra le entità che interagiscono nell'evento teatrale, dall'autore agli attori, dai personaggi al pubblico.
Durante le prove in teatro per la rappresentazione di un dramma, si presentano
sul palcoscenico i personaggi scaturiti dalla fantasia d'un autore, il quale non ha
portato a termine il suo testo: questi personaggi reclamano adesso il proprio
diritto all'esistenza e mettono in scena le proprie vicende, che consistono in una
storia familiare dagli esiti tragici.
Enrico IV
Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello insieme a Sei personaggi in cerca di autore, Enrico IV è uno
studio sul significato della pazzia e sul tema caro all'autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile,
tra personaggio e uomo, finzione e verità.
Un giovane, a causa d'un incidente provocato da un suo rivale in amore durante
una cavalcata in maschera, ha perduto il senno ed è rimasto fissato di essere il
personaggio che stava impersonando, l'imperatore medievale Enrico IV. In
seguito a ciò continua a vivere convinto di essere davvero Enrico IV, rinchiuso in
una villa arredata in stile medievale e circondato da persone in costume. Dopo
molti anni riacquista la ragione; ma, esasperato per essersi reso conto di aver
sprecato la propria vita, ferisce colui che era stato responsabile del fatale
incidente. In conseguenza di ciò è costretto a continuare la finzione della follia,
per evitare di dover scontare la pena del proprio gesto.
Pirandello e il teatro dei miti
Solo tre opere della produzione pirandelliana appartengono al teatro dei miti: La nuova colonia (1928),
Lazzaro (1929), I giganti della montagna (1932).
Il termine mito ci riporta al mito greco: Pirandello ipotizza che da quell'antica cultura possa venire una
risposta ai problemi attuali dell'esistere. Siamo nel clima irrazionalistico e simbolistico della cultura europea
degli anni Trenta in cui nacquero due importanti movimenti culturali come l'Esistenzialismo e il Surrealismo.
Pirandello raccolse queste tendenze dando voce a una sensibilità per il favoloso e per il lontano, da sempre
viva nelle sue opere.
Gabriele D’Annunzio
Attraverso la tragedia in versi Gabriele D’Annunzio (1863 - 1938) riuscì a creare un teatro fortemente lirico,
costruito su un lessico ricercato, e in grado di dar vita a suggestioni sceniche assai vicine allo spirito della
tragedia antica.
Nello stile e nello svolgimento dei temi il D’Annunzio drammaturgo si mosse in un contesto europeo
nell’affiancarsi al simbolismo francese e all’estetismo inglese.
L’accostarsi dell’autore alla materia teatrale si fece intenso grazie soprattutto alla sua relazione con la grande
attrice Eleonora Duse, la quale gli svelò i segreti del palcoscenico.
Tra le opere più note ricordiamo: La città morta (1899). Francesca da Rimini (1902), La figlia di Iorio
(1904), che è la più nota tra le opere dannunziane, e La fiaccola sotto il moggio (1905).
La figlia di Iorio
La figlia di Iorio è un’opera drammatica in versi di Gabriele D’Annunzio, una "tragedia rustica d’argomento
abruzzese", come la definì lo stesso D’Annunzio, in tre atti scritta nell’estate del 1903.
Il complesso intreccio di vicende e conflitti, che vede protagonisti la meretrice
Mila, il pastore Aligi e suo padre Lazaro, si conclude tragicamente con il
parricidio e la morte drammatica di Mila, che per salvare la vita di Aligi si
accusa del suo delitto e viene condannata al rogo. Denominatore comune
dell'opera è il dilatarsi della tragedia nel mito, con una profondità e universalità
di sentimenti che superano i confini strettamente abruzzesi.
Achille Campanile
Achille Campanile (1899 - 1977) è stato uno scrittore, giornalista e drammaturgo italiano, celebre per il suo
umorismo surreale e i giochi di parole. Molti critici hanno elevato lo scrittore a “classico” del Novecento.
Oltre che all’analogia con alcuni dei percorsi pirandelliani, Campanile è stato variamente accostato alle
ricerche sull’assurdo di Ionesco ed al surrealismo, ma secondo alcune visioni costituirebbe un unicum, un
caso pienamente a sé e di non vantaggiosa comparazione.
Tra le opere più famose ricordiamo Centocinquanta la gallina canta (1924), L’inventore del cavallo (1927), Il
povero Piero (1961), Tragedie in due battute (1978).
Il povero Piero
È una delle più divertenti e geniali commedie del Novecento italiano, espressione a tutto tondo del teatro
dell’assurdo che fa di Campanile, con Ionesco, il caposcuola del genere.
Alla morte del “povero Piero” i familiari cercano di rispettarne le ultime volontà:
dare la notizia ad esequie avvenute. Ma non è facile nascondere l’accaduto e il
salotto di casa diventa sempre più affollato di parenti ed amici che arrivano per
unirsi al dolore della vedova. E così mentre il defunto viene sballottato, trafugato,
nascosto negli armadi, iniziano i rituali, i gesti convenzionali e le piccole
ipocrisie legati ad ogni morte: le frasi di cordoglio, le trattative con l’impresario
delle pompe funebri, gli addobbi floreali, i necrologi, i messaggi degli amici.
Più della semplice ma geniale trama, contano gli episodi collaterali, i raccontini,
le digressioni: una travolgente sequela di vicende surreali che, in un crescendo di
equivoci e sorprese, vede alternarsi il riso e il pianto dei protagonisti fino al
colpo di scena finale.
Le nuove tendenze in Europa
La Germania della Repubblica di Weimar fu un terreno di sperimentazione molto proficuo: oltre al già citato
Brecht molti artisti furono conquistati dall’ideale comunista e seguirono l’influenza del teatro bolscevico,
quello dell’agit-prop di Vladimir Majakovskij (1893 - 1930): Erwin Piscator (1893 - 1966), che abbiamo
già ricordato, e Ernst Toller (1893 –1939), il drammaturgo dell’espressionismo tedesco.
Nella Spagna del primo dopoguerra spicca la figura di Federico García Lorca (1898-1936) che scrisse le
tragedie Nozze di sangue (1933), Yerma (1934) e La casa di Bernarda Alba (1936), ma le sue ambizioni
furono presto represse nel sangue dalla milizia franchista che lo fucilò vicino Granada.
La scuola napoletana
Nel panorama teatrale della fine dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento un posto di rilievo è da
assegnare ai drammaturghi napoletani: Eduardo Scarpetta, autore di circa un centinaio di commedie in
dialetto napoletano, tra cui Miseria e nobiltà (1887), ‘Nu turco napulitano (1888), ‘Na santarella (1889), O’
miedeco d'e pazze (1908); Salvatore Di Giacomo, autore di molte notissime poesie in lingua napoletana,
molte delle quali poi musicate, che costituiscono una parte importante della cultura popolare partenopea, e di
opere teatrali come ‘O mese mariano (1900) e Assunta Spina (1909); Raffaele Viviani, che mise in scena la
plebe, i mendicanti, i venditori ambulanti, un'umanità disperata e disordinata che vive la sua eterna guerra per
soddisfare i bisogni primari in opere come ‘O vicolo (1917), Tuledo ’e notte (1918) e ‘A festa 'e Montevergine
(1928).
Miseria e nobiltà
Famosa e divertentissima commedia, Miseria e nobiltà ha conosciuto una popolarissima versione
cinematografica che si discosta di poco dal testo originale, e interpretata da Totò.
La commedia ha come protagonista Felice Sciosciammocca e la trama gira
attorno all'amore del giovane nobile Eugenio per Gemma, figlia di Gaetano, un
cuoco arricchito. Il ragazzo è però ostacolato dal padre, il marchese Favetti, che
è contro il matrimonio del figlio per via del fatto che Gemma è la figlia di un
cuoco. Eugenio si rivolge quindi allo scrivano Felice per trovare una soluzione.
Felice e Pasquale, un altro spiantato, assieme alle rispettive famiglie, si
introdurranno a casa del cuoco fingendosi i parenti nobili di Eugenio. La
situazione si ingarbuglia poiché anche il vero Marchese Favetti è innamorato
della ragazza, al punto di frequentarne la casa sotto le mentite spoglie di Don
Bebè. Il figlio, scopertolo e minacciatolo di rivelare la verità, lo costringerà a
dare il suo consenso per le nozze.
Il teatro nel secondo dopoguerra
Nel secondo dopoguerra il teatro occidentale si arricchisce di nuovi stimoli.
Torna ad assumere grande importanza, dopo un periodo di supremazia della parola, l’azione fisica, il gesto. Si
sviluppano metodi che mettono l’accento sull’emozione interpretativa dell’attore (con l’utilizzo del metodo
Stanislavskij rielaborato in seguito da Lee Strasberg) e sull’ allenamento fisico (il training dell’attore).
La ricerca degli anni ‘60 e ‘70 tenta di liberare l’attore dalle tante regole della cultura in cui vive (seconda
natura), per mettersi in contatto con la natura istintiva, quella natura capace di rispondere in modo efficiente e
immediato.
L’obiettivo di perfezionamento dell’arte dell’attore diventa insieme momento di crescita personale.
Il secondo Novecento in Italia
Molti anche in Italia parteciparono a questa maturazione sia fra i drammaturghi come Eduardo De Filippo
(1900 - 1984) che con lo sperimentale teatro di Carmelo Bene (1937 - 2002), sia con l’apporto fondamentale
di grandi registi come Giorgio Strehler (1921 - 1997) e Luchino Visconti (1906 - 1976).
Eduardo De Filippo
La spontaneità del teatro di Eduardo De Filippo (1900 - 1984) è alimentata dalla tradizione ottocentesca su
cui si innestano istanze della poetica neorealista, dando vita ad una rappresentazione popolare vivace, in cui
l’uso del dialetto colora ambienti dominati da una dolorosa miseria e dai problemi di sopravvivenza precaria.
Altro grande merito di De Filippo è quello di aver saputo rivitalizzare l’eterna maschera di Pulcinella,
donandole un volto realistico: l’uomo comune alle prese con le sofferenze e con le difficoltà della vita, che
riesce ad aggirare attraverso sotterfugi.
In questa dimensione si colloca la sua produzione più valida, mentre meno convincente è nei testi in cui
prevalgono intenzioni di denuncia sociale o l’astratta ricerca di soluzioni pirandelliane più legate ai motivi
dell’illusione e della follia.
Le opere di Eduardo De Filippo
La sensibilità acutissima di De Filippo seppe in ogni modo dosare finemente ciascuna di queste componenti
riuscendo ad elaborare l’equilibrio tra tutte queste diverse istanze.
Tra i titoli più importanti troviamo: Natale in casa Cupiello (1931), Napoli milionaria! (1945), Filumena
Marturano (1946), Questi fantasmi (1946), Le voci di dentro (1948), Mia famiglia (1955), Bene mio e core
mio (1955), De Pretore Vincenzo (1957), Sabato domenica lunedì (1959), Il sindaco del rione Sanità (1960),
Il figlio di Pulcinella (1962), L’arte della commedia (1965), Il contratto (1967), Il monumento (1970) e Gli
esami non finiscono mai (1973).
Natale in casa Cupiello
Natale in casa Cupiello, la più famosa opera di De Filippo, nasce nel 1931 come atto unico in cui si racconta
di un pranzo natalizio turbato dal dramma della gelosia.
Nel giro di appena un anno è già un dramma famoso, ma Eduardo De Filippo vuole far conoscere meglio i
suoi personaggi, per cui la fa cominciare due giorni prima aggiungendo un atto, che diventerà il primo, nel
quale si racconta, in forma di riuscitissima farsa familiare, il risveglio di Luca nella fredda mattina del ventitré
dicembre.
Dopo due anni De Filippo aggiunge la terza parte conclusiva scrivendo il terzo ed ultimo atto.
Protagonista della vicenda è Luca Cupiello, un uomo colpito dall’inerzia, che
vive al di fuori dei suoi problemi familiari e si estrania sempre da tutti i suoi
parenti. Nessuno dei suoi cari gli permette di ascoltare i guai che invadono la sua
casa, non conosce le ansie e le preoccupazioni del fratello Pasquale che vive in
casa con loro, non sa le malefatte del figlio Tommasino (detto Nennillo), ed è
addirittura all’oscuro della relazione extraconiugale che la sua adorata figlia
Ninuccia ha con l’amante Vittorio Elia.
Il protagonista desidera solo costruire il suo presepe, visto che il presepe gli
consente proprio di distaccarsi dalla realtà e di evadere dai problemi quotidiani
che colpiscono i membri della sua famiglia.
Napoli milionaria!
Napoli milionaria! è una delle più famose commedie di Eduardo de Filippo. Ambientata durante la seconda
guerra mondiale, fu scritta e rappresentata per la prima volta quando l'evento bellico non era ancora terminato.
In un “basso” napoletano durante il secondo conflitto mondiale Donna Amalia e
suo marito Gennaro Jovine sono poveri e vivono con i loro tre figli, Amedeo,
Maria Rosaria e la piccola Rituccia.
Nel corso degli anni di matrimonio, Amalia ha preso a disistimare Gennaro, lo
giudica un buono a niente, mentre lei, donna forte e pratica, si è assunta l’onere
di sostenere la famiglia e, pian piano, con la complicità di Enrico “Settebellizze”,
giovane senza scrupoli, è diventata una pedina della borsa-nera e ottiene buoni
guadagni.
Ad un certo punto Rituccia si ammala e potrebbe morire, se non si trova il
farmaco giusto. Una scena drammatica permette di avere il sospirato medicinale.
Somministratolo alla piccola ammalata, il medico va via: tornerà di buon mattino
per vedere il decorso della malattia. La commedia si chiude con Gennaro e
Amalia che, ancora guardandosi freddamente, attendono con speranza che la
figlia superi la notte per essere dichiarata fuori pericolo.
Filumena Marturano
Nella drammaturgia internazionale questa commedia è uno dei lavori più conosciuti e più apprezzati dal
pubblico e dalla critica. È anche una delle commedie più care ad Eduardo; in particolare il personaggio della
protagonista fu molto amato dal grande drammaturgo napoletano.
Il cinquantenne Domenico Soriano nella sua giovinezza, a Napoli, ha
frequentato una casa di appuntamenti dove ha conosciuto la prostituta Filumena
Marturano e l’ha portata via dal suo triste mestiere, conducendola nella sua
bella casa e affidandole addirittura la gestione delle sue attività. Filumena
Marturano nasconde un segreto: ha tre figli ed uno di questi è di Domenico. È
riuscita a tirarli su dignitosamente grazie ai soldi che nel tempo ha sottratto a
Domenico, senza che lui se ne sia mai accorto. Ad un certo punto della sua vita,
decide di uscire allo scoperto: vuole che i figli sappiano che lei è la loro madre,
vuole che abbiano un cognome, quello importante del compagno. Inscena
pertanto la finta malattia ed estorce un matrimonio fasullo a Domenico. La donna
rivela i suoi segreti a Domenico, ma non gli svela quale dei tre giovani sia suo
figlio. Domenico, dopo una prima reazione fortemente negativa, decide di
diventare effettivamente il padre dei tre giovani sposando Filumena.
De Pretore Vincenzo
Questo lavoro teatrale deriva da un poema di De Filippo scritto anni prima: l'autore mette in luce la precaria
situazione del popolo napoletano, trascurato o sfruttato sempre da tutti e costretto quindi ad arrangiarsi per
sopravvivere.
Vincenzo De Pretore, un piccolo mariuolo figlio di padre ignoto, finisce in
prigione per un furto. Quando esce, la fidanzata Ninuccia gli consiglia di trovarsi
un santo protettore che lo guidi sulla retta via. Vincenzo fraintende il senso di
questa protezione e continua a rubare, sicure che il santo che ha scelto, San
Giuseppe, lo difenderà da ogni pericolo. così non avviene e, durante una delle sue
imprese ladresche, viene ferito a morte. Arrivato in Paradiso chiede a San
Giuseppe di farlo entrare e il santo, stretto dalle argomentazioni del giovane,
arriva addirittura a minacciare il Padreterno di andarsene con tutta la Sacra
Famiglia se la richiesta non sarà accolta. Le ragioni di Vincenzo convincono lo
stesso Padreterno, che accetta di farlo restare in Paradiso. Ma il lieto fine è solo
sognato e la conclusione della vicenda sarà ben più amara.
Sabato, domenica e lunedì
La famiglia è la vera protagonista della commedia o forse bisognerebbe dire della tragicommedia poiché tutto
nasce da una ridicola incomprensione tra coniugi che però maschera la crisi del loro matrimonio.
In casa Priore, come ogni sabato, si prepara il ragù per il pranzo della domenica.
Rosa è impegnata in cucina mentre il marito Peppino, non perde occasione per
lamentarsi con lei. Ci sono poi le critiche del figlio, e i litigi tra la figlia
Giulianella e il fidanzato ad amareggiarla ulteriormente. Arriva la domenica, ma
il clima è ancora teso e si riaccendono vecchie discussioni. Tra gli invitati ci sono
i vicini di casa, il ragioniere Luigi Ianniello e la moglie Elena e Luigi si mostra
particolarmente premuroso con Rosa. Proprio quando in tavola arriva il ragù,
Peppino, che non sopporta più le attenzioni che sua moglie concede a Luigi, fa
una scenata di gelosia. La festa è rovinata, Rosa si sente male, Peppino è solo e
avvilito. Il giorno dopo, lunedì, tutti si trovano in cucina e commentano i fatti
della domenica. Peppino capisce l'assurdità del suo comportamento e ripercorre
con la moglie la storia del loro amore.
Gli esami non finiscono mai
Scritta nel 1973, ma ideata fin dagli anni ’40, Gli esami non finiscono mai è l’ultima delle commedie di
Eduardo De Filippo.
Guglielmo Speranza presenta al pubblico la rappresentazione della sua vita. Per
indicare il trascorrere del tempo, si servirà di tre barbe posticce. L'azione inizia
al conseguimento della laurea. Fidanzato con Gigliola, subisce l'interrogatorio
dei futuri suoceri che pretendono da lui una carriera prestigiosa. Si sposa, ha due
figli, ma la sua vita dipende sempre dalla gente, che lo osserva e giudica. Infatti,
quando s'innamora della giovane Bonaria, si scontra con il coro dei benpensanti,
capitanati da Furio La Spina, il suo miglior amico, che ha una relazione segreta
con sua moglie. Guglielmo invecchia sempre più solo. Per trovare pace, si
rinchiude in casa in silenzio, fingendosi malato. I familiari lo assistono, sperando
nella morte liberatrice. Quando è il momento, nemmeno le sue disposizioni per le
esequie vengono rispettate. Guglielmo seguirà i suoi funerali attraversando il
palcoscenico come un attore da rivista che saluta il pubblico, nel teatrino dei falsi
convenevoli di parenti e amici.
Peppino De Filippo
Fino al 1945 la biografia teatrale di Peppino De Filippo (1903 – 1980) è in simbiosi con quella dei fratelli
Eduardo e Titina, poi, dopo la rottura con Eduardo, Peppino si dedica alla scrittura teatrale.
Mentre Eduardo si dedica a una comicità amara e di critica sociale, Peppino predilige la farsa e la comicità
più immediata, gustosa, facile, a volte surreale.
Tra le commedie più belle di Peppino si ricordano Miseria bella (1931), Don Rafele 'o trumbone (1931),
Cupido scherza e spazza (1932), Non è vero… ma ci credo (1941), Pranziamo insieme (1952), Le
metamorfosi di un suonatore ambulante (1956).
Peppino De Filippo espresse tutta la sua carica di comicità di grande gusto in commedie e farse concepite
principalmente come semplici macchine per far ridere.
Non è vero... ma ci credo
Questa commedia, andata in scena nel 1942, è considerata il capolavoro di Peppino De Filippo. Ottenne un
così vasto successo che dieci anni dopo si decise di farne anche un film.
Il comm. Gervasio Savastano, proprietario di una fabbrica di conserve, è
immensamente superstizioso. Dall’interpretazione dei presagi fa dipendere la
propria condotta. Questa mania è la disperazione di sua figlia Rosina, che,
innamorata di un bravo giovane, non trova mai il verso di farglielo conoscere. La
poco felice riuscita di alcuni affari, che l'industriale attribuisce al malefico
influsso di un suo vecchio collaboratore, induca il comm. Savastano a licenziarlo.
Lo sostituirà Alberto Sammaria, un simpatico giovane, provvisto di una magnifica
gobba. Il commendatore ne è entusiasta: da quando Alberto ha fatto il suo
ingresso nell'azienda, tutto va a gonfie vele. Ad un certo punto il comm. Gervasio
scopre che il suo diletto Alberto è innamorato, senza speranza, di Rosina e perciò
ha deciso d'andarsene. Gervasio corre ai ripari ed impone a Rosina di sposare
Alberto. Poi gli viene il dubbio che i figli d'Alberto possano riuscire deformi e
cerca di persuadere la figlia a rinunciare al progettato matrimonio; ma Rosina
non si lascia persuadere. Gervasio è disperato. Alberto e Rosina si sposano:
durante il pranzo di nozze, il comm. Gervasio scopre che Alberto non è affatto
gobbo: la gobba, di cartone, è stata uno stratagemma per introdursi in casa
dell'amata Rosina.
Carmelo Bene
Carmelo Bene (1937 - 2002), attore, regista e autore teatrale, reinventando il linguaggio teatrale, con uno stile
ricercato e barocco, manifesta il suo genio di attore, perché non si limita a recitare e comincia così il suo
“massacro dei classici”.
È considerato un affabulatore e un presuntuoso “massacratore” dalla critica, gli intellettuali italiani degli anni
‘60 e ‘70 lo ritengono un genio.
Un genio che si scaglia contro il teatro di testo, per un teatro da lui definito “scrittura di scena”; un teatro del
dire e non del detto, perché per Bene il teatro del già detto non dice, appunto, niente di nuovo, è solo un citare
a memoria parole scritte altrove. Tra le tante opere da lui scritte o rielaborate citiamo Nostra Signora dei
Turchi (1966).
Il secondo Novecento in Europa
In Germania è fondamentale l’apporto di Botho Strauß (1944), le cui opere più note sono Gli ipocondriaci
(1972), Volti noti, sentimenti misti (1974), Trilogia del rivedersi (1976), Kalldewey: farsa (1981), Il parco
(1983) e Il tempo e la stanza (1995); e Rainer Werner Fassbinder (1945 - 1982), autore di Come gocce su
pietre roventi (1965), Il soldato americano (1968), Anarchia in Baviera (1969), Le lacrime amare di Petra
von Kant (1971).
In Francia furono importanti, invece, i testi estremi di Jean Genet (1910 - 1986). Alla fine degli anni ‘40
Genet iniziò una carriera di drammaturgo, le sue rappresentazioni furono tutte brillanti successi, come Le
serve (1947), Il balcone (1956), I negri (1959), I paraventi (1961) e Quattro ore a Chatila (1982).
L‘unico testo teatrale di Simone De Beauvoir (1908 – 1986) è, invece, Le bocche inutili (1945).
Anche la Svizzera ha contribuito nel corso del ‘900 all’evoluzione del teatro europeo con autori come
Friedrich Dürrenmatt (1921 - 1990), di cui citiamo Romolo il Grande (1949), La visita della vecchia
signora (1956) e I fisici (1962), e Max Frisch (1911 - 1991), che scrisse La muraglia cinese (1946),
Omobono e gli incendiari (1953) e Andorra (1961).
Dalla Polonia arrivano grandi innovazioni nella concezione di una messinscena grazie a Tadeusz Kantor
(1915 - 1990), pittore, scenografo e regista teatrale tra i maggiori teorici del teatro del Novecento. Il suo
spettacolo La classe morta (1975) è tra le opere fondamentali della storia del teatro.
In Inghilterra nel primo Dopoguerra l’autore più significativo è Terence Rattigan (1910 – 1977) con lavori di
ambiente bellico: Il francese senza lacrime (1936), Il cadetto Winslow (1946) e Ross (1960).
John Osborne (1929 – 1994) attraverso opere come Ricorda con rabbia (1956), Lutero (1960) e A ovest di
Suez (1971) esprime il disagio, le aspettative e la rabbia delle classi medio-basse.
John Arden (1930) mescola ispirazione lirica con un registro colloquiale in opere come L’isola di Mighty
(1972) e La piccola casa grigia nel West (1982).
Le lacrime amare di Petra von Kant
Le lacrime amare di Petra von Kant, in 5 atti, è stata scritta da Rainer Werner Fassbinder nel 1971. Lo
stesso Fassbinder, un anno più tardi, ne farà un adattamento cinematografico.
Petra von Kant , stilista di successo, colta ed amante del bello ma svuotata dentro
da due matrimoni andati male, non trova stimoli neanche nel lavoro. Vive in un
ambiente molto raffinato e personale con la segretaria e domestica Marlene. La
sua esistenza è profondamente turbata dall'incontro con la giovane e bella Karin
Trimm, presentatale dall'amica Sidonie von Grasenabb. Petra ne rimane
totalmente ammaliata e si offre di aiutarla a inserirla nel mondo della Moda.
Karin accetta e va a vivere insieme a lei; ma la possessività e la gelosia di Petra
finiscono però per opprimerla, tanto da farla scappare via. Petra rimane solo con
la fedele Marlene, il cui sforzo non è mai apprezzato e che anzi viene spesso
maltrattata. Nel giorno del suo compleanno, ha una crisi isterica e maltratta la
madre, la figlia e Sidonie che la vengono a trovare. In seguito Karin le telefona e
Petra riesce a risponderle pacatamente. Sente la voglia pungente di rinascere,
magari con l'aiuto di Marlene.
Le serve
È una commedia tragica e violenta di Jean Genet liberamente ispirata ad un fatto di cronaca realmente
accaduto nel febbraio del 1933 a Le Mans, in Francia.
Claire e Solange sono due cameriere al servizio di una ricca signora. Ogni
qualvolta lei esce di casa le due donne si scambiano ritualmente la parte fra loro,
interpretando a turno il ruolo della padrona e dell’altra collega. Il loro gioco
diventa però sempre più pericoloso al punto che decidono di denunciare l’amante
di questa con delle lettere anonime. Quando l’uomo viene scarcerato per
mancanza di prove, per paura di essere scoperte, le due cercano di assassinare la
loro padrona, ma falliscono nell’intento e provano a eliminarsi a vicenda. Claire
si uccide mentre Solange, dato che la polizia prenderà quel gesto come un
omicidio, si prepara consapevolmente al destino che l’aspetta.
I fisici
Scritta nel 1962 e ambientata nel salotto di una sofisticata clinica elvetica per malattie mentali, questa
commedia in due atti viene condotta da Friedrich Dürrenmatt con le armi della farsa e di un grottesco tinto
di cabarettismo.
La commedia narra di un fisico nucleare, Möbius, che scopre la formula
universale del sistema per tutte le scoperte. Onde evitare che i suoi studi finiscano
nelle mani sbagliate si fa internare in una casa di cura, Les Cerisiers,
fingendosi pazzo. Lo seguono, inscenando la stessa malattia, un agente
segreto americano che fa finta di credere di essere Newton, e una spia comunista,
che dice di credersi Einstein. Questi intendono impossessarsi della formula
segreta, ma al termine della pièce l’unica persona che riuscirà a ottenere le carte
sarà la proprietaria della clinica, Mathilde von Zahnd. Costei è l’unica vera folle,
che intende assoggettare tutto il mondo con la scoperta di Möbius.
La classe morta
Il polacco Tadeusz Kantor rappresentò La classe morta per la prima volta a Cracovia nel novembre 1975,
nella cantina di un palazzo cinquecentesco dove aveva sede la Galeria Krzysztofory, luogo abituale di
incontro di artisti e teatranti.
La classe morta è una perfetta macchina teatrale della memoria, una toccante
partitura scenica. I protagonisti sono una dozzina di vecchietti ormai trapassati
che tentano di tornare sui banchi della loro antica scuola nella quale hanno
trascorso i giorni ineffabili dell’infanzia, portandosi sulle spalle manichini di
cera, rappresentazioni dei bambini che una volta erano stati.
Le sperimentazioni novecentesche
L’influenza di questi maestri sul movimento teatrale del dopoguerra è immenso, basti pensare all’Odin Teatret
di Eugenio Barba (1936), al teatro povero di Jerzy Grotowski (1933 - 1999), al teatro fisico del Living
Theatre di Julian Beck (1925 - 1985) e Judith Malina (1926), fino alle applicazioni “commerciali”
dell’Actor’s Studio di Stella Adler (1901 - 1992) e Lee Strasberg (1901 - 1982).
Il Novecento americano
Tra gli autori novecenteschi negli USA annoveriamo Eugene O’Neill (1888 - 1953), autore di opere
straordinarie quali In viaggio per Cardiff (1916), Oltre l’orizzonte (1920), Imperatore Jones (1920), Tutti i
figli di Dio hanno le ali (1924), Desiderio sotto gli olmi (1924), Strano interludio (1928), Il lutto si addice ad
Elettra (1931) e Lungo viaggio verso la notte (1940).
Un altro importante drammaturgo americano è stato Thornton Wilder (1897 – 1975), autore delle commedie
Il lungo pranzo di Natale (1931), Piccola città (1938) e La famiglia Antrobus (1942)
Grandi maestri sono stati anche Tennessee Williams (1911 - 1983), che scrisse Lo zoo di vetro (1944), Un
tram che si chiama Desiderio (1947), La rosa tatuata (1951), La gatta sul tetto che scotta (1956),
Improvvisamente l’estate scorsa (1958), e Arthur Miller, autore di Erano tutti miei figli (1947), Morte di un
commesso viaggiatore (1949), Il crogiuolo (1953) e Uno sguardo dal ponte (1955).
William Inge (1913 – 1973) racconta storie di comunità della provincia americana in Ritorna, piccola Sheba
(1950, Picnic (1953), Fermata d’autobus (1955), Il buio in cima alle scale (1957).
Edward Albee (1928) debutta con Storia dello zoo (1959) e Il sogno americano (1961) e poi scrive Chi ha
paura di Virginia Woolf (1962), il suo testo più famoso, prima di realizzare Alice (1964), Marina (1975), La
signora di Dubuque (1979) e Tre donne alte (1991).
Neil Simon (1927) è l’autore di maggior successo a Broadway alla fine degli anni ’60: A piedi nudi nel parco
(1963), La strana coppia (1965), Andy e Norman (1965), Appartamento al Plaza (1968), Il prigioniero della
Seconda Strada (1972), I ragazzi irresistibili (1972), Smarrito a Yonkers (1991) e Risate al 23° piano (1993)
sono le sue commedie principali.
Il lutto si addice ad Elettra
In questa opera teatrale scritta dal drammaturgo Eugene O'Neill e messa in scena per la prima volta nel 1931
si riprende la tragedia classica di Elettra di Sofocle, aggiungendovi elementi psicoanalitici.
La vicenda si svolge all'epoca della Guerra di secessione americana, nella
famiglia di un generale nordista. Il generale Ezra Mannon (l'Agamennone di
Sofocle) ritorna dalla guerra, e nella propria casa è ucciso dalla sua seconda
moglie Christine (Clitennestra) che ha per complice il proprio amante, il
Capitano Brant. La figlia Lavinia (Elettra) persuade il fratello Orin (Oreste) a
vendicarlo. Anche lui reduce dalla guerra, sottomesso alla sorella, sopprime il
capitano Brant, e lo seguirà nella tomba Christine, costretta a sopprimersi dalla
presenza ossessiva della figlia. Orin e Lavinia si imbarcano per un lungo viaggio,
ma il destino incombe anche su di loro.
Desiderio sotto gli olmi
In Desiderio sotto gli olmi (1924), con sinistra ironia, O'Neill fece a pezzi la filosofia americana del successo.
Le passioni umane tendenti all'animalesco vengono guidate, in questa rappresentazione, dal desiderio
irrefrenabile e liberatorio di possedere la terra.
Il vedovo Ephraim Cabot lascia la sua fattoria del New England ai suoi tre figli,
che lo odiano, ma condividono la sua avidità. Eben, il fratello più giovane e
brillante, sente che
l'azienda è sua per diritto di nascita, in quanto
originariamente apparteneva a sua madre. Egli acquista dai suoi fratellastri le
azioni della fattoria con il denaro rubato da suo padre, e Peter e Simeon si
trasferiscono in California per cercare fortuna. Più tardi, Ephraim ritorna con
una nuova moglie, la bella e testarda Abbie, che intraprende una relazione
adulterina con Eben. Poco dopo, Abbie partorisce il figlio di Eben, ma lascia
credere a Ephraim che il bambino sia suo, nella speranza di garantirsi il futuro
con la fattoria. Il superbo Ephraim ignora che i suoi vicini lo prendono in giro
apertamente. Follemente innamorato di Eben e timorosa che potesse ostacolare
la loro relazione, Abbie uccide il bambino. Un furioso e sconvolto Eben consegna
Abbie allo sceriffo, ma non prima di ammettere a se stesso la profondità del suo
amore per lei e confessare il proprio ruolo nell'infanticidio.
Un tram che si chiama Desiderio
Un tram che si chiama desiderio, scritto dal drammaturgo statunitense Tennessee Williams nel 1947, è un
testo noto al grande pubblico grazie alla pellicola di Elia Kazan di cui furono protagonisti Marlon Brando e
Vivien Leigh.
La vicenda è ambientata nella New Orleans degli anni quaranta,
i protagonisti sono una coppia, formata da Stanley e Stella, il cui equilibrio viene
messo a rischio dalla sorella di lei, Blanche.
Stanley, un rude polacco dai modi burberi giunto a New Orleans da qualche
anno, è un uomo di grande forza che è travolto da una passione carnale per la
moglie Stella. A turbare questo equilibrio giunge la sorella di Stella, Blanche, una
donna dai molti lati oscuri che pian piano andrà svelando, fino a che, alla fine
della vicenda, giunge alla pazzia e viene ricoverata in manicomio, mentre la
coppia, la cui pace familiare sembra allietata dalla nascita di un bambino,
sembra arrivare ad un punto di rottura per l'incapacità di Stella di accettare il
destino della sorella, il cui crollo è dovuto in larga parte alle forti pressioni
esercitate su di lei da Stanley.
Morte di un commesso viaggiatore
Andato in scena a New York nel febbraio del '49 per la regia di Elia Kazan, Morte di un commesso
viaggiatore di Arthur Miller costituisce forse il più clamoroso successo teatrale del dopoguerra - un successo
che, dagli Stati Uniti, dilaga in tutto il mondo.
Willy Loman è un commesso viaggiatore sessantenne che per anni ha viaggiato in
tutto il paese per vendere la merce della compagnia per cui lavora, senza però
mai riuscire a fare carriera. Una moglie, Linda, due figli, Biff e Happy, una
famiglia e un’esistenza apparentemente felici, che in realtà nascondono una
situazione disperata e fallimentare. Willy è un uomo stanco, vorrebbe smettere di
viaggiare e lavorare stabilmente a New York, la città in cui vive. Nemmeno i due
figli, ormai grandi, sono riusciti ad ottenere quella stabilità lavorativa che il
padre sperava per loro e di cui essere fiero. Ai problemi familiari si aggiungono
poi le difficoltà economiche, che si inaspriscono quando Willy viene licenziato e
inutili sono gli sforzi della moglie per mantenere uniti padre e figli. Ritrovandosi
fallito sia nella sfera lavorativa che in quella familiare, stritolato da una società
che non tollera al suo interno elementi improduttivi, Willy Loman sceglie la via
del suicidio, che almeno garantirà alla moglie e ai figli il sussidio dei ventimila
dollari dell’assicurazione.
A piedi nudi nel parco
A piedi nudi nel parco di Neil Simon fu rappresentata per la prima volta il 21 ottobre 1963. Il 23 dello stesso
mese l'opera iniziò regolarmente le repliche fino al 25 giugno 1967, per un totale di 1530 performance.
Paul e Corie Bratter, una coppia di sposi freschi di matrimonio, e reduci da
un’appassionata luna di miele trascorsa tra le lussuose pareti dell'Hotel Plaza di
New York iniziano la loro vita coniugale con il sospirato ingresso nella loro
prima casa, un piccolo e spoglio appartamento all’ultimo piano di un vecchio
palazzo senza ascensore. La scomoda sistemazione dei due sposini e la presenza
nelle loro vite della signora Ethel Banks, madre di Corie, e del signor Velasco,
eccentrico inquilino della mansarda sopra l’appartamento della coppia, bastano
a mettere a dura prova la loro serenità matrimoniale e, in particolare, fanno
emergere le loro differenze caratteriali: Paul è serio, giudizioso, prudente, tanto
quanto Corie è vitale, appassionata, romantica; tanto l'uno è prevedibile e
convenzionale quanto l'altra è imprevedibile e spudorata. In una serata a quattro
vengono ben presto a crearsi eccentriche alleanze: Corie e Velasco s'intendono
alla perfezione mentre Ethel e Paul subiscono le stravaganze dei loro
"antagonisti". E, come spesso accade, i folli e gli incassatori finiscono per
compensarsi e rimettere il bilancio della vita in pari.
I drammaturghi contemporanei inglesi
La drammaturgia contemporanea continua a vivere nel Regno Unito una florida vita culturale grazie a
numerosi autori.
Il più importante è Harold Pinter (1930 - 2008), insignito del Premio Nobel nel 2005, di cui ricordiamo Il
compleanno (1957), Il calapranzi (1957), Vecchi tempi (1970), Terra di nessuno (1974), Victoria Station
(1982), Party Time (1991) e Anniversario (1999).
Il compleanno
Il compleanno è forse la commedia più importante di Harold Pinter, tre atti serrati e dal meccanismo perfetto
che consentono all’autore inglese di disseminare dubbi e possibili interpretazioni della vicenda nell’arco di
tutta l’opera.
Meg e Petey Bowles, due ingenui coniugi proprietari di una pensioncina al mare,
ospitano Stanley Webber, unico misterioso e trasandato cliente, di cui ignorano i
turbolenti trascorsi. Stanley si è rifugiato in quel luogo sperduto per sfuggire a
una organizzazione mafiosa. Un giorno arrivano alla pensione due stranieri, un
ebreo compito e gioviale, Nat Goldberg, e un irlandese scontroso e servile,
Shamus McCann. I due entrano nelle grazie di Meg e organizzano una festa di
compleanno per Stanley. Goldberg e MacCann rimasti soli con Stanley lo
sottopongono a estenuanti interrogatori. Meg regala a Stanley un tamburo. Alla
festa è invitata anche Lulu, una giovane amica di Meg. Nel clima di allegria,
Stanley si fa sempre più cupo e taciturno. Il culmine è raggiunto nel gioco a
mosca cieca quando Stanley tenta di strangolare Meg e di violentare Lulu. La
mattina seguente, mentre Meg è fuori per fare la spesa, Goldberg e MacCann
portano via Stanley in stato catatonico, incontro a un destino sconosciuto.
Party Time
Con Party Time Harold Pinter attacca senza mezzi termini la gestione criminale del potere politico da parte
della classe dirigente. In questa commedia più che altrove si scatena una situazione tragica che travolge
all’improvviso la vita dei personaggi in scena.
In una grande stanza si svolge un party in cui gli invitati chiacchierano in
maniera spensierata. Di tanto in tanto, Dusty chiede se qualcuno abbia visto suo
fratello Jimmy; con insistenza suo marito Terry le dice di non parlare di questo
argomento: traspare e prende forma la natura di questi personaggi, avvolti dal
potere e rappresentanti di una classe politica dedita alla tirannia, alla
repressione e alle torture, in una nazione, che nonostante i riferimenti
anglosassoni, è specchio di tutti quelli stati governati da una dittatura o da
"democrazie" oppressive. Con il susseguirsi delle battute, mentre all'interno il
Party procede splendidamente, si comprende che in strada si sta svolgendo una
retata ordinata proprio da alcune persone che si trovano al party: è in atto un
coprifuoco e la presenza dei militari reprime i movimenti dei ribelli. Terminato il
party, tutti escono dalla sala, entra Jimmy che chiude la commedia con un
monologo in cui si comprende la sua fine.
Peter Shaffer (1926) esplora ambiti drammaturgici diversi con Esercizio a cinque dita (1958), Orecchio
privato e occhio pubblico (1962), Black Comedy (1965), Equus (1973), Amadeus (1979) e Yonodab (1985)
Arnold Wesker (1932) è uno degli autori che esprime nei propri testi l’impegno politico. La sua trilogia
Brodo di pollo con l’orzo (1958), Radici (1959) e Parlo di Gerusalemme (1960) descrivono il fallimento del
movimento in socialista in Gran Bretagna; La cucina (1958) affronta le problematiche delle classi operaie,
mentre Patatine di contorno (1962) evoca l’ambiente militare; Altre sua opera importante è Primavera
selvaggia (1994).
Altra voce di rilievo è Caryl Churchill (1938), drammaturga nota per il suo stile teatrale non naturalistico e
per tematiche come il femminismo, l'abuso di potere, il colonialismo e la guerra. Tra i titoli più noti abbiamo
Proprietari (1972), Settimo cielo (1979), Top Girls (1982), Denaro serio (1987), Far Away (2000), 7
bambine ebree (2009).
Edward Bond (1935) è uno degli autori inglesi più conosciuti del secondo Dopoguerra. Debutta con Il
matrimonio del Papa (1962) e prosegue la sua attività con Quando si fa giorno (1968), Bingo (1973), La
donna (1978), Atti di guerra (1985) e Sedia (2006).
Da ricordare anche Tom Stoppard (1937), autore di Rosenkrantz e Guildestern sono morti (1966) e Il vero
ispettore Hound (1968).
Altri autori sono: David Hare (1947), che ha scritto Scorie (1970), Abbondanza (1979) e Pravda (1985);
Martin Crimp (1956), autore di Tracce di Anne (1997), Tre pezzi facili (2004), Tenero e crudele (2004) e In
campagna (2008); l’irlandese Brian Friel (1929), noto in Italia per Molly Sweeney (1995).
Autori contemporanei di lingua tedesca
Tra i massimi autori della letteratura in lingua tedesca c’è Thomas Bernhard, romanziere e drammaturgo
austriaco, autore di Una festa per Boris (1970), L'ignorante e il folle (1972), Il presidente (1975), Minetti.
Ritratto di un artista da vecchio (1977), Immanuel Kant (1978), Il riformatore del mondo (1979), L'apparenza
inganna (1983), Il teatrante (1984), Ritter, Dene, Voss (1984), Semplicemente complicato (1985), Elisabetta
II (1987), Piazza degli Eroi (1988).
Elfriede Jelinek (1946), austriaca, premio Nobel per la letteratura nel 2004, ha scritto per il teatro Cosa è
accaduto dopo che Nora ha lasciato il marito? (1979), Nuvole. Casa (1988), Sport. Una pièce (1998), Nelle
Alpi (2006) e Ulrike Maria Stuart (2006).
Da ricordare è anche Peter Handke (1942), autore di Kaspar (1968), La cavalcata sul Lago di Costanza
(1988) e L'ora in cui non sapevamo niente l'uno dell'altro (1995).
Heiner Müller (1929 - 1995) probabilmente è il più importante drammaturgo tedesco del XX
secolo dopo Bertolt Brecht. Tutta la produzione di Müller sembra attraversata da una sorta di ossessione
della storia tedesca, passata in rassegna nei suoi nodi cruciali con un atteggiamento diviso tra pessimismo e
provocazione, scetticismo e paradosso. Le sue opere più importanti sono La costruzione (1965), Edipo il
Tiranno (1967), Filottete (1968), Prometeo (1969), Gli Orazi (1972), Mauser (1975), Trattore (1975),
Germania, morte a Berlino (1978), Cemento (1973), La macchina di Amleto (1979), La missione (1980),
Quartetto (1982), La strada dei panzer (1988).
Tra i contemporanei Roland Schimmelpfennig (1967), invece, ha scritto Prima / Dopo (2004), Ambrosia
(2005), Il drago dorato (2008).
I drammaturghi contemporanei francesi
Jean Anouilh (1910 - 1987) è noto per le sue riscritture moderniste di molti classici greci. Tra le sue opere
ricordiamo Il viaggiatore senza bagagli (1937), Antigone (1942), Cecilia o La scuola dei padri (1949), Becket
e il suo re (1959), La grotta (1961).
Uno degli autori più importanti del ventesimo secolo, è stato Bernard-Marie Koltès (1948 – 1989), che ha
rinnovato la scrittura e la ragione d’essere del teatro attraverso un lessico e un uso della frase testimoni di un
linguaggio contemporaneo e, allo stesso tempo di una perfetta lingua francese. Le sue opere principali sono Le
amarezze (1970), La notte poco prima della foresta (1977), Lotta di negro e cani (1979), Quai Ouest (1985),
Nella solitudine dei campi di cotone (1986) e Ritorno al deserto (1988).
Il viaggiatore senza bagaglio
In quest’opera Anouilh affronta le tematiche del cambiamento della condizione umana in cui si vive, in cui
ogni speranza si rivela inutile.
Gaston è un veterano della Prima Guerra Mondiale che ha perso la memoria.
Trascorre diciotto anni in un ospizio senza ritrovare un solo barlume della sua
esistenza passata, conteso tra innumerevoli famiglie, finché viene condotto presso
casa Renaud per un confronto, forse quello decisivo. Gaston incontra quelli che
potrebbero essere i suoi congiunti: madre, fratello, cognata e ripercorre con loro
gli anni precedenti alla guerra, scontrandosi con un passato difficile da accettare,
carico com'è di prevaricazioni, odi e sordidi amori. Gaston è costretto a
guardarsi allo specchio dove si riflette un'immagine che stenta a riconoscere,
finché giungerà un'altra famiglia a reclamarlo.
Becket e il suo re
Il dramma di Anouilh Becket e il suo re vinse un Tony Award e l'Antoinette Petty Award for Best Play of the
Season (1960-61) e che fu trasformato in un film.
Re Enrico II d'Inghilterra ed il suo fedele sudditoTommaso Becket sono legati da
una fortissima amicizia che, superando ogni formalità, li porta a condividere, con
spirito guascone e grande ironia, ogni momento della vita: dalle donne, ai
divertimenti, alla politica. Lo scanzonato giuoco dei due durerà, però, fino a
quando il sempre più ribelle Clero inglese non spingerà il re ad una decisione che
finirà per contrapporre irrimediabilmente i due amici: porre Becket a capo della
Chiesa d'Inghilterra al fine d'imbrigliarla. Il macchiavellico piano si infrangerà,
infatti, contro il senso del dovere di Becket che gli farà anteporre la difesa
dell'onore di Dio e della libertà della Chiesa alla tutela dell'onore del Regno in
un incalzante, drammatico, crescendo che farà dell'Arcivescovo di Canterbury e
del Re l'uno la irriducibile nemesi dell'altro.
I drammaturghi contemporanei dell’est Europa
Tra gli autori più importanti c’è il ceco Pavel Kohout (1928), autore di Addio, tristezza (1959), August,
August, August (1967) e Povero assassino (1976).
Tra i drammaturghi ungheresi vale la pena di citare Miklós Hubay (1918 – 2011), che manifesta un notevole
impegno intellettuale e civile in opere come Ratto d'Europa (1939), I lanciatori di coltelli (1957), Nerone è
morto (1968), Addio ai miracoli (1979).
I drammaturghi contemporanei americani
Tony Kushner (1956) è ricordato soprattutto per la commedia Angels in America (1995).
Sam Shephard (1943) è un drammaturgo prolifico: molti dei suoi lavori sono noti per essere espliciti e
spesso assurdi. Tra le sue opere principali ricordiamo Il bambino sepolto (1978), Pazzo d’amore (1979), Vero
West (1980) e Una menzogna della mente (1985).
Solitudine, alienazione, fallimento esistenziale sono i temi ricorrenti nelle opere di Lanford Wilson: Lemon
Sky (1970), The Hot l Baltimore (1973), Fifth of July (1978), Burn This (1986).
Un grandissimo autore italiano: Dario Fo
Dario Fo (1926) è un regista, drammaturgo, attore e scenografo italiano, vincitore del Premio Nobel per la
letteratura nel 1997.
I suoi lavori teatrali fanno uso degli stilemi comici dell’antica commedia dell’arte italiana e sono rappresentati
con successo in tutto il mondo.
Tra le sue opere principali ricordiamo Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963), Settimo: ruba un po'
meno (1964), La colpa è sempre del diavolo (1965), Mistero Buffo (1969), Morte accidentale di un anarchico
(1970), Johan Padan a la descoverta de le Americhe (1991), Il diavolo con le zinne (1997).
Isabella, tre caravelle e un cacciaballe
Nucleo fondante del testo è la vicenda di Cristoforo Colombo (dal primo incontro con Isabella di Castiglia alla
misera fine del navigatore "preso a calci nel sedere" da tutti): è un personaggio tolto dal piedistallo della
storia e ricondotto all'umanità di individuo furbo e "cacciaballe", ma nello stesso tempo vittima dei potenti
con i quali si era messo alle prese.
Un attore sta per essere condannato dall'Inquisizione spagnola. L'ultimo
desiderio è recitare un canovaccio su Cristoforo Colombo. Con la comicità furba
di Dario Fo, si assiste, tra lazzi ed invenzioni sceniche, alle istrioniche peripezie
di Cristoforo Colombo dalla terra di Spagna fino alle Americhe.
Spiando nelle stanze del Re e della Regina, rimanendo coinvolti nei loro intrighi,
entrando nelle oscure stanze del potere del più grande regno dell'epoca, la
commedia ruota attorno ai tentativi di Colombo di usare i potenti come pedine di
un astuto e pericoloso gioco, alla fine del quale la Terra non sarà più la stessa,
portandolo dal suo trionfo alla sua inevitabile caduta.
E tutto questo viene raccontato con lo stile di una fantasiosa compagnia di attori
girovaghi del Cinquecento, abituati a fermarsi nelle piazze, per rallegrare l'animo
di quei tempi bui.
Johan Padan a la descoverta de le Americhe
"Questo Johan è una specie di Ruzante, più propriamente uno Zanni, maschera prototipo di Arlecchino, che,
come vedremo, nato a sua volta nelle valli di Brescia e Bergamo, si ritrova letteralmente proiettato nelle
Indie, ingaggiato su una nave della quarta spedizione di Colombo". (Dario Fo).
Vi si racconta la scoperta del continente americano da parte degli spagnoli tra il
XV e il XVI secolo; ma, per narrare la cronistoria del rapporto tra mondo
europeo e tribù indigene dell'America centrale e della feroce e spietata
colonizzazione, Dario Fo ha dato la parola ad un picaresco avventuriero italiano,
Johan Padan. Fuggito da Venezia e dalla Spagna per scampare alle persecuzioni
dell'Inquisizione è scagliato nel bel mezzo della conquista spagnola del nuovo
continente.
I nuovi autori italiani
Stefano Massini (1975) è già tradotto e rappresentato in Francia, Germania e Portogallo. Tra le sue opere
annoveriamo Processo a Dio (2008), Donna non rieducabile (2008) e Frankenstein (2009),
Fausto Paravidino (1976) esordisce giovanissimo, segnalandosi con Gabriele (1998) e Due fratelli (1998).
Ad essi seguono Noccioline (2000) e Natura morta in un fosso (2004).
Il teatro postcoloniale africano
L’indipendenza ottenuta alla metà del Novecento ha provocato una nuova svolta nel corso del teatro africano.
Tra gli autori più apprezzati vi è il nigeriano Wole Soyinka (1934), insignito del Premio Nobel per la
letteratura nel 1986, l’ugandese Robert Serumaga (1939-1980) e la ghanese Efua Sutherland (1924 - 1996).
In questa fase storica rilevanti sono state le collaborazioni in Sudafrica di artisti bianchi e neri, sfidanti
l’ancora vigente apartheid, e la nascita di temi e contenuti legati ai problemi sociali e quotidiani.